Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 8254 del 29 aprile 2004
ECLI:IT:CASS:2004:8254CIV
Massima
Massima ufficiale
La giusta causa di licenziamento, quale fatto "che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto", è una nozione che la legge - allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo - configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle cosiddette clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici.(Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente - il quale, nel difendersi da una contestazione disciplinare, aveva usato affermazioni denigratorie ed offensive nei confronti di colleghi e superiori - motivando sulla gravità delle espressioni offensive e sulla loro idoneità, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario).
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