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Il Comune non risponde dei danni causati dalla caduta di un albero durante un evento atmosferico eccezionale ed imprevedibile, in quanto tale evento costituisce caso fortuito o forza maggiore che interrompe il nesso causale tra la condotta del Comune e il danno, esonerando il Comune da responsabilità ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c. Infatti, la presunzione di colpa del custode di cui all'art. 2051 c.c. può essere superata dalla prova del caso fortuito, rappresentato dall'eccezionalità e imprevedibilità del fenomeno atmosferico, che rende l'evento dannoso inevitabile e non evitabile da parte del Comune. L'attore che agisce in rivalsa ex art. 1916 c.c. deve provare non solo il nesso causale tra la condotta del Comune e il danno, ma anche l'assenza di cause di esonero della responsabilità, come il caso fortuito o la forza maggiore, che interrompono detto nesso causale. Pertanto, in presenza di un evento atmosferico eccezionale ed imprevedibile, che ha determinato la caduta dell'albero e il conseguente danno al veicolo, il Comune non può essere ritenuto responsabile ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c. e l'azione di rivalsa ex art. 1916 c.c. deve essere respinta.
Il custode di un'area privata, anche se non proprietario, è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni causati dalla caduta di un albero ivi presente, salvo prova del caso fortuito. Tale responsabilità sussiste anche quando l'area, pur non essendo di proprietà condominiale, sia di fatto gestita e manutenuta dal condominio, il quale ne abbia assunto la custodia. Il fenomeno nevoso, pur se di forte intensità, non integra di per sé il caso fortuito, essendo necessaria la prova della sua eccezionalità e imprevedibilità. L'eventuale regolamento condominiale che vieti il parcheggio nell'area non è opponibile al danneggiato estraneo al condominio, essendo sufficiente l'effettiva disponibilità e custodia dell'area da parte del condominio per configurarne la responsabilità. La mancata prevedibilità dell'evento da parte del danneggiato può al più giustificare una riduzione del risarcimento ai sensi dell'art. 1227 c.c., ma non esclude la responsabilità del custode.
Il custode di una cosa, quale l'ente proprietario e gestore di una strada pubblica, non risponde dei danni cagionati dal danneggiato a seguito dell'impatto del suo veicolo contro un albero caduto sulla sede stradale, qualora l'evento sia connotato da oggettiva imprevedibilità ed eccezionalità, tali da integrare il caso fortuito. In tali ipotesi, infatti, l'evento dannoso non è riconducibile alla sfera di controllo e vigilanza del custode, essendo determinato da una causa esterna ed estemporanea, non tempestivamente eliminabile o segnalabile, che interrompe il nesso causale tra la custodia e il danno. La valutazione circa la prevedibilità e l'evitabilità dell'evento deve essere effettuata in concreto, avendo riguardo alle caratteristiche della cosa custodita e alle circostanze del caso specifico, senza che assumano rilievo la colpa o l'assenza di colpa del custode, le quali rilevano solo ai fini della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. e non di quella da custodia ex art. 2051 c.c. Pertanto, il custode non è responsabile dei danni derivanti da eventi eccezionali e imprevedibili, che esulano dalla normale serie causale e non possono essere tempestivamente eliminati o segnalati, in quanto rientranti nell'ambito del caso fortuito, che interrompe il nesso di causalità tra la custodia e l'evento dannoso.
Il conducente di un veicolo a motore che, per condotta di guida imprudente e velocità eccessiva, cagioni la morte di un trasportato, risponde del reato di omicidio stradale, anche in assenza di patente di guida, in violazione delle norme sulla circolazione stradale poste a tutela della sicurezza della circolazione. La mancata acquisizione di una perizia psichiatrica, richiesta dalla difesa, non determina la nullità della sentenza, ove il giudice abbia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta sulla base degli elementi probatori acquisiti, senza che ciò integri una violazione del diritto di difesa. Il giudice, infatti, non è vincolato all'accoglimento di istanze istruttorie, purché la decisione sia sorretta da una motivazione logica e coerente con gli atti processuali.
Il custode di una cosa è responsabile per i danni da essa cagionati, salvo che dimostri il caso fortuito, comprensivo anche del fatto del terzo, che non si sia potuto prevedibilmente evitare e che sia stato da solo la causa dell'evento. L'omissione del custode di provvedere all'esercizio del dovuto controllo e manutenzione del bene, al fine di prevenire eventuali situazioni di pericolo, esclude la configurabilità del caso fortuito. Pertanto, il proprietario di un albero, in quanto custode della cosa, è responsabile per i danni cagionati dalla caduta di un ramo marcio, a meno che non dimostri di aver effettuato diligenti attività di controllo e manutenzione della flora comunale, tali da rendere l'evento imprevedibile e inevitabile nonostante le sistematiche e adeguate verifiche. La mera ipotesi di elevati costi di investimenti precauzionali non è sufficiente ad escludere la responsabilità del custode, il quale è tenuto a provare concretamente l'impossibilità di effettuare controlli e interventi di manutenzione idonei a prevenire il danno.
Il custode di una cosa è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalla cosa in custodia, salvo che dimostri il caso fortuito, inteso come evento imprevedibile ed eccezionale, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa e il danno. L'ente pubblico proprietario di una strada aperta al pubblico transito ha l'obbligo di vigilare affinché dai fondi privati adiacenti non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada e, ove tali situazioni si verifichino, di attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere, adottando anche provvedimenti di chiusura della strada, in caso di persistente inerzia dei proprietari privati. In caso di concorso di più soggetti nella causazione di un unico fatto dannoso, si applica il principio della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c., con possibilità di graduazione della colpa tra i coobbligati. Il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, comprensivo del danno morale soggettivo, è risarcibile in favore dei prossimi congiunti della vittima, in misura proporzionale all'intensità del vincolo affettivo e alla durata della privazione del rapporto, sulla base dei valori indicati nelle tabelle di riferimento.
Il Comune, in qualità di custode di alberi e aree pubbliche, è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni causati dalla caduta di rami su veicoli parcheggiati, salvo che dimostri il carattere di eccezionalità e imprevedibilità dell'evento atmosferico che ha provocato la rottura del ramo. L'onere di provare il caso fortuito grava sul Comune, il quale deve dimostrare che la nevicata presentava caratteri di straordinarietà tali da interrompere il nesso causale. Inoltre, il Comune è tenuto a provare di aver adeguatamente curato e manutenuto il patrimonio arboreo di sua competenza, non potendo invocare l'affidamento a terzi della manutenzione per escludere la propria responsabilità. Il danno da fermo tecnico, invece, deve essere specificamente provato dal danneggiato attraverso la dimostrazione delle spese sostenute per procurarsi un veicolo sostitutivo o della perdita di utilità economica derivante dalla mancata disponibilità del proprio mezzo.
Il custode di una cosa non risponde del danno cagionato dal suo deterioramento o dalla sua rovina, se prova che l'evento è stato determinato da caso fortuito, ovvero da una causa esterna imprevedibile ed inevitabile, che ha interrotto il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso. Pertanto, il custode non è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. quando il danno è stato causato da una situazione meteorologica eccezionale, caratterizzata da fenomeni atmosferici di particolare intensità e violenza, tali da configurare un caso fortuito idoneo a determinare autonomamente l'evento lesivo, senza che rilevi l'eventuale mancata prova della diligente manutenzione della cosa in custodia. Inoltre, il giudice può compensare integralmente le spese processuali tra le parti, in considerazione della qualità delle stesse e dell'esito complessivo della controversia, senza necessità di indicare in motivazione le "gravi ed eccezionali ragioni" richieste dalla normativa successiva, quando il giudizio sia stato instaurato prima dell'entrata in vigore di tale disciplina.
Il Comune, in qualità di custode di alberi pubblici, è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalla caduta di un ramo, salvo che non dimostri il caso fortuito, ovvero il fatto esclusivo del danneggiato o del terzo. L'intensità del vento, misurata in luogo aperto, non può essere considerata l'unica causa della caduta del ramo, essendo necessaria anche la prova della adeguata manutenzione e cura dell'albero da parte del Comune. Il danno non patrimoniale, anche in assenza di reato, è risarcibile quando l'evento lesivo abbia inciso su diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti. Il lucro cessante, infine, deve essere liquidato equitativamente sulla base del valore del capitale al tempo del fatto, rivalutato secondo l'indice Istat e maggiorato degli interessi legali per il periodo di indisponibilità della somma.
Il custode di una cosa non risponde dei danni da essa cagionati quando prova che il danno è stato determinato da un evento di forza maggiore, imprevedibile ed inevitabile, che ha interrotto il nesso causale tra la custodia della cosa e l'evento dannoso. Ai fini dell'esonero da responsabilità, il custode deve dimostrare di aver adottato tutte le misure di ordinaria diligenza nella custodia e manutenzione della cosa, senza che sia necessario provare l'assenza di colpa. Tuttavia, il danneggiato può essere ritenuto corresponsabile se era a conoscenza della pericolosità della cosa e non ha adottato le necessarie cautele. La prova del caso fortuito, quale causa liberatoria della responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., può essere raggiunta sia attraverso la dimostrazione dell'assenza di colpa del custode, sia attraverso la prova dell'imprevedibilità e inevitabilità dell'evento dannoso, quale manifestazione di forza maggiore.
Il proprietario di un terreno boschivo e i soggetti incaricati della sua gestione e manutenzione sono responsabili del delitto di omicidio colposo qualora, per negligenza, imprudenza e inosservanza della normativa in materia di disboscamento, omettano di adottare le necessarie cautele per prevenire il pericolo di caduta di alberi sulla pubblica via, causando così la morte di un soggetto che transita sulla strada adiacente. In particolare, il proprietario è responsabile in quanto titolare del terreno e tenuto a vigilare sugli interventi effettuati, mentre i gestori sono responsabili per aver affidato a terzi l'incarico di eseguire lavori di incisione degli alberi senza adottare le dovute precauzioni per impedirne la caduta verso la strada, nonché per aver violato gli obblighi di legge in materia di autorizzazioni e segnalazioni di pericolo. La responsabilità sussiste anche qualora il materiale taglio degli alberi sia stato eseguito da un soggetto terzo, in quanto i proprietari e gestori erano a conoscenza delle condizioni di instabilità della vegetazione e non hanno adottato le misure necessarie per scongiurare il pericolo. La valutazione della concessione delle attenuanti generiche e della comparazione delle circostanze rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, censurabile in cassazione solo in caso di manifesta illogicità o arbitrarietà.
Il capo cantoniere, quale responsabile della manutenzione ordinaria delle opere in verde esistenti su un tratto di strada statale, è tenuto a vigilare sullo stato di conservazione degli alberi e delle alberature presenti, al fine di rilevare tempestivamente eventuali anomalie o situazioni di pericolo, come il decadimento delle condizioni di un albero o di sue parti, e ad adottare le necessarie misure di prevenzione e messa in sicurezza, al fine di scongiurare il verificarsi di eventi dannosi per la circolazione stradale. L'omessa rilevazione dello stato di deterioramento di un ramo di grandi dimensioni, che poi si stacca dalla pianta e ostruisce la carreggiata, determinando la morte di un automobilista che, per evitare l'impatto, effettua una manovra di emergenza, integra il reato di omicidio colposo a carico del capo cantoniere, il quale non ha adempiuto ai propri doveri di vigilanza e manutenzione, nonostante tale condotta rientrasse nei suoi compiti istituzionali. La responsabilità del capo cantoniere permane anche qualora l'incidente si sia verificato in un momento in cui egli non fosse materialmente in servizio, atteso che il dovere di vigilanza e manutenzione grava su di lui in via continuativa in ragione del suo specifico incarico. La velocità di marcia del veicolo della vittima, pur rilevante sotto il profilo civilistico, non assume rilievo causale rispetto all'evento, in quanto il ramo di grandi dimensioni che ostruiva la carreggiata avrebbe comunque determinato l'incidente, a prescindere dalla velocità di marcia del veicolo.
La Provincia, quale ente proprietario di una strada pubblica, ha l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza della circolazione stradale, tra cui la manutenzione e la potatura periodica degli alberi posti ai margini della carreggiata. Tuttavia, tale obbligo non comporta una responsabilità automatica dell'ente in caso di danni derivanti dalla caduta di un albero, essendo necessario accertare la prevedibilità e la prevenibilità dell'evento dannoso. Pertanto, la responsabilità della Provincia ai sensi dell'art. 2043 c.c. può essere esclusa qualora non emerga una sua condotta negligente o imprudente nella gestione e manutenzione della strada, anche in relazione alla mancata potatura dell'albero, ove tale omissione non risulti causalmente rilevante rispetto al verificarsi del danno. L'introduzione in sede di appello di nuove censure, non dedotte in primo grado, che modifichino i fatti costitutivi e l'oggetto della domanda, è preclusa dalla preclusione di cui all'art. 345 c.p.c.
Il proprietario del fondo sul quale insiste un albero che cade sulla strada pubblica e provoca danni a terzi risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c. per il danno cagionato, in quanto custode della cosa che ha causato l'evento dannoso. L'ente proprietario della strada, invece, non è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni derivanti dalla caduta di alberi insistenti su fondi privati confinanti con la strada, in quanto la sua responsabilità di custodia è limitata alla sola strada e non si estende ai terreni limitrofi. Tuttavia, l'ente proprietario della strada può essere chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2043 c.c. qualora non abbia adottato le misure necessarie per segnalare i pericoli agli utenti della strada o per eliminare i fattori di rischio conosciuti o conoscibili. Il concorso di colpa del danneggiato, che abbia assunto un comportamento imprudente o imperito, può comportare una riduzione del risarcimento ai sensi dell'art. 1227 c.c.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La sentenza di non luogo a procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare deve essere impugnata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla lettura in udienza del dispositivo, ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), indipendentemente dal fatto che il giudice si sia riservato la redazione della motivazione entro un termine superiore a quello ordinario di trenta giorni previsto dall'art. 424 c.p.p., comma 4. Il termine per impugnare decorre automaticamente dalla scadenza del termine legale per il deposito della motivazione differita, senza necessità di comunicazione o notifica dell'avviso di deposito alle parti, salvo il caso in cui il giudice non rispetti il termine di trenta giorni, dovendosi in tal caso garantire l'effettiva conoscenza del provvedimento. La disciplina dettata dall'art. 424 c.p.p. in materia di udienza preliminare è del tutto peculiare e non è riconducibile al modello del procedimento in camera di consiglio "tipico" né a quello delineato per la fase del giudizio, con la conseguenza che il termine per impugnare la sentenza di non luogo a procedere non rimane coinvolto dall'eventuale utilizzo da parte del giudice del regime della motivazione differita, ma è e rimane sempre di quindici giorni.
La responsabilità per il danno cagionato dalla caduta di un albero su una strada pubblica grava sul proprietario del fondo su cui l'albero insiste, in applicazione del principio di responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c., salvo che il proprietario non dimostri che l'evento sia stato determinato da caso fortuito, ovvero da un fatto imprevedibile ed eccezionale. Il Comune, in qualità di custode della strada, non risponde del danno se l'albero non era di sua proprietà e non aveva il potere di intervenire sulla sua manutenzione, essendo l'evento lesivo dipeso da una situazione di fatto estranea alla sua sfera di controllo e vigilanza. Pertanto, il Comune non è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. quando il danno sia stato cagionato dalla caduta di un albero di proprietà di un soggetto privato, sul quale l'ente locale non aveva alcun potere di intervento, né obbligo di custodia, in assenza di una situazione di pericolo nota o conoscibile attraverso l'ordinaria diligenza. Inoltre, il Comune non risponde nemmeno ai sensi dell'art. 2043 c.c., in quanto l'evento dannoso, verificatosi per cause indipendenti dalla sua condotta, deve ritenersi riconducibile al caso fortuito, che esclude la sua responsabilità extracontrattuale.
L'ente pubblico proprietario o preposto alla manutenzione di una strada aperta al pubblico transito è responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati ai veicoli in circolazione da situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo il caso fortuito. Il caso fortuito è configurabile solo in presenza di alterazioni repentine e non specificamente prevedibili dello stato della cosa, che nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata per garantire un tempestivo intervento, non possano essere rimosse o segnalate per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere. Pertanto, l'ente proprietario o preposto alla manutenzione della strada non può invocare il caso fortuito per sottrarsi alla responsabilità, qualora non dimostri di aver provveduto alla regolare manutenzione degli elementi accessori della strada, come alberi e rami sporgenti, che possono interferire con la sicurezza della circolazione, essendo a suo carico l'onere di arginare gli effetti prevedibili ed evitabili del vento o di altri fattori atmosferici.
Il proprietario o il concessionario di una strada ha l'obbligo di garantire la sicurezza della circolazione, adottando le misure necessarie per eliminare i fattori di rischio conosciuti o conoscibili con un attento monitoraggio del territorio. Tuttavia, tale responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c. presuppone la prova dell'elemento soggettivo della colpa, non essendo sufficiente il mero nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Pertanto, il danneggiato deve allegare e provare non solo il danno subito, ma anche le circostanze che dimostrano la negligenza o l'omissione del soggetto responsabile della manutenzione stradale, come l'esistenza di una situazione di pericolo conosciuta o conoscibile con l'ordinaria diligenza e l'inadempimento dell'obbligo di rimuoverla tempestivamente. In assenza di tali elementi, la domanda di risarcimento danni deve essere respinta, anche qualora l'evento dannoso si sia verificato su una strada con elevati tassi di incidentalità, in quanto l'obbligo di messa in sicurezza previsto dall'art. 47 L. n. 129/2020 non opera in modo automatico, ma richiede la prova della pericolosità della situazione e dell'omissione del soggetto responsabile. Inoltre, qualora il danneggiato non abbia partecipato alla procedura di negoziazione assistita, ciò può giustificare una compensazione delle spese di lite, in considerazione dello spirito deflattivo cui tale istituto mira e della non manifesta infondatezza della domanda iniziale.
Il proprietario o concessionario di una strada aperta al pubblico transito è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni causati agli utenti dalla caduta di un albero sulla carreggiata, salvo che dimostri che l'evento sia stato determinato da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata per garantire un tempestivo intervento. Tale responsabilità sussiste anche quando l'albero cada da un fondo di proprietà di terzi adiacente alla strada, in quanto l'ente proprietario o concessionario ha il dovere di adottare i presidi necessari ad eliminare i fattori di rischio conosciuti o conoscibili con un attento monitoraggio del territorio, al fine di garantire la sicurezza della circolazione. Tuttavia, tale obbligo non può estendersi all'abbattimento o al contenimento di tutte le piante prive di specifici connotati di pericolosità, poste lateralmente alla carreggiata di una strada che percorre una valle alpina, ove non risultino precedenti analoghi eventi dannosi. Inoltre, la repentinità dell'evento e l'impossibilità di rimuovere o segnalare l'ostacolo prima del sopraggiungere del veicolo, per mancanza del tempo strettamente necessario a provvedere, integrano il caso fortuito che esclude la responsabilità dell'ente proprietario o concessionario. Diversamente, il proprietario del fondo da cui è caduto l'albero è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni causati agli utenti della strada, salvo che non dimostri il caso fortuito, non potendo invocare l'inerzia dell'ente proprietario della strada quale causa liberatoria.
Il conducente di un veicolo che, in condizioni di scarsa visibilità e fondo stradale bagnato, proceda a velocità superiore ai limiti di legge e non adeguata alle circostanze, violando così le norme sulla prudenza e diligenza nella circolazione stradale, risponde penalmente per il reato di omicidio colposo qualora tale condotta di guida sia causa determinante di un incidente mortale, anche qualora siano presenti elementi ambientali (come caditoie o fenomeni di acquaplaning) che, pur non costituendo causa esclusiva dell'evento, siano comunque prevedibili e superabili con una guida più attenta. La responsabilità del conducente permane anche qualora la velocità tenuta, pur inferiore ai limiti di legge, risulti comunque inadeguata alle condizioni della strada e dell'ambiente, essendo dovere del conducente adeguare la propria condotta di guida alle circostanze concrete al fine di prevenire situazioni di pericolo. L'accertamento della velocità del veicolo, pur rilevante, non è dirimente ai fini della responsabilità, dovendo la stessa essere valutata unitamente agli altri elementi fattuali che hanno concorso a determinare l'evento, senza che possano essere invocate a propria discolpa cause sopravvenute ed eccezionali che rientrano nell'ambito delle conseguenze prevedibili della condotta imprudente del conducente.
Il giudice di legittimità, nell'esercizio del sindacato sulla motivazione della sentenza impugnata, deve limitarsi a verificare l'esistenza di un apparato argomentativo logico e coerente, senza poter procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, la cui disamina è riservata in via esclusiva al giudice di merito. Pertanto, il vizio motivazionale deducibile in sede di ricorso per cassazione non può consistere nella mera prospettazione di una diversa e più adeguata ricostruzione e valutazione dei fatti, ma deve riguardare specificamente la manifesta illogicità o contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice di appello, così come emergente dal testo della decisione impugnata. Inoltre, la circostanza che il piano operativo di sicurezza sia stato successivamente modificato non è di per sé sufficiente a inficiare la validità della motivazione, ove questa risulti comunque sorretta da un percorso logico-argomentativo coerente e privo di vizi logici, basato sull'apprezzamento delle risultanze istruttorie effettuato dai giudici di merito.
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