Sentenze recenti canna fumaria

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  • La realizzazione di una canna fumaria, quale opera di manutenzione straordinaria finalizzata al rinnovo e alla sostituzione di parti anche strutturali dell'edificio, nonché all'integrazione dei servizi tecnologici, non è soggetta a permesso di costruire, purché non alteri la volumetria complessiva dell'immobile né comporti mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d'uso. Tuttavia, l'installazione della canna fumaria deve rispettare le prescrizioni del regolamento edilizio comunale, in particolare in relazione all'altezza minima rispetto al colmo del tetto, pena la dichiarazione di inefficacia della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) presentata dal privato. L'assenso degli altri condomini non è necessario per l'esecuzione di tali interventi, essendo i loro diritti tutelabili esclusivamente mediante azioni civili innanzi al giudice ordinario. Pertanto, l'ordinanza comunale che inibisce gli effetti della CILA per la realizzazione della canna fumaria è legittima qualora la stessa risulti non conforme alle previsioni regolamentari, mentre l'ingiunzione di demolizione è illegittima in quanto l'intervento rientra negli interventi di manutenzione straordinaria non soggetti a permesso di costruire.

  • La realizzazione di una canna fumaria, pur non alterando la volumetria complessiva dell'edificio né comportando mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d'uso, costituisce un intervento di manutenzione straordinaria o di restauro e risanamento conservativo, ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. a) e b) del d.P.R. n. 380/2001, che deve essere assentito mediante la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). La mancata presentazione della SCIA comporta l'applicazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 37, comma 1, del medesimo testo unico, senza che l'Amministrazione possa imporre la sanzione demolitoria. Inoltre, la presentazione di una segnalazione certificata di agibilità (SCAGI) prima dell'installazione della canna fumaria non può essere inibita per il solo fatto che il relativo titolo abilitativo non sia stato ancora prodotto, in quanto la SCAGI riguarda interventi diversi e precedenti rispetto all'installazione della canna fumaria.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La realizzazione di una canna fumaria, anche se di non grandi dimensioni, costituisce un'opera edilizia soggetta al regime del permesso di costruire, qualora incida in modo significativo sulla sagoma e sull'aspetto esteriore dell'edificio. Ciò vale in particolare quando l'opera insiste su un immobile situato in area sottoposta a vincolo paesaggistico, per il quale è sempre necessaria l'acquisizione preventiva dell'autorizzazione paesaggistica, a prescindere dalla natura dell'intervento (pertinenziale o meno). In tali casi, l'ordinanza di demolizione dell'opera realizzata in assenza dei prescritti titoli edilizi e paesaggistici è un provvedimento dovuto e non necessita di una particolare motivazione, essendo sufficiente il riferimento al carattere abusivo dell'intervento e alla violazione delle norme urbanistiche ed edilizie. Il lungo decorso del tempo dalla realizzazione dell'opera abusiva non è idoneo a radicare in capo al privato un legittimo affidamento sulla conservazione della situazione di fatto illecita, né tantomeno a escludere l'applicazione della sanzione demolitoria, che ha natura oggettiva e colpisce il bene abusivo indipendentemente dall'individuazione del responsabile.

  • La realizzazione di una canna fumaria, quale opera edilizia di natura tecnica e priva di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale, non richiede necessariamente il previo rilascio di un titolo abilitativo, salvo che non si tratti di opere di palese evidenza rispetto alla costruzione e alla sagoma dell'immobile. Ai fini della corretta qualificazione di un abuso edilizio, la verifica dell'esistenza o meno del titolo abilitativo prescritto dalla legge deve essere effettuata in relazione al regime giuridico vigente all'epoca di realizzazione dell'opera, non al momento in cui l'amministrazione adotta il provvedimento di demolizione. Pertanto, l'ordine di demolizione di una canna fumaria deve essere adeguatamente motivato, con riferimento alle caratteristiche dell'opera, alla disciplina edilizia applicabile al momento della sua realizzazione e all'eventuale sussistenza di un titolo abilitativo, anche in considerazione della possibile natura tecnica e non autonomamente rilevante dell'opera stessa sotto il profilo urbanistico-funzionale. L'omissione di tali elementi istruttori e la genericità del provvedimento di demolizione comportano l'annullamento dello stesso, salva la possibilità per l'amministrazione di effettuare ulteriori accertamenti e adottare un nuovo provvedimento adeguatamente motivato.

  • La realizzazione di una canna fumaria su un muro perimetrale di un edificio privato non vincolato, anche in assenza del previo consenso di tutti i condomini, non può essere considerata abusiva dall'autorità amministrativa, in quanto la valutazione circa la compatibilità dell'opera con il decoro architettonico dell'edificio e il rispetto dei diritti dei terzi condomini spetta esclusivamente al giudice civile. L'amministrazione comunale è tenuta a rilasciare il titolo abilitativo edilizio avendo riguardo esclusivamente alla conformità urbanistica dell'intervento, senza poter valutare incidentalmente profili di diritto civile, come l'alterazione della destinazione della cosa comune o la lesione del decoro architettonico, che possono essere accertati e tutelati solo in sede giurisdizionale civile. Pertanto, l'ordine di demolizione e l'acquisizione al patrimonio comunale dell'opera, adottati sulla base della mancanza del consenso di tutti i condomini, sono illegittimi, in quanto l'amministrazione non può sostituirsi al giudice civile nell'accertamento e nella tutela di diritti soggettivi. Inoltre, la canna fumaria, in quanto volume tecnico privo di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale, non necessita del permesso di costruire, essendo sufficiente la SCIA o un titolo "minore", con conseguente applicazione della sola sanzione pecuniaria in caso di realizzazione in assenza o difformità.

  • Il rispetto delle distanze legali previsto dall'art. 890 c.c., nella cui regolamentazione rientrano anche le canne fumarie, è collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità, che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui esista una normativa anche regionale che stabilisca la distanza medesima. Pertanto, una volta accertata la presenza di regolamenti disciplinanti le distanze, il giudice deve ordinare il rispetto di tali distanze, senza necessità di ulteriori accertamenti sulla concreta pericolosità o nocività della canna fumaria. L'inosservanza delle distanze legali comporta l'obbligo di arretramento della canna fumaria in posizione conforme alla normativa, a prescindere dalla dimostrazione di un effettivo pregiudizio per il fondo vicino.

  • Il regolamento edilizio comunale che prevede l'obbligo di installare una canna fumaria per l'allontanamento al tetto delle emissioni di fumi e vapori, senza consentire l'utilizzo di tecnologie alternative come sistemi di aspirazione a parete, è legittimo e non costituisce un'irragionevole limitazione all'esercizio dell'attività economica. Tale disciplina normativa comunale, adottata nell'ambito della propria autonomia, mira a prevenire possibili controversie tra cittadini per interferenze di odori e propagazioni nocive, imponendo cautele costruttive volte a garantire l'ordinato sviluppo socio-economico-edilizio del territorio. L'amministrazione comunale, pertanto, è legittimata ad adottare provvedimenti di diffida e sospensione parziale dell'attività economica in caso di mancato rispetto dell'obbligo di installazione della canna fumaria, senza che ciò integri un'illegittima limitazione dell'attività d'impresa o un'incompetenza degli uffici comunali preposti. La SCIA presentata per l'avvio dell'attività non elide la potestà di vigilanza urbanistica ed edilizia dell'amministrazione, la quale può sempre verificare il rispetto delle norme regolamentari, anche a seguito di segnalazioni di soggetti controinteressati come il condominio.

  • La realizzazione di una canna fumaria, anche se non comporta un aumento della volumetria abitabile, costituisce comunque un intervento edilizio che altera l'assetto territoriale dell'area di sedime e, pertanto, richiede il preventivo ottenimento del titolo abilitativo, anche in zone soggette a vincolo paesaggistico. Il mero difetto del titolo abilitativo o la difformità dell'opera da esso radica il potere-dovere dell'amministrazione comunale di perseguire l'abuso, senza che l'amministrazione abbia l'obbligo di verificare il contrasto con le prescrizioni urbanistiche, essendo invece onere del privato richiedere la sanatoria con le modalità e nei termini previsti dalla legge. Pertanto, l'esclusione della canna fumaria dalla concessione edilizia in sanatoria rilasciata dal Comune è legittima, in quanto l'opera, pur non comportando un aumento della volumetria, altera comunque l'assetto territoriale e richiede il preventivo ottenimento del titolo abilitativo, non essendo sufficiente l'inclusione nell'istanza di condono, in assenza di prova del suo espletamento secondo la procedura prescritta dalla legge.

  • La realizzazione di una canna fumaria per l'evacuazione dei prodotti della combustione di una caldaia condominiale deve rispettare i requisiti tecnici e costruttivi previsti dalla normativa statale e locale vigente, in particolare l'obbligo di collegamento a camini o canne fumarie con sbocco sopra il tetto dell'edificio, salvo che il progettista attesti e asseveri l'impossibilità tecnica di tale soluzione. L'accertamento di conformità urbanistico-edilizia di una canna fumaria che non rispetti tali prescrizioni normative è illegittimo, in quanto basato su una erronea valutazione della fattibilità tecnica di soluzioni alternative conformi alla legge.

  • La realizzazione di una canna fumaria esterna a servizio di un'attività di ristorazione, ancorché inizialmente realizzata in conformità a un titolo abilitativo edilizio, può essere legittimamente ordinata dal Comune di demolire qualora non rispetti i requisiti tecnici e dimensionali previsti dal regolamento edilizio comunale per le canne fumarie esterne, in particolare con riferimento alla loro collocazione in cavedi o chiostrine. Tuttavia, per valutare la legittimità di tale ordine, il Comune deve previamente accertare le effettive dimensioni dello spazio scoperto in cui la canna fumaria è inserita, al fine di verificare se esso possa essere qualificato come "cavedio" ai sensi del regolamento edilizio, con la conseguente applicabilità della disciplina derogatoria prevista per le canne fumarie esterne collocate in tali spazi. L'erronea qualificazione dello spazio come "chiostrina" anziché "cavedio", basata unicamente sulla presenza di affacci e finestre condominiali, determina un vizio di istruttoria e di motivazione del provvedimento che ne comporta l'annullamento. Inoltre, anche ove la canna fumaria non rispetti i requisiti dimensionali e costruttivi prescritti per la parte terminale che fuoriesce dalla copertura dell'edificio, ciò non è sufficiente a legittimare l'ordine di demolizione dell'intero manufatto, essendo necessario un riesame complessivo della pratica finalizzato a valutare in primo luogo la sorte dell'intero manufatto e, in seconda battuta, se e in quali termini se ne possa e debba disporre la conformazione al regolamento edilizio.

  • Il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria per la realizzazione di una canna fumaria su un edificio sottoposto a tutela paesaggistica è legittimo qualora l'opera, pur arrecando un lieve pregiudizio al paesaggio tutelato, sia stata ritenuta compatibile dalla competente Soprintendenza, anche in presenza del dissenso manifestato da un condomino, atteso che l'apposizione di una canna fumaria sul muro perimetrale condominiale integra un mero uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., soggetto solo ai limiti di non impedire l'uso paritario delle parti comuni, non provocare pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell'edificio e non alterare il decoro architettonico, senza che sia necessario il preventivo consenso di tutti i condomini. Inoltre, la legittimità del permesso di costruire in sanatoria non è inficiata dalla pregressa autorizzazione temporanea rilasciata dal Comune, in quanto il mutamento di valutazione della Soprintendenza, che ha successivamente ritenuto l'opera compatibile con il contesto paesaggistico, costituisce un legittimo esercizio del potere discrezionale della pubblica amministrazione, senza che possa ravvisarsi alcuna contraddittorietà o irragionevolezza nell'operato dell'amministrazione.

  • Il regolamento edilizio comunale, nel disciplinare le modalità costruttive e i requisiti di ammissibilità delle canne fumarie esterne agli edifici, prevede che, anche per la parte terminale della canna fumaria che fuoriesce dalla copertura, debbano essere rispettati i requisiti di andamento verticale, rettilineo e continuo dal piede della facciata sino alla copertura, nonché di coerenza con le forme, le tecniche costruttive e i materiali dell'edificio e del contesto in cui si inserisce. Tali prescrizioni si applicano anche alle canne fumarie esterne posizionate in cavedi, per le quali è consentita soltanto una deroga ai materiali di costruzione, ma non anche agli altri requisiti di conformità urbanistico-edilizia. Pertanto, la canna fumaria che, pur collocata in cavedio, presenti un andamento non rettilineo e dimensioni non coerenti con l'edificio e il contesto, non può essere ritenuta conforme alla disciplina regolamentare, indipendentemente dalla qualità estetica dei materiali utilizzati per la parte terminale.

  • La realizzazione di una canna fumaria che non rispetta i requisiti tecnici e dimensionali previsti dalla normativa edilizia vigente, in particolare l'obbligo di superare di almeno 1 metro il colmo del tetto dell'edificio e il divieto di addossarla all'esterno dei muri prospettanti su suolo pubblico, determina l'illegittimità dell'intervento, a prescindere dall'ottenimento di un provvedimento autorizzativo da parte dell'amministrazione competente. Infatti, l'osservanza delle prescrizioni tecniche in materia di impianti termici e canne fumarie costituisce un requisito essenziale per la realizzazione di tali opere, la cui inosservanza comporta l'illegittimità dell'intervento edilizio anche in presenza di un titolo abilitativo. Pertanto, l'amministrazione non può validamente autorizzare la realizzazione di una canna fumaria che non rispetti le caratteristiche tecniche e dimensionali previste dalla normativa di settore, in quanto ciò determinerebbe un provvedimento in contrasto con le disposizioni vigenti, e quindi illegittimo. La verifica della conformità dell'intervento edilizio alle prescrizioni tecniche di legge e di regolamento costituisce, dunque, un presupposto imprescindibile per il rilascio di qualsiasi titolo abilitativo, la cui mancanza determina l'illegittimità del provvedimento autorizzativo, indipendentemente dalla regolarità formale dello stesso.

  • Il singolo condomino può installare una canna fumaria o un motore esterno per l'aria condizionata sulla facciata condominiale, in quanto tale utilizzo rientra nel normale esercizio del diritto di uso della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., purché non pregiudichi la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico dell'edificio, né impedisca il concorrente esercizio di tale diritto da parte degli altri condomini. L'assemblea condominiale non può negare in via generale e astratta tale diritto, ma deve valutarne l'esercizio in concreto, sulla base di un progetto dettagliato, in contraddittorio con il condomino richiedente. Il regolamento condominiale che prevede la necessità di autorizzazione assembleare per le innovazioni non attribuisce agli organi condominiali un potere discrezionale, ma impone un controllo di legittimità, con margini ristretti di discrezionalità tecnica, in relazione alla stabilità, sicurezza ed estetica dell'edificio. Pertanto, il diniego dell'assemblea è efficace solo se adeguatamente motivato sulla base di tali parametri, non potendo essere fondato su meri principi astratti o presunte violazioni non dimostrate in concreto.

  • Il condomino può installare una canna fumaria sul muro perimetrale condominiale, purché tale installazione non alteri la destinazione del bene comune né impedisca agli altri condomini di farne un pari uso secondo il loro diritto. L'installazione della canna fumaria non viola le norme sulle distanze legali, in quanto tali norme, in caso di contrasto con quelle sull'uso delle cose comuni, sono destinate a cedere. Pertanto, l'installazione della canna fumaria è legittima, a meno che non sia provato un concreto pericolo di danno alla solidità, salubrità o sicurezza dell'immobile del condomino opponente, onere probatorio che grava su quest'ultimo. Le spese di lite sono poste a carico del condomino soccombente, salvo che la chiamata in causa di un terzo non sia stata indotta da una erronea valutazione della parte convenuta.

  • La proprietà esclusiva di un bene accessorio, come una canna fumaria, può essere acquisita da un condomino anche in assenza di una specifica indicazione nel titolo di acquisto, qualora risulti che, al momento della costituzione del condominio per frazionamento dell'edificio, tale bene fosse già destinato in modo esclusivo al servizio della sola unità immobiliare poi acquistata da quel condomino. In tal caso, la presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. viene superata dalla destinazione particolare del bene, che costituisce un titolo contrario opponibile anche agli altri condomini. Inoltre, il diritto di attraversare con un tratto di canna fumaria l'appartamento di proprietà esclusiva di altro condomino, determinando una limitazione durevole e stabile, deve essere inquadrato nello schema della servitù prediale, la cui sussistenza può essere accertata anche per destinazione del padre di famiglia, qualora risulti che l'opera sia oggettivamente visibile, anche solo in parte e occasionalmente, dalla proprietà servente, in modo da renderne presumibile la conoscenza da parte del proprietario di quest'ultima. Infine, l'usucapione di un bene condominiale può essere eccepita dal singolo condomino, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri condomini, essendo sufficiente che il convenuto si limiti a eccepire la sua proprietà esclusiva senza formulare una specifica domanda riconvenzionale.

  • Il diritto di ciascun condomino di fare un uso più intenso delle parti comuni, anche mediante l'installazione di opere accessorie come canne fumarie, deve essere contemperato con il pari diritto degli altri condomini al godimento della cosa comune, senza che ciò comporti una lesione del decoro architettonico dell'edificio o una violazione delle norme sulle distanze e le vedute, salvo che non sia dimostrata l'esistenza di un titolo costitutivo di una servitù di veduta. Pertanto, l'installazione di una canna fumaria su una facciata condominiale, anche di dimensioni ragguardevoli ma non tali da alterare in modo significativo l'armonia architettonica dell'edificio, non integra una violazione del diritto di veduta o di luminosità degli altri condomini, né una lesione del decoro, quando risulti compatibile con l'uso comune della cosa e non comporti un pregiudizio sproporzionato agli interessi degli altri partecipanti alla comunione condominiale. In tali ipotesi, il condomino che abbia installato l'opera non può essere condannato alla sua rimozione né al risarcimento dei danni, in assenza di prova di un effettivo pregiudizio subito dagli altri condomini.

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