Sentenze recenti azione di riduzione

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  • L'azione di riduzione è un'azione personale intentata contro il beneficiario di donazioni e/o legati o devoluzioni testamentarie compiute dal de cuius in eccesso rispetto alla porzione disponibile, volta alla reintegra della legittima lesa sia in denaro che in natura, previa riunione fittizia del relictum e del donatum, al fine di calcolare la quota disponibile e quella riservata ai legittimari, con imputazione a ciascuno del valore delle liberalità ricevute. La reintegrazione della quota di legittima deve avvenire in natura, salvi i casi eccezionalmente previsti dall'art. 560, commi 2 e 3, c.c. per la riduzione dei legati e delle donazioni. Tuttavia, qualora i legittimari richiedano l'assegnazione di un cespite comodamente separabile agli altri, è possibile procedere all'attribuzione di tale bene in comunione tra i coeredi richiedenti, anche in presenza di opposizione degli altri condividenti, in applicazione dei principi in tema di comunione e del combinato disposto degli artt. 718 e 720 c.c. In caso di indivisibilità del bene in natura, si impone la messa in vendita dello stesso, con compensazione del valore delle quote spettanti ai condividenti a titolo di conguaglio e reintegra della legittima lesa.

  • Il legittimario totalmente pretermesso dal testamento del de cuius può esperire l'azione di riduzione per ottenere la reintegrazione della quota di legittima a lui riservata dalla legge, senza che sia necessario il litisconsorzio di tutti gli altri legittimari. L'azione di riduzione è personale e costitutiva, volta a rendere inoperativa nei confronti del legittimario la disposizione testamentaria lesiva, nella misura necessaria per reintegrare la sua quota di legittima. Il legittimario totalmente escluso non acquista automaticamente la qualità di erede, ma deve esperire con successo l'azione di riduzione per ottenere la corresponsione del valore monetario della quota di legittima spettantegli, soggetto a rivalutazione per adeguarlo al mutato valore del bene al momento della decisione. L'onere di fornire il rendiconto della gestione dei beni ereditari grava sul chiamato all'eredità, ma la relativa domanda deve essere specificamente allegata e provata.

  • L'azione di riduzione è volta a far dichiarare l'inefficacia, in tutto o in parte, delle disposizioni testamentarie e degli atti di liberalità posti in essere in vita dalla persona defunta che, eccedendo la quota disponibile, abbiano leso la quota riservata dalla legge ad alcune categorie di successibili, i legittimari. La causa petendi è costituita dalla qualità di erede necessario e dall'avvenuta lesione della quota di legittima; il petitum consiste nella diminuzione quantitativa o anche nella totale eliminazione delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore degli eredi o di terzi nella misura necessaria per reintegrare la quota di riserva e ciò con effetto retroattivo al momento dell'apertura della successione. L'azione di riduzione è individuale, giacché ogni legittimario può agire per la sola sua quota di legittima, divisibile, in quanto ciascun legittimario può agire anche contro uno solo dei beneficiari sempre limitatamente alla quota di cui si ritiene da questo leso, e personale, poiché diretta a procurare al legittimario l'utile corrispondente alla quota di legittima. Il legittimario che agisce in riduzione deve allegare e dimostrare l'esistenza della lamentata lesione alla quota di riserva, nonché la relativa misura, senza necessità di determinare in modo analitico il relictum e il donatum, essendo sufficiente che gli elementi addotti in giudizio denotino l'esistenza di una lesione sulla base dei beni costituenti il relictum ovvero alla luce del compimento di atti di liberalità da parte del de cuius. La riduzione delle donazioni è prevista dall'art. 555 c.c., che va coordinato col disposto dell'art. 809 c.c., alla cui stregua le liberalità, anche se risultano da atti diversi dal contratto di donazione, sono soggette alle stesse norme sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari. La prova della simulazione è soggetta a regimi probatori differenti a seconda che la simulazione sia fatta valere dai creditori o dai terzi nei confronti dei contraenti, ovvero da una delle parti contro l'altra. Nel secondo caso, tutte le volte in cui siano le stesse parti contraenti a voler far valere la simulazione, opera il normale regime probatorio che impone agli artt. 2722 e 2729 c.c. delle limitazioni alla prova testimoniale ed a quella per presunzioni. La donazione indiretta consiste nell'elargizione di una liberalità attuata mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l'effetto diretto che gli è proprio, l'effetto indiretto dell'arricchimento senza corrispettivo, animo donandi, del destinatario della liberalità. In tali casi non si applicano i limiti alla prova testimoniale in materia di contratti e simulazione che valgono per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo prefissato.

  • La legittima è una quota di riserva del patrimonio del de cuius, spettante ai legittimari, che non può essere intaccata da atti di disposizione mortis causa o inter vivos. L'azione di riduzione è lo strumento giuridico a tutela della legittima, volta a reintegrare la quota riservata dalla legge ai legittimari lesi. Tale azione è autonoma e distinta dalla domanda di divisione ereditaria, che presuppone la qualità di erede e mira allo scioglimento della comunione ereditaria. Pertanto, l'accoglimento della domanda di riduzione è condizione necessaria e pregiudiziale per la successiva trattazione della domanda di divisione. Inoltre, la richiesta di rendiconto da parte di un legittimario deve essere formulata in modo specifico e circostanziato, indicando le attività suscettibili di rendicontazione, non essendo sufficiente una mera richiesta generica. Infine, le eccezioni riconvenzionali formulate dal convenuto, volte all'ottenimento di somme a proprio favore, devono essere qualificate come vere e proprie domande riconvenzionali.

  • Il termine decennale di prescrizione dell'azione di riduzione delle donazioni lesive della quota di riserva dei legittimari decorre dalla data di apertura della successione, non essendo sufficiente il relictum a garantire al legittimario il soddisfacimento della quota di riserva. L'azione di riduzione, essendo di natura personale e di accertamento costitutivo, non è diretta ad ottenere l'adempimento di un'obbligazione e pertanto non è soggetta all'interruzione del decorso del termine di prescrizione ai sensi dell'art. 2943, comma 4, c.c. per via di un mero atto di costituzione in mora. La proposizione della domanda giudiziale di riduzione è l'unico atto idoneo a interrompere la prescrizione, non essendo sufficienti a tal fine né le proposte transattive né la partecipazione al procedimento di mediazione, ove la domanda di riduzione non sia stata espressamente formulata. Inoltre, la menzione della donazione nell'ambito della richiesta di scioglimento della comunione ereditaria non equivale alla proposizione della domanda di riduzione, non implicando chiaramente la formulazione della pretesa a ridurre la donazione con carattere costitutivo.

  • L'azione di riduzione è un'azione personale di accertamento costitutivo concessa ai legittimari per tutelare i diritti loro riservati dalla legge, qualora siano lesi da disposizioni testamentarie o da donazioni. Tale azione mira ad accertare l'ammontare della quota disponibile e della quota di riserva, nonché la sussistenza della lesione, e, se del caso, a ridurre le disposizioni nella misura necessaria ad integrare la legittima. La legittimazione attiva spetta ai legittimari e ai loro eredi o aventi causa, in quanto tali, e non in qualità di eredi. Per accertare la lesione di legittima, il giudice deve determinare il valore della massa ereditaria, della quota disponibile e di quella indisponibile, procedendo alla riunione fittizia del relictum e del donatum, e imputando le liberalità fatte al legittimario. Il legittimario che agisce in riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria e della quota di legittima violata. La disposizione testamentaria o l'atto di liberalità lesivo della legittima non è nullo né annullabile, ma soltanto soggetto a riduzione, ossia a essere privato di efficacia in via giudiziale nella misura necessaria a reintegrare il diritto del legittimario.

  • Il legittimario ha diritto di ottenere la reintegrazione della propria quota di legittima lesa dalle disposizioni testamentarie e dalle donazioni effettuate dal de cuius, mediante la riduzione delle liberalità disposte in misura eccedente la quota disponibile. L'azione di riduzione ha natura costitutiva e mira a rendere inefficaci le disposizioni lesive nei confronti del legittimario, senza comportare un nuovo trasferimento dei beni al patrimonio del defunto. Successivamente, il legittimario potrà agire in restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte. La sentenza di riduzione non attua un nuovo trasferimento dei beni, ma opera in modo che il trasferimento posto in essere dal defunto si consideri non avvenuto nei confronti del legittimario, il quale acquista il suo diritto in forza della vocazione legale che, per effetto della sentenza, si produce in suo favore. Il semplice godimento esclusivo del bene da parte di un comproprietario non comporta l'obbligo di corrispondere i frutti agli altri comproprietari, salvo che questi abbiano manifestato l'intenzione di utilizzare il bene in maniera diretta e non gli sia stato consentito.

  • La massima giuridica che può essere estratta dalla sentenza è la seguente: L'azione di riduzione delle donazioni lesive della quota di legittima spettante ai legittimari è un'azione personale e individuale, non reale, che può essere esercitata dai legittimari nei confronti del donatario, senza necessità di instaurare il litisconsorzio con i creditori ipotecari del de cuius. L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario non è condizione di ammissibilità dell'azione di riduzione quando questa sia promossa nei confronti di un coerede donatario, in quanto in tal caso non sussiste l'esigenza di tutelare il terzo convenuto, come invece previsto dall'art. 564 c.c. per il caso in cui l'azione sia rivolta verso un estraneo. Ai fini della determinazione della lesione della quota di legittima, si procede alla riunione fittizia del "relictum" e del "donatum", stimando il valore dei beni donati al momento dell'apertura della successione, e calcolando la quota disponibile e la quota di riserva spettante a ciascun legittimario. L'azione di riduzione ha effetto purgativo, comportando la restituzione dei beni donati liberi da pesi e ipoteche di cui il donatario li abbia gravati, salvo il diritto di quest'ultimo a essere compensato in denaro per il minor valore dei beni, ove la domanda sia proposta oltre venti anni dalla trascrizione della donazione.

  • Il legittimario che propone l'azione di riduzione ha l'onere di allegare e provare specificamente la lesione della propria quota di riserva, indicando con precisione la composizione dell'asse ereditario, il valore dei beni relitti e donati, la misura della quota di legittima e la sua effettiva violazione, nel rispetto dell'ordine tassativo di riduzione delle disposizioni lesive previsto dalla legge. In mancanza di tali elementi, la domanda di riduzione deve essere rigettata, anche se il legittimario abbia contestato la simulazione di atti di disposizione, in quanto tale contestazione ha carattere meramente strumentale e non autonomo rispetto all'azione di riduzione. Il legittimario può far valere il proprio diritto alla reintegrazione della quota di riserva attraverso la sola azione di riduzione, senza necessità di esperire anche l'azione di collazione, salvo che quest'ultima sia idonea a conseguire integralmente la legittima, senza necessità di ricorrere alla tutela specifica apprestata dall'azione di riduzione.

  • Il diritto di azione di riduzione per lesione della quota di legittima è un diritto personale del legittimario, che si prescrive in dieci anni dalla data di apertura della successione, senza che possano interrompere tale termine le trattative transattive o la richiesta di stima dei beni donati, in assenza di espressa ammissione del diritto da parte del donatario. Tuttavia, qualora il de cuius abbia disposto in vita di tutti i suoi beni, non residuando alcun relictum da dividere, l'azione di riduzione è l'unico rimedio esperibile dal legittimario per reintegrare la propria quota, non essendo ammissibile l'azione di collazione, che presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria. Pertanto, il legittimario che agisca per la riduzione delle donazioni lesive della propria quota di riserva deve dimostrare non solo la qualità di legittimario e la lesione del suo diritto, ma anche l'esistenza di un relictum su cui far valere l'azione, non potendosi presumere tale esistenza in caso di esaurimento del patrimonio del de cuius per atti di disposizione inter vivos.

  • Il legittimario che intende proporre l'azione di riduzione delle donazioni ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, in particolare l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall'ultima e risalendo via via alle anteriori. La mancata allegazione e prova di tali elementi costitutivi della domanda di riduzione comporta il rigetto della stessa, in quanto il legittimario non ha soddisfatto l'onere assertivo e probatorio su di lui gravante. Il criterio di riduzione delle donazioni, a differenza di quello delle disposizioni testamentarie, è quello cronologico ascendente, ossia cominciando dall'ultima e risalendo via via alle anteriori, in ragione del principio di irrevocabilità delle donazioni derivante dalla loro natura contrattuale, atteso che, se la riduzione di donazioni avvenute in date diverse avvenisse proporzionalmente, si consentirebbe al donante di revocare in parte la donazione precedente per mezzo di una donazione successiva. Il criterio proporzionale, invece, trova applicazione nel caso di donazioni coeve, salvo che il donante abbia stabilito un ordine di preferenza con dichiarazione inserita nello stesso atto.

  • L'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima si prescrive nel termine ordinario di dieci anni decorrenti dall'apertura della successione del de cuius, a prescindere dal momento in cui il legittimario o i suoi eredi e aventi causa abbiano scoperto la lesione della quota di riserva. Tale termine prescrizionale decennale è unico e si applica sia nel caso in cui l'azione di riduzione sia proposta dal legittimario, sia nel caso in cui essa sia esercitata dai suoi eredi o aventi causa, in quanto questi ultimi subentrano nella medesima posizione giuridica del legittimario originario. L'azione di simulazione, se proposta dal legittimario in strumentale connessione con l'azione di riduzione, è soggetta al medesimo termine prescrizionale decennale, che decorre dall'apertura della successione e non dalla data di stipulazione dell'atto che si assume simulato, in quanto solo dall'apertura della successione l'atto compiuto dal de cuius assume l'idoneità a ledere i diritti del legittimario e ne rende concreto ed attuale l'interesse ad agire in giudizio. Pertanto, l'azione di riduzione e l'azione di simulazione, se esercitate dal legittimario o dai suoi eredi e aventi causa, sono soggette al medesimo termine prescrizionale decennale, che decorre dall'apertura della successione del de cuius, senza che possa assumere rilievo il momento in cui il legittimario o i suoi successori abbiano avuto conoscenza della lesione della quota di legittima. Inoltre, gli eredi e gli aventi causa del legittimario subentrano nella medesima posizione giuridica di quest'ultimo, con la conseguenza che, se l'azione era prescritta a carico del legittimario originario, lo è anche per i suoi successori.

  • Il promissario acquirente di un immobile, in caso di accertata difformità urbanistica di una parte dello stesso, può esperire congiuntamente l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo e l'azione di riduzione del prezzo ("actio quanti minoris"), chiedendo l'eliminazione delle accertate difformità oppure la riduzione del prezzo. Tali rimedi tendono a riequilibrare il rapporto contrattuale fra le parti allorché le difformità, non riguardando la struttura e la funzione del bene, non sono in grado d'incidere sulla identità ma soltanto sul valore economico del bene stesso. L'azione di riduzione del prezzo ex art. 1489 c.c. è esperibile anche nel caso di costruzione realizzata in difformità alla normativa urbanistica, in quanto tale onere non apparente grava sul bene compravenduto. L'onere della prova della conoscenza da parte dell'acquirente di questo particolare tipo di vizio spetta al venditore e, in difetto di tale prova, l'acquirente ha diritto alla riduzione del prezzo, non operando per l'onere reale di cui all'art. 1489 c.c. i brevi termini di decadenza e di prescrizione dell'azione di garanzia ex art. 1495 c.c. bensì l'ordinario termine di prescrizione decennale delle obbligazioni contrattuali.

  • Il legittimario pretermesso dall'eredità, pur essendo privo di vocazione ereditaria, può agire in riduzione della donazione che ha integralmente esaurito il patrimonio del de cuius, senza dover preventivamente accettare l'eredità, in quanto l'azione di riduzione costituisce l'unico mezzo per acquisire la qualità di erede, la cui attribuzione è subordinata al passaggio in giudicato della sentenza che accolga la domanda. Qualora l'oggetto della donazione sia un bene immobile, la riduzione si attua separando dall'immobile la parte occorrente per integrare la quota riservata al legittimario, se ciò può avvenire comodamente, ovvero, in caso contrario, disponendo l'attribuzione di altri beni in natura o il pagamento di una somma di denaro a titolo di conguaglio.

  • L'azione di riduzione per lesione di legittima ha natura costitutiva, pertanto i fatti che ne costituiscono il fondamento e gli effetti che deriverebbero dalla pronuncia non possono essere invocati in via incidentale al fine di individuare i beni rientranti nella comunione ereditaria ed oggetto della domanda di divisione. Il diritto alla divisione sui valori patrimoniali distratti in favore dei beneficiari delle disposizioni lesive della legittima non coesiste con il diritto alla riduzione del lascito, ma nasce soltanto dopo il positivo esperimento dell'azione di riduzione. La natura costitutiva dell'azione di riduzione rende necessario il previo passaggio in giudicato della sentenza che la decide, onde potersi valutare l'esistenza di una comunione ereditaria e procedersi quindi allo scioglimento della stessa. Pertanto, in assenza di una pronuncia costitutiva di riduzione delle disposizioni testamentarie, le stesse conservano efficacia e i valori patrimoniali indebitamente sottratti agli eredi legittimari restano estranei al patrimonio ereditario, escludendo una situazione di comunione sugli stessi. Di conseguenza, la domanda di divisione non può essere accolta, non esistendo al momento un patrimonio ereditario in comune tra le parti da dividere. Questa pronuncia, pur all'esito del passaggio in giudicato, non pregiudica il diritto dell'attore di agire per lo scioglimento della comunione, una volta positivamente esperita l'azione di riduzione, poiché la comunione ereditaria insussistente al momento della domanda e della decisione che la definisce, verrà in essere solo al momento ed a seguito della sentenza sulla domanda di riduzione.

  • L'azione di riduzione del prezzo di compravendita immobiliare, prevista dall'art. 1489 c.c., è soggetta a prescrizione annuale dalla consegna del bene, ai sensi dell'art. 1541 c.c., anche qualora l'acquirente abbia successivamente scoperto l'esistenza di diritti o oneri di terzi sul bene, purché tali diritti non incidano sulla titolarità o sul godimento dello stesso. Pertanto, l'azione di riduzione del prezzo è preclusa qualora l'acquirente non l'abbia esercitata entro un anno dalla consegna del bene, a prescindere dalla conoscenza o meno dell'esistenza di tali diritti o oneri al momento dell'acquisto. Inoltre, l'accertamento del mero possesso di terzi sul bene venduto, effettuato in sede di azione possessoria, non integra il presupposto per l'esercizio dell'azione di riduzione del prezzo, essendo necessario che il bene risulti gravato da diritti reali o di godimento di terzi, ai sensi dell'art. 1489 c.c. La domanda di riduzione del prezzo, pertanto, deve essere respinta qualora risulti prescritta o non fondata sul presupposto normativo richiesto dalla legge.

  • L'azione di riduzione per lesione di legittima e l'azione di divisione ereditaria, pur essendo istituti distinti, possono essere cumulativamente proposte nell'ambito dello stesso giudizio. Tuttavia, qualora il coerede donatario non sia stato dispensato dalla collazione, l'azione di riduzione risulta assorbita dal meccanismo della collazione, in quanto quest'ultima è sufficiente a garantire la parità di trattamento tra i condividenti e la reintegrazione della quota di legittima spettante al legittimario leso. Pertanto, in tali ipotesi, l'azione di riduzione diviene superflua e assorbita dalla domanda di divisione ereditaria e di collazione, essendo quest'ultima un'operazione necessaria nel corso del procedimento divisionale al fine di ristabilire l'equilibrio e la parità di trattamento tra i vari condividenti.

  • Il diritto di legittima è un titolo successorio che attribuisce ai legittimari (coniuge, figli e, in mancanza di questi, ascendenti) il potere di conseguire in tutto o in parte l'eredità del defunto, anche contro la volontà di quest'ultimo. Quando il legittimario sia stato pretermesso o preterito dal testatore, egli deve esercitare l'azione di riduzione per far valere il suo diritto alla quota di riserva, indipendentemente dall'accertamento della consistenza dell'asse ereditario. L'azione di riduzione ha carattere personale, autonomo e individuale, e non determina litisconsorzio necessario nei confronti degli altri successibili, richiedendo soltanto la presenza in causa del legittimario o della persona che ha beneficiato della disposizione testamentaria lesiva della legittima. Accolta la domanda di riduzione, il legittimario conseguirà la qualità di chiamato all'eredità, in quanto avrà ottenuto una quota dell'eredità, con la rimozione dell'efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie lesive della sua quota di riserva, le quali, pur non essendo nulle o annullabili, conservano la loro piena efficacia sino a quando non vengano impugnate con l'azione di riduzione.

  • Il termine di prescrizione dell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima decorre dalla data di pubblicazione del testamento, in quanto prima di tale momento non sussiste la lesione avverso la quale il pretermesso possa reagire. L'azione di riduzione ha natura costitutiva, sicché in difetto del suo accoglimento con sentenza passata in giudicato non vi è comunione ereditaria da sciogliere. La riduzione va effettuata in primis sulla disposizione testamentaria, in proporzione alla quota di legittima spettante ai figli non beneficiari, senza che rilevi l'eventuale precedente donazione di beni da parte del de cuius, ove non siano stati allegati i relativi valori. In caso di riduzione dei lasciti mortis causa, l'acquisto dell'erede pretermesso avviene in forza della sentenza costitutiva e non della chiamata ereditaria, sicché non è configurabile un possesso ad usucapionem.

  • La lesione della quota di riserva ereditaria può essere fatta valere mediante azione di riduzione della donazione effettuata dal de cuius in favore di uno degli eredi legittimari. Tale azione può essere proposta dall'erede legittimario leso nei confronti del donatario, il quale è il legittimo convenuto, anche attraverso la citazione del suo procuratore generale e speciale, purché questi sia stato investito di poteri di rappresentanza processuale idonei a ricomprendere la legittimazione passiva all'azione di riduzione. L'azione di riduzione non è soggetta a prescrizione decennale, ma deve essere proposta entro il termine di decadenza previsto per l'accettazione dell'eredità, decorrente dall'apertura della successione. Qualora l'erede legittimario leso abbia già ricevuto in vita dal de cuius altre attribuzioni patrimoniali, queste devono essere computate ai fini della determinazione della quota di riserva e della conseguente riduzione della donazione impugnata. L'accertamento della sussistenza e dell'entità della lesione della quota di riserva richiede pertanto lo svolgimento di un'istruttoria finalizzata alla ricostruzione della massa ereditaria e delle donazioni effettuate in vita dal de cuius, anche in favore dell'erede legittimario istante.

  • La collazione e la riduzione sono due istituti distinti del diritto successorio: la collazione consiste nell'obbligo dei figli, discendenti e coniuge del de cuius di conferire ai coeredi, in sede di divisione ereditaria, quanto ricevuto per donazione, mentre la riduzione mira a ridurre le donazioni o disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima. Pertanto, la domanda di riduzione non può essere considerata una mera emendatio rispetto alla domanda di collazione, essendo necessario che la prima sia proposta tempestivamente e con l'atto introduttivo del giudizio. L'azione di collazione, inoltre, presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria e la proposizione di una domanda di divisione, elementi che nel caso di specie non ricorrono, rendendo così infondata la relativa domanda. Infine, la simulazione della compravendita e della quietanza non può essere provata dalla parte attrice, in quanto non legittimaria che agisce in riduzione, se non mediante la produzione della necessaria prova scritta, non fornita nel presente giudizio. Pertanto, le domande attoree devono essere rigettate, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di lite e di una somma ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c. per lite temeraria.

  • Il testamento del de cuius costituisce il titolo di acquisto dell'eredità da parte degli eredi, i quali sono legittimati a far valere l'azione di riduzione per lesione della quota di legittima loro spettante. In tale contesto, l'erede che agisce in riduzione può avvalersi del più favorevole regime probatorio previsto dall'art. 1417 c.c. per dimostrare la simulazione di atti di disposizione patrimoniale posti in essere dal de cuius in vita, in quanto terzo rispetto a tali atti. Tuttavia, la prova della simulazione deve essere fornita attraverso elementi obiettivi e non può basarsi su mere presunzioni. Pertanto, ove l'erede non riesca a dimostrare la simulazione di un atto di disposizione, questo deve essere ritenuto valido e produttivo dei suoi effetti, con conseguente esclusione del suo valore dal computo della quota di legittima. Analogamente, l'erede che agisce in riduzione non può pretendere l'inclusione nell'asse ereditario di beni o utilità che il de cuius aveva legittimamente acquisito o percepito in vita, in quanto tali beni o utilità rientrano nella sua sfera patrimoniale e possono essere liberamente destinati. Infine, l'azione di riduzione per lesione della legittima presuppone la preventiva determinazione dell'effettiva consistenza dell'asse ereditario, da effettuarsi attraverso la c.d. riunione fittizia del donatum al relictum, al fine di quantificare correttamente la quota di cui il de cuius poteva liberamente disporre.

  • Il creditore di un erede legittimario pretermesso può, in via surrogatoria, esperire l'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima, anche in caso di rinuncia tacita all'azione di riduzione da parte del legittimario, al fine di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza del proprio credito. Il creditore può agire in via revocatoria per dichiarare inefficace nei suoi confronti la rinuncia all'azione di riduzione effettuata dal legittimario per facta concludentia, mediante la stipulazione di un atto di divisione ereditaria che recepisce il contenuto delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima. L'accoglimento dell'azione revocatoria consente al creditore di surrogarsi nell'esercizio dell'azione di riduzione, senza che ciò comporti l'acquisto della qualità di erede da parte del creditore, ma solo la possibilità di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza del proprio credito. Tale soluzione realizza un bilanciamento tra l'autonomia negoziale del testatore, la libertà del chiamato di accettare o meno l'eredità, e la preservazione della garanzia patrimoniale dei creditori del legittimario pretermesso.

  • L'azione di petizione ereditaria e di collazione non sono ammissibili qualora il de cuius abbia esaurito l'asse ereditario con donazioni in vita, in assenza di una massa ereditaria da dividere e di una domanda di riduzione delle donazioni eccedenti la quota di cui il de cuius poteva disporre. In tal caso, infatti, non sussiste una comunione ereditaria di cui il legittimario leso possa ritenersi partecipe per il solo fatto dell'apertura della successione, e pertanto non trova applicazione l'istituto della collazione, che si compenetra al procedimento divisionale e presuppone una massa sulla quale possano operarsi i prelevamenti. L'azione di riduzione, volta al ristabilimento della comunione fra i legittimari mediante il distacco parziale dei beni assegnati per testamento o per donazione in eccedenza alla quota di cui il de cuius poteva disporre, costituisce il presupposto necessario per l'esperimento dell'azione di collazione. Pertanto, in assenza di una domanda di riduzione, le azioni di petizione ereditaria e di collazione sono inammissibili.

  • Il compratore che abbia acquistato un bene con vizi o difformità rispetto a quanto pattuito, può esercitare l'azione di riduzione del prezzo (actio quanti minoris) per ottenere una diminuzione del corrispettivo in misura corrispondente alla minor utilità e valore del bene per effetto dei vizi riscontrati. Il giudice, nel determinare la riduzione del prezzo, deve valutare la diminuzione di valore del bene rispetto a quello pattuito, tenendo conto delle caratteristiche essenziali del bene e dell'uso cui era destinato, nonché della possibilità tecnica ed economica di eliminare i vizi. La riduzione del prezzo non deve essere commisurata al valore di mercato del bene, ma alla differenza tra il valore del bene senza vizi e quello del bene viziato, al fine di ristabilire il corretto rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione. Il giudice può fare ricorso a criteri equitativi e al proprio prudente apprezzamento per quantificare la diminuzione di valore, senza essere vincolato a particolari parametri legali. La domanda di risarcimento del danno, invece, è soggetta all'onere probatorio a carico del compratore in ordine all'an e al quantum del pregiudizio subito.

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