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L'amministrazione di sostegno è una misura di protezione della persona volta a tutelare coloro che, per effetto di una infermità o menomazione fisica o psichica, si trovano nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, nel rispetto della loro volontà e della loro dignità. Tale misura deve essere modellata dal giudice tutelare in relazione allo stato personale e alle circostanze di vita di ciascun beneficiario, al fine di assicurare la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione. L'accertamento dell'effettiva incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi deve pertanto precedere l'adozione della misura e non può essere finalizzato a un mero monitoraggio o accertamento istruttorio della sua condizione. Inoltre, la volontà del beneficiario, ove possibile, deve essere rispettata, non potendo essere considerata minusvalente solo perché espressa da un soggetto fragile o disabile. Pertanto, l'amministrazione di sostegno non può essere disposta in assenza di un'accertata condizione di menomata capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi, né può essere finalizzata a un mero controllo della sua gestione patrimoniale contro la sua volontà, ma deve essere modellata sulle specifiche esigenze di tutela del beneficiario, nel rispetto della sua autonomia e dignità.
L'amministrazione di sostegno è una misura di protezione giuridica volta ad assistere la persona priva in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle attività della vita quotidiana, al fine di tutelarne la dignità e i diritti fondamentali, anche in presenza di una rete familiare disponibile all'accoglienza e all'assistenza. La valutazione della necessità e della perdurante utilità della misura, nonché della scelta dell'amministratore, spetta al giudice tutelare, il quale deve tenere conto delle condizioni di salute e delle esigenze di cura del beneficiario, della sua volontà espressa in merito al luogo di residenza, e della capacità della famiglia di assisterlo adeguatamente, pur sempre nel rispetto del principio di proporzionalità e del miglior interesse del beneficiario. La revoca o la modifica dell'amministrazione di sostegno può essere richiesta in ogni tempo, ma la decisione del giudice deve essere adeguatamente motivata sulla base di una valutazione complessiva della situazione, senza limitarsi a considerare singoli elementi probatori in modo parziale o a sovrapporre piani decisionali diversi.
L'amministrazione di sostegno è uno strumento di assistenza finalizzato a tutelare la persona in condizioni di menomata capacità, senza tuttavia imporre misure restrittive della sua libera determinazione ove non vi sia un effettivo rischio di inadeguata tutela dei suoi interessi. Il giudice, nel disporre l'amministrazione di sostegno, deve graduare e proporzionare l'intervento in ragione delle esigenze di tutela della persona, evitando di limitare ingiustificatamente la capacità di agire dell'interessato, specie se pienamente lucido e contrario all'attivazione della misura. Ove l'amministrazione di sostegno comporti limitazioni all'esercizio di diritti a contenuto economico o in sede giudiziaria, il provvedimento deve essere adeguatamente motivato, illustrando le concrete ragioni per le quali tali limitazioni sono ritenute necessarie e proporzionate rispetto alle condizioni psico-fisiche accertate dell'amministrato.
L'amministrazione di sostegno è uno strumento di assistenza flessibile e individualizzato, volto a tutelare la capacità di agire e l'autodeterminazione della persona in situazione di fragilità, senza sostituirne integralmente la volontà. Il suo ambito di applicazione e i poteri dell'amministratore di sostegno devono essere modulati in maniera proporzionata e funzionale alle specifiche esigenze del beneficiario, tenendo conto della natura e del grado della sua menomazione, nonché della sua eventuale opposizione e delle soluzioni alternative da lui prospettate. Pertanto, la valutazione giudiziale circa la necessità e l'adeguatezza della misura richiede un'analisi circostanziata e complessiva delle condotte del beneficiario, anche con riferimento all'eventuale promovimento di azioni giudiziarie, al fine di accertare se esse siano sintomatiche di una condizione di fragilità e di rischio di pregiudizio economico tale da giustificare l'intervento protettivo dell'amministrazione di sostegno, senza che tale valutazione possa essere incentrata esclusivamente sulla fondatezza delle pretese del beneficiario o sulla correttezza dell'operato dei professionisti da lui incaricati.
L'amministrazione di sostegno è uno strumento di tutela della persona parzialmente incapace di provvedere ai propri interessi, finalizzato a garantire l'assistenza e la protezione del beneficiario, nel rispetto della sua dignità e della sua autonomia, attraverso la nomina di un amministratore di sostegno che coadiuva l'interessato nello svolgimento degli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione. L'apertura dell'amministrazione di sostegno presuppone la valutazione della sussistenza di una condizione di fragilità e di incapacità del beneficiario di provvedere autonomamente ai propri interessi, senza che sia necessaria la totale incapacità di agire. Il giudice, nel disporre l'amministrazione di sostegno, deve individuare gli atti che l'amministratore è autorizzato a compiere, tenendo conto delle esigenze e delle aspirazioni del beneficiario, al fine di assicurare la migliore tutela della sua persona e dei suoi interessi patrimoniali, nel rispetto del principio di proporzionalità e del minor sacrificio possibile della capacità di agire. L'amministrazione di sostegno, pertanto, rappresenta uno strumento flessibile e duttile, modulabile sulle specifiche esigenze del singolo caso concreto, volto a garantire la massima valorizzazione dell'autonomia residua del beneficiario e il suo coinvolgimento nelle decisioni che lo riguardano.
L'amministrazione di sostegno è uno strumento di assistenza flessibile e proporzionato, volto a tutelare la persona che, per effetto di infermità o menomazione fisica o psichica, anche temporanea, si trovi nell'impossibilità, anche parziale, di provvedere ai propri interessi. Tale misura non richiede necessariamente l'incapacità di intendere e di volere, ma presuppone una condizione attuale di menomata capacità che ponga l'interessato nell'impossibilità di curare adeguatamente i propri affari. Il giudice, nel valutare la congruità e conformità del contenuto dell'amministrazione di sostegno alle specifiche esigenze del beneficiario, deve tenere conto del tipo di attività da compiere per conto dell'interessato, della gravità e durata della malattia o della situazione di bisogno, nonché di tutte le altre circostanze caratterizzanti il caso concreto, al fine di assicurare un supporto adeguato senza eccessivamente limitare la capacità di agire. L'istituto non può essere utilizzato per la sola tutela di interessi patrimoniali, ma deve mirare a garantire la protezione della persona fragile in relazione alle sue effettive esigenze. Inoltre, l'opposizione del beneficiario alla nomina dell'amministratore di sostegno, salvo che non sia provocata da grave patologia psichica, costituisce espressione di autodeterminazione che il giudice non può non considerare nel contesto della decisione.
L'amministrazione di sostegno è una misura di protezione giuridica che può essere disposta dal giudice tutelare a favore di una persona che, per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. L'amministrazione di sostegno può essere revocata quando vengono meno i presupposti che ne hanno giustificato l'istituzione, ovvero quando il beneficiario dimostri di essere in grado di provvedere autonomamente ai propri affari. Il giudice tutelare, nel valutare la cessazione dell'amministrazione di sostegno, deve tenere conto della capacità del beneficiario di gestire i propri interessi e della sua effettiva autonomia nello svolgimento delle attività della vita quotidiana, senza farsi condizionare dalla mera esistenza di precedenti episodi di circonvenzione di incapace. L'amministratore di sostegno, inoltre, è tenuto a svolgere il proprio incarico con diligenza, rendicontando periodicamente la gestione del patrimonio del beneficiario; il mancato adempimento di tali obblighi può comportare la revoca dell'incarico. In ogni caso, la cessazione dell'amministrazione di sostegno deve essere disposta dal giudice tutelare, a seguito di un'attenta valutazione della situazione concreta del beneficiario.
L'amministrazione di sostegno, introdotta nell'ordinamento dall'art. 3 della legge n. 6 del 2004, rappresenta uno strumento di assistenza flessibile e adeguato alle esigenze della persona parzialmente o temporaneamente incapace di provvedere ai propri interessi, in quanto sacrifica nella minor misura possibile la capacità di agire dell'interessato, a differenza degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione. Il giudice, nel valutare la conformità della misura dell'amministrazione di sostegno alle esigenze del soggetto, deve tenere conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, considerando anche la gravità e la durata della malattia o dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie concreta. Pertanto, laddove l'istituto dell'inabilitazione non risulti più adeguato a tutelare gli interessi della persona, il giudice è tenuto a revocarla e a disporre l'apertura dell'amministrazione di sostegno, in quanto strumento maggiormente idoneo a garantire una protezione flessibile e personalizzata, nel rispetto della minore limitazione possibile della capacità di agire dell'interessato.
L'amministrazione di sostegno è una misura di protezione volta a tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, ma deve essere applicata nel rispetto del principio di autodeterminazione e della dignità della persona, limitando il più possibile la compressione della capacità di agire dell'interessato. Pertanto, prima di disporre l'amministrazione di sostegno contro la volontà del beneficiario, il giudice deve verificare in concreto la possibilità di assicurare adeguata tutela ai suoi interessi personali e patrimoniali attraverso strumenti diversi, come un sistema di deleghe o il supporto della rete familiare, privilegiando soluzioni che non intacchino la sua capacità di autodeterminarsi. Solo ove tali alternative non risultino praticabili, il giudice potrà disporre l'amministrazione di sostegno, avendo cura di individuare la misura meno limitativa possibile della libertà del beneficiario e di nominare un amministratore di sostegno in cui egli riponga fiducia.
L'amministrazione di sostegno rappresenta la misura di protezione giuridica preferenziale rispetto all'interdizione, in quanto consente di tutelare adeguatamente la persona priva, anche solo parzialmente o temporaneamente, di autonomia nel provvedere ai propri interessi, senza incidere in modo radicale sulla sua capacità di agire. L'interdizione può essere disposta solo ove risulti strettamente necessaria ad assicurare una protezione effettiva della persona, in relazione ai suoi specifici bisogni e interessi da soddisfare, e non può essere applicata automaticamente sulla base della mera gravità o natura della infermità psichica. Il giudice, nel valutare l'opportunità di applicare l'amministrazione di sostegno in luogo dell'interdizione, deve effettuare un giudizio di adeguatezza della misura di protezione rispetto alla situazione concreta della persona, tenendo conto del principio di proporzionalità e del favor libertatis che caratterizza l'ordinamento. Pertanto, ove l'amministrazione di sostegno risulti idonea a garantire una tutela effettiva della persona, non può disporsi l'interdizione, neppure in via residuale, dovendosi in tal caso rigettare la relativa domanda e trasmettere gli atti al giudice tutelare per l'eventuale nomina dell'amministratore di sostegno.
L'amministrazione di sostegno costituisce la misura di protezione preferenziale rispetto all'interdizione, in quanto idonea a garantire la tutela dell'incapace limitando nella minore misura possibile la sua capacità di agire. L'interdizione, pertanto, riveste carattere residuale e può essere disposta solo quando non risultino sufficienti interventi di sostegno in grado di assicurare adeguata protezione all'incapace, in relazione alla complessità delle attività da svolgere per conto di quest'ultimo e all'esigenza di impedirgli di compiere atti pregiudizievoli per sé o per il proprio patrimonio, tenuto conto altresì della permanenza di un minimo di vita di relazione che lo esponga a contatti con l'esterno. Ove non emerga che l'incapace si trovi in situazioni di pericolo per la propria persona o per il proprio patrimonio, la meno invasiva misura dell'amministrazione di sostegno risulta idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela, con conseguente rigetto della domanda di interdizione.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'amministrazione di sostegno è uno strumento di assistenza finalizzato a tutelare chi si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, senza sacrificare in misura eccessiva la capacità di agire della persona. Pertanto, l'accesso a tale procedura presuppone il riscontro di una condizione attuale di menomata capacità che non consenta alla persona di provvedere ai propri interessi, non potendo essere disposta nei confronti di chi si trovi, invece, nella piena capacità di autodeterminarsi, anche in presenza di menomazioni fisiche. L'accertamento di tali presupposti deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata, verificando la possibilità che le esigenze di tutela possano essere soddisfatte anche attraverso strumenti diversi, come l'avvalimento di una rete familiare o un sistema di deleghe, nel rispetto del principio di autodeterminazione e della dignità della persona. Ove l'interessato, nel pieno delle sue capacità intellettive, rifiuti il consenso o si opponga alla nomina dell'amministratore di sostegno e la sua protezione sia già assicurata in via spontanea dai familiari o da un sistema di deleghe, il giudice non può imporre misure restrittive della sua libera determinazione, in assenza di un rischio di inadeguata tutela dei suoi interessi, pena la violazione dei diritti fondamentali della persona.
Il provvedimento di amministrazione di sostegno, disposto dal giudice tutelare su ricorso di parenti prossimi, rappresenta una misura di protezione giuridica della persona priva in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, finalizzata a garantirne l'assistenza e la cura della persona e del patrimonio, nel rispetto della dignità e dell'integrità del beneficiario. Tale provvedimento, adottato in via temporanea e revocabile, è caratterizzato dalla gradualità e flessibilità dell'intervento, modulato sulle specifiche esigenze del soggetto, al fine di preservarne per quanto possibile l'autosufficienza e l'autonomia decisionale, limitando gli atti di disposizione patrimoniale e personale solo ove strettamente necessario. L'amministratore di sostegno, nominato dal giudice, è tenuto a svolgere il proprio incarico con diligenza, imparzialità e nel preminente interesse del beneficiario, rendicontando periodicamente l'attività svolta. Il decreto di apertura dell'amministrazione di sostegno è suscettibile di reclamo dinanzi alla Corte d'appello, la quale è chiamata a verificare la sussistenza dei presupposti di legge e la correttezza delle modalità di intervento, al fine di assicurare la tutela più adeguata possibile della persona debole. Il termine per l'impugnazione del decreto decorre dalla data di deposito dello stesso in cancelleria, ovvero dalla sua comunicazione al soggetto interessato, ove questa sia successiva, al fine di garantire l'effettività del diritto di difesa.
L'amministrazione di sostegno può essere disposta a favore della persona che, per effetto di infermità o menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, senza che sia necessario lo stato di incapacità di intendere e di volere, purché risulti una condizione attuale di menomata capacità che la ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi. La valutazione della congruità e conformità del contenuto dell'amministrazione di sostegno alle specifiche esigenze del beneficiario è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale deve tener conto del tipo di attività da compiere per conto dell'interessato, della gravità e durata della malattia o della situazione di bisogno, nonché di tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie, in modo da assicurare che il concreto supporto sia adeguato alle esigenze del beneficiario senza essere eccessivamente penalizzante. Il giudizio di merito sulla necessità e sui limiti dell'amministrazione di sostegno è censurabile in sede di legittimità solo per vizi logici o giuridici della motivazione, non per un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie.
La misura dell'amministrazione di sostegno, introdotta dalla legge n. 6 del 2004, costituisce lo strumento di tutela preferenziale rispetto all'interdizione per le persone che, a causa di infermità o menomazione fisica o psichica, si trovano anche solo parzialmente o temporaneamente nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, in quanto consente di assicurare un'adeguata protezione della persona con il minor sacrificio possibile della sua capacità di agire. L'interdizione, infatti, ha carattere residuale e può essere disposta solo quando nessuna altra misura meno invasiva, come l'amministrazione di sostegno, risulti idonea a garantire la tutela del soggetto, in relazione alla gravità e durata della patologia, alla natura e durata dell'impedimento, nonché alle specifiche esigenze di cura e assistenza personale, materiale e patrimoniale del medesimo. La scelta tra i diversi istituti di protezione degli incapaci deve essere effettuata dal giudice di merito sulla base di una valutazione complessiva delle condizioni del soggetto e del tipo di attività da compiere in suo nome, privilegiando la misura dell'amministrazione di sostegno per le ipotesi in cui sia sufficiente un intervento di assistenza e rappresentanza limitato agli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana, mentre l'interdizione può trovare applicazione solo quando risulti indispensabile impedire al beneficiario di compiere atti pregiudizievoli per sé o per il suo patrimonio, in ragione della gravità e permanenza della sua infermità.
L'istituto dell'amministrazione di sostegno deve essere applicato dal giudice tutelare in modo flessibile e proporzionato, modellando la misura sulle specifiche esigenze e capacità della persona beneficiaria, al fine di garantirne la massima tutela possibile con il minor sacrificio della sua capacità di autodeterminazione. Il giudice è tenuto a valutare non solo l'an della misura, ma anche il quid ed il quomodo, privilegiando soluzioni che comportino la minore limitazione della sfera di autonomia del beneficiario, anche in presenza di menomazioni fisiche o psichiche, purché non tali da renderlo incapace di intendere e di volere. L'opposizione del beneficiario alla nomina dell'amministratore di sostegno, ove provenga da persona lucida, deve essere adeguatamente considerata dal giudice, il quale deve motivare in modo specifico e circostanziato le ragioni per le quali ritiene necessario limitare la capacità di agire della persona, verificando previamente la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi di supporto non limitativi della capacità. Il provvedimento di apertura dell'amministrazione di sostegno deve pertanto essere sorretto da una puntuale valutazione della proporzionalità delle limitazioni imposte rispetto agli effettivi profili di fragilità del beneficiario, evitando l'adozione di provvedimenti standardizzati o stereotipati che comprimano ingiustificatamente la libertà di autodeterminazione della persona.
L'amministrazione di sostegno, quale misura di protezione giuridica della persona priva in tutto o in parte di autonomia, si distingue dagli altri istituti di interdizione e inabilitazione non già per il diverso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma per la sua maggiore idoneità ad adeguarsi alle esigenze specifiche del beneficiario, in relazione alla flessibilità e alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Pertanto, l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge ai fini dell'amministrazione di sostegno rispetto all'interdizione deve essere compiuto in maniera specifica, focalizzata sulle condizioni di menomazione del beneficiario e sull'incidenza di tali condizioni in ordine alla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi, in modo che la misura risulti adeguata e funzionale agli obiettivi individuali di tutela. In particolare, assume rilevanza la riscontrata mancanza di un'adeguata rete familiare a protezione del soggetto incapace, giacché tale circostanza può rendere l'interdizione più idonea rispetto all'amministrazione di sostegno, ove questa non risulti in grado di assicurare una tutela effettiva e immediata degli interessi del beneficiario, specie in ipotesi di urgenza o di possibile conflitto con l'amministratore di sostegno.
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