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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SERRAO Eugenia - Presidente Dott. NARDIN Maura - rel. Consigliere Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere Dott. CENCI Daniele - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 09/10/2020 della CORTE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MAURA NARDIN; udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI Simone, che conclude chiedendo il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per (OMISSIS). Uditi: l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), che conclude per l'accoglimento dei motivi di ricorso; l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), che conclude per l'accoglimento dei motivi di ricorso; l'avvocato (OMISSIS) del foro di PAOLA in difesa di (OMISSIS), che chiede l'accoglimento del ricorso; l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), che, depositati avviso d' udienza del 26/09/2019 e la nomina a difensore di fiducia, conclude per l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 9 ottobre 2020 la Corte di appello di Roma, pronunciando in sede di giudizio di rinvio, a seguito dell'annullamento della sentenza della Corte di appello di Roma del 16 febbraio 2018, ha assolto (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) dai capi A) e B) dell'imputazione rispettivamente inerenti al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, ed al reato di cui agli articoli 110, 112 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80 comma 2, per l'importazione dal Sudamerica del quantitativo di kg. 160,00 di cocaina, attraverso la Spagna- con la formula âEuro˜perche' il fatto non sussiste'; (OMISSIS) dai capi H) ed I) -rispettivamente inerenti al reato di cui agli articoli 110, c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80 comma 2, per l'acquisto di kg. 10,00 sostanza del tipo marijuana e di acquisto di gr. 100,00 di hashish, a fini di cessione- con la formula âEuro˜per non avere commesso il fatto'; (OMISSIS) dai reati di cui al capo H) ed MM) quest'ultimo inerente al reato di cui agli articoli 110, 81 648 c.p. e L. 497 del 1974, articolo 14- con la formula âEuro˜per non avere commesso il fattó; (OMISSIS) dal capo GG) -inerente al reato di cui agli articoli 110, 81 648 c.p. e L. 497 del 1974, articolo 14- con a formula âEuro˜per non avere commesso il fatto; (OMISSIS) dal capo M) -inerente al reato di cui agli articoli 110, 73, 80, comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per avere detenuto, a fini di cessione, kg. 1,5490 di sostanza stupefacente del tipo cocaina; inoltre qualificato il fatto di cui al capo Al), ascritto a (OMISSIS) ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 1, ed a (OMISSIS), ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2, quale associazione finalizzata al narcotraffico operante dall'autunno 2012, anziche' dal 2011, ha rideterminato le pene inflitte, escludendo l'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, per i capi D1) contestato a (OMISSIS) e (OMISSIS) e Fl) contestato al solo (OMISSIS), confermando nel resto la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Roma del 28 maggio 2016, con l'integrale rigetto dell'appello proposto da (OMISSIS). 2. Avverso la sentenza propongono ricorso, a mezzo dei rispettivi difensori, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 3. (OMISSIS) formula sette motivi di impugnazione. 3.1 Con il primo denuncia la violazione della legge processuale, ed in particolare, degli articoli 268 e 271, comma 1 c.p.p., facendo valere l'inutilizzabilita' patologica delle attivita' di capta'zione in relazione ai R.I.T. nn. 6935/2013, 5861/2013, 6025/2013, 8835/2013, 9669/2013, 9671/2013, 6713/2013 ed 8338/2013, come indicati nella memoria depositata il 2 luglio 2020, avanti al giudice del rinvio, per difetto della redazione dei processi verbali di registrazione delle operazioni. Osserva che, sebbene la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile il motivo proposto con il ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 16 febbraio 2018, ritenendo generica la doglianza per difetto dell'individuazione del R.I.T. cui era riferita l'eccezione, nondimeno, la questione deve ritenersi riproponibile in sede di giudizio di rinvio, trattandosi di inutilizzabilita' patologica, in quanto derivante dalla violazione di un divieto probatorio. Rileva che, infatti, la Corte territoriale, dopo avere ritenuto non riproponibile la questione, per effetto della declaratoria di inammissibilita' del giudice di legittimita', la affronta nel merito, rigettandola sulla base dell'erronea interpretazione dell'articolo 268, comma 1; c.p.p., ritenendo che l'adempimento ivi previsto debba ritenersi soddisfatto dalla compilazione del verbale di inizio e fine delle registrazioni, laddove, invece, e' necessario -anche secondo le Sezioni unite- che si certifichino lo svolgimento, il luogo di esecuzione, i tempi e l'oggetto della specifica operazione di registrazione. Sottolinea la confusione in cui e' incorso il giudice del rinvio fra processi verbali di inizio e fine dell'attivita' e verbali riassuntivi delle registrazioni, solo questi ultimi riportando l'orario di invio di ciascun messaggio dall'apparecchio emittente e la ricezione da parte del ricevente, mentre i primi non contengono dette informazioni. Rileva che proprio dall'esame uno dei verbali prodotti dal ricorrente (all. 5) all'atto di appello), preso ad esempio dalla Corte, per rigettare il motivo, si evince che il documento, genericamente relativo alle âEuro˜operazioni di intercettazione', attesta che la medesima e' eseguita dal personale della (OMISSIS) s.r.l. avvalendosi dei Server ubicati presso la Procura di Milano, ma anche avvalendosi di mezzi tecnici della Procura di Roma, con l'ausilio di Server ubicati presso la Procura di Milano e di mezzi tecnici della societa' (OMISSIS) s.p.a di Milano. Cio' dimostra che non e' possibile comprendere se le operazioni di intercettazione si siano svolte a Roma o a Milano, ne' quali Server o mezzi tecnici siano stati utilizzati. E', tuttavia, risultato, dalla testimonianza dell'ing. (OMISSIS), che il personale della (OMISSIS) s.r.l. non ha assunto alcun ruolo, non disponendo di strumenti idonei, e che la trasmissione dei dati avveniva direttamente dalla societa' canadese, che gestisce l'attivita' di intercettazione dei telefoni (OMISSIS), al Server della (OMISSIS) Sicurezza di Milano, senza alcuna mediazione. Non e', dunque possibile stabilire ne', come, ne' dove, ne' quando siano stati registrati i dati tramessi dal Canada, tanto e' vero che il verbale attesta che i militari del reparto provvedono a fornire all'autorita' giudiziaria solo il supporto digitale contente la masterizzazione dei dati intercettati, non i verbali di registrazione delle intercettazioni. Ma se e' vero, e la Corte lo ribadisce, che le operazioni di registrazione avvenivano in automatico, non e' invece vero, come sostiene il giudice del rinvio, che il software consentisse all'Ufficiale di polizia giudiziaria di leggere le chat fornendo per ciascuna comunicazione l'orario di inoltro e di ricevimento del Server. Ricorda che i (OMISSIS) si scambiano fra loro files in formato RDS, costituito da stringhe alfanumeriche, che vengono trasformati dalla societa' canadese (OMISSIS), unica a disporre della chiave di decrittazione, in files XML e che, secondo costante giurisprudenza, l'utilizzabilita' processuale dei files e' condizionata dalla trasmissione degli originali. Tali pero' debbono intendersi i files RDS. Benche' non intellegibili, infatti, le stringhe alfanumeriche consentono all'imputato di essere confrontate con quelle eventualmente richieste, attraverso un'ingiunzione all'Autorita' Giudiziaria canadese, cio' permettendo di verificare l'eventuale manipolazione dei files XML. Nel caso di specie, in assenza del processo verbale di registrazione delle intercettazioni, non e' possibile sapere che cosa la (OMISSIS) abbia trasmesso e cosa sia stato registrato, ne', come e' emerso dalla testimonianza dell'ing. (OMISSIS), l'orario effettivo delle captazioni, essendo trascritto solo l'orario dell'invio dal Server inoltrante a quello ricevente, con un differimento che puo' raggiungere i trenta minuti. L'assenza dei verbali di registrazione non consente, dunqu'e, ne' di conoscere il luogo dell'esecuzione delle operazioni di registrazione (se a Roma o a Milano), ne' i mezzi utilizzati (se i Server ubicati presso la Procura di Milano o quelli della societa' (OMISSIS) Sicurezza), ne' le persone che vi hanno provveduto, ne' l'oggetto delle attivita' (files RDS o XML o entrambi), essendo noto solo che i dati sono stati registrati su supporto informatico (CD o DVD), ancorche' la legge prescriva che le registrazioni debbano essere effettuate sui Server della Procura. L'assenza di tutte siffatte informazioni integra un difetto sostanziale del processo verbale, al di la' della sua formale validita' ai sensi dell'articolo 268, comma 1 ic.p.p., assimilabile alla sua inesistenza, perche' il pubblico ufficiale addetto avrebbe dovuto dare conto di quanto personalmente constatato all'esito delle verifiche e dei controlli effettuati sui dati registrati nei Server della Procura di Milano o della (OMISSIS) Sicurezza s.p.a., attivita' del tutto assente, posto che i verbali recano solo la data di inizio e di fine delle operazioni di ricezione da parte della societa' canadese e non quella delle intercettazioni. La circostanza e' desumibile proprio dal verbale del 12 novembre 2013, esaminato dalla Corte territoriale, ove si da' atto che le operazioni di intercettazione erano terminate in data 9 novembre 2013, come comunicato dalla societa' (OMISSIS), con mail del 24 ottobre 2013. Circostanza spiegata dal teste Brig. (OMISSIS), che ha chiarito che la data del 9 novembre e' quella della ricezione da parte della polizia giudiziaria della mail inviata dalla societa' canadese. Il lungo lasso temporale che connota la trasmissione dei dati digitali e' suggestivo della presenza di una o piu' stazioni intermedie, la cui operativita' compromette irrimediabilmente ed ab origine la legalita' dell'attivita' captativa. 3.2 Con il secondo motivo si duole della violazione degli articoli 627, comma e 628(comma 2 c.p.p., con riferimento all'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) in ordine al reato di cui agli articoli 110, 112, Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 comma 1, 80, comma 2 per avere, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), acquistato ed importato kg. 15 di cocaina, descritto al capo D1). Ricorda che la Suprema Corte aveva disposto l'annullamento la sentenza della Corte di appello di Roma del 16 febbraio 2018, in relazione al capo D1), in relazione a tre diversi motivi: l'attribuzione del nickname Hannibal Letter a (OMISSIS), la qualificazione del reato ai sensi dell'articolo 73, comma 4 e l'applicazione dell'aggravante dell'ingente quantita'. In particolare, il giudice di legittimita' aveva ritenuto âEuro˜decisiva' l'attribuzione del nickname (OMISSIS), ai fini dell'accertamento del coinvolgimento gel delitto di (OMISSIS), ritenendo la motivazione con cui i giudici di merito erano giunti all'identificazione dell'utilizzatore del nickname solo apparente, dovendo escludersi che l'assonanza con il nickname doctor Letter, pacificamente corrispondente a (OMISSIS), rivestisse significato, stante l'incertezza del parametro, posto che nella ricostruzione del fatto di cui al capo D1) erano coinvolti anche altri soggetti. La Suprema Corte ha osservato che la sentenza annullata, e quella di primo grado nella ricostruzione dell'episodio, facevano riferimento alla conversazione del 29 ottobre 2013, fra (OMISSIS) ed (OMISSIS), senza affrontare gli elementi di collegamento tra il ricorrente ed il secondo nickname, ne' avevano indicato quali elementi si potessero trarre dal tenore della conversazione per inferirne la parentela di (OMISSIS) con (OMISSIS), cui e' stato definitivamente attribuito il nickname di (OMISSIS). Dall'impostazione del giudice di legittimita' deve, dunque, ricavarsi che il quadro probatorio posto a fondamento della dichiarazione di responsabilita' di (OMISSIS) in ordine al reato di cui al capo D1) deprivato dell'attribuzione al medesimo del nickname (OMISSIS) e' irrimediabilmente insufficiente. Non era dunque consentito al giudice del rinvio di limitarsi al mero recupero della motivazione della sentenza di primo grado, ne' alla riproposizione della motivazione della sentenza annullata. Al contrario, la Corte territoriale, in sede rescissoria, ha apertamente riconosciuto di voler fondare la decisione sul medesimo apparato argomentativo della sentenza annullata, rivendicando la propria autonomia rispetto alle prescrizioni del giudice di legittimita', cosi' violando il mandato ricevuto. Se la sentenza di primo grado e quella annullata si limitavano a richiamare il testo delle conversazioni intercettate, l'una riportandone il testo, l'altra semplicemente rinviando alla prima, da cio' desumendo l'attribuzione del nickname, senza alcun elemento di supporto, la sentenza del giudice di rinvio si limita a valorizzare elementi relativi a conversazioni gia' valutate dai precedenti giudici, ritenute insufficienti dalla Suprema Corte, che aveva, invece, ritenuto decisiva la conversazione del 29 ottobre 2013 e l'attribuibilita', in quella occasione del nickname (OMISSIS) a (OMISSIS). Si tratta delle conversazioni del 9 e 10 ottobre 2013 fra (OMISSIS) e (OMISSIS), di quella del 16 ottobre 2013 fra (OMISSIS) (doctor (OMISSIS)) ed (OMISSIS) ((OMISSIS)). Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte,dalla chat del 9 ottobre non si evince affatto che i due fratelli avrebbero dovuto trovarsi in Olanda, ne' da quella del 10 ottobre risulta neanche un implicito riferimento allo scopo del viaggio di (OMISSIS), sicche' del tutto pretestuosa e' l'affermazione che (OMISSIS), che si trovava a Milano, sapesse che il fratello (OMISSIS) e (OMISSIS) lo stavano raggiungendo per andare in Olanda a prelevare lo stupefacente. D'altro canto, la Corte di cassazione, pur avendo ritenuto acquisito che l'appuntamento fra (OMISSIS) ed (OMISSIS) del 17 ottobre 2013, a (OMISSIS) osservato dalla Guardia di Finanza- era stato organizzato da (OMISSIS), come risulta dalla chat del 16 ottobre, utilizzata per attribuire a quest'ultimo il nickname di doctor (OMISSIS), ciononostante aveva annullato la sentenza, escludendo la sua significativita' in relazione alla partecipazione dell'imputato al reato di cui al capo D1). Peraltro, proprio la lettura della conversazione dimostra che il pin corrispondente a doctor (OMISSIS) in data 17 ottobre fosse in uso a (OMISSIS), che recandosi all'appuntamento avverte (OMISSIS) di essere in procinto di arrivare. La circostanza che l'apparecchio fosse nuovamente nelle mani di (OMISSIS) la stessa sera, quando riprende la conversazione con (OMISSIS), che invita l'interlocutore a chiamare âEuro˜il parente tuo' necessita di esplicita dimostrazione, del tutto assente nella sentenza impugnata. Ed invero (OMISSIS), quella stessa sera, scrive a doctor (OMISSIS) che stava âEuro˜aspettando un altro appuntamento', benche' quello del pomeriggio fosse intervenuto con (OMISSIS) e non con (OMISSIS). Il contenuto della conversazione dimostra che i due interlocutori non si capiscono fra loro (doctor (OMISSIS): âEuro˜io non capisco, che vuoi dire, allora domani che devo dire-', (OMISSIS) âEuro˜chiama il parente tuo'), e nondimeno la Corte considera probante la conversazione in ordine al coinvolgimento di (OMISSIS). La sentenza, inoltre, nel ricercare il fondamento del coinvolgimento dell'imputato nel reato di cui al capo D1) opera un rinvio alla cieca a quella di prima cura in relazione alla conversazione del 10 dicembre 2013, della durata di sei ore, inerente nell'interpretazione della sentenza, mutuata dalla relazione della Guardia di Finanza, alla perdita del corrispettivo di kg. 3,00 di cocaina ceduti a (OMISSIS), senza spiegare perche' in siffatta occasione il nickname (OMISSIS), debba ritenersi riferibile a (OMISSIS), che nelle altre occasioni e' (OMISSIS), ne' perche' (OMISSIS), che pretende di essere pagato sia il (OMISSIS), ne' chi sia (OMISSIS) e perche' fosse interessato, ne' che cosa significano le parole âEuro˜intaggiolato' e âEuro˜pichetta'. Invero, la sentenza di primo grado e quella annullata avevano valorizzato, ai fini della declaratoria di responsabilita' di (OMISSIS), la conversazione del 29 ottobre fra (OMISSIS), cioe' (OMISSIS), ed (OMISSIS). Di qui la necessita', considerata decisiva dalla Suprema Corte, di doonnra con certezza l'attribuibilita' del nickname. Il giudice del rinvio, invece, con un evidente salto logico, afferma che la prova inconfutabile del concorso di (OMISSIS) si trova in conversazioni (quelle del 17 ottobre fra (OMISSIS) e (OMISSIS) e tra il medesimo e - (OMISSIS) (OMISSIS), quelle del 21 ottobre fra (OMISSIS) e (OMISSIS)) fra terzi, ricavandone che il mezzo per il trasporto ed il deposito della sostanza stupefacente fossero stati forniti dai fratelli (OMISSIS) e non solo da (OMISSIS), unico soggetto ad essere stato in contatto con (OMISSIS), ancorche' dalle chat nulla possa ricavarsi in questo senso. Viene, invero, esaltato, a carico dell'imputato un solo frammento della conversazione del 23 ottobre 2013, essendo riportati solo i messaggi di (OMISSIS), cioe' (OMISSIS) e non quelli di risposta di (OMISSIS), mentre la mancata redazione dei verbali di registrazione non consente di verificare le risposte di quest'ultimo. Il giudice del rinvio, infatti, riprende come facenti parte di una sola comunicazione plurime frasi, fra loro in realta' intervallate, ma private delle risposte di (OMISSIS), non trascritte, sicche' afferma che (OMISSIS) avrebbe scritto âEuro˜Digli a (OMISSIS) di arrivare a Milano perche' lo sono partito per la festa di famiglia, si incontrano con lui a Milano, c'e' mio fratello' allorquando le frasi sono distanziate decine di secondi ed oggetto di distinti messaggi, che rendono non consequenziale la coincidenza fra âEuro˜lui' -ovverosia il soggetto con cui devono incontrarsi gli emissari di (OMISSIS) ed il fratello di (OMISSIS), che sta a Milano (âEuro˜a Milano c'e' mio fratello'). D'altra parte che della consegna dovesse occuparsi (OMISSIS) e non (OMISSIS), e' confermato da altra conversazione di (OMISSIS), della medesima giornata. La contraddittorieta' della sentenza sul punto, peraltro, emerge laddove il giudice di rinvio riprende una conversazione dello stesso 23 ottobre fra (OMISSIS) e (OMISSIS), nella quale quest'ultimo gli comunica di essere giunto a Roma e gli chiede se lui e' presente, avendo quale risposta che lui non c'e', ma che puo' rivolgersi al fratello. Dunque, secondo la Corte, (OMISSIS) e' contemporaneamente a Milano, dove deve incontrarsi con (OMISSIS) ed a Roma dove e' indicato come referente per (OMISSIS). Ma, la sentenza impugnata commette ulteriori evidenti errori nell'affrontare la chat del 6 novembre 2013, in lingua spagnola fra (OMISSIS)leon e (OMISSIS), ossia (OMISSIS), stravolgendone il significato, perche' la traduce erroneamente trasformando l'espressione di (OMISSIS) âEuro˜el dueno manda a reiterar este chicas donde tu hermano' nella frase âEuro˜manda a ritirare le ragazze da tuo fratello' anziche' nella frase âEuro˜manda a ritirare le ragazze dove sta tuo fratello' in cui si allude chiaramente ad un luogo e non alla persona, senza neppure avvedersi che âEuro˜hermano' in lingua spagnola significa anche âEuro˜sodale'. Il giudice del rinvio, dunque, si limita a recuperare alla rinfusa una serie di dati gia' letti dalla Suprema Corte, che li ha considerati insufficienti per l'attribuzione del nickname (OMISSIS), finendo per concentrare in nove punti, gli elementi da cui trae la corrispondenza del medesimo con (OMISSIS), di cui i primi due (lettera a, b) sono relativi agli errori concettuali e di metodo dell'interpretazione delle conversazioni richiamate; il terzo relativo (lettera c) all'assonanza fra doctor (OMISSIS) ed (OMISSIS)if (OMISSIS) e' stato espressamente escluso dalla Corte di cassazione, in quanto parametro incerto, cui il giudice del rinvio non avrebbe dovuto fare riferimento in adempimento del mandato ricevuto; il quarto (lettera d), relativo alla confidenzialita' fra (OMISSIS) ed (OMISSIS), del tutto generico; il quinto (lettera e), relativo al dialetto calabrese utilizzato dai conversanti, parimenti generico, essendo i soggetti coinvolti tutti della medesima provenienza; il sesto (lettera f) con il quale si assume che (OMISSIS) abbia concorso nel reato, inconferente, non essendo stato messo in dubbio che il medesimo fosse coinvolto; il settimo (lettera g), relativo al fatto che (OMISSIS) conversando con (OMISSIS) abbia fatto riferimento al âEuro˜(OMISSIS)', cosi' come il doctor (OMISSIS) ( (OMISSIS)) in una chat con (OMISSIS), cio' provando solo che sia (OMISSIS) che (OMISSIS) conoscevano (OMISSIS), di cui neppure si sa se sia una persona o un luogo; l'ottavo (lettera h) relativo all'utilizzo del termine âEuro˜fongia' tanto da parte di (OMISSIS)e' che da parte del doctor (OMISSIS), in due diverse conversazioni, del tutto inconferente rispetto all'identita' del soggetto che le utilizza. 3.4 Con il terzo motivo fa valere la violazione degli articoli 627, comma 3, e 628, comma 2/c.p.p., in relazione alla qualificazione del delitto di cui al capo D1) dell'imputazione nella fattispecie del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, anziche' in quella del comma 4 della medesima disposizione. Rileva che, nell'inquadrare il fatto, sulla base delle comunicazioni del 22, 23 e 29 ottobre 2013 e del 5 novembre successivo, il giudice del rinvio ha riproposto esattamente gli stessi argomenti censurati dalla Corte di cassazione, in sede di annullamento. Il giudice di legittimita', infatti, aveva sottolineato che il giudice di appello, nell'individuare l'oggetto della transazione nella cocaina, aveva fatto riferimento a cifre diverse: 10 a 6 e 5 a 9, da un lato, e 5 per 29 e 10 per 36, dall'altro, ritenendo illogicamente che vi fosse coincidenza. Il giudice del rinvio, ignorando la censura alla sentenza annullata, riprende lo stesso percorso motivazionale, ed afferma che la sostanza trattata e' cocaina, ritenendo confrontabile il dato esplicito relativo al prezzo di Euro 29.000 per kg. 5 e quello di Euro 36.000 per 10 (5 por 29 y 10 per 36), con quello criptico riferito da (OMISSIS) ad (OMISSIS) di âEuro˜ 10 a 6 e 5 a 9', semplicemente asserendo che e' abituale togliere âEuro˜la decina' dai prezzi della cocaina, cosi' incorrendo in un grave vizio motivazionale. 3.5 Con il quarto motivo fa valere la violazione degli articoli 627 c.p.p., comma 3, e articolo 628 c.p.p., comma 2, in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo H1) inerente al tentativo di importazione di un'ingente quantitativo di cocaina, determinato in kg. 30 settimanali al prezzo di Euro trentacinquemila al chilogrammo, in concorso con ignoti intermediari ((OMISSIS)), non riuscita per il venir meno del trasporto. Osserva che la Corte di cassazione aveva annullato la sentenza di appello in relazione al capo H1) in accoglimento del motivo di ricorso con cui si eccepiva l'inutilizzabilita', per omessa traduzione, delle chat del 3 e 4 dicembre 2013, ritenendo assorbiti gli ulteriori motivi relativi alla prova della sussistenza del reato e del coinvolgimento di (OMISSIS). Cio', nondimeno, comportava che l'ulteriore compendio probatorio non fosse sufficiente a sostenere la sussistenza del reato, perche' altrimenti il giudice di legittimita', operando la prova di resistenza dell'apparato argomentativo non avrebbe annullato la sentenza impugnata sul punto. Invece, il giudice del rinvio, fraintendendo il perimetro dell'annullamento, anziche' disporre la traduzione delle chat del 3 e 4 dicembre 2013 od elaborare una nuova e diversa motivazione sul punto, si e' limitato a riprendere le medesime conversazioni gia' ritenute insufficienti dal giudice di legittimita', ponendole da sole a fondamento del giudizio di colpevolezza. E lo ha fatto censurando il ragionamento della Corte di cassazione cui ha imputato di non avere tenuto in considerazione le molte altre conversazioni successive a quelle del 3 e 4 dicembre 2013, da cui e' possibile trarre che l'accordo per l'importazione dello stupefacente era stato raggiunto. Sottolinea che le conversazioni cui il giudice del rinvio fa riferimento non dimostrano la sussistenza di due elementi essenziali per la configurabilita' del reato, ancorche' nella forma tentata, ovverosia la convergenza delle volonta' del proprietario dello stupefacente e degli importatori, e la concretezza dell'accordo. Invero, la sentenza rappresenta assiomaticamente che i fornitori avessero la disponibilita' della droga, mentre dalla conversazione fra (OMISSIS) ( (OMISSIS)) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)) del 21 dicembre 2013, emerge il contrario, avendo quest'ultimo spiegato all'interlocutore di essere in attesa di un contatto âEuro˜con la sua amica li'' perche' âEuro˜sono senza loro'. D'altro canto, sempre dalla stessa conversazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), che si lamentano della pressione delle forze dell'ordine, nonostante l'assenza di affari, che dall'incontro di (OMISSIS) con (OMISSIS) non era scaturito niente di concreto e che lo âEuro˜schekis di (OMISSIS)', cioe' il trasporto dello stupefacente, non era partito. La sequenza dei messaggi dimostra, peraltro, che nessun accordo con i fornitori era stato effettivamente concluso, perche' (OMISSIS) aveva stabilito che lo stupefacente dovesse essere ritirato da un suo incaricato, mentre (OMISSIS) lo aveva contraddetto, rimettendo il trasporto -e quindi il suo rischio di perdita- ai fornitori. Anche in ordine al prezzo le conversazioni dimostrano l'assenza di un accordo effettivamente raggiunto. Ed infatti, (OMISSIS) sostiene di avere concluso un accordo di massima con (OMISSIS) -'al 90 per cento siamo rimasti a 35 e fanno tutto loro'- ma (OMISSIS) non e' il proprietario della droga, bensi' solo un intermediario, tanto che (OMISSIS) fa riferimento ad un diverso proprietario dello stupefacente -siamo rimasti con lui e con il padrone- cui evidentemente (OMISSIS) deve riferire la proposta. Che ci sia un âEuro˜padrone' diverso da (OMISSIS), emerge con chiarezza dalle conversazioni del 9 dicembre fra (OMISSIS) e (OMISSIS), anche queste incomplete, in quanto mancanti delle risposte di (OMISSIS), a riprova della violazione dei diritti difensivi per l'omessa verbalizzazione delle registrazioni. In quell'occasione (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) se ha gia' parlato con âEuro˜lui e con il suo amico' e (OMISSIS) risponde affermativamente spiegando che il fornitore propone la droga âEuro˜fino li' ad (OMISSIS) a 7' e âEuro˜giu' in Cap in quanto in piu'' e chiarendo che non c'e' alcuna possibilita' di trattativa sulle condizioni. Indi, i due si muovono per cercare di spuntare un prezzo piu' contenuto, (OMISSIS) cercando (OMISSIS), che ha la disponibilita' di un trasportatore ((OMISSIS)) e (OMISSIS) ricontattando (OMISSIS). In definitiva dall'integrale -e non frammentaria e del tutto parziale- lettura delle chat emerge che (OMISSIS) aveva rinviato l'accordo ad un successivo incontro con (OMISSIS), che non si era neppure concretamente affrontata la questione del trasporto; che (OMISSIS) aveva prospettato la non trattabilita' dei prezzi e delle modalita' operative, perche' non gli mancavano altri canali distribuzione; che non essendo le condizioni trattabili, (OMISSIS) era rimasto in attesa di accettazione, mai arrivata. Non muta il quadro della ricostruzione la conversazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)) del 10 dicembre 2013, di cui la Corte territoriale, fidandosi, peraltro, della traduzione dal calabrese del G.U.P., riprende utilitaristicamente solo una parte, relativa all'assaggio dello stupefacente, da parte di (OMISSIS). Ed invero, in realta' in quella chat (OMISSIS) informa (OMISSIS) che tutto e' rinviato âEuro˜perche' la prossima settimana âEuro˜se ne vanno tutti', mentre il successivo 21 dicembre nessun accordo viene concluso, non essendo raggiunto il consenso ne' sul prezzo, ne' sul trasporto, residuando solo la speranza di concludere. In ogni caso, manca - e non e' chiarita dalla sentenza- una condotta attiva e causalmente efficiente di (OMISSIS), anche perche' il 19 dicembre (OMISSIS) avverte (OMISSIS), latitante in Colombia, di non avvicinarsi a Milano, dove le forze dell'ordine fanno pressione, e di fermarsi, invece, in Olanda. Il che smentisce che l'imputato ed il fratello attendessero (OMISSIS) ((OMISSIS)) proprio a Milano per concludere l'affare. Del tutto priva di attinenza alla vicenda e' la conversazione fra i fratelli (OMISSIS) del 20 dicembre 2013, mentre in relazione a quella del 21 dicembre, il giudice del rinvio non da' alcuna spiegazione dell'identificabilita' dei nickname Nasello e (OMISSIS) nella persona di (OMISSIS). Contraddittoria con il testo della chat del 22 dicembre 2013 fra (OMISSIS) e (OMISSIS) e' l'affermazione della Corte territoriale secondo cui la conversazione in cui il primo spiega al secondo di avere sistemato tutto con (OMISSIS), in ordine al prezzo ed al trasporto dimostrerebbe che i fratelli (OMISSIS) âEuro˜sono una cosa sola', perche' se cosi' fosse non ci sarebbe necessita' di dare spiegazioni a (OMISSIS), il quale dimostra di dissentire (âEuro˜il mondo e' bello perche' e' vario', âEuro˜ognuno ha il suo modo di vedere le cose'). L'accordo non si conclude neppure successivamente ed i fornitori âEuro˜spariscono'. La sentenza gravata, pertanto, non risponde al mandato della Suprema Corte che l'aveva espressamente incaricata di verificare l'ipotesi della desistenza volontaria, ne', per altro verso, risponde sul contributo causale di (OMISSIS) al reato tentato. 3.6 Con il quinto motivo fa valere la violazione degli articoli 627, comma 3 e 628, comma 2,c.p.p. in ordine alla condanna di (OMISSIS) per il delitto descritto al capo J bis) dell'imputazione relativo al concorso nel tentativo di importazione dal Sud America del quantitativo di circa kg. 1000,00 di cocaina, a mezzo di un container diretto in Marocco, non riuscita per fatti indipendenti dalla volonta' dei concorrenti, consistiti nell'impossibilita' di assicurare lo sbarco da parte di (OMISSIS), che doveva garantirlo. Ricorda che (OMISSIS) non aveva proposto, con il ricorso per cassazione, alcun motivo di impugnazione in relazione all'ipotesi di desistenza per il reato di cui al capo Jbis), con la conseguenza che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte, l'actoglimento della doglianza proposta da (OMISSIS), determinato dalla mancanza di sicura identificazione del medesimo con il nickname (OMISSIS), con assorbimento - o meglio con l'accoglimento implicito- degli ulteriori motivi relativi al giudizio di responsabilita', non esimeva il giudice del rinvio dal valutare l'ipotesi della desistenza anche in ordine a siffatto reato. Osserva che, da un lato, il giudice del rinvio ha operato una sorta di rinvio recettizio alla sentenza della Corte di appello di Roma n. 945/2020" pronunciata in sede di giudizio ordinario; dall'altro, ha dato rilievo alla chat del 9 agosto 2013, intercorsa fra (OMISSIS) ( (OMISSIS)) ed (OMISSIS), non menzionata dalla sentenza annullata, in sostanziale accoglimento della censura articolata in ordine all'assenza di significativita' della chat del 9 agosto, in precedenza valorizzata dal G.U.P., mentre la Corte di cassazione aveva considerato essenziale l'attribuzione del nickname (OMISSIS) nelle chat intercorse fra questi ed (OMISSIS), nella date del 27 e 28 ottobre 2013, significativamente ritenendo che solo da quelle potesse desumersi la partecipazione di (OMISSIS) all'operazione. E' del tutto opinabile, quindi, che il giudice del rinvio potesse recuperarla, ai fini della declaratoria di penale responsabilita'. Assume che, peraltro, la Corte territoriale considera assiomaticamente che (OMISSIS) fosse (OMISSIS), mentre e' necessario, per assegnare significato alla conversazione che il dato sia certo, anche perche' i soggetti che avevano mostrato di interessarsi alla vicenda erano molti, in una fase che era ancora di âEuro˜generica ideazione'. Invece, il giudice del rinvio si accontenta di affermare che, posto che (OMISSIS) era pienamente coinvolto nel reato di cui al capo D1), indipendentemente dall'attribuzione del nickname, allora e' evidente che egli ha partecipato anche al delitto del capo Jbis), mentre la Corte di cassazione aveva ritenuto indispensabile l'attribuzione del nickname anche in relazione alla responsabilita' per il reato in parola. Sottolinea, inoltre, che per giungere a ritenere provato il coinvolgimento di (OMISSIS) sarebbe stato necessario non solo provare l'attribuibilita' del nickname (OMISSIS) al medesimo, ma anche che in occasione delle conversazioni del 27 e 28 ottobre, fosse stato utilizzato proprio dall'imputato, essendo stato provato in giudizio che il 17 ottobre 2013 il medesimo pin era stato utilizzato dal fratello (OMISSIS), cosicche' anche se fosse dimostrato che il 29 ottobre era stato utilizzato da (OMISSIS), non puo' dirsi che lo sia per le comunicazioni dei due giorni precedenti. Peraltro, e' la stessa Corte territoriale a descrivere la comparsa di (OMISSIS) nell'operazione come âEuro˜un'apparizione', sia il 9 agosto 2013, che al termine della vicenda alla fine di ottobre, quando, secondo il giudice del rinvio, (OMISSIS) avrebbe ricevuto da (OMISSIS), nipote di (OMISSIS), la somma di Euro sessantamila, da consegnare ai colombiani come caparra per tenere âEuro˜fermo' l'impegno. Rileva che, al di la' dell'incongruenza di una caparra di simile importo per un affare del valore complessivo di trentacinque-trentasei milioni di Euro, e della mancanza di conferma della consegna del denaro e del trasferimento ai colombiani della somma, nei tre mesi successivi al presunto versamento della caparra nulla si era concretizzato e dell'operazione non vi e' piu' traccia nelle chat dei protagonisti. La sentenza, in assenza della prova della consegna, la desume dalla richiesta di (OMISSIS), in data 9 dicembre 2013, di restituzione della somma, senza confrontarsi con la circostanza che la medesima fosse stata consegnata per altri fini. D'altro canto, sinanco dalla testimonianza del capitano (OMISSIS) della Guardia di Finanza, e' emerso che l'affare era saltato, non essendosene piu' parlato dal mese di novembre in poi, mentre gli investigatori non avevano formulato alcuna ipotesi sull'identita' dei fornitori colombiani, senza neppure provvedere a sollecitare la polizia della Colombia. Manca, quindi, totalmente la motivazione sulla sussistenza del tentativo e sul coinvolgimento di (OMISSIS). 3.7 Con il sesto motivo fa valere la violazione dell'articolo 627, comma 31e dell'articolo 628 c.p.p., comma 2, in relazione al capo Al) dell'imputazione, relativo alla partecipazione di (OMISSIS) al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 in relazione al quale e' intervenuto annullamento della Corte di cassazione, per avere il giudice di appello fondato la sussistenza dell'associazione âEuro˜anche' sulle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), ritenuto dalla sentenza' impugnata credibile, nonostante egli fosse stato giudicato inattendibile da una sentenza della Corte di appello di Genova, confermata dalla Suprema Corte, e nonostante il medesimo fosse stato ritenuto parzialmente inattendibile anche dalla sentenza della Corte di assise di appello di Roma, con la sentenza del 26 giugno 2017, in relazione alla partecipazione di (OMISSIS) all'omicidio di (OMISSIS), dimostrando capacita' ingannatoria dell'autorita' giudiziaria, circostanze queste con le quali la sentenza annullata non si era confrontata. Rileva che sul punto la decisione impugnata si muove su un piano di aperta ribellione al mandato ricevuto dal giudice di legittimita'. Invero, la Corte di cassazione annullando la sentenza di seconda cura, che aveva ritenuto di fondare la decisione in ordine all'associazione di cui al capo Al) sul complesso del materiale probatorio, ivi comprese le dichiarazioni di (OMISSIS), ha escluso che, espunte queste ultime, il residuo compendio fosse idoneo a supportare la condanna, vincendo la prova di resistenza. Di qui la necessita' di rivedere il giudizio sulla credibilita' di (OMISSIS). Il giudice del rinvio, invece, ha sostenuto che la sentenza di primo grado e quella annullata non si sono affatto fondate sulle dichiarazioni di (OMISSIS) per affermare la sussistenza del reato associativo, in quanto egli nulla avrebbe potuto riferire, non avendo fatto parte del sodalizio. Risulterebbe, al contrario, dalla lettura di entrambe quelle sentenze che le dichiarazioni di (OMISSIS) furono utilizzate solo quale spunto cronologico per risalire al momento della nascita dell'associazione. Cosi' la Corte territoriale, anziche' provvedere al compito assegnatole, si limita a postdatare all'autunno del 2012 il momento in cui viene in essere l'associazione. E lo fa facendo riferimento ad un'unica intercettazione ambientale fra (OMISSIS) ed un tale (OMISSIS), in data 31 ottobre 2012, nel corso della quale il primo avrebbe manifestato l'interesse di un gruppo criminale ad avviare trattative per la periodica importazione di quantitativi imprecisati di cocaina. Rammenta che non solo tale (OMISSIS) non e' stato identificato, cosi' che il dialogo costituisce una semplice manifestazioniCdi intenti, non significativa dell'intraneita' di (OMISSIS) ad un gruppo associativo, ma, altresi', che fino all'agosto 2013 nessun segnale di concreta operativita' del supposto sodalizio era stato rilevato dalla pur intensa attivita' investigativa. Anche al di la' dell'omesso adempimento del giudice del rinvio, in ordine alla valutazione sulla credibilita' di (OMISSIS), manca un apparato argomentativo su cui fondare l'effettiva operativita' del sodalizio, che superi l'ipotesi del mero concorso di persone nel reato continuato, perche' tutti i reati contestati agli imputati sono contestuali e ricadono nel periodo agosto-dicembre 2013. Assume che, sotto il profilo della partecipazione di (OMISSIS) come associato al sodalizio,la motivazione e' del tutto apparente, essendosi il giudice del rinvio limitato ad asserire che (OMISSIS) condivide con il fratello (OMISSIS) tutte le decisioni piu' importanti, ancorche' sia stato lo stesso giudice del rinvio a chiarire, ricostruendo i fatti descritti ai capi D1), H1) e Jbis), che modalita' delle operazioni e prezzi di acquisto furono, al piu', comunicati all'imputato, mentre per gli altri reati-fine che vengono riportati al sodalizio, di cui ai capi B1), C1), Fl) e G1) Viricenzo (OMISSIS) non e' neppure stato incluso nella contestazione. 3.8 Con il settimo motivo si duole della falsa applicazione dell'articolo 62 bis c.p. e del vizio di motivazione. Ricorda che la Corte di cassazione aveva annullato la decisione del grado di appello in punto circostanze attenuanti generiche, perche' negate sulla mera base del presupposto che (OMISSIS) aveva rivestito un ruolo apicale nell'associazione di cui al capo Al). Il giudice del rinvio, dunque, derubricando la partecipazione dell'imputato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma, quale mero associato avrebbe dovuto svolgere una nuova valutazione, senza limitarsi a fare riferimento alla âEuro˜biografia penale' del ricorrente, ritenuta, evidentemente, non ostativa da parte dei Supremi giudici, mentre l'unico dato che si aggiunge alla condanna riportata da minorenne, rispetto al quadro tenuto presente dalla Corte di cassazione, e' un ulteriore reato ex articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, relativa ad un'associazione che ha operato nel medesimo tempo e con modalita' analoghe a quella oggetto del giudizio, riconducibile al medesimo programma criminoso ex articolo 81 cpv. c.p., che non puo', pertanto, considerarsi negativamente al fine della valutazione della meritevolezza della diminuente. 3.9 Con l'ottavo motivo si duole del vizio di motivazione in ordine all'applicazione della recidiva. Rileva che la sentenza impugnata ha giustificato l'applicazione dell'aggravante sulla base della pericolosita' sociale consacrata dall'applicazione della sorveglianza speciale, omettendo di considerare che la misura di prevenzione e' stata applicata sul presupposto dell'esercizio dell'azione penale nel presente procedimento e di quello la cui sentenza di condanna per reato associativo e' divenuta irrevocabile. La contestualita' dei tempi di consumazione dei reati non consente il giudizio prognostico negativo posto alla base dell'applicazione dell'aggravante. 4. (OMISSIS) formula sette motivi di ricorso. 4.1 Con il primo si duole della violazione del disposto dell'articolo 627 c.p.p. e del vizio di motivazione, in relazione alla valutazione dell'attendibilita' del collaboratore (OMISSIS). Osserva che, pur se il giudice di legittimita' aveva indicato l'esatto perimetro dell'esame che il giudice del rinvio avrebbe dovuto compiere per verificare la credibilita' di (OMISSIS), la Corte territoriale, in sede rescissoria si e' limitata a riprendere quelle stesse considerazioni che avevano indotto il giudice di prima e seconda cura a prestar fede alle sue dichiarazioni, cosi' incorrendo nella violazione del mandato impartito con la sentenza di annullamento. Rileva che del tutto privo di fondamento e' l'assunto della Corte territoriale secondo cui l'annullamento avrebbe coinvolto solo i fatti descritti ai capi A) B) e non -fatta eccezione per i capi C) e Jbis)- tutti gli altri per i quali le dichiarazioni di (OMISSIS) hanno costituito la base probatoria per la condanna. Gli elementi forniti dal collaboratore permeano, infatti, tutto il procedimento. La manifesta illogicita' della motivazione si appalesa nella parte in cui, pur assolvendo (OMISSIS) dal reato associativo di cui al capo A) e dal reato di importazione di stupefacenti di cui a capo B), la Corte, nel confermare le condanne per gli altri reati, fa ricorso al medesimo percorso argomentativo gia' annullato dalla Suprema Corte. Osserva che l'assoluta contraddittorieta' del ragionamento della Corte di appello emerge nella parte in cui, da un lato, esclude che l'inattendibilita' del collaboratore possa ricavarsi dalla sentenza della Corte di Assise di appello di Roma, in quanto non passata in giudicato, dall'altro, si duole che la Corte di cassazione abbia ricavato l'inattendibilita' di (OMISSIS) dalla sentenza della Corte di appello di Genova passata in giudicato. Se, infatti, per dichiarare l'inattendibilita' soggettiva di un collaboratore e' necessario il passaggio in giudicato della sentenza che la dichiara, allora l'irrevocabilita' della sentenza non puo' essere diversamente considerata in un caso e non nell'altro. Ne' puo' affermarsi, come fa il giudice del rinvio, che la Suprema Corte abbia automaticamente recepito la statuizione sul punto della Corte di appello di Genova, perche' altrimenti l'annullamento avrebbe compreso anche i capi C) e Jbis), invece coperti da giudicato. Censurabile appare anche l'affermazione della Corte territoriale laddove sostiene che nella vicenda (OMISSIS), giudicata dalla Corte di appello di Genova, non fu messa in dubbio l'attendibilita' soggettiva di (OMISSIS), ma solo quella di alcune sue dichiarazioni. Invero, il collaboratore e' stato giudicato âEuro˜soggettivamente' inattendibile in se'. Privo di base logica e' anche il ragionamento del giudice del rinvio nella parte in cui ritiene soggettivamente credibile (OMISSIS) che, nonostante l'opportunita' di ricoprire un ruolo di spicco nel mondo criminale -perche' autore di un fatto di sangue- ha invece preferito la strada della collaborazione. Il ragionamento, infatti, non tiene conto della posizione gravemente compromessa di (OMISSIS) e della prospettiva di una lunga pena, sicche' l'acquisizione di una posizione di preminenza. in ambito criminale era preclusa, mentre si apriva quella premiale e la menzognera collaborazione si rivelava utile a questi fini. Non condivisibile, perche' contraddetta dal giudizio di inattendibilita' nel caso (OMISSIS), ampiamente riportato dalla sentenza di annullamento, e' l'affermazione del giudice del rinvio, secondo il quale l'avere (OMISSIS) reso dichiarazioni mendaci riguardo alla propria posizione, senza accusare falsamente altri, non potrebbe condurre ad un giudizio negativo sulla credibilita' del collaborante. Ne' puo' darsi rilievo, come fa la sentenza impugnata, al fatto che (OMISSIS) non abbia rinnegato il proprio passato criminale, posto che una simile condotta non l'avrebbe reso piu' credibile, non essendo affatto richiesta. Ne' puo' affermarsi che il passaggio in giudicato della condanna per il reato di cui al capo C) costituisca riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS), perche' il quadro probatorio, in quel caso era ben piu' esteso, essendo il coimputato di (OMISSIS) stato arrestato in flagranza di reato. Peraltro, nessuno dei riscontri che la Corte ritiene sussistenti riguarda la posizione di (OMISSIS). Innanzitutto, (OMISSIS) afferma di avere conosciuto (OMISSIS), nipote di (OMISSIS), quando nessun legame di parentela intercorre fra i due. In secondo luogo, privo di motivazione e' l'asserito riscontro tra le dichiarazioni di (OMISSIS) e quanto rinvenuto sul PC di (OMISSIS), perche' il giudice del rinvio si limita ad affermare che nel computer vi fossero tracce dell'operazione di importazione di kg. 160 di droga, ma non spiega il collegamento con (OMISSIS). In terzo luogo, anche la collocazione di (OMISSIS) al vertice dell'organizzazione operante nel territorio romano, a fianco di (OMISSIS), desunta dalla narrazione di (OMISSIS), che pure ammette di non avere mai parlato con l'imputato negli incontri in cui si sarebbe discusso dal traffico di droga, e' smentita dall'assoluzione di (OMISSIS) con sentenza divenuta irrevocabile. Il proscioglimento di (OMISSIS) costituisce prova dell'inattendibilita' di (OMISSIS) e conseguentemente dell'estraneita' ai fatti di (OMISSIS). Del pari sono chiaro sintomo della non veridicita' del racconto di (OMISSIS) le assoluzioni per i capi A) e B), proprio ad opera della sentenza impugnata. Manca del tutto, dunque, l'individuazione di elementi utili a ritenere la credibilita' di (OMISSIS), come richiesto dalla decisione di annullamento. 4.2 Con il secondo motivo fa valere la falsa applicazione dell'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 ed il vizio di motivazione, in ordine al reato di cui al capo Al). Ricorda che in relazione a tutti i reati-fine riconducibili a quella associazione la Corte di cassazione ha annullato la sentenza di appello, essendo risultato decisivo il narrato di (OMISSIS). Rileva che, nondimeno, la Corte territoriale ha desunto l'esistenza dell'associazione solo dalla commissione dei singoli reati-fine, senza dare alcun conto della sussistenza di elementi di stabilita' dell'organizzazione, dei ruoli e delle modalita' operative, assegnando a (OMISSIS) un ruolo di vertice, senza indicare quali specifici ruoli fossero affidati agli altri associati. Osserva che il primo reato fine addebitato ai sodali e' quello commesso nell'agosto 2013, sicche' risulta incomprensibile la collocazione nell'autunno del 2012 della nascita dell'associazione. Manca, inoltre, qualunque giustificazione probatoria dell'apporto asseritamente fornito da (OMISSIS), cui si contesta di avere effettuato dei viaggi in Olanda in compagnia di (OMISSIS), per trattare l'acquisto di droga, senza che cio' sia supportato dalla verifica dei voli, delle liste passeggeri, del soggiorno in strutture alberghiere, in particolare quello ad Utrecht, acquisibili anche attraverso rogatorie, o quantomeno con un controllo sulle carte di credito. Tutte prove che incombevano sull'accusa, non essendo richiesto alla difesa, come sembra affermare la Corte, che inverte l'onere probatorio, di dimostrare una diversa finalita' dei viaggi. Sottolinea che la contraddizione del ragionamento del giudice del rinvio e' particolarmente evidente -e si pone contro l'articolo 27 Cost.- laddove desume la sussistenza dell'associazione da una supposta condotta di favoreggiamento da parte di (OMISSIS) della latitanza di (OMISSIS), di cui al capo 31), rispetto al quale (OMISSIS) non e' neppure imputato. Ne' e' significativo per ritenere la sussistenza del sodalizio l'uso di telefoni (OMISSIS), del tutto comuni e richiesti sul mercato perche' all'avanguardia. Assume l'illogicita' del passo motivazionale con cui si asserisce che il vincolo associativo sarebbe venuto meno per l'arresto di (OMISSIS), cio' non comportando di per se' una scissione, mentre e' chiaro che una simile affermazione nasconde l'assenza di elementi su cui fondare la sussistenza dell'associazione. Richiama gli elementi distintivi del reato associativo rispetto al concorso di persone, sottolineando la centralita' dell'elemento soggettivo e della volonta' del singolo di porsi stabilmente a disposizione di un gruppo criminoso, elemento del tutto trascurato dalla sentenza impugnata. Sottolinea che nessuno dei reati ritenuti quali reati fine dell'associazione contestata e' stato ascritto a tutti gli asseriti sodali, il che rappresenta un dato negativo in ordine alla sussistenza stessa dell'associazione. La motivazione, dunque, e' gravemente illogica e contraddittoria. 4.3 Con il medesimo motivo (sub 2.1.) contesta la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 1, ed il vizio di motivazione in relazione all'attribuzione a (OMISSIS) del ruolo di promotore-organizzatore del sodalizio. Sottolinea che l'assunto secondo il quale l'imputato avrebbe rivestito tale qualifica e âEuro˜portato avanti l'iniziativa di tutti i reati fine' e' privo di ogni giustificazione, non essendo stato oggetto di motivazione alcuna quale sia la condotta tenuta dal medesimo, idonea a configurarlo come vertice della consorteria. 4.4 Con il terzo motivo fa valere il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per il reato di cui al capo C1)-in cui e' assorbito il capo B1- relativo al tentativo di offerta in vendita a tale âEuro˜(OMISSIS)', in concorso con âEuro˜(OMISSIS)' di kg. 30,00 di cocaina al prezzo di Euro 29.000,00 al chilogrammo. Invero, la condotta addebitata dalla Corte territoriale puo', al piu', qualificarsi nello schema degli atti preparatori, posto che si assume che (OMISSIS) abbia proposto a (OMISSIS) vendergli sostanza stupefacente il cui acquisto stava ancora trattando, senza avere certezza della chiusura della trattiva, poi effettivamente fallita. Si sarebbe, dunque, in presenza non di offerta in vendita, ma di promessa di vendita, connotata da incertezza sull'an e sul quantum. Il giudice del rinvio travisa la prova e cade in contraddizione quando, dopo avere affermato plurime volte che la trattativa con i fornitori colombiani era in corso, perche' non si era raggiunto l'accordo sulla cessione, tanto che i medesimi vendettero a terzi, disposti a pagare un prezzo piu' alto, conclude affermando che si tratti di un'offerta in vendita, pur non essendo stato raggiunto alcun accordo con i fornitori. Deduce l'assoluta carenza di motivazione in relazione all'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, applicata in modo del tutto automatico dalla Corte territoriale. 4.5 Con il quarto motivo si duole della violazione dell'articolo 627 c.p.p. e del vizio di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilita' per il reato di cui al capo D1) -in cui risulta assorbito il capo El)- inerente all'importazione, in concorso con altri, a mezzo dell'intermediario (OMISSIS), di kg. 15,00 di cocaina da suddividersi fra Roma e Milano. Ritiene che la Corte territoriale, incaricata dal giudice di legittimita' di superare il ragionamento congetturale con il quale il giudice di secondo grado aveva ritenuto che l'oggetto della transazione fosse cocaina e non altro tipo di stupefacente, benche' nel corso delle comunicazioni fra i concorrenti nel delitto fossero riportate cifre del tutto diverse (in particolare 10 a 6 e 5 a 9, da un lato, e 5 per 29 e 10 per 36 dall'altro), sostenendo che si trattasse di un errore di battitura nel riportare le cifre, sia incorsa nel medesimo vizio censurato, introducendo solo una diversa congettura. Ovverosia che per gli imputati sia abittiale âEuro˜togliere la decina', trattandosi di una cautela che adottano nelle conversazioni telefoniche. E cio', benche' la Corte di cassazione avesse chiarito che simili valutazioni si pongono in contrasto con la genuinita' di conversazioni che gli interessati considerano non intercettabili. Assume che il richiamo della sentenza pronunciata nel giudizio ordinario nei confronti di altri coimputati del medesimo reato, quale elemento fondante la declaratoria di responsabilita' di (OMISSIS) nel presente processo, si pone in contrasto con i diritti della difesa, non avendo l'imputato avuto la possibilita' di difendersi in relazione alla formazione della prova nel diverso procedimento. 4.6 Con il quinto motivo di ricorso censura il vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di responsabilita' ed alla qualificazione del reato di cui al capo F1), inerente all'acquisto di kg. 4,00 di cocaina, in concorso con ignoti intermediari, al fine di farne commercio a Roma e Milano, ritenuto nella forma consumata. Rileva la manifesta illogicita' del ragionamento della Corte territoriale, nella parte in cui, a fronte di una conversazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), nella quale il primo chiede al secondo quali siano i termini dell'affare (âEuro˜allora come restiamo - una parte per voi e una piccola parte per noi-'), ritiene raggiunto un accordo, che le stesse espressioni utilizzate portano ad escludere. 4.7 Con il sesto motivo si duole del vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di responsabilita' per il reato di cui al capo H1), inerente al concorso nel tentativo di importazione di kg. 30,00 di cocaina alla settimana, per il corrispettivo di Euro 35,000 al chilogrammo. Riprendendo alcune delle considerazioni esposte da (OMISSIS), in ordine al medesimo capo, sottolinea che la condotta ascritta a (OMISSIS) ed ai complici non ha mai oltrepassato la fase meramente preparatoria, non superando la soglia della punibilita'. 4.8 Con il settimo motivo lamenta il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Rammenta che (OMISSIS), quando venne emessa l'ordinanza di custodia cautelare,si trovava all'estero e che, ciononostante, quando venne pronunciata la sentenza di primo grado, malgrado la condanna, decise di presentarsi volontariamente all'autorita' giudiziaria italiana, ancorche' in assenza di procedura di estradizione. Circostanza questa illogicamente considerata in chiave negativa dal giudice del rinvio, che avrebbe, invece, dovuto valutarla positivamente, in quanto in chiara controtendenza con le precedenti condotte. D'altra parte, contraddittoria appare l'esclusione della recidiva per la risalenza temporale dei precedenti reati, che, tuttavia, vengono considerati ostativi ai fini della concessione della diminuente di cui all'articolo 62 bis c.p.. 5. (OMISSIS) formula tre motivi di impugnazione. 5.1 Con il primo si duole del vizio di motivazione in ordine alla declaratoria di responsabilita' per i capi CY) e DY) della rubrica, rispettivamente inerenti al reato di cui agli articoli 110, 582, 583, comma 1, n. 1), 585 c.p., per avere in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cagionato ad (OMISSIS), verso il quale (OMISSIS) esplodeva due colpi di arma da fuoco, lesioni personali gravi, determinanti prognosi riservata, ed al reato di cui agli articoli 110, 61, n. 2) c.p. e 10, 12,14 L.474/1974, per avere in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) detenuto e portato in pubblico un Revolver modello 32 cal. 7,65. Osserva che l'evento storico e' stato ricostruito, in modo del tutto superficiale ed incompleto, sulla scorta della sola chiamata in correita' da parte di (OMISSIS), fatta nel corso dell'interrogatorio del 30 agosto 2013 e sulla base di considerazioni puramente congetturali. La Corte territoriale, infatti, sostiene l'inverosimiglianza della tesi secondo la quale (OMISSIS) non era a conoscenza che (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero portato con se' un'arma, per due ordini di motivi: innanzitutto (OMISSIS) non avrebbe mai rischiato di mettere a repentaglio la liberta' personale del figlio del temuto (OMISSIS), trasportando a sua insaputa una pistola; in secondo luogo, era stato (OMISSIS) ad essere contattato da (OMISSIS) per risolvere la controversia insorta con (OMISSIS) ed era lo stesso (OMISSIS) colui che Dianotti avrebbe dovuto remunerare mettendogli a disposizione l'appartamento da lui occupato. Inoltre, e' stato proprio (OMISSIS) a telefonare a (OMISSIS), mentre questi si avvicinava al luogo del delitto. Assume che nessun elemento probatorio e' in grado di sorreggere un simile argomentare ipotetico, tanto piu' che e' stato dimostrato che (OMISSIS) -e solo lui-era depositario delle armi del gruppo, che nascondeva in un box, la cui esistenza era ignota a (OMISSIS) e che il fatto che (OMISSIS) fosse in contatto con (OMISSIS) per risolvere i problemi creatisi con (OMISSIS), nulla dice in ordine alla consapevolezza di (OMISSIS) sulla presenza dell'arma e sull'intenzione di farne uso. Peraltro, mai (OMISSIS), nel corso del suo interrogatorio, ha fatto riferimento alla circostanza che (OMISSIS) avesse contezza del fatto che era stata portata una pistola, e tanto meno che proprio (OMISSIS) l'avesse richiesto. Al contrario, (OMISSIS) dichiara di avere portato l'arma in completa autonomia, cedendola, allorquando arrivo' sui luoghi a (OMISSIS), che la consegno' a (OMISSIS). Solo (OMISSIS) aveva accesso al box, ove le armi erano custodite, locale che egli aveva preso in affitto, utilizzando un documento falso. La presunzione del giudice del rinvio e', dunque, fallace, perche' desume da un fatto assolutamente neutro, l'avere (OMISSIS) concordato l'incontro con (OMISSIS), un fatto che non ha con il primo alcun rapporto, e cioe' la consapevolezza che (OMISSIS) avrebbe portato un'arma e che l'incontro sarebbe degenerato, nel modo del tutto imprevedibile nel quale si e' concretizzato. Ne' viene chiarito dalla sentenza impugnata, posto che non fu (OMISSIS) a sparare, che tipo di apporto agevolativo il medesimo abbia fornito, anche solo sotto il profilo morale, non essendo stata ricostruita la modalita' dell'incontro e non essendo neppure certo che (OMISSIS) fosse presente al momento dello sparo. Anzi e' stato provato che (OMISSIS), quando giunse all'incontro con (OMISSIS), aveva ormai perso ogni interesse, posto che l'appartamento che avrebbe dovuto essergli ceduto da (OMISSIS) era in stato di completo abbandono ed egli aveva rifiutato di ricevere l'uso di quell'abitazione. L'iniziativa, dunque, era di (OMISSIS), che intendeva riappropriarsi del bene, o di (OMISSIS) che ha dichiarato, nel corso della sua audizione, di avere interesse a ricevere quell'abitazione, posta nelle vicinanze del mare. Tutto cio' rende evidente che il ragionamento della Corte territoriale non supera il ragionevole dubbio sul coinvolgimento di (OMISSIS). 5.2 Con il secondo motivo fa valere la violazione dell'articolo 628, comma 2 c.p.p. ed il vizio di motivazione, risultante dal testo della sentenza impugnata. La Suprema Corte, con la sentenza di annullamento, infatti, non si era pronunciata espressamente sui capi CY) e DY)., accogliendo il ricorso, in relazione ai motivi proposti in ordine ai reati descritti nell'imputazione, aveva sottolineato l'assenza di riscontri esterni alle dichiarazioni di (OMISSIS). Il giudice del rinvio, dunque, non ha assolto al compito demandato dal giudice di legittimita', sottraendosi all'obbligo di individuare elementi specifici individualizzanti, per fugare il ragionevole dubbio sulla colpevolezza di (OMISSIS). 5.3 Con il terzo motivo censura motivazione della sentenza impugnata, in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, denegate sulla base della mera gravita' del fatto, e sul ruolo primario rivestito dall'imputato, omettendo di considerare l'incensuratezza dell'imputato, l'assenza di apporto materiale e morale e l'incapacita' del medesimo di influire sul corso degli eventi, nonche' il buon comportamento processuale dell'imputato, nonostante il medesimo sia stato accusato di fatti da cui e' stato assolto con formula piena. 6. (OMISSIS) formula sette motivi di impugnazione. 6.1 Con il primo fa valere l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita', inammissibilita' e decadenza, in relazione agli articoli 601, 178 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 179 c.p.p.. Rileva che in data 19 settembre 2018 il ricorrente depositava presso la cancelleria della Corte di appello di Roma, nuova nomina di difensore di fiducia, con revoca di ogni eventuale precedente nomina, indicando quale difensore di fiducia l'avv.to (OMISSIS). La nomina veniva ribadita nella procura posta in calce al ricorso per cassazione, tanto che l'avv.to (OMISSIS) riceveva l'avviso della fissazione di udienza, avanti alla Suprema Corte. Tuttavia, la Corte di appello, in sede di giudizio di rinvio, notificava erroneamente l'avviso di fissazione di udienza al precedente difensore, avv.to (OMISSIS) e non all'avv.to (OMISSIS). Cio' comporta una nullita' assoluta insanabile dell'atto e di quelli successivi, travolgendo la sentenza. 6.2 Con il secondo motivo si duole dell'inosservanza della legge processuale e penale, in particolare degli articoli 192 e 533 c.p.p. e 73 e 75 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e del vizio di motivazione, in relazione alla declaratoria di penale responsabilita' per il capo Kl) dell'imputazione, inerente al reato di acquisto, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), di un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo hashish, al fine di cessione a terzi. Osserva che non e' stata acquisita la prova sull'acquisto da parte di (OMISSIS) di stupefacente, ai fini della cessione a terzi, al di la' di ogni ragionevole dubbio, non essendo stata dimostrata l'identita' dei soggetti corrispondenti ai nickname âEuro˜(OMISSIS) l'e âEuro˜(OMISSIS) 2' utilizzati nelle conversazioni su (OMISSIS), non riconducibili, comunque, alla persona del ricorrente, il quale non e' risultato in possesso di alcun apparecchio di quel tipo, non essendone stati trovati nel corso della perquisizione della sua abitazione. In alcuna parte delle sentenze di primo e secondo grado si trova la giustificazione del collegamento fra (OMISSIS) ed i suddetti soprannomi utilizzati nelle chat. Assume che, in ordine all'interpretazione del linguaggio adoperato nelle conversazioni richiamate, il giudice di merito non ha fatto ricorso ai principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimita', omettendo di indicare le ragioni della decrittazione e le massime di esperienza cui ha fatto ricorso. L'assenza di ulteriori elementi probatori deve condurre all'assoluzione dell'imputato. 6.3 Con il terzo motivo lamenta la violazione degli Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 75, ed il vizio di motivazione. Ricorda che la Corte di cassazione aveva annullato la sentenza di seconda cura in relazione al capo K1), mandando al giudice del rinvio di valutare la sussistenza della destinazione allo spaccio o al consumo personale e l'eventuale qualificazione del reato nell'ipotesi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. La Corte territoriale, in sede rescissoria, travisando la prova, ha escluso tutte le ipotesi prospettate dal giudice di legittimita', affermando che lo stupefacente acquistato da (OMISSIS) non poteva essere inferiore a gr. 889,00 di marijuana, di cui al capo T), sostenendo che i kg. 90,00 di hashish al capo K) erano stati suddivisi fra (OMISSIS) per lo spaccio nella citta' di Roma e (OMISSIS) per lo spaccio a Torino, dovendo ritenersi âEuro˜arduo immaginare che al primo ne sia stato affidato un quantitativo inferiore a gr. 889,00 per di piu' da spacciare nell'ampia e ricettiva (OMISSIS)'. Invero, e' stato accertato, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che i kg. 90,00 sono stati detenuti solo da (OMISSIS) e ceduti sulla (OMISSIS). Cio' e' stato acclarato dalla sentenza di primo grado ove si legge che (OMISSIS) ha riferito di avere incontrato a (OMISSIS) (OMISSIS), di avergli consegnato l'auto e di essere tornato, quarantacinque minuti piu' tardi, per ritirarla con il carico di kg. 90 di hashish, facendo indi rientro a Genova, per poi recarsi a (OMISSIS) ove aveva fatto un'unica consegna ad une sola persona, la quale gli aveva versato un acconto, saldando il prezzo dopo venticinque giorni, somma che (OMISSIS) aveva versato ad (OMISSIS). Dunque, e' incontrovertibilmente escluso che (OMISSIS) abbia ricevuto una parte dello stupefacente, ricavato dal quantitativo trattato da (OMISSIS). Ne' modifica il quadro le considerazioni formulate dal giudice del rinvio in ordine alla chat del 25 luglio 2013, con cui si attribuisce a (OMISSIS), nonostante la mancata identificazione del nickname âEuro˜(OMISSIS)', la conversazione con (OMISSIS), in cui quest'ultimo chiarisce all'interlocutore che il prezzo non puo' essere inferiore ad Euro 1400,00 al chilogrammo âEuro˜tra noi meno di 1400 non possiamo', posto che -a prescindere dall'identita' del (OMISSIS)- dal dialogo non si trae affatto che una transazione sia effettivamente intervenuta. Anche perche' il tenore dello scambio mette in luce che fra i due che conversano vi fossero altre operazioni commerciali. Privo di significato e' poi l'assunto della Corte, secondo cui avere il cedente concesso di versare solo un acconto, sarebbe dimostrativo del quantitativo non minimo della droga acquistata da (OMISSIS), essendo questa modalita' abituale anche nel caso di cessione di piccole quantita', sicche' la circostanza relativa al quantitativo resta sfornita di prova. Ad accreditare l'ipotesi dell'acquisto di un quantitativo minimo concorre anche il richiamo, contenuto nella sentenza di primo grado, della conversazione del 9 agosto 2013, nel corso della quale il (OMISSIS) dice all'interlocutore âEuro˜al massimo domani nel primo pomeriggio ci sono sicuri nelle tue mano tra 60 e 80', identificati dal giudice di appello in sessanta-ottanta Euro, cioe' una somma sufficiente per l'acquisto di pochi grammi. Illogico ed erroneo si appalesa, pertanto, il ragionamento del giudice del rinvio che ha escluso l'uso personale, facendo leva su un'interpretazione delle conversazioni non conforme' ai criteri della logica e delle massime di esperienza, non potendosi fondare il convincimento su una presunzione di destinazione allo spaccio, come chiarito dai principi enunciati dal giudice di legittimita'. 6.4 Con il quarto motivo si duole della falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 51, per non avere il giudice del rinvio riconosciuto la ricorrenza della c.d. fattispecie lieve, in assenza di sequestro della sostanza e nell'impossibilita' di determinazione del quantitativo acquistato. Richiama la giurisprudenza della Suprema Corte sul punto. 6.5 Con il quinto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto congruo l'aumento di mesi dieci di reclusione ed Euro 3.500,00 di multa per la continuazione con il capo K1), senza ridurre conseguentemente la pena, posto che il G.I.P. aveva determinato l'aumento in mesi dodici di reclusione. Si duole, in ogni caso, dell'eccessivita' della pena inflitta. 6.6 Con il sesto motivo fa valere l'inosservanza del disposto dell'articolo 99 c.p., per non avere il giudice del rinvio motivato adeguataMente in ordine all'applicazione della recidiva. Ricorda che l'imputato e' gravato da un unico precedente, la cui condanna risale all'anno 2005, mentre il fatto risale all'anno 2000, per un reato di modesta gravita'. La Corte avrebbe dovuto diversamente dar conto delle ragioni dell'applicazione dell'aggravante. 6.7 Con il settimo motivo si duole della violazione dell'articolo 133 c.p. e del vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale inflitto una pena eccessiva rispetto alla modesta gravita' dei fatti, discostandosi dal minimo edittale senza fornire adeguate argomentazioni. 7. Tutti gli imputati concludono per l'annullamento della sentenza impugnata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi di doglianza proposti dagli imputati debbono essere trattati in ordine logico ed esaminati congiuntamente, ove necessario. 2. Il ricorso proposto da (OMISSIS) deve essere parzialmente accolto. 3. Il primo motivo va dichiarato inammissibile. 3.1 II ricorrente, invero, fonda la doglianza sul presupposto che la Corte di cassazione con la sentenza n. 47557 del 26 settembre 2019, che ha parzialmente annullato la sentenza della Corte di appello di Roma del 16 febbraio 2018, abbia dichiarato inammissibile il motivo inerente all'inutilizzabilita' delle operazioni di intercettazione su (OMISSIS), per difetto di allegazione dei R.I.T., essendo percio' determinato il vizio di autosufficienza del ricorso. Su questa base, ritiene la questione riproponibile in sede di rinvio e censura la decisione del giudice qui gravata, per averlo dichiarato inammissibile, pronunciandosi, tuttavia, nel merito. 3.2 Va, preliminarmente, osservato che la Suprema Corte non ha affatto dichiarato inammissibile il motivo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), pur sottolineando il difetto di autosufficienza dei ricorsi, ma l'ha, invece, ritenuto in parte infondato ed in parte manifestamente infondato, opponendo alle contestazioni dei ricorrenti l'elaborazione di questa Corte in materia (cfr. pagg. 36-46), dichiarando inammissibile per genericita' solo l'eccezione relativa all'inutilizzabilita' ex articolo 268, comma 1 e 271 c.p.p., non essendo stati indicati i decreti di intercettazione cui l'eccezione era riferita. Va ricordato, inoltre, che secondo l'orientamento prevalente del giudice di legittimita' "Nel giudizio di rinvio non possono essere dedotte ne' rilevate cause di inutilizzabilita' concernenti atti formati nelle fasi anteriori del procedimento, atteso che la sentenza della Corte di cassazione, da cui origina il giudizio stesso, determina una preclusione con riguardo a tutte le questioni non attinte dalla decisione di annullamento. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso, riferito all'inutilizzabilita' delle intercettazioni, gia' proposto e ritenuto infondato dalla precedente sentenza di annullamento con rinvio)" (Sez. 5, n. 35031 del 10/06/2016, Nishku, Rv. 267893; Sez. 5, n. 10624 del 12/02/2009, Barbara ed altri, Rv. 242980; Sez. 1, n. 1988 del 22/12/1997, dep. 18/02/1998, P.M. e Nikolic e altri, Rv. 209843),) "di talche', nell'ipotesi in cui il processo torni nuovamente al vaglio della Corte di cassazione, le preclusioni prodotte dalla precedente sentenza di annullamento comportano la limitazione del sindacato di legittimita' alle questioni di rito attinenti alle attivita' processuali compiute nel giudizio di rinvio" (Sez. 4, n. 20044 del 17/03/2015, S. e altri, Rv. 263865). Neppure l'impostazione contraria e minoritaria, a mente della quale "Nel giudizio di rinvio possono essere dedotti e rilevati i vizi di inutilizzabilita' "patologica" concernenti gli atti formati nelle fasi anteriori del procedimento, salvo che sul punto non sia intervenuto il giudicato parziale secondo il disposto dell'articolo 624, comma 1, c.p.p. (Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014, dep. 16/04/2015, Solano ed altri. Rv. 263343), soccorre la tesi del ricorrente, posto che la declaratoria di inammissibilita' di un motivo, da parte del giudice di legittimita', comporta il formarsi del giudicato parziale sul punto della sentenza che ne forma oggetto, che si consolida, divenendo irrevocabile. Inutilmente, dunque, il giudice del rinvio, dopo avere pronunciato l'inammissibilita' del motivo, ne affronta il merito, dovendo ogni trattazione ritenersi preclusa dal giudicato parziale. 4. Il secondo motivo deve essere rigettato. 4.1 La premessa che deve informare la decisione in sede rescissoria e' che "La Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull'adempimento del dovere di motivazione, sicche' il giudice di rinvio, pur conservando la liberta' di decisione mediante un'autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato, e' tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali. (Sez. 5, n. 7567 del 24/09/2012, dep. 15/02/2013, Scavetto, Rv. 254830; da ultimo: Sez. 2, n. 45863 del 24/09/2019, Marrini, Rv. 277999). 4.2 La critica formulata con il ricorso riguarda il mancato assolvimento del mandato impartito dal giudice di legittimita', che, parzialmente annullando la decisione del giudice di appello, in relazione al capo D1), ha espressamente stabilito la necessita' di attribuire il nickname (OMISSIS) a (OMISSIS), con particolare riferimento alla conversazione del 29 ottobre 2013, fra (OMISSIS) (pacificamente (OMISSIS)) ed (OMISSIS). Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe eluso il compito, violando l'articolo 627 c.p.p., perche' si sarebbe limitata a riproporre le medesime argomentazioni della sentenza annullata, senza addivenire, in alcun modo, ad un'identificazione non apparente di (OMISSIS) con (OMISSIS). 4.3 La censura non e' condivisibile. Seppure debba convenirsi che la sentenza di annullamento ha ritenuto insufficiente il quadro probatorio, deprivato della sicura attribuzione del nickname (OMISSIS), per giungere all'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo D1), nondimeno, deve anche ritenersi che il giudice del rinvio, che compie una complessa ricostruzione delle conversazioni e dei movimenti dei concorrenti nel reato, abbia superato l'incertezza denunciata dalla Suprema Corte. Di particolare rilievo e' la valorizzazione delle conversazioni precedenti e successive a quella del 29 ottobre 2013, intervenute fra (OMISSIS) e (OMISSIS), il 23 ottobre 2013 fra (OMISSIS) ( (OMISSIS)) e ((OMISSIS)) (OMISSIS) ed il 6 novembre 2013 fra (OMISSIS) ( (OMISSIS)) e (OMISSIS). La Corte osserva che nella prima chat (23 ottobre 2013) (OMISSIS) dopo avere a lungo commentato la scarsa qualita' della droga, invita (OMISSIS) a dire a (OMISSIS) di recarsi a Milano, perche' pur se lui non ci sara', in quanto e' partito per il paese, per una festa di famiglia, tuttavia a Milano c'e' il fratello (âEuro˜si incontrano con lui, a Milano c'e' mio fratello'). Nella seconda, che invece, redatta in lingua spagnola, (OMISSIS) chiarisce il proprietario mandera' a prendere lo stupefacente dal fratello di (OMISSIS), mentre questi precisa di non avere a disposizione l'auto per portare dal fratello lo stupefacente che era rimasto a Roma. La conversazione si chiude con le scuse che (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) di portare al fratello. Il giudice del rinvio da' atto che il dialogo del 29 ottobre 2013 fra (OMISSIS) ed (OMISSIS) sulla scarsa qualita' della sostanza, provata dallo stesso (OMISSIS), e sul prezzo della droga da proporre a (OMISSIS), si inserisce fra le due conversazioni richiamate, assegnando un senso alle interlocuzioni con (OMISSIS), in cui si fa riferimento al fratello di (OMISSIS) (cui (OMISSIS) presenta le proprie scuse). La lettura concatenata delle conversazioni, come rappresentata dalla Corte in sede rescissoria, copre proprio quel deficit argomentativo che la Suprema Corte aveva rilevato nella sentenza annullata, perche' consente di superare anche l'incertezza sull'esistenza di un rapporto di parentela fra (OMISSIS) e (OMISSIS), chiarito, in particolar modo dal dialogo del 6 novembre 2013. In questo solido quadro argomentativo, nessun rilievo possono avere le considerazioni del ricorrente, in ordine alla scorretta traduzione della conversazione del 6 novembre 2013, in relazione all'espressione âEuro˜6,1 dueno manda a reiterar este chicas donde tu hermano', avuto riguardo al fatto che anche la trasposizione ritenuta corretta dall'imputato âEuro˜manda a ritirare le ragazze dove sta tuo fratello', in luogo di âEuro˜manda a ritirare le ragazze da tuo fratello' non interrompe il filo individuato dalla Corte territoriale fra le telefonate riportate, che consentono al giudice del rinvio di affermare -con motivazione scevra da vizi logici- che (OMISSIS) corrisponde a (OMISSIS). Del pari inconsistenti appaiono le altre contestazioni sulla lettura della conversazione del 23 ottobre 2013, secondo le quali non necessariamente alla parola âEuro˜lui' nell'espressione âEuro˜si incontrano con lui' riferita agli emissari di (OMISSIS), corrisponderebbe il fratello che e' a Milano. E cio' perche', al di la' della non consecutivita' fra i frammenti dei dialoghi, secondo il ricorrente non considerata dalla Corte, vi e' che la lettura d'insieme offerta dalla sentenza impugnata e' perfettamente coerente e non cede di fronte alle critiche, che si risolvono in un'atomizzazione degli elementi a disposizione, singolarmente rivolti ad incrinare il singolo dialogo, senza toccare, tuttavia, la visione complessiva del loro significato, da cui il giudice del rinvio ricava agevolmente l'identita' di (OMISSIS), individuandola in (OMISSIS), rispondendo in modo esaustivo all'incarico assegnato in sede rescindente. Le ulteriori osservazioni, relative all'utilizzo del dialetto calabrese, alla confidenza fra i conversanti, all'utilizzo di particolari espressioni gergali, all'assonanza fra il nickname doctor (OMISSIS) e quello (OMISSIS), parametro censurato dal giudice di legittimita', che il giudice del rinvio sottende all'identificazione di (OMISSIS), stigmatizzate dal ricorrente, in quanto generiche o fuorvianti, sono, in realta', del tutto superflue rispetto alla tenuta del ragionamento, incentrato sulla lettura conseguenziale delle conversazioni sopra richiamate, cosi' come espressa per la prima volta dal giudice del rinvio. 5. Il terzo motivo, il cui contenuto e' comune a quello del quarto motivo formulato da (OMISSIS) e' infondato. 5.1 La sentenza di annullamento, parzialmente accogliendo il motivo formulato dai ricorrenti, nella parte relativa alla qualificazione giuridica del fatto nell'articolo 73, comma 4, anziche' nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, ed alla configurabilita' dell'aggravante di cui all'articolo 80, comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica cit., censura la sentenza di secondo grado per avere ritenuto che la sostanza trattata fosse cocaina, sulla base della considerazione che le diverse cifre 10 a 6 e 5 a 9, da un lato, e 10 per 36 e 5 per 29, dall'altro, fossero equivalenti, e quindi riferibili al medesimo prezzo per la cocaina, essendo la diversa annotazione dipesa da un errore di battitura. Cio', secondo la Suprema Corte, inciderebbe anche sulla sussistenza dell'aggravante dell'ingente quantita'. 5.2 La sentenza resa in sede rescissoria supera la censura del giudice di legittimita', perche' diversamente da quanto ritenuto dalle difese, non sostituisce una congettura ad un'altra congettura, secondo la quale e' costume dei ricorrenti, nelle chat esaminate, togliere la decina, ma per affermare che questa sia effettivamente l'abitudine, compie un passo in piu'. Ed invero, per giungere a siffatta conclusione raffronta il linguaggio utilizzato nella chat del 6 novembre 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), ove si fa riferimento esplicito al prezzo, comprensivo delle decine ( (OMISSIS): âEuro˜eravamo rimasti che mi davate 5 al prezzo di la' ossia a 29 e il resto a 36, giusto-' (OMISSIS): âEuro˜si amico'), con quella del 9 dicembre 2013 fra (OMISSIS) e (OMISSIS), relativa all'episodio di cui al capo H1), pacificamente inerente alla cocaina, in cui si riepiloga l'accordo raggiunto per la fornitura settimanale -con prezzi differenziati, a seconda che il trasporto sia o meno a carico dei fornitori- nella quale le cifre sono espresse in unita' (âEuro˜Fino li da (OMISSIS) -da intendersi Milano- vuole a 7; giu' in cap -da intendersi Roma- vuole un punto in piu'; se troviamo il nostro lui scende di due punti, quindi se noi lo troviamo ke vuole un punto, diciamo che ci viene a 6 finito'). Questo raffronto, secondo la Corte illumina il significato della conversazione del 29 ottobre 2013 fra (OMISSIS) ed (OMISSIS), in cui il primo riferisce al secondo che devono pagare a (OMISSIS) âEuro˜10 a 6 e 5 a 9', da intendersi 10 kg. di sostanza al prezzo di Euro 36.000,00 e 5 kg. di sostanza al prezzo di Euro 29.000,00. Per queste ragioni il giudice del rinvio afferma, del tutto coerentemente con il complessivo quadro probatorio, come sia uso dei trafficanti âEuro˜togliere la decina' agli importi richiesti per la cessione di un chilogrammo di stupefacente, indi ricavando dal prezzo compatibile solo con la cocaina, che si tratti proprio di siffatta sostanza e non di un'altra. 5.3 La Corte territoriale, dunque, risponde al mandato assegnato dal giudice di legittimita', in modo del tutto scevro da vizi motivazionali. 6. Il quarto motivo proposto da (OMISSIS) inerente alla violazione dell'articolo 627 c.p.p., comma 3 e art.628 c.p.p., comma 2 in ordine all'affermazione di responsabilita' per il reato di cui al capo H1) e' sovrapponibile al sesto motivo proposto da (OMISSIS), riguardando la qualificazione della fattispecie nell'ipotesi della desistenza, anziche' in quella del delitto tentato, ritenuta dalla Corte territoriale. In particolare, (OMISSIS) lamenta che il giudice del rinvio abbia disatteso l'incarico assegnato in sede rescindente, che imponeva la traduzione delle conversazioni del 3 e 4 dicembre 2013, utilizzate dalla sentenza annullata nella versione in lingua spagnola, con traduzione diretta da parte del giudicante e ritenute fondanti la qualificazione dei fatti. La Suprema Corte, infatti, aveva censurato il passaggio motivazionale, accogliendo il motivo sull'omessa traduzione affermando che: âEuro˜La comunicazione, in ossequio all'obbligo di usare la lingua italiana, andava tradotta perche' si tratta di un atto, il c.d. brogliaccio con la trascrizione della comunicazione, da compiere nel procedimento e non di un atto gia' formato acquisito in lingua straniera', sottolineando che pregiudizio per la parte e' consistito nell'aver adoperato la comunicazione di cui all'allegato n. 116 per rigettare il motivo di appello sulla desistenza volontaria, attribuendo cosi' una significativa rilevanza alla comunicazione quanto alla qualificazione giuridica del fatto ed all'esistenza del reato'. 6.1 Sul pu'nto deve, innanzitutto, rammentarsi che "Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non e' vincolato ne' condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova" (ex multis: Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 04/03/2020, Le Voci, Rv. 278629; Sez. 5, n. 33847 del 19/04/2018, Cesarano ed atri, Rv. 273628). 6.2 La sentenza resa in sede rescissoria, nell'affrontare la ricostruzione del fatto di cui al capo H1), muove da una precisazione, ovverosia che le conversazioni del 3 e 4 dicembre 2013, da cui il giudice di secondo grado aveva tratto elementi per negare la desistenza attiva, siano ultronee, ben potendosi i tratti essenziali della vicenda ricavare dall'insieme delle altre comunicazioni, espungendo quelle non tradotte. Cosi' chiarisce che dalla chat del 2 dicembre si trae che (OMISSIS) chiama (OMISSIS), dicendogli di avere trovato un mezzo di trasporto; da quella del 7 dicembre si ricava che (OMISSIS) e' giunto in Olanda, che parla con (OMISSIS) ed incontra (OMISSIS), riferendogli i dettagli dell'accordo; da quella del 10 dicembre emerge che (OMISSIS) parla con il fratello (OMISSIS), spiegandogli che il âEuro˜lavoro' era stato definito e di avere potuto testare la droga ( (OMISSIS): ho visto solo il piritino; (OMISSIS): âEuro˜e come ti e' paruto-'; (OMISSIS) âEuro˜(OMISSIS)'), raccogliendo le preoccupazioni del fratello (OMISSIS), che non vuole ripetere una passata negativa esperienza ( (OMISSIS): âEuro˜Sei sicuro- Nn vorrei che avessimo di nuovo il problema'); da quella del 14 dicembre si evince che (OMISSIS), latitante in Colombia comunica a (OMISSIS) di non riuscire a trovare un aereo per raggiungere l'Olanda, e di intendere procurarsi un documento falso per la fine di dicembre; da quella del 15 dicembre si trae che (OMISSIS), dopo avere raccontato a (OMISSIS) il suo incontro con (OMISSIS), chiede all'interlocutore di trovargli un posto sicuro a Milano, mentre (OMISSIS) gli consiglia di restare in Olanda, perche' il proprietario della casa in cui soggiorna con il fratello (OMISSIS), ha potuto notare la presenza di forze dell'ordine; da quella del 18 dicembre emerge che (OMISSIS) comunica a (OMISSIS) di avere trovato un biglietto per la Spagna; da quella del 19 dicembre si trae che (OMISSIS), a sua volta, avverte (OMISSIS), il quale gli comunica la partenza, che e' piu' prudente fermarsi in Olanda, perche' intorno alla sua abitazione gravitano le forze dell'ordine e lui stesso ha timore di essere arrestato; da altra conversazione del 19 dicembre fra (OMISSIS) e (OMISSIS) si evince che il primo e' diretto a Roma, mentre il secondo gli conferma la presenza delle forze dell'ordine; da quella del 20 dicembre fra (OMISSIS) e (OMISSIS) si trae che il primo comunica di essere al check-in; da quella in pari data fra (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge che il primo comunica al secondo di avere raggiunto Roma e di avere dormito da (OMISSIS), comunicandogli anche che egli avrebbe incontrato (OMISSIS) il giorno successivo, appuntamento dopo il quale (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) che (OMISSIS) era agli arresti domiciliari e che parte del denaro dovuto da quest'ultimo per l'acquisto dello stupefacente di cui al capo D1) e' stato sequestrato; da quella del 21 dicembre fra (OMISSIS) e (OMISSIS) si trae che il primo e' giunto a Milano e che (OMISSIS) si e' incontrato in Spagna con il narcotrafficante (OMISSIS), avendo da questi ricevuto l'informazione -poco prima, infatti, nella comunicazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo gli riferisce di avere sistemato tutto, ricevendo da (OMISSIS) la risposta che non c'era nulla da sistemare, perche' occorreva solo andare con lo âEuro˜(OMISSIS)' -il trasportatore- e che, anzi gli era stato richiesto di andare prima di Natale, mentre (OMISSIS) replica di essere riuscito ad accordarsi per Euro 35.000,00 al chilo, compreso il trasporto (âEuro˜no, no, per niente, lascia stare lo (OMISSIS), fanno tutto loro. Allora al 90 X cento siamo rimasti a 35 e fanno tutto loro')-; da quella del 22 dicembre fra (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge la soddisfazione di (OMISSIS) per il rapporto con (OMISSIS) (âEuro˜si comporta molto bene', âEuro˜ho sistemato a 35 con lui. E fanno tutto loro. Poi gli interessa molto la scecca'), mentre (OMISSIS) si presenta dubbioso (`Vediamo se fanno, perche' hanno sempre detto cosi', ma non hanno mai fatto sinceramente'); da quella del 24 dicembre si trae che (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) di attendere (OMISSIS) in Olanda dopo le feste; da quella del 26 gennaio fra (OMISSIS) e (OMISSIS) si evince che il primo e' diventato scettico, perche' non ha ancora avuto notizie dai fornitori, tanto che chiede al secondo se ha a disposizione mezzi per il trasporto, mentre (OMISSIS) risponde di avere un paio di appuntamenti per verificarlo, subito dopo capodanno; ed infine, da quella del 31 dicembre, fra (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge il disappunto dei due per il silenzio dei fornitori e l'attesa per una comunicazione dopo le festivita' (Vediamo ora come passa la festa se rispondono; âEuro˜Ma te lo giuro ke se quel cornuto dovrebbe venire li dove sai tu glieli faccio passare tuti questi vizi'). 6.3 Sulla base di questo esame delle conversazioni, il giudice del rinvio ritiene che la traduzione delle chat del 3 e 4 dicembre non sia necessaria per affermare la sussistenza del tentativo, in quanto quelle posteriori consentono di escludere la desistenza, dimostrando una serie ininterrotta di contatti che palesano la volonta' di procedere ad un consistente approvvigionamento di droga, gli incontri ed i viaggi fatti a tale scopo e, sinanco, l'assaggio dello stupefacente da parte di (OMISSIS). Si tratta, secondo la Corte territoriale di trattative univoche e idonee a conseguire l'effettivamtocil trasferimento dello stupefacente sul territorio nazionale, sul cui buon esito, per la loro serieta' e concretezza, i protagonisti hanno riposto ragionevole affidamento. 6.4 A proposito della configurabilita' del tentativo, questa Corte ha precisato che "Integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all'acquisto della proprieta' della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti che per la natura, la qualita' ed il numero dei contatti intervenuti, i contraenti abbiano riposto concreto affidamento. (Nella specie, la Corte ha ritenuto non sussistere un'ipotesi di trattativa affidante, in relazione all'incontro avvenuto tra l'imputato, in permesso premio in relazione ad una condanna per associazione mafiosa, e un "broker" albanese, durante il quale i due avevano discusso del possibile avvio di una fornitura di cannabis, senza, tuttavia, alcuna precisazione di quantita', qualita' e prezzo, che sarebbero stati determinati solo a seguito di specifici accordi tra il "broker" e fiduciari del capo-mafia, incaricati di proseguire le negoziazioni dopo il suo rientro in carcere)" (Sez. 1, n. 6180 del 27/11/2019, dep. 17/02/2020, Fortuzi, Rv. 278484; nello stesso senso: Sez. 3, n. 7806 del 15/11/2017, dep 19/02/2018, Pmt ed altri, Rv. 272446). 6.5 Correttamente, dunque, il giudice del rinvio ha ritenuto che le condotte poste in essere dagli imputati, con riferimento all'episodio di cui al capo H1), integrassero la fattispecie tentata, perche' esse, pur collocandosi in una fase antecedente all'acquisto della droga destinata ad essere trasferita sul territorio nazionale, erano idonee ed univocamente dirette alla conclusione dell'accordo traslativo, concretizzandosi in una trattativa sul cui positivo esito i contraenti avevano riposto concreto affidamento, come ricavato dalla natura, dalla qualita' e dal numero dei contatti intercorsi. 6.6 I motivo deve, pertanto, essere rigettato. 7. Il quinto motivo, con cui si fa valere la violazione dell'articolo 627, comma 3 e 628, comma 2 c.p.p., in relazione al mandato ricevuto dalla Suprema Corte in relazione al reato descritto al capo Jbis) dell'imputazione, con cui si contesta il tentativo di importazione dal Sud America di un quantitativo di circa kg.1000,00 di cocaina, a mezzo di container da fare approdare in Marocco, per poi tradurre la droga in Italia, e' infondato. 7.1 II ricorrente sottolinea che in relazione alla posizione di (OMISSIS), in assenza della certa attribuzione del nickname (OMISSIS), la sentenza di annullamento aveva ritenuto fondato il motivo relativo alla partecipazione dell'imputato al tentativo di importazione dal Sudamerica di un ingente quantitativo di cocaina (kg. 1000,00), tramite il Marocco, non realizzatasi per l'impossibilita' da parte di (OMISSIS) di garantire lo sbarco. La Corte territoriale, dunque, avrebbe dovuto affrontare non solo l'identificazione di (OMISSIS), e la coincidenza del medesimo con (OMISSIS) anche per le conversazioni del 27 e 28 ottobre 2013, oltre che quella di (OMISSIS) con (OMISSIS), ma la configurabilita' dell'episodio come desistenza e non come delitto tentato, avuto riguardo al fatto che nei tre mesi successivi al pagamento dell'asserita caparra (pari ad Euro 60.000, somma di per se' incoerente con un affare di simili proporzioni) da consegnare ai colombiani per tenere fermo l'affare, nulla si era concretizzato e dell'operazionP non vi era piu' traccia nelle chat. E cio', perche' all'accoglimento da parte del giudice di legittimita' del motivo proposto da (OMISSIS), non corrisponde affatto, come sostiene il giudice del rinvio, la conferma da parte della Suprema Corte della sentenza di seconda cura sulla sussistenza del tentativo, non avendo (OMISSIS) proposto alcun motivo di ricorso per cassazione in ordine al capo Jbis). 7.2 Va immediatamente rilevato, proprio muovendo da quest'ultimo assunto, che non corrisponde al vero che (OMISSIS) non avesse formulato, con il ricorso per cassazione, alcuna doglianza in relazione al capo Jbis). Risulta, infatti, dalla lettura della sentenza di annullamento che, con il nono motivo, (OMISSIS) si fosse doluto non solo del vizio di motivazione della sentenza di seconda cura in ordine alla sua partecipazione al delitto, ma anche della violazione di legge in relazione agli articoli 56, 110, 112 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n..309 del 1990, articolo 73 comma 1 e articolo 80, comma 2, espressamente sottoponendo alla Corte di legittimita' la questione della configurabilita' del tentativo (pag. 26 par. 4.9 della sentenza di annullamento). La Corte di legittimita' rigetta entrambe le censure (pag. 66, par.fi 6.7 e segg.) espressamente affermando che la qualificazione giuridica del fatto in un tentativo di importazione, come operata da giudice di appello, corrisponde ai principi enunciati dal giudice di legittimita' ed e' quindi esente da vizi logici. Deve, dunque, ritenersi che, come esattamente sottolineato dal giudice del rinvio (pagg. 57 e 58) il fatto e la sua qualificazione giuridica siano stati accertati in via definitiva. Il che esime questa Corte da qualsiasi altra considerazione. 7.3 Resta la questione della partecipazione di (OMISSIS), anch'essa ampiamente risolta dalla sentenza qui impugnata. Non solo, infatti, la Corte territoriale chiarisce, come si e' visto, che il nickname (OMISSIS) deve attribuirsi a (OMISSIS), ma specifica che cio' deve ritenersi anche per le conversazioni. contestate, perche' ricadenti nel medesimo periodo agosto-ottobre 2013, in cui cadono quelle relative al capo D1), essendo assodato che in quel tempo il nickname fosse in uso proprio a (OMISSIS). Ne' il giudice del rinvio si ferma a questa constatazione, ripercorrendo tutte le fasi delle trattative e le conversazioni intercorse fra i soggetti coinvolti, da cui ricava che (OMISSIS) e' coinvolto nell'affare. In primo luogo, riprende la conversazione fra (OMISSIS) ( (OMISSIS)) ed (OMISSIS) ( (OMISSIS), latitante in Colombia) del 9 agosto 2013, in cui quest'ultimo racconta al primo di essere in attesa che lupetto ( (OMISSIS)) invii un suo emissario, ma che (OMISSIS) non sara' disponibile sin al 15 settembre, perche' e' in ferie. Seguono conversazioni fra (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)), il 21 agosto, in cui i due si scambiano informazioni sulla quantita' a disposizione, sul prezzo e sul trasporto; fra (OMISSIS) e (OMISSIS), del 9 agosto 2013, in cui (OMISSIS) comunica di stare per costituire una societa' in Marocco, per provvedere al ricevimento della droga, avvertendolo della lentezza burocratica del paese nordafricano; fra (OMISSIS) e (OMISSIS), che chiede di sollecitare (OMISSIS), perche' âEuro˜il cognato' ovverosia il fornitore colombiano, se tardano potrebbe cedere la droga a terzi; fra (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)), in data 10 settembre 2013, che si soffermano sulle modalita' di nascondimento della droga in container frigo, preoccupati che passi sotto lo scanner; fra (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 19 settembre 2013, quando il primo raccomanda di mostrare agli emissari di (OMISSIS) i video che mostrano come occultare lo stupefacente; fra (OMISSIS) e (OMISSIS), del 21 settembre 2013, in cui (OMISSIS) si preoccupa che (OMISSIS) abbia consegnato i video -poi sequestrati a (OMISSIS) al momento del suo arresto- venendo rassicurato da (OMISSIS); fra (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 28 settembre 2013, in cui (OMISSIS) avverte che gli emissari di (OMISSIS) giungeranno in Colombia il 30 settembre e (OMISSIS) avvisa che potranno riconoscerlo perche' lui indossera' un cappellino della (OMISSIS); fra (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 29 settembre 2013, quando il primo avvisa che arrivera' in Colombia solo uno dei suoi emissari, un ragazzo alto un metro e novanta, che avrebbe indossato una camicia bianca e dei pantaloni grigi -poi identificato come (OMISSIS), figurante nella lista dei passeggeri del volo Bogota' del 30 settembre- ed il secondo gli riferisce che (OMISSIS) vestira' il cappellino della (OMISSIS); fra (OMISSIS) e (OMISSIS), nella stessa data, in cui i due si scambiano le stesse informazioni per il reciproco riconoscimento, ed effettivamente (OMISSIS) viene fotografo il 30 settembre con un cappellino della (OMISSIS) all'aeroporto di Bogota'; fra (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 1 ottobre 2013, quando (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) che l'emissario gli ha detto che (OMISSIS) non e' riuscito a risolvere la questione dello sbarco in Marocco, non avendo potuto trovare la ditta che se ne occupa e (OMISSIS) ribatte che solo dopo avere scelto la merce di copertura (OMISSIS) avrebbe potuto individuare la ditta; fra (OMISSIS) e (OMISSIS), in data 9 ottobre 2013, in cui i due commentano nuovamente il problema tecnico dello sbarco in Marocco, affermando che (OMISSIS) li sta mettendo in difficolta' con il fornitore colombiano; fra (OMISSIS) ((OMISSIS)), nipote di (OMISSIS) e (OMISSIS) ((OMISSIS)) in data 27 ottobre 2013, quando il secondo si preoccupa, non riuscendo a contattare (OMISSIS), che ci sia la disponibilita' di una somma di complessivi Euro 60.000,00, di cui 10.000,00 procurati da lui, che dovranno essere ritirati da una persona che viene da fuori; fra i medesimi due, in data 28 ottobre 2013, quando, verificato che la somma da consegnare e' stata raggiunta, i due si danno convegno. La Corte, inoltre, ricava con certezza che detta somma di Euro 60.000,00 sia una caparra per mantenere l'affare, avendo il fornitore colombiano minacciato di rivolgersi ad altri acquirenti dalla conversazione del 9 dicembre 2013, tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui il primo comunica che il giovane (OMISSIS) ha chiesto la restituzione della somma, che servirebbe ad un parente âEuro˜per ricominciare', ricevendo da (OMISSIS) una ferma opposizione, trattandosi di denaro che doveva restare ai colombiani come âEuro˜garanzia', perche' il lavoro doveva comunque farsi ed occorreva essere credibili. Su questo composito quadro probatorio si fonda, secondo la Corte del rinvio, non solo la qualificazione dell'episodio come tentativo di importazione di cocaina, ma anche la partecipazione di (OMISSIS), che dapprima conversa con (OMISSIS), in data 9 agosto 2013, commentando l'attesa imposta da (OMISSIS), che si trova in ferie, e poi si occupa di raccogliere il denaro da consegnare quale garanzia dell'impegno assunto per l'acquisto. 7.4 Si tratta di una motivazione che supera tutte le censure formulate in questa sede, posto che -al di la' della sicura qualificazione del reato come tentativo di importazione di un'ingente quantita' di stupefacenti, ribadita dalla Corte territoriale, ma gia' superata dalla sentenza di annullamento- delinea con chiarezza il coinvolgimento di (OMISSIS) ed il suo oggettivo apporto alla riuscita di un affare, il cui negativo esito dipese esclusivamente dalla mancata realizzazione delle condizioni dello sbarco della merce in Marocco. Anche la relazione fra la somma di Euro 60.000,00 e il suddetto traffico con i colombiani e' messa in luce dal giudice del rinvio, che sottolinea come sin dal settembre (conversazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS) del 9 settembre) fosse emerso il timore di perdere l'occasione per la volonta' espressa dai fornitori di rivolgersi ad altri, in assenza della sicurezza della capacita' degli acquirenti di procedere al ritiro, sicche' la consegna dell'importo si dimostra utile a mantenere la credibilita' davanti ai colombiani, nonostante la dimostrata incapacita' di realizzare il trasporto in Marocco. 7.5 II motivo deve essere, dunque, rigettato. 8. Il sesto motivo, con cui si lamenta la violazione degli articoli 627, comma 3 e 628, comma 2 c.p.p. in ordine a quanto prescritto dalla Suprema Corte, ai fini dell'affermazione di responsabilita' dell'imputato per il reato associativo di cui al capo Al), e' infondato. 8.1 II ricorrente rammenta che l'annullamento e' stato disposto perche' il giudice di secondo grado aveva fondato la condanna âEuro˜anche sulle dichiarazioni di (OMISSIS)', rispetto al quale e' intervenuto giudizio di inattendibilita' con accertamento giudiziale, divenuto irrevocabile, contenuto nella sentenza della Corte di appello di Genova del 10 dicembre 2015, cio' minando alla base il ragionamento della sentenza annullata, che ha eluso la questione. Nondimeno, secondo la difesa, il giudice del rinvio, incaricato di compiere una valutazione rigorosa sulla sua attendibilita' e sulla verita' di quanto narrato, si e' limitato a sostenere, con riferimento al reato di cui al capo Al), che le dichiarazioni del collaborante sono prive di rilievo, non incidendo sulla sussistenza dell'associazione, ma solo sulla collocazione temporale della sua nascita, cosi' giungendo al mero restringimento dell'ambito di operativita' nel tempo del sodalizio, in assenza, comunque, di un apparato argomentativo idoneo a reggere la collocazione di (OMISSIS) all'interno dell'organizzazione. 8.2 II motivo relativo al giudizio di attendibilita' di (OMISSIS) e' comune alla prima ed alla seconda doglianza formulata da (OMISSIS), con riferimento al capo Al), nonche' alla prima censura introdotta da (OMISSIS) con riferimento ai capi CY)e DY). 8.3 La sentenza della Corte di cassazione dispone l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Roma del 16 febbraio 2018, ritenendo che abbia eluso la valutazione della credibilita' soggettiva di (OMISSIS), alla luce della sentenza della Corte di appello di Genova del 10 dicembre 2015, la quale aveva espresso un giudizio âEuro˜tranciante' di inattendibilita' ed idoneita' a suffragare le accuse, confermato dalla sentenza della Corte di cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso del P.G. sul punto. La Corte di cassazione, inoltre, sottolinea che la Corte di appello di Roma, in questo giudizio, ha anche mal valutato il contenuto della sentenza della Corte di assise di appello di Roma del 14 maggio 2020, relativa all'omicidio (OMISSIS), che non avrebbe affatto ritenuto il collaborante attendibilesiffatto delitto, ma solo parzialmente attendibile. La Corte di cassazione ricorda anche che l'omicidio (OMISSIS) e' collegato con i reati concernenti le armi di cui ai capo B) ed al capo GG) di questo processo e ritiene che la sentenza annullata non abbia correttamente considerato un dato che emerge dalla sentenza, (OMISSIS), e che viene ritenuto dalla sentenza annullata come riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS). Si tratta dell'episodio relativo all'arresto di (OMISSIS), trovato in possesso di droga e di un revolver usato per l'omicidio di (OMISSIS), che coincide con l'arma di cui al capo GG) di questo processo. Secondo il collaboratore l'arma, dopo l'omicidio, sarebbe stata consegnata da (OMISSIS) a (OMISSIS), insieme alla sostanza stupefacente di cui al capo H) di questo processo. All'atto dell'arresto di (OMISSIS) fu trovato un pizzino con l'indicazione di un numero di telefono e la dicitura âEuro˜ad (OMISSIS) solo sms'. La Corte di assise di appello di Roma, tuttavia, ha escluso che il numero di telefono segnato sul pizzino fosse riconducibile ad (OMISSIS), perche' e' risultato che il telefono in uso a (OMISSIS) e quello segnato sul pizzino si parlavano da localita' diverse e percio' erano utilizzati da persone diverse. Di qui la Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento, trae un ulteriore elemento per criticare l'affermazione contenuta nella sentenza annullata secondo cui le dichiarazioni di (OMISSIS) sono spontanee âEuro˜anche se non disinteressate'. E conclude per la necessita' di una approfondita valutazione dell'attendibilita' del medesimo. 8.4 Ora, nell'adempiere al mandato assegnato in sede rescindente, il giudice del rinvio, innanzitutto, nega che possa attribuirsi a (OMISSIS) la âEuro˜ patente' di inattendibilita' soggettiva, perche' la sentenza della Corte di appello di Genova non ha formulato un simile giudizio, ritenendo inattendibili solo le sue dichiarazioni, cio' avendo determinato l'assoluzione dell'imputato (OMISSIS), accusato di reato associativo 416 bis c.p.. Ne' per il medesimo giudice possono ricavarsi elementi, in questo senso, dalla vicenda processuale relativa all'omicidio di (OMISSIS), oggetto della sentenza della Corte di assise di appello di Roma del 14 maggio 2019, non divenuta irrevocabile, con cui (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), e' stato assolto, perche' quella decisione non ha ritenuto (OMISSIS) soggettivamente non credibile, ne' false le sue dichiarazioni, evidenziandone la mera genericita', e l'assenza di riscontri oggettivi individualizzanti. Peraltro, dopo la pronuncia della sentenza di annullamento in questo processo, e' intervenuta la sentenza della Suprema Corte di annullamento con rinvio della sentenza Corte di assise di appello di Roma del 14 maggio 2019. Il giudice del rinvio osserva, innanzitutto, che anche se un collaboratore e' giudicato inattendibile in un processo, quando non sia affermata la sua inattendibilita' soggettiva, e' possibile che in un altro egli possa considerarsi attendibile. Assume, inoltre, che la sentenza di annullamento dimostra di avere recepito acriticamente il giudizio di inattendibilita' di (OMISSIS) per alcuni capi di imputazione, senza scendere nel dettaglio degli elementi di riscontro offerti dal compendio probatorio, ricordando che se le risultanze di una precedente sentenza passata in giudicato debbono essere valutate, ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., e' necessario che esse siano corroborate da elementi di prova, che debbono essere quelli proprii del processo, nel quale il precedente giudicato viene fatto valere. Ritiene, d'altro canto, di rilevanza discutibile, ai fini della valutazione della credibilita' soggettiva, le false dichiarazioni fornite dal medesimo vent'anni fa, quando, al fine di ottenere una riduzione della pena, nel processo per l'omicidio di (OMISSIS), (OMISSIS) finse di essere affetto da una malattia psichiatrica, ottenendo la declaratoria di seminfermita'. In altri termini, secondo il giudice del rinvio, un mendacio commesso nel 2001, quando (OMISSIS) aveva appena 19 anni, non puo' inficiare, di per se', la chiamata in correita' in relazione ai reati inerenti agli stupefacenti, oggetto di questo processo. Mentre la prova che la sua collaborazione sia frutto di una scelta di vita deriva dal fatto che egli ha iniziato e continuato un percorso, anche a costo di accusarsi di reati gravissimi, in relazione ai quali nessun elemento era emerso, ne' probabilmente sarebbe emerso, se non attraverso la sua collaborazione, rinunciando, peraltro, ad una âEuro˜carriera' nella âEuro˜ndrangheta assicuratagli dall'avere partecipato all'omicidio (OMISSIS). Proprio in relazione alla sua partecipazione all'associazione mafiosa, non solo (OMISSIS) offre un racconto dettagliato e frutto di esperienza personale, ma non rinnega la sua appartenenza, chiaramente dimostrando che la collaborazione dipende anche dall'interesse processuale. Il giudice del rinvio passa, dunque, agli esiti processuali che forniscono il riscontro delle dichiarazioni di, (OMISSIS) e rileva: che per il reato di cui capo C) ascritto a (OMISSIS) e relativo alla cessione ad (OMISSIS) di kg. 6,970 di cocaina, in ordine al quale (OMISSIS) ha reso precise dichiarazioni, e' intervenuta conferma della Corte di cassazione; che per il reato di cui al capo E), relativo alla cessione di gr. 500,00 di cocaina e kg. 2 di marijuana, da parte di (OMISSIS) a (OMISSIS), in relazione all'accertamento del quale proprio (OMISSIS) ha fornito un contributo determinante, e' intervenuto giudicato, mentre il collaboratore ha escluso la partecipazione di (OMISSIS) all'associazione, cio' conducendo alla sua assoluzione in ordine al reato; che per il reato di cui al capo J) (OMISSIS) ha confessato gli addebiti, non mettendo in dubbio la credibilita' di (OMISSIS) sui fatti narrati; che tutte le notizie apprese dai colloqui in carcere e riferite da (OMISSIS) sono state riscontrate; che (OMISSIS) e' a conoscenza di fatti che puo' avere appreso solo dalla frequentazione quotidiana di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (vengono riprese dalla sentenza qui impugnata alle pagg. 18-20, tutte le singole dichiarazioni ed i riscontri, cui si rimanda, per brevita'). 8.5 Il composito quadro dei riscontri intrinseci ed estrinseci, ricavabile dagli atti processuali e dalle sentenze di merito, consente al giudice del rinvio di escludere la non credibilita' soggettiva di (OMISSIS), sulla base della considerazione che l'attendibilita' di un collaboratore va valutata nel singolo processo, facendo riferimento oltre che alla genesi storica ed ai motivi della collaborazione, anche ai dati processuali che confermano il suo narrato, non potendosi desumere il giudizio sulla veridicita' delle sue affermazioni dalla valutazione compiuta in altro processo, nel quale il medesimo sia stato ritenuto non soggettivamente attendibile. 8.6 Ed e' sulla base di questa premessa che la sentenza qui impugnata passa al vaglio dei singoli riscontri rispetto ai singoli reati, in relazione ai quali (OMISSIS) ha reso dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie. 8.7 Cosi', per una ragione esclusivamente processuale, giunge all'assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) dall'associazione descritta al capo A) e di (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui agli comma 2 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80, descritto al capo B) dell'editto. Osserva, infatti, che la sentenza della Corte di Appello di Roma del 24 gennaio 2020, con cui si assolvevano, per i medesimi fatti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), che avevano optato per il giudizio abbreviato, e' passata in giudicato. Sicche', posto che siffatta sentenza riguardava (OMISSIS), ritenuto vertice dell'associazione ed assolto per insussistenza del fatto, e (OMISSIS), uomo di fiducia del primo e ritenuto contabile del sodalizio, considera non ipotizzabile una realta' associativa composta solo da Soggetti con compiti meramente esecutivi ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) o da soggetti esterni ( (OMISSIS)). La Corte del rinvio, estende le medesime considerazioni sulla valenza della sentenza assolutoria della Corte di appello di Roma anche al capo B) dell'editto, relativo all'importazione di kg. 160 di cocaina, reato per il quale (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) sono stati assolti âEuro˜perche' il fatto non sussiste', non essendo conciliabile con tale pronuncia, riguardante l'intero quantitativo di kg. 160, con l'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) e (OMISSIS) per la detenzione di un chilogrammo da loro posseduto, facente parte dei kg. 40, separati dalla complessiva partita ed affidati a (OMISSIS). Siffatte assoluzioni, nondimeno, proprio perche' fondate sulla sentenza assolutoria, e comunque conciliabili con le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale ha affermato che ne' (OMISSIS), ne' (OMISSIS) ebbero mai a che fare con quel chilogrammo di cocaina, consentono al giudice del rinvio di pervenire ad eguale esito assolutorio. 8.8 Cio', nondimeno, secondo il giudice del rinvio, non impedisce affatto di convalidare il giudizio di colpevolezza degli imputati in relazione al capo Al) della rubrica, relativo ad un'associazione finalizzata al narcotraffico, operante dal 2011 al 2015, in quanto, da un lato, esso non e' fondato solo sulle dichiarazioni di (OMISSIS), ma su un quadro probatorio ben piu' ampio, dall'altro, quanto riferito dal collaboratore, che non faceva parte della suddetta associazione e nulla poteva riferire al riguardo, risulta utile solo per determinare la collocazione temporale dell'operativita' del sodalizio. Ed invero, la sentenza di appello annullata da' conto del fatto che (OMISSIS) si limita a riferire che la frattura dei rapporti fra (OMISSIS) ed il gruppo criminale di riferimento, avente natura mafiosa, e' intervenuta in occasione del reato di cui al capo B), momento dal quale (OMISSIS) decide di operare in autonomia. E' dal luglio 2012, infatti, quando (OMISSIS) e (OMISSIS) cominciano ad essere intercettati, dopo l'arresto di (OMISSIS) per l'acquisto da (OMISSIS) di kg. 7 di cocaina, di cui al capo C) -in relazione al quale la condanna di quest'ultimo e' divenuta irrevocabile- che cominciano ad emergere gli elementi che corroborano il formarsi del sodalizio di cui al capo Al). Cosi' si colloca alla fine di ottobre 2012, la conversazione di (OMISSIS) con tale (OMISSIS), nel corso della quale il primo dimostra l'interesse del gruppo all'acquisto di imprecisati quantitativi di cocaina da fornitori colombiani, ricevendo dal secondo il suggerimento di agire con cautela e discrezione e di procurarsi un capitale iniziale, venendo rassicurato da (OMISSIS)', che sostiene di essere gia' in contatto con una pizip persona disponibile a finanziare qualsiasi importo. Richiamati, nel corpo della sentenza, tutti i dialoghi relativi a ciascuno dei reati-fine, che dimostrano gli assidui contatti con i narcotrafficanti stranieri -interpellati quasi quotidianamente-le importazioni di droga di notevole consistenza, gli accordi sui prezzi e sui trasporti, il reciproco affidamento dei consociati ed i loro strettissimi rapporti, l'utilizzo da parte dei medesimi di apparecchi di difficile intercettazione ((OMISSIS)), cosi' come il sostegno assicurato alla latitanza di (OMISSIS), le basi logistiche di Roma e Milano, la distribuzione dei compiti, la pluralita' dei reati-fine, la resistenza del gruppo ad eventi negativi -quali la mancata realizzazione di alcune importazioni o l'arresto di (OMISSIS)- la Corte del rinvio giunge alla conclusione della sussistenza del reato associativo. L'insieme del compendio, infatti, consente secondo la sentenza impugnata di affermare che il vincolo fra i compartecipi e' stabile e persistente, al di la' della commissione dei reati-fine, perche' connotato da una continua programmazione delle importazioni e dei traffici. 8.9 Ora, sotto il primo profilo dedotto, inerente alla violazione del mandato assegnato dalla sentenza di annullamento sulla indispensabilita' delle dichiarazioni di (OMISSIS), al fine di affermare la sussistenza dell'associazione di cui al capo Al) e la partecipazione di (OMISSIS), ritenuto non assolto dal giudice della fase rescissoria, che avrebbe fondato la decisione su un quadro probatorio evidentemente ritenuto non sufficiente dal giudice di legittimita', se deprivato del contributo del collaboratore, deve preliminarmente ricordarsi che "Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non e' vincolato ne' condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova" (da ultimo: Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 04/03/2020, Le Voci, Rv. 278629). Ed invero, "Non viola l'obbligo di uniformarsi al principio di diritto il giudice di rinvio che, dopo l'annullamento per vizio di motivazione, pervenga nuovamente all'affermazione di responsabilita' sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello gia' censurato in sede di legittimita'. (La Corte ha precisato che eventuali elementi di fatto e valutazioni contenuti nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine dell'individuazione del vizio o dei vizi segnalati e, non, quindi, come dati che si impongono per la decisione a lui demandata, di talche' si devono ritenere inammissibili le censure sollevate in merito)" (Sez. 4, n. 20044 del 17/03/2015, S. ed altri, Rv. 263864). 8.10 Cio' premesso, il percorso argomentativo seguito dal giudice del rinvio dimostra di avere ben governato i principi enunciati da questa Corte di legittimita' in relazione alla valutazione dei collaboratori di giustizia, posto che "In tema di dichiarazioni rese da collaboratore di giustizia, qualora sia dedotta l'inattendibilita' sulla base di quanto affermato in una precedente sentenza, il giudice procedente, pur non essendo vincolato a tale valutazione, deve motivare adeguatamente e specificamente il proprio diverso apprezzamento" (Sez. 6, n. 2900 del 12/12/2013, dep. 22/01/2014, Graziano, Rv. 258247; cfr. di recente: Sez. 1, n. 8218 del 29/01/2019, PG/Nicola (OMISSIS), Rv. 274917; Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 12/04/2021, PG/Torcasio Rv. 281127). 8.11 D'altro canto, come insegnano le Sezioni unite, il giudizio di attendibilita' del collaboratore non e' un procedimento meccanico, in cui il profilo soggettivo della credibilita' deve tenersi separato e precedere quello oggettivo sulla veridicita' della narrazione. Cosi', "Nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192, comma 3, c.p.p., alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale. (Sez. unite n. 20804 del 29/11/2012, dep. 14/05/2013, Milo-Vecchio, Rv. 255145). 8.12 La Corte territoriale, in sede rescissoria, riformula adeguatamente il giudizio di credibilita' di (OMISSIS), non solo chiarendo di non poter ricavare definitivi elementi sulla sua attendibilita' dalle precedenti pronunce che l'hanno vagliata, ma ponderandola, in concreto, attraverso i plurimi riscontri offerti dal materiale probatorio raccolto, che esamina uno ad uno, per ciascuno dei singoli episodi riferiti in questo processo. 8.13 Il serio e meditato giudizio che ne scaturisce non appare in alcun modo censurabile da questo giudice di legittimita'iche deve limitarsi a constatare la congruenza del ragionamento e l'evidente assolvimento del compito gia' assegnato, in sede di annullamento della sentenza di secondo grado. 8.14 Fatta questa premessa, deve parimenti ritenersi adempiuto l'obbligo motivazionale relativo alla sussistenza del reato di cui al capo Al), largamente argomentato dalla Corte del rinvio, che ha sottolineato la rintracciabilita' nelle attivita' criminose poste in essere dai sodali del vero nucleo distintivo della realta' associativa, ovverosia la programmazione di una serie indeterminata di delitti, evinta, nel caso di specie, da una pluralita' di elementi, tutti confermativi della tesi accusatoria: continuita' dei rapporti e degli accordi con i narcotrafficanti, reciproco e stabile affidamento fra i consociati, distribuzione di compiti specifici, capacita' di superare il fallimento di operazioni programmate e di far fronte al sostegno della latitanza di compartecipi ( (OMISSIS)), nonche' di resistere al loro arresto, senza interrompere l'attivita'. Tutti elementi che di per se' sono correttamente ritenuti dimostrativi non solo del pactum sceleris ma dell'affectio societatis e che, senza dubbio, consentono di escludere il mero reato continuato in concorso di traffico di stupefacenti. 8.15 Anche gli argomenti sottesi alla ritenuta partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio appaiono privi di quell'incongruenza logica che viene addebitata alla sentenza impugnata. La Corte, infatti, non si limita affatto a tenere in considerazione il solo rapporto dell'imputato con il fratello (OMISSIS), e la collaborazione a questi prestata o la condivisione delle decisioni fra i due, o ancora la loro intercambiabilita' nei rapporti con (OMISSIS) - figura di riferimento nelle operazioni di importazione- ma valuta anche altre condotte di (OMISSIS) che evocano la sua adesione al sodalizio. E cosi', per esempio, ritiene proprio il favoreggiamento della latitanza di (OMISSIS) -reato di cui al capo H1), per il quale la condanna dell'imputato e' divenuta irrevocabile- indice rivelatore della realizzazione da parte di (OMISSIS) di un'operazione di interesse per la consorteria, che va oltre la commissione dei soli reati-fine al medesimo ascritti. 9. Il settimo motivo proposto da (OMISSIS), relativo al vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' manifestamente infondato. Il giudice del rinvio, infatti, chiarisce che ostano al riconoscimento della diminuente di cui all'articolo 62 bis c.p., il ruolo rilevante assunto da (OMISSIS) nella consorteria, i numerosi reati-fine commessi, l'avere riportato un'altra condanna, divenuta definitiva, per un reato ex articolo 74 comma 3 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, commesso nel periodo aprile-ottobre 2011. A fronte di simili elementi negativi, secondo la Corte, non se ne rivengono di segno opposto che depongano per la necessita' di diversamente bilanciare la pena inflitta, a mezzo della facolta', assegnata dal legislatore al giudice, di attenuarne la misura per ragioni diverse da quelle codificate. E' appena il caso di ricordare che il diniego delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente giustificato anche con, sulla base della mera assenza di elementi segno positivo e cio' a maggior ragione dopo la modifica dell'articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge n.92 del 23 maggio 2008, convertito con modifiche nella L. n. 125 del 24 luglio 2008, per effetto della quale, ai fini della diminuente non e' piu' sufficiente lo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, Stelitano, Rv. 195339). Al contrario, e' la meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l'esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell'imputato volta all'ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che cio' comporti tuttavia la stretta necessita' della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (cfr. in questo senso, ex multis: Sez. 3,n. 26272 del 07/05/2019, Boateng, Rv. 276044; Sez. 3, n. 11539 del 08/01/2014, Mammola, Rv. 258696). 10. L'ultimo motivo formulato da (OMISSIS), relativo all'applicazione della recidiva e', invece, fondato. 10.1 La Corte, invero, con un ragionamento di tipo âEuro˜circolare' giustifica l'applicazione dell'aumento di pena, ai sensi dell'articolo 99, comma 1 c.p., in forza della biografia penale, costituita dalla condanna per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, commesso in epoca di poco precedente a quella di cui in oggetto, e della sottoposizione dell'imputato a misura di prevenzione. 10.2 Ora, una simile motivazione non fa che prendere atto della precedente condanna, senza giustificare l'accresciuta pericolosita' dimostrata dal reato oggetto del giudizio, non desumibile, di per se' solo dall'applicazione della misura di prevenzione, posto che il presupposto per la sua applicazione e' una condizione personale di pericolosita', da ricavarsi ex ante da piu' fatti, anche non illeciti, mentre il presupposto applicativo della recidiva deriva dalla valutazione ex post dello specifico nuovo fatto di reato, accertato nel processo, come sintomo di una maggiore capacita' della futura commissione di nuovi delitti rispetto a quella dimostrata dalle pregresse condotte integranti reato, per le quali sia intervenuta sentenza di condanna. 11. Il primo ed il secondo motivo di (OMISSIS), inerenti all'attendibilita' di (OMISSIS) ed all'utilizzazione della sue dichiarazioni, ai fini della prova della sussistenza dell'associazione di cui al capo Al), sono infondate. E' sufficiente, al riguardo, il richiamo delle considerazioni gia' espresse supra. 11.1 Con riferimento alla censura di cui alla doglianza formulata con il secondo motivo (sub 2.1), con cui ci si duole della falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 1, e del vizio di motivazione circa la qualifica di promotore-organizzatore del sodalizio attribuita a (OMISSIS), deve osservarsi, l'impostazione sottesa alle censure dimentica che la lettera di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 1, non a caso distingue diverse figure: il promotore, cioe' colui che si fa iniziatore del sodalizio, il dirigente, colui che indirizza l'attivita', l'organizzatore, colui che coordina gli associati ed il finanziatore che investe capitali per assicurare il raggiungimento degli scopi della consorteria (cfr. sulla figura del finanziatore: Sez. 6, n. 403 del 16/01/1991, Rv. 186226). La disposizione equipara siffatti ruoli, a fini punitivi, in quanto tutti indispensabili per trasformare il progetto criminoso nella sua realizzazione. E se il promotore coagula i consensi partecipativi dei primi associati, o contribuisce alla potenzialita' pericolosa del gruppo gia' costituito, provocando l'adesione di terzi all'associazione ed ai suoi scopi attraverso un'attivita' di diffusione del programma, senza necessariamente partecipare alla complessiva attivita' di gestione dell'associazione, ne' all'assunzione di funzioni decisionali (cfr. Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Rv. 268962), il dirigente o capo e' chi assume le decisioni, mentre l'organizzatore assume un ruolo di tipo piu' direttamente esecutivo, permettendo la realizzazione, attraverso la predisposizione delle operazioni necessarie all'attuazione concreta del programma, gestendo il contributo dei compartecipi. 11.2 Occorre, dunque, rilevare che gli argomenti spesi dal giudice del rinvio appaiono del tutto congrui. La Corte territoriale, infatti, rileva che (OMISSIS) e' colui che organizza i reati-fine, tiene i contatti con i fornitori stranieri di sostanza stupefacente, recandosi in Olanda per trattare con loro, mantenendo altresi' i rapporti con gli acquirenti, sovraintendendo ai trasporti e allo smercio sul territorio italiano e, sinanco, ospitando il latitante (OMISSIS), con il quale verra' arrestato. 11.3 Si tratta di attivita' di coordinamento tipiche sia del promotore, che dell'organizzatore del sodalizio, perche' esse sottintendono la pianificazione della attivita' associativa e la programmazione della attivita' altrui. 12. Il terzo motivo, avente ad oggetto il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per il reato di cui al capo C1 -in cui e' assorbito il capo B1-relativo al tentativo di offerta in vendita a tale âEuro˜(OMISSIS)', in concorso con âEuro˜(OMISSIS)' di kg. 30,00 di cocaina al prezzo di Euro 29.000,00 al chilogrammo, e' infondato. 12.1 Con la censura si lamenta, in primo luogo, la contraddittorieta' del ragionamento della Corte territoriale che ha qualificato la condotta come offerta in vendita, anziche' come promessa di vendita, pur dando ripetutamente atto che la trattativa tra (OMISSIS) e i fornitori colombiani sull'acquisto dello stupefacente da vendere a tale (OMISSIS) non era andata a buon fine, perche' non si era raggiunto un accordo, tanto che la droga fu venduta a terzi per un prezzo piu' alto di quello preteso da (OMISSIS). L'incertezza sull'an e sul quantum della fornitura non consentirebbe, secondo il ricorrente, di inquadrare la vicenda in una offerta in vendita da parte di (OMISSIS) a (OMISSIS), ma solo in una promessa non punibile. 12.2 La sentenza della Suprema Corte ha disposto l'annullamento sul punto per non avere la decisione del giudice di seconda cura dato risposta sui motivi di appello riguardanti i capi C1) ed F1). 12.3 Il giudice del rinvio, dopo avere chiarito che la contestazione trova la sua origine nel tentativo di importazione di cui al capo B1), rileva che non sono stati contestati dall'imputato ne' la sua presenza in Olanda per trattare con uno dei fornitori sudamericani, ne' l'utilizzo da pak di (OMISSIS) del nickname âEuro˜(OMISSIS)', e che dalle intercettazioni si trae con chiarezza che, allorquando (OMISSIS) si era recato in Olanda, la droga era gia' li' ed il prezzo era gia' stato stabilito (OMISSIS) mi ha detto ke hanno gia' loro in mano il tutto'; âEuro˜oggi mi sono visto con la mia gente, stiamo li' giovedi' perche' si stanno organizzando con il trasporto') e che l'affare non ando' a buon fine perche' il proprietario dello stupefacente aveva trovato un acquirente dispbsto a pagare di piu'. E' (OMISSIS) a contattare (OMISSIS) il 10 settembre 2013, invitandolo a chiamare (OMISSIS), per sapere se vuole della cocaina, facendogli un prezzo di Euro 31.500 al chilogrammo, che loro avrebbero potuto comprare ad Euro 29.800,00 al chilogrammo (Vuole sapere il prezzo, quanto gli facciamo', âEuro˜digli 31,5...a noi viene 29,8). Segue il contatto di (OMISSIS) con (OMISSIS), del 13 settembre, in cui il secondo informa il primo che se avesse potuto avere la cocaina ad Euro 29.000 al chilogrammo, ne avrebbe potuto comprare 30 kg.. (OMISSIS) risponde che ne avrebbe dovuto parlare con delle persone, per verificare la fattibilita'. A quel punto (OMISSIS) interpella (OMISSIS), giunto ad Amsterdam efgli chiede di intercedere perche' abbassino il prezzo (Amico solo una domanda perche' ho una persona che aspetta di sapere. Mi vuole pagare 30 qui in contanti pero' mi paga 29 a me. Tu puoi parlare con Indio per vedere se puo' scendere -'). 12.4 La sequenza delle comunicazioni dimostra, secondo il giudice del rinvio, che (OMISSIS) offri' in vendita lo stupefacente che intendeva acquistare dai fornitori colombiani, perche' anche se egli non aveva la droga presso di se', poteva procurarsela. 12.5 Le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato che "La condotta criminosa di "offerta" di sostanze stupefacenti si perfeziona nel momento in cui l'agente manifesta la disponibilita' a procurare ad altri droga, indipendentemente dall'accettazione del de'stinatario, a condizione, tuttavia, che si tratti di un'offerta collegata ad una effettiva disponibilita', sia pure non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilita' di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalita' che "garantiscano" il cessionario. (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263716; conf. Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244). 12.6 Del tutto coerente con i principi enunciati da questa Corte appare, pertanto, la decisione del giudice del rinvio che, prendendo atto della capacita' di (OMISSIS) di procurarsi la droga, che offre in vendita, cercando un compromesso sul prezzo, ritiene integrata la fattispecie dell'offerta. 12.7 Con il secondo profilo, invece, si contesta l'automatica applicazione dell'aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, che si assume motivata in alcun modo dal giudice del rinvio. 12.8 Ora, al di la' del fatto che il motivo non appare sollevato nei termini qui prospettati con il motivo di appello, vi e' che la Corte territoriale da' atto che la trattativa riguardava il quantitativo di kg. 30,00 di cocaina. Anche in questo caso la sentenza si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte che per l'ipotesi del delitto tentato assume che "In tema di traffico di sostanze stupefacenti, la circostanza aggravante della ingente quantita', prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, comma 2, e' configurabile anche nell'ipotesi del delitto tentato, quando sia possibile desumere con certezza dalle modalita' del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico, che, se il reato fosse stato portato a compimento, la condotta tipica avrebbe riguardato un quantitativo ingente di droga" (Sez. 3, n. 6021 del 19/10/2016, dep. 09/02/2017, Corsini, Rv. 268949; Sez. 4, n. 2631 del 23/11/2006, dep. 25/01/2007, Aquino, Rv. 235937). L'enunciato puo' senz'altro estendersi al caso di specie, e determina il rigetto del motivo. 13. Il quarto motivo formulato da (OMISSIS) ha contenuto sovrapponibile al terzo motivo introdotto da (OMISSIS), sicche' si rimanda alle considerazioni gia' svolte. 14. Il quinto motivo, relativo alla manifesta illogicita' della motivazione sulla qualificazione del delitto di cui al capo F1), relativo all'acquisto di kg. 4,00 di cocaina, a mezzo dell'ausilio degli intermediari (OMISSIS) e (OMISSIS), al fine di distribuirla fra Roma e Milano, come ipotesi di reato consumato, e' infondato. 14.1 La sentenza resa in sede rescindente, come si e' premesso, ha annullato la decisione di secondo grado, per avere del tutto omesso la risposta alle doglianze relative al capo F1). 14.2 Il giudice del rinvio, affrontando la questione della responsabilita' di (OMISSIS), ricostruisce dettagliatamente il fatto, esaminando le chat fra (OMISSIS) e (OMISSIS), di cui esclude la cripticita', perche' i due si riferiscono alla droga con il termine âEuro˜ragazze', cosi' come avviene in altre occasioni (capo D1)). Dal dialogo del 17 novembre 2013 ricava i termini dello scambio e da quello del 18 novembre le modalita' del ritiro e l'intento di collaborare ancora per il futuro (Crisafi: âEuro˜le ragazze per ce l'ha ancora -', (OMISSIS) âEuro˜Sisi quelle domani le andiamo a prendere...amico continuiamo cosi'...domani vado dai familiari di (OMISSIS) a prendere 4...nel frattempo che arrivano le belle...poi vengo dove vivi tu e ne parliamo insieme'). Le conversazioni, secondo la Corte territoriale, dimostrano il raggiungimento dell'accordo, rimanendo indifferente la prova della sussistenza della traditio. 14.3 Si tratta di una motivazione che si pone in linea con i principi enunciati da questa Corte in ordine al momento consumativo del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, secondo cui "Il delitto di acquisto e cessione di sostanze stupefacenti si consuma nel momento in cui e' raggiunto il consenso tra venditore ed acquirente, indipendentemente dall'effettiva consegna della merce e del pagamento del prezzo" (da ultimo: Sez. 2, n. 30374 del 16/05/2019, Bonarrigo, Rv. 276981), mentre "Si configura il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio quando l'iter criminis si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore in ordine alla quantita', alla qualita' e al prezzo della sostanza. (Sez. 5, Sentenza n. 54188 del 26/09/2016, Pizzinga, Rv. 268749; Sez. 4, n. 6781 del 23/01/2014, Bekshiu, Rv. 259283;) 14.4 A fronte del raggiungimento dell'accordo, chiaramente delineato dalla motivazione della sentenza impugnata, nessuna rilevanza puo' assumere la relativa incertezza, manifestata nella chat del 17 novembre 2013, sulla suddivisione (âEuro˜Allora come restiamo - una parte per voi e una parte piccola per noi-), posto che l'affare viene certamente concluso, come correttamente commenta la Corte territoriale, analizzando il testo della conversazione del 18 novembre 2013. 15. Il sesto motivo proposto da (OMISSIS) inerente al reato descritto al capo H1) corrisponde al contenuto del quarto motivo di (OMISSIS), per cui si richiamano le medesime conclusioni gia' formulate su punto, che conducono alla reiezione della censura. 16. Il settimo motivo, relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' inammissibile. La Corte territoriale, infatti, risponde puntualmente alla sollecitazione introdotta con l'atto di appello, in ordine alla valenza del comportamento dell'imputato consistito nel rientrare volontariamente in Italia, dopo la condanna subita in primo grado, osservando che la condotta e' stata preceduta dalla latitanza, valutabile ai fini della meritevolezza della diminuente. Ora, ancorche' sul punto esistano orientamenti difformi (secondo un'impostazione, infatti, "Lo stato di latitanza dell'imputato, quando si risolve in un negativo comportamento processuale, puo' essere valutato dal giudice che puo' tenerne conto ai fini dell'applicazione ovvero della misura dell'incidenza delle circostanze attenuanti generiche" Sez. 4, Sentenza n. 33283 del 12/12/2001 d ep. 04/10/2002, Adducci e altri, Rv. 222498; mentre secondo un'altra "La contumacia dell'imputato non puo' avere alcun rilievo ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, giacche' la mancata presentazione in giudizio corrisponde all'esercizio di una sua legittima facolta'" Sez. 3, Sentenza n. 32811 del 03/05/2011, Pastore, Rv. 250854) vi e' che il ricorrente non ha indicato alcun ulteriore elemento favorevole, pretermesso dalla Corte territoriale, da cui desumere la meritevolezza dell'attenuante, non potendosi ritenere la semplice decisione di porre fine alla sottrazione all'esecuzione di un mandato coercitivo un elemento favorevolmente valutabile, avuto riguardo al fatto che l'interessato, interrompendo la latitanza, si pone nella medesima situazione in cui si trova chi non si e' mai sottratto all'esecuzione dei provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, fatto questo astrattamente neutro rispetto alla concessione delle attenuanti generiche, quando non siano valutabili specifiche particolari situazioni individuate dal giudice di merito. 17. I reati ascritti a (OMISSIS) di cui ai capi CY) e DY) debbono dichiararsi estinti per intervenuta prescrizione, essendo i fatti risalenti al 17 novembre 2012 ed essendo maturato il termine di cui agli articoli 157 e 161 c.p.. 17.1 Sotto il profilo dell'ammissibilita' del ricorso ci si puo' limitare ad osservare che i primi due motivi, con i quali si lamenta la violazione degli articoli 627, comma 3 e 628, comma 2 c.p.p., nonche' il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' di (OMISSIS) per i reati di lesioni volontarie ai danni di (OMISSIS) e di porto abusivo di un Revolver modello 32 cal. 7,65, non sono manifestamente infondati. 17.2 La Corte di cassazione, in sede rescindente, ha annullato la sentenza di secondo grado, con riferimento ai reati ascritti a (OMISSIS) (e ad (OMISSIS)) ivi compresi i capi CY) e DY), perche' la condanna si fondava âEuro˜principalmente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia' (OMISSIS)'. 17.3 Il giudice del rinvio ha ritenuto che anche con riferimento ai delitti ascritti a (OMISSIS) il narrato di (OMISSIS) fosse attendibile, riscostruendo il fatto attraverso le sue.dichiarazioni. Il collaboratore, infatti, nel corso dell'interrogatorio del 24 ottobre 2013, ha riferito che (OMISSIS) chiese aiuto a (OMISSIS), per risolvere una controversia con (OMISSIS), relativa al possesso di un garage di pertinenza dell'appartamento di (OMISSIS) ad (OMISSIS), promettendogli l'uso dell'abitazione. (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano recati ad (OMISSIS) a bordo di un'auto e (OMISSIS) di un ciclomotore, quest'ultimo aveva portato con se' il Revolver cal. 32. (OMISSIS) si trovava sul posto, ove era giunto con il fabbro 36Perrotta (dapprima arrestato e poi scagionato nel corso delle indagini). (OMISSIS) consegno' l'arma a (OMISSIS) che la diede a (OMISSIS), il quale sparo' a (OMISSIS), attingendolo con uno o due proiettili. La Corte territoriale sostiene che il racconto di (OMISSIS) e' assistito da numerosi riscontri. Ed invero, (OMISSIS) e' stato condannato per i fatti, con sentenza di condanna divenuta irrevocabile; le dichiarazioni di (OMISSIS) coincidono con il racconto del fabbro 36Perrotta, da intendersi quale persona informata sui fatti, il quale nel corso del suo interrogatorio aveva confermato di essere giunto sul luogo in compagnia di (OMISSIS), intorno alle 13 e di avere atteso le 15,15 per cominciare il lavoro, perche' (OMISSIS) attendeva tre italiani, giunti solo a quell'ora, riferendo, altresi', che sul posto c'erano i familiari di (OMISSIS); (OMISSIS) ha riferito che (OMISSIS) e' siciliano, il che corrisponde al vero; (OMISSIS) ha riferito che durante il tragitto per recarsi ad (OMISSIS) aveva piu' volte chiamato (OMISSIS), circostanza confermata dai tabulati telefonici; la presenza di (OMISSIS) sui luoghi e' confermata dalla chiamate in partenza dal telefono che aveva in uso, indirizzate a (OMISSIS); infine i tabulati telefonici degli altri correi appaiono tutti agganciati a celle compatibili con il tragitto e con il luogo. La Corte da' atto che (OMISSIS) non ha contestato di essersi trovato con (OMISSIS) sul posto, ma ha sostenuto di non essere a conoscenza del fatto che (OMISSIS) avesse portato con se un'arma e di non avere svolto alcun ruolo nel ferimento di (OMISSIS). Il giudice del rinvio supera le obiezioni affermando l'inverosimiglianza della circostanza, ritenendo, in primo luogo, non credibile che (OMISSIS) portasse con se' una pistola all'insaputa di (OMISSIS), non potendo mettere a repentaglio la liberta' personale del temuto (OMISSIS), in secondo luogo, perche' (OMISSIS) aveva contattato proprio (OMISSIS) e gli aveva promesso l'uso del suo appartamento, in terzo luogo, perche' (OMISSIS) aveva contattato due volte (OMISSIS) nel corso del tragitto. 17.4 L'imputato lamenta la manifesta illogicita' del ragionamento della Corte territoriale che ricava la compartecipazione di (OMISSIS) da mere congetture, facendo derivare la sua consapevolezza del porto dell'arma e della volonta' di ferire (OMISSIS), dal fatto, da considerarsi âEuro˜neutro' che (OMISSIS) avesse concordato l'incontro con (OMISSIS), dimenticando che (OMISSIS) non sparo' alla vittima e che, ormai, dopo avere visto l'appartamento che gli veniva proposto da (OMISSIS) ed averlo rifiutato non aveva alcun interesse, mentre (OMISSIS) ha dichiarato di essere stato interessato all'immobile. 17.5 Posto che i riscontri al contributo dichiarativo di (OMISSIS), richiamati dal giudice del rinvio, riguardano esclusivamente il fatto che (OMISSIS) si reco' sui luoghi del ferimento di (OMISSIS), circostanza incontestata, e che il fabbro attese due ore l'arrivo di (OMISSIS), mentre l'affermazione che l'imputato fosse a conoscenza del porto di arma da fuoco da parte di (OMISSIS) e' fondata su una congettura, non dimostrativa della sussistenza del dolo in capo a (OMISSIS), deve concludersi per la non manifesta infondatezza della doglianza, con conseguente dichiarazione di estinzione dei reati di cui ai capi CY) e DY). 18. Il ricorso di (OMISSIS) va accolto. 18.1 Il primo motivo, con il quale si eccepisce la nullita' del decreto di citazione in giudizio avanti alla Corte di appello di Roma per la celebrazione del giudizio di rinvio, per essere il medesimo stato notificato all'avv.to (OMISSIS), anziche' all'avv.to (OMISSIS) nominata in data 19 settembre 2018, con atto depositato presso la cancelleria della Corte di appello di Roma, contenente la revoca del precedente difensore, e' fondato. 18.2 Dalla consultazione del fascicolo processuale, infatti, emerge che effettivamente, in data 19 settembre 2018, e' stata depositata presso la cancelleria della Corte di appello di Roma la nomina dell'avv.to (OMISSIS), con âEuro˜revoca di ogni eventuale precedente nomina'. Risulta, altresi', che l'avv.to (OMISSIS), in funzione della predetta nomina, ha partecipato, quale unico difensore, alla celebrazione dell'udienza del 26 settembre 2019, nel processo avanti alla Corte di cassazione, conclusosi con il parziale annullamento della sentenza della Corte di appello di Roma del 16 febbraio 2018, limitato per quanto riguarda l'imputato (OMISSIS) al reato di cui al capo K1) ed all'eventuale rideterminazione dell'aumento di pena per la continuazione con il capo T). 18.3 Secondo l'insegnamento delle Sezioni unite: "L'omesso avviso dell'udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall'imputato o dal condannato, integra una nullita' assoluta ai sensi degli articoli 178 c.p.p., comma 1 lettera c) e articolo 179 c.p.p., comma 1, quando di esso e' obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d'ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex articolo 97, comma 4, c.p.p. (In motivazione, la Suprema Corte ha, in particolare, evidenziato che ove, in presenza di una rituale e tempestiva nomina fiduciaria effettuata dall'interessato, il giudice proceda irritualmente alla designazione di un difensore d'ufficio, viene ad essere leso il diritto dell'imputato "ad avere un difensore di sua scelta", riconosciuto dall'articolo 6, comma 3 lettera c), della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo). (Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015, Maritan, Rv. 263598; piu' recentemente negli stessi termini: Sez. 3, n. 26266 del 18/01/2018, Zeoli, Rv. 273199; Sez. 1, n. 50443 del 04/10/2018, Frere', Rv. 274667). 18.4 Deve, dunque, annullarsi la sentenza impugnata in relazione al capo K1) ed alla eventuale rideterminazione dell'aumento di pena per la continuazione con il capo T), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. 19. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) perche' i reati a lui ascritti di cui ai capi CY e DY sono estinti per prescrizione; la medesima sentenza va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo K1 ed all'eventuale rideterminazione dell'aumento di pena per la continuazione con il capo T), nonche' nei confronti di (OMISSIS) limitatamente all'applicazione della recidiva, per nuovo giudizio sul punto. Il ricorso di (OMISSIS) va rigettato nel resto. Il ricorso di (OMISSIS) deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) perche' i reati a lui ascritti ai capi CY e DY sono estinti per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di cui al capo K1 e rinvia, anche in relazione all'eventuale rideterminazione dell'aumento di pena per la continuazione con il capo T, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla recidiva e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) nel resto. Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO SEZIONE PENALE composta dai signori: Dr.ssa Giovanna de SCISCIOLO - Presidente Dr.ssa Susanna DE FELICE - Consigliere Dr. Andrea LISI - Consigliere estensore all'udienza del 08/03/2021 con l'intervento del Procuratore Generale dr. (...); con l'assistenza dell'Assistente Giudiziario dott.ssa (...); ha pronunciato la seguente SENTENZA IN CAMERA DI CONSIGLIO nel processo penale a carico di: (...), nato il (...) T., attualmente agli arresti domiciliari PQC in Via D., 218 - T. - PRESENTE - appellante avverso la sentenza n. 360/ 2020 emessa il 16/07/2020 dal Tribunale di Taranto - Giudice per l'Udienza Preliminare - che, sulle imputazioni contestate: A) "reati di cui agli artt. 56, 575 c.p., 99 co. 4 c.p. perché, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di (...), esplodendogli contro, a distanza ravvicinata, a livello del torace, più colpi (almeno quattro) di pistola cal. 9, cagionando al predetto una "ferita sul torace, con pnx massivo a sx, emotorace a dx, con lacerazione parenchima polmonare, pneumomedistino", con prognosi riservata, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla propria volontà, prognosi riservata, sciolta con quella, di trenta giorni, salvo complicazioni. (In Taranto, il 28.06.2019. Recidiva reiterata specifica)"; B) "artt. 10, 12 e 14 L. n. 497 del 1974, 61 n.2 e 99 co. 4 c.p., perché deteneva illegalmente e portava illegalmente in luogo pubblico, al fine di commettere il reato sub A), una pistola cal.9. (In Taranto, il 28.06.2019. Recidiva reiterata specifica)"; C) "art. 697 c.p., perché deteneva illegalmente proiettili per pistola cal. 9, marca GFL 380 AUTO (n.6 non esplosi e n. 4 esplosi) nel reato sub A). (In Taranto, il 28.06.2019. Recidiva reiterata specifica)"; D) "artt. 4 co. 2 L. n. 110 del 1975, 612 cpv., 61 n. 2 c.p., perché, senza giustificato motivo, segnatamente al fine di minacciare (...), portava fuori dell'abitazione e relative pertinenza un coltello, con il quale per strada minacciava (...). (In Taranto, il 28.06.2019. Recidiva reiterata specifica)", così statuiva: dichiara (...) colpevole dei reati a lui ascritti in rubrica e, esclusa la contestata recidiva, ritenuta la continuazione tra i reati e con la diminuente per la scelta del rito, lo condanna alla pena di anni sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento durante la custodia cautelare. Dichiara l'imputato interdetto in perpetuo dai pp.uu. e in stato di interdizione legale durante l'esecuzione della pena. Dispone la confisca e distruzione di quanto tuttora in giudiziale sequestro, ad eccezione dei 6 proiettili calibro 9 corto sequestrati il 28.06.2019, da destinarsi alla competente direzione di Artiglieria, delegando per l'esecuzione la PG procedente, con facoltà di subdelega. IN FATTO E IN DIRITTO 1. Sintesi della sentenza impugnata Con sentenza resa il 16 luglio 2020 all'esito di giudizio abbreviato, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha dichiarato (...) responsabile delle imputazioni riportate in epigrafe e, esclusa la recidiva, ritenuta la continuazione, lo ha condannato alla pena di sei anni di reclusione, oltre statuizione accessorie. Il giudicante ha fondato la pronunzia sull'informativa di reato, sul verbale di sopralluogo e sulle sommarie informazioni assunte, dalle quali emergeva che, nella tarda mattinata del 28 giugno 2019, i Carabinieri di Taranto si erano recati in via Duomo, ove era stato segnalato un conflitto a fuoco in conseguenza del quale (...) era stato condotto in pronto soccorso in stato di incoscienza, perché attinto da almeno quattro colpi di pistola calibro 9 per i quali aveva riportato una "ferita sul torace, con pnx massivo sx, emitorace a dx, con lacerazione parenchima polmonare, pneumo mediastino -prognosi riservata". In pronto soccorso era finito anche il (...) con diagnosi di "frattura chiusa della mandibola, frattura pluriframmentaria del corpo mandibola di sinistra da colpo d'arma da fuoco con prognosi di giorni 40". Nel corso del sopralluogo, i militari avevano rinvenuto, a circa tre metri dall'ingresso della salumeria gestita dal (...), numerose tracce ematiche e quattro bossoli di pistola GFL 380 Auto oltre a due frammenti di ogiva in piombo. Altre tracce ematiche erano state riportate repertate nella salumeria, mentre la vetrina e il muro di un laboratorio d'arte erano stati danneggiati dai colpi esplosi. Nella salumeria era stato poi rinvenuto un borsello contenente n. 6 cartucce calibro 9 corto marca (...), gli stessi proiettili usati dal (...) per ferire gravemente il (...), mentre le schegge di proiettile estratte dalla mandibola del (...) avevano permesso di risalire alla tipologia dell'arma usata dal (...), un revolver calibro 38. Nell'immediatezza, i militari avevano assunto le sommarie informazioni di (...), padre di (...), dalle quali era emerso che, mentre transitava verso le 13.50 dinanzi alla salumeria di (...), l'esercente l'aveva fermato e, strattonandolo e offendendolo, l'aveva accusato di non aver restituito 40 Euro che erano parte di un conto di complessivi Euro 197 per precedenti forniture di generi alimentari. Quindi il salumiere aveva afferrato un coltello dall'esercizio commerciale e lo aveva minacciato ancora, ma era intervenuto (...), presidente dell'associazione culturale (...), che aveva calmato l'aggressore. I procedenti avevano poi raccolto il contributo dichiarativo di (...), sorella della vittima, dal quale era emerso che verso le 14 quel giorno, mentre era affacciata al balcone di casa in via D., la stessa via della salumeria, aveva assistito all'aggressione subita dal padre da parte del (...) e quindi aveva allertato il fratello (...) che, affacciatosi a sua volta dal balcone, era stato offeso da (...), figlio dell'imputato, che lo aveva provocatoriamente invitato a scendere in strada per risolvere la questione. (...) si era quindi allontanato da casa per pochi minuti ed era ricomparso a bordo della propria Fiat bravo. Nel frattempo, la sorella, discesa anche lei in strada, aveva visto (...) esplodere alcuni colpi di pistola nei confronti del fratello (...), che si era poi accasciato al suolo, circostanze alcune delle quali confermate da (...) e (...), titolari di attività commerciali adiacenti alla salumeria. E difatti, il primo aveva riferito che verso le 14.15, mentre si trovava nel palazzo (...), aveva udito delle urla provenienti da via Duomo e si era affacciato in strada, vedendo l'imputato brandire un grosso coltello contro un uomo, cioè contro (...). Era pertanto intervenuto per calmare l'aggressore che, subito dopo, era rientrato in salumeria, mentre un ragazzo a torso nudo, affacciandosi al balcone del primo piano ((...)) urlava contro di lui. A quel punto, il (...) era rientrato in un bar sito nelle vicinanze e, poco dopo, una ragazza aveva affermato che all'esterno stavano sparando, tanto che, uscito di nuovo in strada, aveva visto un'automobile grigio-azzurra sfrecciare. Anche il (...), aveva ricordato di aver udito il litigio a voce alta tra il (...) e un'altra persona, e dopo circa 20 minuti aveva notato in (...) litigare con il figlio di (...), che l'aveva invitato a scendere in strada. Effettivamente (...) era giunto sul posto a bordo di un'automobile e si era diretto rapidamente verso la salumeria del (...), e proprio da quella direzione aveva udito alcuni colpi di pistola, tanto che il sibilla, con una mano sulla pancia, lamentava di essere stato colpito e, dopo aver provato a esplodere invano alcuni colpi di pistola, si era accasciato a terra. E ancora, (...), nuora del (...), aveva notato verso le 14 il suocero discutere animatamente in strada con una persona, e dopo circa 10 minuti aveva udito dei colpi d'arma da fuoco per poi osservare lo stesso suocero che si allontanava di corsa ferito e insanguinato. Sovvenivano infine le dichiarazioni rese dall'imputato al Tribunale del riesame di Taranto. Questi aveva ammesso di aver avuto un'animata discussione con il (...) a causa del mancato pagamento di 40 Euro di un conto in salumeria e di averlo inseguito in strada con un coltello minacciandolo di tagliargli le gambe se si fosse presentato ancora. Aveva inoltre confermato di essere rientrato nella salumeria dopo l'intervento di tale (...) e di aver udito poco dopo il figlio (...) litigare con (...) che, sceso in strada e salito a bordo della sua automobile, aveva fatto con la mano il gesto dello sparo. Avendo appreso dal figlio che il (...) stava andando a recuperare la sua pistola, il (...) si era immediatamente munito della propria, custodita nel magazzino per difesa personale e, mentre stava continuando a lavorare, aveva udito le urla della moglie "la pistola, la pistola". Di conseguenza, temendo che il giovane (...) stesse per usarla contro il figlio, era uscito dalla salumeria armato ed era stato attinto da un colpo al braccio, che aveva sollevato per proteggere il viso, e poi da un colpo al mento sicché, per paura di essere colpito ulteriormente, aveva sparato anche lui cercando poi ricovero nell'abitazione del cognato. 2. Sintesi dei motivi di appello Ha interposto tempestivamente appello l'imputato, per il tramite del suo difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi: 2.1. illegittimo diniego della scriminante della legittima difesa; 2.2. qualificazione dei fatti ai sensi degli artt. 582 e 583 c.p.; 2.3. incongruità del trattamento sanzionatorio anche per l'illegittimo diniego delle circostanze attenuanti generiche. 3. Le valutazioni della Corte 3.1. Con il primo motivo si deduce la legittima difesa e si lamenta l'erroneità della sentenza, rilevandosi che, diversamente da quanto aveva sostenuto il giudice di prime cure, l'imputato non si era posto volontariamente in una situazione di pericolo. In particolare, si argomenta che (...) aveva affermato di essere intervenuto durante la lite tra (...) e il (...) e di avere intimato a quest'ultimo di fermarsi, tanto l'uomo si era calmato ed era tornato in salumeria. In quel momento, dal balcone sito al primo piano di quella stessa via il figlio del (...), (...), aveva inveito contro l'imputato benché questi fosse ormai rientrato nel suo esercizio commerciale, impegnato a prepararlo e sistemarlo perché obbligato nei confronti della società (...), alla quale doveva essere concesso in uso dalle ore 14.00 del 28 e 29 giugno per la ripresa di alcune scene di una serie televisiva. Al momento dell'arrivo di (...), quindi, l'imputato si trovava nella sua salumeria, tanto che (...) aveva affermato che il fratello era sceso in strada ed era andato a prendere l'autovettura per poi tornare sul posto pochi minuti dopo. Ciò era stato confermato da (...), secondo cui, giunto sul posto in automobile, il ridetto (...) aveva arrestato bruscamente la marcia e si era diretto frettolosamente verso la salumeria del (...), mentre quest'ultimo era all'interno. A dire del difensore appellante, quindi, giammai l'imputato avrebbe potuto prevedere che il (...) si fosse allontanato per tornare armato di pistola, sicché erano credibile che, come aveva dichiarato, mentre era affaccendato nella salumeria, aveva sentito urlare la moglie "la pistola, la pistola" e, per paura che il (...) potesse entrare nel locale e sparare al figlio, era uscito in strada tenendo la pistola verso il basso. Improvvisamente (...) aveva iniziato a sparare, tanto da indurlo ad alzare istintivamente il braccio e ad essere attinto da un colpo nella parte laterale del braccio stesso adiacente al polso e poi sul mento, rendendone necessaria la reazione, consistita nell'esplosione di alcuni colpi di pistola senza rendersene conto. Il (...) aveva cioè sparato reagendo per difendere l'incolumità propria e dei familiari dal pericolo attuale di un'offesa ingiusta. A questo proposito, nell'atto di appello si richiamano diffusamente i principi enunciati in materia dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini della sussistenza della legittima difesa - il cui accertamento deve essere effettuato con giudizio ex ante, calato all'interno delle specifiche circostanze concrete che hanno condotto all'evento - non è necessario che l'offesa da cui scaturisce la necessità della difesa abbia già cominciato a realizzarsi, essendone sufficiente il pericolo attuale, nel senso di pericolo in corso o comunque imminente, che ben può essere integrato anche da una semplice minaccia. Così come si sottolinea che, nel caso di aggressioni reciproche, può essere riconosciuta a uno dei contendenti l'esimente della legittima difesa quando, sussistendo gli altri presupposti di legge, questi abbia reagito a un'azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, cioè a un'offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma e in tal senso ingiusta. Ciò premesso ogni doglianza è infondata in punto di fatto e di diritto. Ed invero, gli elementi costitutivi della legittima difesa sono: a) una aggressione ingiusta, che deve concretarsi in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto; b) una reazione legittima, che è tale ove sussista la necessità di difendersi, l'inevitabilità del pericolo e la proporzione fra difesa e offesa. Nel caso di specie, vale la pena di ribadire, il (...) innescò la sfida contro (...), perché lo minacciò con un coltello in strada, prospettandogli che gli avrebbe tagliato le gambe se si fosse nuovamente presentato in salumeria, tanto che fu riportato alla ragione solo per l'intervento di un terzo, cioè di (...). Ne seguì una lite verbale fra i figli dei due, cioè (...), che dal balcone aveva iniziato ad inveire e poi era sceso in strada, e (...). Ma è altrettanto certo che, subito dopo, (...) si allontanò per recarsi a prelevare la pistola: - lo ha dichiarato (...), secondo cui il fratello (...) si era allontanato per alcuni minuti da casa ed era ricomparso lungo la strada a bordo della sua (...); - ma soprattutto lo ha affermato (...), terzo rispetto ai fatti, secondo cui il predetto (...) era tornato sul posto a bordo della sua automobile e si era diretto rapidamente verso la salumeria del (...), pur avendo il (...) dichiarato di non avere assistito al conflitto a fuoco. E allora, si comprende agevolmente che, dopo aver minacciato (...) ed avere constatato il coinvolgimento di (...), che aveva imprecato contro di lui, vedendolo frettolosamente allontanarsi, (...) avesse compreso perfettamente, diversamente da quanto assume il suo difensore, che il giovane si stava allontanando per munirsi di un'arma. E ciò si evince in termini di certezza non solo dall'atteggiamento dello stesso (...) - che non si era calmato e non aveva posto fine alla lite, allontanandosi in tutta fretta - ma soprattutto dal comportamento dell'imputato, che nel frattempo prese la sua pistola calibro 9 carica e illegalmente detenuta. Non sono invece credibili le affermazioni dell'imputato di avere appreso dal figlio che (...) stesse andando a prendere la pistola, essendo quanto mai inverosimile che un uomo che intenda effettuare un'aggressione armata lo preannunci, consentendo alla controparte di prendere le contromisure, cioè di munirsi a sua volta di un'arma o di chiedere l'intervento delle forze di polizia, che avrebbe sorpreso il ridetto (...) nella disponibilità di un'arma detenuta illegalmente consegnandolo a una carcerazione certa senza avere raggiunto l'obbiettivo criminale. Ma non è tutto, poiché il quasi immediato ritorno del (...) e la sua brusca frenata, di cui ha fatto parola anche il (...), costituivano la conferma che l'uomo fosse tornato per arrecare un'offesa di portata ben superiore a quella semplicemente rappresentata dalla sua persona, cioè dall'avvio di un'aggressione a mani nude. In conclusione, correttamente il primo giudice ha sottolineato che l'imputato si pose volontariamente in una situazione di pericolo perché, piuttosto che chiamare le forze dell'ordine e piuttosto che chiudersi nel frattempo nel suo esercizio commerciale durante il repentino allontanamento del (...), si munì della pistola che deteneva e, coerentemente, all'arrivo dell'altro si portò all'esterno per affrontarlo, cioè per ingaggiare un conflitto a fuoco, come poi avvenne. Conflitto interamente svoltosi all'esterno della salumeria, come comprovano: - i quattro bossoli di pistola GFL 380 Auto e di due frammenti di ogiva di piombo rinvenuti all'esterno della salumeria, anzi a distanza di tre metri dall'ingresso; - il danneggiamento della vetrina e del muro adiacente di un laboratorio sito al n. 222 della stessa via; - le parole dello stesso imputato, che ha ammesso di essere uscito dalla salumeria armato e di essere stato a quel punto attinto da un primo colpo di pistola. In buona sostanza, fu volontariamente il (...) a determinare la situazione di pericolo con conseguente difetto del requisito della necessità della difesa (Cass. Sez. I, 18.1.2008 n. 1541). Né è in linea con le carte processuali l'assunto difensivo che, mentre l'imputato era in salumeria, l'aggressione da parte dell'altro era solo ipotetica, essendosi chiarito, per un verso, che l'intenzione di (...) di armarsi era evidente, tanto che il (...) fece altrettanto, piuttosto che chiudersi in salumeria e chiamare le forze dell'ordine. Per altro verso che, a fronte del repentino ritorno del (...), le cui intenzioni tutt'altro che pacifiche furono sottolineate dalla sua brusca frenata, il ridetto (...) non solo non si barricò in salumeria e/o chiamò la polizia, ma si portò all'esterno armato per ingaggiare il conflitto a fuoco. In conclusione, della legittima difesa difetta la reazione legittima, che è tale ove sussista la necessità di difendersi e l'inevitabilità del pericolo. 3.2. Con il secondo motivo si deduce l'insussistenza dell'idoneità degli atti a provocare la morte, poiché l'imputato si protesse il viso con il braccio con cui impugnava la pistola e, ferito al mento per la deviazione del colpo che dall'arto impattava su quel punto, rispose al fuoco col braccio collocato in alto, tanto più che nessun approfondimento balistico era stato effettuato per valutare la distanza fra i due sparatori e la traiettoria di tiro. Sempre a dire del difensore, difetta anche l'elemento soggettivo del reato, dal primo giudice qualificato come dolo alternativo mentre nell'argomentare aveva fatto concreto riferimento al dolo eventuale. Anche questi argomenti sono infondati siccome non in linea con le carte processuali. In proposito, deve richiamarsi il condivisibile e unanime orientamento della Corte di Cassazione secondo cui "In temo di omicidio tentato, la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell'imputato, ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva, siano i più idonei ad esprimere il fine perseguito dall'agente. Ne consegue che, ai fini dell'accertamento della sussistenza dell'"animus necandi", assume valore determinante l'idoneità dell'azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata "ex post", con riferimento alla situazione che si presentava all'imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso. (In specie in cui la prova del dolo è stata ritenuta raggiunta sulla base della natura e della localizzazione delle lesioni in una zona sede di organi vitali, della intensità e della forza di penetrazione dei colpi, della posizione reciproca dell'imputato e della parte offesa, del mezzo usato, un coltello di lama lunga cm. 20)"( Cass. sez. I, 18 aprile 2013 n. 35006). Nel caso di specie, se da un canto il (...) e il (...) si affrontarono in strada fuori dalla salumeria del secondo, cioè dove il primo era sopraggiunto in automobile armato, d altro canto il (...) esplose numerosi colpi di pistola, cioè almeno i quattro che attinsero il (...) al torace, notoriamente vitale del corpo, al punto che l'aggredito giunse in ospedale in stato di incoscienza e che la prognosi fu riservata. Da ciò l'inutilità di qualsivoglia indagine balistica, essendo pacificamente emerso tanto dalle indagini quanto dalle dichiarazioni dell'imputato che fu lui e non altri a sparare. La non equivoca potenzialità lesiva di quei colpi di pistola, la loro pluralità e l'univoca direzione verso una zona vitale smentiscono poi l'affermazione dell'appellante di avere sparato in alto e comprovano che l'aggressivo (...), che non aveva esitato a minacciare con un coltello un cliente debitore di quaranta Euro, avesse affrontato armato il (...) rappresentandosene indifferentemente la morte o il ferimento gravissimo per avergli, va ribadito, sparato al torace, senza contare che, scaricando tutto il suo potenziale criminale sull'altro, ne ebbe la meglio, riportando solo una frattura del corpo mandibolare sinistro. Che poi egli abbia alzato istintivamente il braccio per difendersi dall'iniziativa aggressiva del (...) è irrilevante, mentre vale la pena di sottolineare che i bossoli fuoriusciti dalla pistola usata dal (...) furono rinvenuti al centro della strada, a riprova ulteriore, ove fosse ancora necessario, che l'imputato si portò in strada e da li fece fuoco. Da ciò la correttezza della qualificazione giuridica dei fatti, non configuranti il delitto di lesioni aggravate. 3.3- Con il terzo motivo di gravame si deduce l'incongruità del trattamento sanzionatorio e la contraddittorietà sul punto della sentenza impugnata, per avere il primo giudice ha riconosciuto che l'imputato "aveva reagito alla provocazione di (...) prima e all'intimidazione di (...) dopo, trovandosi coinvolto suo malgrado nella consumazione di un evento delittuoso per non aver saputo adeguatamente gestire quella situazione di pericolo". La motivazione richiamata, tuttavia, non è del tutto in linea con le carte processuali, poiché trascura che autore della pesante intimidazione iniziale fu proprio il (...), che minacciò con un coltello (...) solo perché da tempo non estingueva un debito di soli quaranta Euro. Non è invece suscettibile di essere valutato favorevolmente il prosieguo della vicenda, cioè la reazione verbale di (...) dal balcone all'aggressione di cui era vittima il padre e l'avere raccolto la provocazione di (...), figlio dell'imputato, che lo invitava a scendere in strada, come del resto avvenne, per poi allontanarsi per prelevare la pistola. E difatti, si ripete, (...) comprese perfettamente che (...) si era allontanato per prelevare un'arma e, piuttosto che chiamare la polizia e rifugiarsi in salumeria, chiudendosi dentro, si munì a sua volta di una pistola e affrontò apertamente e spavaldamente l'aggressore portandosi in strada armato e prevalendo, a riprova di una spinta criminale davvero notevole. Sotto altro profilo, i riferimenti difensivi alla vetustà dei pur gravissimi precedenti penali dell'imputato, attinto da condanne per partecipazione all'associazione mafiosa e detenzione e porto illegale di armi, sono fuori luogo, poiché il primo giudice ha escluso l'aumento per la recidiva. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, di cui pure si invoca l'applicazione, secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione, da cui non v'è ragione di discostarsi, il loro riconoscimento rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a farne emergere in misura sufficiente il pensiero circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo. La Corte di Cassazione ha inoltre specificato in termini convincenti che anche il giudice di appello - pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell'appellante - non è tenuto a un'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione. Orbene, premesso il divieto di riconoscere quelle attenuanti per la sola assenza di precedenti penali, nella specie non rilevabile per quanto si è detto, il difensore appellante ha dedotto che il suo assistito, dopo essersi messo alle spalle il suo passato criminale, si era dedicato all'attività lavorativa lecita e aveva serbato un corretto contegno processuale. L'argomento è però smentito, come correttamente si stigmatizza nella sentenza impugnata, dalla disponibilità di un'arma illegalmente detenuta, che evidenzia la capacità dell'imputato di rivolgersi ai circuiti criminali che trafficano in armi ed effettuare il relativo acquisto. Ineccepibile è infine la dosimetria della pena, perché appena superiore al minimo edittale di sette anni di reclusione, quindi quantificata correttamente in otto anni di reclusione per le modalità dei fatti, posti in essere avvalendosi di un'arma detenuta illegalmente, e per la complessiva condotta dell'aggressivo (...). La pena è stata quindi aumentata in continuazione fino a nove anni di reclusione, dunque di un solo anno, per le residue e consistenti imputazioni di cui ai capi B) e C), al lordo della riduzione per il rito abbreviato. Alla pronunzia segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali del grado in favore dello Stato. P.Q.M. La Corte, visti gli artt. 605 e 592 c.p.p., conferma la sentenza resa il 16.7.2020 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto nei confronti dell'appellante (...), che condanna al pagamento delle spese processuali del grado in favore dello Stato. Indica in gg. 90 il termine per il deposito della motivazione della sentenza e sospende per il periodo corrispondente il termine di custodia cautelare. Così deciso in Taranto l'8 marzo 2021. Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2021.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZEI Antonella P. - Presidente Dott. BONITO Francesco M. S - Consigliere Dott. VANNUCCI Marco - rel. Consigliere Dott. BONI Monica - Consigliere Dott. APRILE Stefano - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), NATO IL (OMISSIS); avverso l'ordinanza n. 1327/2016 TRIB. LIBERTA' di CATANIA, del 27/06/2016; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VANNUCCI MARCO; Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Felicetta, che ha chiesto declaratoria di inammissibilita' del ricorso. Udito, per il ricorrente, l'avvocato (OMISSIS), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO che con ordinanza emessa il 27 giugno 2016 ex articolo 309 c.p.p., il Tribunale di Catania ha confermato l'ordinanza, emessa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale il 3 giugno 2016, di assoggettamento di (OMISSIS) a custodia cautelare in carcere perche' gravemente indiziato della commissione, in concorso con (OMISSIS) (con lui convivente), dei seguenti delitti: introduzione nel territorio dello Stato di armi da guerra (circa 123 tra pistole mitragliatrici, fucili d'assalto e "Kalashnikov", con relativi caricatori e munizioni) e concorrente detenzione di tali armi, commesso nel periodo compreso fra il (OMISSIS) e l'(OMISSIS) (capi di incolpazione provvisori e) ed f); introduzione nel territorio dello Stato di armi comuni da sparo (21 pistole calibro 9, 7,65, 7,62 e revolver) e concorrente detenzione di tali armi, commesso nel periodo compreso fra il 21 agosto 2014 e il 1 giugno 2015 (capi di accusa provvisori g) e h); che la prognosi di colpevolezza di (OMISSIS) quanto alla commissione di tali reati (unitamente ad altri delitti di introduzione nel territorio dello Stato di altre armi da guerra, indicati nei capi provvisori d'accusa a), b) c) e d), allo stesso (OMISSIS) contestati con precedente ordinanza dispositiva di custodia cautelare in carcere) e' dal giudice del riesame desunta da molteplici elementi indiziari, unitariamente considerati, costituti: dal contenuto confessorio delle dichiarazioni rese dall'indagato nel corso dell'udienza di riesame; dal contenuto di fatture per la vendita, a mezzo internet, dalla societa' slovacca (OMISSIS) a (OMISSIS) di partite di armi, comuni da sparo e da guerra, munite di congegno artigianale di disattivazione, illegale in Italia, dalla cui facile eliminazione deriva l'efficienza delle armi; dalla spedizione di pacchi da (OMISSIS) a (OMISSIS) effettuata da (OMISSIS) mediante la societa' (OMISSIS) di (OMISSIS); dalla riferibilita' alla persona di (OMISSIS) della destinazione dei pacchi in (OMISSIS); dal rinvenimento (il 19 giugno 2015) presso unita' immobiliare appartenente alla madre dell'indagato di una pistola mitragliatrice di fabbricazione cecoslovacca e di documenti, in lingua ceca, relativi ad armi e documenti relativi alla persona di (OMISSIS); dai contenuti (sequestrati il (OMISSIS)) di taluni pacchi, costituito da armi da guerra (pistole mitragliatrici) e da armi comuni da sparo, da (OMISSIS) spediti al medesimo indirizzo in (OMISSIS) tramite la societa' (OMISSIS) di (OMISSIS); dai riscontri balistici eseguiti sulle armi sequestrate; dal viaggio effettuato il (OMISSIS) a (OMISSIS) da (OMISSIS) e dalla donna con lui convivente; dai rispettivi contenuti delle memorie di tre telefoni cellulari detenuti, rispettivamente, da (OMISSIS) e da (OMISSIS); dal contenuto, specificamente indicato, di, captate, conversazioni (in cui gli interlocutori erano, (OMISSIS) e (OMISSIS)); da numerose consegne di colli, negli anni 2014 e 2015, all'indirizzo di (OMISSIS), di (OMISSIS) ovvero di (OMISSIS) (madre di (OMISSIS)), spedite dalla medesima societa' austriaca di spedizioni utilizzata dalla societa' slovacca (OMISSIS); dalle spese eseguite, mediante utilizzazione di carte di credito, sostenute da (OMISSIS) e (OMISSIS) per gli acquisti fatti dalla societa' slovacca; che per la cassazione di tale ordinanza (OMISSIS) ha proposto ricorso (atto sottoscritto dal difensore, avvocato (OMISSIS)) con il quale si deduce che la motivazione dell'ordinanza impugnata e' caratterizzata da violazione di legge e da vizio di motivazione, in quanto: in essa manca la compiuta esposizioni dei motivi in base ai quali sono stati ritenuti "non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa", essendosi il giudice del riesame limitato ad un generico riconoscimento della sussistenza di gravi e qualificati indizi di colpevolezza di esso ricorrente quanto ai delitti di cui ai capi e), f), g) e h); ferma restando la dichiarazione a contenuto confessorio resa da esso ricorrente nel corso dell'udienza di riesame, le armi indicate in tali capi provvisori di accusa, non sono state mai rinvenute e l'ordinanza e' priva di qualunque riferimento "alla concreta attivita' dell'indagato consistente nel modificare le armi acquistate al fine di renderle nuovamente offensive (neutralizzando la procedura slovacca di disattivazione delle medesime) e cosi' poterle rivenderle sul mercato nero"; inoltre, si e' preteso formulare prognosi di colpevolezza sulla base del contenuto di sole fatture e sul fatto che la societa' slovacca venditrice fosse la medesima che avrebbe fornito le armi necessarie alla realizzazione degli attentati terroristici di (OMISSIS); che tali motivi sono manifestamente infondati, in quanto caratterizzati dal alquanto astrattezza, dal momento che: a) il ricorrente non indica, neppure in forma sintetica, a quali motivi di riesame l'ordinanza impugnata non avrebbe dato risposta, con conseguente in apprezzabilita' della deduzione sul punto; b) inoltre, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il giudice del riesame cautelare non fonda la prognosi di colpevolezza sul rilievo che la societa' di diritto slovacco, da cui egli effettuava gli acquisti, aveva fornito le armi necessarie alla realizzazione degli attentati terroristici avvenuti in (OMISSIS) nel mese di (OMISSIS), bensi' sul fatto che armi erano state rinvenute nei colli da tale societa' spediti a (OMISSIS), nonche' sul contenuto degli altri indizi specificamente indicati nell'ordinanza impugnata, oltre che sulla confessione del ricorrente; c) che, infine, per la sussistenza dei reati contestati non e' necessario che il ricorrente abbia effettuato le modificazioni (descritte nell'ordinanza) alle armi ad esso recapitate e da lui spedite in (OMISSIS) ed in (OMISSIS), essendo invece sufficiente che egli fosse consapevole del fatto che i dispositivi artigianali di neutralizzazione della capacita' offensive delle armi a lui spedite potevano essere agevolmente rimossi dai destinatari finali delle stesse onde far loro riacquisire capacita' offensiva; che la manifesta infondatezza del ricorso determina la sua declaratoria di inammissibilita' (articolo 606 c.p.p., comma 3,) e da tale statuizione deriva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in euro millecinquecento, da versare alla Cassa delle ammende (articolo 616 c.p.p.). P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CARCANO Domenico - Presidente Dott. NOVIK Adet Toni - Consigliere Dott. SARACENO Rosa Anna - Consigliere Dott. MANCUSO Luigi Fabrizi - Consigliere Dott. TALERICO Palma - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), N. IL (OMISSIS); avverso la sentenza n. 16/2015 CORTE ASSISE APPELLO di BARI, del 25/02/2016; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/07/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PALMA TALERICO; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. TAMPIERI LUCA, che ha concluso per il rigetto del ricorso; Udito il difensore avv. Talentino Maurizio. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 25 febbraio 2016, la Corte di Assise di appello di Bari confermava la pronuncia del Giudice dell'udienza preliminare del medesimo Tribunale datata 10.12.2013, con la quale (OMISSIS) era stato ritenuto responsabile, in concorso con (OMISSIS), dei reati di tentata rapina aggravata (perche' al fine di trarre profitto compiva atti idonei diretti in modo non equivoco, mediante violenza e minaccia consistita nel fare irruzione nei locali di pertinenza dell'azienda agricola di (OMISSIS) con il volto travisato e armato - a impossessarsi del denaro, pari a circa duemila Euro, presente sul tavolo da gioco ove erano impegnati (OMISSIS), (OMISSIS) Stefano, (OMISSIS) e (OMISSIS), non riuscendo nell'intento per la pronta reazione posta in essere da costoro che avevano affrontato gli aggressori in un corpo a corpo costringendoli alla fuga; capo A della rubrica), di omicidio volontario ai danni di (OMISSIS) (perche' in occasione del reato precitato, mentre il coimputato (OMISSIS) aveva esploso diversi colpi di arma da fuoco calibro 7,65, che avevano attinto (OMISSIS) liberandosi della presa del (OMISSIS), insieme all'altro complice, rimasto ignoto, si era scontrato con i fratelli (OMISSIS) e, al fine di assicurarsi l'impunita', anche su istigazione dello (OMISSIS) e dell'altro soggetto ignoto, aveva esploso un colpo di pistola all'indirizzo di (OMISSIS) attingendolo e determinando, dapprima, lo stato di coma di questi e, poi, il decesso; capo B della rubrica), di porto illegale delle armi da fuoco e, in particolare, di una pistola di tipo semiautomatico calibro 7,65 e di un revolver calibro 38 non individuato; capo C della rubrica), di lesioni aggravate ai danni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) (capo D della rubrica) e, conseguentemente, era stato condannato, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 61 c.p., n. 2 in relazione ai delitti di cui ai capi B) e D) della rubrica, alla pena di anni diciassette di reclusione e alle pene accessorie di legge. 2. La vicenda e' stata ricostruita dai giudici di merito, attraverso la lettura degli atti di polizia giudiziaria, delle dichiarazioni rese dalle persone offese o informate sui fatti e degli atti relativi alle attivita' delegate dal Pubblico Ministero, nel seguente modo. Verso le ore 21,45 del 6 gennaio 2008, tre malviventi travisati in volto e armati di pistole, dopo avere forzato la porta di accesso con un violento calcio, avevano fatto irruzione nel locale sito in Gioia del (OMISSIS), utilizzato quale studio dell'azienda agricola gestita da (OMISSIS); oltre a questi erano presenti in detto locale i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e (OMISSIS), intenti a giocare a carte; i malviventi avevano cercato di impossessarsi del denaro presente sul tavolo da gioco e (OMISSIS), accortosi che la pistola impugnata da uno dei rapinatori era un'arma giocattolo, istintivamente aveva reagito, scagliandosi contro l'anzidetto soggetto; subito dopo, anche (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano ingaggiato dei corpo a corpo (ciascuno con uno degli altri due rapinatori), mentre il (OMISSIS) aveva approfittato della confusione creatasi per fuggire e raggiungere un vicino bar, da qui chiedendo telefonicamente l'intervento delle Forze dell'Ordine; le colluttazioni cosi' insorte erano proseguite anche sulla pubblica via e, in seguito delle stesse, le persone offese erano riuscite a neutralizzare l'azione aggressiva dei rapinatori, sia sfilando il copricapo da questi ultimi indossato, sia colpendo alcuni di essi e costringendoli alla fuga; piu' specificatamente, si era, innanzitutto, verificata una violenta colluttazione tra il (OMISSIS) e uno dei malviventi, il quale aveva colpito il predetto (OMISSIS) con il calcio dell'arma che impugnava e gli aveva in tal modo cagionato delle lesioni descritte nel capo di imputazione; il (OMISSIS), pur essendo riuscito a smascherare il rapinatore con cui aveva colluttato, aveva fatto presente di non poterlo riconoscere in quanto il sangue che sgorgava dalla fronte gli cadeva sugli occhi, cosi' impedendogli di notare distintamente i lineamenti del suo volto; il (OMISSIS), aveva, pertanto; fornito delle sommarie indicazioni quanto all'altezza del suddetto rapinatore e alla sua capigliatura; anche (OMISSIS) Stefano aveva ingaggiato un combattimento a mani nude con uno dei malviventi, che era riuscito a smascherare; successivamente il predetto aveva fotograficamente riconosciuto nell'imputato (OMISSIS), ancorche' con un margine di dubbio, il soggetto al quale era riuscito a togliere il copricapo; (OMISSIS) aveva colluttato con il terzo rapinatore; in suo aiuto era intervenuto il fratello Stefano e i due erano riusciti a immobilizzare e a smascherare detto malvivente, il quale, pero', era caduto "a faccia in giu'"; piu' specificatamente, i due fratelli, dopo avere percosso il soggetto da loro immobilizzato, avevano allentato la presa, mentre gli altri due rapinatori, gia' allontanatisi, avevano incitato il loro complice a fare uso dell'arma in suo possesso, dicendo "spara... spara a quei figli di puttana"; subito dopo, i due fratelli erano stati raggiunti da colpi di arma da sparo. Davano atto i giudici di merito che - come si ricavava dalla documentazione sanitaria acquisita - (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano riportato lesioni da arma da fuoco e, in particolare, l'ultimo era stato attinto alla testa da un proiettile verosimilmente calibro 38 (o 9) che ne aveva provocato lo stato di coma e il successivo decesso avvenuto il (OMISSIS); che le Forze dell'Ordine, nel corso dell'accurato sopralluogo effettuato, avevano rinvenuto all'esterno del locale, cioe' sulla pubblica via, un proiettile deformato, quattro bossoli calibro 7,65, due maniche di maglione di colore rosso, utilizzate per realizzare due passamontagna, e varie tracce ematiche; all'interno del locale, sul pavimento, avevano rinvenuto un berretto di colore nero, marca Thinsulate, foderato all'interno con tessuto di colore giallo e privo dell'indicazione della taglia, e un altro berretto di colore nero, senza marca e taglia, oltre a varie tracce di sangue. 3. Quanto alla penale responsabilita' del (OMISSIS), essa e' stata ritenuta da entrambi i giudici di merito sulla base della chiamata in correita' operata da (OMISSIS), dapprima, attraverso un "memoriale" manoscritto e, successivamente, attraverso le dichiarazioni rese nel corso del giudizio abbreviato, riscontrata dalle risultanze dell'accertamento tecnico eseguito su un mozzicone di sigaretta abbandonato da (OMISSIS), dal quale era stato estratto il DNA dell'imputato e comparato con il profilo genetico maschile isolato sul cappellino Thinsulate di colore nero rinvenuto sul luogo della rapina, accertamento questo che aveva dimostrato l'esistenza di una compatibilita' estremamente elevata tra gli stessi. 4. Avverso detta sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione per il tramite del suo difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS). 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato "violazione dell'articolo 491 c.p.p. e articolo 181 c.p.p., comma 2, in relazione all'articolo 606 c.p.p., lettera c)". Ha, in proposito, premesso che in sede di udienza preliminare prima che fosse formulata richiesta di giudizio abbreviato era stata sollevata dalla difesa la questione relativa alla nullita' e conseguente inutilizzabilita' degli atti di indagine che afferivano all'attivita' tecnico scientifica di prelevamento, campionatura, analisi e successiva comparazione del DNA riguardante il (OMISSIS) e che detta eccezione era stata dichiarata inammissibile dal Giudice sul rilievo che la stessa doveva essere sollevata nella fase prevista dall'articolo 491 c.p.p.; ha, quindi, rilevato che la Corte di Assise di appello, pur riconoscendo la violazione di legge, l'ha ritenuta assorbita e superata dal fatto che il Giudice dell'udienza preliminare aveva, comunque, preso in esame le questioni in sentenza; e ha censurato detta decisione atteso che la Corte territoriale, riconosciuta la violazione dell'articolo 181 c.p.p., comma 2, avrebbe dovuto dichiarare la nullita' dell'ordinanza di declaratoria di inammissibilita' con conseguente nullita' di tutti gli atti successivi compresa la sentenza di condanna emessa in abbreviato; che la decisione in ordine alle nullita' dedotte secondo la tempistica delineata dall'articolo 181 c.p.p. aveva inciso sulla scelta processuale dell'imputato e, quindi, aveva comportato una compromissione del suo diritto di difesa. 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato "violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, in relazione all'articolo 606 c.p.p., lettera c)". Premesso che l'affermazione di responsabilita' dell'imputato risulta fondata sulla chiamata in correita' del coimputato (OMISSIS) rispetto alla quale fungerebbe da riscontro individualizzante l'esito dell'esame del DNA, il ricorrente ha sostenuto che la "prova regina e' tamquam non esset per due ordini di ragioni: per un verso, perche' e' stata illegittimamente acquisita e, per altro, verso, perche' non supera il duplice filtro del vaglio dell'attendibilita' intrinseca e del vaglio dell'attendibilita' estrinseca". In particolare, ha sostenuto che l'ordinanza emessa all'udienza del 15.10.2013 con la quale il GUP ha disposto, d'ufficio, la riunione del procedimento relativo a (OMISSIS) con quello relativo al (OMISSIS) e agli altri imputati che gia' erano stati ammessi al giudizio abbreviato, nonche', su richiesta del P.M. l'acquisizione del "memoriale" del predetto (OMISSIS) e, d'ufficio, l'interrogatorio di quest'ultimo e' illegittima per: a) "violazione dell'articolo 17 c.p.p." in quanto illegittimamente il GUP ha ordinato la riunione dei due procedimenti che si trovavano in "uno stato diverso" (il (OMISSIS) era stato gia' ammesso al giudizio abbreviato ed era in corso la discussione; il procedimento a carico del (OMISSIS) era nella fase dell'udienza preliminare in cui era stata soltanto avanzata richiesta del rito speciale); b) "violazione dell'articolo 237 c.p.p. e articolo 441 c.p.p., comma 5" perche' il "memoriale" dello (OMISSIS) non e' propriamente un documento ai sensi dell'articolo 237 c.p.p. e non poteva trovare ingresso in un procedimento in cui si procede nelle forme del rito abbreviato ne' essere probatoriamente valorizzato attraverso l'espediente processuale dell'interrogatorio dell'autore del documento stesso come disposto dal GUP; c) "violazione dell'articolo 441 c.p.p., commi 5 e 6, articolo 422 c.p.p., commi 2 e 4, articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera b e comma 3 bis" in quanto il GUP, in forza dei poteri di cui all'articolo 441 c.p.p., comma 5 puo' ordinare d'ufficio l'interrogatorio delle persone di cui all'articolo 210 c.p.p., ma non puo' d'ufficio ordinare all'imputato di essere sottoposto a interrogatorio a meno che questi, ai sensi dell'articolo 442 c.p.p., comma 4, non avanzi richiesta in tal senso; il GUP, inoltre, ha disposto l'interrogatorio dell'imputato in relazione a un documento che non poteva farsi valere nei confronti del (OMISSIS). 4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha denunciato "violazione dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, in relazione all'articolo 606 c.p.p., lettera c); manifesta illogicita' risultante dalla sentenza impugnata in relazione all'articolo 606 c.p.p., lettera e)". Ha, in proposito, sostenuto che le dichiarazioni di (OMISSIS) non superano, innanzitutto, il vaglio dell'attendibilita' intrinseca, evidenziando che: le dichiarazioni del predetto sono intervenute dopo diversi anni dal fatto e, in ogni caso, non nell'immediatezza del suo arresto; il propalante, dopo essere stato arrestato in Albania e prima di scrivere il "memoriale", aveva avuto la possibilita' di leggere "le carte"; non convincente appare la giustificazione addotta dal (OMISSIS) di tale ritardo nel rendere le dichiarazioni accusatorie (il timore di essere considerato uno "spione" dai suoi compagni di detenzione) perche' si era rivolto proprio a un detenuto per farsi scrivere in lingua italiana il "memoriale"; (OMISSIS) definisce il (OMISSIS) il "suo tormento" ma non esiste nessun elemento che documenti rapporti o relazioni di qualsivoglia natura tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS); il racconto del (OMISSIS) non supera neppure il filtro del vaglio della prova logica atteso che e' impossibile credere che il (OMISSIS) si sia determinato a portare a compimento un'azione delittuosa avvalendosi in maniera occasionale ed estemporanea di un cittadino albanese conosciuto superficialmente, utilizzando la propria autovettura in una zona illuminata nei pressi della sua abitazione; non e' neppure credibile che il (OMISSIS) arrivi gia' preparato con tre pistole in una busta, evidentemente prevedendo che (OMISSIS) avrebbe aderito alla sua proposta di partecipare alla rapina rivoltagli dal terzo soggetto di nome Angelo, ma senza i passamontagna tant'e' che il suo amico sarebbe stato costretto a togliersi il maglione e strappare le maniche per utilizzarle per il travisamento; il (OMISSIS) non ha mai riconosciuto nel corso dell'interrogatorio nessuno dei cappellini ritrovati sul luogo del delitto e mostratigli in visione; e' impossibile credere che il (OMISSIS) avesse accumulato un debito di 17 mila Euro nei confronti di (OMISSIS) Antonio e che questa sia stata la causale che avrebbe determinato (OMISSIS) a costringere il (OMISSIS) a partecipare con lui a una rapina a mano armata; non e' credibile che il (OMISSIS) abbia intimato al (OMISSIS) di scappare e di rifugiarsi in Albania senza fornirgli i soldi per andarsene; la verita' e' che il (OMISSIS) decise di partire non per le adombrate minacce del (OMISSIS) ma perche' era stato sottoposto al prelevamento di un campione salivare per il test del DNA che lo avrebbe inchiodato alle sue responsabilita'. Ha, altresi', osservato il ricorrente che l'inattendibilita' della versione resa dl (OMISSIS) si ricava dal confronto tra il suo racconto e le altre risultanze probatorie che lo sconfessano: a) (OMISSIS) ripete che la zona era isolata e buia ma e' smentito dal verbale di ispezione dei luoghi in cui si attesta che la zona, caratterizzata dalla presenza di abitazioni e esercizi commerciali, e' dotata di indipendente impianto di illuminazione funzionate abbastanza sufficiente per una buona visibilita'; inoltre, (OMISSIS) era riuscita a fornire l'indicazione del colore e del tipo dell'autovettura vista transitare nonche' la descrizione delle caratteristiche somatiche e dell'eta' di due individui, il che presuppone che la zona fosse illuminata; b) (OMISSIS) riferisce di non conoscere la zona ma e' smentito sul punto dal teste (OMISSIS); c) (OMISSIS) vorrebbe far credere di non essere in grado di percepire la differenza tra un'arma giocattolo e un'arma autentica ma e' smentito dagli inquirenti che danno atto nell'informativa di essere a conoscenza che il predetto girovagava, in sella a una bicicletta, armato di una pistola semiautomatica; d) (OMISSIS) asserisce che i passamontagna furono realizzati strappando in maniera estemporanea le maniche del maglione dell'altro correo ma le riproduzioni fotografiche mostrano che essi erano rifiniti anche nei fori per gli occhi e avevano i bordi delineati benche' ad andatura non regolare; e) (OMISSIS) afferma che il (OMISSIS) avrebbe indossato dei guanti dei quali ma e' smentito dalle risultanze della perizia dattiloscopica da cui risulta che sulla superficie dell'accendino - revolver vi erano contatti papillari ancorche' non utilizzabili a fini comparativi; f) (OMISSIS) riferisce di un debito con (OMISSIS) Antonio di 17 mila Euro ma e' smentito da costui che lo indica in Euro 2.000 e dalla fidanzata (OMISSIS); inoltre costoro, in contrasto con le dichiarazioni del (OMISSIS) (e cioe' che la sera dei fatti dopo la rapina era andato nella sala giochi di (OMISSIS) dove aveva incontrato (OMISSIS) che gli avrebbe intimato di andare a casa) avevano affermato che il (OMISSIS) si era intrattenuto a giocare e non aveva incontrato l'imputato; g) (OMISSIS) e' sconfessato da (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari del bar adiacente al locale dove venne perpetrata la rapina, ritenuti del tutto immotivatamente inattendibili; h) (OMISSIS) afferma che il (OMISSIS) e' il suo "tormento" ma non spiega e non chiarisce in che cosa si sarebbero concretizzate le quotidiane persecuzioni del (OMISSIS) nei suoi confronti; i) (OMISSIS) e' smentito dalle stesse vittime quanto alla ricostruzione della sequenza dei momenti della colluttazione con i rapinati, della esplosione dei colpi di arma da fuoco e della fuga. Sempre secondo il ricorrente, la chiamata in correita' di (OMISSIS) non risulta riscontrata dagli esiti del test del DNA in quanto il giudice non puo' superare sic et simpliciter la violazione delle norme che regolano a pena di nullita' e inutilizzabilita' le modalita' di acquisizione delle fonti di prova. Ha, in proposito, osservato che dall'analisi delle dichiarazioni delle persone offese si ricavano importanti punti fermi: a) nessuno ha dichiarato che i rapinatori indossavano cappellini, ne' cappellini neri di lana; tutti e tre i rapinatori avevano il volto travisato da passamontagna; b) soltanto a due dei rapinatori furono sfilati i passamontagna (al rapinatore che ebbe il corpo a corpo con (OMISSIS) e a quello che ebbe il corpo a corpo con (OMISSIS), in soccorso del quale intervenne il fratello (OMISSIS); il terzo soggetto, cioe' il rapinatore munito della pistola accendino, si dette alla fuga e a questi non venne sfilato il passamontagna ovvero un cappellino di lana di colore nero); che, quindi, difetta la prova che il cappellino nero con scritta Thinsulate, ritrovato a terra, appartenesse ai rapinatori; che detto cappellino non poteva essere usato come passamontagna o trasformato come tale nemmeno rivoltato; che l'azione di smascheramento avvenne all'esterno del locale dove vennero ritrovati i passamontagna; che, invece, i due cappellini neri di lana furono ritrovati all'interno del locale; che il (OMISSIS), richiesto di osservare il cappellino, non lo ha riconosciuto ne' ricollegato all'evento criminoso; che, inoltre, il (OMISSIS) era persona conosciuta da (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS). Ancora, il ricorrente ha sostenuto che gli esiti della prova scientifica non possono essere utilizzati nei confronti del (OMISSIS) per: a) "violazione dell'articolo 191 c.p.p. in relazione all'articolo 359 bis c.p.p. e articolo 349 c.p.p., comma 2 bis": l'attivita' di prelievo del mozzicone di sigaretta, campionamento e conservazione delle tracce biologiche isolate dal reperto si esaurisce nel verbale di acquisizione del predetto mozzicone a opera di persona non esperta senza nessuna autorizzazione neppure orale o postuma del P.M.; peraltro, non ricorrevano ragioni di urgenza che avrebbero potuto precludere la possibilita' di intervento del P.M., il quale gia' dirigeva le indagini; b) "violazione dell'articolo 191 in relazione all'articolo 359 c.p.p.": l'attivita' di analisi e comparazione di un profilo genetico e' attivita' tecnico scientifica che puo' essere richiesta esclusivamente dall'organo giurisdizionale; non e' prevista nel nostro ordinamento un'attivita' di consulenza disposta, assunta e acquisita dalla polizia giudiziaria; il richiamo in sentenza all'articolo 348 c.p.p. e' inconferente in quanto detta norma si riferisce a quell'attivita' che si esaurisce nei semplici rilievi tecnici ma non certamente a quell'attivita' di carattere valutativo che implica l'analisi, lo studio e la relativa elaborazione critica su basi tecnico - scientifiche; c) "violazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., lettera e)": la Corte territoriale, pur non valorizzando quel dato quale prova autonoma lo ha valutato alla stregua di un riscontro individualizzante; l'aver ritenuto che quel dato non rivesta forza dimostrativa autonoma e sufficiente non implica ipso facto il superamento delle questioni che attengono alla erronea valutazione da parte del giudice del dato medesimo sul piano probatorio; anche l'incidente probatorio e' affetto da vizi attenenti alle metodiche eseguite, alla valutazione espressa e alla stessa ragionevolezza dell'ipotesi formulata con riguardo alla attribuibilita' della traccia biologica rilevata; sul cappellino analizzato sono state rinvenute due formazioni pilifere e sono state isolate tre tracce di materiale biologico (10 a, 10 b e 10 c); unicamente, dalla traccia 10 a e' stato ricavato un profilo genetico utile per le comparazioni; e pero', sarebbe stato necessario preliminarmente accertare se gli anzidetti profili fossero tra loro sovrapponibili anche parzialmente con quello ricavato dalla traccia 10 a, in quanto, se cosi' non fosse, ci si troverebbe di fronte a un mix che renderebbe inaffidabile e non univoco e, quindi, probatoriamente irrilevante il risultato della prova scientifica; inoltre le particelle di materiale biologico denominate 10 a, 10 b e 10 c sono state rinvenute nella parte interna del cappellino, ma secondo la stessa ricostruzione della Corte, qualora il cappellino fosse stato utilizzato come passamontagna, sarebbe stato "rivoltato", sicche' risulterebbe singolare che fossero rinvenute particelle di materiale biologico sulla parte interna divenuta "esterna" e non invece su quella "esterna" divenuta "interna"; anche l'attivita' successiva in cui la polizia giudiziaria ha proceduto a estrarre, analizzare e comparare il profilo genetico di (OMISSIS) e' viziata; essa si esaurisce in un documento di una pagina e mezza nella quale si afferma che sarebbe emersa compatibilita' tra il profilo genetico di (OMISSIS) e quello a suo tempo estrapolato dalle tracce rinvenute sul cappellino, senza alcuna indicazione sul grado di compatibilita' e senza spiegare, motivare esplicitare e documentare sul piano tecnico scientifico il percorso che avrebbe portato a tale conclusione; la Corte territoriale ha ritenuto di potere superare la questione affermando che, avendo qualificato i risultati del test del DNA non come prova autonoma ma come riscontro individualizzante, a tal fine risulterebbe esaustiva la precisazione fornita dal capitano (OMISSIS), sentita ex articolo 441 c.p.p., comma 5, ma tale testimonianza non ha consentito di superare il deficit probatorio evidenziato. 4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente ha denunciato "violazione dell'articolo 441 c.p.p., comma 5 e articolo 603 c.p.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., lettera c) e d)" per avere la Corte disatteso la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale finalizzata all'espletamento di una perizia tecnica relativamente al profilo genetico di (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso va rigettato per le ragioni che seguono. 1.1. Destituito di fondamento e' il primo motivo. E in vero, come e' stato rilevato nella sentenza impugnata, l'eccezione sollevata dalla difesa relativa alla nullita' e inutilizzabilita' degli atti di indagine preliminare riguardante l'attivita' tecnico - scientifica inerente la fase di prelevamento, campionatura e conservazione del reperto biologico afferente l'imputato e quella successiva di analisi e comparazione del profilo genetico dello stesso, dichiarata inammissibile dal Giudice dell'udienza preliminare con ordinanza dell'1 ottobre 2011, venne riproposta all'udienza del 10 dicembre 2013 immediatamente prima che si procedesse all'esame del capitano (OMISSIS) del R.I.S. di (OMISSIS) e, nell'occasione, il G.U.P., ritenendo che si trattasse di questione attinente al merito, riservo' di decidere con la sentenza nella quale, poi, effettivamente, esamino' analiticamente tutti i profili di nullita' e inutilizzabilita' dedotti dalla difesa, evidenziandone l'infondatezza. In altri termini, il Giudice dell'udienza preliminare ha solamente ritardato una decisione assunta in seguito con la sentenza di condanna. A fronte di cio', la denunciata violazione del diritto di difesa e' caratterizzata da assoluta genericita' fondandosi sul rilievo del tutto ipotetico costituito dal fatto che se il Giudice dell'udienza preliminare non avesse dichiarato inammissibile l'eccezione sollevata dall'imputato, questi avrebbe diversamente orientato la propria scelta processuale "verosimilmente per il rito ordinario o l'abbreviato condizionato". 1.2. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso. Intanto, non ricorre il vizio della violazione di legge ne' sotto il profilo della inosservanza (per non avere il giudice a quo applicato una determinata norma in relazione all'operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della disposizione, ovvero per averla applicata sul presupposto dell'accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie), ne' sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato la norma di cui all'articolo 17 c.p.p. alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte. E in vero, occorre osservare che gli articoli 17 e 19 c.p.p., al di fuori della regola della pendenza di entrambi i procedimenti nel medesimo stato e grado, non prevedono ulteriori e diversi limiti, per cui una volta accertata l'esistenza delle sole condizioni previste dai citati articoli, la riunione o la separazione dei giudizi puo' essere disposta nel corso di tutto il grado nel quale il processo si trova (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 983 del 05/10/2010, RV. 249491). Nel caso di specie - come risulta dalla lettura della sentenza di primo grado - il processo a carico di (OMISSIS) e' stato riunito, sentite le parti, a quello gia' pendente relativo alla posizione degli altri imputati, tra cui il (OMISSIS), che avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato "risultando la pendenza dei processi davanti allo stesso giudice e nella stessa fase dell'udienza preliminare e delle richieste di giudizio abbreviato" e ricorrendo "l'ipotesi della connessione tra i procedimenti ai sensi dell'articolo 12 c.p.p., lettera a)". Non ricorre neppure la denunciata violazione dell'articolo 237 c.p.p. e articolo 441 c.p.p., comma 5, nei termini indicati al punto sub b) del paragrafo 4.2. della presente sentenza. Il Giudice dell'udienza preliminare, dopo avere rilevato che il documento (il "memoriale") proveniente dall'imputato (OMISSIS) concerneva i fatti oggetto dell'imputazione ed era stato formato al di fuori del processo, ha correttamente applicato il disposto dell'articolo 237 disponendone l'acquisizione; peraltro, come evidenziato nella impugnata sentenza, le dichiarazioni contenute nel "memoriale" rappresentavano una precisa fonte di prova a carico del (OMISSIS) e, in ragione di cio', erano state ritenute dal GUP assolutamente necessarie ai fini della decisione. E pero' - come rilevato sempre dalla Corte territoriale - il Giudice dell'udienza preliminare non ha utilizzato sic et simpliciter dette dichiarazioni nei confronti del (OMISSIS) ma ha proceduto a disporre, d'ufficio, l'esame di (OMISSIS), mettendo cosi' la difesa dell'odierno ricorrente nella possibilita' di contro esaminare il predetto (OMISSIS) prima di svolgere le proprie conclusioni, con la conseguenza che la prova valorizzata in sentenza e' costituita dalle dichiarazioni assunte in udienza, nel contraddittorie tra le parti. Infine, non ricorre, sotto altro profilo, alcuna violazione della norma di cui all'articolo 441 c.p.p., comma 5, atteso che la citata norma non pone limitazioni di sorta e, del resto, l'articolo 422 c.p.p. - che costituisce la normativa di riferimento - fissa quale esclusivo criterio di ammissibilita' della prova la sua manifesta decisivita' ai fini della adozione della sentenza di non luogo a procedere e il comma 4 della citata norma prevede unicamente che "in ogni caso, l'imputato puo' chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio"; ne deriva che nell'ambito del procedimento speciale il giudice puo' disporre l'assunzione di qualsiasi prova purche' funzionale a colmare le lacune del materiale cognitivo disponibile. 1.3. Non ricorre il vizio della violazione di legge ne' sotto il profilo della inosservanza (per non avere il giudice a quo applicato una determinata norma in relazione all'operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della disposizione, ovvero per averla applicata sul presupposto dell'accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie), ne' sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato la norma di cui all'articolo 192 c.p.p., in tema di valutazione della prova, con particolare riguardo alla chiamata in correita' operata da (OMISSIS), alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte. E neppure ricorre, sul punto, vizio alcuno di motivazione. E in vero, i giudici di merito, nelle due sentenze conformi e integrate, hanno sottoposto le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) a un attento vaglio critico sia con riferimento all'attendibilita' intrinseca del predetto chiamante che a quella estrinseca. In particolare, tutti i rilievi difensivi con i quali e' stata diffusamente censurata la valenza delle dichiarazioni provenienti dal coimputato del ricorrente, (OMISSIS), sono stati oggetto di esame nei due gradi di giudizio e sono stati ritenuti motivatamente infondati. Piu' specificatamente, la Corte territoriale, richiamando anche le argomentazioni molto dettagliate contenute nella sentenza di primo grado, ha spiegato le ragioni del proprio convincimento in ordine alla ritenuta credibilita' delle dichiarazioni accusatorie, soffermandosi su tutti i profili di criticita' evidenziati dalla difesa del (OMISSIS). Entrambi i giudici del merito hanno, infatti, dato risposta alle censure con le quali il ricorrente aveva sostenuto l'inattendibilita' intrinseca del chiamante in correita' per la tardivita' della confessione resa da costui, per le singolari circostanze in cui la stessa era stata resa, per le caratteristiche soggettive del dichiarante - che, avendo avuto a disposizione a lungo gli atti delle indagini, avrebbe potuto operare un'accusa artatamente creata nei confronti del (OMISSIS) - per le ragioni per le quali il predetto avrebbe accusato il ricorrente al fine di attenuare la propria posizione processuale. Hanno, altresi', dato risposta agli evidenziati aspetti di criticita' sviluppati dalla difesa per dimostrare l'inattendibilita' delle dichiarazioni del coimputato perche' in contrasto con i dati emergenti dalle deposizioni delle persone offese o con altri elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini. Le argomentazioni sviluppate in merito sono contenute alle pagg. 66 e segg. della sentenza Corte di Assise di appello di Bari e alle pagg. 47 e segg. della sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari; a esse si fa esplicito rimando, al fine di evitare inutili ripetizioni. Cio' posto, osserva il Collegio che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in conformita' al disposto dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il difetto di motivazione valutabile in cassazione puo' consistere solo in una mancanza o in uno dei difetti enunciati dall'articolo 606 c.p.p., lettera e) e percio' non puo' costituire vizio che comporti controllo di legittimita' la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente in tesi piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di legittimita' quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la Corte accertare se quest'ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l'iter argomentativo seguito, delle ragioni che l'hanno indotto a emettere il provvedimento. Ebbene, le motivazioni in ordine alla ritenuta attendibilita' intrinseca ed estrinseca del chiamante in correita', non possono dirsi manifestamente illogiche, ne' contraddittorie, ne' parziali, ne', infine, in contrasto con i dati acquisiti; e anzi, il Collegio osserva che i giudici della Corte di Assise di appello di Bari, nella motivazione del provvedimento impugnato, si sono puntualmente attenuti a un coerente, ordinato e conseguente modo di disporre i fatti, le idee e le nozioni necessari a giustificare la loro decisione, che, percio', resiste alle doglianze difensive che, in buona sostanza, si risolvono in censure di fatto non consentite nel presente scrutinio di legittimita'. Quanto ai rilievi in ordine alla inutilizzabilita' degli esiti delle attivita' tecniche effettuate sul reperto costituito dal mozzicone di sigaretta dell'imputato per violazione di norme di legge, la Corte territoriale, confermando il giudizio gia' svolto dal primo giudice, ha correttamente applicato le norme che si sostiene essere state violate. In particolare, non ricorre nel caso di specie violazione alcuna delle norme di cui agli articoli 359 bis e 359 c.p.p. e articolo 349 c.p.p., comma 2 bis, per le ragioni indicate dai giudici di merito, i quali hanno osservato che la polizia giudiziaria aveva proceduto a repertare un oggetto (il mozzicone di sigaretta) che poteva consentite di estrarre un profilo genetico senza intromissione nella sfera personale del soggetto cui era riferibile. E, in vero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata nelle pronunce di merito, "in tema di perizia o di accertamenti tecnici irripetibili, il prelievo del DNA della persona indagata, attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili, non e' qualificabile quale atto invasivo o costrittivo, e, essendo prodromico all'effettuazione di accertamenti tecnici, non richiede l'osservanza delle garanzie difensive, che devono, invece, essere garantite nelle successive operazioni di comparazione del consulente tecnico" (Sez. 2, n. 2087 del 10/01/2012, RV. 251775). E' stato, altresi', correttamente osservato che non puo' invocarsi neppure la violazione del diritto del difensore di partecipare alle operazioni successive di comparazione del DNA in quanto nell'ambito delle indagini condotte nel presente procedimento, come risultava dalla nota redatta dai responsabili del RIS che eseguirono la comparazione e come era stato confermato dal Capitano (OMISSIS) nel corso della deposizione, gli accertamenti eseguiti erano ripetibili e, dunque, non imponevano alcuna garanzia difensiva. Ancora, e' stato correttamente osservato che la tesi difensiva secondo cui l'accertamento tecnico nel corso delle indagini puo' essere disposto esclusivamente dall'Ufficio del Pubblico Ministero non trova alcun referente normativo che la sostenga e che, anzi, e' principio generale che tutte le attivita' di indagine, non espressamente riservate al Pubblico Ministero, possano essere condotte ed eseguite dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa, cosi' come e' dato desumere dal combinato disposto degli articoli 327 e 348. Inoltre, rileva il Collegio che la Corte territoriale, con argomentare assolutamente logico, ha ritenuto infondate tutte le doglianze difensive in merito alle concrete modalita' di prelievo e di campionamento del citato mozzicone, evidenziando che l'appuntato dei Carabinieri che aveva proceduto a dette operazioni, aveva correttamente operato come era stato affermato dal capitano (OMISSIS), la quale aveva precisato nel corso della sua audizione che non era stata accertata alcuna contaminazione del reperto; ancora, la Corte di Assise di appello di Bari ha escluso - con motivazione congrua - che l'accertamento tecnico eseguito sul mozzicone di sigaretta fosse stato condotto in maniera approssimativa e superficiale, spiegando che nella relazione tecnica del 14.5.2009 erano state specificate, in forma riassuntiva, le metodiche seguite, che - come rilevato dal gia' citato capitano (OMISSIS) - corrispondevano a quelle normalmente in uso in materia; anche con riguardo al grado di affidabilita' del giudizio di compatibilita' tra il DNA dell'imputato e il profilo genetico maschile isolato sul cappellino marca Thinsulate formulato dal RIS, la motivazione della impugnata sentenza e' esente da vizi logici avendo la Corte territoriale specificato che si ricavava dalla precisazione del capitano (OMISSIS) che lo stesso era "estremamente elevato", essendosi accertato che l'ipotesi dell'appartenenza del (OMISSIS) del profilo isolato sull'indicato cappellino era quattrocentosessantasei miliardi di miliardi superiore rispetto all'ipotesi inversa. Richiamata la giurisprudenza relativa ai vizi deducibili nel presente scrutinio di legittimita', in precedenza riportata, osserva il Collegio che tutte le censure contenute nel ricorso sono, in buona sostanza, meramente ripropositive di doglianze gia' esaminate e alle quali e' stata data adeguata risposta e si risolvono, in buona sostanza, in una indebita richiesta di "rilettura" dei dati. La Corte territoriale ha ampiamente motivato - richiamando anche le diffuse argomentazioni svolte dal primo giudice - in ordine al fatto che i cappellini rinvenuti appartenessero ai rapinatori evidenziando che: - i due cappellini erano stati ritrovati all'interno del locale in cui le persone offese erano intente a giocare a carte, sul pavimento e nelle immediate adiacenze della porta di ingresso; - proprio in prossimita' della porta di ingresso era situato il tavolo da gioco e in quello stesso punto erano insorte le colluttazioni tra i malviventi e le persone offese, proseguite, poi, anche all'esterno del locale; - nessuna delle parti offese aveva indicato detti cappellini come di propria pertinenza; - non era, infatti, credibile che i due cappellini fossero stati in precedenza abbandonati da altri soggetti che avevano avuto la possibilita' di frequentare il locale, essendo difficile ipotizzare che nell'arco di tempo trascorso prima della verificazione del tentativo di rapina nessuno si fosse accorto della loro presenza e avesse provveduto a rimuoverli; - poiche', secondo le dichiarazioni del (OMISSIS), i tre malviventi, nel momento in cui si erano ritrovati dopo la cessazione delle colluttazioni, non avevano con se' il copricapo che prima indossavano, era logico ritenere che i predetti lo avessero perduto durante lo scontro con le persone offese; - significativa doveva ritenersi la descrizione operata dal (OMISSIS) del copricapo utilizzato dal (OMISSIS), che era di colore scuro e non rosso come il colore delle maniche del maglione adoperate dal (OMISSIS) e dall'altro complice a mo' di passamontagna, ritrovate all'esterno del locale; - i cappellini rinvenuti sul luogo del delitto erano di colore nero, corrispondente a quello percepito da (OMISSIS) con riguardo al copricapo utilizzato dal (OMISSIS). Cosi' come ha ampiamente e congruamente motivato in ordine alla sede in cui sono state rilevate le tracce, compresa quella che ha permesso di estrarre il profilo genetico, corrispondente alla parte interna del copricapo nella parte superiore (quella superiore che si apprezzava nelle fotografie), nonche' in ordine all'osservazione difensiva - secondo cui sarebbe stato necessario, previamente, verificare se vi fosse o meno sovrapponibilita' tra i due profili parziali delle tracce 10 b e 10 c e quello risultato utile ai fini comparativi evidenziando che tale affermazione non trovava riscontro ne' nell'elaborato peritale ne' nelle dichiarazioni rese dal perito colonnello (OMISSIS), atteso che sul cappellino erano state rinvenute due formazioni pilifere ma da esse non era stato possibile estrarre materiale genetico e che delle tracce rilevate all'interno del cappello, che esaltate avevano fornito indicazioni sulla presenza di tracce biologiche, una sola era stata utile per estrarre il relativo profilo genetico. 1.4. Destituito di fondamento e' anche il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente sostanzialmente si duole della mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello mediante l'espletamento di una perizia tecnica nei termini indicati al precedente punto 4.4. della presente decisione. Orbene, considerato che nel giudizio di appello la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, postulando una deroga alla presunzione di completezza della indagine istruttoria svolta in primo grado, ha caratteristica di istituto eccezionale, nel senso che a essa puo' farsi ricorso quando appaia assolutamente indispensabile, cioe' nel solo caso in cui il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti, ritiene il Collegio che, da un lato, il giudice di merito ha dimostrato in positivo, con spiegazione immune da vizi logici e giuridici, la sufficiente consistenza e l'assorbente concludenza delle prove gia' acquisite e, dall'altro, il ricorrente non ha dimostrato l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicita', ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate qualora si fosse provveduto all'assunzione di determinate prove in sede di appello, idonee a svalutare il peso del materiale probatorio raccolto e valutato. Merita peraltro, di essere ribadito il principio ripetutamente affermato da questa Corte secondo cui la perizia sfugge alla disciplina dettata dall'articolo 495 c.p.p., comma 2, e articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d) sulla c.d. prova contraria negata e percio' il rifiuto opposto dal giudice di merito di procedere al suo espletamento, se adeguatamente motivato, e' insindacabile in cassazione, perche' la perizia e' un mezzo di prova per sua natura neutro, non classificabile a carico ne' a discarico dell'accusato oltre che sottratto al potere dispositivo delle parti. Nel caso di specie, i giudici di appello hanno, con motivazione logica, ritenuto del tutto superflua l'espletamento di un'indagine peritale richiesta dalla difesa richiamando tutte le articolate ragioni per le quali hanno ritenuto corretto e attendibile l'accertamento tecnico eseguito nel corso delle indagini. 2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CORTESE Arturo - Presidente Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe - Consigliere Dott. SARACENO Rosa Anna - rel. Consigliere Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio - Consigliere Dott. TALERICO Palma - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), N. IL (OMISSIS); avverso l'ordinanza n. 603/2015 GIP TRIBUNALE di ROMA, del 23/11/2015; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA ANNA SARACENO; Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Dott. SPINACI Sante, Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza emessa in data 23 novembre 2015 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, deliberando in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto la domanda proposta da (OMISSIS), diretta ad ottenere l'applicazione della disciplina del reato continuato tra i fatti giudicati con la sentenza emessa, ai sensi dell'articolo 444 c.p.p., dal G.i.p. del Tribunale di Trani in data 24/03/2014, irrevocabile il 10/02/2015, e quelli giudicati con sentenza del G.u.p. del Tribunale di Roma pronunciata in data 9/05/2014, irrevocabile il 3/04/2015. 1.1 Con la prima sentenza al (OMISSIS) era stata applicata la pena concordata di anni quattro mesi sei di reclusione, oltre alla multa, per i reati, ritenuti in continuazione di: a) rapina pluriaggravata, b) porto, detenzione e ricettazione di una pistola a tamburo con relativo munizionamento e di una pistola Beretta cal. 7,65 con matricola abrasa, c) ricettazione, false dichiarazioni sulla propria identita' e contraffazione di carte di identita' di provenienza furtiva, fatti commessi ed accertati in (OMISSIS). Con la seconda sentenza (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni quattro mesi otto di reclusione, oltre alla multa, per i reati, in continuazione, di: a) illegale detenzione di armi e munizionamento da guerra; b) detenzione di un revolver Smith & Wesson 357 Magnum con matricola abrasa; c) illegale detenzione di un revolver Smith & Wesson corto marca Iver Johnson; d) resistenza a pubblico ufficiale, fatti commessi e accertati in (OMISSIS). 1.2 A sostegno della decisione contraria al riconoscimento della continuazione il G.i.p. ha addotto che dalla lettura dei titoli giudiziari non emergevano elementi concreti, idonei a ricondurre ad un'unica matrice ideativa la rapina a mano armata commessa a (OMISSIS) con successiva fuga per sottrarsi all'arresto a seguito dell'estemporaneo controllo operato delle forze dell'ordine e la detenzione dell'arsenale rinvenuto nell'appartamento romano ove il (OMISSIS), unitamente al complice (OMISSIS), dimorava per sottrarsi alle ricerche e ai numerosi provvedimenti di cattura; era pacifico, inoltre, che la pistola Beretta utilizzata per la rapina fosse diversa dalle armi rinvenute nel covo del latitante. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS) tramite il suo difensore, avvocato Giuseppe Cioce, il quale, con unico motivo, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), denuncia sia la violazione dell'articolo 81 c.p., comma 2, sia l'illogicita' della motivazione. Nel caso in disamina appariva evidente la deliberazione di un programma criminoso di massima "caratterizzato dalla commissione della rapina e dallo spostamento verso la citta' di Roma, finalizzato a far perdere le proprie tracce anche con l'ausilio di armi utili a garantire la latitanza"; il reato di detenzione di armi era iniziato nella citta' di (OMISSIS) e cessato con l'intervento delle forze dell'ordine nell'appartamento di Roma ove il (OMISSIS) si era rifugiato con il proprio arsenale. Illogicamente il provvedimento aveva stigmatizzato la mancata allegazione di elementi concreti e specifici a supporto del reclamato riconoscimento del disegno unitario; essi, di converso, emergevano dalla stessa lettura della sentenza del Gup capitolino laddove si affermava che (OMISSIS) e il complice " non potevano non coprire la loro latitanza con armi e cio' in considerazione di quanto accaduto il 18 marzo". Era evidente, pertanto, che le plurime condotte fossero gia' state programmate nelle linee generali ed essenziali e che (OMISSIS) avesse gia' concepito di darsi alla latitanza prima della perpetrazione della rapina, come dimostrato dal rinvenimento nell'appartamento romano di una pistola dello stesso calibro e tipo di quella nell'occasione utilizzata. Palese era, inoltre, l'errore in cui era incorso il Giudice nel valorizzare in negativo la mancata prospettazione del medesimo disegno criminoso nella prima sede processuale utile, ossia in sede di cognizione, trascurando di considerare che, all'epoca di celebrazione del giudizio abbreviato, la sentenza di patteggiamento non era ancora divenuta definitiva. 2.1 Con memoria pervenuta in data 29 agosto 2016, di replica alla requisitoria del Procuratore Generale, il ricorrente reitera le doglianze articolate in ricorso, dolendosi della duplice condanna riportata per la detenzione delle stesse armi utilizzate nella rapina e successivamente rinvenute e poste in sequestro nel corso della perquisizione eseguita presso l'abitazione romana. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso e' infondato per le ragioni di seguito indicate. 1. Al di la' dell'erroneo rilievo della mancata prospettazione della questione della continuita' in sede di cognizione, preclusa dalla contestuale pendenza dei due procedimenti e in disparte la confusione, solo terminologica ma non sostanziale per come emerge dal contenuto della decisione, tra l'insussistente onere probatorio della parte e il sussistente onere di allegazione di elementi specifici e concreti a sostegno dell'istanza di riconoscimento della continuazione, il giudice dell'esecuzione, con motivazione succinta ma adeguata e coerente, immune da vizi logici e giuridici, e percio' insindacabile in questa sede, ha spiegato che i fatti oggetto di condanna, pur nella parziale omogeneita' delle condotte e sebbene realizzati a distanza ravvicinata, erano stati commessi in autonomi contesti, rilevando la prima vicenda estemporaneita' e messa in pericolo di beni diversi, con lesione altresi' degli interessi della pubblica amministrazione: dopo la commissione della rapina a mano armata, (OMISSIS) e il complice venivano controllati da militari della Guardia di Finanza, fornendo false generalita', mostrando documenti contraffatti ed opponendo resistenza; mentre la seconda vicenda aveva riguardato la detenzione di un consistente compendio di armi da guerra e comuni, rinvenuto all'interno dell'appartamento, in Roma, dove il ricorrente si era rifugiato, insieme al correo, per sottrarsi alle ricerche. 1.2 Il provvedimento impugnato non e' incorso in alcuna illogicita' manifesta ne' ha errato nell'interpretazione delle norme giuridiche rilevanti nel caso di specie, laddove ha ritenuto che i plurimi episodi criminosi, ancorche' temporalmente vicini, fossero espressione di una scelta di vita deviante e non di un disegno criminoso unitario, concepito fin dalla prima violazione e comprendente gia' all'origine tutti gli altri illeciti o anche una sola parte di essi, all'uopo evidenziando come, dalla lettura della sentenza del 9.5.2014, dovesse ritenersi che il ricorrente, dopo i fatti di (OMISSIS) si fosse procurato nuove e diverse armi per garantire la sua latitanza, con deliberazione successiva, diversa e scollegata dalla prima, indicativa di proclivita' a delinquere non gia' di unitaria programmazione criminosa. 1.3 Si e' in presenza, pertanto, di un iter argomentativo chiaro, plausibile in fatto e corretto in diritto, mentre l'assunto difensivo, posto a fondamento della domanda e semplicemente reiterato in questa sede, secondo il quale, prima del 18.3.2013, (OMISSIS) aveva organizzato sia la rapina che la fuga, assicurandosi la disponibilita' di armi, munizioni, documenti falsi e di un appartamento da utilizzare quale covo, oltre ad essere privo del benche' minimo apprezzabile ancoraggio fattuale, come ben evidenziato nel provvedimento in verifica alla luce della lettura delle motivazioni della ridetta sentenza del 9.5.2014, risulta connotato da intrinseca illogicita' li' dove afferma che l'intera vicenda e' connotata da un'evidente "progressione criminosa" che ha il suo incipit nel controllo subito in (OMISSIS) e nella " sparatoria nei confronti di alcuni finanzieri", prosegue nella rapina perpetrata al fine di procurarsi l'auto per darsi alla fuga e si conclude nella successiva conseguente latitanza, garantita dall'acquisizione di armi anche ulteriori e diverse. La critica del ricorrente, quindi, senza evidenziare manifesta illogicita' della motivazione come sopra riassunta, si risolve nella proposta di una diversa interpretazione dei fatti criminosi in esame, non consentita in sede di legittimita' e che non giova alla tesi sostenuta, risultando la prospettazione offerta ex se in contrasto con la postulata esistenza del disegno unitario. 1.4 Ne' puo' essere ritenuto travisamento degli elementi su cui si fonda la decisione impugnata, l'opinabile diversa interpretazione del contenuto della prima sentenza di condanna, giacche' il travisamento che rileva e' solo quello che consiste nell'attribuire ad un atto rilevante del procedimento un contenuto incontrovertibilmente e palesemente differente da quello oggettivamente rilevabile; mentre il ricorso non rappresenta evidenti difformita' e si limita a dedurre questioni di mera interpretazione che, integrando valutazioni di merito, non possono avere ingresso nel giudizio di legittimita'. 1.5 Quanto, infine, alla lamentata duplicita' di condanna per le stesse armi detenute e portate nei fatti di (OMISSIS), di poi sequestrate a Roma siccome facenti parte dell'arsenale ivi rinvenuto, il ricorrente mostra di ignorare deliberatamente la chiara risposta fornita sul punto dal giudice dell'esecuzione, il quale, e non solo alla stregua delle imputazioni giudicate con sentenza del 9.5.2014 contenenti esatta descrizione delle armi illecitamente detenute, si e' uniformato agli accertamenti e alle valutazioni operate in sede di cognizione, annotando come il Gup capitolino abbia espressamente escluso che la Beretta utilizzata nei fatti del marzo 2013 fosse tra le armi sequestrate nel successivo mese di aprile. 2. In conclusione il ricorso va respinto e l'impugnante condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q,M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Cosi' deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente Dott. IANNELLI Enzo - Consigliere Dott. BELTRANI Sergi - rel. Consigliere Dott. CARRELLI PALOMBI Roberto - Consigliere Dott. DI MARZIO Fabrizio - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI MILANO nei confronti di: (OMISSIS) N. il (OMISSIS); inoltre: (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS) (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n.. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); (OMISSIS) n. il (OMISSIS); avverso la sentenza n. 6152/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del 28/06/2014; visti gli atti, la sentenza e il ricorso; udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/04/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per: il rigetto del ricorso del P.G. contro l'imputato (OMISSIS); il rigetto dei ricorsi degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); dichiararsi inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); uditi i difensori delle parti civili: avv. dello Stato (OMISSIS) per i Ministeri della Difesa, dell'Interno per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il Comm. Straord. Antiracket; avv. (OMISSIS) per la Provincia di Monza e della Brienza, e per il Comune di Seregno; avv. (OMISSIS) per la Regione Lombardia; avv. (OMISSIS) per il Comune di Pavia; avv. (OMISSIS) per Fallimento (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione; avv. (OMISSIS) per Fallimento (OMISSIS) s.r.l., per Fallimento (OMISSIS) s.r.l., e Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione; avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) s.p.a.; avv. (OMISSIS) per il Comune di Dezio, i quali hanno concluso tutti chiedendo la conferma della sentenza impugnata, e depositando conclusioni scritte e note spese alle quali si sono riportati, in particolare con rigetto dei ricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS) (Comune di Pavia) e del ricorso (OMISSIS) ( (OMISSIS)); uditi i difensori degli imputati: avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) (che ha depositato memorie); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) (che ha depositato memoria); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), oltre che (come sost. proc. dell'avv. (OMISSIS)) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. Papero C. e Piscopo F. per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) (sost. proc. dell'avv. (OMISSIS)) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS); avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS); i quali hanno tutti chiesto l'accoglimento dei rispettivi motivi di ricorso, ai quali si sono riportati, i difensori dell'imputato (OMISSIS) chiedendo altresi' il rinvio della questione relativa al concorso esterno all'associazione mafiosa alla Corte costituzionale, e di quella relativa alle associazioni mafiose "delocalizzate" alle Sezioni Unite, nonche' il rigetto del ricorso del P.G.; rilevata la regolarita' degli avvisi di rito. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I soggetti indicati in epigrafe (il P.M. territoriale e 41 imputati) ricorrono contro la sentenza con la quale, in data 28 giugno 2014, la Corte di appello di Milano ha parzialmente confermato la sentenza emessa dal Tribunale della stessa citta' in data 6 dicembre 2012. Le numerosissime imputazioni e le singole statuizioni, in ampia parte oggetto di censura, saranno riepilogate in sede di disamina dei motivi di ricorso di ciascuno. Questi ultimi, fondati su argomentazioni nel complesso ampiamente sviluppate (in totale, in ben oltre mille pagine di deduzioni), potranno inevitabilmente essere enunciati soltanto nei limiti strettamente necessari alla comprensione delle ragioni poste a fondamento delle singole doglianze (come, peraltro, disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, in riferimento alla successiva motivazione). 2. All'udienza pubblica 21 aprile 2015, e' stata verificata la regolarita' degli avvisi di rito; all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il Presidente del collegio, ai sensi dell'articolo 615 c.p.p., comma 1, per la molteplicita' dei ricorsi e l'importanza delle numerose questioni da decidere, ha ritenuto indispensabile differire la deliberazione. 2.1. Successivamente questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura nella pubblica udienza del 30 aprile 2015. LA DECISIONE. 3. La sentenza impugnata va annullata: - nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla statuizione di confisca, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Milano (il ricorso e', nel resto, infondato); - nei confronti di (OMISSIS) senza rinvio, limitatamente al reato di cui al capo 3) per non aver commesso il fatto: va conseguentemente eliminata la relativa pena inflitta in continuazione di mesi tre di reclusione, e la pena complessiva va rideterminata in anni nove e mesi sei di reclusione (il ricorso e', nel resto, inammissibile); - nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano; - nei confronti di (OMISSIS) senza rinvio, limitatamente al reato di cui al capo A6) perche' il fatto non costituisce reato: va conseguentemente eliminata la relativa pena inflitta in continuazione di mesi due di reclusione ed euro cento di multa, e la pena complessiva va rideterminata in anni sei e mesi quattro di reclusione ed euro millecinquecento di multa (il ricorso e', nel resto, inammissibile). I ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sono infondati e vanno rigettati. I ricorsi del Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano, nonche' di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sono inammissibili. I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA' SULLA MOTIVAZIONE. 4. E' necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge n. 46 del 2006, che, a parere di questo collegio, la predetta novella non ha comportato la possibilita', per il giudice della legittimita', di effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimita' limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si e' avvalso per giustificare il suo convincimento. 4.1. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali puo', soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessita' che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisivita' nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purche' siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessita' di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato. Permane, al contrario, la non deducibilita', nel giudizio di legittimita', del travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 , sentenza n. 25255 del 14 febbraio 2012, CED Cass. n. 253099). 4.1.1. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), intenda far valere il vizio di "travisamento della prova" deve, a pena di inammissibilita' (Cass. pen., Sez. 1 , sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n. 234115; Sez. 6 , sentenza n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass. n. 249035): (a) identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza; (b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata; (c) dare la prova della verita' dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonche' dell'effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento; (d) indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilita'" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato. 4.2. La mancanza, l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono risultare di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validita', e meritano di essere tuttora condivisi, i principi affermati da questa Corte, Sez. un., sentenza n. 24 del 24 novembre 1999, CED Cass. n. 214794; Sez. un., sentenza n. 12 del 31 maggio 2000, CED Cass. n. 216260; Sez. un., sentenza n. 47289 del 24 settembre 2003, CED Cass. n. 226074). Devono tuttora escludersi la possibilita', per il giudice di legittimita', di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonche' i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi" (Cass. pen., Sez. 6 , sentenza n. 14624 del 20 marzo 2006, CED Cass. n. 233621; Sez. 2 , sentenza n. 18163 del 22 aprile 2008, CED Cass. n. 239789), e di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6 , sentenza n. 27429 del 4 luglio 2006, CED Cass. n. 234559; Sez. 6 , sentenza n. 25255 del 14 febbraio 2012, CED Cass. n. 253099). 4.2.1. Il giudice di legittimita' ha, pertanto, ai sensi del novellato articolo 606 c.p.p., il compito di accertare (Cass. pen., Sez. 6 , sentenza n. 35964 del 28 settembre 2006, CED Cass. n. 234622; Sez. 3 , sentenza n. 39729 del 18 giugno 2009, CED Cass. n. 244623; Sez. 5 , sentenza n. 39048 del 25 settembre 2007, CED Cass. n. 238215; Sez. 2 , sentenza n. 18163 del 22 aprile 2008, CED Cass. n. 239789): (a) il contenuto del ricorso (che deve contenere gli elementi sopra individuati); (b) la decisivita' del materiale probatorio richiamato (che deve essere tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una complessiva incongruita' della motivazione); (c) l'esistenza di una radicale incompatibilita' con l'iter motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto; (d) la sussistenza di una prova omessa od inventata, e del c.d. "travisamento del fatto", ma solo qualora la difformita' della realta' storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non e' sindacabile in sede di legittimita' se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio). 4.3. Non e' denunciabile il vizio di motivazione con riferimento a questioni di diritto. 4.3.1. Invero, come piu' volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2 , sentenze n. 3706 del 21. - 27 gennaio 2009, CED Cass. n. 242634, e n. 19696 del 20 - 25 maggio 2010, CED Cass. n. 247123), anche sotto la vigenza dell'abrogato codice di rito (Sez. 4 , sentenza n. 6243 del 7 marzo - 24 maggio 1988, CED Cass. n. 178442), il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimita' e' solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacche' ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non puo' sussistere ragione alcuna di doglianza, mentre, viceversa, ove tale soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se e quali argomenti la sorreggano. E, d'altro canto, l'interesse all'impugnazione potrebbe nascere solo dall'errata soluzione di una questione giuridica, non dall'eventuale erroneita' degli argomenti posti a fondamento giustificativo della soluzione comunque corretta di una siffatta questione (Sez. 4 , sentenza n. 4173 del 22 febbraio - 13 aprile 1994, CED Cass. n. 197993). Va, pertanto, ribadito il seguente principio di diritto: "nel giudizio di legittimita' il vizio di motivazione non e' denunciatile con riferimento alle questioni di diritto decise dal giudice di merito, allorquando la soluzione di esse sia giuridicamente corretta. D'altro canto, l'interesse all'impugnazione potrebbe nascere soltanto dall'errata soluzione delle suddette questioni, non dall'indicazione di ragioni errate a sostegno di una soluzione comunque giuridicamente corretta). 4.4. E' anche inammissibile il motivo in cui si deduca la violazione dell'articolo 192 c.p.p., anche se in relazione agli articoli 125, 530 e 533 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l'omessa od erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile, in una prospettiva atomistica ed indipendentemente da un raffronto con il complessivo quadro istruttorio, in quanto i limiti all'ammissibilita' delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), nella parte in cui consente di dolersi dell'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita' (Cass. pen., Sez. 6 , sentenza n. 45249 dell'8 novembre 2012, CED Cass. n. 254274). 4.5. La giurisprudenza di questa Corte e', condivisibilmente, orientata nel senso dell'inammissibilita', per difetto di specificita', del ricorso presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa (Sez. 6 , sentenza n. 32227 del 16 luglio 2010, CED Cass. n. 248037: nella fattispecie il ricorrente aveva lamentato la "mancanza e/o insufficienza e/o illogicita' della motivazione" in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a fondamento di un'ordinanza applicativa di misura cautelare personale; Sez. 6 , sentenza n. 800 del 6 dicembre 2011 - 12 gennaio 2012, Bidognetti ed altri, CED Cass. n. 251528). Invero, l'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), stabilisce che i provvedimenti sono ricorribili per "mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame". La disposizione, se letta in combinazione con l'articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), (a norma del quale e' onere del ricorrente "enunciare i motivi del ricorso, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta") evidenzia che non puo' ritenersi consentita l'enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente di specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorieta' od alla manifesta illogicita' ovvero a una pluralita' di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata. Il principio e' stato piu' recentemente accolto anche da questa sezione, a parere della quale "E' inammissibile, per difetto di specificita', il ricorso nel quale siano prospettati vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa, essendo onere del ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza, alla contraddittorieta' od alla manifesta illogicita' ovvero a piu' di uno tra tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione oggetto di gravame" (Sez. 2 , sentenza n. 31811 dell'8 maggio 2012, CED Cass. n. 254329). Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione risulta priva della necessaria specificita', il che rende il ricorso inammissibile. 4.6. Con riferimento alla promiscua denuncia dei tre possibili vizi di motivazione in relazione allo stesso capo o punto della sentenza, deve rilevarsi che la motivazione manca, oppure e' contraddittoria, oppure e' manifestamente illogica; pertanto, nel caso in cui il ricorrente voglia denunciare contestualmente i tre vizi di motivazione, ha l'onere processuale di indicare specificamente su quale profilo essa manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica. 4.6.1. La Corte Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta' Fondamentali - d'ora in poi, Corte EDU - ha avuto piu' volte (per tutte, Sez. 1 , 24 aprile 2008, K. ed altri c. Lussemburgo) modo di affermare che sono in contrasto con il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale, garantito dell'articolo 6, p. 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Liberta' Fondamentali del 1950 (ratificata dall'Italia con la Legge n. 848 del 4 agosto 1955) - d'ora in poi, Convenzione EDU -, le limitazioni apposte dalla Corte di cassazione al diritto di accesso al sindacato di legittimita' che risultino non proporzionate al fine di garantire la certezza del diritto e la buona amministrazione della giustizia (nel caso di specie, i ricorrenti lamentavano il formalismo eccessivo asseritamente mostrato dalla Corte di cassazione lussemburghese nel dichiarare irricevibile il loro ricorso, per non essere stati articolati con sufficiente precisione i motivi di impugnazione, ed il conseguente pregiudizio al loro diritto di accesso ad un tribunale). Come riconosciuto dalla giurisprudenza delle Sezioni unite civili di questa Corte (sentenza n. 17931 del 2013, CED Cass. n. 627268), la Corte EDU ritiene, quindi, che, nell'interpretazione ed applicazione della legge processuale, "gli Stati aderenti, e per essi i massimi consessi giudiziari, devono evitare gli "eccessi di formalismo", segnatamente in punto di ammissibilita' o ricevibilita' dei ricorsi, consentendo per quanto possibile, la concreta esplicazione di quel "diritto di accesso ad un tribunale" previsto e garantito dall'articolo 6 p. 1 della Convenzione EDU". Tale principio non vieta, tuttavia, agli Stati aderenti "la facolta' di circoscrivere, per evidenti esigenze di opportunita' selettiva, a casistiche tassative, in relazione alle ipotesi ritenute astrattamente meritevoli di essere esaminate ai massimi livelli della giurisdizione, le relative facolta' di impugnazione, con la conseguenza che non si ravvisa contrasto allorquando le disposizioni risultino di chiara evidenza senza lasciare adito a dubbi", ma "costituisce, nei diversi casi in cui le norme si prestino a diverse accezioni ed applicazioni, un canone direttivo nella relativa interpretazione, che deve in siffatti ultimi casi propendere per la tesi meno formalistica e restrittiva". 4.6.2. Cio' premesso, pur nel rispetto di tale orientamento della Corte EDU, deve ritenersi che l'inequivocabile e non controverso tenore del combinato disposto dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E), e articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera C), comporti l'esigenza di una chiara esposizione, nell'ambito del motivo di ricorso riguardante presunti vizi della motivazione del provvedimento impugnato, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata, con specifico riferimento alle questioni di fatto in ordine alle quali si assuma la "mancanza" di motivazione, oppure ai punti della motivazione che si assumano essere inficiati da "contraddittorieta'" o da "manifesta illogicita'", onde consentire al giudice di legittimita' di individuare inequivocabilmente la volonta' dell'impugnante e stabilire se la stessa, cosi' come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimita' riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all'articolo 606, comma 1, lettera E), cit.. E residua necessariamente, a pena di aspecificita', e quindi di inammissibilita', del ricorso, in caso di contestuale deduzione dei tre vizi di motivazione deducibili con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, l'onere di indicare, in ordine a ciascuno di essi, la specifica causa petendi. 4.6.3. Va, in proposito, ribadito (Sez. 2 , sentenza n. 19712 del 6 febbraio 2015, CED Cass. n. 263541) i seguente principio di diritto: "Il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimita' ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E), ha l'onere (sanzionato a pena di aspecificita', e quindi di inammissibilita', del ricorso) di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica". 4.7. Infine, secondo altro consolidato e condivisibile orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), e' inammissibile per difetto di specificita' il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al piu' con l'aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata) senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtu' delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. 4.7.1. Si e', infatti, esattamente osservato (Sez. 6 , sentenza n. 8700 del 21 gennaio - 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584) che "La funzione tipica dell'impugnazione e' quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilita' (articoli 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione e', pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioe' con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta). 4.7.2. Il motivo di ricorso in cassazione e' caratterizzato da una "duplice specificita'": "Deve essere si' anch'esso conforme all'articolo 581 c.p.p., lettera C (e quindi contenere l'indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell'impugnazione); ma quando "attacca" le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresi', contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisivita' rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, si' da condurre a decisione differente" (Sez. 6 , sentenza n. 8700 del 21 gennaio - 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584). 4.7.3. Risulta, pertanto, evidente che, "se il motivo di ricorso si limita a riprodurre il motivo d'appello, per cio' solo si destina all'inammissibilita', venendo meno in radice l'unica funzione per la quale e' previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente "attaccato", lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, e' di fatto del tutto ignorato. Ne' tale forma di redazione del motivo di ricorso (la riproduzione grafica del motivo d'appello) potrebbe essere invocata come implicita denuncia del vizio di omessa motivazione da parte del giudice d'appello in ordine a quanto devolutogli nell'atto di impugnazione. Infatti, quand'anche effettivamente il giudice d'appello abbia omesso una risposta, comunque la mera riproduzione grafica del motivo d'appello condanna il motivo di ricorso all'inammissibilita'. E cio' per almeno due ragioni. E' censura di merito. Ma soprattutto (il che vale anche per l'ipotesi delle censure in diritto contenute nei motivi d'appello) non e' mediata dalla necessaria specifica e argomentata denuncia del vizio di omessa motivazione (e tanto piu' nel caso della motivazione cosiddetta apparente che, a differenza della mancanza "grafica", pretende la dimostrazione della sua mera "apparenza" rispetto ai temi tempestivamente e specificamente dedotti); denuncia che, come detto, e' pure onerata dell'obbligo di argomentare la decisivita' del vizio, tale da imporre diversa conclusione del caso". 4.7.4. Puo', pertanto, concludersi che "la riproduzione, totale o parziale, del motivo d'appello ben puo' essere presente nel motivo di ricorso (ed in alcune circostanze costituisce incombente essenziale dell'adempimento dell'onere di autosufficienza del ricorso), ma solo quando cio' serva a "documentare" il vizio enunciato e dedotto con autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che, ancora indefettibilmente, si riferisce al provvedimento impugnato con il ricorso e con la sua integrale motivazione si confronta. A ben vedere, si tratta dei principi consolidati in materia di "motivazione per relazione" nei provvedimenti giurisdizionali e che, con la mera sostituzione dei parametri della prima sentenza con i motivi d'appello e della seconda sentenza con i motivi di ricorso per cassazione, trovano piena applicazione anche in ordine agli atti di impugnazione" (Sez. 6 , sentenza n. 8700 del 21 gennaio - 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584). 4.8. Anche il giudice d'appello non e' tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell'impugnazione, giacche' le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente incompatibilita' con la ricostruzione effettuata (per tutte, Cass. pen., Sez. 6 , sentenza n. 1307 del 26 settembre 2002 - 14 gennaio 2003, CED Cass. n. 223061). 4.8.1. In presenza di una doppia conforma affermazione di responsabilita', va, peraltro, ritenuta l'ammissibilita' della motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli gia' esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell'effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non e' tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione, tanto piu' ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicche' le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entita' (Cass. pen., Sez. 2 , sentenza n. 1309 del 22 novembre 1993 - 4 febbraio 1994, CED Cass. n. 197250; Sez. Ili, sentenza n. 13926 del 1 dicembre 2011 - 12 aprile 2012, CED Cass. n. 252615). 4.9. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione "oltre ogni ragionevole dubbio", presente nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, e' opportuno evidenziare che, al di la' dell'icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui e' permeato il nostro sistema processuale. Si e', in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva piu' che sostanziale, giacche', in precedenza, il "ragionevole dubbio" sulla colpevolezza dell'imputato ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, sicche' non si e' in presenza di un diverso e piu' rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma e' stato ribadito il principio, gia' in precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario (tanto da essere gia' stata adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte - per tutte, Sez. un., sentenza n. 30328 del 10 luglio 2002, CED Cass. n. 222139 -, e solo successivamente recepita nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p.), secondo cui la condanna e' possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilita' dell'imputato (Cass. pen., Sez. 2 , sentenza n. 19575 del 21 aprile 2006, CED Cass. n. 233785; Sez. 2 , sentenza n. 16357 del 2 aprile 2008, CED Cass. n. 239795). In argomento, si e' piu' recentemente, e conclusivamente, affermato (Sez. 2 , sentenza n. 7035 del 9 novembre 2012 - 13 febbraio 2013, CED Cass. n. 254025) che "La previsione normativa della regola di giudizio dell'"al di la' di ogni ragionevole dubbio", che trova fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha introdotto un diverso e piu' restrittivo criterio di valutazione della prova ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilita' dell'imputato". 4.10. E' consolidato l'orientamento di questa Corte, a parere della quale, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, e' questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimita' se - come nel caso di specie - la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate e non inficiata da travisamenti (per tutte, Sez. 6 , sentenza n. 46301 del 20 ottobre 2013, CED Cass. n. 258164). 4.10.1. E' ugualmente consolidato l'ulteriore orientamento di questa Corte, a parere della quale le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. Un., sentenza n. 22471 del 26 febbraio 2015, CED Cass. n. 263714). 4.10.2. Ed e' opportuno immediatamente osservare che, nella specie, la Corte di appello di Milano ha offerto una ricostruzione del significato delle conversazioni oggetto di intercettazione - in alcuni casi particolarmente esplicite - del tutto coerente anche perche' puntualmente confermate dai fatti che si sono successivamente potuti accertare. Ne consegue che le critiche mosse da alcuni ricorrenti al senso e al significato dato ai colloqui registrati, oltre alla carenza di riscontri, devono ritenersi manifestamente infondate. 4.11. Deve aggiungersi che, nel giudizio di legittimita', possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l'interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano nuova prova e non comportino un'attivita' di apprezzamento circa la loro validita' formale e la loro efficacia nel contesto delle prove gia' raccolte e valutate dai giudici di merito (Sez. 2 , sentenza n. 1417 dell'11 gennaio 2013, CED Cass. n. 254302). 4.12. Deve, infine aggiungersi che la facolta' del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti gia' dedotti; ne consegue che sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali, a fondamento del petitum dei motivi principali, si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l'ambito del predetto petitum, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione (Sez. 2 , sentenza n. 1417 dell'11 gennaio 2013, CED Cass. n. 254301). 5. Alla luce di queste necessarie premesse vanno esaminati gli odierni ricorsi. 5.1. A livello metodologico, e' opportuno premettere che i principali passaggi argomentativi della sentenza impugnata saranno riepilogati in dettaglio nel corso dell'esame dei singoli motivi di impugnazione. I ricorsi degli imputati saranno esaminati per ciascuno secondo l'ordine alfabetico, a meno che i ricorsi non siano stati presentati per piu' imputati, nel qual caso e' apparso piu' opportuno l'esame congiunto. Alcune questioni comuni piu' o meno alla gran parte dei ricorrenti, e che comunque costituiscono necessaria premessa del successivo sviluppo argomentativo, in particolare con riguardo all'ampio contesto associativo di riferimento, saranno esaminate congiuntamente in via preliminare. Ulteriori motivi comuni ad un minor numero di imputati saranno esaminati con riferimento alla posizione del ricorrente che, nel predetto ordine, figuri per primo, mentre per i successivi verra' operato un rinvio alla trattazione precedente, salvi gli eventualmente opportuni approfondimenti in relazione a censure specificamente individuali. Il ricorso del Procuratore Generale sara' esaminato nella sede in cui saranno esaminati i motivi di ricorso dell'imputato cui esso si riferisce. MOTIVI COMUNI. IL REATO ASSOCIATIVO. 6. Per illustrare immediatamente la struttura dei fatti oggetto di contestazione ex articoli 416 bis, 110 e 416 bis c.p. (riguardanti la c.d. "operazione Infinito"), oltre che per comodita' espositiva, e' opportuno riepilogare le relative contestazioni come cristallizzate nei capi di imputazione tratti al giudizio del Tribunale e della Corte di appello di Milano (gli ulteriori capi di imputazione saranno successivamente riportati imputato per imputato), e dai giudici di merito in massima parte ritenute fondate: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); (in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) per i quali si e' proceduto separatamente); 1) del delitto p. e p. dall'articolo 416 bis c.p., commi 1, 2, 3 e 4 per aver fatto parte unitamente a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (che verranno giudicati separatamente) ed altre persone allo stato non ancora individuate, dell'associazione mafiosa denominata ndrangheta, operante da anni sul territorio di (OMISSIS) e provincie limitrofe e costituita da numerosi locali, di cui 15 individuate, coordinate da un organo denominato "la Lombardia" in cui hanno rivestito un ruolo di vertice, nel corso del tempo, (OMISSIS), fino al 15.08.2007, (OMISSIS), dal 15.08.2007 al 14.07.2008 (data del suo assassinio), (OMISSIS), dal 31.08.2009 ad oggi; deputato a concedere agli affiliati "cariche" e "doti", secondo gerarchie prestabilite e mediante cerimonie e rituali tipici dell'associazione mafiosa, come per esempio la partecipazione a riunioni e/o incontri di seguito indicati: 15 febbraio 2008. ristorante "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 26 febbraio 2008. ristorante "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 1 marzo 2008. ristorante la "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 23 aprile 2008. ristorante "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 26 aprile 2008 ristorante la "(OMISSIS)" di (OMISSIS)". (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), RACCOSTA Vincenzo, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 3 maggio 2008. crossdromo di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) detto (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 25 maggio 2008. Nerviano all'interno del capannone di (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)Mandalari vincenzo (OMISSIS)NOVELLA Carmelo (OMISSIS) (OMISSIS); 31 maggio 2008, (OMISSIS) all'interno del capannone di (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 2 settembre 2008. ospedale di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 21 novembre 2008: ristorante (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 20 gennaio 2009. crossdromo di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 23 maggio 2009 ristorante "(OMISSIS)" sito a (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 31 ottobre 2009. centro per anziani "(OMISSIS)" ubicato in (OMISSIS) in piazza (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), n. 8 persone non identificate; Locale di (OMISSIS). 26 giugno 2009 ristorante (OMISSIS) di (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); Locale di (OMISSIS). 12 marzo 2008 "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); Locale di (OMISSIS). 7 giugno 2008, capannone di (OMISSIS) sito in (OMISSIS). (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 30 ottobre 2008. officina (OMISSIS) di (OMISSIS) 1 di (OMISSIS) che successivamente continua presso il vicino ristorante "(OMISSIS)" di Via (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 12 novembre 2008. capannone di (OMISSIS) sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 24 gennaio 2009. capannone di (OMISSIS) sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 26 febbraio 2009. bar "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 15 marzo 2009. capannone sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 18 giugno 2009. pizzeria "(OMISSIS)" di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); Locale di (OMISSIS). 23 ottobre 2008. ristorante "(OMISSIS)". (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 6 dicembre 2008 ristorante "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 04.04.2009 RISTORANTE (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); Locale di (OMISSIS). 04 maggio 2008. magazzino di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e n. 2 persone non identificate; Locale di (OMISSIS). 22 maggio 2008 Ristorante "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). Non hanno preso parte alla celebrazione del summit sebbene "invitati": (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 18 ottobre 2007 Ristorante "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 29 novembre 2007 Ristorante "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 02 febbraio 2008 "(OMISSIS)", sito in (OMISSIS) della frazione di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e altri 4 soggetti non meglio identificati tra cui molto verosimilmente (OMISSIS); 21 febbraio 2008 ristorante "(OMISSIS)" sito alla Via (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e 1 soggetto non identificato. 06 dicembre 2008 "(OMISSIS)", sito in (OMISSIS) della frazione di (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), n. 2 soggetti non identificati; 29 febbraio 2009 ristorante pizzeria "(OMISSIS)" sito in largo (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); Locale di (OMISSIS). 25 ottobre 2008. (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 15 novembre 2008. (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 03 marzo 2009 Ufficio IMES sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 04 marzo 2009. Centro Commerciale "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e due soggetti non identificati 11 aprile 2009. (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). 24 luglio 2009 ristorante "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS). 28 gennaio 2009 caffe' "(OMISSIS)" sito in (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); Locale di (OMISSIS). 20 marzo 2009: luogo sconosciuto. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); Associazione mafiosa che avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omerta' che di volta in volta si sono create nel territorio di Milano e province limitrofe ha avuto lo scopo di: - commettere delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l'incolumita' individuale, in particolare commercio di sostanze stupefacenti, estorsioni, usure, furti, abusivo esercizio di attivita' finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attivita' economiche, corruzioni, favoreggiamento latitanti, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni, ricettazione, omicidi; - acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attivita' economiche, in particolare nel settore edilizio, movimento terra, ristorazione; - acquisire appalti pubblici e privati; - ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a se' e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilita'; - conseguire per se' e per altri vantaggi ingiusti. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capi e organizzatori: (OMISSIS) nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, impartendo direttive alle quali tutti gli associati dovevano attenersi; (OMISSIS) inoltre, quale elemento di vertice, e' legittimato a partecipare ai summit de La Lombardia nei quali si decidono le strategie, gli equilibri relativi alle locali e si nomina il rappresentante generale; intrattiene rapporti con esponenti politici locali ed inoltre crea un movimento politico per partecipare alle elezioni amministrative del 2010 del comune di Bollate al fine di garantire a se' e ad altri associati commesse pubbliche nel settore edilizio; concede prestiti a tassi usurai come meglio specificato nel capo 55); organizza altresi' summit a livello di locale nel corso dei quali vengono concesse cariche e doti agli affiliati; (OMISSIS) quale "capo societa'" e cioe' vicario del capo locale ed inoltre quale rappresentante delle ndrine della Piana presso la Lombardia, in particolare portando e ricevendo ambasciate da e per (OMISSIS), attuale Capo del Crimine della ndrangheta; inoltre crea unitamente a (OMISSIS), un movimento politico per partecipare alle elezioni amministrative del 2010 del comune di Bollate ed intrattiene rapporti con esponenti politici locali al fine di garantire a se' e ad altri associati commesse pubbliche nel settore edilizio; (OMISSIS) con funzioni di Mastro di Giornata - Contabile, con il compito di divulgare gli ordini e le disposizioni adottate dai vertici della locale agli altri semplici affiliati, di raccogliere il denaro da versare nella cassa comune detta "bacilletta". Con il ruolo di partecipi: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) partecipano a summit di ndrangheta, ricevono doti e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo ed in particolare: (OMISSIS) e (OMISSIS) con il compito di custodire le armi presso la baracca degli orti di (OMISSIS), luogo di ritrovo degli affiliati (armi che venivano rinvenute in data 8 giugno 2009). (OMISSIS) coadiuva il capo societa' accompagnandolo ad incontri con altri affiliati, si fa latore di notizie riservate concernenti le indagini in corso e si mette a completa disposizione degli interessi della locale, anche in ragione del suo patrimonio di conoscenze nel contesto dei trafficanti internazionali di sostanze stupefacenti; (OMISSIS), (OMISSIS), il primo piega le funzioni del proprio incarico presso la (OMISSIS) spa (societa' a partecipazione pubblica) agli interessi della ndrina; il secondo favorisce l'inserimento del figlio (OMISSIS) nella (OMISSIS) spa grazie all'interessamento di (OMISSIS) e (OMISSIS) (dipendente della menzionata societa'); entrambi partecipano a summit con la presenza del capo locale (OMISSIS) e di (OMISSIS), capo della locale di (OMISSIS) e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale; (OMISSIS) cooperando nelle attivita' illecite del fratello, intestandosi beni di provenienza illecita, come meglio descritto nel capo 56), beneficiando altresi' di commesse di lavoro attraverso il cugino inserito nella (OMISSIS). LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capi e organizzatori: (OMISSIS) nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, impartendo direttive alle quali tutti gli associati devono attenersi; (OMISSIS) inoltre, quale elemento di vertice, e' legittimato a partecipare ai summit de La Lombardia nei quali si decidono le strategie, gli equilibri relativi alle locali nonche' e si nomina il rappresentante generale; organizza altresi' summit a livello di locale nel corso dei quali vengono concesse cariche e doti agli affiliati; costituisce uno degli interlocutori privilegiati di alti esponenti di ndrangheta calabresi, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS). (OMISSIS) quale "capo societa'" e cioe' vicario del capo locale, delegato ad intrattenere rapporti con i vari affiliati, risolvere le problematiche interne, e verificare che tutti si attengono alle decisioni del capo locale (OMISSIS) con funzioni di Mastro di Giornata - Contabile, con il compito di divulgare gli ordini e le disposizioni adottate dai vertici della locale agli altri semplici affiliati, raccogliere le somme di denaro destinate alla cassa comune, ed inoltre, organizzando e partecipando ad una serie di incontri preparatori del summit di (OMISSIS) all'esito del quale viene eletto il nuovo rappresentante della Lombardia. - Con il ruolo di partecipi: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) partecipano a summit in occasione dei quali si decidono la concessione di doti, la riammissione nel sodalizio di soggetti in precedenza espulsi, le strategie dell'associazione, si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo; in particolare: (OMISSIS) quale ex contabile della locale, poi destituito a favore di (OMISSIS) a seguito di contrasti con il capo locale, (OMISSIS), figlio di (OMISSIS), reggente del locale di Gretteria, quale emissario del padre, intervenendo nella decisione di riammissione alla locale di (OMISSIS); (OMISSIS) viene indicato da (OMISSIS) come nuovo capo di una costituenda locale e, solo dopo la morte di quest'ultimo riammesso nella locale di (OMISSIS); (OMISSIS), quale affiliato anziano, partecipando a numerosi incontri per l'individuazione del successore di (OMISSIS); (OMISSIS) mettendosi a disposizione per le attivita' di intimidazione nei confronti di affiliati dissidenti ed imprenditori riottosi; i fratelli (OMISSIS) portando e ricevendo ambasciate da e per la Calabria; (OMISSIS) e (OMISSIS) occupandosi in particolare della logistica del summit di (OMISSIS) al fine di garantirne la riservatezza e segretezza. LOCALE DI (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capi e organizzatori: (OMISSIS) nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, in particolare distaccandosi dalla locale nel periodo di (OMISSIS) a capo della Lombardia, a seguito di divergenze con quest'ultimo, riorganizzando attorno a se' il consenso degli altri affiliati a seguito dell'omicidio (OMISSIS); intrattiene altresi' stretti rapporti con (OMISSIS) e (OMISSIS) esponenti di vertice della locale di (OMISSIS); organizza altresi' summit a livello di locale nonche' di altri locali nel corso dei quali vengono concesse cariche e doti agli affiliati; (OMISSIS) quale "capo societa'" e cioe' vicario del capo locale, ed inoltre gia' designato quale suo successore a capo della locale; (OMISSIS) con funzioni di Mastro di Giornata - Contabile, con il compito di divulgare gli ordini e le disposizioni adottate dai vertici della locale agli altri semplici affiliati; - Con il ruolo di partecipi: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) partecipavano a summit in occasione dei quali si decidevano la concessione di doti, la riammissione nel sodalizio di soggetti in precedenza espulsi, le strategie dell'associazione, si mettevano a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo; (OMISSIS) partecipando anche a numerosi incontri con esponenti di vertice del locale di (OMISSIS) al fine di garantirsene l'appoggio per divenire il nuovo capo locale, in cio' coadiuvato dal fratello (OMISSIS); (OMISSIS) fuoriuscendo temporaneamente dalla locale e creando con (OMISSIS) la locale di (OMISSIS) la cui legittimita' era disconosciuta da (OMISSIS), comunque intrattenendo rapporti privilegiati con gli affiliati di (OMISSIS); (OMISSIS) e (OMISSIS) intrattengono rapporti privilegiati con (OMISSIS) esponente di vertice della locale di (OMISSIS). (OMISSIS), quale capo del locale di (OMISSIS) a cio' designato da (OMISSIS); mettendosi altresi' a disposizione del predetto (OMISSIS) con le piu' svariate mansioni, da quella di autista a custode delle armi e contabile delle attivita' illecite della famiglia NOVELLA, fissando appuntamenti tra (OMISSIS) e gli altri affiliati della Lombardia, partecipando a tutti gli incontri e summit del capo della Lombardia fino alla morte di (OMISSIS), anche in sua vece; (OMISSIS) ha rivestito in passato il ruolo di Mastro Generale della Lombardia ed e' attualmente "fermo" cioe' sospeso per aver violato il codice comportamentale della ndrangheta, ma comunque sempre appartenente al sodalizio ed e' a disposizione. (OMISSIS), anche lui in passato sospeso per violazione del codice comportamentale della ndrangheta ed in epoca recente "liberato", intrattiene rapporti con altri affiliati, in particolare con (OMISSIS); e' invitato a partecipare a summit ed in generale e' a disposizione. LOCALE DI (OMISSIS). (OMISSIS). - Con il ruolo di capo e organizzatore. (OMISSIS): Mastro Generale della Lombardia con il compito di fungere da raccordo tra le locali, nonche' essere punto di riferimento degli affiliati per le ambasciate da e per la Calabria ed anche di dirimere conflitti e contrasti tra gli affiliati delle diverse locali; reggente della locale di Limbiate in luogo del fratello (OMISSIS), detenuto in espiazione della pena dell'ergastolo per omicidio e associazione mafiosa; e' chiamato a partecipare, in ragione della carica, ai summit della Lombardia nei quali si decidono le strategie e gli equilibri relativi alle locali ed a partecipare ai summit dei singoli locali in occasione dei quali vengono conferite doti. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), posto al vertice della Lombardia ed attualmente capo del locale di (OMISSIS), con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, impartendo direttive alle quali tutti gli associati dovevano attenersi; (OMISSIS) inoltre, quale elemento di vertice, e' legittimato a partecipare ai summit de La Lombardia nei quali si decidono le strategie, gli equilibri relativi alle locali e si nomina il rappresentante generale; organizza altresi' summit a livello di locale nel corso dei quali vengono concesse cariche e doti agli affiliati; intrattiene rapporti con ambienti politici e amministrativi lombardi, sia direttamente sia attraverso (OMISSIS), direttore sanitario della ASL (OMISSIS); intrattiene rapporti con rappresentanti delle locali piemontesi assicurandosi la disponibilita' all'intestazione fittizia di beni; costituisce uno degli interlocutori privilegiati di alti esponenti di ndrangheta calabresi, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS) (nato il (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). (OMISSIS), Mastro Generale della Lombardia prima di (OMISSIS), capo locale di (OMISSIS) prima di (OMISSIS) ed attuale Capo societa' e contabile, con il compito di raccogliere il denaro da versare nella cassa comune detta "(OMISSIS)" destinato anche al sostegno dei latitanti; partecipa tra l'altro al summit del 31.10.09, votando il rappresentante generale. - Con il ruolo di partecipi: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto partecipano a summit di ndrangheta, ricevono doti e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo e inoltre: (OMISSIS), uomo di fiducia ed alter ego di (OMISSIS), si mette a disposizione per ogni esigenza fungendo da autista, custode delle armi (capo 27) di cui dispone secondo le direttive di capo, facendo da intermediario fra (OMISSIS) e gli altri affiliati nella fissazione di incontri ed appuntamenti, si mette altresi' a disposizione su direttiva di (OMISSIS) di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione delle visite di questi ultimi in Lombardia; si reca altresi' in Calabria per portare e ricevere ambasciate; infine, gestisce traffici di stupefacenti, si procura la disponibilita' di documenti falsi per la fittizia intestazione di beni e di schede telefoniche e per consentire anche agli altri affiliati l'accesso al finanziamento con finalita' truffaldine presso societa' finanziarie ed istituti di credito; (OMISSIS), seguendo le direttive del fratello (OMISSIS), dispone delle armi del gruppo, coadiuva (OMISSIS) nelle attivita' illecite afferenti gli stupefacenti e le truffe. (OMISSIS), promuove un summit e piu' incontri con il Mastro Generale della Lombardia aspirando al ruolo di capo locale di Milano in luogo di (OMISSIS), partecipa tra l'altro al summit di (OMISSIS) del 31.10.09 in rappresentanza del locale. (OMISSIS) e (OMISSIS) mettono a disposizione gli esercizi pubblici che gestiscono in zona (OMISSIS) - Baggio quali luoghi di ritrovo abituale degli altri affiliati e delle riunioni settimanali del sabato pomeriggio; (OMISSIS) e (OMISSIS) promuovono inoltre unitamente a (OMISSIS) summit e incontri aspirando rispettivamente alle cariche di capo societa' e mastro di giornata; (OMISSIS), inoltre, prima dell'estate 2008 si distacca dalla locale di Milano aderendo alla neo costituita locale di Pioltello. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), capo della locale; rappresentante delle ndrine di Reggio Calabria presso la Lombardia, con disponibilita' di armi che utilizza per dirimere conflitti con appartenenti ad altri locali. - Con il ruolo di partecipi: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in quanto partecipano a summit di ndrangheta in occasione dei quali vengono conferite doti e cariche, e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo; (OMISSIS) in particolare quale principale collaboratore di (OMISSIS), accompagnandolo in occasione dei summit di incontri con altri esponenti di ndrangheta e gli altri due facendone comunque le veci presso la Lombardia durante l'assenza di (OMISSIS). LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, in particolare distaccandosi dalla locale di (OMISSIS) il 1 di marzo 2008, per volere di (OMISSIS), si pone a capo della neo costituita locale di (OMISSIS); coordina le attivita' illecite che si svolgono nella locale ed in particolare quelle afferenti il traffico di stupefacenti, dando direttive su come debbano comportarsi i sottoposti per eludere le investigazioni delle autorita' a seguito di fatti di sangue, quali il ferimento a colpi d'arma da fuoco in danno di (OMISSIS); ha inoltre disponibilita' diretta di armi cosi' come indicato nel capo 35). (OMISSIS), Capo societa', coordina le attivita' illecite in tema di traffici di stupefacenti, intervenendo in prima persona a dirimere conflitti con i fornitori a mezzo di metodi violenti, quali il ferimento di (OMISSIS) cui si e' cenno sopra, avendo direttamente la disponibilita' di armi come meglio indicato nei capi 28), 29), 30). - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in quanto partecipano a summit di ndrangheta ricevendo doti, ovvero partecipano a cerimonie di "investitura" di altri e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale, in particolare: (OMISSIS), " (OMISSIS)Mazza' Domenico (OMISSIS)PISCIONERI Giuseppe (OMISSIS)Gentile Fiore, gestendo attivita' illecite i cui proventi venivano in parte conferiti nella cassa comune, avendo disponibilita' di armi, quelle meglio indicate nei capi 31), 34), 35), 36), 41), 43); (OMISSIS) inoltre mettendo a disposizione il locale da lui gestito a (OMISSIS) per i principali summit della Lombardia, in uno dei quali erano altresi' presenti soggetti latitanti, distribuendosi con affiliati di altri locali i lavori di movimento terra, occupandosi, unitamente a (OMISSIS) di furti di furgoni/autocarri, poi destinati al mercato estero, corrompendo appartenenti alle forze dell'ordine ed ottenendo in cambio nell'interesse dell'associazione i favori meglio indicati nei capi 1A), 84), 87), 88), 89), 90), e 91). (OMISSIS) mette a disposizione il ristorante da lui gestito denominato "(OMISSIS)" per i summit della locale di (OMISSIS) e poi di quella di (OMISSIS). (OMISSIS), si presta inoltre a dirimere conflitti con affiliati di altre locali a mezzo di atti di danneggiamento quale ad esempio l'incendio, unitamente a (OMISSIS), dell'autovettura di (OMISSIS). LOCALE DI (OMISSIS). (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, rapportandosi inoltre con i vertici della "ndrangheta calabrese, venendo ripetutamente consultato dai principali affiliati della Lombardia quale membro anziano per la individuazione del successore di (OMISSIS), e' tra gli elettori del nuovo reggente (OMISSIS). - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in quanto partecipano a summit di ndrangheta, in occasione dei quali vengono conferite doti e decise strategie e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso; (OMISSIS) ha inoltre la disponibilita' di numerose armi ed esplosivo sequestrati nel maneggio di (OMISSIS) meglio indicati nel capo 6) e garantisce protezione agli amministratori del gruppo (OMISSIS) in occasione della estromissione dalla societa' di (OMISSIS) e del suo gruppo; unitamente al fratello (OMISSIS) si mette a disposizione di (OMISSIS) e (OMISSIS), individuati quali mandanti e esecutori dell'omicidio di (OMISSIS) in occasione del summit presso gli uffici della IMES di (OMISSIS) del 3 marzo 2009; (OMISSIS) custodisce armi e esplosivo rinvenuto il 24.02.09 in Seregno via Rossini all'interno di un box nella disponibilita' di (OMISSIS); (OMISSIS) quale uomo di fiducia di (OMISSIS) in quanto affiliato anziano e chiamato a dirimere i dissidi all'interno della locale. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS) nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, rapportandosi inoltre con i vertici della ndrangheta calabrese, in particolare con (OMISSIS), viene ripetutamente consultato dai principali affiliati della Lombardia quale membro anziano per la individuazione del successore di (OMISSIS). - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), principale collaboratore di (OMISSIS) e dal 31.10.09 nuovo rappresentante della Lombardia e da quel momento capo e organizzatore della Lombardia: (OMISSIS) partecipa al summit in occasione del quale riceve le doti e si mette a completa disposizione degli interessi dell'associazione, in particolare dando la disponibilita' del proprio esercizio pubblico denominato "(OMISSIS)" di (OMISSIS) per riunione di ndrangheta cui presenziano autorevoli esponenti delle ndrine calabresi quali (OMISSIS) (esponente di spicco della locale di (OMISSIS)) e (OMISSIS) (capo locale Grotteria). (OMISSIS), accompagnando altri affiliati da (OMISSIS) in particolare (OMISSIS) per dirimere conflitti fra locali, rappresenta inoltre un importante punto di riferimento per gli altri affiliati nella spartizione del lavoro del movimento terra. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie ed inoltre primo responsabile della Lombardia e cioe' vicario di (OMISSIS) durante la sua gestione. - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) in quanto partecipano a summit di ndrangheta, nel corso dei quali vengono conferite doti e cariche e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso: (OMISSIS) quale contabile della locale nella cui cassa comune vengono conferiti anche proventi delle attivita' illecite in particolare quelle condotte da (OMISSIS); (OMISSIS) gestisce attivita' illecite quali i furti di automezzi meglio indicati nel capo 92) ed altri, conferendo in parte i proventi delle attivita' illecite nella cassa comune e unitamente a (OMISSIS) corrompendo appartenenti alle forze dell'ordine ed ottenendo in cambio nell'interesse dell'associazione i favori meglio indicati nei capi 1A), 84), 87), 88), 89), 90), e 91); (OMISSIS) mette a disposizione il magazzino di (OMISSIS) per i summit della locale. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS). - Quali capi e organizzatori: (OMISSIS) riceve incarico da parte dei vertici della ndrangheta calabrese di costituire una "camera di controllo" che organizzasse i locali della Lombardia nella fase successiva all'omicidio (OMISSIS) ed inoltre di consultare i responsabili di ciascun locale al fine di nominare, con l'accordo di tutti, un nuovo responsabile poi risultato (OMISSIS); indica propri candidati in occasione delle competizioni amministrative; entra in rapporto con esponenti politici regionali e locali sia direttamente sia attraverso l'intermediazione di (OMISSIS); si propone per il reinvestimento di capitali di origine illecita; (OMISSIS) nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie; si incontra con (OMISSIS) richiedendo un suo intervento finalizzato a porre termine a un tentativo di scissione dal locale di (OMISSIS) da parte di alcuni affiliati che unitamente a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), intendevano creare un nuovo locale a Voghera; (OMISSIS): partecipa alla fase organizzativa del summit di (OMISSIS) del 31.10.09 promuovendo e partecipando a summit con vari affiliati de La Lombardia, come uomo di fiducia di (OMISSIS) e' indicato come possibile componente della "camera di controllo" unitamente a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie; impone la sua presenza nel settore del movimento terra; referente in Lombardia di (OMISSIS), capo del Crimine della ndrangheta; garantisce ad una organizzazione di trafficanti di stupefacente di origine albanese l'appoggio delle ndrine che controllano il porto di (OMISSIS) per l'introduzione nel territorio dello Stato di grossi carichi di cocaina, dispone di armi occultate nel maneggio di (OMISSIS), sede della locale, da il suo apporto alla fase organizzativa e logistica del trasferimento di due latitanti appartenenti alla cosca ARENA-NICOSCIA come meglio indicato nel capo 80). - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto partecipano a summit di ndrangheta, nel corso dei quali vengono conferite doti e cariche, ovvero ad incontri nel quale si discutono questioni di ndrangheta e vengono definite strategie comuni e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso: (OMISSIS) e (OMISSIS) cooperano con (OMISSIS) nell'attivita' di trasporto di terra - inerti imposta ad altri operatori del settore, nella esportazione in Tunisia di mezzi d'opera falsamente denunciati dai proprietari come rubati, i cui proventi contribuiscono a finanziare le casse della locale, collabora a garantire ad una organizzazione di trafficanti di stupefacente di origine albanese l'appoggio delle ndrine che controllano il porto di (OMISSIS) per l'introduzione nel territorio dello Stato di cocaina accompagnandolo a importanti incontri in Calabria; (OMISSIS) quale persona di fiducia di (OMISSIS) e' sempre presente nel maneggio di (OMISSIS), collabora nelle piu' svariate attivita' ed in particolare nella conclusione degli accordi con l'organizzazione albanese e lo segue nei viaggi in Calabria negli incontri con esponenti di vertice della ndrangheta; (OMISSIS) e (OMISSIS) collaborano con (OMISSIS) e (OMISSIS) a garantire ad una organizzazione di trafficanti di stupefacente di origine albanese l'appoggio delle ndrine che controllano il porto di (OMISSIS) per l'introduzione nel territorio dello Stato di cocaina accompagnandolo a importanti incontri in Calabria; (OMISSIS): impone la sua presenza nel settore movimento terra attraverso piu' societa' intestate a familiari o prestanome; (OMISSIS) da' la disponibilita' del proprio locale (OMISSIS) per summit di ndrangheta, mette in contatto (OMISSIS) con l'organizzazione di trafficanti albanesi, collabora nell'attivita' di usura meglio indicata nei capi 67), 68) e nella esportazione dei mezzi d'opera in (OMISSIS) con (OMISSIS); (OMISSIS) quale persona di fiducia di (OMISSIS) collabora con lui nel settore del movimento terra, si rende prestanome per conto di quest'ultimo attraverso la Isola Scavi di (OMISSIS) e si mette comunque a disposizione; inoltre (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) collaborano nella organizzazione e gestione dei latitanti ed hanno la disponibilita' delle armi meglio indicati nei capi 33), 38), 44), 46), 46), 47), 48); (OMISSIS) rappresenta in Lombardia degli interessi economici della ndrina facente capo allo zio (OMISSIS), capo del crimine della ndrangheta. partecipando ad incontri con affiliati delle altre locali, e' socio e coopera con (OMISSIS) nell'attivita' di movimento terra e collabora a garantire ad una organizzazione di trafficanti di stupefacente di origine albanese l'appoggio delle ndrine che controllano il porto di (OMISSIS) per l'introduzione nel territorio dello Stato di cocaina. LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS). - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie; partecipa alla nomina del rappresentante generale della Lombardia il 31.10.09; - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS); partecipa alla nomina del rappresentante generale della Lombardia il 31.10.09, accompagna (OMISSIS) al maneggio di Erba in occasione di incontri con esponenti del locale di (OMISSIS). LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - Con il ruolo di capo e organizzatore: (OMISSIS), nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie; partecipa ai principali summit della Lombardia in particolare quello del 20 gennaio 2009. - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto partecipano a summit di ndrangheta, nel corso dei quali vengono conferite doti e cariche, ovvero ad incontri nel quale si discutono questioni di ndrangheta e vengono definite strategie comuni e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso ed in particolare: (OMISSIS) ponendo in essere le attivita' di usura - estorsioni meglio indicati nei capi dal 58) al 66); (OMISSIS), principale collaboratore di (OMISSIS) e suo accompagnatore in occasione di tutti i summit ed incontri con altri affiliati finalizzati a definire strategie dell'associazione, (OMISSIS), parimenti accompagnando (OMISSIS) agli incontri (in particolare al summit del 20.01.2009) ed occupandosi inoltre unitamente a (OMISSIS) della gestione dei latitanti (OMISSIS) e (OMISSIS) con la condotta meglio indicata nel capo 83); (OMISSIS): vicario del padre fino al suo assassinio; si divide con altri con affiliati di altri locali i lavori di movimento terra e pone in essere atti di grave intimidazione, anche con l'uso di armi, in danno delle vittime di usura, cosi come indicato nei capi 39) e 40). LOCALE DI (OMISSIS): (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (deceduto), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - In qualita' di capi e organizzatori: (OMISSIS): capo della locale; nel ruolo di direzione e capo della locale con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni, delle strategie, impartendo direttive alle quali tutti gli associati dovevano attenersi; (OMISSIS) inoltre, quale elemento di vertice, e' legittimato a partecipare ai summit de La Lombardia nei quali si decidono le strategie, gli equilibri relativi alle locali nonche' e si nomina il rappresentante generale; organizza altresi' summit a livello di locale; intrattiene rapporti con pubblici amministratori; (OMISSIS): contabile della locale con il compito di raccogliere il denaro da versare nella cassa comune detta "(OMISSIS)"; commette il reato di cui al capo 97); (OMISSIS): capo societa' cioe' vicario del capo locale; commette i reati di cui ai capi 21), 52),53), 69) e 96); - In qualita' di partecipi: (OMISSIS) (deceduto), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) prendono parte a summit di ndrangheta, ricevono doti e si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo e in particolare commettono i seguenti reati rientranti nel programma criminoso: (OMISSIS) cl. (OMISSIS): commette il reato di cui al capo 78); (OMISSIS) commette i reati di cui ai capi 17), 52) e 96); (OMISSIS): commette i reati di cui ai capi 21) 52); (OMISSIS): commette i reati di cui ai capi 18) e 21); (OMISSIS): commette il reato di cui al capo 19); (OMISSIS): commette il reato di cui al capo 17); (OMISSIS): commette i reati di cui ai capi 21) e 96); (OMISSIS) commette il reato di cui al capo 21); LOCALE DI SEREGNO: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - In qualita' di capi e organizzatori: (OMISSIS): capo della locale dopo la morte di (OMISSIS) cl. (OMISSIS) avvenuta in (OMISSIS) a seguito di agguato, pianificava e prendeva parte all'omicidio di (OMISSIS), fatto commesso in (OMISSIS); (OMISSIS): Contabile con il compito di raccogliere il denaro da versare nella cassa comune detta "(OMISSIS). Commette i reati di cui ai capi 4), 71), 73), 74) e 79) (OMISSIS): capo della ndrina distaccata della locale di Seregno a seguito di contrasti con (OMISSIS) cl. (OMISSIS); pianificava l'omicidio di (OMISSIS), poi non avvenuto per il tempestivo sequestro delle armi. Commetteva i reati di cui ai capi 8) 9) e 10). - In qualita' di partecipanti: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) prendevano parte a summit di ndrangheta, ricevevano doti e si mettevano a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo e in particolare commettevano i seguenti reati rientranti nel programma criminoso: (OMISSIS) commetteva il reato di cui al capo 13); (OMISSIS): commetteva il reato di cui al capo 94); (OMISSIS): commetteva il reato di cui al capo 3); (OMISSIS) commetteva i reati di cui ai capi 4), 5), 73) e 74); (OMISSIS) e (OMISSIS) commettevano il reato di cui al capo 4); (OMISSIS) fornendo il supporto logistico agli autori dell'omicidio in danno di (OMISSIS) e partecipando alle attivita' di intimidazione; In qualita' di partecipanti alla ndrina distaccata di Sereqno: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) prendevano parte a summit di ndrangheta, ricevevano doti e si mettevano a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo e in particolare commettevano i seguenti reati rientranti nel programma criminoso: (OMISSIS) commetteva il reato di cui al capo 15); (OMISSIS) commetteva i reati di cui ai capi 51) e 97); (OMISSIS) commetteva il reato di cui al capo 12); (OMISSIS) custodiva le armi da utilizzare per l'omicidio di (OMISSIS); (OMISSIS) gestiva i mezzi di provenienza furtiva da utilizzare per l'omicidio di (OMISSIS) ed inoltre: (OMISSIS) in qualita' di capo e organizzatore, perche' acquisiva per conto della ndrangheta, in particolare delle ndrine di (OMISSIS) e (OMISSIS), la gestione e comunque il controllo delle attivita' economiche della (OMISSIS) SRL, poi divenuta (OMISSIS), una delle maggiori societa' operanti in Lombardia nel settore del movimento terra, garantendo con la propria presenza la equa spartizione dei lavori tra le ndrine calabresi e le corrispondenti locali della LOMBARDIA e a tal fine partecipando a summit presso l'abitazione di (OMISSIS), unitamente a (OMISSIS), capo del locale di (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), affiliato del medesimo locale e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), in rappresentanza delle ndrine della Piana, gli ultimi due nipoti di (OMISSIS), attuale capo del "crimine"; garantiva con la propria presenza la protezione sui cantieri (OMISSIS) da eventuali atti di intimidazione posti in essere da terzi; a sua volta organizzava atti di intimidazione in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), con i quali era venuto in conflitto di interessi nella gestione della societa' ed altri soggetti allo stato non identificati; conseguiva infine ingiusti vantaggi patrimoniali quale titolare della (OMISSIS) srl; (OMISSIS) in qualita' di partecipe; quale amministratore delle societa' del (OMISSIS) acconsentiva e favoriva l'ingresso in societa' di (OMISSIS); richiedeva l'intervento di quest'ultimo per indurre imprenditori concorrenti a ritirare le offerte; intrattiene rapporti privilegiati sia con esponenti politici che con pubblici dipendenti, al fine di ottenere, anche a mezzo di regalie ed elargizioni di somme di denaro, l'aggiudicazione di commesse pubbliche, sia in generale affinche' la (OMISSIS) fosse favorita nei rapporti con la pubblica amministrazione; dava direttive ai dipendenti ed organizzava lo smaltimento illecito di rifiuti, anche tossici, derivanti da bonifiche e demolizioni di edifici in discariche abusive; (OMISSIS) in qualita' di partecipe; favoriva l'ingresso in (OMISSIS) di (OMISSIS); inoltre, quale suo diretto referente, ne diveniva amministratore di fatto, occupandosi direttamente della gestione delle operazioni finanziarie, poi non andate a buon fine, della acquisizione di partecipazioni societarie in altre importanti aziende nel settore delle opere pubbliche, quali quelle che hanno riguardato la (OMISSIS) SRL, la societa' (OMISSIS) di (OMISSIS) e le societa' facenti capo al gruppo (OMISSIS). (OMISSIS) e (OMISSIS) con il ruolo di partecipi; quali soggetti "a disposizione" di (OMISSIS) si presentavano sui cantieri della (OMISSIS) al fine di garantirne la protezione e controllare l'esecuzione dei lavori ed eseguivano su direttiva di (OMISSIS) le attivita' di intimidazione in danno di (OMISSIS), (OMISSIS) e di altri soggetti non identificati. Con l'aggravante dell'essere l'associazione armata, avendo i partecipanti la disponibilita', per la realizzazione dei delitti-fine, di armi di ogni tipo: mitra, pistole, fucili, esplosivo e del fatto che le attivita' economiche controllate dal sodalizio sono finanziate con il provento dei reati. In (OMISSIS) e province limitrofe ad oggi permanente. (OMISSIS). 1 bis) del delitto p. e p. dagli articoli 110 e 416 bis c.p. perche', mediante le condotte qui di seguito indicate, con la piena consapevolezza di favorire il sodalizio criminoso, contribuiva con condotte costanti e reiterate nel tempo al -, mantenimento in vita e al rafforzamento della capacita' operativa dell'associazione mafiosa meglio indicata al capo 1), in particolare: quale direttore sanitario della ASL di (OMISSIS) costituiva elemento di raccordo tra alti esponenti della ndrangheta lombarda (in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS)) e alcuni esponenti politici; favoriva gli interessi economici della ndrangheta garantendo appalti pubblici e proponendo varie iniziative immobiliari; si prestava a riciclare denaro provento di attivita' illecite degli associati; procurava voti della ndrangheta a favore di candidati in occasione di competizioni elettorali comunali e regionali; forniva protezione a imprese amiche e compiva atti di ritorsione nei confronti di imprese "nemiche"; si metteva a disposizione per ogni esigenza sanitaria degli esponenti della ndrangheta e dei loro familiari. In Milano e province limitrofe ad oggi permanente. (OMISSIS). 1. A) del delitto p. e p. dagli articoli 110 e 416 bis c.p. perche', mediante le condotte qui di seguito indicate, con la piena consapevolezza di favorire il sodalizio criminoso, contribuiva con condotte costanti e reiterate nel tempo al mantenimento in vita e al rafforzamento della capacita' operativa dell'associazione mafiosa meglio indicata al capo 1), in particolare: a) Forniva notizie riservate su indagini corso e sulle operazioni di polizia portate avanti dalla Compagnia CC di Rho, in tal modo orientando le condotte degli appartenenti al sodalizio criminoso. b) Rassicurava i componenti del sodalizio avvisandoli di non essere coinvolti in indagini portate avanti dalle Procure di Monza, Milano e di Pavia. c) Concordava con i componenti dell'associazione versioni di comodo da rendere alla AG in caso di indagini nei loro confronti. d) Si rendeva disponibile verso il sodalizio criminoso, a fronte della corresponsione di denaro, a comunicare l'esistenza di telecamere, pattuglie di polizia, interventi da parte delle forze dell'ordine e tutto cio' che potesse costituire ostacolo per il buon esito degli atti delittuosi. e) Aiutava (OMISSIS) (figlio di (OMISSIS), affiliato alla locale di Rho), gravemente indiziato di omicidio ai danni di (OMISSIS) a eludere le indagini. In Rho e altrove in permanenza fino alla data odierna. 6.1. La Corte di appello, dopo aver ritenuto l'infondatezza di una serie di questioni di natura processuale che - ove costituenti oggetto di specifici motivi di ricorso - saranno in seguito separatamente esaminate, ha ritenuto (sempre con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che gli elementi di prova raccolti nel corso delle complesse ed articolate indagini preliminari (tra i quali un ruolo di rilievo fondamentale ricoprono le disposte intercettazioni telefoniche ed ambientali), avessero dimostrato la fondatezza dell'originario impianto accusatorio, e quindi la colpevolezza degli odierni ricorrenti in ordine ai delitti per ciascuno contestati e conclusivamente ritenuti, offrendo in particolare un quadro sostanzialmente quotidiano o quasi delle attivita' delinquenziali riconducibili ad ogni singola articolazione dell'enucleato gruppo criminale, denominata "locale" (termine di solito indistintamente utilizzato - sia nell'ambito del procedimento che in separati atti ufficiali - al maschile ed al femminile, ma che nell'esposizione che seguira' verra' adoperato al femminile - "la locale" -, secondo la dizione che sembrerebbe propria del dialetto calabrese, e, pertanto, piu' genuina). 6.2. Prima di esaminare le tematiche inerenti alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica dell'associazione criminosa di cui al capo 1), entrambi i giudici del merito hanno ricostruito le sue origini ed i suoi antecedenti storici, ricordando le vicende dell'infiltrazione della ndrangheta in Lombardia a partire dagli anni 70, i rapporti dei soggetti stanziati in Lombardia con la ndrangheta calabrese, le periodiche crisi (riconducibili alla ricerca di un equilibrio fra istanze autonomistiche delle neonate cellule lombarde e l'esigenza della "casa madre" di mantenere una qualche forma di controllo sulle strategie criminali "decentrate"), nonche' la struttura organizzativa, i rituali, le usanze, le "regole sociali" (sempre mutuati dalla "casa madre"), il programma criminoso e le modalita' operative sul territorio oggetto di insediamento. Il tutto, riportando testualmente il contenuto delle fonti probatorie ritenute di maggior rilievo ai fini dell'accertamento dell'esistenza dell'associazione di cui al capo 1), con le connotazioni ivi enunciate, al dichiarato fine "di dar conto dell'infondatezza ed in alcuni casi dell'inammissibilita' dei motivi di appello, la maggior parte dei quali trascura ogni considerazione non solo degli argomenti svolti nella sentenza appellata, ma anche dei dati oggettivi, che emergono con incontrovertibile ed incontroversa (nella misura in cui difettano censure) evidenza accusatoria nel contesto complessivo delle acquisite risultanze, dalla viva voce dei protagonisti delle vicende in esame, imputati e collaboranti, come documentati dalle intercettazioni di conversazioni e summit, nonche' dagli atti di processi definiti con sentenza passata in giudicato" (f. 110 della sentenza impugnata). 6.2.1. L'esistenza della ndrangheta (associazione di stampo mafioso inizialmente formatasi ed operante in Calabria) puo' ritenersi pacificamente accertata da numerose sentenze passate in giudicato ed ormai costituisce un fatto storico: non a caso, il legislatore, con Decreto Legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito in Legge 31 marzo 2010, n. 50, ha integrato dell'articolo 416 bis c.p., il comma 8 con l'espresso riferimento ad essa, le cui connotazioni operative di "mafiosita'" sono state, quindi, sia pure in data successiva allo svolgersi di parte dei fatti oggetto di questo procedimento (deve, in proposito rilevarsi che le contestazioni "aperte" rubricate, "In Milano e province limitrofe ad oggi permanente" ed "In Rho ed altrove in permanenza fino alla data odierna", comportano la cessazione della permanenza del contestato reato associativo alla data della sentenza di primo grado: cosi' da ultimo, nell'ambito di un orientamento ormai pacifico, Sez. 3 , sentenza n. 68 del 7 gennaio 2015, CED Cass. n. 261792), normativizzate. 6.2.2. La ndrangheta si caratterizza per l'esistenza di una pluralita' di gruppi, spesso a base familistica (le ndrine), ciascuno tendenzialmente dotato di autonomia operativa nell'ambito della circoscrizione territoriale di riferimento in Calabria; le indagini svolte nel presente procedimento (gia' separatamente oggetto di disamina nella sentenza n. 30059 del 6 giugno 2014, CED Cass. n. 262398) hanno confermato (come in precedenza accertato in plurimi procedimenti definiti con sentenze irrevocabili: cfr. Sez. 5 , sentenze n. 18491 del 24 aprile 2013, CED Cass. n. 18491, e n. 49793 del 5 giugno 2013), l'esistenza - nell'ambito di tale sodalizio - di un'articolata organizzazione di tipo gerarchico-piramidale, all'interno della quale operano singole realta' territoriali, gestite a livello verticistico da una pluralita' di soggetti, cui sono assegnati ruoli tendenzialmente diversi. 6.2.3. I giudici di merito (f. 49 ss. della sentenza impugnata) hanno ricordato che il fenomeno dell'infiltrazione della ndrangheta in Lombardia risale agli anni 70, come emerge "dalle sentenze passate in giudicato prodotte dal PM, soffermandosi su quello che vien indicato come l'antecedente storico della vicenda in esame riguardante il "clan Mazzaferro", oggetto della sentenza del Tribunale di Milano 21/10/1997 con la quale per la prima volta e' stata accertata sul territorio lombardo la presenza di una vera e propria struttura sovraordinata, di estensione regionale con compiti di direzione e coordinamento di locali e ndrine operanti nel medesimo territorio, avente caratteristiche pressoche' identiche a quelle accertate nel presente procedimento", ed hanno evidenziato l'esistenza di "tratti significativi di continuita' con l'associazione di cui al capo 1) quanto a programma criminoso e a metodo mafioso, struttura, "regole sociali", cariche e doti, riti di affiliazione e tradizioni, terminologie, connotazioni oggettive tutte incontrovertibilmente mutuate dalla "casa madre" calabrese; ed a conferma di una continuita' nel tempo anche sul piano soggettivo si rileva che in quel processo furono coinvolti alcuni degli odierni imputati precisamente (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) nonche' (OMISSIS), al cui omicidio, a detta del collaboratore (OMISSIS), non furono estranei intenti di vendetta per una "macchia d'infamita'" legata proprio alla linea difensiva in quella vicenda coltivata". 6.2.4. Come gia' osservato dalla 6 Sezione nella sentenza n. 30059 del 5 giugno 2014, relativa al medesimo procedimento ed alla medesima realta' associativa e territoriale (la "duplicazione" e' stata conseguenza della disomogeneita' di riti, avendo soltanto alcuni imputati scelto di procedere con giudizio abbreviato), e le cui conclusioni fondano su un materiale probatorio in ampia e decisiva parte convergente con quello oggetto di valutazione da parte della sentenza in questa sede impugnata (il riferimento e', in particolare, alle medesime intercettazioni telefoniche ed ambientali, pur diversamente trascritte, cui si e' gia' premesso dover essere attribuito un ruolo di notevole rilevanza ai fini delle conclusive affermazioni di responsabilita'), anche "gli elementi di prova acquisiti nel presente processo hanno consentito di avere conferma dell'esistenza di una sorta di fenomeno di "colonizzazione", dovuto al trasferimento di sodali calabresi in altri territori dello Stato nazionale precedentemente immuni da analoghe forme di manifestazione delinquenziale, soprattutto in regioni del Nord Italia, caratterizzate da un maggiore sviluppo economico e da un piu' elevato grado di ricchezza generale: sodali che, spostatisi in tali regioni settentrionali, avevano costituito nuove articolazioni di quella medesima organizzazione criminale, denominate organizzazioni "locali", ciascuna delle quali aveva mutuato regole di funzionamento e forme delle iniziative criminali analoghe a quelle delle "locali" o dei "mandamenti" della organizzazione-"casa madre" calabrese; in ogni "locale", cosi', erano stati riproposti rituali, regole di funzionamento, ruoli e strutture funzionali simili a quelle adottate dagli analoghi gruppi delinquenziali operanti nella regione meridionale, con l'attribuzione di specifici "gradi" o "doti" a ciascun associato, con una simbologia ed un riti di affiliazione espressione di regole tradizionali ndranghetistiche, fissate per governare i comportamenti dei singoli e le comuni strategie criminali". 6.2.5. In particolare, gli atti acquisiti (come premesso, correttamente ed incensurabilmente valutati dalla Corte di appello) hanno consentito di accertare che le plurime "locali" che si erano insediate in numerosi comuni lombardi ((OMISSIS)), pur dotate di tendenziale autonomia operativa, confluivano, in una piu' ampia struttura confederata, denominata "La Lombardia", cui competevano funzioni di coordinamento tra le singole "locali" e di rappresentanza delle stesse verso l'esterno. Gli affiliati alle "locali" si incontravano periodicamente in riunioni organizzate tra gli appartenenti alle singole sottoarticolazioni, ovvero tra i capi clan aderenti alla "Lombardia", nel corso delle quali si festeggiava l'apertura di nuove "locali", venivano attribuite le "doti" (ovvero le "cariche sociali" interne) a singoli sodali, e venivano coltivati i collegamenti tra l'organizzazione madre (la ndrangheta) operante in Calabria e la struttura criminale "Lombardia", cui spettava anche il compito di dirimere i contrasti che di volta in volta sorgevano con la prima. La "Lombardia" ben presto aveva finito per non costituire piu' una mera articolazione periferica della ndrangheta calabrese (della quale in origine aveva costituito diretta emanazione), essendo divenuta un'autonoma associazione di stampo mafioso, radicata in territorio lombardo attraverso le singole "locali", i cui appartenenti erano da piu' generazioni stanziati in territorio lombardo; detta associazione aveva complessiva disponibilita' di armi, ed era qualificata da una carica intimidatrice promanante dal vincolo di tipo mafioso e della speculare situazione di assoggettamento ed omerta' che ne era scaturita per gli associati e per le vittime. Numerose conversazioni intercettate fanno riferimento all'esistenza di una "cassa comune" (a baciletta, a valigetta) ed all'esistenza di ferree regole sociali di mutua assistenza, con obbligo per i sodali di versare parte dei proventi illeciti conseguiti per finalita' associative (sostentamento dei familiari di affiliati detenuti, spese per assicurare latitanze, regali di nozze, aiuti ad affiliati ed anche a soggetti esterni in difficolta', i quali potevano essere utilizzati all'occasione come "manovalanza"). 6.2.6. Si e', altresi', avuto prova del successivo insorgere di continue frizioni, talora sfociate in contrasti anche violenti, tra i componenti della "Lombardia" e l'organizzazione-madre tuttora operante in Calabria: questi ultimi, intenzionati a conservare il controllo sulle attivita' criminose facenti capo ai primi, i quali - per converso - pur non rinnegando i legami con la "casa-madre", cui risaliva la costituzione delle comuni regole associative, rivendicavano anche formalmente la propria autonomia decisionale ed operativa, nei fatti gia' acquisita. Il desiderio di alcuni capi delle "locali" lombarde di affrancarsi dall'egemonia dei "cugini" ndranghetisti operanti in Calabria e l'acquisizione, da parte delle "locali" operanti in Lombardia, di autonomia operativa e decisionale rispetto alla "casa-madre", e' stata, in particolare, desunta da una serie di conversazioni intercettate, incensurabilmente interpretate dalla Corte di appello. Gli esponenti di "ultima generazione" della "locali" lombarde rivendicavano la propria autonomia e sostenevano che il doveroso "rispetto" verso i vertici del sodalizio operante in Calabria non dovesse piu' comportare assoggettamento agli ordini impartiti dai predetti: uno dei piu' attivi in tal senso era (OMISSIS), che fu peraltro, al culmine della descritte frizioni, assassinato. Gli elementi probatori (ancora una volta, in massima parte, intercettazioni di conversazioni) acquisiti dopo l'uccisione di (OMISSIS) hanno dimostrato, secondo la corretta ed incensurabile ricostruzione della Corte di appello, che le "spinte autonomistiche" non si erano sopite, ed anzi alla fine era prevalsa la convinzione (della quale si era fatto portavoce, in particolare, (OMISSIS)) che le "locali" lombarde dovessero essere del tutto autonome nelle proprie determinazioni, e che i responsabili di ciascuna di esse non dovessero chiedere il preventivo assenso del responsabile di riferimento della ndrangheta calabrese, ma unicamente informarlo degli esiti delle iniziative di volta in volta assunte, e soltanto per una forma di rispetto, non per l'esistenza di un rapporto di subordinazione gerarchica. 6.2.7. Dalle conversazioni intercettate e' quindi emerso che l'autonomia delle articolazioni del sodalizio operante in Lombardia era stata accentuata dalla valorizzazione de "La Lombardia" come struttura federativa delle "locali" operanti in quell'ambito territoriale, che aveva finito per rappresentare anche nei rapporti con la ndrangheta operante in Calabria: appare, a tale riguardo, emblematica una conversazione del 6 maggio 2008, nel corso della quale (OMISSIS) ricorda a (OMISSIS) che la "Lombardia", lungi dal riflettere una mera connotazione geografica, era stata chiamata ad assolvere sia ad una innovativa funzione di coordinamento tra le "locali" lombarde, che ad un compito di rappresentanza delle stesse "locali" nei rapporti e nelle relazioni con gli appartenenti alla ndrangheta calabrese e con la "Provincia", cioe' con l'analoga struttura di coordinamento costituita in Calabria per le varie articolazioni dell'omologa associazione attiva in quella zona. 6.2.8. Estremamente significative nel delineare le predette dinamiche interne sono risultate le numerose conversazioni registrate in occasione delle plurime riunioni organizzate per determinare le regole di funzionamento delle singole "locali" oltre che della stessa "Lombardia", nonche' per concordare e progettare le imprese criminali da attuare nell'interesse comune del sodalizio: queste riunioni non costituivano, infatti, occasione di meri incontri conviviali (secondo quanto, al contrario, diverse difese hanno preteso accreditare, con ricostruzione all'evidenza interessata e riduttiva, riferendo che in tali occasioni gli invitati si limitavano a partecipare a rimpatriate tra calabresi lontani dalle terra madre che culminavano in innocue "mangiate"), ma avevano un peso strategico essenziale. In particolare, interpretando incensurabilmente le conversazioni in quella sede intercettate, e' stato attribuito notevole rilievo a quanto verificatosi in occasione di un incontro conviviale organizzato il 31 ottobre 2009 (f. 70 ss. della sentenza impugnata) all'interno del centro anziani "(OMISSIS)" di (OMISSIS): detto incontro, per i preparativi, i rituali, l'andamento e le conclusioni, lungi dal costituire mera occasione per una rimpatriata tra calabresi trapiantati in Lombardia, e' stato condivisibilmente considerato come un vero e proprio summit tra i capi ed i principali affiliati alle "locali" del sodalizio ndranghetistico operante all'interno della "Lombardia", che come tali consapevolmente si riconoscevano ed operavano, e nel corso del quale doveva essere eletto il nuovo "mastro generale" de "la Lombardia". Depongono in tal senso, secondo l'incensurabile ricostruzione della Corte di appello: - la capillare organizzazione mirata a garantire la segretezza dell'incontro (i soggetti ammessi a parteciparvi avevano ricevuto istruzioni di parcheggiare in luogo non vicino al Centro, e di recarvisi con i cellulari spenti; le vetrate poste all'esterno del locale erano state ricoperte con manifesti, estemporaneamente richiesti dal (OMISSIS) ad un personaggio di sua fiducia per evitare che dall'esterno si potesse vedere quello che accadeva all'interno; all'esterno del locale era stato istituito un imponente servizio di vigilanza); - il linguaggio rituale utilizzato in molte delle conversazioni nel corso di esso intercettate (nelle quali si discute di "Lombardia" e di "Calabria", di "battezzare", di "nuove affiliazioni", "doti" e "cariche", di "locali", di "patti e prescrizioni"). 6.2.8.1. I partecipanti alla riunione di (OMISSIS) avevano inteso rinvigorire le ambizioni autonomiste di (OMISSIS), ucciso circa una anno prima. Alla riunione era intervenuto (OMISSIS), in veste di paciere tra gli affiliati alle cosche ndranghetistiche operanti in Calabria ed in Lombardia, che aveva preso atto dell'autonomia ormai acquisita da questi ultimi, ed aveva proposto di rideterminare i rapporti delle "locali" appartenenti a "La Lombardia" con la "casa madre", sospendendo per un anno il conferimento di nuove "doti" per i sodalizi operanti in entrambe le realta' territoriali; la sua proposta di pacificazione era accettata dai presenti. 6.3. Le conclusioni della Corte di appello. Secondo la Corte di appello, in conclusione, "gli elementi esposti consentono di concludere che La Lombardia, associazione di stampo ndranghetistico - che nella ndrangheta calabrese trova le sue origini e da essa ha mutuato programma criminoso, riti, usanze, linguaggio, struttura organizzativa ed ordinamento gerarchico - e' sovrana nel territorio lombardo, e sovrani sono i singoli locali rispetto ad essa. Nei confronti di questi ultimi, d'altro canto, La Lombardia, ente federativo, esercita un'azione di organizzazione, coordinamento, risoluzione dei conflitti e altresi' fatto piu' che decisivo - ne assume la rappresentanza nei rapporti con la Calabria; anzi, come dice (OMISSIS), l'appartenenza alla Lombardia e' condizione necessaria affinche' una locale di ndrangheta sia riconosciuta come tale, soprattutto nella terra d'origine. Rispetto a quest'ultima - e cio' e' piu' che mai chiaro nei discorsi del Crossodromo riunione tenuta il 20 gennaio 2009 presso il Crossodromo di (OMISSIS) al campo, dopo l'omicidio di (OMISSIS), nonche' confermato dalle parole di (OMISSIS) - La Lombardia, nell'organizzare e gestire le proprie attivita' lecite ed illecite in assoluta autonomia, deve tuttavia mantenere vivo il rapporto di filiazione, che si esprime non con un potere gerarchico della casa madre, bensi' con l'emanazione, da parte di questa, di "regole" la cui osservanza e' ritenuta condizione necessaria perche' la struttura lombarda mantenga, alla stregua di un marchio di fabbrica, la propria legittimita' ndranghetista". Adoperando una metafora legata al moderno linguaggio delle relazioni commerciali, la Corte di appello ha assimilato il rapporto intercorrete tra "la Calabria" e "la Lombardia" ad una sorta di rapporto di franchising, "nell'ambito del quale la Calabria e' proprietaria e depositarla del marchio "ndrangheta", completo del suo bagaglio di arcaiche usanze e tradizioni, mescolate a foltissime spinte verso piu' moderni ed ambiziosi progetti di infiltrazione nella vita economica, amministrativa e politica. Essa ha nel tempo non solo autorizzato, ma altresi' voluto ed incoraggiato l'esportazione del marchio oltre i confini regionali (la presenza in Lombardia e' molto cara ai vertici calabresi per le opportunita' che essa offre, come dimostrato, ad esempio, dalla vicenda (OMISSIS)) ed anche nazionali, ma sempre riaffermando, con toni che appaiono progressivamente piu' consapevoli, l'esigenza che le filiazioni esterne rispondano a determinati standard, in assenza dei quali cessa il riconoscimento da parte della casa madre e la possibilita' stessa di fregiarsi del marchio" (in proposito, si rinvia alle eloquenti conversazioni riportate a f. 72 ss. della sentenza impugnata). Diverso rispetto a questo rapporto di franchising e' il collegamento - o "cordone ombelicale", secondo una metafora impiegata dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) - delle singole "locali" con la rispettiva cellula di riferimento in Calabria: "esso emerge in moltissimi episodi, che attengono a momenti di difficolta' dei singoli locali: nell'ambito della vicenda (OMISSIS), (OMISSIS) si rivolge agli esponenti del locale di Grotteria per ricevere appoggio e consigli; (OMISSIS) si rivolge a (OMISSIS) dopo l'omicidio (OMISSIS), chiedendo autorevole sostegno in relazione alle posizioni da assumere nell'ambito de La Lombardia. Ma quando questo collegamento si fa per taluno troppo stringente, gli altri membri dell'associazione reagiscono, avvertendolo come una minaccia proprio per l'autonomia di quest'ultima". Emblematiche al riguardo sono le conversazioni riportate a f. 73 ss. della sentenza impugnata. 6.3.1. "La Lombardia" e' quindi (f. 102 ss.) "un'associazione criminale da tempo operante in questa regione con propri organi, dotata di autonomia rispetto alla "casa madre", articolata nelle strutture territoriali in contestazione, ciascuna delle quali presenta una propria fisionomia e una propria identita', in relazione al territorio o, ancor piu', alle propensioni individuali degli affiliati ed alla tradizione del locale: alcuni piu' attivi nel commercio della droga, altri da sempre impegnati nel controllo del settore del movimento terra, altri ancora maggiormente dediti alla consumazione di delitti di violenza, altri, infine, in cui si coltivano relazioni politiche ed affaristiche di alto livello". Osserva ancora la Corte di appello che "l'immagine dei tavoli disposti a ferro di cavallo, ai quali sono seduti, l'uno accanto all'altro per una votazione finale con tanto di brindisi, uomini inclini alla violenza come (OMISSIS), pregiudicati per narcotraffico come (OMISSIS), imprenditori incensurati con velleita' politiche come (OMISSIS), i cui comportamenti in ambito lavorativo erano, peraltro, non di rado accompagnati da atti di vera e propria intimidazione mafiosa, contraddice la prospettazione difensiva tendente a descrivere il sodalizio de quo non gia' come criminale e deviante, bensi' come legittima associazione a fini solidaristici tra persone di origine calabrese, secondo un antico costume, appartenente alla tradizione degli "andra agatoi"; prospettazione contraddetta anche dalla consapevolezza all'evidenza manifestata in piu' occasioni dagli stessi sodali circa la condizione di illegalita', sotto il profilo penale, in cui versano per il solo fatto della loro affiliazione", come desumibile dalle conversazioni riportate a f. 103 ss. della sentenza impugnata. 6.4. Gli elementi costitutivi dell'associazione ndranghetistica de qua. 6.4.1. Il vincolo di intimidazione. Secondo la (corretta ed incensurabile, per le ragioni in premessa indicate) ricostruzione dei fatti accertati, operata dalla Corte di appello valorizzando essenzialmente le copiosissime risultanze acquisite, corroborate dalle accessorie verifiche di PG e dagli ulteriori elementi probatori acquisiti e valorizzati, una "miriade" di episodi e' risultata espressiva della capacita' di intimidazione connessa al vincolo associativo promanante da "la Lombardia", ed ha determinato l'effetto di assoggettamento e di omerta' nel territorio di operativita': "Numerose sono peraltro le imputazioni che hanno ad oggetto reati con violenza sulle persone, ne' e' possibile dimenticare che nel contesto del sodalizio criminoso in questione sono maturati ben tre omicidi, ed un progetto omicidiario e' stato sventato proprio grazie alle indagini in corso. Sullo sfondo, restano i numerosi attentati incendiari o le esplosioni di colpi di pistola ossia atti intimidatori eseguiti con modalita' tipiche della criminalita' organizzata - nei confronti di vittime che esercitano attivita' commerciali e imprenditoriali, molte delle quali, in sede di denuncia, hanno dichiarato in termini scarsamente credibili, di non nutrire sospetti su alcuno, ed escluso d'avere mai ricevuto richieste estorsive". Numerosi sono stati anche gli atti intimidatori posti in essere in danno di altri affiliati o di persone ad essi vicine (riepilogati a f. 103 ss. della sentenza impugnata); sono state correttamente ritenute molto significative "le deposizioni dibattimentali di parecchie vittime di condotte estorsive: tali comportamenti criminosi, a fronte di dichiarazioni a dir poco elusive o tendenti a minimizzare, hanno potuto essere compiutamente accertate solo grazie al contenuto delle conversazioni registrate. Merita una citazione, a questo proposito, la piu' evidente manifestazione di omerta' registrata nel processo: nonostante le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in ordine al grave reato di estorsione commesso in loro danno, i testimoni (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno continuato a pervicacemente negare, anche in dibattimento, d'esserne mai stati oggetto, costringendo il Pubblico Ministero a chiedere al Tribunale la trasmissione degli atti per procedere nei loro confronti". 6.4.1.1. La disponibilita' di armi. L'accertata disponibilita' di armi in capo al sodalizio "La Lombardia", contestata come circostanza aggravante - da ritenersi nel caso di specie correttamente configurata ed integrata -, e' stata valorizzata dalla Corte di appello come uno degli indici piu' pregnanti della capacita' di intimidazione dell'associazione mafiosa de qua: "qui armi ve n'erano, e molte, come dimostrato dai lunghi verbali di sequestro in atti. Veri e propri arsenali sono stati infatti rinvenuti nel maneggio di (OMISSIS), nel maneggio di Bregnano, presso il vivaio di (OMISSIS), nel box di (OMISSIS) ed in quello di (OMISSIS), nella azienda di (OMISSIS); e avevano disponibilita' di armi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)". 6.4.1.2. E' opportuno immediatamente ribadire, quanto alla contestazione della relativa circostanza aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 5, il pacifico orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che il collegio condivide, e secondo il quale, in tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, l'aggravante della disponibilita' di armi presenta natura oggettiva, ed e' applicabile anche nei confronti degli associati che non abbiano personalmente custodito od utilizzato le armi stesse, ma siano consapevoli del possesso delle stesse da parte del gruppo criminale di appartenenza (cosi', tra le tante, Sez. 5 , sentenza n. 1703 del 16 gennaio 2014, CED Cass. n. 258956). Nel caso di specie, tenuto conto di quanto appena riferito e della comune conoscenza del verificarsi delle vicende omicidiarie che avevano interessato "La Lombardia" nel ricordato periodo di crisi, detta comune consapevolezza appare indiscutibilmente dimostrata, e quindi incensurabilmente ritenuta. 6.4.1.3. Talune difese hanno evocato l'esistenza di un presunto contrasto giurisprudenziale che riguarderebbe la seguente questione: "se, nel caso in cui un'associazione di stampo mafioso (nella specie la ndrangheta) costituisca in Italia od all'estero una propria diramazione, sia sufficiente, ai fini della configurabilita' della natura mafiosa di quest'ultima, il semplice collegamento con l'associazione principale, oppure se la suddetta diramazione debba esteriorizzare in loco gli elementi previsti dall'articolo 416 bis c.p., comma 3". In verita', la questione, esaminata e risolta da numerose decisioni di questa Corte, non appare in alcun modo controversa. Questa Corte (Sez. 5 , sentenza n. 38412 del 25 giugno 2003, CED Cass. n. 227361; Sez. 5 , sentenza n. 45711 del 2 ottobre 2003, CED Cass. n. 227994) ha gia' chiarito che il delitto di associazione di tipo mafioso e' stato configurato dal legislatore come reato di pericolo, e che, ai fini della sua integrazione, e' sufficiente che il gruppo criminale considerato sia potenzialmente capace di esercitare intimidazione, e come tale sia percepito all'esterno, non essendo di contro necessario che sia stata effettivamente indotta una condizione di assoggettamento ed omerta' nei consociati attraverso il concreto esercizio di atti intimidatori. Il principio e' stato successivamente ribadito dalla 1 Sezione (sentenza n. 5888 del 10 gennaio 2012, CED Cass. n. 252418: "per qualificare come mafiosa un'organizzazione criminale e' necessaria la capacita' potenziale, anche se non attuale, di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volonta' di quanti vengano in contatto con gli affiliati all'organismo criminale. Nella specie, e' stata ritenuta mafiosa un'organizzazione criminale costituitasi autonomamente in Liguria che ripeteva le caratteristiche strutturali delle "locali" di ndrangheta calabresi, si ispirava alle regole interne di questi ultimi e con essi manteneva stretti collegamenti"), e da questa Sezione (Sez. 2 , sentenza n. 4304 del 1 febbraio 2012, CED Cass. n. 252205: "Il reato di associazione di tipo mafioso e' configurabile anche in difetto della commissione di reati-fine, purche' l'organizzazione sul territorio, la distinzione di ruoli, i rituali di affiliazione ed il livello organizzativo e programmatico raggiunto ne lascino concretamente presagire la prossima realizzazione. Fattispecie relativa ad attivita' della ndrangheta in localita' piemontesi"). Successive decisioni, non massimate (Sez. 5 , sentenze nn. 28091 del 2013, 2832 del 2013, 28337 del 2013, 35997 del 2013, 35998 del 2013, 35999 del 2013), tutte riguardanti - in ambito cautelare - una vicenda avente ad oggetto insediamenti della ndrangheta calabrese in provincia di Torino e territori limitrofi, hanno nuovamente ribadito che il delitto di cui all'articolo 416 bis c.p. ha natura di reato di pericolo, e puo' essere configurato anche in difetto della commissione di reati-fine, purche' gli elementi acquisiti consentano di "ritenere accertato che l'associazione derivata abbia conseguito, in concreto, nell'ambiente in cui essa opera, un'effettiva capacita' di intimidazione, anche se non ancora estrinsecata nella commissione di reati-fine e anche se non ancora in pieno percepita nell'area geografica" di operativita'. Il principio e' stato ancor piu' recentemente ribadito da questa Sezione (sentenza n. 15412 del 23 febbraio 2015, non massimata, riguardante la c.d. "operazione (OMISSIS)"), in un caso nel quale - come in quello oggetto del presente procedimento - si era accertato che la carica di intimidazione espressa in concreto dal sodalizio ndranghetistico di riferimento (in quella occasione, penetrato in Piemonte) non era stata "solo quella derivata dalla casa madre e ben presente nella memoria collettiva di tutta la comunita' nazionale oltre che di quella del Piemonte, ove risiedono molti cittadini di origine calabrese", poiche' essa si era rivelata "anche per concreti e specifici episodi, verificatisi nel territorio piemontese in cui, per commettere delitti (in genere estorsioni in danno di imprenditori e commercianti) e assumere il controllo di attivita' economiche, gli affiliati si sono concretamente avvalsi della forza d'intimidazione dell'associazione mafiosa, con conseguente assoggettamento delle vittime e rifiuto omertoso delle stesse di collaborare con gli inquirenti"; la citata decisione ha, inoltre, reputato significativo "l'ulteriore indice rivelatore desumibile dalla derivazione storica e dai permanenti rapporti con la casa madre (quella calabrese della ndrangheta reggina, nel caso di specie), la cui mafiosita' appartenga al notorio e/o sia stata gia' in precedenza dimostrata in sede giudiziaria". 6.4.1.4. In sintesi: le decisioni giurisprudenziali che si sono occupate della questione convergono nel ritenere che l'integrazione della fattispecie di associazione di tipo mafioso implica che un sodalizio criminale sia in grado di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una capacita' di intimidazione non soltanto potenziale, ma attuale, effettiva ed obiettivamente riscontrabile, capace di piegare ai propri fini la volonta' di quanti vengano a contatto con i suoi componenti (cosi', fra le tante, Sez. 1 , sentenza n. 25242 del 16 maggio 2011, CED Cass. n. 250704: in motivazione si e' precisato che il condizionamento della liberta' morale dei terzi estranei al sodalizio non deve necessariamente scaturire da specifici atti intimidatori, ma puo' anche costituire l'effetto del timore che promana direttamente dalla capacita' criminale dell'associazione). 6.4.1.5. Va, in proposito, affermato il seguente principio di diritto: "Il delitto di cui all'articolo 416 bis c.p. ha natura di reato di pericolo; ne consegue che, nel caso in cui un'associazione di tipo mafioso (nella specie, la indrangheta) costituisca in Italia od all'estero una propria diramazione, ai fini della configurabilita' della natura mafiosa di quest'ultima, e' necessario che essa sia in grado di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una capacita' di intimidazione non soltanto potenziale, ma attuale, effettiva ed obiettivamente riscontrabile, capace di piegare ai propri fini la volonta' di quanti vengano a contatto con i suoi componenti. Detta capacita' di intimidazione potra', in concreto, promanare dalla diffusa consapevolezza dal collegamento con l'associazione principale, oppure dall'esteriorizzazione in loco di condotte integranti gli elementi previsti dall'articolo 416 bis c.p., comma 3". 6.4.1.6. Nel caso di specie, la Corte di appello (con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) ha, all'uopo, valorizzato entrambi i profili, ovvero sia la diffusa consapevolezza dal collegamento della "locali" appartenenti a "La Lombardia" con la casa-madre, ovvero la ndrangheta operante in Calabria, sia la (imponente: cfr. 6.4.1. s.) esteriorizzazione in loco di condotte integranti gli elementi previsti dall'articolo 416 bis c.p., comma 3, il rende all'evidenza vane le insistenti censure difensive riguardanti la presunta insufficienza all'uopo del primo soltanto dei predetti elementi. 6.4.1.7. Tale ultimo rilievo, in unione alla gia' evidenziata assenza di un effettivo contrasto giurisprudenziale in argomento, rende non dovuta la pur altrettanto insistentemente chiesta rimessione della questione alle Sezioni Unite. 6.4.1.8. D'altro canto, a conclusioni affini e' giunta questa Corte (Sez. 6 , sentenza n. 30059 del 5 giugno 2014, CED Cass. n. 262398) in relazione all'altro troncone di questo medesimo processo, affermando il principio di diritto cosi' massimato, che va condiviso e ribadito: "E' configurabile il reato di cui all'articolo 416 bis c.p. laddove l'associazione per delinquere si sia radicata in loco mutuando dai clan operanti in altre aree geografiche i ruoli, i rituali di affiliazione e il livello organizzativo, e risulti agire in concreto, nell'ambiente in cui opera, con metodo mafioso, esteriorizzando cioe' un'effettiva forza intimidatrice rivolta verso i propri sodali e verso i terzi vittime dei reati-fine, che si traduce in omerta' e assoggettamento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza impugnata che aveva ravvisato la sussistenza di una organizzazione qualificabile a norma dell'articolo 416 bis c.p. con riferimento alle cosiddette "locali" lombardi della ndrangheta non soltanto per la sicura connessione di esso con l'associazione attiva in Calabria, ma anche per la realizzazione in Lombardia di reati-fine attuativi del programma criminoso, compiuti mediante utilizzo del metodo mafioso)". 6.4.2. Il programma associativo. Quanto al programma criminoso, gli elementi probatori incensurabilmente valorizzati dalla Corte di appello (f. 104 ss. della sentenza impugnata) hanno dimostrato che "l'associazione mafiosa in questione ha perseguito tutte le finalita' previste dalla norma incriminatrice: reati in materia di sostanze stupefacenti, di usura, estorsione, furti, abusivo esercizio di attivita' finanziaria, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, ricettazione; reati con finalita' di acquisizione del controllo delle attivita' economiche, tra i quali occorre ricordare quelli connessi all'infiltrazione mafiosa nelle aziende della famiglia Perego, per la quale da tempo lavoravano i padroncini calabresi e seguita con attenzione dalla "madre patria" anche in previsione delle prospettive attribuite a EXPO 2015, reati connotati da numerosi gravi comportamenti intimidatori, nei confronti dello stesso (OMISSIS); vanno poi richiamate le emergenze in ordine all'attivita' edilizia e a quella collegata al movimento terra, soprattutto in Corsico, anch'essa connotata da atti intimidatori dei quali e' stato protagonista l'imputato (OMISSIS), operante in quel settore in collegamento con la figura di (OMISSIS). Da ricordare ancora, sempre in ambito autotrasporti, il controllo sul mercato del gasolio, in cui erano attivi soprattutto gli esponenti del locale di (OMISSIS). (OMISSIS) ha riferito poi sull'attivita' del locale da lui diretto nel settore dei "servizi d'ordine" a protezione di pubblici esercizi e locali notturni; e non si puo' non ricordare, per le dimensioni quantitative che aveva raggiunto, forse anche oltre le contestazioni di cui alle relative imputazioni, l'esercizio abusivo dell'attivita' creditizia, spesso anticamera di reati piu' gravi, quali usura ed estorsione. Sono provati, come recita l'imputazione, interessi degli imputati nel controllo dell'attivita' di ristorazione: molti di essi erano titolari di bar o ristoranti, e sono documentati casi in cui la stessa proprieta' dell'esercizio e' stata acquisita con modalita' illecite o comunque intimidatorie". Le vicende relative alla citta' di (OMISSIS) hanno poi dimostrato l'infiltrazione de "La Lombardia" nella vita politica ed in settori della societa' civile (amministrativo, sanitario, bancario), attraverso la figura di (OMISSIS), "uno stabile punto di riferimento per convogliare i voti controllati dall'associazione sui candidati in piu' tornate elettorali amministrative. Ma sono emersi contatti con la politica anche nell'ambito della vicenda (OMISSIS) nel locale di Bollate significativo il rapporto di (OMISSIS) con (OMISSIS); e sono risultati particolarmente attivi sotto questo profilo gli affiliati del locale di Desio, che intrattenevano rapporti con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)". Sono emersi rapporti con pubblici funzionari, "quali (OMISSIS), direttore della casa circondariale di (OMISSIS); (OMISSIS), ufficiale giudiziario in servizio a (OMISSIS); (OMISSIS), ispettore dell'Agenzia delle entrate, (OMISSIS), Presidente del Collegio dei revisori dei conti della Provincia di Milano. Rilevantissima, nell'ambito del locale di (OMISSIS), l'infiltrazione nella societa' a completa partecipazione pubblica (OMISSIS), che raggruppa circa quaranta comuni della (OMISSIS) e del (OMISSIS), ed ha come oggetto sociale la gestione delle reti idriche dei comuni stessi". Alcuni di questi pubblici funzionari appartenevano alle forze dell'ordine: "il caso piu' grave e' rappresentato dalla figura di (OMISSIS), componente dell'Arma dei Carabinieri in servizio presso la Compagnia di Rho, postosi, dietro compenso e in via permanente e continuativa, al servizio degli associati, le cui condotte - molte delle quali di per se stesse costituenti reato sono state sussunte nella figura del concorso atipico nel del delitto associativo; del suo preziosissimo contributo sono al corrente non solo gli affiliati del locale di (OMISSIS), ma anche quelli di (OMISSIS) e di (OMISSIS). Gli stessi componenti del locale di (OMISSIS) fruiscono poi del contributo informativo, al quale si riferiscono in piu' di un'occasione, di un appartenente alla Direzione Investigativa Antimafia di Milano, purtroppo ad oggi rimasto non identificato". Il collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha rivelato i rapporti con apparati dello Stato di cui la sua "locale" poteva godere: queste vicende sono riepilogate in dettaglio a f. 106 s. della sentenza impugnata. Ulteriori proficui rapporti della ndrangheta con uomini dello Stato non ancora identificati sono emersi dai ripetuti segnali che, nel corso dell'indagine, hanno allarmato gli investigatori per episodi di fuga di notizie: in molti casi, soggetti indagati ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) risultano avere "bonificato" le autovetture che avevano in uso, rinvenendo le microspie che vi erano state installate per le captazioni ambientali; da plurime conversazioni intercettate (riepilogate a f. 107 ss. della sentenza impugnata) si e' appreso che gli esponenti del sodalizio riuscivano ad ottenere "notizie sulle indagini in corso, in tempo reale". 6.4.3. Le ulteriori conclusioni della Corte di appello. In virtu' di quanto fin qui premesso, la Corte di appello (f. 110 ss. della sentenza impugnata) ha conclusivamente ritenuto di poter riscontrare nella realta' associativa cosi' delineata i requisiti per la configurabilita' dell'ipotesi prevista dall'articolo 416 bis c.p., "desumibili dalla presenza di tutti gli indici rivelatori del fenomeno mafioso, che la giurisprudenza ha da anni enucleato in materia di criminalita' organizzata quali: la saldezza e la segretezza del vincolo associativo, l'uso di rituali e di linguaggio criptico, la frequenza di rapporti fra consociati, la ripartizione interna di ruoli, la rigorosa osservanza delle regole e del rapporto gerarchico, l'assistenza economico-legale degli associati arrestati e dei loro congiunti, l'assicurazione di lunghe latitanze dei capi, la capacita' di infiltrarsi in punti nevralgici delle istituzioni pubbliche funzionale alla protezione ed al potenziamento del gruppo, che non solo ottiene favoritismi attraverso pubblici amministratori o funzionari bancari, ma fruisce di una barriera protettiva fornita da anticipate comunicazioni di provvedimenti giudiziari relativi a intercettazioni avvio di indagini o emissione di misure cautelari o di prevenzione; la notevole espansione del gruppo nella gestione di esercizi commerciali o nell'acquisizione di attivita' imprenditoriali non giustificata da operazioni di natura economica, che sottendono dinamiche di altro genere; l'ampia dotazione di armi ed esplosivi". Ed ha evidenziato, nel caso in esame, la presenza, non sempre riscontrabile nelle articolazioni della ndrangheta operanti in territori diversi da quelli di origine, del principale indicatore di "mafiosita' classica", rappresentato dalla consumazione di delitti "di sangue", omicidi, estorsioni, incendi, danneggiamenti, ampia disponibilita' ed utilizzo indiscriminato di armi, in quanto di per se' espressivi di attuazione del programma criminoso del sodalizio, comportante assoggettamento ambientale e diffusa omerta' quale effetto della forza intimidatoria promanante dal vincolo associativo, a coprire l'intera gamma delle finalita' illecite previste dall'articolo 416 bis c.p.. 6.4.3.1. Per tali ragioni sono state condivisibilmente ritenute inaccoglibili le tesi difensive volte: - a qualificare i rapporti tra gli imputati come mere ed innocue frequentazioni tra persone accomunate dalla stessa cultura e provenienza, dedite a rituali inoffensivi; - ad invocare la mancata dimostrazione di una effettiva capacita' de "La Lombardia" di incutere timore, obiettivamente riscontrabile e percepibile all'esterno, derivante dalla potenza criminale conseguita autonomamente sul territorio di operativita', della quale si sia avvalsa l'associazione per realizzare il comune programma criminoso, nei confronti degli stessi associati e dei terzi, venuti con essa a contatto, tale da incidere sull'autodeterminazione dei destinatari dell'intimidazione. Al rilievo difensivo che non in tutte le locali federate ne "La Lombardia" si sarebbero verificati delitti connotati da violenza e minaccia o condotte espressive di agire tipicamente mafioso, la Corte di appello ha, inoltre, fondatamente opposto il rilievo che "il programma criminoso attuato da La Lombardia, secondo quanto risulta dalle acquisite risultanze, comprende anche condotte esenti da concreti atti di violenza e sopraffazione, financo prive di per se' di rilevanza penale, eppure riconducibili a pieno titolo all'agire mafioso, in quanto corrispondenti alle finalita' che gli indici rivelatori elaborati dalla giurisprudenza e la stessa configurazione normativa attribuiscono al programma criminoso dell'associazione ex articolo 416 bis c.p., non coincidenti necessariamente con la commissione di reati. Incontestabile (ed inquietante per il sotteso clima di intimidazione ed omerta') e' la potenza criminale esteriorizzata da La Lombardia, ad esempio, con la sua capacita' di assicurare la latitanza di un affiliato condannato per uxoricidio per oltre 30 anni ( (OMISSIS)) in un luogo come la citta' di (OMISSIS); altrettanto puo' dirsi per la mobilitazione generalizzata di sodali e terzi creata dalla rocambolesca vicenda dell'assicurazione delle latitanze di (OMISSIS) e (OMISSIS) contestata al capo 82. Significative sono poi le attivita' di infiltrazione nella societa' civile realizzate attraverso personaggi insospettabili, che avvalendosi delle proprie (effettiva simulate) competenze professionali, avvantaggiano l'associazione favorendola nel rafforzamento del potere economico, nella protezione dei propri membri, nell'allargamento dei contatti e nelle conoscenze "cruciali" di personaggi utili inseriti nel mondo imprenditoriale o politico-istituzionale. Certamente rappresentative dell'impiego strumentale del metodo mafioso, calibrato strategicamente in relazione al contesto socio-ambientale di operativita' ed alle finalita' perseguite, e della sua efficacia nel realizzare, senza esteriorizzazione di forza intimidatrice, l'alterazione delle regole di contrattazione e di mercato, ovvero delle dinamiche di voto, sono i numerosi casi di infiltrazione nel mondo economico-imprenditoriale attraverso il controllo della gestione di imprese, alla quale hanno spesso dato inizio insospettabili personaggi presentatisi quali "risanatori di aziende in crisi", come nell'episodio della (OMISSIS) srl (...) e le complesse vicende emerse nell'indagine Tenacia; ovvero l'attivita' svolta da (OMISSIS) in veste di professionista interessato alla politica, pronto a costituire "comitati elettorali" in appoggio di questo o quel candidato in occasione di competizioni elettorali, capace di convogliare sullo stesso i voti degli elettori affiliati in forza dell'intimidazione derivantegli dalle regole della gerarchia che gli consentono tramite il concorrente esterno-garante-grande elettore (OMISSIS), di esigere quanto chiede, in vista vantaggi utili al gruppo in termini di favori, commesse, posti di lavoro, protezione". 6.4.4. La partecipazione all'associazione. Numerose difese hanno confutato la concreta valenza degli elementi indiziari (partecipazione a summit oppure a semplici incontri allargati con altri sodali; partecipazione a matrimoni o funerali; possesso di "doti" o "cariche"; conoscenza delle dinamiche e dei ruoli associativi; utilizzo di un linguaggio criptico mirate a non rivelare i luoghi degli incontri) conformemente valorizzati dalle sentenze di merito ai fini della prova della partecipazione dei vari imputati coinvolti al sodalizio ndranghetistico de quo. Al contrario, la Corte di appello (f. 130 ss. della sentenza impugnata) ha motivatamente valorizzato, all'uopo, "il complesso delle intercettazioni telefoniche acquisite nel procedimento ed i contestuali servizi di OPC eseguiti in "tempo reale" rispetto alle conversazioni", poiche' detti elementi "hanno consentito di appurare che la maggior parte degli incontri allargati (c.d. "summit") indicati in imputazione avvenivano nella massima segretezza, assistita da servizi d'ordine fuori dal locale in cui si svolgevano, preceduti da comunicazioni criptiche fra i partecipi, in cui non venivano mai esplicitati i luoghi e gli orari degli incontri, all'evidente fine di mantenere per l'appunto quella segretezza. Le modalita' in cui venivano organizzati questi incontri, la presenza di convitati solo maschili, in assenza di familiari e di donne che potrebbero conferire ben altro significato alla pretesa convivialita' sono elementi da tenere presente per la corretta interpretazione del senso e del significato degli incontri stessi. Ed ha, quindi, correttamente ritenuto che "la partecipazione a discorsi di ndrangheta, sia allargati, sia ristretti, sia quali rituali per il conferimento di "doti" o "cariche" e' sintomo inequivoco di partecipazione al sodalizio poiche' notoriamente (e qui entra in azione la massima di esperienza) la segretezza e rigida selettivita' dei partecipi implica che solo chi e' affiliato possa prendervi parte o anche solo ascoltare. La partecipazione a summit segreti di ndrangheta, cerimonie di affiliazione o di conferimento di doti costituisce dunque chiaro elemento fattuale concludente sintomatico di partecipazione all'associazione e non puo' essere considerato un elemento neutro, giustificabile con la normale partecipazione ad incontri fra conterranei. Il tema e' molto vicino a quello della partecipazione ad eventi "liturgici" quali i matrimoni o i funerali". A tale ultimo riguardo, ha anche precisato che la partecipazione a questi ultimi eventi non costituiva mero "normale e molto sentito elemento di aggregazione fra compaesani fuori dalla loro terra di origine", bensi' occasione imperdibile "per incontrarsi senza dare nell'occhio, senza suscitare interventi da parte delle forze dell'ordine e con il vantaggio di essere presenti in gran numero e cosi' scambiarsi informazioni e "misurarsi" nelle dinamiche del sodalizio. E' proprio l'ambivalenza di siffatti eventi, che forniscono una comoda copertura derivata dalla specialita' tutta privata dell'evento, che consente, ab origine, di utilizzarli per incontrarsi e spesso decidere questioni cruciali del sodalizio senza apparire sospetti, sapendo gia' in partenza di potersi facilmente difendere in chiave di mera partecipazione ad un evento privato e liturgico, della tradizione e della piu' innocuo socialita' fra conterranei". Si e', infine, precisato che non tutti i matrimoni "hanno costituito occasioni per svolgere summit veri e propri, e comunque il contenuto dei discorsi fatti non sempre e' stato percepito dagli inquirenti, ma tutti i matrimoni che hanno assunto valenza indiziaria in quanto avevano la caratteristica di essere stati preparati in una maniera "tipica" di ndrangheta. Non e' la mera partecipazione al matrimonio che conferisce valenza indiziaria di partecipazione al sodalizio, come pretendono le difese, ma la modalita' in cui essa avviene e le ragioni sottese alla scelta degli invitati quale chiaramente emerge dalle intercettazioni. In varie occasioni come si vede nella sentenza impugnata, e si vedra' nel prosieguo di questa sentenza analizzando le singole posizioni gli inviti non vengono conferiti ad personam, in virtu' di rapporti parentali o amicali con gli sposi o le loro famiglie, ma in considerazione della rappresentativita' delle varie "locali". Gli inviti vengono distribuiti in numero fisso o variabile per "locale", lasciando al capo della "locale" o al soggetto piu' anziano la facolta' di scegliere a chi conferirlo, secondo una logica che si appalesa di ndrangheta e di rispetto delle regole dell'appartenenza, della rappresentativita', delle gerarchie. Ecco che quello che appare e che normalmente e' un evento della tradizione diventa un evento di ndrangheta. Non a caso, i commenti che si registrano dopo questi eventi riguardano il peso e la caratura dei partecipi in un'ottica di potere di ndrangheta, di alleanze, di sfide: nei matrimoni ci si e' misurati, ci si e' osservati, ci si e' scambiati messaggi non verbali, significativi e chiari come quelli verbali perche' profferiti secondo in un codice condiviso e chiarissimo fra i sodali". 6.4.4.1. In tal modo la Corte di appello si e' correttamente conformata al consolidato orientamento, ribadito anche recentemente, di questa Corte, ferma nel ritenere che la stabile adesione ad un gruppo criminale di stampo mafioso e' abitualmente dimostrata dal dato formale della "legalizzazione", che denota l'inserimento organico di un soggetto nel sodalizio; tuttavia, anche in difetto della prova di essa, e' possibile dimostrare la partecipazione al sodalizio criminoso di un soggetto che, di fatto, sia in esso inserito e contribuisca con il suo comportamento alla realizzazione dei fini dell'associazione, poiche' l'articolo 416 bis c.p., incrimina chiunque fa parte dell'associazione di tipo mafioso, indipendentemente dalle modalita' attraverso le quali sia entrato a farne parte (cos', fra le tante, Sez. 6 , n. 30059 del 2014 cit., in motivazione). D'altro canto, con riguardo ad una vicenda affine a quella oggetto di questo processo (si trattava, in quella occasione, di infiltrazioni in Piemonte di sodalizi criminosi di matrice ndranghetistica), questa Corte (Sez. 1 , sentenza n. 4937 del 31 gennaio 2013, CED Cass. n. 254915) ha gia' chiarito che, in tema di associazioni di tipo mafioso, sono elementi fattuali sufficienti a far ritenere integrata la condotta di partecipazione alla associazione l'essere a conoscenza dell'organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell'identita' dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati e l'essere stato ammesso a partecipare a degli incontri in contesti deputati all'inserimento di nuovi sodali, condivisibilmente osservando che, in considerazione del vincolo di segretezza che contraddistingue i sodalizi criminosi di matrice ndranghetistica del tipo di quello in esame, solamente un partecipe avrebbe potuto essere coinvolto ed assistere alle indicate celebrazioni. 6.4.4.2. Questa Corte ha anche gia' ritenuto che, in presenza di rapporti di parentela tra i presunti partecipanti ad una associazione per delinquere di tipo mafioso o assimilato, ex articolo 416 bis c.p. (come, nel caso di specie, la ndrangheta), pur dovendosi escludere l'idoneita' di semplici relazioni di parentela o di affinita' a costituire, di per se', prova od anche soltanto grave indizio dell'appartenenza di taluno ad un'associazione del genere anzidetto, nulla impedisce che - una volta accertata, da un lato, la probabile esistenza di una organizzazione delinquenziale a base familiare e, dall'altro, una non occasionale attivita' criminosa di singoli esponenti della stessa famiglia (intesa in senso lato), alla quale fa capo l'organizzazione stessa, nel medesimo campo nel quale questa opera - venga considerato, in siffatto contesto, come non privo di valenza probatoria od indiziante in ordine alla partecipazione dei suindicati soggetti al sodalizio criminoso anche il fatto che vi siano legami di parentela o di affinita' fra essi e coloro che in quel sodalizio occupano posizioni di vertice o, comunque, di rilievo (Sez. 1 , n. 3263 del 1 luglio 1994, Agostino ed altri, rv. 198813). E, con specifica attenzione all'elemento psicologico che deve vivificare la condotta di partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso, si e' osservato che esso si configura allorche' ricorra la consapevole volonta' di far parte della compagine criminosa per condividerne le finalita' e l'attivita' svolta; tale consapevole volonta' di partecipazione puo' discendere anche dal legame di parentela tra i partecipanti all'associazione, qualora siano accertati l'esistenza di una organizzazione delinquenziale composta da persone aventi vincoli familiari tra loro ed una non occasionale attivita' criminosa degli stessi componenti della famiglia nell'interesse del sodalizio (Sez. 6 , n. 35914 del 30 maggio 2001, CED Cass. n. 221246). Va, in proposito, ribadito (cfr. Sez. 2 , sentenza n. 19177 del 15 marzo 2013, CED Cass. n. 255828) il seguente principio di diritto: "In presenza di rapporti di parentela tra i presunti partecipanti ad una associazione per delinquere di tipo mafioso, deve escludersi l'idoneita' di semplici relazioni di parentela o di affinita' a costituire, di per se', prova od anche soltanto grave indizio dell'appartenenza di taluno all'associazione; tuttavia, una volta accertata, da un lato, la probabile esistenza di un'organizzazione delinquenziale a base familiare e, dall'altro, una non occasionale attivita' criminosa di singoli esponenti della stessa famiglia (intesa in senso lato), alla quale fa capo l'organizzazione stessa, nel medesimo campo nel quale questa opera, puo' essere considerato come non privo di valore indiziante, in ordine alla partecipazione dei suindicati soggetti al sodalizio criminoso, anche il fatto che vi siano legami di parentela o affinita' fra essi e coloro che in quel sodalizio occupano posizioni di vertice o, comunque, di rilievo". Correttamente attenendosi a tale condivisa regula juris, la Corte di appello ha valorizzato ai fini dell'affermazione di responsabilita', come elementi indiziari accessori, anche i legami di natura personale e familiare "unitamente agli altri (elementi) solo quando ess(i) assumeva(no) un rilievo qualificante sulle altre prove, illuminante sui rapporti con gli altri componenti del gruppo delinquenziale", ha cioe' considerato "il legame di parentela come un dato fattuale da considerare per spiegare altri dati processuali emersi, senza ignorarlo apoditticamente, non apparendo giustificato il totale azzeramento del valore fattuale di tale dato". 6.4.5. A conclusione di queste considerazioni di ordine generale, la Corte di appello (f. ha preso atto che l'indagine oggetto del procedimento "ritrae un momento di profonda crisi e riorganizzazione degli assetti della Lombardia, immediatamente successiva all'omicidio di (OMISSIS). Il fatto di sangue piu' eclatante e' gia' avvenuto e costituiva la dimostrazione del malcontento interno all'associazione Lombarda per effetto delle spinte autonomistiche sempre piu' pressanti che tendevano ad emanciparsi dalla Calabria e dalle sue regole. In questa fase "storica" la Lombardia si presenta disgregata, dilaniata, ma al tempo stesso protesa, soprattutto attraverso i suoi capi e gli anziani, a mantenere compattezza ed unita', a ritrovare le regole e un nuovo capo capace di coagulare intorno a se' la Lombardia superando i contrasti interni. Si puo' dire che l'indagine Infinito si concluda poco dopo il famoso summit di (OMISSIS) in cui (OMISSIS) acclama il nuovo Mastro Generale, (OMISSIS)". In questa contrastata fase, si e' incensurabilmente ritenuto che "il prendere parte all'associazione, il mettersi a disposizione della stessa non significa tanto commettere delitti-fine (che, pure, vengono commessi), essere pienamente operativi per il raggiungimento degli scopi tipici delle associazioni mafiose, ma contribuire al ripristino delle regole e degli assetti interni. Lo specifico di questo procedimento e' la riorganizzazione interna, la ricerca del superamento dei contrasti che minacciano di fare "fallire" l'associazione e che minano in radice la tenuta della stessa. Il tutto in previsione di una ripresa di operativita' che al momento e' scarsa per lo sbandamento in cui versa l'associazione, e finalizzato comunque alla piena operativita' del sodalizio per il raggiungimento degli scopi comuni. E' dunque in questa chiave, calata nella specifica dinamica operativa del fenomeno di criminalita' osservato nel corso dei due anni di indagine che vanno "letti" ed interpretati i contributi forniti da ciascun sodale: in un'ottica di contributo alla riorganizzazione interna, alla ricerca di intese e di alleanze, alla repressione dei dissidenti e autonomisti, al freno di ambizioni personali per il potere interno e per la lotta alla successione del capo da poco scomparso, (OMISSIS). Questo e' lo specifico di questo procedimento e in questa direzione, non secondaria rispetto alla piena operativita' strettamente delittuosa perche' comunque strumentale alla ripresa della piena operativita', che vanno valutati contributi forniti dai sodali. Che le dinamiche interne dell'organizzazione siano strumentali alla piena operativita' delittuosa di questa ndrangheta lombarda e' emerso inequivocabilmente attraverso i diversi reati fine, di tipo comune, di controllo di attivita' economiche e di tipo politico che sono stati accertati in questo procedimento e costituiscono lo scopo ultimo dell'associazione. In questa stretta connessione fra dinamiche interne ed esterne si compone l'associazione di tipo mafioso di questo procedimento, in una dialettica che non necessariamente coinvolge ogni singolo sodale in ogni singolo reato fine ma che puo' ricondursi ad unita' e al perseguimento di uno scopo comune, quello di partecipare ad una organizzazione che consente la realizzazione di reati fine o di vantaggi ed utilita' di tipo economico o il controllo delle dinamiche elettorali". E si e' concluso che il contributo fornito da ciascun sodale per tutti gli aspetti di interna riorganizzazione del sodalizio, e "per favorire la ricerca di una linea comune che superi i contrasti interni e riaffermi le regole e le gerarchie, e' contributo essenziale ed assolutamente idoneo a configurare quella "messa a disposizione" della propria opera che costituisce la condotta partecipativa all'associazione". LA COMPETENZA PER TERRITORIO. 7. Alcune difese ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) hanno riproposto negli odierni ricorsi eccezioni di incompetenza territoriale dell'adito Tribunale di Milano, per essere competenti: - secondo alcuni, il Tribunale di Reggio Calabria (in tal senso viene richiamata la struttura asseritamente unitaria e verticistica dell'associazione criminale denominata ndrangheta, nonche' l'assenza di autonomia delle propaggini di detta associazione, estesesi sul territorio nazionale mantenendo uno stretto legame operativo e decisionale con la "casa madre calabrese", quale mera espressione del medesimo fenomeno criminale); - secondo altri, il Tribunale di Monza (in tal senso si sostiene che, non essendo noto il luogo di inizio della consumazione del reato associativo, ai sensi dell'articolo 9 c.p.p., comma 1, sarebbe competente il Tribunale di Monza, nel cui circondario si trova (OMISSIS), luogo in cui si sarebbe tenuta l'ultima riunione dei sodali, in data 31 ottobre 2009). Una difesa ( (OMISSIS)) ha, infine, negato l'esistenza stessa dell'associazione "La Lombardia", oggetto di contestazione nel capo 1, quale struttura regionale gerarchicamente sovraordinata, ed ha, pertanto, indicato come competenti i singoli Tribunali nei cui circondari avrebbero operato le singole unita' periferiche denominate "locali". 7.1. La censura e', nel suo complesso, manifestamente infondata. 7.2. Il collegio e' consapevole del fatto che, con riguardo all'individuazione della competenza per territorio in relazione ai reati associativi, la giurisprudenza e' stata, in passato, estremamente divisa, essendo enucleabili nel suo ambito orientamenti che evocavano tre distinti criteri: (a) quello del luogo in cui l'associazione si e' costituita. Si affermava, in particolare, che il delitto di associazione per delinquere (articolo 416 c.p.), reato di natura permanente, si consuma nel momento e nel luogo di costituzione del vincolo associativo diretto allo scopo comune; ove difetti la prova relativa al luogo ed al momento della costituzione dell'associazione, soccorre il criterio sussidiario e presuntivo del luogo del primo reato commesso o, comunque, del primo atto diretto a commettere i delitti programmati; ove non sia ancora possibile determinare la competenza per territorio secondo le regole innanzi descritte, deve attribuirsi rilievo al luogo in cui fu compiuto il primo atto del procedimento (Sez. 4 , sentenza n. 35229 del 7 giugno 2005, CED Cass. n. 232081); nel medesimo senso, sempre con riguardo all'associazione ex articolo 416 c.p., si e' sostenuto (Sez. 2 , sentenza n. 26285 del 3 giugno 2009, CED Cass. n. 244666) che "la determinazione della competenza territoriale per il reato associativo e' affidata, in difetto di elementi certi in ordine alla genesi del vincolo associativo, a criteri presuntivi che guardano al luogo in cui il sodalizio criminoso si e' manifestato per la prima volta, o a quello in cui si sono concretizzati i primi segni di operativita'", ragionevolmente utilizzabili come elementi sintomatici della genesi dell'associazione nello spazio. Privo di rilievo e', invece, il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del pactum sceleris (cosi' Sez. 3 , sentenza n. 35521 del 6 luglio 2007, CED Cass. n. 237397, relativa ad un'associazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, ex articolo 291 quater; conformi, Sez. 6 , sentenza n. 26010 del 23 aprile 2004, CED Cass. n. 229972; Sez. I , sentenza 24 aprile 2001, Confi, comp. in proc. Simonetti ed altri, CED Cass. n. 219220, per la quale il luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, ai sensi dell'articolo 8 c.p.p., comma 3, coincide con il luogo di costituzione del sodalizio criminoso a prescindere dalla localizzazione dei reati fine eventualmente realizzati. In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato competente il giudice del luogo in cui aveva sede la cooperativa agricola, alla quale era stata attribuita la qualificazione di associazione criminosa finalizzata a commettere una serie di truffe ai danni dell'(OMISSIS), ritenendo ivi costituito il sodalizio criminoso). All'orientamento ha aderito, con riguardo all'associazione per delinquere di tipo mafioso, Sez. 6 , sentenza 21 maggio 1998, Caruana ed altri, CED Cass. n. 213573; (b) quello del luogo in cui l'associazione ha iniziato concretamente ad operare. Questo criterio era stato accolto, con riguardo all'associazione ex articolo 416 c.p., da Sez. 3 , sentenza n. 24263 del 10 maggio 2007, CED Cass. n. 237333, per la quale, "la competenza per territorio per il reato permanente di associazione per delinquere va attribuita al giudice del luogo in cui la consumazione del reato ha avuto inizio, il quale coincide con il momento in cui l'operativita' del sodalizio criminoso divenga esternamente percepibile per la prima volta, non con quello della costituzione del sodalizio" (conforme, Sez. 1 , sentenza n. 45388 del 7 dicembre 2005, CED Cass. n. 233359, per la quale, peraltro, "qualora non emerga con chiarezza il luogo in cui l'associazione opera o abbia operato, e non sia possibile far ricorso al luogo di consumazione dei reati-fine, trova applicazione l'articolo 9 c.p.p., comma 3": principio affermato con riferimento a fattispecie relativa ad un'associazione per delinquere, denominata DSSA - Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo - finalizzata alla perpetrazione di un numero indeterminato di reati di usurpazione di pubbliche funzioni e di illecito utilizzo di dati ed informazioni riservati, da accreditare anche presso istituzioni sovranazionali ed estere al fine di ottenere finanziamenti economici ovvero incarichi di protezione di soggetti a rischio anche presso Stati esteri). All'orientamento avevano aderito, con riguardo all'associazione per delinquere di tipo mafioso, Sez. 1 , sentenza 10 dicembre 1997, Rasovic, CED Cass. n. 209608, e Sez. 6 , sentenza 16 maggio 2000, Lorizzo, CED Cass. n. 217561, per la quale, in particolare, la competenza territoriale in ordine al reato di associazione per delinquere di tipo mafioso non puo' determinarsi con riferimento al luogo in cui l'associazione si e' costituita ne' a quello in cui sono stati eseguiti i reati fine, bensi', trattandosi di reato permanente, con riguardo al luogo in cui ha avuto inizio la consumazione del reato stesso, secondo la regola dettata dall'articolo 8 c.p.p., comma 3, cioe' al luogo in cui il sodalizio ha manifestato la sua operativita' e, ove neppure tale luogo sia determinabile in base agli atti processuali, e' necessario fare riferimento ai criteri suppletivi di cui all'articolo 9. (Nella specie, in relazione ad un'associazione criminale operante in Svizzera e Montenegro, avente lo scopo di introdurre in Italia - tra l'altro - tabacchi lavorati esteri di contrabbando per mezzo di motoscafi, provenienti dal Montenegro, che effettuavano sbarchi dei prodotti illecitamente importati su tutto il litorale pugliese, la Corte, nell'impossibilita' di individuare il luogo indicato dall'articolo 8 c.p.p., comma 3, e quelli di cui all'articolo 9 c.p.p., nn. 1 e 2, ha ritenuto corretta l'attribuzione di competenza all'autorita' giudiziaria di Bari, operata dai giudici di merito, rispetto a quella di Brindisi, essendo stata iscritta la notizia di reato per la prima volta nel registro di cui all'articolo 335 c.p.p. presso la Procura della Repubblica di Bari); (c) quello del luogo in cui hanno avuto luogo la programmazione, ideazione e direzione dell'associazione. Questo criterio e' stato accolto da Sez. 1 , sentenza 25 novembre 1996, Confl. comp. in proc. Chierchia ed altri, CED Cass. n. 206261, riguardante plurime associazioni per delinquere ex articolo 416 bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 e per la quale, al fine della determinazione della competenza per territorio di un reato associativo, occorre far riferimento al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono le attivita' di programmazione e di ideazione riguardanti l'associazione, essendo irrilevante il luogo di commissione dei singoli reati riferibili all'associazione; tuttavia, qualora ci si trovi in presenza di un'organizzazione criminale composta da vari gruppi operanti su di un vasto territorio nazionale ed estero, i cui raccordi per il conseguimento dei fini dell'associazione prescindono dal territorio, ne' sono collegati allo stesso per la realizzazione dei suddetti fini, la competenza per territorio in ordine al reato associativo non puo' essere individuata sulla base di elementi i quali, pur essendo rilevanti ai fini probatori per l'accertamento della responsabilita' degli imputati, non risultano particolarmente significativi ai fini della determinazione della competenza territoriale, essendo in contrasto con altri elementi ben piu' significativi, i quali lasciano desumere che il luogo di programmazione e di ideazione dell'attivita' riferibile all'associazione non possa essere individuato con certezza. (La fattispecie riguardava una grossa organizzazione, operante a livello internazionale nel traffico delle armi e di sostanze stupefacenti, i cui capi si incontravano, di volta in volta, in Spagna, in Italia, in Svizzera e in Marocco per mettere a punto le strategie criminali, senza che potesse dirsi prevalente l'una o l'altra localita' come luogo centrale delle attivita' di associazione: la Corte, nell'enunciare il principio suddetto, ha ritenuto che occorresse far riferimento alla regola suppletiva dettata dall'articolo 9 c.p.p., comma 1). Nel medesimo senso, si e' successivamente pronunciata Sez. 1 , sentenza n. 17353 del 9 aprile 2009, CED Cass. n. 243566, riguardante distinte associazioni per delinquere ex articolo 416 c.p. finalizzate alla commissione di frodi fiscali ed altri reati, relativamente a forniture ed acquisti di partite di argento provenienti dalla Svizzera in evasione fiscale, e per la quale, al fine della determinazione della competenza territoriale per un reato associativo, occorre far riferimento al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attivita' criminose facenti capo al sodalizio, a meno che non ci si trovi in presenza di una organizzazione costituita da plurimi e autonomi gruppi operanti su territorio nazionale ed estero (nella specie, come premesso, Italia e Svizzera), i cui accordi per il perseguimento dei fini associativi e le cui attivita' criminose si realizzano senza solidi e chiari collegamenti operativi: in tal caso, in assenza di elementi fattuali seriamente significativi per l'identificazione del luogo di programmazione ed ideazione dell'attivita' riferibile al sodalizio criminoso, si dovra' necessariamente fare riferimento alle regole suppletive dettate dall'articolo 9 c.p.p.. Quando risulti impossibile individuare ai sensi dell'articolo 8 c.p.p., il luogo di consumazione del reato associativo, occorre far riferimento ai criteri residuali indicati dall'articolo 9 c.p.p. (giurisprudenza pacifica: cfr., per tutte, Sez. 6 , sentenza n. 49542 del 26 novembre 2006, CED Cass. n. 245488). 7.3. Questa sezione (sentenze n. 22953 del 16 maggio 2012, CED Cass. n. 253189, e n. 19177 del 15 marzo 2013, CED Cass. n. 255829) ha, da tempo, aderito al terzo orientamento, che puo' ormai ritenersi dominante, ed e' stato ulteriormente ribadito anche da Sez. 6 , sentenza n. 30059 del 2014 cit. con riferimento all'altro troncone dell'odierno procedimento. 7.4. Deve, pertanto, essere ribadito il seguente principio di diritto: "In tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attivita' criminose facenti capo al sodalizio; in particolare, considerato che l'associazione e' una realta' criminosa destinata a svolgere una concreta attivita', assume rilievo non tanto il luogo in cui si e' radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si e' effettivamente manifestata e realizzata l'operativita' della struttura". 7.5. A tale orientamento si e' correttamente attenuta la Corte di appello, osservando che "Negli atti d'appello non si rinviene alcuna specifica censura riferita non solo agli argomenti utilizzati dal Tribunale nell'ordinanza 15/7/2011 per disattendere le eccezioni, ma anche ai passaggi motivazionali attraverso i quali la sentenza impugnata, all'esito del giudizio di primo grado, e' giunta a ritenere la piena autonomia decisionale nella programmazione dell'attivita' criminosa, al di fuori di ogni vincolo gerarchico, dell'associazione di stampo ndranghetista contestata al capo 1); associazione costituita da un'aggregazione di locali presenti sul territorio della regione lombarda, le quali, pur essendo articolazioni della ndrangheta calabrese e pur mantenendo inscindibili legami con le cosche di origine, sono "sovrane" sul loro territorio, come "sovrana" e' la struttura sovraordinata nella quale sono federate, ove sono rappresentate dai propri capi, e che a sua volta le rappresenta unitariamente nei rapporti con la Calabria; associazione che manifestava la propria operativita' a partire dalle riunioni dei rappresentanti delle singole locali organizzate presso due ristoranti in (OMISSIS) il 18/10/2007 ed in (OMISSIS) il 15/2/2008, territorio competenza del Tribunale di Milano". 7.5.1. Occorre, per completezza, osservare che la questione della competenza territoriale del Tribunale di Milano e' stata risolta positivamente, e - come premesso nel 7.3. - sulla base del medesimo principio di diritto, dalla 6 sezione di questa Corte (sentenza n. 30059 del 2014 piu' volte cit.) anche nel processo parallelamente svolto nei confronti degli imputati che avevano optato per il giudizio abbreviato. 7.5.2. Per sgombrare il campo da una censura estremamente ricorrente, formulata da piu' difese ed in relazione a piu' profili, deve, inoltre, rilevarsi che la predetta sentenza n. 30059 del 2014 costituisce all'evidenza un autorevole precedente giurisprudenziale che ha esaminato questioni di diritto che assumevano rilievo anche nell'ambito dell'odierno procedimento (e proprio in relazione alla medesima fattispecie), e come tale e' stato in piu' occasioni correttamente considerato dalla Corte di appello. IL CONCORSO c.d. "ESTERNO": NOZIONE, STRUTTURA E QUESTIONI DI COSTITUZIONALITA'. 8. Le difese degli imputati (OMISSIS) (che si e' anche riportata alle note depositate all'udienza 21 aprile 2015) e (OMISSIS) hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale degli articoli 110 e 416 bis c.p. (nella parte in cui, secondo l'interpretazione giurisprudenziale in atto dominante, incriminano il c.d. "concorso esterno" in associazioni di tipo mafioso), per asserito contrasto con l'articolo 25 Cost., comma 2, e con l'articolo 117 Cost. e articolo 7 della Convenzione EDU, per violazione del principio di legalita'. A fondamento dell'incidente di costituzionalita' e' stato essenzialmente posto il rilievo che la Corte EDU, nella sentenza del 14 aprile 2015, Contrada c. Italia, avrebbe affermato che il citato "concorso esterno" nei reati associativi costituirebbe istituto di creazione giurisprudenziale. 8.1. Nel 66 della predetta sentenza, la Corte EDU ha premesso che "non e' oggetto di contestazione tra le parti il fatto che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso costituisca un reato di origine giurisprudenziale". Tanto bastava alla Corte di Strasburgo, in applicazione del suo regolamento esecutivo (che non accoglie il principio jura novit curia, ma rimette al principio dispositivo la ricostruzione del quadro normativo e dei relativi orientamenti giurisprudenziali di volta in volta rilevanti) ai fini della ricostruzione del "diritto interno", costituente base dalla quale partire per le ulteriori determinazioni inerenti al caso specificamente esaminato. 8.1.1. Tuttavia il predetto consenso della parti, pur vincolante per la Corte EDU ai fini della decisione cui essa era chiamata, tale non e' in questa sede, nella quale deve necessariamente rilevarsi che la relativa affermazione - se recepita nella sua assolutezza - e', in realta', giuridicamente inesatta. 8.1.2. Sotto il profilo tecnico-giuridico, la punibilita' del concorso eventuale di persone nel reato nasce, nel rispetto del principio di legalita', sancito dall'articolo 1 c.p. e dall'articolo 25 Cost., comma 2, dalla combinazione tra le singole norme penali incriminatrici speciali che tipizzano reati monosoggettivi, e l'articolo 110 c.p., principio generale del concorso di persone applicabile a qualsiasi tipo di reato. Nel vigente ordinamento, il concorso di persone nel reato e' concepito come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutte le condotte poste in essere dai concorrenti: proprio in virtu' di detta unitarieta' strutturale, l'evento del reato concorsuale deve essere considerato come effetto della condotta combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che hanno posto in essere atti privi dei requisiti di tipicita'. In virtu' dell'articolo 110 c.p. (che ha, dunque, una funzione estensiva dell'ordinamento penale, portato a coprire fatti altrimenti non punibili, ove ciascun concorrente abbia posto in essere non l'intera condotta tipica, ma soltanto una frazione "atipica" di essa), possono, pertanto, assumere rilevanza penale tutte le condotte, anche se atipiche (ovvero singolarmente non integranti quella tipizzata dalla norma penale incriminatrice), poste in essere da soggetti diversi, che, se valutate complessivamente, siano risultate conformi alla condotta tipica descritta dalla norma incriminatrice, ed abbiano contribuito causalmente alla produzione dell'evento lesivo da essa menzionato. 8.1.3. Come per ogni altra ipotesi di reato concorsuale, quindi, anche il c.d. "concorso esterno" nei reati associativi (il problema non si pone, infatti, per il solo reato di cui all'articolo 416 bis c.p.) trova la sua giustificazione normativa nella combinazione tra la norma penale incriminatrice (nella specie, l'articolo 416 bis c.p.) e la disposizione generale di cui all'articolo 110 c.p., ed e' caratterizzato dalle diverse modalita' concrete in cui la fattispecie e' suscettibile di manifestarsi. 8.1.3.1. D'altro canto, la stessa Corte costituzionale (sentenza 25 febbraio - 26 marzo 2015, n. 48) ha recentissimamente ribadito che il "concorso esterno" non e', come postulato dalla Corte EDU nella citata sentenza Contrada, un reato di creazione giurisprudenziale, ma scaturisce "dalla combinazione tra la norma incriminatrice di cui all'articolo 416 bis c.p. e la disposizione generale in tema di concorso eventuale nel reato di cui all'articolo 110 c.p.". 8.1.4. In realta', con riguardo alla configurabilita' o meno del c.d. "concorso esterno" (od eventuale, ex articolo 110 c.p.) nei delitti associativi, e quindi, per quanto in questa sede piu' immediatamente rileva, nell'associazione per delinquere di tipo mafioso, il problema tradizionalmente discusso riguardava piuttosto la mera compatibilita' dell'estensione ex articolo 110 c.p. con le singole norme incriminatrici di volta in volta in questione (questo, e non altro, il contrasto devoluto per la prima volta all'esame delle Sezioni Unite, e risolto dalla sentenza n. 16 del 5 ottobre 1994, Demitry, CED Cass. n. 199386 ss.: "La sezione feriale, investita della questione, rilevata l'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza, anche recentissima, di questa suprema corte sulla compatibilita' del concorso eventuale con il reato associativo, con ordinanza in data 30 agosto 1994 rimetteva il ricorso alle sezioni unite"). Soltanto in riferimento a tale problema - ferma la matrice esclusivamente ed inequivocabilmente normativa dell'incriminazione, ove ritenuta, in difetto di ragioni di incompatibilita', ammissibile - e' stato, pertanto, attribuito rilievo all'esegesi giurisprudenziale. 8.1.4.1. La dottrina. La dottrina ha tradizionalmente evidenziato l'insussistenza di astratti ostacoli di tipo dogmatico alla configurabilita' del concorso eventuale nelle fattispecie plurisoggettive necessarie, pur ammettendo la necessita' di valutare se la struttura del singolo reato plurisoggettivo sia compatibile, in concreto, con il concorso eventuale. Il problema riguardava, in particolare, il solo concorso materiale, poiche' non si era mai dubitato della configurabilita' di quello morale. L'orientamento che ha negato la configurabilita' del concorso esterno non afferma tout court la liceita' penale delle condotte ad esso generalmente riconducibili, ma ritiene che queste ultime siano in ampia parte gia' qualificabili come vere e proprie condotte di partecipazione all'associazione. Si e', infatti, inizialmente sostenuto, che "potranno essere punibili come associati anche soggetti "esterni" all'associazione criminosa, purche' autori di comportamenti che obiettivamente l'avvantaggiano e purche' sia presente il relativo elemento soggettivo di partecipazione"; la stessa autorevole dottrina ha, solo in seguito, auspicato, per evitare eccessi di discrezionalita' giurisprudenziale, "un intervento legislativo diretto a precisare, mediante la configurazione di una o piu' fattispecie incriminatrici di parte speciale, le forme di contiguita' davvero intollerabili, e percio' meritevoli di repressione penale". Altra autorevole dottrina, premesso che la condotta di "partecipazione all'associazione" richiede: (a) la permanente messa a disposizione del proprio apporto e ... . (b) ... l'accettazione da parte dell'associazione, che non richiede forme espresse o addirittura rituali, ma puo' aver luogo anche per facta concludenza, ha evidenziato che, "cosi' intesa la partecipazione all'associazione, appare chiaro che residua uno spazio per la valutazione di comportamenti che, per il loro carattere episodico oppure perche' provenienti da parte di soggetti non inseriti nell'associazione, non possono essere ricondotti al paradigma della partecipazione interna, ma che pure presentano un rilevante significato per la vita dell'associazione". Nel medesimo senso, con ineccepibile applicazione dei principi generali comunemente accolti (ma dei quali non sempre chi e' intervenuto nel dibattito sulla configurabilita' del concorso esterno ha tratto le inevitabili conseguenze dogmatiche), ulteriore autorevole dottrina ha anche osservato che il c.d. concorso esterno e' sicuramente configurabile in presenza dei tre requisiti essenziali del concorso eventuale ex articolo 110 c.p., ovvero: (a) "l'atipicita' della condotta concorsuale rispetto alla fattispecie associativa"; (b) "il contributo, morale o materiale, necessario o agevolatore, occasionale o continuativo, per la costituzione, conservazione o rafforzamento dell'associazione"; (c) "il dolo di concorso, per l'esistenza del quale non e' necessario il dolo specifico di perseguire il programma criminoso, ma sufficiente la coscienza e volonta' di contribuire alla costituzione, conservazione o rafforzamento dell'associazione, stante il principio della possibilita' del concorso con dolo generico nel reato a dolo specifico, purche' almeno un altro concorrente agisca con la finalita' richiesta dalla norma incriminatrice". Ed, in risposta a quanti hanno in piu' occasioni lamentato (generalmente perseguendo interessi - perlopiu' processuali - propri) l'abnormita' dell'istituto, altra autorevole dottrina ha replicato che il concorso esterno nei reati associativi e' "uno strumento irrinunciabile per contrastare la criminalita' organizzata", e che e' possibile costruirne la fattispecie "in modo da non estendere oltre l'accettabile l'area dell'intervento penale". 8.1.4.2. La giurisprudenza. La giurisprudenza e' ormai ferma nell'ammettere la configurabilita' del concorso esterno nei reati associativi, con riguardo alle condotte consapevolmente volte a vantaggio dell'associazione, ma poste in essere da soggetto che non e', e non vuole essere, organico ad essa. A tal fine, si richiede che il concorrente esterno: (a) sia privo della affectio societatis e non inserito nella struttura organizzativa del sodalizio (Sez. un., sentenza n. 22327 del 21 maggio 2003, Carnevale, CED Cass. n. 224181 s.); (b) fornisca, ai fini della conservazione o del rafforzamento dell'associazione, un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, dotato di un'effettiva rilevanza causale, e che quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative del sodalizio o, per le associazioni operanti su larga scala, di un suo particolare settore o ramo d'attivita', o di una sua articolazione territoriale (Sez. un., sentenza n. 22327 del 2003 cit.; Sez. un., sentenza n. 33748 del 20 settembre 2005, n. 33748, Mannino, CED Cass. n. 231671 ss., per la quale, in particolare, l'efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo costituisce elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, e non e' sufficiente una valutazione ex ante del contributo, risolta in termini di mera probabilita' di lesione del bene giuridico protetto, ma e' necessario un suo apprezzamento ex post, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di "certezza processuale", l'elevata credibilita' razionale dell'ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica dei concorrente); (c) si rappresenti, nella forma del dolo diretto, l'utilita' del contributo fornito alla societas sceleris, ai fini della realizzazione anche parziale del programma criminoso (Sez. un., sentenza n. 22327 del 2003 cit.): non e' necessario, in capo al concorrente esterno, il dolo specifico proprio del partecipe (consistente nella consapevolezza di far parte dell'associazione e nella volonta' di contribuire a tenerla in vita e farle raggiungere gli obiettivi prefissati), essendo sufficiente quello generico (che deve investire sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla propria condotta alla conservazione od al rafforzamento dell'associazione, agendo nella consapevolezza e volonta' di fornire il proprio contributo al conseguimento, anche parziale, del programma criminoso dell'associazione) (Sez. un., sentenze n. 30 del 14 dicembre 1995, Mannino, CED Cass. n. 202904, e n. 33748 del 2005 cit.: queste ultime hanno anche evidenziato l'insufficienza del dolo eventuale, inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio del verificarsi dell'evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti). 8.1.4.3. Questa Sezione (sentenza n. 18797 del 20 aprile 2012, CED Cass. n. 252827, richiamata anche dalla citata sentenza n. 48 del 2015 della Corte costituzionale) ha cosi' focalizzato la differenza fra il partecipe all'associazione (intraneus) ed il concorrente esterno (extraneus): (a) sotto il profilo oggettivo, essa va individuata "nel fatto che il concorrente esterno - benche' fornisca un contributo che abbia una rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell'associazione - non sia inserito nella struttura criminale; (b) sotto il profilo soggettivo, essa va individuata "nel fatto che il concorrente esterno - differentemente da quello interno il cui dolo consiste nella coscienza e volonta' di partecipare attivamente alla realizzazione dell'accordo e quindi del programma delittuoso in modo stabile e permanente- sia privo dell'affetto societatis". Peraltro, nella consapevolezza che detti canoni, astrattamente ineccepibili, possono in concreto risultare di nebulosa applicazione, si e' condivisibilmente ritenuto di precisare, in relazione all'elemento materiale del reato associativo, che "l'articolo 416 bis c.p. incrimina chiunque partecipi all'associazione, indipendentemente dalle modalita' attraverso le quali entri a far parte dell'organizzazione criminosa. Infatti, non occorrono atti formali o prove particolari dell'ingresso nell'associazione che puo' avvenire nei modi piu' diversi. La mancata legalizzazione - cioe' l'atto formale di inserimento nell'ambito dell'organizzazione criminosa -non esclude, pertanto, che il partecipe sia di fatto in essa inserito e contribuisca con il suo comportamento ai fini dell'associazione: questa Corte, infatti, da tempo, ha chiarito che la prova dell'appartenenza, come intraneus, al sodalizio criminoso puo' essere dato anche attraverso significativi facta concludentia ove siano idonei, senza alcun automatismo probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo". Il "prendere parte" al fenomeno associativo implica, quindi, sul piano fattuale, "un ruolo dinamico e funzionale in esplicazione del quale l'interessato fornisca uno stabile contributo rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. La suddetta condotta puo' assumere forme e contributi diversi e variabili proprio perche', per raggiungere i fini propri dell'associazione, occorrono diverse competenze e diverse mansioni ognuna delle quali - svolta da membri diversi - contribuisce, in modo sinergico, al raggiungimento del fine comune". Ne consegue che, ai fini della configurabilita' del reato di cui all'articolo 416 bis c.p., e' necessaria e sufficiente l'adesione (anche non formale o rituale) al sodalizio, con impegno di mettersi a sua disposizione ricoprendo - in via tendenzialmente stabile - uno specifico ruolo, da cui promani un costante, effettivo e concreto contributo (anche atipico, ovvero di qualsiasi forma e contenuto) finalizzato alla conservazione od al rafforzamento di esso. Generalmente "l'attenzione si concentra sull'aspetto piu' cruento dell'associazione mafiosa ossia sui reati fine (estorsioni, usura, omicidi, traffico di stupefacenti ecc.) che vengono assunti ad indice del fenomeno associativo che sta a monte"; tuttavia, ai fini del raggiungimento degli scopi associativi, risultano non meno importanti le attivita' poste in essere da soggetti in apparenza al di sopra di ogni sospetto, dotati di specifiche competenze professionali (la c.d. "borghesia mafiosa"), strumentalizzate al fine di consentire al sodalizio mafioso di "dilagare" nel campo della societa' civile per incrementare ulteriormente le propria potenzialita' operative: "questi soggetti - siano essi politici, pubblici funzionali, professionisti o imprenditori - devono ritenersi far parte a pieno titolo (come concorrenti interni) all'associazione mafiosa quando rivestano, nell'ambito della medesima, una precisa e ben definita collocazione, uno specifico e duraturo ruolo - per lo piu' connesso e strumentale alle funzioni ufficialmente svolte - finalizzato, per la parte di competenza, al soddisfacimento delle esigenze dell'associazione. In questi casi, ove l'attivita' svolta da questa particolare categoria di soggetti presenti i caratteri della specificita' e continuita' e sia funzionale agli interessi e alle esigenze dell'associazione alla quale fornisce un efficiente contributo causale, la partecipazione dev'essere equiparata a quella di un intraneus tanto piu' ove il soggetto, per la sua stabile attivita', consegua vantaggi e benefici economici o altre utilita'". Andra', pertanto, essere considerato a pieno titolo come partecipante (quanto meno) alla societas sceleris, e non come mero concorrente esterno, il soggetto (appartenente alle categorie suddette) che si sia messo a disposizione del sodalizio assumendo stabilmente, nel suo ambito, il ruolo di elemento di collegamento tra i membri del sodalizio criminale e gli ambienti istituzionali, politici e imprenditoriali; "il contributo di questi soggetti della "borghesia mafiosa" e' per l'associazione fonte di potere, relazioni, contatti. Occorre ricordare, in proposito, che le associazioni mafiose sono tali perche' hanno relazioni con la societa' civile - ed, invero, tali relazioni che uniscono i boss con una rete di politici, pubblici amministratori, professionisti, imprenditori, uomini delle forze dell'ordine, avvocati e persino magistrati, costituiscono uno dei fattori che rendono forti le associazioni criminali e che spiegano perche' lo Stato non sia ancora riuscito a sconfiggerle. Basti pensare che gli infiltrati, "le talpe", le fughe di notizie riservate e, in casi ancora piu' gravi, le collusioni di investigatori, inquirenti o magistrati, con le cosche mafiose, possono portare al fallimento parziale o totale delle indagini". 8.1.4.4. Trattasi di principi ormai pacifici nella giurisprudenza di questa Corte. Si e', infatti, osservato che, nei rapporti tra partecipazione ad associazione mafiosa e mero concorso esterno, la differenza tra il soggetto intraneus ed il concorrente esterno risiede nel fatto che quest'ultimo, sotto il profilo oggettivo, non e' inserito nella struttura criminale, pur fornendo ad essa un contributo causalmente rilevante ai fini della conservazione o del rafforzamento dell'associazione, e, sotto il profilo soggettivo, e' privo della affectio societatis, laddove il partecipe intraneus e' animato dalla coscienza e volonta' di contribuire attivamente alla realizzazione dell'accordo e del programma delittuoso in modo stabile e permanente (Sez. 6 , sentenza n. 49757 del 27 novembre 2012, CED Cass. n. 254112). Ritornando successivamente ad esaminare la questione, si e' poi osservato che la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno costituiscono fenomeni completamente alternativi fra loro, in quanto la condotta associativa implica la conclusione di un pactum sceleris fra il singolo e l'organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo sociale, con la volonta' di appartenere al gruppo, e l'organizzazione lo riconosce ed include nella propria struttura, anche per facta concludentia e senza necessita' di manifestazioni formali o rituali, mentre il concorrente esterno e' estraneo al vincolo associativo, pur fornendo un contributo causalmente orientato alla conservazione o al rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione, ovvero di un suo particolare settore di attivita' o articolazione territoriale, e diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima (Sez. 6 , sentenza n. 16958 del 16 aprile 2014, CED Cass. n. 261475). Si e', infine, chiarito che la condotta di partecipazione e' riferibile a colui che si trova in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo della associazione criminale, tale da implicare, piu' che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi; ne consegue che e' da considerare intraneus - e non semplice "concorrente esterno" - il soggetto che, consapevolmente, accetti i voti dell'associazione mafiosa e che, una volta eletto a cariche pubbliche, diventi il punto di riferimento della cosca mettendosi a disposizione, in modo stabile e continuativo, di tutti gli affiliati della consorteria, alla quale rende conto del proprio operato (Sez. 2 , sentenza n. 53675 del 10 dicembre 2014, CED Cass. n. 261620). 8.1.4.5. Nei medesimi termini la distinzione tra le due figure e' stata focalizzata dalla Corte costituzionale con la gia' citata sentenza n. 48 del 2015: a parere del Giudice delle leggi, infatti, "La differenza tra il partecipante "intraneus" all'associazione mafiosa e il concorrente esterno risiede (...) nel fatto che il secondo, sotto il profilo oggettivo, non e' inserito nella struttura criminale, pur offrendo un apporto causalmente rilevante alla sua conservazione o al suo rafforzamento, e, sotto il profilo soggettivo, e' privo dell'"affectio societatis", laddove invece l'"intraneus" e' animato dalla coscienza e volonta' di contribuire attivamente alla realizzazione dell'accordo e del programma criminoso in modo stabile e permanente (...). Dunque, se il soggetto che delinque con "metodo mafioso" o per agevolare l'attivita' di una associazione mafiosa (...) puo', a seconda dei casi, appartenere o meno all'associazione stessa, il concorrente esterno e', per definizione, un soggetto che non fa parte del sodalizio: diversamente, perderebbe tale qualifica, trasformandosi in un "associato". Nei confronti del concorrente esterno non e', quindi, in nessun caso ravvisabile quel vincolo di "adesione permanente" al gruppo criminale (...)". 8.1.5. Conclusioni. In conclusione, il contributo adesivo del partecipe all'associazione mafiosa deve, oggettivamente, configurarsi come tendenzialmente stabile e durevole, ovvero concretizzarsi nella continuativa disponibilita', per apprezzabile lasso di tempo, del proprio apporto, e, sotto il profilo soggettivo, essere connotato dalla coscienza e volonta' di entrare a far parte stabilmente ed organicamente dell'associazione ed operare per il raggiungimento delle finalita' della stessa. Appare, di conseguenza, evidente che le condotte che si concretizzano in un ausilio occasionale all'associazione, poste in essere senza entrare a farne parte stabilmente, senza essersi messi piu' o meno durevolmente a disposizione del sodalizio, senza assumere all'interno di esso un ruolo od una funzione ben determinati, non possono rilevare come condotte di partecipazione ex articolo 416 bis c.p., perche' atipiche rispetto alla previsione tassativa della predetta norma incriminatrice. La ratio della rilevanza penale da attribuire al c.d. concorso "esterno" (come detto, pacificamente configurabile dal punto di vista dogmatico) va, pertanto, rinvenuta, senza alcun dubbio, nell'esigenza di attrarre nell'ambito del "penalmente rilevante" anche le condotte di chi, pur non essendo organico all'associazione (non facendone stabilmente parte), abbia fornito - anche solo occasionalmente - un contributo causalmente rilevante alla esistenza ed operativita' di essa, ovvero al raggiungimento delle sue finalita', con cio' esponendo ugualmente a pericolo di lesione il bene protetto, l'ordine pubblico. Deve aggiungersi che la distinzione tra le due figure non e' meramente quantitativa: andrebbe qualificato senza dubbio come contributo di partecipazione quello del soggetto cui, nell'ambito del sodalizio, sia stato attribuito un ruolo, pur se non abbia mai avuto occasione di attivarsi (si pensi all'appartenente alle forze dell'ordine incaricato di riferire le notizie riservate di interesse del sodalizio, che non si sia in concreto attivato perche' nell'ambito territoriale di sua competenza non abbia mai avuto conoscenza di simili notizie); al contrario, andrebbe qualificato, ancora una volta senza dubbio, come contributo concorsuale "esterno" quello del soggetto extraneus, sulla cui disponibilita' il sodalizio non possa contare, ma che sia stato in piu' occasioni contattato per indurlo a tenere determinate condotte agevolative, di volta in volta concordate sulla base di autonome determinazioni (si pensi all'appartenente alle forze dell'ordine con il quale sia stata, in piu' occasioni, ma con autonome determinazioni, negoziata la rivelazione di singole notizie riservate). 8.1.6. Gli indici testuali. Conferme testuali della configurabilita' del concorso materiale esterno nei reati associativi (talora frettolosamente dimenticate dagli interpreti) sono fornite dallo stesso legislatore: invero, sia l'articolo 307 c.p. (assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata) che l'articolo 418 c.p. (assistenza agli associati ex articoli 416 e 416 bis c.p.) contengono una iniziale clausola di riserva ("fuori dei casi di concorso nel reato") che ammette inequivocabilmente la possibilita' di un mero concorso eventuale, "esterno", nei reati associativi, lasciando all'interprete soltanto il compito di stabilire in quali casi un tal concorso sia configurabile, ovvero consentendo all'interprete unicamente la valutazione del quomodo, non anche dell'an, del concorso esterno nel reato associativo. 8.1.6.1. L'orientamento che svaluta la rilevanza dei predetti riferimenti testuali, ed in particolare del riferimento di cui all'articolo 418 c.p., ritiene che l'espressione "al di fuori dei casi di concorso nel reato" si riferirebbe al solo concorso necessario e non anche al concorso eventuale (l'espressione e' interpretata come se dicesse "al di fuori dei casi di concorso necessario"); peraltro, nell'ambito del medesimo orientamento, l'identica espressione adoperata dall'articolo 307, al comma 1 e' interpretata come se si riferisse al "concorso morale", ovvero ad escludere l'applicabilita' della norma nel caso di concorso eventuale morale. Detta immotivata discrasia appare di per se' idonea ad "indebolire" l'orientamento, rendendolo gia' al suo interno non univoco. 8.1.6.2. Autorevole dottrina ha gia' osservato (con argomentazioni gia' condivise e recepite dalle Sezioni Unite di questa Corte: sentenza n. 16 del 1994 cit.) che nell'articolo 418 c.p. al comma 1 "si trovano due espressioni differenti, rappresentate dalle locuzioni "concorso nel reato" e "persone che partecipano all'associazione" che richiamano necessariamente due realta' differente"; "pare, infatti, logico supporre che se il legislatore avesse voluto fare riferimento, all'interno dello stesso comma, per due volte alla stessa fattispecie, avrebbe utilizzato la medesima espressione e non due diverse locuzioni"; "si deve dedurre, quindi, che "concorso nel reato" non significhi partecipazione allo stesso, ma concorso eventuale esterno nel reato associativo; e' da ritenersi, pertanto, che il legislatore abbia inteso ammettere esplicitamente la configurabilita' di un concorso eventuale nei confronti della associazione". 8.1.6.3. Ed, in proposito, osserva il collegio che il dato letterale, ovvero le diverse espressioni adoperate nel medesimo contesto (esse confluiscono, infatti, nello stesso comma della norma de qua), rivela la trasparente intenzione del Legislatore di fare riferimento a due fattispecie diverse: in caso contrario, sarebbe davvero incomprensibile l'impiego, in una stessa norma, di due distinti termini per evocare il medesimo concetto. 8.1.6.4. Rilievo a parere del collegio decisivo va, sul punto, attribuito anche a quanto osservato nella Relazione ministeriale sul progetto del codice penale. La Relazione, nell'illustrare la disciplina dettata dall'articolo 418 c.p., osserva che "questa figura criminosa e' tenuta distinta dai casi di concorso nel reato o di favoreggiamento", ed evidenzia che "infondato e' il dubbio sollevato se l'inciso "fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento" si debba riferire al reato d'associazione o al reato-fine che gli associati si propongono di commettere, apparendo chiaro che il riferimento va fatto al reato di associazione per delinquere, oggetto della speciale previsione". Come gia' ritenuto dalla citata sentenza Demitry, quindi, per la Relazione ministeriale non possono esservi dubbi sulla configurabilita' del concorso eventuale, in tutte le sue forme, nei reati associativi (all'epoca, il riferimento riguardava tendenzialmente il reato di cui all'articolo 416 c.p.), visto che la stessa si premura di precisare che il concorso di cui si parla nell'articolo 418 non e' il concorso degli esterni rispetto al reato-fine che gli associati si propongono di commettere, bensi' il concorso rispetto al reato di associazione, che, per la distinzione, per il parallelo che la Relazione fa tra quest'ultimo concorso ed il concorso esterno nel reato-fine, non puo' non essere, anch'esso, il concorso esterno, degli esterni, nel reato di associazione. E, dopo aver chiarito il significato delle espressioni "dare rifugio o fornire vitto", la Relazione ministeriale aggiunge, ribadendo il concetto, che la disposizione penale in questione e' stata resa rigorosa, ma che "il maggior rigore si e' reso necessario" anche "per la esigenza di non confondere questa speciale figura delittuosa - che, non v'e' dubbio, punisce un certo contributo esterno prestato agli associati, ai partecipanti - con il concorso nell'associazione per delinquere". 8.1.7. Il contributo del 8.2. In proposito, va, conclusivamente, affermato il seguente principio di diritto: "E' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 110 e 416 bis c.p. (nella parte in cui, secondo l'interpretazione giurisprudenziale in atto dominante, incriminano il c.d. "concorso esterno" in associazioni di tipo mafioso), sollevata per asserito contrasto con l'articolo 25 Cost., comma 2, e con l'articolo 117 Cost. e articolo 7 della Convenzione EDU, per violazione del principio di legalita'. Il c.d. "concorso esterno" in associazioni di tipo mafioso non e' un istituto di (non consentita, perche' in violazione del principio di legalita') creazione giurisprudenziale, ma e' incriminato in forza della generale (perche' astrattamente riferibile a tutte le norme penali incriminataci) funzione incriminatrice dell'articolo 110 c.p., che estende l'ambito delle fattispecie penalmente rilevanti, ricomprendendovi quelle nelle quali un soggetto non abbia posto in essere la condotta tipica, ma abbia fornito un contributo atipico, causalmente rilevante e consapevole, alla condotta tipica posta in essere da uno o piu' concorrenti, secondo una tecnica normativa ricorrente; la sua matrice legislativa trova una conferma testuale nella disposizione di cui all'articolo 418 c.p., comma 1". 60 LE SINGOLE POSIZIONI. 9. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1.15.16.147A con la recidiva (reiterata infraquinquennale) contestata, unificati dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la decisione di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub 6. (OMISSIS). 15) Del delitto p. e p. dagli articoli 81 c.p.v. e 110, 377 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con (OMISSIS), e con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante minaccia, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, induceva (OMISSIS) a non presentarsi al dibattimento a carico di (OMISSIS) (imputato del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 nell'ambito del p.p. n. 773/08 reg. sent. Del Trib. Monza sez. distaccata di Desio) rendendosi irreperibile. Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. Giussano e Monza in data successiva e prossima al 24 agosto 2008; 16) Del delitto p. e p. dagli articoli 81 c.p.v., 110, 611 e, 372 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra di loro e con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante minaccia, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, nel dibattimento a carico di (OMISSIS) (imputato del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 nell'ambito del p.p. n. 773/08 reg. sent. Del Trib. Monza sez. distaccata di Desio) costringeva (OMISSIS) a dichiarare di non aver mai acquistato cocaina da (OMISSIS), in tal modo ritrattando le dichiarazioni rese durante le indagini e a commettere il reato di falsa testimonianza Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p.. In (OMISSIS) in data successiva e prossima al 24 agosto 2008. 147a) (OMISSIS). Del delitto p. e p. dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 e successive modifiche e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche' cedeva un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina, analiticamente non potuta accertare, ma comunque del peso di circa 200 grammi circa, a (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). In luogo non accertato in data antecedente e prossima al 18.06.2009. 9.1. La difesa denuncia vizi di motivazione quanto alle affermazioni di responsabilita': - in ordine alla ritenuta affiliazione alla struttura di tipo mafioso di cui al capo 1 (lamentando che dalla deposizione del m.llo (OMISSIS), che la Corte di appello ha dichiarato di avere inteso valorizzare a fondamento dell'affermazione di responsabilita', non sarebbero emersi elementi decisivi a suo carico); - in ordine ai reati di cui ai capi 15 e 16 (lamentando - quanto ai reati fine che, secondo l'assunto accusatorio, dimostrerebbero l'intervenuta affiliazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo A. - che sia stata privilegiata una arbitraria ricostruzione dei fatti, poiche' l'aiuto fornito dall'imputato al (OMISSIS) sarebbe ascrivibile soltanto all'amicizia tra i due, e non vi sarebbe prova dell'affiliazione del (OMISSIS); dalla conversazione n. 8723 si evincerebbe che (OMISSIS) non aveva alcun interesse a minacciare (OMISSIS) affinche' non si presentasse al processo; con specifico riferimento al secondo reato, si considera scontato che il (OMISSIS) avesse detto il falso in dibattimento solo perche' non aveva confermato quanto dichiarato in fase di indagine preliminare; comunque nulla dimostra che l'imputato si sia avvalso - nel porre in essere le condotte contestate - della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo); - in ordine al reato di cui al capo 147A) (lamentando che non sia stata accolta la offerta ricostruzione alternativa dei fatti, contestando l'interpretazione che e' stata data alle intercettazioni inerenti al fatto contestato, e la mancata esclusione della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 gia' esclusa con riguardo al cugino, che aveva optato per il rito abbreviato); - ancora, in ordine alla ritenuta partecipazione al reato associativo (da f. 16 del ricorso), lamentando: che sarebbe stato arbitrariamente valorizzato l'episodio del danneggiamento al Bar (OMISSIS) (il cui titolare aveva narrato soltanto di un minimo screzio con l'imputato, avvenuto nel 2007, e non ricollegabile agli spari alla vetrina, che ha fatto risalire ad un anno dopo); che sarebbe stata non valutata la circostanza che l'imputato (come gli altri componenti del gruppo al quale egli risulterebbe affiliato) non aveva partecipato al summit svoltosi in Calabria nell'agosto del 2008 per incontrare il leader (OMISSIS); ne' le intercettazioni valorizzate dal m.llo (OMISSIS) per dimostrare che comunque l'imputato aveva effettuato un viaggio in Calabria in quello stesso mese di agosto perche' "chiamato a raccolta" per partecipare ad un incontro di ndrangheta sarebbero decisive, sia perche' egli era sceso in Calabria accompagnato soltanto da un altro soggetto, sia perche' gli altri due soggetti che sarebbero scesi in Calabria con il ricorrente vi si erano recati semplicemente in vacanza, pur se in luogo limitrofo a quello di svolgimento del c.d. summit, ma non avevano incontrato (OMISSIS), come riferito da (OMISSIS) ed emergente dalla intercettazioni; le dichiarazioni del (OMISSIS) sarebbero state mal valutate; che l'intercettazione ambientale operata sul volo (OMISSIS) sarebbe stata erroneamente valorizzata ai fini della conclusiva affermazione di responsabilita'; che l'imputato risulta pacificamente estraneo alle vicende riguardanti il ritenuto proposito omicidiario di (OMISSIS) in danno di (OMISSIS); che la sua partecipazione alla struttura definita "Lombardia" sarebbe stata desunta dalla sua affiliazione ad un gruppo malavitoso capeggiato dal cugino (OMISSIS): quest'ultimo peraltro si era distaccato dalla "locale" di (OMISSIS), ed aveva successivamente commesso reati con l'ausilio di terzi, tra i quali asseritamente il ricorrente, ma con attivita' priva delle connotazioni di cui all'articolo 416 bis c.p.. 9.1.1. Denuncia, inoltre, vizio di motivazione quanto al diniego delle attenuanti generiche (poiche' la Corte di appello ha disatteso la richiesta osservando che nel gravame non erano stati offerti elementi nuovi rispetto alla valutazione del primo giudice, atti ad indurre a diverse conclusioni, laddove anche i soli motivi ritenuti dal Tribunale non sufficienti a legittimare il beneficio erano sufficienti a far ritenere la fondatezza della doglianza), e quanto al diniego del riconoscimento della continuazione con reati separatamente giudicati. 9.1.2. Denuncia, infine, violazione di legge quanto all'individuazione del reato piu' grave nell'ambito della continuazione riconosciuta tra i 4 reati oggetto di condanna (quello di cui al capo 147A ha minimo e massimo edittale piu' elevati, tenuto conto della ritenuta aggravante di cui all'articolo 7 cit.). 9.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 9.2.1. Le doglianze inerenti alle affermazioni di responsabilita' sono assolutamente prive di specificita' in tutte le loro articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertive e, comunque, manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 150 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dell'imputato) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni (riepilogato in sede di esame dibattimentale dal m.llo (OMISSIS)), incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti; rispetto ad esse, le dichiarazioni collaborative - pure contestate in ricorso - assumono valenza confermativa ulteriore, ma meramente accessoria e complementare. In particolare, il m.llo (OMISSIS) "ha spiegato che dopo l'omicidio di (OMISSIS) ((OMISSIS)) si monitorava con attenzione il territorio e si prestava particolare attenzione, nell'ambito della consorteria criminale gia' individuata, all'emergente gruppo Stagno, con l'identificazione dei suoi componenti in: (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - tutti familiari di (OMISSIS) -, nonche' (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (factotum di origine pugliese). Il teste ha dichiarato che, a partire dall'ascolto delle conversazioni intercettate a carico di questi soggetti dall'anno 200S e fino al 2009 (le utenze in uso ad (OMISSIS) fino al 5 novembre 2009), gli inquirenti ne avevano ricostruito i legami, gli interessi, le attivita' illecite condotte e le azioni di fuoco che il gruppo predisponeva, tra le quali il progetto di uccidere (OMISSIS). L'ascolto delle conversazioni veniva accompagnato dal costante monitoraggio degli spostamenti di questi imputati, che portava ad individuare nella famiglia di Giampa' c.d. "il professore", zio di (OMISSIS), e residente a (OMISSIS), il legame con la corrispondente casa-madre calabrese, tenuto da questa ndrina". Fondamentale ed ineludibile importante elemento di riscontro alle accuse mosse all' (OMISSIS) e' stato, infine, incensurabilmente desunto dall'esito dei sequestri effettuati, "aventi ad oggetto le armi a disposizione del gruppo (pistola sequestrata ad (OMISSIS), corrispondente all'arma usata per l'azione di fuoco contro la vetrina del bar (OMISSIS); le armi rinvenute nel box di (OMISSIS) il 27.3.2009); nonche' l'auto Renault e la moto, entrambe di provenienza furtiva, custodite nel box di (OMISSIS), predisposte per l'agguato ad (OMISSIS) (pianificato con lo stesso modus operandi dell'uccisione di (OMISSIS))". Su questo quadro indiziario - esaustivamente ricostruito nelle decisioni di merito (nel capitolo dedicato alla locale (OMISSIS)) - si sono successivamente inserite le dichiarazioni etero accusatorie provenienti dai collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), motivatamente ritenute attendibili dalla Corte di appello, anche perche' riscontrate da quanto gia' emerso dalle acquisite intercettazioni: secondo la Corte di appello, "le ricostruzioni dei pentiti, quindi, assumono valore di riscontro a fatti e circostanze gravemente indiziar e gia' ampiamente provati dagli esiti delle indagini di P.G. (intercettazioni, servizi di osservazione, perquisizioni e sequestri), consentendone una lettura piu' ampia, organica e completa, alla luce delle articolate e, spesso, complesse dinamiche che sussistevano, nella ndrangheta lombarda, all'epoca in considerazione". La Corte di appello ha, pertanto, motivatamente concluso (f. 165 s.) che (OMISSIS), con riferimento al contesto territoriale nel quale la contestazione assumeva che egli operasse, partecipava all'utilizzo del metodo mafioso delineato nei precedenti passi della motivazione della sentenza impugnata sulla base di corrette ed incensurabili valutazioni del materiale probatorio acquisito, "e, nell'ambito degli episodi sintomatici dell'appartenenza al sodalizio, portava a compimento anche i fatti costituenti autonomi reati-fine, contestati ai capi 15, 16 e 147 A", questi ultimi aggravati Legge n. 203 del 1991, ex articolo 7 per le ragioni fattuali indicate a f. 167 ss. dalla Corte di appello (i reati di cui ai capi 15 e 16 erano motivati non da mera amicizia con (OMISSIS), "ma dal piu' intenso legame derivato dal comune sodalizio di appartenenza", dimostrato dalle conversazioni tra l'imputato ed (OMISSIS) intercettate dopo l'arresto del (OMISSIS), riportate a f. 168; quanto al residuo reato, il fondamento dell'aggravante de qua e' convincentemente spiegato dalla Corte di appello a f. 171). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello - che ha puntualmente replicato a f. 157 ss. a tutte le censure costituenti oggetto dell'atto di appello -, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'; in relazione al reato di cui al capo 147A, il ricorso non specifica adeguatamente l'oggetto delle doglianze, limitandosi a lamentare di aver proposto una interpretazione alternativa della conversazioni intercettate - come premesso inammissibile in sede legittimita', in difetto di documentati travisamenti -, senza peraltro indicarne il contenuto), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 9.2.2. Generico e manifestamente infondato e' il motivo che lamenta il diniego delle circostanze attenuanti generiche: se, da un lato, il ricorrente non ha indicato l'elemento in astratto sintomatico di meritevolezza in ipotesi non valutato o mal valutato, dall'altro la Corte ha negativamente valorizzato le condizioni personali dell' (OMISSIS), il ruolo non marginale assunto nel sodalizio desunto dalle condotte al medesimo attribuite, correttamente conformandosi al consolidato orientamento giurisprudenziale (da intendersi successivamente richiamato per tutte le doglianze di analogo segno dei coimputati), per il quale, al fine di ritenere od escludere la configurabilita' di circostanze attenuanti generiche, il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, poiche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole od all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo', pertanto, risultare all'uopo sufficiente (cosi', da ultimo, Sez. 2 , sentenza n. 3609 del 18 gennaio - 1 febbraio 2011, CED Cass. n. 249163). 9.2.3. Quanto al diniego della continuazione con reati separatamente giudicati, la doglianza e' meramente reiterativa, e quindi generica, avendo la Corte di appello esaminato la richiesta, non accogliendola con motivazione incensurabile in questa sede perche' corretta giuridicamente, esauriente, logica, non contraddittoria, e non inficiata da travisamenti (f. 172). 9.2.4. Per la medesima ragione e' inammissibile la censura riguardante il computo della pena base, anch'essa meramente reiterativa rispetto agli ampi ed incensurabili rilievi dedicati alla questione dalla Corte di appello (f. 139 ss.). 9.2.4.1. Peraltro, a stretto rigore, l'accoglimento della doglianza comporterebbe l'applicazione al ricorrente di una pena maggiore (egli si duole, infatti, che non sia stato considerato, quale reato piu' grave, quello di cui al capo 147A, che asseritamente avrebbe minimo e massimo edittale piu' elevati del reato ritenuto piu' grave dai giudici di merito, tenuto conto della ritenuta aggravante di cui all'articolo 7 cit.), ma il ricorso non indica in alcun modo quale sarebbe l'interesse meritevole di tutela del ricorrente ad una siffatta decisione. 9.2.4.2. Per completezza, a riprova della completa mancanza di giuridico fondamento della doglianza, deve rilevarsi che, in riferimento all'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 il motivo sembra contenere una implicita doglianza sul mancato "bilanciamento" (al riguardo si legge in ricorso quanto segue: "aggravante che la Corte di appello non ha ritenuto di bilanciare con attenuanti di sorta") nell'esprimere la quale il difensore non considera che la predetta circostanza aggravante sarebbe, comunque, per legge, sottratta al "bilanciamento" ex articolo 69 c.p., pur se concorresse con circostanze attenuanti. 10) Ricorsi di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1, con la recidiva (reiterata infraquinquennale) contestata, e condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub 6. 10.1. La difesa denuncia: (ricorso avv. (OMISSIS)): 1 - violazione articolo 606 c.p.p., lettera B), per violazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2 e vizio di motivazione, risultando "palesemente insufficiente o contraddittoria la prova che l'imputato (...) abbia commesso i reati a lui ascritti" (lamenta che nulla dimostrerebbe la sua partecipazione ad incontri anche conviviali o summit con altri associati e che non ci sono intercettazioni che lo riguardano; e' stato scagionato anche da 3 pentiti; insignificante ai fini della ipotesi di accusa e' il valorizzato incontro con (OMISSIS) in occasione dell'omicidio di (OMISSIS)); 2 - violazione articolo 606 c.p.p., lettera B), per violazione dell'articolo 99 c.p., comma 5 c.p. (per illegittimita' dell'operato aumento per la recidiva); (ricorso avv. (OMISSIS)): 1 /2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera C) ("inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita', inutilizzabilita', inammissibilita' - prova di resistenza") e vizio di motivazione (quanto alla affermazione di responsabilita', basata su un episodio risalente al 1999 privo di fondamento e su una conversazione intercettata). 10.1.1. In data 2 aprile 2015, e' pervenuta una memoria dell'imputato, che ha ribadito di non essere mai stato coinvolto nell'omicidio di (OMISSIS), commesso dal figlio (OMISSIS) in data (OMISSIS). 10.2. I ricorsi sono in toto inammissibili. 10.2.1. Le doglianze inerenti all'affermazione di responsabilita' sono assolutamente prive di specificita' in tutte le loro articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertive e, comunque, manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 175 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dell'imputato) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime (non una soltanto, come erroneamente lamentano le difese del ricorrente) intercettazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Dopo aver riepilogato e valutato gli acquisiti elementi probatori, la Corte di appello ha incensurabilmente concluso (f. 180) che "La partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio mafioso, il suo concreto apporto integrante quella "messa a disposizione" della propria opera agli interessi del sodalizio, non si concreta con la partecipazione a riunioni, a matrimoni, a momenti in cui si deliberano le gerarchle e le strategia per il semplice fatto che il (OMISSIS) non gode della stima dei capi e alle riunioni non viene invitato, Tuttavia, l'apporto del (OMISSIS) (contestato in termini ampi nel seguente modo: "si mettono a completa disposizione degli interessi della locale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso") si sostanzia nella messa in atto di intimidazione violenta e nei collegamenti - per quanto malevoli - con i capi, nelle informazioni assunte e propalate a beneficio dei sodali, sia pure con una leggerezza che irrita i capi. Il suo rapporto molto stretto con (OMISSIS), emerso come figura "affidabile" della locale, ha costituito per lui un altro elemento di stabilita' nel sodalizio, potendo contare (e offrire) uno stabile appoggio ad un sodale di assoluto rilievo". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 10.2.2. I ricorsi sono, peraltro, ulteriormente inficiati in parte da una imprecisa ricostruzione delle vicende processuali (diversamente da quanto si legge nel ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS), l'imputato risponde di un solo reato), in parte da carenza di senso logico (non e' dato rinvenirne nella seguente affermazione, che e' possibile leggere nel ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS): "poiche' la colpevolezza ... e' stata ancorata esclusivamente in quello stralcio di conversazione telefonica fra altri, e' piu' che evidente l'illegale assunzione di quell'unica prova, ragion per cui si impone il ricorso alla prova di resistenza"). 10.2.3. Errato e' il riferimento (nel ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS)) all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), per denunciare la violazione di una norma processuale (l'articolo 530 c.p.p., comma 2); inammissibile, per le ragioni gia' indicate nel 4.4. di questa motivazione, e', comunque, la doglianza inerente alla violazione dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, che cela in realta' una doglianza sulla motivazione. 11. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1, con la recidiva (semplice) contestata, e condannato alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita', ma ha escluso l'aumento di pena per la contestata recidiva, riducendo conseguentemente la pena ad anni nove di reclusione, e disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 11.1. La difesa denuncia (riportando integralmente, per ciascun motivo, il corrispondente motivo di appello): 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), - nullita' della sentenza per omessa traduzione dell'imputato (all'udienza 13.12.2011, per la quale dal verbale in atti non risulterebbe la rinunzia a comparire valorizzata dalla Corte di appello; all'udienza 25.9.2012, per la quale l'imputato avrebbe unicamente rifiutato nel momento in cui, in luogo di una sola manetta, si pretendeva di applicargliene due) - violazione del diritto di difesa ex articoli 178 e 179 c.p.p.; 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) e vizio di motivazione - nullita' della sentenza per mancata dichiarazione di incompetenza territoriale a favore dell'Autorita' giudiziaria di Reggio Calabria - erronea applicazione del combinato disposto dell'articolo 8 c.p.p., comma 3, e articolo 416 bis c.p. - violazione del principio del giudice naturale - mancanza di motivazione sul punto (la Corte di appello - nel trattare in premessa ai ff. 22-24 la questione, comune a piu' appellanti, avrebbe omesso di considerare le emergenze sopravvenuti rispetto al momento in cui la questione era stata esaminata dal Tribunale della liberta'; ne' puo' assumere rilievo la decisione della Corte di cassazione che ha definito il parallelo procedimento "Infinito", trattato con rito abbreviato, per la disomogeneita' - come di rito - dei materiali probatori valutabili; da una intercettazione sarebbe emersa pro' inequivocabile della sussistenza di un legame indissolubile di ideazione, programmazione pianificazione con la Calabria (f. 1177 - 1189 della sentenza di primo grado); 3 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione dell'articolo 416 bis c.p. ed illogicita' della motivazione in relazione alla sussistenza del reato associativo (lamenta l'insussistenza della associazione di stampo mafioso che si e' ritenuto di poter configurare; premesso un riepilogo di massime giurisprudenziali in tema, lamenta l'insussistenza di elementi atti a dimostrare l'impiego di un metodo mafioso esteriorizzato e finalizzato al controllo del territorio di riferimento; lamenta, inoltre, che i valorizzati reati fine fossero in realta' finalizzati a soddisfare esigenze personali dei singoli autori, e non strumentali alla vita ed al raggiungimento delle finalita' dell'enucleato sodalizio; nessun elemento (se si prescinde dalle valorizzate intercettazioni) legittimerebbe l'assunto dell'esistenza ed operativita' di un locale in (OMISSIS), dove non risulta commesso nessun reato-fine; difetta la prova del conseguito controllo del territorio in Lombardia, trascurabile essendo la possibile rilevanza dei valorizzati 130 episodi di estorsione, non decisivi in quanto perpetrati su un territorio molto vasto e popolato; l'affermazione di responsabilita' e' anche in piu' punti viziata da una interpretazione non adeguata della acquisite intercettazioni (f. 16 del ricorso); a riprova dell'inesistenza del sodalizio de quo si sottolinea "che l'associazione imputata non ha alcun reato legato agli stupefacenti" (f. 17), attivita' che un sodalizio di ndrangheta non potrebbe disdegnare, tanto vero che nei principali processi aventi ad oggetto il reato di cui all'articolo 416 bis c.p. si e' sempre accompagnata la contestazione di cui alla Legge droga, articolo 74; risulterebbe, inoltre, che l'imputato, come altri, era un "lavoratore indefesso" (cosi' il difensore a f. 17 del ricorso), il che mal si concilierebbe con i guadagni che egli avrebbe necessariamente dovuto trarre dalla ipotizzata partecipazione al sodalizio criminoso configurato; 4 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione del combinato disposto dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, ed illogicita' della motivazione in relazione ai criteri di valutazione della prova per quanto riguarda la ritenuta partecipazione dell'imputato al reato associativo. Trascrive l'elencazione degli elementi invocati dalla difesa nell'atto di appello per smentire l'ipotesi accusatoria, e ripercorre le argomentazioni poste dalla Corte di appello a fondamento dell'affermazione di responsabilita', lamentando che: - non si sia tenuto conto del fatto che l'imputato esercita regolare attivita' lavorativa, e che nessun congiunto e' mai stato condannato per reati di mafia; - sia stata mal valutata la rilevanza della sua mancata partecipazione alle riunioni dell'officina di (OMISSIS); - sia stata affermata la rilevanza delle acquisite captazioni, in realta' prive di pregio investigativo; - illogiche sarebbero le argomentazioni con le quali la Corte di appello avrebbe inteso giustificare l'assenza di dote all'imputato; - non abbia ricevuto adeguata risposta l'obiezione riguardante la mancanza della prova del reinserimento del (OMISSIS) nella ndrangheta dopo la sua ipotizzata esclusione dal sodalizio (diversamente da quanto verificatosi con il (OMISSIS)), il che dovrebbe evidenziare che il (OMISSIS) di cui si parla nelle intercettazioni non sia il (OMISSIS) (assente sia al momento sacrale del distaccamento di (OMISSIS) che a quello del reiserimento); ancora una volta, che non sarebbe stata adeguatamente valorizzata l'attivita' lavorativa esercitata dall'imputato, che lo portava con notevole frequenza all'estero, rendendogli impossibile la assidua presenza (quale contabile del sodalizio) alle riunioni piu' o meno mensili del gruppo, ipotizzata dagli inquirenti, anche in tal caso omettendo di considerare adeguatamente i rilievi difensivi oggetto del gravame, che trascrive integralmente; - censurando l'identificazione dell'imputato quale partecipante al summit (ma nulla dimostrerebbe che quell'incontro avesse tali connotazioni) tenutosi il 26.4.2008 presso il ristorante (OMISSIS); - l'assenza di decisivi elementi atti a far ritenere che il (OMISSIS) di cui si discute nelle valorizzate conversazioni fosse realmente il (OMISSIS), in presenza in atti della prova del possibile riferimento del diminutivo a numerosi altri soggetti; - dalle stesse intercettazioni emergerebbe l'estraneita' dell'imputato al sodalizio de quo; - le caratteristiche fisiche dell'imputato non legittimano l'assunto della sua appetenza al gruppo, poiche' dalle intercettazioni emerge che (OMISSIS) il contabile aveva i capelli "come GESU' CRISTO", mentre (OMISSIS) e' calvo (come documentato attraverso l'esibizione del documento di riconoscimento). Inoltre (OMISSIS) il contabile dovrebbe essere, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, un abituale assuntore di sostanze stupefacenti, mentre l'imputato ha documentato di non averne mai assunte; 5 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione dell'articolo 416 bis c.p. ed illogicita' della motivazione in relazione alla ritenuta partecipazione dell'imputato al reato associativo (lamenta che nulla abbia dimostrato l'intraneita' del (OMISSIS), in assenza di prova della affiliazione rituale, di doti, della commissione di reati-fine, ed in assenza di elementi tali da legittimare l'attribuzione al predetto di un ruolo dinamico e funzionale nell'ambito del sodalizio); 6 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione del combinato disposto degli articoli 195 e 603 c.p.p., ed illogicita' della motivazione in relazione alla mancata acquisizione di una prova a discarico che asserisce decisiva (si tratta del coimputato (OMISSIS), che il collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha riferito avergli fatto in nome del ricorrente): il diniego e' stato motivato (come da ordinanza che allega) richiamando un orientamento per il quale la disciplina dettata dall'articolo 195 c.p.p. non troverebbe applicazione per coimputati ed imputati in procedimento connesso, peraltro successivamente superato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 20804 del 2013); l'evidenza di un tale errore per violazione di una norma di procedura renderebbe non dovuta la c.d. prova di resistenza; 7 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione dell'articolo 62 bis c.p. e mancanza ed illogicita' della motivazione in relazione al diniego di concessione delle attenuanti generiche; 8 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione dell'articolo 416 bis c.p., comma 4, e articolo 59 c.p., comma 2, e mancanza della motivazione, in relazione all'aggravante dell'associazione armata, lamentando l'inconsapevolezza dell'imputato del possesso di armi da parte degli associati; 9 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per erronea applicazione dell'articolo 18 cpv. c.p. ed illogicita' della motivazione in relazione al diniego di unificazione del reato in continuazione con reati separatamente giudicati nel 1989. 11.1.1. In data 24 marzo 2015, e' pervenuta una memoria dell'imputato, che ha prodotto due fotografie ed un certificato medico, per dimostrare di essere calvo e di non portare quindi "i capelli come Gesu' Cristo", come al contrario emergerebbe dalle intercettazioni valorizzate ai fini dell'affermazione di responsabilita'. 11.2. Il ricorso e', nel suo complesso, infondato. 11.2.1. Il primo motivo e' generico perche' meramente reiterativo, e manifestamente infondato. La Corte di appello ha, infatti, compiutamente esaminato le analoghe censure costituenti motivo di appello, non accogliendole, con motivazione incensurabile in questa sede perche' corretta giuridicamente, esauriente, logica, non contraddittoria, e non inficiata da travisamenti (f. 182 s.). In particolare, con riferimento alla prima delle udienze oggetto di doglianza, quanto allegato al ricorso e' privo di decisivo rilievo, poiche' dallo stesso ricorso si evince che il verbale cartaceo riepiloga in sintesi le vicende, mentre la trascrizione integrale (che il ricorrente non allega) le riporta piu' ampiamente: nessun insanabile contrasto, quindi, nessun vizio processualmente rilevabile. Con riferimento alla seconda delle udienze oggetto di doglianza, deve rilevarsi che il detenuto non e' legittimato ad opporsi alle modalita' di traduzione ritenute necessarie per esigenze di sicurezza, e comunque dalla relazione di servizio allegata allo stesso ricorso (la quale costituisce atto fidefaciente fino a querela di falso, che non risulta formalizzata) si evince la conclusiva rinunzia a comparire dell'imputato. 11.2.2. Il secondo motivo e' manifestamente infondato (si rinvia in proposito a quant; premesso nei p.p. 7 ss.). 11.2.3. Il terzo, il quarto ed il quinto motivo attengono all'affermazione di responsabilita', possono essere esaminati congiuntamente e sono, nel complesso, infondati. 11.2.3.1. In via preliminare, occorre osservare che non e' ammissibile la produzione per la prima volta in sede di legittimita' di "documenti nuovi" diversi da quelli di natura tale da non costituire "nuova prova" e da non esigere alcuna attivita' di apprezzamento sulla loro efficacia nel contesto delle prove gia' raccolte, perche' tale attivita' e' estranea ai compiti istituzionali della Corte di Cassazione. Sarebbe, ad esempio, ammissibile unicamente la produzione di certificati di nascita - rilevanti ai fini dell'imputabilita' - o di morte - rilevanti ai fini della declaratoria di estinzione del reato (Sez. 4 , sentenza n. 3396 del 6 dicembre 2005, dep. 27 gennaio 2006, CED Cass. n. 233241; Sez. 3 , sentenza n. 8996 del 10 febbraio 2011, CED Cass. n. 249614). Invero, i documenti esibiti per la prima volta in sede di legittimita' non sono ricevibili perche' il nuovo codice di rito non ha previsto all'articolo 613, diversamente dall'abrogato articolo 533, tale facolta': si e', in tal modo, inteso esaltare il ruolo di pura legittimita' della Suprema Corte, che procede non ad un esame degli atti, ma soltanto alla valutazione dell'esistenza e della logicita' della motivazione. Ne consegue che in Cassazione possono essere prodotti esclusivamente documenti che l'interessato non era stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio. Come gia' evidenziato da questa Corte (Sez. 3 , sentenza n. 43307 del 19 ottobre 2001, CED Cass. n. 220601), "non e' ammissibile nel giudizio di legittimita', anche dopo l'entrata in vigore della Legge 7 dicembre 2000, n. 397, la produzione di nuovi documenti attinenti al merito della contestazione ed all'applicazione degli istituti sostanziali, non potendo interpretarsi come una deroga ai principi generali del procedimento e del giudizio avanti la Corte di cassazione la lettera dell'articolo 327 bis c.p.p., comma 2, nella parte in cui attribuisce al difensore la facolta' di svolgere "in ogni stato e grado del processo" investigazioni in favore del proprio assistito "nelle forme e per le finalita' stabilite nel titolo 6 del presente libro". E', pertanto, inammissibile la produzione di documenti nuovi in questa sede da parte del ricorrente. Va, in proposito, ribadito (Sez. 2 , sentenza n. 1417 dell'11 gennaio 2013, CED Cass. n. 254302) il seguente principio di diritto: "nel giudizio di legittimita' possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l'interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano nuova prova e non comportino un'attivita' di apprezzamento circa la loro validita' formale e la loro efficacia nel contesto delle prove gia' raccolte e valutate dai giudici del merito". Per altro verso, occorre anche precisare che la produzione in questa sede di documenti legittimamente acquisiti nel corso del giudizio di merito, che la parte interessala" abbia l'onere di allegare al ricorso in virtu' dei rilievi in diritto di cui ai p.p. 4.1. ss., non puo' aver luogo quando i termini per l'impugnazione siano scaduti, dovendo accompagnarsi tempestivamente al deposito del ricorso, a pena di inammissibilita' (la gia' maturata inammissibilita' del ricorso per difetto delle necessarie allegazioni di atti di merito in esso richiamati non potrebbe, infatti, in difetto di una previsione normativa ad hoc, essere sanata ex post non termini per l'impugnazione ormai scaduti). Privi di rilievo processuale sono, pertanto, anche sotto questo profilo, i documenti allegati alla memoria del 24 marzo 2015, depositata quando i termini per l'impugnazione erano gia' irrimediabilmente scaduti. 11.2.3.2. Cio' premesso, deve rilevarsi che le doglianze inerenti all'affermazione di responsabilita' sono in massima parte assolutamente prive di specificita' in tutte le loro articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertive e, comunque, manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 184 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dell'imputato) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Sulla base del complesso degli elementi acquisiti, la Corte di appello ha motivatamente concluso (f. 190 s.) che "La controversa figura di (OMISSIS) ha suscitato una certa apprensione all'interno dell'associazione perche' metteva in pericolo la supremazia del (OMISSIS) in favore del nuovo arrivato (OMISSIS), e con essa rischiava di sovvertire le idee fondanti dell'associazione come fino a quel momento erano invalse, riguardo ai rapporti sulla Calabria e alla posizione dei capilocale storici quale il (OMISSIS) era stato per il locale di (OMISSIS), essendone anche il fondatore, (OMISSIS), insomma, e' a tutti gli effetti intraneus nel sodalizio criminoso perche' e' capace di fare ruotare intorno a se' le apprensioni e le tattiche degli altri sodali, Egli si inserisce in un passaggio fondamentale della vita associativa, non a caso di poco precedente all'omicidio (OMISSIS) - culmine ed evento deflagrante dei contrasti e momento di ripresa con il ripristino dei vecchi assetti e la "punizione" degli insorti, mediante il ritiro delle cariche prima conferite, per contrastare l'inequivoco tenore delle conversazioni telefoniche come sin qui sintetizzate e ricostruite nell'impugnata sentenza, l'appellante ribadisce la sua difesa, gia' avanzata in primo grado e disattesa dal Tribunale, che il (OMISSIS) di cui si parla nelle intercettazioni non e' lui in quanto egli viene citato solo con riferimento al nome (e non al cognome), e vi sono negli atti vari altri riferimenti a tale (OMISSIS); inoltre, (OMISSIS) e (OMISSIS) parlano di un (OMISSIS) "con i capell come Gesu' Cristo", drogato, mentre lui e' calvo e non assume droga, ora, nessuna di queste obiezioni coglie nel segno perche' dal contenuto dei discorsi intercettati e soprattutto dall'incastro delle intercettazioni in cui si parla di (OMISSIS) e quelle in cui egli stesso e' un conversante si nota una perfetta collimanza di senso e di eventi, tale per cui non vi e' spazio per un equivoco di nome, IL (OMISSIS) viene spesso riferito insieme al (OMISSIS), suo fratello, e con riferimento a colui che, insieme a (OMISSIS), ordisce il complotto ai danni di (OMISSIS), anche contro il volere dei maggiorenti di (OMISSIS), fra cui (OMISSIS)) a volte si fa riferimento al defunto padre dei due fratelli, (OMISSIS), e alla destituzione dalla carica di contabile in favore di (OMISSIS) - tutti eventi riconducibili a (OMISSIS) e non ad altri. L'imputato ribadisce che il riferimento ai capelli come Gesu' Cristo non puo' essere rivolto a lui e da cio' desume un errore di persona, ma tale riferimento non deve essere preso alla lettera e neppure e' chiaro nella sua valenza. Il (OMISSIS) (che proferisce la similitudine citata) potrebbe riferirsi a capelli disordinati piu' che lunghi, e comunque il (OMISSIS) nostro imputato - per quanto ha apprezzato la Corte in udienza - non e' calvo completamente, ma porta i capelli rasati, almeno quelli sulla nuca e sulle tempie. IL (OMISSIS), interrogato sul punto dalla difesa, ha accondisceso in maniera poco convinta all'esistenza di altro (OMISSIS) come quello delle barzellette, che va in giro in bicicletta ma non ha fornito alcun dato utile alla sua identificazione ne' ha spiegato il senso delle sue parole qualora riferite al (OMISSIS) delle barzellette ... Da cio' discende che non ci sia alcun altro (OMISSIS) identificabile effettivamente come alternativo al (OMISSIS). Quanto al riferimento fatto nella stessa conversazione all'uso delle droghe, tale affermazione non puo' certo essere confutata dalle analisi mediche fatte in carcere, ave certamente nessuno fa uso di droghe. L'uso risalente di droga ben puo' non risultare nelle analisi fatte mesi dopo, e comunque l'affermazione, genericamente formulata in senso dispregiativo, ben puo' fondarsi sul traffico delle droghe piu' che sul loro uso, trovando riscontro inequivoco nella condanna emessa dalla Corte di Appello di Milano in data 18.1.1989 definitiva in data 11.1.1990 per traffico di stupefacente, eroina e cocaina. Conclusivamente, nessuno degli argomenti difensivi merita condivisione e l'affermazione di colpevolezza contenuta nella impugnata sentenza va confermata". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 11.2.3.3. A confutazione di alcune specifiche doglianze difensive, deve rilevarsi quanto segue: - il ricorso all'intimidazione anche in territorio di (OMISSIS) e', secondo l'incensurabile valutazione della Corte di appello, dimostrato dagli elementi riepilogati a f. 184 s. della sentenza impugnata; - il quarto motivo e' inammissibile gia' per come formulato, poiche' deduce violazione degli articoli 192 e 546 c.p.p., in realta' muovendo doglianze all'apparato motivazionale della sentenza impugnata (cfr. 4.4.); - per quanto riguarda le censure prospettate come vero e proprio vizio di motivazione, ritiene il collegio che la Corte di appello abbia correttamente ed incensurabilmente esaminato e confutato ogni doglianza difensiva, senza incorrere in travisamenti (cfr. f. 186 ss., dettagliatamente); d'altro canto, la maggior parte delle obiezioni difensive ha carattere assertivo e congetturale (cfr. all'evidenza quarto motivo, punto 7, del ricorso: trattasi di mera ipotesi, sostenuta senza documentare travisamenti, ma soltanto sulla base di pure congetture), nessuna e' decisiva, e quelle inerenti all'interpretazione delle intercettazioni sono del tutto generiche, non operando specifici e decisivi riferimenti a specifiche conversazioni in ipotesi malamente valorizzate. Quanto all'individuazione del (OMISSIS) come protagonista delle conversazioni valorizzate a suo carico, contestata in riferimento all'aspetto fisico ed alla negata tossicodipendenza, la Corte di appello ha, in realta', esaurientemente spiegato che -valorizzando un articolato insieme di elementi (dettagliatamente riepilogato a f. 190 in fine) - si e' motivatamente giunti a ritenere che il " (OMISSIS)" di cui si parlava nelle intercettazioni fosse proprio il (OMISSIS), inoltre, il riferimento ai capelli e' rimasto di significato equivoco e non decisivamente chiarito (anche l'imputato ne aveva, ma sulla nuca); ne' puo' ritenersi documentato che l'imputato non si drogasse (e quindi che il (OMISSIS) delle intercettazioni non fosse lui) in virtu' di una certificazione di esami effettuati dopo l'incarcerazione. Risulta, tuttavia, errato (ma non decisivo, decisivo a fronte dei plurimi elementi acquisiti e valorizzati), e va emendato, il solo segmento della motivazione della sentenza impugnata che evoca un possibile riferimento dell'interlocutore a traffici di droga quotidiani di (OMISSIS): in realta', nella conversazione de qua si parla chiaramente e pacificamente di assunzione. Per tale motivo, le doglianze de quibus vanno ritenute, nel complesso, infondate, non inammissibili. 11.2.4. Il sesto motivo e' infondato. 11.2.4.1. Deve convenirsi con il ricorrente che, in ordine alla questione di diritto oggetto del motivo, le Sezioni Unite (sentenza n. 20804 del 14 maggio 2013, CED Cass. n. 255141 s.), con orientamento che questo collegio condivide e ribadisce, hanno chiarito che, diversamente rispetto a quanto ritenuto dalla Corte di appello, "L'imputato che, nel corso del suo esame, riferisca circostanze di fatto confidategli da terzi relativi a profili di altrui responsabilita' va equiparato - in virtu' di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 209 c.p.p. - all'imputato di procedimento connesso, di cui all'articolo 210 c.p.p., con conseguente applicazione delle regole di cui all'articolo 195 c.p.p.", e che "Alla chiamata in correita' o in reita' "de relato" si applica l'articolo 195 c.p.p. anche quando la fonte diretta sia un imputato di procedimento connesso, ex articolo 210 c.p.p., o un teste assistito, ex articolo 197 bis c.p.p.". 11.2.4.2. La Corte di appello ha, peraltro, attribuito un rilievo marginale alle dichiarazioni de quibus. Il ricorrente afferma, in proposito, del tutto arbitrariamente (e, tra l'altro, in difetto dell'indicazione di possibili riferimenti normativi o giurisprudenziali a sostegno della propria tesi) che l'evidenza di un tale errore per violazione di una norma di procedura dovrebbe rendere non dovuta la c.d. prova di resistenza. L'assunto e' del tutto infondato. La richiesta declaratoria di inutilizzabilita' delle dichiarazioni del dichiarante de relato in difetto della citazione del dichiarante riferito di per se' non inficia l'intero impianto motivazionale della sentenza impugnata; sarebbe stato, pertanto, onere del ricorrente evidenziare la ragione per la quale, eliminate quelle dichiarazioni, che sono sicuramente inutilizzabili (e va, in proposito, emendato, ai sensi dell'articolo 619 c.p.p., l'errore di diritto nel quale e' incorsa la Corte di appello), dovrebbe risultarne inficiato l'intero impianto motivazionale; ma cio' non e' stato fatto, dichiaratamente perche' (erroneamente) ritenuto non dovuto. In proposito, invero, il collegio condivide e ribadisce l'orientamento riaffermato di recente dalla Terza Sezione (sentenza n. 3207 del 23 gennaio 2015, CED Cass. n. 262011), per il quale, "Nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilita' di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento". 11.2.5. Generico e manifestamente infondato e' il motivo che lamenta il diniego delle circostanze attenuanti generiche: se, da un lato, il ricorrente non ha indicato convincentemente l'elemento in astratto sintomatico di meritevolezza in ipotesi non valutato o mal valutato, dall'altro la Corte ha negativamente valorizzato l'esistenza di un precedente penale grave, ed il comportamento processuale non sintomatico di meritevolezza (f. 192). 11.2.6. Quanto all'aggravante dell'associazione armata, la doglianza e' in parte meramente reiterativa, avendo la Corte di appello (f. 192) esaminato la richiesta, disattendendola, correttamente argomentando la natura oggettiva di essa (p. 6.4.1.3. di questa motivazione). Quanto al presunto difetto di consapevolezza del possesso di armi da parte degli altri consociati, la doglianza e' inammissibile poiche' formulata per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto di appello (d'altro canto, il ricorrente non ha contestato -come al contrario sarebbe stato doveroso, a pena di inammissibilita' per genericita' della doglianza - il riepilogo dei motivi di appello operato dalla sentenza impugnata, del tutto silente sul punto). 11.2.7. All'evidenza reiterativo e manifestamente infondato e' anche l'ultimo motivo, avendo la Corte di appello, correttamente ed incensurabilmente, valorizzato ai fini del diniego dell'invocata continuazione con reati separatamente giudicati, l'estrema risalenza (a 20 anni addietro) di questi ultimi (f. 192). 12) Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1A. 84. 86. 88. 90. 91. nonche' del delitto di cui al capo 89. qualificato ex articoli 110 e 367 c.p. e articolo 61 c.p., n. 9, unificati dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni tredici e mesi sei di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 84) delitto p. e p. dagli articoli 110, 81 e 319 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (nei cui confronti si e' proceduto separatamente), (OMISSIS), in qualita' di appuntato scelto CC, il secondo in qualita' di brig. Capo, il terzo in qualita' di appuntato, il quarto quale brigadiere, tutti in servizio presso NORM di Rho e pertanto pubblici ufficiali, al fine di compiere e per aver compiuto atti contrari ai doveri d'ufficio, consistiti in: a) fornire notizie riservate sulle indagini in corso e sulle operazioni di polizia condotte dalla Compagnia CC di Rho e in particolare: l'arrivo delle forze di polizia dopo il furto di un furgone 190 dotato di antifurto satellitare, rinvenuto a Lainate; la presenza di eventuali telecamere in luoghi dove saranno perpetrati furti; la futura emissione di ordinanze cautelari, indagini in corso nei confronti di (OMISSIS) e il futuro arresto di quest'ultimo; il contenuto di una denuncia presentata da (OMISSIS), a cui era stata incendiata la macchina; b) nel fornire copertura ad un furto di un furgone Mercedes Sprinter tg. (OMISSIS) (dotato di antifurto satellitare) avvenuto il 17.7.08 impedendo di individuare gli autori dei reati e il recupero del mezzo ( (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS)); c) nell'accertare, contattando la centrale operativa della Compagnia CC di Rho su richiesta di (OMISSIS), (sollecitato da (OMISSIS) che temeva di essere pedinato dalle forze dell'ordine), chi fossero gli intestatari delle seguenti autovetture: tg. (OMISSIS) (intestata a (OMISSIS), n. a (OMISSIS)) e tg. (OMISSIS) (intestata a (OMISSIS) nato a Lima) e comunicando poi la relativa notizia a (OMISSIS) ( (OMISSIS)); d) nell'omettere di denunciare (OMISSIS) che, spaccando "denti, naso e quant'altro" a soggetto non identificato, si era reso responsabile di lesioni aggravate dall'uso di arma (articoli 582 e 585 c.p., Legge n. 110 del 1975, articolo 4) ( (OMISSIS)); e) nell'allontanare con uno stratagemma, verso Pogliana Milanese, i colleghi CC dal luogo (Mazzo di Rho) dove (OMISSIS) e (OMISSIS) stavano perpetrando il furto di due furgoni con all'interno merce varia, garantendo a questi ultimi di commettere il furto senza il pericolo di essere sorpresi ( (OMISSIS) - (OMISSIS)), ponendosi al servizio di (OMISSIS), (OMISSIS) e del sodalizio a cui questi ultimi appartengono ricevevano da (OMISSIS), (OMISSIS) denaro, pari a circa euro 3000,00 per coprire il furto meglio indicato al punto b) che precede, nonche' pari a circa 500,00 - 1000,00 euro per ogni notizia riservata rivelata, merce provento di furto quale corrispettivo degli atti contrari ai doveri d'ufficio compiuti e da compiere, in tal modo facendosi retribuire stabilmente e facendo mercimonio della loro pubblica funzione. Limitatamente a (OMISSIS), con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). In (OMISSIS). 86) delitto p. e p. dagli articoli 110 e 648 c.p., articolo 61 c.p., n. 9 perche', in concorso con persone non identificate, al fine di procurarsi un profitto pari a circa euro 3.000,00 si metteva alla guida del furgone Mercedes Sprinter tg. (OMISSIS) provento di furto commesso il (OMISSIS) ricoverato presso l'autofficina di (OMISSIS), in tal modo consentendo che il furgone rubato non incappasse in controlli. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri inerenti a una pubblica funzione rivestendo (OMISSIS) la qualifica di appuntato scelto appartenente ai CC. In (OMISSIS). 88) (in concorso con (OMISSIS) separatamente giudicato) delitto p. e p. dagli articoli 110 e 81 c.p., articolo 615 ter c.p., comma 3 perche', in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, (OMISSIS) quale istigatore e (OMISSIS) quale autore, accedevano abusivamente alla banca dati delle FFPP al fine di accertare chi fosse l'intestatario delle autovetture tg. (OMISSIS) ( (OMISSIS)) e (OMISSIS) ( (OMISSIS)): in particolare (OMISSIS), su sollecitazione di (OMISSIS), attivava (OMISSIS) il quale chiedeva il suddetto accertamento (motivandolo con la falsa necessita' di conoscere chi fosse l'intestatario di un'auto ferma sotto la sua abitazione da una settimana) al Vice Brig. (OMISSIS), in servizio presso la centrale operativa di Rho, il quale, ingannato, provvedeva a dare seguito alle richieste di (OMISSIS). Con le aggravanti di aver commesso i fatti su sistemi informatici relativi all'ordine pubblico, sicurezza pubblica e di interesse pubblico e da parte di pubblico ufficiale con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione. In (OMISSIS). 89) delitto p. e p. dagli articoli 110 e 368 c.p., articolo 61 c.p., n. 9 perche', in concorso con (OMISSIS), quest'ultimo quale autore materiale e (OMISSIS) quale istigatore, mediante falsa denuncia presentata al Comando Compagnia CC di Rho il 26.8.08, accusavano falsamente soggetti ignoti (pur sapendoli innocenti) di avere scavalcato il muro di cinta del (OMISSIS) srl e di aver asportato merce del valore di circa 180 - 200 mila euro (articolo 624 bis c.p.), circostanze da ritenersi false in quanto nessun furto era avvenuto. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri inerenti a una pubblica funzione rivestendo (OMISSIS) la qualifica di appuntato scelto appartenente ai CC. In (OMISSIS). Fatto conclusivamente qualificato ex articoli 110 e 367 c.p. e articolo 61 c.p.,n. 9. 90) delitto p. e p. dagli articoli 110 e 479 c.p., articolo 61 c.p., n. 2 perche', in concorso con (OMISSIS) (giudicato separatamente) al fine di assicurare a se' e a (OMISSIS) l'impunita' per il reato di cui al capo che precede, redigevano un falso verbale di sopralluogo nonche' il falso memoriale di servizio n. (OMISSIS) dove si dava atto che in Rho via (OMISSIS) era avvenuto un furto con scasso e che la dinamica presunta era la seguente: "molto probabilmente hanno utilizzato un furgone per poter caricare tutta la merce", circostanze da ritenersi entrambe false in quanto non era avvenuto alcun furto. Con l'aggravante di aver commesso il fatto su atto facente fede fino a querela di falso (OMISSIS). 91) (in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) separatamente giudicati): delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 61 c.p., n. 9, articolo 624 c.p., articolo 625 c.p., n. 7 perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), si impossessavano dei furgoni qui di seguito indicati mentre si trovavano parcheggiati sulla pubblica via, sottraendoli a (OMISSIS) GBR e (OMISSIS) Ltd: Furgone Mercedes modello Sprinter tg. (OMISSIS); Furgone Mercedes modello Sprinter tg. (OMISSIS); Con le aggravanti di aver commesso i fatti su cose esposte alla pubblica fede, con abuso di poteri e violazione di doveri connessi a pubblica funzione e al fine di favorire il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). In (OMISSIS). 12.1. La difesa denuncia: - contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione ed inosservanza e/o violazione della legge penale, anche in relazione alle deduzioni formulate nell'atto di appello in relazione al capo 1 A (lamenta che non sarebbe configurabile il ritenuto concorso esterno in difetto di un sodalizio di riferimento, perche' il gruppo enucleato non avrebbe mai agito con esteriorizzazione del metodo mafioso, e non essendo sufficiente all'uopo una valutazione di mafiosita' soltanto potenziale; non sarebbero state esaminate compiutamente le censure costituenti oggetto di appello; la condotta di presunta agevolazione di (OMISSIS) in relazione all'omicidio di (OMISSIS) costituirebbe al piu' mero favoreggiamento personale, come gia' ipotizzato nell'ambito di diverso procedimento; sarebbero state mal valutate le dichiarazioni del cap. (OMISSIS), il quale avrebbe confermato in dibattimento che l'imputato sapeva delle telecamere in funzione sulla scena del crimine, ed avrebbe agito pur negligentemente, ma senza dolo, di certo non alterandola intenzionalmente (come avrebbe ammesso lo stesso imputato all'ud. 31.5.2012); la stretta di mano con (OMISSIS) sarebbe in realta' insignificante; ne' l'imputato avrebbe potuto, come pure si e' ritenuto, agevolare l'uscita del (OMISSIS) dal pub in oggetto (lo si desume dai filmati visionati in dibattimento); difetterebbe la prova del necessario contributo alla preservazione ed al rafforzamento del sodalizio); - quanto agli ulteriori reati, nessun elemento ricollega il ricorrente al (OMISSIS), o lo mostra disponibile, come pure ipotizzato, ad accondiscendere ai voleri del predetto e di (OMISSIS), nulla emergendo al riguardo dalle effettuate intercettazioni; nulla dimostra che l'imputato avesse in uso telefoni cellulari intestati a terzi; apodittica sarebbe l'identificazione dell'imputato come il soggetto coinvolto nel furto di un piccolo escavatore da inviare in Puglia; nulla dimostrerebbe le ipotizzate rivelazioni del segreto di ufficio (riguardanti notizie delle quali egli in realta' non era neanche a conoscenza, essendo del tutto irrilevante quanto desumibile dalla testimonianza (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)BERLINGIERI Michele (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), conosciuto dall'imputato soltanto come autore di furti, e non come appartenente ad associazione mafiosa, e' stata incensurabilmente ritenuta insostenibile, a fronte delle risultanze riepilogate a f. 195 s. La Corte ha poi osservato che "per escludere ogni dubbio in ordine al fatto che i favoritismi" del (OMISSIS) riguardassero l'associazione e non gli interessi personali dello (OMISSIS) e' sufficiente considerare la ricostruzione operata in sentenza delle vicende oggetto contestazione, in relazione alle quali non e' stata proposta impugnazione, o anche solo leggere il capo 84, ove sono enunciati dettagliatamente gli atti contrari ai doveri d'ufficio contestati al (OMISSIS) in concorso con i suoi tre colleghi separatamente giudicati: atti consistenti ad esempio nella comunicazione di notizie riservate riguardanti l'attivita' associativa di furto di furgoni facente capo a (OMISSIS) e alla sua "squadra", agevolandone la consumazione con la segnalazione della presenza di telecamere ed anche intervenendo direttamente per allontanare pattuglie in arrivo sul luogo di perpetrazione di furti; ovvero l'abusivo accesso all'archivio informatico dell'Arma per accertare l'intestazione dell'autovettura che, secondo la preoccupazione espressa da (OMISSIS), lo stava pedinando. La consistenza stessa del contributo sistematicamente prestato dal (OMISSIS) a favore del sodalizio, nell'ambito dell'accertato patto corruttivo contributo che va dalla "copertura" dell'attivita' associativa di furto di furgoni, a notizie ed anticipazioni su indagini interessanti gli associati, allo sviamento di indagini in corso, all'allontanamento di spacciatori da luoghi utilizzati da (OMISSIS) e dal suo gruppo per il traffico di stupefacenti - non lascia adito a dubbi in ordine all'idoneita' di tali condotte, in termini di rilevanza causale a rafforzare l'associazione, agevolandone la realizzazione del programma criminoso". A tale conclusione e' stato ritenuto non ostativo il rilievo che l'imputato svolgesse solo attivita' di vigilanza e pattugliamento sul territorio, mentre non si occupava di indagini, "in quanto i fatti accertati dimostrano come egli non avesse alcuna remora a travalicare i confini delle sue attribuzioni, anche oltre i limiti della liceita'". E' stata, inoltre, ritenuta destituita di fondamento la specifica censura mossa alla sentenza, che non avrebbe dato risposta alla questione relativa all'effettiva volonta' del (OMISSIS) di alterare le tracce dell'omicidio (OMISSIS) e di allontanare i sospetti dal gestore del locale (OMISSIS) nonche' al reale significato da dare alla stretta di mano con il padre di questi, il coimputato (OMISSIS), "ove si consideri la puntuale e non specificamente contestata ricostruzione operata dal Tribunale in base alla deposizione dell'isp. (OMISSIS) - nel senso che si vedeva nelle mani dell'imputato (OMISSIS) una pistola, che era stata utilizzata per uccidere (OMISSIS), non trovata sul luogo del delitto - ed alle riprese visive registrate; queste ultime evidenziano come (OMISSIS) passeggiando nella sala del locale per portarsi alla porta di uscita avesse consentito con la sua "disattenzione" a (OMISSIS) di prelevare la pistola da dietro la cassa, di occultarla sulla sua persona e di portarla fuori dal bar; le stesse riprese mostrano quindi la stretta di mano tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la cui interpretazione non assume rilievo decisivo al fine di escludere che l'intervento del (OMISSIS) fosse finalizzato ad intralciare le investigazioni, alterando deliberatamente la scena del crimine a favore dell'autore dello stesso, intraneo come il padre della locale di Rho". Quanto al profilo soggettivo, la piena consapevolezza di questi dell'appartenenza dei soggetti destinatari dei suoi "favoritismi" alla ndrangheta e' stata incensurabilmente desunta da colloqui intercettati intrattenuti da (OMISSIS) e (OMISSIS) il 24 e il 25 luglio 2008: il primo riferisce l'ambasciata mandata da (OMISSIS) il carabiniere per dirmi "di stare attento", pervenutagli attraverso (OMISSIS) - soggetto sottoposto all'obbligo di firma - segnalando che c'e' qualcuno che sta parlando, con la raccomandazione di maggiore prudenza nelle riunioni del sodalizio, di evitare le mangiate al ristorante (OMISSIS) "con 10-20 persone"; nelle stesse conversazioni si parla di un'indagine che coinvolge 140 persone, quindi di un'attivita' investigativa riferita non a singoli, ma all'intera associazione; nel medesimo senso depone la conversazione del 17 novembre 2008 nel corso della quale (OMISSIS) dice di avere appreso dal suo informatore (OMISSIS) di "200 mandati di cattura ... mafia tutti calabresi ... quando c'e' qualche problema noi lo sappiamo tre giorni prima...". La Corte di appello ha, pertanto, conclusivamente ravvisato nelle accertate condotte dell'imputato, tutti gli elementi costitutivi che caratterizzano la fattispecie del concorso esterno in associazione di tipo mafioso (per i quali si rinvia a quanto premesso nei 8 ss.), "essendo risultato accertato il contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, sistematicamente fornito dal suddetto al sodalizio in termini di rilevanza causale ai fini della conservazione e rafforzamento del medesimo". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 12.2.2. Quanto alla configurabilita' di un sodalizio operante in loco con metodo mafioso, rispetto al quale il (OMISSIS) e' stato ritenuto concorrente esterno, non puo' che farsi, inoltre, riferimento a quanto premesso nel 6 ss. 12.2.3. Va, conclusivamente, rilevato che la censura riguardante la possibile qualificazione giuridica della condotta del (OMISSIS) come favoreggiamento personale e' tardiva perche' dedotta per la prima volta in questa sede, e non esaminabile di ufficio, in considerazione dell'inammissibilita' del ricorso. 13. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. e 13., in continuazione tra di loro e con reati separatamente giudicati dal Tribunale di Monza in data 11 dicembre 2008 (con sentenza divenuta irrevocabile il 29 gennaio 2009), e condannato complessivamente alla pena di anni dieci e mesi sei di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub 6. 13) delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., Legge n. 497 del 1974, articoli 10, 12 e 14, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso col fratello (OMISSIS), deteneva e portava in luogo pubblico una pistola trasportandola da (OMISSIS) - vivaio (OMISSIS) - in un luogo sconosciuto. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). In (OMISSIS) e attualmente permanente. 13.1. La difesa denuncia: 1 - nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per violazione dell'articolo 416 bis c.p. e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta appartenenza all'associazione mafiosa (lamenta - dopo aver riepilogato nelle prime 6 pagine del ricorso una serie di massime giurisprudenziali - che a fondamento dell'affermazione di responsabilita' la Corte di appello avrebbe arbitrariamente posto la messa a disposizione per gli scopi del gruppo del vivaio (OMISSIS), trascurando che il ricorrente aveva rapporti solo con il dipendente (OMISSIS) - un pregiudicato la cui assunzione deve pero' ritenersi irrilevante, avendo il ricorrente, nell'esercizio della sua attivita' di imprenditore, anche in passato assunto ex detenuti: e molti dei malavitosi che si assume avere sporadicamente frequentato il vivaio, vi si recavano in realta' perche' parenti del predetto -; non risulta essere stato formalmente affiliato; non risulta aver partecipato a summit od incontri di diversa natura; la sentenza impugnata e' contraddittoria perche' prima afferma che l'appartenenza al gruppo si sarebbe protratta anche dopo la morte del (OMISSIS), concretizzandosi nella custodia di armi presso il vivaio, poi da' atto che l'imputato, nell'analizzare la sua posizione processuale, dice che le armi erano state trovate dopo la morte del (OMISSIS), ma c'erano da prima, ed erano in esclusiva disponibilita' del (OMISSIS), come dichiarato all'udienza 20.2.102 dal teste (OMISSIS); nulla dimostra che presso il vivaio ci sarebbero stati incontri tra associati dopo la morte del (OMISSIS), ne' che il ricorrente fosse consapevole della mafiosita' delle attivita' svolte dal predetto; su tale ultimo profilo le emergenze delle svolte intercettazioni sarebbero contraddittoriamente valutate (se (OMISSIS) e', come si afferma, al corrente di tutte le dinamiche interne - ma in cio' condividendo conoscenza non individuali ma della intera famiglia -, non si comprende perche' in una occasione (OMISSIS) e (OMISSIS) smettono di parlare quando arriva (OMISSIS)); nulla dimostra in sintesi la sua appartenenza al sodalizio di cui al capo 1); 2 - nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per violazione dell'articolo 416 bis c.p. e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo nel reato di associazione mafiosa (a prescindere dall'assenza di qualsivoglia condotta materiale di partecipazione, il ricorrente era comunque del tutto inconsapevole dell'esistenza e dell'operativita' del sodalizio: nulla dimostrerebbe quindi il necessario dolo); 3 - nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per violazione dell'articolo 416 bis c.p. e vizio di motivazione, per errata qualificazione giuridica del fatto, che al piu' integrerebbe il mero favoreggiamento personale; 4 - nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per violazione dell'articolo 416 bis c.p. e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui all'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 6, e Decreto Legge n. 152 del 1991 articolo 7; 5 - nullita' della sentenza per violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) ed E), per violazione dell'articolo 416 bis c.p. e vizio di motivazione in relazione all'articolo 533 c.p.p., comma 1, e articolo 530 c.p.p., comma 2, in difetto della prova della colpevolezza dell'imputato oltre ogni ragionevole dubbio. 13.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 13.2.1. I primi due motivi attengono all'affermazione di responsabilita', possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili. Le doglianze del ricorrente sono, infatti, assolutamente prive di specificita' in tutte le loro articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertive e, comunque, manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 198 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dell'imputato) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni, incensurabilmente interpretate ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, nonche' le precise dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), motivatamente ed incensurabilmente ritenute attendibili. La Corte ha anche puntualmente confutato le obiezioni difensive (in particolare, osservando che l'imputato era partecipe del sodalizio enucleato, come contestatogli, ma non era considerato affidabile: per questo in alcune occasioni i sodali tacciono al suo arrivo, ed in alcune occasioni non lo invitano ai summit), ed ha ritenuto provata l'esistenza di uno stretto legame con il capo della "locale" (OMISSIS) e la messa a disposizione del sodalizio del vivaio dove l'imputato lavorava per incontri riservati; e' stata ritenuta provata anche la custodia di armi, che documenta il necessario dolo di partecipazione; sono state valorizzate intercettazioni ambientali in carcere con i familiari proprio aventi ad oggetto la custodia di armi (f. 533 s. della sentenza di primo grado); si e' evidenziato che le conversazioni intercettate dimostrano che l'imputato era comunque al corrente delle principali dinamiche interne alla "locale" di (OMISSIS); la conversazione riportata a f. 205 ha evidenziato, nell'incensurabile interpretazione della Corte di appello, che il (OMISSIS) fosse consapevole della riferibilita' delle armi non al solo (OMISSIS) ma "a loro"; le frequentazioni assidue dei sodali presso il vivaio sono continuate anche dopo la morte del (OMISSIS), a riprova dell'esistenza di piu' ampi legami "associativi", che prescindevano dalla sola persona del predetto. La Corte di appello ha, pertanto, concluso che la complessiva valutazione di tutte le circostanze di fatto acquisite e valutate "smentisce l'ipotesi di una condotta limitata a vantaggio del singolo partecipe (OMISSIS) - che, peraltro, e' capo della locale di Seregno -bensi' provano la disponibilita' manifestata e concretamente prestata dall'appellante ad occultare le armi del sodalizio e a supportare le relative attivita', agevolando i contatti e le riunioni tra i sodali, che fonda la ritenuta intraneita' alla "locale", come contestata" (f. 208). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 13.2.2. Il terzo motivo e' ancora una volta meramente reiterativo, e comunque manifestamente infondato, poiche' gli elementi valorizzati dalla Corte di appello a fondamento dell'affermazione di responsabilita' hanno dimostrato che l'attivita' svolta dal (OMISSIS) avvantaggiava l'intero sodalizio, non il solo (OMISSIS), e si era protratta anche dopo la morte di quest'ultimo. 13.2.3. Il quarto motivo e' in parte non consentito (le censure riguardanti le aggravanti di cui all'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 6, non avevano costituito oggetto di appello, e sono state inammissibilmente dedotte per la prima volta in questa sede), in parte meramente reiterative, e quindi generiche (a fronte degli incensurabili rilievi con i quali la Corte di appello ha argomentato - f. 209 - la ritenuta configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7). 13.2.4. All'evidenza generico (in difetto di compiuti riferimenti alle acquisite risultanze) e comunque non consentito (poiche' deduce violazione degli articoli 530 e 533 c.p.p., in realta' muovendo doglianze all'apparato motivazionale della sentenza impugnata: cfr. 4.4.) e' il quinto motivo. 14) Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1bis - H1 - H (esclusi i beni sub 6 e 9), unificati dal vincolo della continuazione ed esclusa la circostanza aggravante contestata sub H), nonche' del reato di cui al capo O, esclusa la circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e condannato alle pene ritenute di giustizia (anni due di reclusione ed euro 200,00 di multa per il reato di cui al capo O), ed anni undici di reclusione per le residue imputazioni) con le statuizioni accessorie, anche di confisca od in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', ma ha escluso l'aggravante di cui all'articolo 353, comma 2, contestata sub O), riducendo conseguentemente la pena per tale reato (ad anni uno di reclusione ed euro 200,00 di multa), e disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub 6. (OMISSIS). H) Del delitto di cui agli articoli 110 e 81 c.p., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con persone non identificate, in tempi diversi e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, intestava fittiziamente i beni qui di seguito indicati a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sas, (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); 1) quote di (OMISSIS) srl facenti formalmente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS); 2) (facenti formalmente capo a (OMISSIS) srl): - Comune di (OMISSIS), diritto di superficie per 99 anni sul terreno di cui al foglio 3 particella 901; - Comune di (OMISSIS), proprieta' sul c.d. Lotto n 6 della istituendo "area artigianale" complessivamente identificata dal Foglio n. 6 Mappali n 82, 84 e parte del 36; - Comune di (OMISSIS); - n 15 centiare Foglio 3 Particella 679 Semin.Irrig. (proprieta' al 100%); - n 38 centiare Foglio 3 Particella 772 Semin.Irrig. (proprieta' al 100%); - n 2 centiare Foglio 3 Particella 773 Semin.Irrig. (proprieta' al 100%); - 12 mq cat C/2 Foglio A5part.1194 sub 522 in (OMISSIS) (proprieta' al 100%); - immobile categoria A3 Foglio A5part.1194 sub 521 in (OMISSIS) (proprieta' al 100%); - immobile categoria A3 Foglio A5part.1194 sub 520 in (OMISSIS) (proprieta' al 100%); - immobile categoria A3 Foglio A5part.1194 sub 519 in (OMISSIS) (proprieta' al 100%). In comune di (OMISSIS); proprietaria di 07 are (fg.3 Part. 250 Prato); proprietaria di 34 are e 60 centiare (fg.3 Part. 251 Prato); proprietaria di 36 are e 80 centiare (fg.3 Part. 282 Seminativo); proprietaria di 03 are (fg.3 Part. 283 Seminativo; proprietaria di 04 are e 42 centiare (fg.3 Part. 750 Seminativo; proprietaria di 03 are e 92 centiare (fg.3 Part. 751 Seminativo); proprietaria di 04 are e 07 centiare (fg.3 Part. 752 Seminativo); proprietaria di 03 are e 67 centiare (fg.3 Part. 753 Seminativo); proprietaria di 03 are e 70 centiare (fg.3 Part. 754 Seminativo); proprietaria di 03 are e 70 centiare (fg.3 Part. 755 Seminativo); proprietaria di 24 are e 81 centiare (fg.3 Part. 771 Seminativo); proprietaria di 02 are e 40 centiare (fg.3 Part. 772 Seminativo); proprietaria di 07 are e 10 centiare (fg.3 Part. 773 Seminativo); proprietaria di 07 are e 10 centiare (fg.3 Part. 774 Seminativo); proprietaria di 08 are e 80 centiare (fg.3 Part. 775 Seminativo); proprietaria di 09 are e 50 centiare (fg.3 Part. 776 Seminativo); proprietaria di 08 are e 80 centiare (fg.3 Part. 777 Seminativo); proprietaria di 03 are e 82 centiare (fg.3 Part. 822 Seminativo); proprietaria di 03 are e 90 centiare (fg.3 Part. 845 Seminativo); proprietaria di 03 are e 90 centiare (fg.3 Part. 846 Seminativo); proprietaria di 03 are e 98 centiare (fg.3 Part. 847 Seminativo); proprietaria di 06 are e 42 centiare (fg.3 Part. 848 Seminativo); proprietaria di 03 are e 73 centiare (fg. 3part.850 Seminativo); proprietaria di 06 are e 13 centiare (fg. 3part.851 Seminativo); proprietaria di 06 are e 18 centiare (fg. 3part.852 Seminativo); proprietaria di 06 are e 37 centiare (fg. 3part.853 Seminativo); proprietaria di 05 are e 70 centiare (fg. 3part.854 Seminativo); 3) (facenti formalmente capo a (OMISSIS) sas); - immobile sito in (OMISSIS) fg. 19 Part. 1185 sub. 5) in via (OMISSIS) (pere. 1/1000); - immobile sito in (OMISSIS) (Sez. Urbana B fg. 19 Part. 1188) mq in via (OMISSIS) (pere. 1/2); - 15 centiare (fg. 3 Part. 681 Sem Irrig.) ubicate in via (OMISSIS); - 38 centiare (fg. 3 (OMISSIS)) ubicate in in via (OMISSIS); - 3 are e 2 centiare (fg. 3 Part. 775 Sem Irrig.) ubicate in via (OMISSIS).. 4) (Facenti formalmente capo a (OMISSIS)); - n 3 immobili siti in (OMISSIS), cosi' specificati; Sez. urb. C foglio 1 Part. 338 sub. 63 piano S1 categoria C/6; Sezione urb. C foglio 1part.376 piano T (lastrico Solare); Sez. Urb. C foglio 1 Part. 275 sub. 21 categoria A/2; - n 3 immobili siti in (OMISSIS), cosi' specificati: Sez. Urb. Foglio 3part.852 sub. 16 piano T categoria C/2; Sez. Urb. B Foglio 3part.852 sub. 15, piano T categoria C/6; Sez. urb. B Foglio 3part.852 sub. 7 piano 1 categoria A/3 (percentuale di 1/1); immobile sito in (OMISSIS) Sezione Urbana A Foglio 5 Particella 478 sub 37. - immobile sito in (OMISSIS) Foglio 31part.118 sub. 704 piano S1 via Lessona n 5 (percentuale di 2/8 in regime di separazione dei beni). 5) (facenti formalmente capo a intestato a (OMISSIS) e (OMISSIS)); Comune di Pavia foglio 6 mappale 51 di 35 are e 80 centiare; 6) (facenti formalmente capo a (OMISSIS) srl); n 19 immobili siti in (OMISSIS) piano T, Piano 1 e Piano 2 del (foglio D/3 Part. 259, categoria A/3-C/6-C/7-F/1 sub. 5-8-10-11-18-19-20-21-27-28-29-30-31-32-33-34-35-36 e 37); 7) (facenti formalmente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS)); quote della (OMISSIS) srl ( (OMISSIS) srl); 8) (facenti formalmente capo a (OMISSIS)); Azienda (beni strumentali, rapporti bancari, etc.) della Iar Iniziative Assistenziali Riunite Cooperativa Sociale a Responsabilita' Limitata - ONLUS con sede in (OMISSIS) ed unita' operativa in (OMISSIS); Azienda (beni strumentali, rapporti bancari, etc.) della ICARE Cooperativa Sociale con sede in Pavia Via Brichetti n 14; Azienda (beni strumentali, rapporti bancari, etc.) della (OMISSIS) Cooperativa Sociale con sede in (OMISSIS). 9) (Facente capo formalmente a (OMISSIS) srl); l'immobile sito in (OMISSIS) Foglio 32part.1418 sub 30 piano 1; 10) (facenti formalmente capo a (OMISSIS) sas); nr. 3 immobili siti in (OMISSIS), attualmente cosi' censiti; Sez. Urb. G Foglio 5part.1501 sub. 1 piano T-1-S1 cat. A/4 (percentuale 1/1); Sez. Urb. G Foglio 5part.822 sub. 1 cat. C/6 (percentuale 1/1); Sez. Urb. G Foglio 5part.1501 sub 2 piano T cat. A/4 (percentuale 1/1); 11) (facenti formalmente capo a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); Quote di (OMISSIS) srl; In (OMISSIS) e altrove in continuazione fino al 2010; Contestazioni ai sensi dell'articolo 517 c.p.p. (udienza 27/9/2012); (OMISSIS). H-1) del delitto di cui agli articoli 110 e 81 c.p., Decreto Legge n. 506 del 1992, articolo 12 quinquies perche', in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (nei confronti dei quali si procede separatamente), in tempi diversi e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, intestava fittiziamente a terzi i beni qui di seguito indicati: Quote di partecipazione pari al 25% del capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. corrente in (OMISSIS) formalmente intestata a (OMISSIS). Quote di partecipazione pari al 50% del capitale sociale della (OMISSIS) s.r.l. con sede in Lotto di terreno identificato al foglio particella 849 del comune di Pasturana per un superficie di 9 are e 93 centiare intestato alla sopra meglio indicata (OMISSIS) s.r.l.; Percentuale pari a 75,28/1000 del terreno identificato al foglio 3 particella 771 comune di (OMISSIS) per un superficie di 24 are e 81 centiare (destinata a strada) intestato alla (OMISSIS) s.r.l.; Immobile sito in (OMISSIS) di cui alle coerenze catastali foglio 0/3 particella n. 259 sub 40, intestato alla (OMISSIS) s.r.l., legalmente rappresentata da (OMISSIS). Immobile sito in (OMISSIS) di cui alle coerenze catastali foglio 0/3 particella n. 259 sub 41 intestato alla (OMISSIS) s.r.l., legalmente rappresentata da (OMISSIS). Immobile sito in (OMISSIS) di cui alle coerenze catastali foglio 0/3 particella n. 259 sub 24 intestato alla (OMISSIS) s.r.l., legalmente rappresentata da (OMISSIS). 50% delle quote di (OMISSIS) s.r.l. con sede in (OMISSIS) formalmente intestate ad (OMISSIS) In (OMISSIS) e altrove in continuazione fino al luglio 2010. (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) giudicati separatamente); O) articolo 110 c.p., articolo 353 c.p., comma 2, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e nelle qualita' di cui sopra, con collusioni e mezzi fraudolenti qui di seguito indicati, turbavano la gara di appalto indetta per l'assegnazione in diritto di superficie del lotto 3 del Piano di zona per l'edilizia economica e popolare (PEEP) in Comune di Borgarello, gara aggiudicata alla (OMISSIS) srl in data 22.3.2010; Collusioni e mezzi fraudolenti consistiti in: a) Presentare due offerte, entrambe provenienti da (OMISSIS) srl, con importi diversi, rispettivamente pari a euro 36.600,00 e a euro 45.200,00 e nel farne risultare protocollata ufficialmente solo quella di importo minore, destinata ad essere sostituita con altra con importo maggiore qualora fossero intervenute offerte di altre imprese; b) Allontanare dalla gara altra impresa, facente capo all'assessore (OMISSIS), in quanto l'appalto doveva essere vinto da (OMISSIS); c) Fornire al bando di appalto una pubblicita' non adeguata in modo da impedire alle imprese interessate di parteciparvi; d) Nel comunicare a (OMISSIS), prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte (16.1.2010), che alla data del 12.1.2010 non erano pervenute offerte. e) Nel garantire a (OMISSIS) che, una volta aggiudicato il diritto di superficie alla (OMISSIS) srl, l'area sarebbe passata in proprieta' piena; In tal modo gli indagati, prima dell'espletamento della gara, hanno assegnato l'appalto pubblico in questione alla (OMISSIS) srl e hanno garantito la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprieta'. Con l'aggravante di aver commesso il fatto da parte di soggetto da considerarsi preposto alla gara in quanto (OMISSIS) ha svolto, di fatto, funzioni essenziali ai fini della realizzazione dell'obiettivo finale del pubblico incanto posto che, quale presidente della Giunta Comunale di Borgarello, in data 1.12.2009 ha approvato la bozza di convenzione e il bando pubblico per la riassegnazione del lotto 3 del PEEP del Comune di Borgarello. Con l'aggravante, per (OMISSIS), di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa; In (OMISSIS). 14.1. La difesa denuncia: 1 - (capo 1-bis) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 3 - articolo 192 c.p.p., comma 3 - articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), - nonche' articoli 110 e 416 bis c.p. e 416 ter c.p., per manifesta illogicita' della motivazione, inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Lamenta, in particolare: - quanto alle presunte condotte di intermediazione per la convergenza di voti mafiosi sui diversi candidati e di garanzia della contropartita per il sostegno elettorale asseritamente da questi fornito (f. 225 ss. dell'impugnata sentenza), una discrasia inerente alle contestazioni che si pongono a monte di quella riguardante il ricorrente, poiche', nelle imputazioni ascritte a (OMISSIS) (locale di Pavia) e (OMISSIS) (locale di (OMISSIS)) non vi e' traccia di tale patto ma si fa riferimento generico a rapporti, concretizzatisi nella generica vicinanza e disponibilita' di un alto funzionario amministrativo rispetto a singoli esponenti del sodalizio, penalmente neutri e non integranti il ritenuto concorso esterno; nulla dimostrerebbe che (OMISSIS) avesse stretto un patto elettorale con i predetti esponenti della ndrangheta (uno dei quali e' stato dall'imputato in una occasione malamente apostrofato), e d'altro canto i candidati sostenuti dall'imputato non risultano coinvolti nell'odierno procedimento, e nulla dimostra che avessero ottenuto appoggio elettorale dal sodalizio, ne' che quest'ultimo avesse ottenuto un "ritorno" in termini di utilita' dall'appoggio elettorale in ipotesi fornito; analoghe considerazioni si imporrebbero quanto al presunto appoggio fornito dal (OMISSIS), con l'ausilio di (OMISSIS), per l'elezione di (OMISSIS), mai indagato ed assolutamente estraneo ad ogni accordo; inoltre, l'ipotizzato ed indimostrato impegno dell'imputato non avrebbe comunque inciso, accrescendole, sulle capacita' operative dell'individuato sodalizio: difetterebbe, pertanto, quel rapporto di causalita' richiesto dalla giurisprudenza delle Sezioni unite (sentenza Mannino del 2005) per configurare il concorso esterno del politico che stringa un accordo elettorale con un sodalizio mafioso, oltre che la necessaria consapevolezza e volonta' di fornire un tale apporto; peraltro, pur se fosse dimostrato l'accordo de quo, in realta' insussistente, esso non sarebbe sufficiente, occorrendo in siffatta situazione anche la prova dell'impiego del metodo mafioso per condizionare la libera espressione del voto, mai emerso in motivazione; d'altro canto il ricorrente era un mero simpatizzante, privo della possibilita' di gestire in prima persona il potere politico; - che, come richiesto con memoria in data 16 maggio 2014, le condotte in ipotesi accertate fossero sussunte nell'ambito del sopravvenuto e piu' favorevole articolo 416 ter c.p., e dichiarate non piu' previste dalla legge come reato, ovvero sanzionate con la piu' favorevole pena edittale minima: peraltro, mancando od essendo incerta la prova di un accordo siglato con le modalita' e l'oggetto chiesto dal nuovo articolo 416 ter c.p., era a maggior ragione evidente l'impossibilita' di ravvisare anche il piu' grave concorso esterno (oltre a numerosi rilievi in diritto, il ricorrente propone in argomento la considerazione che mai alcuna irregolarita' amministrativa gli sia stata addebitata, pur avendo egli gestito, in piu' tempi, ingenti somme denaro pubblico); - la parte della motivazione che evoca la disponibilita' dell'imputato ai ricoveri ospedalieri in un sorvegliato speciale e di un latitante e' illogica non avendo egli attribuzioni inerenti alla gestione dei ricoveri ospedalieri, e comunque il sorvegliato speciale risultava realmente affetto da una rara malattia del sangue; eventuali addebiti che potrebbero essere mossi all'imputato in proposito sarebbero comunque privi di rilevanza penale, nulla dimostrando il suo concreto interessamento in proposito, o i suoi collegamenti con medici eventualmente compiacenti, o comunque che le diagnosi de quibus fossero non veritiere; - arbitraria sarebbe la valorizzazione di conversazioni intercettate dalle quali si e' ritenuto di trarre prova della entusiastica adesione del ricorrente al sodalizio, in realta' non accompagnata dalla prova di condotte concrete; si e' anche trascurato che talvolta il ricorrente ha narrato episodi non veri (il riferimento e' al tentato omicidio ed alle conseguenti vicende processuali, rimaste indimostrate), palesando nel complesso l'inclinazione a fornire versioni distorte di fatti, ad ingigantire i suoi comportamenti ed a vanteria (f. 19 s. del ricorso), come nel caso della vantata affiliazione alla ndrangheta (conversazione intercettate il 9 giugno 2009); 2 - (capo 1 bis) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 3 - articolo 192 c.p.p., comma 3 - articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), - nonche' articoli 110 e 416 bis c.p. e articolo 416 ter c.p., per mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Il ricorrente ripropone le doglianze gia' formalizzate con il primo motivo, quanto all'insussistenza di condotte valorizzagli come concorso esterno o come piu' favorevole scambio elettorale politico-mafioso, questa volta argomentandole, nel corso di 70 pagine (da f. 20 a f. 90), attraverso una ampia disamina di elementi valutati e/o valutabili ai fini della decisione (conversazioni intercettate e dichiarazioni rese in sede di esame dibattimentale), per desumerne la sussistenza di presunti numerosi travisamenti (il ricorrente ne individua 16 gruppi), illogicita', contraddittorieta', omissioni, valutazioni arbitrarie, che vizierebbero irrimediabilmente il complessivo impianto motivazionale posto dalla Corte di appello a fondamento della contestata affermazione di responsabilita'; 3 - (capo 1 bis) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione agli articoli 59, 62 bis, 69, 70, 18, 133, 416 bis c.p., per mancanza della motivazione ed inosservanza o erronea applicazione della legge penale (lamenta che nulla dimostri che l'imputato fosse consapevole del carattere armato dell'associazione, il che renderebbe erronea l'individuazione della pena edittale con riguardo alla fattispecie aggravata; ingiustificata e' la fissazione della pena in misura superiore al minimo edittale; ai fini della concessione delle attenuanti generiche, non si e' tenuto conto del positivo comportamento post delictum, "nella specie la condotta processuale, improntata al massimo rispetto per l'autorita' procedente"; il beneficio e' stato inoltre concesso a tutti gli imputati risultati estranei al sodalizio, e non vi e' ragione di negarlo al ricorrente); 4 - capo 1 bis (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 15.7.2011) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) ed E), in relazione alla ritenuta legittimazione delle parti civili costituire ed alle infondatezza nonche' illegittimita' delle pretese risarcitorie, violazione di legge processuale e mancanza di motivazione (eccepisce il difetto di legittimazione della Presidenza del Consiglio, dei due Ministeri costituitisi e del Comm. straord. per il coord. delle iniziative antiracket, organo di promanazione governativa privo di autonoma legittimazione, e difetta sul punto adeguata motivazione; contesta la ritenuta legittimazione degli ulteriori enti pubblici costituitisi, per non configurabilita' nei loro confronti di un danno all'immagine risarcibile, argomentata sulla base di un precedente giurisprudenziale del 2001 in tema di omissione di atti di ufficio; difetta un danno morale e materiale risarcibile in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri; la Corte di appello ha omesso di pronunziarsi sugli eccepiti vizi formali dell'atto di costituzione del F.A.I. - comunque privo di legittimazione - privo dell'indicazione degli imputai nei confronti dei quali veniva formalizzata la costituzione); 5 - capo 1 bis (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 15.7.2011) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), (per omessa motivazione in ordine all'eccezione di nullita' del capo di imputazione per assoluta ed irrimediabile indeterminatezza); 6 - capi 1 bis/H/H1/O - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) e D), per erronea declaratoria di inammissibilita' della richiesta (formulata con i motivi nuovi impugnazione) di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 2, e violazione dell'articolo 495 c.p.p., comma 2; inoltre la Corte di appello avrebbe fatto insistito riferimento alla motivazione della sentenza che ha definito il separato troncone del procedimento celebrato che rito abbreviato, non formalmente acquisita agli atti ex articolo 238 bis c.p.p., e comunque la cui motivazione e' stata depositata dalla Cassazione solo in data successiva al 28 giugno 2014, data delle decisione di appello, e della quale ciononostante vengono riportati in piu' punti ampi brani; il carattere di novita' delle prove de quibus sarebbe emerso a seguito della requisitoria del PM e della sentenza di condanna di primo grado; 7 - capi 1 bis/H/H1/O - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 27.9.2012) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), per violazione dell'articolo 236 c.p.p. e del diritto di difesa (lamenta l'intervenuta acquisizione "di vari documenti riferibili a soggetti ne' imputati ne' testimoni nel presente procedimento", che avrebbero inciso decisivamente sull'affermazione di responsabilita' (f. 101 ss.); 8 - capi 1 bis/H/H1/O - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 9.2.2012) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), per violazione dell'articolo 62 c.p.p. e del diritto di difesa per effetto della testimonianza degli operanti sul contenuto delle intercettazioni delle conversazioni degli imputati, sia inteso come divieto di interpretare le conversazioni ascoltate (prima parte del motivo) sia riguardante le conversazioni degli imputati; argomenta la fondatezza della doglianza sulla base di riferimenti giurisprudenziali interni e sovranazionali); 9 - capi 1 bis/H/H1/O - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 21.7.2011) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), quanto alla intervenuta richiesta del P.M. e trascrizione di intercettazioni ulteriori rispetto a quelle indicate nella richiesta di giudizio immediato; 10 - capo 1 bis - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) ed E), per manifesta illogicita' della motivazione e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullita', inutilizzabilita' e inammissibilita' (lamenta che siano state valorizzate condotte antecedenti rispetto a quello oggetto di contestazione nel processo, e rivalutate condotte in parte gia' separatamente costituenti oggetto di indagini preliminari concluse con archiviazione non revocata); 11 - capi 1 bis/H/H1 - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 15.7.2011) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) ed E), quanto alla determinazione della competenza per territorio (appartenente al Tribunale di Reggio Calabria o di Monza; la motivazione della sentenza impugnata e' inficiata dalla in parte contraddittoria in parte carente individuazione del luogo in cui l'associazione si e' operativamente manifestata, e dalla gia' censurata - sub 6 - utilizzazione della gia' citata sentenza 28 giugno 2014 della Cassazione). 12 - capi H/H1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 125 c.p.p., comma 3 - articolo 192 c.p.p., comma 3 - articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), - nonche' articoli 110 e 416 bis c.p. e articolo 416 ter c.p., per mancanza e manifesta illogicita' della motivazione in relazione al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies con inosservanza od erronea applicazione della legge penale. Il ricorrente lamenta travisamento del senso delle doglianze costituenti oggetto dell'atto di appello, e comunque carenza di elementi dimostrativi della sussistenza del necessario dolo specifico, che nella specie dovrebbe consistere nell'inesistente fine di eludere l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali; a tal fine opera nel corso di 12 pagine (da f. 115 a f. 127) una ampia disamina di elementi valutati e/o valutabili ai fini della decisione (rilevanza dell'avviso di diffida, conversazioni intercettate e dichiarazioni rese in sede di esame dibattimentale), per desumerne ancora una volta la sussistenza di presunti numerosi travisamenti, illogicita', contraddittorieta', omissioni, valutazioni arbitrarie, che vizierebbero irrimediabilmente il complessivo impianto motivazionale posto dalla Corte di appello a fondamento della contestata affermazione di responsabilita'; in realta' i contestati atti di disposizione sarebbero tutti mossi dal desiderio di garantire alle persone piu' care, ed in particolare alla figlia, un futuro economicamente agiato; 13 - capi H/H1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 81 c.p., per mancanza della motivazione ed inosservanza od erronea applicazione della legge penale (lamenta erroneita' dell'aumento di pena operato in apri misura per i reati satellite, pur essendo il secondo all'evidenza di minore gravita'); 14 - capi 1 bis/H/H1 - con riguardo alla confisca estesa all'intero patrimonio - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies per manifesta illogicita' della motivazione, travisamento della prova (rectius, utilizzo processuale di prova mai acquisita nel processo) e conseguente illegittimita' della confisca. Dopo avere evidenziato un grossolano quanto palese errore materiale della Corte di appello nell'indicare il valore del patrimonio confiscando 1.600,00 euro in luogo di 1.600.000,00 la difesa lamenta che esso sia stato determinato valorizzando dati emergenti da una perizia asseritamente disposta dal Tribunale, ma in realta' mai acquisita: in proposito, ripercorre a f. 129 del ricorso le vicende attraverso le quali detta perizia sarebbe entrata a far parte del materiale probatorio conosciuto e valorizzato dalla Corte di appello, evidenziando che si tratta di atto autodefinitosi CTU, ma in realta' avente natura di CTP, disposta unilateralmente dal PM, redatta il 3.4.2013 e depositata in data 8.5.2013, mentre il primo grado era terminato con decisione del 6.12.2012 (probabilmente non a caso il primo giudice non fa mai menzione di detto atto - cfr. f. 347 della sentenza del Tribunale - che e' allegato al ricorso); sarebbe pertanto legittimamente utilizzabile come riferimento solo la - di molto inferiore - stima fornita dal consulente della difesa, in difetto di diversi dati emergenti ex actis (nel silenzio degli operanti di PG incaricati di dette valutazioni: cfr. esame teste (OMISSIS), f. 133 del ricorso); sarebbero state inadeguatamente considerate le entrate lecite dell'imputato, molto riduttivamente considerate; non si e', inoltre, tenuto conto dei redditi dimostrati e non dichiarati al fisco, travisando il contenuto degli esami di ben 5 testimoni della difesa, che hanno dichiarato di avere versato all'imputato compensi non dichiarati al fisco (f. 134 del ricorso); ricorda inoltre che, come chiarito dalla SS.UU. (sentenza Repaci), i redditi no dichiarati possono assumere rilevanza ai fini della giustificazione della sproporzione reddituale ai fini de quibus; 15 - capo O - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), C) ed E), quanto alla affermazione di responsabilita', in relazione all'articolo 522 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, ed all'articolo 56 c.p., per inosservanza della legge penale, manifesta illogicita' della motivazione, travisamento della prova e difetto di correlazione tra imputazione e sentenza. La difesa lamenta che le relative doglianze sia state ritenute generiche, pur se il relativo gravame non e' stato dichiarato inammissibile; lamenta che sia stato apoditticamente affermato che le modalita' di pubblicizzazione del bando de quo non fossero rispondenti ai criteri di trasparenza imposti dalla legge, mentre le dichiarazioni - non valutate - del segretario comunale (OMISSIS) (riportate a f. 136) dimostravano il contrario; il teste (OMISSIS) avrebbe inoltre dichiarato di non essere stato fraudolentemente allontanato dalla gara, spiegando le ragioni tecniche del suo disinteresse per la gara; integra nullita' della sentenza ex articolo 522 c.p.p. l'esclusione dalla gara di soggetto diverso da quelli indicati nell'imputazione; del tutto ininfluente sarebbe la ritenuta rivelazione di notizie sull'assenza di ulteriori offerte; non dimostrato sarebbe rimasto il presunto impegno del sindaco di trasformare il diritto di superficie in proprieta' piena; la busta contenente l'offerta di (OMISSIS) s.r.l., non sottoposta a sequestro, potrebbe essere stata modificata od alterata; nel complesso, manca la dimostrazione delle condotte fraudolente ipotizzate nell'imputazione; erronea sarebbe anche l'esclusione della derubricazione del reato de quo nella corrispondente fattispecie tentata, anche se gli atti compiuti sarebbero comunque inidonei; 16 - capo O - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), per erronea determinazione della competenza per territorio (per evidente insussistenza dell'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 che non andava quindi considerata ai fini de quibus). 17 - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 26.4.2012) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C), quanto alla mancata declaratoria di nullita' delle tre testimonianza assunte all'udienza 26.4.2012 in assenza della difesa di fiducia, in presenza di un vulnus per il diritto di difesa, come gia' ritenuto dalla Corte EDU (sentenza 27.4.2006, caso SANNINO) "proprio per un caso analogo a quello occorso in udienza"; 18 - capo O - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in punto di trattamento sanzionatorio e di applicazione della confisca, per erronea applicazione degli articoli 133 e 240 c.p. e manifesta illogicita' della motivazione (lamenta che il valore esiguo del pubblico incanto ha contraddittoriamente indotto una valutazione di estrema gravita' del fatto; la sua esiguita' ed il positivo comportamento processuale avrebbero reso l'imputato meritevole di un trattamento sanzionatorio piu' favorevole, e delle attenuanti generiche; illegittima e', inoltre, la confisca delle quote di (OMISSIS) s.r.l. facenti capo a (OMISSIS), poiche' il reato di cui all'articolo 353 c.p. non costituisce presupposto di responsabilita' degli enti, e le quote non costituiscono cosa servita a commettere il reato; d'altro canto, le quote di PFP s.r.l. separatamente sequestrate ai coimputati (OMISSIS) ed (OMISSIS) sono gia' state dissequestrate con la sentenza di condanna di primo grado; infondato e' il riferimento al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies). 14.2. Il ricorso e' fondato limitatamente alla statuizione di confisca, ed e' nel resto complessivamente infondato. 14.3. Deve preliminarmente rilevarsi, per confutare un rilievo all'evidenza inconsistente, che l'avere nel complesso la Corte di appello non dichiarato l'inammissibilita' dell'appello non rende contraddittorie le declaratorie di genericita' e/o a-specificita' di singole doglianze: l'appello non poteva, infatti, essere in toto dichiarato inammissibile, in presenza non tanto del suo parziale accoglimento, quanto della mera infondatezza di alcune doglianze, atta a legittimare il conclusivo e complessivo rigetto nel resto ineccepibilmente in rito deliberato dalla Corte di appello. Per le medesime ragioni, a prescindere dall'accoglimento del motivo 14 , questa Corte ritiene di rigettare, nel complesso, il ricorso nel resto, in presenza, tra gli ulteriori 17 motivi, di motivi inammissibili (per plurime ragioni) e motivi meramente infondati. 14.3.1. Il primo ed il secondo motivo, inerenti all'affermazione di responsabilita', sono in parte reiterativi, e quindi generici, e comunque manifestamente infondati, in parte infondati. Le doglianze del ricorrente sono, infatti, in massima parte assolutamente prive di specificita' in tutte le loro articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertive e, comunque, manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 215 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dell'imputato) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni, in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, limitandosi a contestarne (inammissibilmente, per le ragioni giuridiche in precedenza illustrate: cfr. 4.10. ss.) l'incensurabile interpretazione accolta dalla Corte di appello. 14.3.1.1. La Corte di appello (f. 215 ss.), come il primo giudice, ha attribuito all'imputato il ruolo di concorrente esterno nel sodalizio di matrice ndranghetistica denominato "La Lombardia" di cui al capo 1), per aver tenuto le seguenti condotte: attivita' di collegamento fra alti esponenti della ndrangheta lombarda, segnatamente (OMISSIS) e (OMISSIS), ed esponenti del mondo politico, amministrativo, imprenditoriale, bancario, svolta da (OMISSIS) avvalendosi della sua funzione di direttore sanitario dell'ASL di (OMISSIS) e delle relazioni personali che tale funzione gli ha consentito di instaurare; messa a disposizione di tale funzione per favorire interessi economici della ndrangheta, garantendo appalti pubblici, proponendo iniziative immobiliari e prestandosi a riciclare denaro provento di attivita' illecite degli associati, nonche' procurando voti attraverso i suddetti alti esponenti della ndrangheta a favore di candidati in occasione di competizioni elettorali facendosi garante di contropartite in grado di assicurare il rafforzamento interno ed esterno del sodalizio; disponibilita' a soddisfare ogni esigenza sanitaria di affiliati e loro familiari. La Corte di appello ha ricostruito le relazioni personali ed il contesto operativo dell'imputato attraverso le parole con le quali il coimputato (OMISSIS), calabrese, descriveva al conterraneo (OMISSIS), in visita al Nord, la brillante carriera ed il potere anche politico conseguiti dal (OMISSIS), giunto al vertice della sanita' pavese (ma per ragioni politiche, non per competenze tecniche, e producendo - incredibilmente - "un falso curriculum": cosi' la sentenza impugnata a f. 217), ed in grado di arrecare vantaggi alla ndrangheta lombarda, poiche' disponibile a fare ogni tipo di favori ("... ha raggiunto i vertici della politica e noi gli siamo sempre vicini ...ha tutta la provincia sotto di lui una delle province piu' grosse d'Italia ... politicamente decidono tutto a tavolino ..."; "... lui ci tiene sempre in considerazione ... poi fa centomila favori si e' messo nei guai per quello ... noi gli siamo sempre vicini... gli diamo una grossa mano ... siamo un tutt'uno ... una volta l'hanno arrestato ..."). Osserva la Corte a tal proposito che "Non puo' invero essere trascurata la considerazione che proprio l'esponente di maggior prestigio de La Lombardia riconosca l'estrema rilevanza dell'apporto contributivo fornito in settori essenziali di interesse dal concorrente esterno, ai fini di un effettivo potenziamento dell'efficienza operativa dell'associazione criminale". Una ineludibile conferma di tale assunto giunge dalla plurime inequivocabili frasi intercettate, pronunciate dallo stesso (OMISSIS), dettagliatamente riportate a f. 218 ss., e tra le quali appaiono emblematiche quelle riguardanti se' stesso (20/8/2008: "faccio il capo, qua trattiamo tutto, allora dai medici di base ai medici di famiglia, li paghiamo noi, li gestiamo noi ... questo e' il centro di potere piu' grosso della provincia, perche' da noi dipendono tutti gli ospedali della provincia, tutti i medici di medicina generale, i cantieri, quindi noi andiamo a verificare i cantieri, li chiudiamo...la veterinaria, gli ospedali che noi praticamente siamo noi che gli diamo i soldi, noi che controlliamo. Mi sono fatto un culo cosi' per ...persone che non e' che li conosco, io li conosco, se lei mi dice perche' ad un certo punto faccio delle cortesie ai (OMISSIS), io non ho problemi a dirglielo: perche' a un anno e mezzo... poi mi sono organizzato ora c'ho la squadra che funziona che e' una meraviglia". Il discorso puo' forse essere meglio compreso ricordando le espressioni di ammirazione nutrite per il malavitoso (OMISSIS), che "s'e' fatto quattordici anni di carcere ...un solo omicidio con qualche familiare ed un pugno di amici, ha tenuto in scacco due famiglie mafiose terribili ... alla fine e' dovuta intervenire la cupola per mettere pace"), ed in particolare il vanto espresso per essere uscito da un processo con declaratoria di prescrizione dopo due annullamenti con rinvio delle sentenze d'appello, che avevano confermato la sua condanna in primo grado, quale mandante in concorso con il (OMISSIS) ed altri, dell'estorsione per un debito di usura (cosi' descrivendo il periodo di custodia cautelare subito: "In galera e'... e' una di quelle scuole di vita, cioe' uno ha il terrore, io no, io ho sempre pensato che potevo finire in galera per, per come vivevo, no? Poi calabrese, che cazzo vuoi, cioe' la galera sulle spalle ce l'hai e per cui non e' che mi abbia scioccato piu' di tanto, anzi, ti dico, e' stato un periodo che io ho valorizzato al massimo"). Ampio riferimento e' anche fatto (f. 219 ss.) all'ostentata rievocazione, in piu' occasioni operata da parte del (OMISSIS) con enfasi, di discutibili vicende personali, ovvero di essere stato in carcere in Calabria, di essere stato l'autore di un tentato omicidio, di un sequestro di persona a scopo di estorsione, di varie estorsioni, del "massacro di botte" inferto ad un motociclista per questioni di viabilita' (precisando che questi aveva anche ragione, ma gli aveva tagliato la strada), ed altro. In relazione a tali fatti, la Corte di appello ha correttamente osservato che "non dirimente deve ritenersi la mancanza di riscontri offerti dalle indagini, dedotta dalla difesa senza considerare l'ipotesi piu' che verosimile dell'omerta'/reticenza delle vittime come emerge dalla vicenda (OMISSIS), il quale a suo tempo non aveva denunciato l'imputato per le minacce di morte sopra riportate ed in dibattimento ha sostenuto di non esserne stato intimidito; mentre di estremo rilievo, per dimostrare il clima di diffusa soggezione ed omerta' indotto nell'ambiente medico dalla personalita' e dalle modalita' di comportamento del (OMISSIS) anche nell'esercizio della sua funzione al vertice della sanita' pavese, risulta il compiacimento con il quale egli asserisce:... "io ho sempre avuto un buon rapporto che nasceva dal timore che questi avevano nei miei confronti. Perche' non riuscivano a focalizzarmi, a catalogarmi.., e non c'e' niente di peggio di uno che tu non sai definire, dici: ma questo da dove cazzo esce fuori, da quale cilindro, no? Me le hanno attaccate di tutte: figlio di un potente mafioso, figlio di una famiglia ricca, no? Quella di mafioso era quella che mi accompagnava di piu' ... (OMISSIS) per quanto di me ha stima, affetto, cosa, ha anche, piu' di una volta si e' rivolto seriamente: dottor (OMISSIS), poi le devo chiedere una cortesia, questo mi sta rompendo i coglioni, dobbiamo dargli una lezione". Del tutto logicamente, e, quindi, incensurabilmente, la Corte di appello ha concluso sul punto che "Tali risultanze delineano in (OMISSIS) la figura di un soggetto legato alla criminalita' organizzata, della quale condivide i "valori", i metodi violenti e lo stile di vita, al punto da rendere percepita e percepibile anche a colleghi medici pavesi (molti dei quali peraltro di origine calabrese) .. che per la professione esercitata ed il territorio di operativita' non dovrebbero essere condizionabili da condotte indirettamente intimidatorie e di sopraffazione - la presenza inquietante della ndrangheta nel mondo della sanita' pavese, con un alto funzionario di lungo corso come (OMISSIS) che si rivolge al soggetto apicale dell'ASL per chiedergli di "dare una lezione" ad un collega. Le stesse risultanze dimostrano nel loro complesso una pluralita' di rapporti d'affari, politici, amministrativi intrattenuti in piena consapevolezza dall'imputato con persone gravitanti nell'ambito delle associazioni di stampo mafioso non solo calabrese, delle quali condivide con vero e proprio entusiasmo le condotte improntate alla violenza e alla prevaricazione, avendo anche personalmente partecipato ad alcune di tali condotte". Sono state poi puntualmente confutate, sulla base di precisi elementi fattuali e con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche, non contraddittorie, e quindi incensurabili in questa sede, le tesi difensive miranti ad accreditare la tesi che il (OMISSIS) fosse soltanto un millantatore (f. 220 ss.). Segue una ampissima esposizione, ancora una volta esaurientemente argomentata, coerente e, quindi, nel complesso, incensurabile (alla quale non puo' che farsi rinvio, ove si consideri la natura e la funzione della sentenza di legittimita') degli elementi (in massima parte, desunti conversazioni intercettate) comprovanti l'assiduita di rapporti con soggetti intranei a "La Lombardia" (fra i tanti, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), che il (OMISSIS) collegava con ambienti politici, imprenditoriali e bancari (f. 221 ss.) Concludendo sul contributo "partecipativo" (cosi' la sentenza impugnata a f. 223), ma in realta' concorsuale, dell'imputato, la Corte di appello ha ribadito la "inidoneita' del rilievo, allegato quale elemento negativo di riscontro, che dalla relazione prefettizia ex Legge 143 cit. - peraltro parzialmente secretata e conclusasi con il commissariamento dell'ASL di Pavia - e dalle indagini non siano emersi fatti di illecito trasferimento di fondi pubblici a favore della ndrangheta, considerato che cio' che si contesta al (OMISSIS) non e' l'illecita gestione di danaro pubblico, ma la volontaria strumentalizzazione delle funzioni di direttore sanitario dell'ASL con condotte idonee e finalizzate allo scopo di contribuire al rafforzamento del sodalizio, consentendo a La Lombardia di infiltrarsi nelle competizioni elettorali e nell'ambiente sanitario, amministrativo, bancario, imprenditoriale; e tentando addirittura l'infiltrazione nel sistema carcerario attraverso l'appalto dei servizi infermieristici della C.R. di Opera nonche', in prospettiva delle tre C.C. di Pavia, Voghera, Vigevano, promesso agli esponenti della ndrangheta quale contropartita per il sostegno elettorale del candidato nelle elezioni regionali del 2010 (OMISSIS); contropartita da attenersi per il tramite del direttore amministrativo dell'Ospedale S.Paolo, (OMISSIS), che avrebbe indetto la gara aspirando alla nomina di direttore generale grazie all'intervento del politico sostenuto, e del funzionario (OMISSIS), futuro segretario della commissione aggiudicatrice, compensato con la promessa di un incarico professionale di dirigente in S. Paolo per la moglie (OMISSIS): si accenna a tale complesso intreccio di interessi illeciti, ricostruito ampiamente in sentenza di primo grado con richiamo ineccepibile e non eccepito sotto il profilo logico-probatorio alle conversazioni intercettate, in quanto significativo del ruolo di intermediazione politico-criminale svolta da (OMISSIS) quale collettore dei "pacchetti" di voti della ndrangheta (ma anche del gruppo siciliano del Castellese, aspirante ad altro tipo di contropartita) messi a disposizione di candidati politici in vista di programmati "segni tangibili" di riconoscenza a favore del sodalizio". Ed ha concluso osservando che "Il descritto impegno del (OMISSIS), quale ideatore e garante dei reciproci "favori" che egli e' in grado di assicurare ad entrambe le parti, risulta non solo pienamente consapevole di tutte le conseguenze derivabili, anche perche' non mancano sue personali aspettative di guadagno (come confida alla giovane amante con riferimento al progetto Albuzzano "... se la gestione viene presa dal Fatebenefratelli ... io sono gia' pagato ... in 5 anni sono 12 milioni di euro ... cazzo se non vinciamo ..."), ma altresi' dotato di quella serieta' e concretezza che la giurisprudenza della S. Corte esige per la configurabilita' del reato addebitato all'imputato, oltre che della indubbia rilevanza causale ai fini del rafforzamento (interno ed esterno) del sodalizio e della realizzazione del suo programma criminoso, trattandosi della possibilita' data alla ndrangheta di disporre di un gran numero di posti di lavoro e di inserirsi nel sistema penitenziario. Le condotte addebitate all'imputato a titolo di concorso esterno nel reato di cui all'articolo 416 bis c.p., peraltro non si limitano al fatto di aver consentito alla ndrangheta di inserirsi in competizioni elettorali, manovrando voti procurati con metodo mafioso e rendendosi garante di benefici di ritorno a favore del sodalizio, ma si estendono alla disponibilita' ad effettuare ricoveri e cure mediche compiacenti ad importanti esponenti del gruppo criminoso, nonche' a prestarsi al riciclaggio di capitali e investimenti immobiliari a favore dei medesimi". I contributi riferibili al (OMISSIS) sono invero innumerevoli. A partire da f. 225 (e seguenti) la Corte di appello riepiloga, infatti, sempre senza incorrere in documentati travisamenti e senza pervenire a conclusioni manifestamente illogiche o contraddittorie, le copiose risultanze (in assoluta prevalenza consistenti in intercettazioni di conversazioni) che documentano le attivita' svolte dell'imputato (in relazione a ciascuna esaminando dettagliatamente, e confutando puntualmente, le censure difensive di rilievo): - per concordare la convergenza di voti mafiosi su candidati ad elezioni politiche ed ottenere in cambio del sostegno elettorale fornito contropartite garantite (f. 225 ss.); - collegate alla "locale" di Pavia (della quale e' bene individuata l'esistenza: f. 231 ss.); - in relazione alle esigenze sanitarie del sorvegliato speciale (OMISSIS) e del latitante (OMISSIS) (f. 234 ss.); - collegate ad esigenze di investimento e riciclaggio di esponenti della ndrangheta calabrese (f. 235 ss.). 14.3.1.2. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti, ed insistendo nel parcellizzare i singoli elementi acquisiti (con tecnica gia' stigmatizzata dalla Corte di appello), arbitrariamente valorizzati soltanto in parte, pro' domo sua, e comunque isolando i (pur incompleti) elementi considerati dal complessivo contesto probatorio (nel quale, al contrario essi devono ineludibilmente essere collocati), poiche' soltanto in tal modo risultava possibile strumentalmente attribuir loro un significato neutro, o addirittura negativo sotto il profilo accusatorio. 14.3.1.3. In virtu' dei rilievi in fatto sin qui esposti, e delle premesse in diritto ( 8 ss.) in merito alla configurabilita' del "concorso esterno" nel sodalizio di matrice ndranghetistica denominato "La Lombardia", non puo' dubitarsi del fatto che le accertate condotte del (OMISSIS) costituiscano "concorso esterno" nel sodalizio di cui al capo 1), perche' consapevolmente rivolte a fornire un contributo causalmente rilevante e consapevole alla esistenza ed operativita' del predetto sodalizio, ovvero al raggiungimento delle sue finalita'. 14.3.1.4. In verita', la presenza in atti di elementi sintomatici di sostanzialmente stabile e continua disponibilita' del (OMISSIS) ad attivarsi nell'interesse del sodalizio, e con un ruolo tendenzialmente ben definito (quello di intermediario tra i vertici del sodalizio ed esponenti della classe politica ed imprenditoriale locale), anche a prescindere dalla notevole pluralita' delle attivita' effettivamente svolte, avrebbe in astratto potuto legittimare una diversa qualificazione giuridica dei fatti accertati, in questa sede preclusa non soltanto dalla contestazione favorable, ma anche dai limiti del sindacato di legittimita', che precludono alla Corte di cassazione la possibilita' di rivalutare autonomamente gli elementi fattuali acquisiti. Operazione, peraltro, in concreto improduttiva di pratici effetti nel caso di specie, poiche' dove, in ipotesi, vi e' il piu', vi e' certamente anche il meno. 14.3.2. Le doglianze inerenti alla presunta irrilevanza penale ex articolo 416 ter c.p. delle condotte accertate, e comunque alla sussumibilita' di esse nella norma sopravvenuta favorevole, pur copiosamente argomentate, si scontrano con quanto incensurabilmente rilevato dalla Corte di appello (f. 240 ss.), che, sulla base del complesso delle risultanze acquisite, ha enucleato una attivita' del (OMISSIS) ben piu' ampia del riduttivamente invocato attivismo elettorale, che la difesa ha ritenuto di escerpire in maniera parcellizzata, ancora una volta pro domo sua, dal complesso ambito della articolata contestazione: "La Corte ritiene gli argomenti destituiti di fondamento in fatto ed in diritto. In fatto perche' non emerge dagli atti, ne' risulta dimostrato, un rapporto di sinallagmaticita' fra le prestazioni sanitarie a favore di (OMISSIS) o di (OMISSIS) e la disponibilita' all'investimento dei capitali di (OMISSIS), ed una specifica contropartita di tipo elettorale promessa dagli esponenti della ndrangheta, non risultando a tal fine utili ne' la doglianza dell'appellante circa la genericita' dell'imputazione, ne' i riferimenti alle vicende politiche pavesi ed alle elezioni regionali, contenuti nelle due lunghe conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - allegate alla memoria difensiva ove si parla dell'investimento sulle aree ex (OMISSIS) e dell'esigenza del (OMISSIS) di ottenere "certificati buoni"; va poi precisato che la causale dell'apporto concorsuale del (OMISSIS) in tutte le vicende in esame e' ben individuabile, come si e' cercato di motivare nelle pagine precedenti, nel contributo - non disgiunto da un suo personale interesse affaristico - dallo stesso consapevolmente ed efficacemente prestato, strumentalizzando la sua posizione di pubblico amministratore e la rete di relazioni acquisite, al rafforzamento del sodalizio criminoso mediante l'infiltrazione mimetica (vietato parlare di "silente") nell'ambiente imprenditoriale, bancario, amministrativo-sanitario, persino carcerario, oltre che nelle competizioni elettorali. Apporto che dalle conversazioni intercettate risulta risalente e persistente nel tempo, anche al di fuori di appuntamenti elettorali". Cio' rende priva di concreto rilievo pratico la questione giuridica ulteriormente posta (sulla base di copiose argomentazioni) dalla difesa. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'; si trascura persino di considerare che la memoria depositata in data 16 maggio 2014 ha costituito oggetto di espressa e puntuale disamina in tutte le sue articolazioni), limitandosi ancora una volta a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 14.3.3. Il terzo motivo e', in parte, reiterativo e quindi, generico (quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla quantificazione del trattamento sanzionatorio, avendo esaurientemente sul punto la Corte di appello osservato che "l'estrema gravita' della condotta dal punto di vista soggettivo ed oggettivo, nonche' l'assenza di qualunque segno di resipiscenza giustificano ampiamente il diniego delle attenuanti generiche e la misura della pena inflitta, risultando tutt'altro che irragionevoli le determinazioni assunte da, Tribunale sul punto, anche con riferimento al trattamento adottato per altri soggetti imputati del reato di cui al capo 1 bis"), in parte non consentito (il presunto difetto di consapevolezza del carattere armato della associazione de qua e' stato inammissibilmente dedotto per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto di appello). 14.3.4. Il quarto motivo e' in parte reiterativo, e quindi generico, in parte manifestamente infondato, in parte non consentito. 14.3.4.1. Deve premettersi che, come gia' chiarito da questa Corte (Sez. 2 , sentenza n. 49038 del 21 ottobre 2014, CED Cass. n. 261143) la legittimazione all'azione civile nel processo penale va verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell'azione, in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarita' del vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui accertamento riguarda il merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilita' della domanda e, percio', la sua fondatezza, ed e' collegato all'adempimento dell'onere deduttivo e probatorio incombente sull'attore. Del tutto insussistente e', pertanto, l'eccepito difetto di legittimazione. 14.3.4.2. Cio' premesso, la doglianza inerente alla costituzione della FAI e' non consentita perche' tardiva, non avendo costituito oggetto di appello: invero, con l'atto di appello nulla era stato dedotto in merito alle formalita' della costituzione della predetta parte, poiche' il gravame riguardava unicamente l'asserita carenza dei presupposti sostanziali per la costituzione (ne' d'altro canto, il ricorrente ha mosso le necessarie contestazioni al riepilogo dei motivi di gravame, in tal senso operato dalla Corte di appello). 14.3.4.3. Nel resto, il motivo e' meramente reiterativo, e quindi generico, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 35 ss.) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, con le quali il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'). 14.3.5. Il quinto motivo e' generico, anche perche' meramente reiterativo, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 212 s.) ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, con le quali il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, operate anche attraverso un consentito rinvio per relationem alle analoghe argomentazioni del primo giudice, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita': in concreto il ricorrente non ha specificato ne' le argomentazioni oppostegli, ne' la ragione della loro ritenuta erroneita'). 14.3.6. Il sesto motivo e' generico anche perche' meramente reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, evidenziando che non puo' essere considerata prova nuova sopravvenuta quella cui si era gia' rinunziato in primo grado, e che la indicata rilevanza delle prove de quibus era meramente esplorativa, e quindi ipoteticamente supposta. 14.3.6.1. Deve inoltre aggiungersi che: - appare decisivo il rilievo (pur non considerato dalla Corte di appello) della tardivita' del motivo di appello de quo (pacificamente introdotto unicamente con motivi nuovi ed intempestivi: la relativa causa di inammissibilita', non sanabile ex post, e' ben rilevabile anche in questa sede); - del tutto irrilevante e' la circostanza invocata dalla difesa, secondo la quale il carattere di novita' delle prove de quibus sarebbe emerso a seguito della requisitoria del PM e della sentenza di condanna di primo grado: sarebbe stato, infatti, possibile tempestivamente attivarsi in primo grado per chiederne l'ammissione dopo la requisitoria del PM, ex articolo 523 c.p.p., comma 6; - male invocata e' la sentenza n. 43473 del 14 ottobre 2010, CED Cass. n. 248979 (la cui massima appare fuorviante): il conclusivamente disposto annullamento non e' dipeso solo dal fatto che la decisione era stata differita, ma dall'esistenza di ulteriori vizi processuali, peculiari della fattispecie in quella sede costituente oggetto di valutazione, ne' puo' ritenersi che in tal modo sussistano condizioni di incertezza lesive del diritto di difesa, poiche' e' evidente che la discussione delle parti possa, e quindi debba, avere luogo sulla base degli elementi ritualmente acquisiti (differita essendo in concreto - in tali casi - unicamente la esposizione della motivazione posta a fondamento delle mancate acquisizioni). 14.3.7. Il settimo motivo e' generico e comunque manifestamente infondato: il ricorrente indica in maniera non specifica i documenti oggetto di doglianza, non ne dettaglia il contenuto, e soprattutto non ne indica specificamente la concreta rilevanza asseritamente assunta ai fini della conclusiva decisione (che si e', peraltro, gia' visto essere in massima ed assolutamente decisiva parte motivata in relazione alle numerose ed inequivocabili conversazioni intercettate). 14.3.8. L'ottavo motivo e' infondato. Appare all'evidenza priva di giuridico fondamento la pretesa di enucleare un (normativamente non previsto) divieto di interpretare le conversazioni ascoltate (prima parte del motivo). Quanto all'invocato divieto di testimoniare sulle conversazioni intercettate di indagati/imputati, il collegio, pur nella consapevolezza dell'esistenza di un contrario orientamento (peraltro decisamente minoritario: Sez. 5 , sentenza n. 20824 del 10 gennaio 2013, CED Cass. n. 256496), condivide e ribadisce l'assolutamente maggioritario orientamento di questa Corte, per il quale le dichiarazioni, captate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata, con le quali un soggetto si autoaccusa della commissione di reati, hanno integrale valenza probatoria, non trovando applicazione al riguardo gli articoli 62 e 63 c.p.p.; invero, l'ammissione di circostanze indizianti, fatta spontaneamente dall'indagato nel corso di una conversazione legittimamente intercettata, non e' assimilabile alle dichiarazioni da lui rese dinanzi all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria, e le registrazioni e i verbali delle conversazioni non sono riconducibili alle testimonianze de relato su dichiarazioni dell'indagato, in quanto integrano la riproduzione fonica o scritta delle dichiarazioni stesse delle quali rendono in modo immediato e senza fraintendimenti il contenuto (Sez. 6 , sentenze n. 16165 del 19 febbraio 2013, CED Cass. n. 256008; n. 25806 del 20 febbraio 2014, CED Cass. n. 259675; n. 317 del 1 febbraio 1994, CED Cass. n. 197146; Sez. 4 , sentenza n. 34807 del 2 luglio 2010, CED Cass. n. 248089; Sez. 2 , sentenza n. 13463 del 26 febbraio 2013, CED Cass. n. 254910). 14.3.9. Il nono motivo e' generico e comunque manifestamente infondato: il ricorrente non ha indicato la disposizione che sanzionerebbe l'invocato vizio a pena di inutilizzabilita' o di nullita' o di inammissibilita', ma soltanto disposizioni generali non attinenti alla specifica fattispecie de qua; in realta', in relazione a quest'ultima, non sussiste alcun vizio, pacifico essendo che alle contestate acquisizioni/trascrizioni il Tribunale aveva il potere di provvedere, anche di ufficio, ex articolo 507 c.p.p.. 14.3.10. Il decimo motivo e' generico e comunque manifestamente infondato: il ricorrente ancora una volta non ha indicato la disposizione che sanzionerebbe il vizio invocato vizio a pena di inutilizzabilita', di nullita' o di inammissibilita', e non ha indicato con la necessaria specificita' le condotte in ipotesi non valutabili per le indicate ragioni, ne' soprattutto in qual misura, in ipotesi decisiva, esse avrebbero condizionato la conclusiva affermazione di responsabilita'. 14.3.11. L'undicesimo motivo e' manifestamente infondato per le ragioni gia' indicate nei p.p. 7 ss. 14.3.12. Il dodicesimo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le su articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 242 ss. per quanto riguarda il necessario dolo specifico, pacifiche essendo le intervenute interposizioni), ha posto a fondamento della contestata statuizione, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni, ancora una volta incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. La Corte ha, in particolare, osservato che "La valutazione delle numerose conversazioni dalle quali emerge la consapevolezza del (OMISSIS) di essere da lungo tempo radicato nell'ambiente della criminalita' organizzata, intrattenendo rapporti e adottando stili di vita che lo espongono in permanenza all'azione repressiva dell'A.G., nonche' asserendo piu' volte di sapere di essere soggetto ad intercettazione telefonica e prevedendo la possibilita' di essere sottoposto a procedimenti penali ed a misure coercitive, non puo' infatti prescindere, quale chiave di lettura, dal fatto che (OMISSIS), oltre ad essere stato condannato in primo e secondo grado in un procedimento penale per una grave vicenda estorsiva conclusosi per lui con declaratoria di prescrizione, risulta dalla banca dati delle Forze dell'Ordine essere gia' stato sottoposto a procedimento di prevenzione conclusosi con il provvedimento di diffida orale del Questore di Pavia Legge n. 1423 del 1956, ex articolo 4 in data 16/4/1997", successivamente (f. 243 ss.) dettagliatamente esaminando e puntualmente confutando, con rilievi incensurabili in questa sede, le obiezioni difensive di maggior pregio. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 14.3.13. Il tredicesimo motivo e' reiterativo, e quindi generico, e comunque manifestamente infondato, a fronte dei rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello (f. 250) ha ritenuto la congruita' degli operati aumenti per la continuazione, ed essendo il giudice, nel commisurare i relativi aumenti per ciascun reato satellite, non vincolato dai limiti edittali per ciascuno previsti, se non nei limiti indicati dall'articolo 81 c.p., comma 3. 14.3.14. Il quattordicesimo motivo e' fondato. La contestata statuizione e' stata condizionata da un evidente errore di diritto, avendo la Corte di appello (f. 249), come in precedenza il Tribunale, palesemente equivocato il senso dei richiamati orientamenti di questa Corte, confondendo quanto affermato in riferimento alla confisca-misura di prevenzione ed in relazione alla confisca Legge n. 356 del 1992, ex articolo 12 sexies con riferimento alla rilevanza o meno della evasione fiscale, dalle malamente citate sentenze Bini (che riguarda la confisca-misura di prevenzione) e Repaci. Quest'ultima (Sez. un., n. 33451 del 29 maggio 2014), in particolare, ha espressamente ed inequivocabilmente chiarito in motivazione quanto segue, con orientamento che il collegio condivide e ribadisce: "Diversamente da quanto deve ritenersi in tema di confisca di prevenzione (Decreto Legislativo n. 159 del 2011, ex articolo 24), in tema di confisca disposta ai sensi della Legge n. 356 del 1992, articolo 12 sexies la sproporzione tra i beni posseduti e le attivita' economiche del proposto puo' essere giustificata adducendo proventi da evasione fiscale". Si impone, pertanto, l'annullamento parziale della sentenza impugnata in relazione al predetto punto sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio sul punto, che andra' condotto conformandosi al predetto principio di diritto, e, conseguentemente, valutando quanto asseritamente dichiarato dai testi della difesa in riferimento all'invocata evasione fiscale (in precedenza ritenuto privo di rilievo in conseguenza della erroneamente ritenuta mancanza di rilievo giustificativo riconoscibile ai fini della sproporzione de qua all'evasione fiscale). 14.3.14.1. Nel corso del giudizio di rinvio sara' necessario anche verificare la ritualita del deposito della consulenza cui la Corte di appello ha mostrato, in motivazione, di aver fatto riferimento per desumere le stime de quibus, e che, dalla documentazione allegata al ricorso, sembrerebbe irritualmente acquisita. 14.3.15. Il quindicesimo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 251 ss.), ha posto a fondamento della contestata statuizione, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. La Corte ha, in particolare, osservato che "L'appello non tiene invero conto del complessivo materiale probatorio utilizzato dal Tribunale consistente in intercettazioni telefoniche ed ambientali, documenti, nella CTU disposta dal PM, nelle dichiarazioni ampiamente confessore del (OMISSIS), acquisite con il consenso della difesa. Trattasi di probatorie che hanno consentito una puntuale dettagliata ricostruzione cronologica di tutte le numerose "anomalie" che hanno connotato la procedura nonche' degli accordi fraudolenti che l'hanno preceduta ed accompagnata: la doppia busta con due diverse offerte, le modalita' di pubblicizzazione del bando non rispondenti ai criteri di trasparenza imposti dalla legge, l'indebita rivelazione di notizie sull'assenza di ulteriori offerte in violazione del Decreto Legislativo n. 106 del 2013, l'impegno assunto dal sindaco di trasformare il titolo dell'aggiudicazione dal diritto di superficie a quello di proprieta'. Di tali situazioni "anomale" l'imputato risulta essere stato perfettamente al corrente ed in alcuni casi l'ideatore, come risulta, tra il resto, da talune conversazioni oggetto di intercettazione, per le quali si rinvia alla sentenza, non rinvenendosi sul punto alcun rilievo difensivo. Infondata la richiesta di derubricazione nell'ipotesi del tentativo, in fatto perche' la gara si e' conclusa con l'aggiudicazione a favore della societa' del (OMISSIS), in diritto perche' trattasi di reato di pericolo che si realizza indipendentemente dal risultato della gara, quando la stessa risulti fuorviata nel suo normale svolgimento attraverso le condotte tipiche prevista dalla norma, che alteri il gioco della concorrenza". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. D'altro canto, in riferimento alla analoga fattispecie, con rilievi in diritto che il collegio condivide e ribadisce, la 6 Sezione, nella gia' citata sentenza n. 30059 del 2014, ha gia' evidenziato che "Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale quello di turbata liberta' degli incanti e' reato di pericolo e si configura non soltanto nel caso di danno effettivo, ma anche in quello di danno mediato e potenziale, senza cioe' che occorra l'effettivo conseguimento del risultato perseguito, essendo integrato in tutti i suoi elementi costitutivi per il solo fatto che - come nella fattispecie e' accaduto - gli accordi collusivi fossero capaci di influenzare l'andamento della gara, come tali idonei di ledere i beni giuridici protetti che si identificano non solo con l'interesse pubblico alla libera concorrenza, ma anche con l'interesse pubblico al libero "gioco" della maggiorazione delle offerte, a garanzia degli interessi della pubblica amministrazione (cosi', da ultime, Sez. 6 , n. 12821 del 11/03/2013, Adami e altri, Rv. 254906; Sez. 6 , n. 43800 del 23/10/2012, Napolitano, non mass.; Sez. 6 , n. 31298 del 18/07/2012, Mingoia, non mass.; nonche', tra le altre, Sez. 6 , n. 12298 del 16/01/2012, Citarella e altri, Rv. 252555; Sez. 6 , n. 26809 del 07/04/2011, Rivela, Rv. 250469)". A tale principio si e' correttamente attenuta la Corte di appello, ritenendo il reato de quo consumato in virtu' dell'articolata iniziativa posta in essere dagli imputati, innanzi dettagliatamente descritta in fatto. 14.3.16. Il sedicesimo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato: premesso che il ricorrente non ha indicato il giudice in ipotesi ritenuto competente (e questa Corte ha gia' chiarito che e' inammissibile per genericita' l'eccezione di incompetenza territoriale che non contenga l'indicazione del diverso giudice che si prospetta essere competente: Sez. 2 , sentenza n. 12071 del 23 marzo 2015, CED Cass. n. 262769), i giudici del merito hanno correttamente osservato che la competenza si valuta dalla contestazione. 14.3.16.1. Invero, come gia' chiarito da questa Corte (Sez. 6 , sentenza n. 33435 del 4 maggio 2006, CED Cass. n. 234347; Sez. 2 , sentenza n. 24736 del 26 marzo 2010, CED Cass. n. 247745), il principio della perpetuano jurisdictionis comporta che la questione relativa alla competenza per territorio non puo' essere proposta oltre i limiti temporali costituiti dalla conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, dal compimento per la prima volta dell'accertamento della costituzione delle parti nel corso degli atti introduttivi al giudizio, e che - di conseguenza - restano privi di rilievo eventuali, successivi, eventi istruttori o decisori, di significato diverso rispetto ai dati in precedenza valutati ai fini della fissazione della competenza per territorio, eventualmente emersi nel corso del dibattimento, fatta eccezione per il solo caso in cui la questione, ritualmente proposta o rilevata, non sia stata ancora decisa. 14.3.16.2. Era, comunque, evidentissima la ritenuta competenza per connessione. 14.3.17. Il diciassettesimo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato: in proposito appaiono assorbenti la assoluta genericita' della doglianza (il motivo non indica con adeguata la specificita' la situazione processuale verificatasi, costituente oggetto di doglianza) e la mancata indicazione delle ragioni per le quali, eliminate quelle dichiarazioni, dovrebbe risultarne decisivamente inficiato l'intero impianto motivazionale (c.d. prova di resistenza). 14.3.17.1. Deve, peraltro, rilevarsi, per completezza, che la sentenza della Corte EDU 27 aprile 2006, Sannino e' stata richiamata a sproposito, perche' attinente a fattispecie diversa da quella che pur genericamente sembrerebbe evocata in ricorso. Il vulnus individuato dalla Corte EDU si era verificato in piu' udienze (nel caso di specie, pare di capire, solo in una, quella del 26.4.2012, nella quale furono assunte le tre testimonianze delle quali si chiede la declaratoria di nullita') e consisteva nel fatto che in ciascuna delle tre udienze l'imputato fosse stato rappresentato da difensori di ufficio sempre diversi, e sempre non informati dei fatti di causa; in riferimento a tale peculiare fattispecie, la Corte dei diritti ha affermato che "la condotta della difesa appartiene essenzialmente all'accusato ed al suo avvocato, ma l'articolo 6, p. 3, lettera c) obbliga le autorita' nazionali competenti ad intervenire per garantire l'effettivita' della difesa quando la carenza dell'avvocato d'ufficio appare, come nella specie, manifesta", segnalando che il meccanismo previsto dall'articolo 97 c.p.p. puo' in concreto rivelarsi insufficiente. 14.3.18. Il diciottesimo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato. Il motivo e' di per se' inammissibile per genericita', formulando promiscuamente doglianze inerenti a punti diversi della sentenza (insieme, quantificazione della pena, diniego delle attenuanti generiche, statuizioni di confisca, pur avendo premesso di lamentare violazione soltanto degli articoli 133 e 240 c.p.); e', comunque, ancora una volta generico, perche' reiterativo, nonche' manifestamente infondato, a fronte dei rilievi giuridicamente corretti, esaurienti, logici e non contraddittori, con i quali la Corte di appello ha motivato le contestate statuizioni (f. 252 s.). 14.4. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla statuizione di confisca, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, che si conformera' al principio di diritto affermato nel 14.4.14, tenendo anche conto degli ulteriori rilievi fattuali formulati in quella sede e nel successivo. 14.4.1. Il ricorso va, nel resto, rigettato. 15. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1., e, ritenuta la recidiva, condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita', ma ha escluso la recidiva e ridotto la pena ad anni nove di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 15.1. La difesa denuncia: 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) in relazione agli articoli 266 e 191 c.p.p. (lamentando la nullita' del decreto autorizzativo di intercettazioni n. 4791/06 del 6.11.2006 e delle successive proroghe, perche' asseritamente fondato esclusivamente su rivelazioni di una fonte confidenziale e senza valutare il contenuto di 5 verbali di OCP allegati alla notizia di reato datata 31.10.2006; 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E) in relazione all'articolo 416 bis c.p., comma 3 quanto alla partecipazione all'associazione, con vizio di motivazione per contraddittorieta' ed in parte omissione, e con travisamento della prova (lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe risposto alle proprie censure, fondate anche su massime giurisprudenziali, ed avrebbe contraddittoriamente indicato gli elementi valorizzati a fondamento dell'affermazione di responsabilita', cui sarebbe pervenuta con motivazione in contrasto con quella del primo giudice); 3 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E) con vizio di motivazione, in relazione alla circostanza aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p. (addebitata al ricorrente asseritamente solo perche' responsabile nel 1985 di delitti commessi con l'uso di armi). 15.2. Il ricorso e', in toto, inammissibile. 15.2.1. Il primo motivo e' palesemente generico, nonche' manifestamente infondato. Il ricorrente non ha indicato gli elementi in ipotesi irritualmente captati e quindi asseritamente inutilizzabili (limitandosi ad affermare di averli indicati nell'atto di appello, in tal modo, peraltro, confutando unicamente la motivazione della sentenza di primo grado, non quella di appello, ferma peraltro l'assorbente inammissibilita' del ricorso formulato per relationem ai motivi di appello, pacificamente ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte: per tutte, Sez. 2 , sentenza n. 9029 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 258962, per la quale "E' inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l'omessa salutazione, da parte del giudice d'appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne specificamente, sia pure in modo sommario, il contenuto, al fine di consentire l'autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimita', dovendo l'atto di ricorso essere autosufficiente, e cioe' contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica"), ne' in che misura avrebbero condizionato la contestata affermazione di responsabilita', non proponendo quindi la necessaria "prova di resistenza". Egli ammette, peraltro, che la Corte di appello (f. 44) ha espressamente indicato le ragioni del mancato accoglimento della censura, con le quali non si confronta specificamente, limitandosi a reiterare la doglianza. 15.2.2. Il secondo motivo, riguardante l'affermazione di responsabilita', e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 254 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata statuizione, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 15.2.3. Il terzo motivo e', ancora una volta, generico e manifestamente infondato: a fondamento della contestata statuizione la Corte di appello ha, infatti, incensurabilmente valorizzato non soltanto il risalente precedente cui lo stesso ricorrente ha fatto riferimento, ma anche gli accertati rapporti tra l'imputato e (OMISSIS), latitante attinto da colpi di arma da fuoco (f. 263). 16. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. e 21., unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva semplice, condannato alla pena di anni undici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello lo ha assolto dal reato di cui al capo 1. per non aver commesso il fatto, ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita' in ordine all'altro reato, ed ha conseguentemente ridotto la pena ad anni otto e mesi 6 di reclusione, ed euro 1.600,00 di multa, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) giudicati separatamente). 21) Del reato p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., commi 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche' in concorso tra loro e con (OMISSIS) e (OMISSIS) (nei confronti dei quali si procede separatamente): (OMISSIS) quale promotore e coordinatore dell'azione criminale nonche' quale autore delle minacce e delle percosse in danno del (OMISSIS); (OMISSIS) quale autista del veicolo in cui la vittima e' stata caricata; (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) quali soggetti attivi tutti addetti alla "copertura e vigilanza" dell'area teatro dell'azione delittuosa; (OMISSIS) quale osservatore addetto a seguire gli spostamenti della vittima nelle fasi antecedenti l'azione delittuosa e "palo" durante lo svolgimento dell'azione criminale: mediante violenza e minaccia (qui di seguito descritte) costringevano (OMISSIS) (titolare dell'impresa di autotrasporti " (OMISSIS) S.N.C." di (OMISSIS) e (OMISSIS)) a rimettere un debito che (OMISSIS) aveva maturato nei confronti del (OMISSIS), avendo trattenuto e non restituendo un autocarro messo a disposizione dallo stesso (OMISSIS), cagionandogli in tal modo danno con proprio profitto. Violenza e minaccia consistite nel prospettare da parte di (OMISSIS) mali ingiusti al (OMISSIS) colpendolo con pugni alla presenza di tutti i concorrenti nel reato che cosi rafforzavano il proposito del (OMISSIS) nonche' nell'avvalersi della forza d'intimidazione derivante dall'appartenenza ad una consorteria di ndrangheta tale da determinare nella vittima un autentico terrore per la propria incolumita'; Con le aggravanti di aver commesso il fatto in pu' persone riunite, avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e da parte di appartenente al sodalizio di cui al capo 1). In Cesano Maderno (MI) il 07.10.2009 16.1. La difesa denuncia: 1.1 - vizi di motivazione relativi all'affermazione di responsabilita' per l'estorsione aggravata in anno di (OMISSIS) (che sarebbe viziata da una parziale interpretazione delle captate conversazioni, tesa a valorizzare solo alcuni elementi, senza considerando quelli favorevoli alla difesa; dalle intercettazioni sarebbe dato desumere che il fatto costituiva ritorsione per un comportamento del (OMISSIS) non tollerato da (OMISSIS) -era stato percosso un bambino in un campo nomadi - e non aveva matrice estorsiva: tanto si desume all'evidenza dalle conversazioni intercettate ed allegate al ricorso); 1.2 - vizi di motivazione relativi all'accertamento della sussistenza dell'elemento psicologico del reato di estorsione aggravata (il ricorrente era all'oscuro delle ragioni del contrasto tra i due predetti soggetti); 2 - vizi di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilita' dell'aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 contestata in relazione al reato di estorsione (la Corte di appello non indica in proposito alcuna argomentazione); 3 - vizi di motivazione in relazione al diniego della attenuanti generiche. 16.1.1. In data 2 aprile 2015 e' pervenuta nell'interesse dell'imputato una memoria nella quale si chiede l'esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, essendo stato assolto dal reato associativo di cui al capo 1. 16.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 16.2.1. Il primo motivo, in entrambe le sue articolazioni, riguarda l'affermazione di responsabilita', ed e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 267 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente il contenuto di plurime intercettazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, ed osservando, per quanto in particolare riguarda il dolo, che "Nel caso di specie, i coimputati chiamati "a raccolta" da (OMISSIS) e convocati il 7.10.09, partecipano alla condotta estorsiva fornendo ciascuno un apporto determinante ai fini della realizzazione dell'evento. Segnatamente a (OMISSIS), l'apporto e' stato correttamente individuato nell'aver costretto (OMISSIS) a recarsi all'appuntamento e poi nel rimanere in loco, facendo da palo, agevolando e rafforzando il proposito criminoso dell'esecutore materiale dell'azione. In ordine alla consapevolezza in capo a (OMISSIS) e agli altri concorrenti del fine dell'azione criminosa, la cui regia e' riconducibile a (OMISSIS), essa e' resa in maniera plateale (al piu' tardi) dalle stesse dichiarazioni di (OMISSIS) fatte a (OMISSIS) dinanzi ai presenti, subito dopo averlo percosso. (OMISSIS) in dibattimento ha confermato queste dichiarazioni: Dopo avere preso le botte (OMISSIS) con fare minaccioso mi diceva che non avrei piu' ripreso la mia motrice e nel contempo me la indicava". Indi ha aggiunto: "Poco dopo, spintonandomi all'esterno, assieme ad uno dei suoi compagni mi conduceva verso il vicino accampamento degli zingari, ave facendomi inginocchiare mi intimava di chiedere loro scusa". Tutti i correi, quindi, nel contesto della violenza venivano resi consapevoli dallo stesso autore materiale del fine di profitto che muoveva l'azione criminosa del gruppo contro (OMISSIS), oltre che dell'affronto subito da (OMISSIS) per essere stato screditato davanti agli zingari. Va sottolineata, infine, l'assoluta inverosimiglianza della tesi sostenuta dall'appellante, poiche' presuppone una reazione oggettivamente sproporzionata ad una causa che e' a dir poco banale per uomini di tale consesso: uno schiaffo ad un ragazzo nomade, che non condivideva alcun legame, familiare o altro, con gli esecutori dell'azione. La mobilitazione di tante persone non appare giustificabile con il presunto affronto subito per lo schiaffo, ma presuppone ben altra finalita', come la esemplare punizione dell'atto di arroganza consistito nell'esigere un credito verso il "numero uno" (OMISSIS). Ed anche la proposta di intervenire personalmente ad ammazzare questo "pisciatore" da parte di (OMISSIS) e' del tutto compatibile con la ritenuta finalita', mentre appare ingiustificata e spropositata se rapportata al movente sostenuto dall'appellante. Cosi' pure compatibile all'assunto esposto risulta l'interrogativo che (OMISSIS) pone a (OMISSIS), alle ore 12,06: "L'hanno investito?", che nel contempo, indica la piena consapevolezza dell'imputato di quanto sarebbe avvenuto a (OMISSIS) all'interno del parcheggio. Anche l'argomento di ordine logico, dunque, depone a favore della prospettazione accolta, non residuando, sulla base delle richiamate risultanze probatorie, alcuna diversa ed antitetica lettura, plausibile e verosimile". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 16.2.2. E' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, anche il secondo motivo, a fronte delle corrette ed incensurabili considerazioni con le quali la Corte di appello ha argomentato la contestata statuizione (f. 270): "vanno disattese, altresi', le censure difensive poste con riguardo alla ritenuta aggravante, tenuto conto della piena condivisione espressa in piu' occasioni dall'appellante al metodo in puro stile mafioso ed alla forza di intimidazione dispiegata in funzione degli interessi criminali perseguiti da (OMISSIS) non uti singulis (rectius, uti singulus) ma come capo locale, al punto che emblematicamente si definisce, senza smentita alcuna da parte dell'interlocutore (OMISSIS), il "numero uno". 16.2.3. E', infine, generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, il terzo motivo, a fronte delle corrette ed incensurabili considerazioni con le quali la Corte di appello ha argomentato la contestata statuizione (f. 276), valorizzando negativamente i precedenti penali dell'imputato e la gravita' del reato; d'altro canto, il motivo non indica l'elemento favorevole in ipotesi non considerato o mal considerato ed e' quindi anche per tale ragione generico. 16.2.4. La richiesta formulata in memoria costituisce motivo nuovo dedotto tardivamente, poiche' del tutto avulso dai motivi tempestivamente dedotti. Questa Corte (per tutte, Sez. 2 , sentenza n. 1417 dell'11 gennaio 2013, CED Cass. n. 254301) e', infatti, ormai ferma nel ritenere che la facolta' del ricorrente presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti gia' dedotti; ne consegue che sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali, a fondamento del "petitum" dei motivi principali, si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l'ambito del predetto "petitum", introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione. 16.2.4.1. L'integrale inammissibilita' del ricorso preclude a questa Corte l'esercizio di poteri officiosi sul punto. 17. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1., 3. e 138., unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva infraquinquennale, condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', ma ha escluso la recidiva ed ha, conseguentemente, ridotto la pena ad anni nove e mesi nove di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS). 3) del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., Legge n. 497 del 1974, articoli 10, 12, 14, Legge n. 110 del 1975, articolo 23, articoli 648 e 697 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con (OMISSIS) (giudicato separatamente), deteneva e portava in luogo pubblico le seguenti armi e munizioni: due pistole semiautomatiche di cui: una cal. 7.65, con matricola abrasa, marca BERETTA, mod. 81 INOX, (arma comune da sparo clandestina) munita di caricatore con all'interno 12 cartucce cal.7.65 (da considerarsi munizionamento per arma comune da sparo); l'altra calibro 380 (9 corto), anche questa con matricola abrasa, marca TANFOGLIO, Mod. GT 380 (da considerarsi arma comune da sparo clandestina) con relativo caricatore con all'interno 5 cartucce cal. 7.65 con all'interno della camera di cartuccia un bossolo esploso rimasto incastrato. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). 138) (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) giudicato separatamente). Del delitto p. e p. dagli articoli 110 e 81 cpv c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 e successive modifiche e Legge n. 152 del 1991, articolo 7 D. perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, detenevano al fine di spaccio un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina, analiticamente non potuta accertare, ma comunque inferiore a 300 grammi, (48 dei quali poi sequestrati a (OMISSIS)) che cedevano in quantitativi non modici a tale " (OMISSIS)", ad (OMISSIS) (nei confronti del quale si procede separatamente) e ad altre persone non meglio identificate. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). In luogo non accertato dal 19 giugno 2008 fino al 27.6.2008 (per (OMISSIS) sino al 24.06.2008, data del suo arresto). 17.1. La difesa denuncia: 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), in riferimento al capo 1 (articolo 416 bis c.p., commi 1, 3 e 4) (lamenta la genericita' ed insufficienza di quanto rivelato da (OMISSIS) a proposito del ricorrente, e l'irrilevanza delle valorizzate captazioni; riepiloga una serie di massime giurisprudenziali, per desumerne l'assenza di prova del contributo oggettivamente e soggettivamente necessario secondo la giurisprudenza per legittimare l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato associativo); 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 546 c.p., comma 1, lettera E), in riferimento al capo 3 (concorso in detenzione e porto illegale di due armi comuni con matricola abrasa, aggravati Legge n. 203 del 1991, ex articolo 7) (la sentenza impugnata avrebbe valorizzato il presunto stimolo all'azione delittuosa proveniente dal ricorrente, senza indicare adeguatamente in cosa esso si sarebbe concretizzato, e non avrebbe compiutamente motivato sulla ritenuta finalita' agevolativa); 3 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), in riferimento al capo 138 (concorso in detenzione a fini di spaccio di cocaina, aggravato Legge n. 203 del 1991, ex articolo 7) (lamenta, con riguardo alla sola aggravante di cui all'articolo 7, che la Corte di appello non avrebbe compiutamente motivato sulla ritenuta finalita' agevolativa, emergendo ex actis che il ricorrente gestiva i traffici per conto suo, senza dovere dare conto a nessuno); 4 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), in riferimento agli articoli 81 cpv. e 133 c.p. (lamenta erroneita' del computo della pena, perche' reato piu' grave era quello di cui al capo 138: l'imputato avrebbe subito pregiudizio dall'individuazione come reato satellite di un reato punito con pena edittale massima superiore a quella prevista per il reato individuato come piu' grave); 5 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), in riferimento agli articoli 62 bis e 69 c.p. - articolo 597 c.p.p., comma 5, (lamenta che non si sia tenuto conto della riconosciuta marginalita' del ruolo dell'imputato per concedere di ufficio le attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza). 17.2. Il ricorso e' fondato limitatamente al reato di cui al capo 3), dal quale l'imputato va assolto per non aver commesso il fatto (va, conseguentemente, eliminata la relativa pena inflitta in continuazione di mesi tre di reclusione, e la pena complessiva va rideterminata in anni nove e mesi sei di reclusione), ed e' nel resto inammissibile. 17.2.1. Il primo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto a e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 278 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), motivatamente ritenute attendibili (e che la difesa valuta frazionatamente), nonche' riscontrate dagli esiti dei servizi di osservazione, controllo e pedinamento (OCP) e dalle plurime e significative conversazioni intercettate, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 17.2.1.1. Inammissibile, per le ragioni gia' indicate nel p. 4.4. di questa motivazione, e', comunque, la doglianza inerente alla violazione dell'articolo 546 c.p.p. che cela in realta' una doglianza sulla motivazione. 17.2.2. Il secondo motivo e' fondato. Occorre, infatti, convenire con il ricorrente sul fatto che l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 3 fonda essenzialmente su una conversazione dalla quale si evince che l'imputato avrebbe dato ad un sodale, con riguardo alla custodia delle armi de quibus, un generico consiglio, peraltro neanche accolto. Troppo poco, quindi, per legittimare l'affermazione di responsabilita' oltre ogni ragionevole dubbio (argomenta ex articolo 115 c.p.). La sentenza impugnata va, pertanto, in parte qua annullata senza rinvio, poiche' l'imputato deve essere assolto dal reato di cui al capo 3) per non aver commesso il fatto. 17.2.2.1. Va conseguentemente eliminata la relativa pena inflitta in continuazione di mesi tre di reclusione, e la pena complessiva va rideterminata in anni nove e mesi sei di reclusione. 17.2.3. Il terzo motivo e' reiterativo, e quindi generico, e comunque manifestamente infondato: la Corte di appello ha correttamente ed incensurabilmente valorizzato, per legittimare la contestazione della ritenuta finalita' agevolativa, le dichiarazioni del (OMISSIS) nonche' gli esiti di una intercettazione (il tutto in dettaglio riportato a f. 291 s.). 17.2.4. E' inammissibile la censura riguardante il computo della pena base, anch'essa meramente reiterativa rispetto agli ampi ed incensurabili rilievi dedicati alla questione dalla Corte di appello (f. 139 ss.). 17.2.4.1. Anche in questo caso, valgono, inoltre, i rilievi di cui al p. 9.2.4.1. 17.2.5. Il quinto motivo e' manifestamente infondato. In verita', non risulta agevolmente comprensibile la ragione per la quale avrebbero dovuto essere ritenute di ufficio le attenuanti generiche, che avevano gia' costituito oggetto di espressa richiesta, ed erano state, altrettanto espressamente, negate, per la incensurabilmente ritenuta assenza di profili di meritevolezza. 17.2.5.1. Peraltro, come gia' chiarito da questa Corte (Sez. 6 , sentenza n. 6880 del 27 gennaio 2010, CED Cass. n. 246139), con orientamento che il collegio condivide e ribadisce, il ricorrente non potrebbe dolersi della mancata concessione di ufficio di circostanze attenuanti in sede di legittimita': sarebbe, infatti, inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il mancato esercizio del potere del giudice d'appello di applicare anche d'ufficio una o piu' circostanze attenuanti, a norma dell'articolo 597 c.p.p., comma 5, quando il riconoscimento delle predette circostanze non abbia formato oggetto di una specifica richiesta. 18. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi F. (con esclusione della contestata aggravante) ed 82., unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva reiterata infraquinquennale, condannato alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, con le statuizioni accessorie. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, quanto alle affermazioni di responsabilita', riducendo la pena ad anni tre e mesi undici di reclusione. (OMISSIS) - (OMISSIS). F) Del delitto di cui all'articolo 110 c.p., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, al fine di consentire a (OMISSIS) di eludere le disposizioni di legge in tema di misure di prevenzione patrimoniali, intestavano fittiziamente alla Boschettaro srl il seguente bene immobile: Titolarita' - Ubic., Foglio-Partic. - Qualita' - Superficie-Ha are ca-. Proprieta' per 1/1; Tortona -6 7624; Vigneto; 00 01 - 15-; Proprieta' - Per; Tortona; - 6 - 7635; Vigneto; 00 07 - 85; -1/1 -. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa; In Tortona il 3.4.09. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) giudicati separatamente). 82) Del delitto p. e p. dagli artt 110 e 378 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS) (nei cui confronti si procede separatamente), con le condotte qui di seguito meglio indicate, favorivano la latitanza di (OMISSIS) e (OMISSIS), destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Catanzaro il 16.4.09: - munivano i latitanti di documenti contraffatti meglio indicati ai capi che precedono; - li trasportavano, con una macchina presa a noleggio, dal nord Europa (in luogo allo stato non identificato), dove si trovavano per sfuggire alla cattura, in Italia, in attesa di espatriare verso la Tunisia, dove (OMISSIS) aveva interessi di carattere economico; - li ospitavano presso il B & B "Il falco", dove venivano alloggiati senza essere registrati; - li sostenevano economicamente procurandogli una somma non inferiore a euro 1.000,00. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca "ndranghestista Arena di Capo Rizzuto, di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) sono elementi di spicco In Lombardia, Calabria e Toscana dal maggio al giugno 2009. 18.1. La difesa denuncia: 1 - mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Erronea applicazione dell'articolo 378 c.p. e vizio di motivazione. Inosservanza dell'articolo 27 Cost. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), (lamenta difetto di consapevolezza quanto al fatto di stare aiutando due latitanti, come sarebbe dimostrato da una serie di intercettazioni di conversazioni che riepiloga; la conversazione del 3.3.2010 si riferirebbe a soggetto di nome (OMISSIS) diverso dal ricorrente; dalle dichiarazioni del cap. (OMISSIS) non emerge prova di incontri con il (OMISSIS); sarebbe stato del tutto travisato il senso della vicenda (OMISSIS), peraltro del tutto ininfluente ai fini dell'affermazione di responsabilita', cosi' come gli elementi secondo la Corte di appello dimostrativi "del contesto criminale di cui (OMISSIS) avrebbe avuto contezza"; difetterebbero, comunque, la consapevolezza della presunta finalizzazione della condotta tenuta al favoreggiamento di latitanti, e, quindi, il necessario dolo); 2 - Travisamento della prova - Mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione - Erronea applicazione del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e vizio di motivazione - Inosservanza dell'articolo 118 c.p. - articolo 111 (della Costituzione ?: a f. 24 menziona l'articolo 111 c.p.p., che e' pero' rubricato "data degli atti") e articolo 521 c.p.p., articolo 27 Cost. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), (analogamente, il ricorrente non avrebbe avuto, per le medesime ragioni, consapevolezza delle presunte finalita' agevolative della condotta). 3 - Travisamento della prova - Mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione - Erronea applicazione del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), (lamenta l'insussistenza degli elementi costitutivi del reato de quo, per mancata integrazione del "tipo" oggettivo e difetto del dolo specifico di finalizzazione della condotta di compravendita immobiliare all'elusione di misure di prevenzione patrimoniali, e comunque la carente motivazione sulle istanze difensive volte a dimostrare la piena liceita' dell'operazione de qua - i cui tratti sono in sintesi riepilogati conclusivamente a f. 38 - comunque strutturalmente inidonea alla ipotizzata elusione delle norme in materia di misure di prevenzione, e comunque in assoluto difetto di pericoli di elusioni; prescindere da cio', nulla dimostrerebbe il necessario dolo specifico del ricorrente, arbitrariamente desunto da dichiarazioni cui e' stata addirittura attribuita valenza confessoria; la condotta - di mera consulenza - tenuta dall'imputato non sarebbe comunque incriminabile ex articolo 110 c.p., tenuto conto della natura plurisoggettiva della fattispecie in esame, e quindi il ricorrente non sarebbe punibile a titolo di concorso). 18.2. Il ricorso e', nel suo complesso, infondato. 18.2.1. Il primo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 295 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, osservando conclusivamente che "Nessun rilievo puo' invero assumere, per escludere la consapevolezza dell'imputato che i soggetti per i quali egli era stato richiesto dal (OMISSIS) della somma in contanti di euro 1.000,00 e di prenotare un'autovettura fossero due esponenti di rilievo della ndrangheta ricercati per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p. (la sentenza cita l'ordinanza di custodia cautelare del GIP di Catanzaro 16/4/2009), la circostanza egli non avesse preso parte agli incontri organizzativi o che il suo intervento si fosse esaurito nell'arco di una giornata ovvero che i servizi di ocp non lo avessero mai visto in compagnia dei latitanti. L'attivarsi immediato e senza sollecitazione di spiegazioni da parte del commercialista (OMISSIS) a fronte di richieste che ben poco avevano di professionale, pervenutegli da un personaggio del quale conosceva la caratura criminale come (OMISSIS) utilizzando un linguaggio convenzionale, nonche' la considerazione delle modalita' con le quali risultava gestita l'operazione da parte del suo interlocutore, con la massima sollecitudine e segretezza, assicurandosi che le disposizioni da lui impartite fossero state puntualmente eseguite ed esponendosi personalmente con il trasporto dei due "nonni" sulla sua autovettura sino al B&B in Toscana, con l'utilizzo della carta di credito a lui riconducibile per il noleggio di un'autovettura, che veniva ritirata in sua presenza con l'esibizione da parte del (OMISSIS) di documenti personali falsi, sono tutti elementi che non possono lasciare adito a dubbi, atteso il contesto di rapporti di cui si e' detto, sulla consapevolezza del (OMISSIS) in ordine alla reale natura della missione affidata al (OMISSIS) ed al contributo essenziale che a lui, come persona di assoluta fiducia di questi, era stato richiesto. Che (OMISSIS) fosse coinvolto a pieno titolo nell'operazione e' dimostrato anche dal fatto che lui e' stato il primo a sapere dell'arresto dei latitanti, comunicatogli dal proprietario del B&B, e che nella notte stessa egli si incontrera' in autostrada con il (OMISSIS); inoltre il fatto che lui stesso abbia ammesso che nelle circostanze detto proprietario avesse incolpato anche lui "di averlo messo nei guai", farebbe supporre che (OMISSIS) si fosse anche occupato della prenotazione alberghiera per i latitanti. Pienamente credibile risulta l'asserzione, fatta a posteriori dal (OMISSIS) nella conversazione del 3/3/2010 che la somma in contanti sia stata effettivamente pagata dal (OMISSIS), non ravvisandosi la ragione per la quale il primo avesse dovuto mentire al suo "uomo" (OMISSIS), quando ormai erano passati diversi mesi dal fatto. Ed e' solo nel contesto di tale conversazione che (OMISSIS), nel rievocare i momenti trascorsi con (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dice che il primo voleva utilizzare la macchina per "andare a puttane", frase mai riferita - contrariamente a quanto si dice nell'appello - al (OMISSIS)". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, riferite sempre e soltanto a segmenti delle predette conversazioni, mai considerate nella loro interezza. 18.2.1.1. Il motivo sarebbe comunque in parte generico, in parte non consentito anche sotto altri profili, poiche' il ricorrente deduce: - promiscuamente, tre vizi di motivazione in relazione al medesimo punto della sentenza, senza indicare specificamente, come nei p.p. 4.6. ss. si e' visto essere doveroso, su quale profilo essa manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica; - come violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) la violazione dell'articolo 27 Cost.: in proposito, questa Corte (Sez. 2 , sentenza n. 677 del 12 gennaio 2015, CED Cass. n. 261551) ha, peraltro, gia' chiarito che e' inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme costituzionali, poiche' l'inosservanza di disposizioni della Costituzione non e' prevista tra i casi di ricorso dall'articolo 606 c.p.p. e puo' soltanto costituire fondamento di questione di legittimita' costituzionale. 18.2.2. Il secondo motivo e' infondato. La configurazione della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 in riferimento alle finalita' agevolative, e' stata incensurabilmente ricollegata dalla Corte di appello (f. 299) alle modalita' della condotta, per il rilievo che, avendo con la sua condotta l'imputato contribuito a preservare i vertici del sodalizio, la sua attivita' ha finito per favorire l'intera associazione. In tal modo la Corte di appello si e' correttamente conformata all'orientamento giurisprudenziale che questo collegio condivide (Sez. 2 , sentenza n. 15082 del 12 febbraio 2014, CED Cass. n. 259558), per il quale, in tema di favoreggiamento personale, sussiste l'aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, conv. in Legge n. 203 del 1991, qualora la condotta favoreggiatrice diretta ad aiutare taluno a sottrarsi alle ricerche dell'Autorita' sia posta in essere a vantaggio del capo clan, operante in un ambito territoriale nel quale la sua notorieta' si presume diffusa, perche' essa, sotto il profilo oggettivo, concretizza un aiuto all'associazione, la cui operativita' sarebbe compromessa dall'arresto dell'apice dirigenziale, mentre, sotto il profilo soggettivo, in quanto caratterizzata dal consapevole aiuto prestato al capo mafia, e' indiscutibilmente sorretta dall'intenzione di favorire anche l'associazione. Ne' potrebbe ritenersi necessario, per configurare la predetta circostanza aggravante della finalita' agevolatrice e concludere che la condotta fosse diretta, oggettivamente, ad agevolare l'attivita' non solo del singolo, ma anche del sodalizio criminoso, individuare un diretto collegamento tra l'imputato e l'associazione camorristica de qua: invero, l'esistenza di un diretto collegamento con il sodalizio potrebbe integrare gli estremi del concorso esterno, nel caso di specie non ritenuto, mentre per la configurabilita' della circostanza aggravante e' sufficiente la evidenziata consapevolezza di aiutare la latitanza di uno o piu' soggetti inseriti nella consorteria e che una tale situazione si pone come oggettivo aiuto all'attivita' dell'associazione. Sempre in argomento, si e' anche osservato (Sez. 5 , sentenza n. 41063 del 24 giugno 2009, CED Cass. n. 245386) che la circostanza aggravante di avere commesso il favoreggiamento al fine di agevolare l'attivita' dell'associazione di tipo mafioso e' configurabile nei casi in cui la condotta favoreggiatrice sia posta in essere a vantaggio di un esponente di spicco di un'associazione di tipo mafioso, in quanto l'aiuto fornito al capo si concretizza nell'agevolazione per dirigere da latitante l'associazione, che finisce per concretizzare un aiuto all'associazione, la cui operativita' sarebbe compromessa dal suo arresto, mentre, sotto il profilo soggettivo, non puo' revocarsi in dubbio l'intenzione dell'agente di favorire anche l'associazione allorche' risulti - come nel caso di specie - che abbia prestato consapevolmente come, nel caso di specie, motivatamente ritenuto aiuto al capomafia. 18.2.3. Anche il terzo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato (per quanto in particolare riguarda la assertivamente affermata non punibilita' ex articolo 110 c.p. di chi abbia fornito una mera condotta di consulenza, tesi invero all'evidenza priva del benche' minimo fondamento giuridico), a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 300 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente una serie di intercettazioni, ancora una volta correttamente ed incensurabilmente interpretate, anche in riferimento all'accertamento degli atti negoziali parallelamente succedutisi, e concludendo nel senso che, in presenza delle gravi incongruita' ed inquietanti perplessita' sulla reale consistenza dell'operazione, in precedenza (f. 300 ss.) evidenziate, "gli unici dati certi sembrano essere quelli della natura fittizia dell'intestazione, pienamente ammessa dal (OMISSIS) e sostanzialmente non negata dal (OMISSIS), nonche' la finalita' elusiva sottesa all'operazione, anch'essa desumibile dalle dichiarazioni confessorie del (OMISSIS), oggetto di intercettazione, del tutto credibili nel contesto dei fatti accertati; anzitutto perche' all'epoca questi non risulta essere stato dichiarato fallito come dallo stesso sostenuto nell'atto d'appello per giustificare la fittizia intestazione, ma soprattutto perche' nella conversazione del 16/3/2009 egli spiega chiaramente a (OMISSIS) le ragioni della necessita' per lui di non comparire quale acquirente con il fatto che, essendo sospettato di appartenere alla ndrangheta, quindi sottoposto a controlli, nel caso in cui non fosse dimostrato il pagamento "si poteva pensare l'estorsione ... qual'e' il problema? Che se mai me lo intesto e' fatta ... che poi cominciano ... magari pensano che sei della ndrangheta, ti mettono che sei andato la' e lo hai minacciato e ti sei fatto intestare la casa, che non c'e' il pagamento". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 19. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1. e condannato alla pena di anni dieci di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 19.1. La difesa ha denunciato: 1 - mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, con riferimento al riconoscimento della sussistenza del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso (lamenta la carenza dell'elemento costitutivo dell'adozione del c.d. metodo mafioso, che la giurisprudenza - che riepiloga in 6 pagine di premessa - ritiene necessario, e che la Corte di appello non enucleerebbe adeguatamente con riguardo al sodalizio operante in Lombardia); 2 - inosservanza o erronea applicazione della legge penale, ovvero illogicita' e contraddittorieta' della motivazione con riferimento alla determinazione della pena (viziata dall'affermazione che il minimo edittale sarebbe pari a nove anni di reclusione, non sette, mai essendo stata affermata la consapevolezza del ricorrente circa il carattere armato dell'associazione) ed al diniego delle attenuanti generiche (da concedere tenuto conto dell'eta' avanzata e della personalita' dell'imputato). 19.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 19.2.1. Il primo motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 304 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 19.2.2. Il secondo motivo e' in parte non consentito (quanto alla circostanza aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p.: la doglianza non aveva costituito oggetto di appello, ed e' stata tardivamente ed inammissibilmente dedotta per la prima volta in questa sede), in parte generico perche' reiterativo (avendo la Corte di appello incensurabilmente valorizzato a fondamento del diniego delle attenuanti generiche il ruolo di rilievo assunto dall'imputato, presente a ben 6 summit, e l'assenza di eventualmente decisivi profili di meritevolezza). 20. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 80. ed 81., unificati dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, con le statuizioni accessorie. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado. (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) giudicati separatamente). 80) Del delitto p. e p. dagli artt 110, 81 e 497 bis c.p., articolo 61 c.p., n. 2, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, con (OMISSIS) e (OMISSIS), detenevano e poi consegnavano a questi ultimi i seguenti documenti contraffatti, al fine di favorirne la latitanza: carta d'identita' nr. (OMISSIS) rilasciata dal comune di Crotone il 21.1.09 con la fotografia di (OMISSIS) e i dati anagrafici di (OMISSIS); carta d'identita' nr. (OMISSIS) rilasciata dal comune di Crotone il 15.12.08 con la fotografia di (OMISSIS) e i dati anagrafici di (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca ndranghestista Arena di Capo Rizzuto, di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) sono elementi di spicco. In luogo non accertato nel 2008. 81) Del delitto p. e p. dagli artt 110 e 648 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', al fine di favorire la latitanza di (OMISSIS) in concorso tra loro, acquistavano o comunque ricevevano la patente di guida nr. (OMISSIS) rilasciata il 18.2.09, da considerarsi contraffatta, con la fotografia di (OMISSIS) e i dati anagrafici di (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca ndranghestista Arena di Capo Rizzuto, di cui (OMISSIS) e' elemento di spicco. In luogo non accertato nel 2008. 20.1. La difesa denuncia: 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B), C) ed E), in relazione agli articoli 521 e 522 c.p.p. ed in relazione agli articoli 110, 81 e 497 bis c.p.; violazione dell'articolo 6, comma 3, lettera A), Conv. EDU, e dell'articolo 27 Cost., comma 2, e articolo 192 c.p.p (lamenta che i documenti falsi furono rinvenuti in possesso dei latitanti, non del ricorrente, e che non sarebbe possibile ritenere la fattispecie di cui al secondo comma; nulla dimostra che i documenti de quibus avessero la clausola di validita' per l'espatrio; la sentenza impugnata sarebbe nulla perche' emessa per un fatto diverso da quello contestato); 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 192 c.p.p. e articolo 497 bis c.p., nonche' articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), (lamenta l'insufficienza degli elementi posti a fondamento dell'affermazione di responsabilita', in massima parte desunti da conversazioni intercettate arbitrariamente interpretate; sarebbe stata inadeguatamente valutata la tesi difensiva, al contrario ritenuta smentita non e' ben chiaro da quali elementi); 3 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), con riferimento all'articolo 61 c.p., n. 2 e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (in difetto delle contestate ma non dimostrate finalita' agevolative); 4 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma, 1, lettera B) ed E), con riferimento agli articoli 62 bis e 69 c.p., nonche' articolo 597 c.p.p., comma 5, (lamenta che, prescindere dalla genericita' della richiesta difensiva, potevano essere concesse di ufficio le attenuanti generiche, con giudizio di prevalenza). 20.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 20.2.1. Il primo ed il secondo motivo, riguardanti l'affermazione di responsabilita', vanno esaminati congiuntamente e sono in parte generici, perche' reiterativi, in parte non consentiti, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 314 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate statuizioni, valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. Deve aggiungersi che ininfluente e' all'evidenza la circostanza del sequestro dei documenti de quibus (carte di identita' valide per l'espatrio in zona Schengen) in disponibilita' dei latitanti, poiche' la responsabilita' del (OMISSIS) e' concorsuale. Inoltre, puramente congetturale e' la circostanza che la condanna sarebbe avvenuta per fatto diverso da quello contestato (che il ricorrente introduce in ricorso dubitativamente, e quindi genericamente, testualmente affermando che egli "immagina" - cosi' letteralmente a f. 4 del ricorso - che la condanna riguardi un fatto diverso da quello contestato); appare, peraltro, in proposito assorbente il rilevo che detta doglianza non e' consentita, poiche' dedotta per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto dell'appello. 20.2.1.1. Inammissibile, per le ragioni gia' indicate nel p. 4.4. di questa motivazione, e', comunque, la doglianza inerente alla violazione dell'articolo 546 c.p.p. che cela in realta' una doglianza sulla motivazione. 20.2.2. Il terzo motivo e' in parte generico, perche' reiterativo, in parte non consentito, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 316 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della statuizione riguardante l'articolo 7 cit.. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 20.2.2.1. L'altra doglianza, inerente all'articolo 61 c.p., comma 1, n. 2, non e' consentita, poiche' dedotta per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto dell'appello. 20.2.3. Il quarto motivo e' generico, non consentito e comunque manifestamente infondato per le medesime ragioni indicate in relazione ad analoga doglianza nel 17.2.5. s. (cfr. anche f. 317 della sentenza impugnata). 21. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1. e condannato alla pena di anni quattordici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita', ma ha ridotto la pena ad anni dodici di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 21.1. La difesa denuncia: 1 - mancanza grafica della motivazione relativamente al capo di imputazione contestato all'imputato, con inosservanza dell'articolo 111 Cost., articolo 125 Cost., comma 3, e articolo 546 c.p.p., comma 3, (lamenta la mancanza dell'esame della posizione del ricorrente, non costituendo - unica tra tutte quelle esaminate - oggetto di autonoma trattazione, che non puo' essere sostituita a fini motivazionali dai riferimenti rinvenibili unicamente a f. 11, 24 ss., 49 ss. 806 ss.); 2 - motivazione insufficiente ed illogica, conseguente a travisamento della prova; mancata valutazione della prova liberatoria - violazione dell'articolo 192 c.p.p., commi 1 e 2, e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), (lamenta che la trattazione comune, costituente premessa rispetto alla trattazione delle singole posizioni, sarebbe insufficiente a legittimare l'affermazione di responsabilita', e comunque che non avrebbero ricevuto risposta alcuna le doglianze sollevata dalla difesa con l'atto di appello (che riporta a f. 10 ss.). 21.2. Il ricorso e' fondato. Quanto lamentato dal ricorrente emerge inesorabilmente ex actis, in difetto del benche' minimo cenno alla posizione personale del ricorrente, con omissione non altrimenti giustificata (nessun passo della sentenza impugnata ne spiega le ragioni), ne' giustificabile (anche in considerazione di quanto metodologicamente indicato a f. 148 della sentenza impugnata), e difettando un pur sintetico delle doglianze costituenti motivi di appello (i due atti di appello non sono all'evidenza inammissibili per genericita', e riguardanti anche profili di merito - diversi quindi da quelli di natura processuale esaminati a f. 119 -, con doglianze cui avrebbe dovuto fornire risposta necessariamente la Corte di appello). 21.2.1. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS), con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. 22. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi A8 ed Y (limitatamente alle condotte di minaccia), unificati dal vincolo della continuazione, e ritenuta la recidiva semplice, condannato alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 1.600,00 di multa, con le statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', riqualificando il delitto di cui al capo Y) nella corrispondente ipotesi tentata, e riducendo conseguendo la pena ad anni sei e mesi tre di reclusione, ed euro 1.300,00 di multa. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS). A8) del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2, in riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, mediante minaccia e violenza costringevano (OMISSIS) a corrispondere gli interessi usurari indicati al punto B) del capo che precede, di ammontare complessivo pari a euro 5000.00 ottenendo in tal modo un ingiusto profitto con altrui danno. Minacce e violenze consistite: (OMISSIS) e (OMISSIS) alias " (OMISSIS)" nell'effettuare numerose telefonate minacciando la parte offesa di un male ingiusto (a titolo esemplificativo ".... Se non mi chiami io vengo e ti faccio male... "): tutti nel colpire con calci, pugni e schiaffi la parte offesa, in occasione di un incontro nel parcheggio antistante il ristorante della madre (OMISSIS), procurandole lesioni al viso e in varie parti del corpo. Con le aggravanti dell'avere agito in piu' persone riunite; dell'essere stata la violenza e minaccia posta in essere da persona ( (OMISSIS)) che fa parte dell'associazione mafiosa; dell'avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e al fine di agevolare l'attivita' dell'associazione di cui al capo 1); In Mornico nell'estate 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS). Y) articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3 nn. 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e con persone non identificate, mediante violenza e minaccia, qui di seguito descritte, costringeva (OMISSIS) a corrispondere interessi usurari meglio indicati al capo che precede in tal modo cagionando a (OMISSIS) danno con proprio profitto. Minacce e violenze consistite in: a) Prospettare a (OMISSIS) e al fratello di quest'ultimo la morte in caso di mancato pagamento; b) Farlo percuotere violentemente dal nipote di (OMISSIS),(allo stato non identificato) cagionandogli la rottura dei denti e riferendogli che il nipote aveva ucciso suo padre e avrebbe avuto ancora minori scrupoli a fare altrettanto con (OMISSIS); c) Prospettare gravi conseguenze ai familiari di (OMISSIS) nel caso di mancato pagamento; Con le aggravanti di aver commesso il fatto da parte di appartenente al sodalizio mafioso, al fine di agevolare il sodalizio e con modalita' mafiose. In Desio dal 2002 al 2010. 22.1. La difesa denuncia violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - D) - E) per omissione e contraddittorieta' della motivazione (lamenta difetto di adeguata motivazione sulle censure costituenti oggetto di appello, in particolare chiedendo: 1 - la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in relazione al reato di cui al capo A8) per esaminare testi la cui ammissione era stata chiesta ex articolo 507 c.p.p. a seguito della contestazione suppletiva del P.M. avvenuta all'ud. 27.9.2012; trascrive 6 pagine di risultanze probatorie - intercettazioni ed esami - per evidenziare asseritamente che il (OMISSIS) aveva assunto unicamente un ruolo da paciere tra le parti interessate; lamenta carenza della prova che il ricorrente fosse consapevole di partecipare a condotte illecite; chiede in via gradata la qualificazione del fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex articolo 393 c.p.; 2 - dichiararsi l'inattendibilita' della persona offesa e l'inutilizzabilita' a fini probatori diretti di dichiarazioni acquisite in dibattimento attraverso contestazioni; 4 (f. 19 s.) - la qualificazione del fatto di cui al capo Y come esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex articolo 393 c.p.; 3 - (f. 20 ss.) ritenersi non configurabile l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e comunque la sua incompatibilita' "sostanziale" con l'aggravante di cui all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3. 22.1.1. In data 7 aprile 2015 sono pervenuti, nell'interesse dell'imputato, motivi aggiunti, con la quale viene ulteriormente proclamata l'innocenza dell'imputato, con allegazione di verbali di esami dibattimentali a sostegno della propria posizione. 22.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 22.2.1. I primi due motivi riguardano l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo A8, possono essere esaminati congiuntamente e sono in parte generici, perche' reiterativi, in parte non consentiti, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 320 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento contestata statuizione, valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, nonche' le dichiarazioni della p.o., motivatamente ritenute attendibili, e confermate dalle prime. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. Deve aggiungersi che (f. 319 s. della sentenza impugnata, nonche' verbali delle udienze 27.9. e 19.10.2012) il ricorrente non aveva avanzato alcuna istanza probatoria suppletiva, ne' aveva chiesto alcuna derubricazione: i relativi temi sono stati, pertanto, inammissibilmente introdotti per la prima volta in questa sede. 22.2.2. Il terzo motivo e' in parte generico, perche' reiterativo, in parte non consentito, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 327 per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della statuizione riguardante l'articolo 7 cit.. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 20.2.2.1. L'altra doglianza, inerente all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, non e' consentita, poiche' dedotta per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto dell'appello (non figurando nel riepilogo nei motivi di appello, la cui esaustivita' non e' contestata dal ricorrente, come, in ipotesi, in caso di omessa pronuncia, sarebbe stato doveroso, a pena di a-specificita' del motivo, poiche' la tempestiva deduzione in appello di una violazione di legge maturata in primo grado costituisce presupposto per la sua deduzione in Cassazione ex articolo 606 c.p.p., u.c.: Sez. 2 , sentenza n. 9028 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 259066). 22.2.3. Il quarto motivo e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 326 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata statuizione, ponendo, a fondamento della qualificazione giuridica del fatto accertato, la correttamente ed incensurabilmente accertata non azionabilita' della pretesa civilistica vantata nei confronti della vittima, in tal modo correttamente conformandosi all'orientamento di questa Corte, che il collegio condivide e ribadisce, per il quale la violenza o minaccia perpetrata per soddisfare una pretesa civilistica all'evidenza priva di giuridico fondamento, e come tale palesemente non azionabile in sede giudiziale, integra gli estremi dell'estorsione (fra le tante, Sez. 2 , sentenza n. 5239 del 18 gennaio 2013, CED Cass. n. 254975). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 22.2.4. Con riferimento ai motivi aggiunti, va chiarito, richiamando i rilievi di cui ai 4.1. ss., che alla produzione ex post degli allegati verbali non potrebbe essere attribuita efficacia sanante dell'inammissibilita' gia' maturata in relazione ad eventuali carenze del ricorso originariamente presentato nel rispetto dei termini (al quale i predetti verbali, in ipotesi, dovevano essere tempestivamente allegati), che e' da ritenersi insanabile; detta produzione, in relazione ai predetti eventuali vizi, e', pertanto, tardiva, perche' intervenuta a termini per l'impugnazione gia' pacificamente scaduti. 22.2.4.1. Deve, inoltre, aggiungersi che: - con riguardo alla vicenda (OMISSIS), i motivi aggiunti sono in massima parte reiterativi, ribadendo asserzioni gia' formulate; "nuova" e' soltanto la doglianza riguardante la presunta mancata concessione di un termine a difesa dopo le nuove contestazioni ex articolo 517 ss., peraltro non consentita poiche' non costituente oggetto di ricorso (Sez. 2 , sentenza n. 1417 dell'11 gennaio 2013, CED Cass. n. 254301: "la facolta' del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti gia' dedotti; ne consegue che sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali, a fondamento del "petitum" dei motivi principali, si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l'ambito del predetto "petitum", introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione"); - con riguardo alla vicenda (OMISSIS), ancora una volta i motivi aggiunti sono in massima parte reiterativi, ribadendo asserzioni gia' formulate; "nuove" sono soltanto le doglianze riguardanti una presunta indeterminatezza del capo di imputazione (riproposte con vigore nel corso della discussione, ma mai tempestivamente eccepita, e quindi non piu' deducibile). 23. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 25, 26 e 27, unificati dal vincolo della continuazione, e ritenuta la recidiva reiterata infraquinquennale, condannato alla pena di anni quattro e mesi sette di reclusione, ed euro 470,00 di multa, con le statuizioni accessorie. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', riducendo la pena ad anni tre e mesi otto di reclusione, ed euro 400,00 di multa. (OMISSIS). 25) Del delitto p. e p. dalla Legge n. 497 del 1974, articoli 9, 10, 12 e 14 perche' offriva in vendita al prezzo di 1800,00 euro a (OMISSIS) una pistola, da ritenersi arma comune da sparo. In luogo non accertato il 30.11.08 e attualmente permanente. 26) Del delitto p. e p. dalla Legge n. 497 del 1974, articoli 10 e 14, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche' illegalmente deteneva una pistola, da ritenersi arma comune da sparo. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). In luogo imprecisato il 01.12.08 e attualmente permanente. (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) giudicati separatamente); 27) Del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., Legge n. 497 del 1974, articoli 10, 12, 14, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola, da ritenersi arma comune da sparo: in particolare (OMISSIS), su indicazione di (OMISSIS) e (OMISSIS), cedeva a (OMISSIS) una pistola, che quest'ultimo aveva in precedenza prestato a (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). Accertato in Milano il 23.12.08 e attualmente permanente. 23.1. La difesa denuncia: 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione con riferimento alla violazione dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), e articolo 63 c.p., comma 4, (doglianza proposta con i motivi nuovi) per essere stati operati due aumenti, per le circostanze concorrenti (Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e recidiva), entrambi in misura superiore al terzo (la Corte di appello ha unicamente ridotto la pena quanto all'aumento per i reati satellite); 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza e contraddittorieta' di motivazione con riferimento alla violazione dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), e Legge n. 152 del 1991, articolo 7 (aggravante esclusa per il concorrente nel reato di cui al capo 27 (OMISSIS), che ha definito la sua posizione con rito abbreviato, e condannato anche quale partecipe dell'associazione, per avere agito per finalita' personali, mentre il ricorrente - pacificamente extraneus - avrebbe agito per favorire il sodalizio). 23.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 23.2.1. Il primo motivo e' a-specifico e, comunque, tardivo. La lamentata effettuazione in primo grado di due aumenti di pena in misura superiore al terzo per le circostanze aggravanti concorrenti (la Corte di appello si e' limitata a ridurre la pena per i reati satellite) non emerge in alcun modo; appare comunque assorbente la circostanza che il ricorrente abbia ammesso di aver prospettato la questione in appello unicamente in motivi nuovi, dei quali, da un lato, non ha documentato la tempestivita', e che, dall'altro, contenevano un petitum disomogeneo rispetto alla tempestiva impugnazione principale (le cui doglianze riguardavano unicamente la genericamente prospettata eccessivita' della pena, non la oggi prospettata violazione di legge). Ne' dal vizio (pur genericamente e/o tardivamente) dedotto deriva una illegalita' della pena (che sarebbe rilevabile di ufficio), perche' a quella in concreto irrogata, con diversa dosimetria, sarebbe ex lege possibile pervenire; sul punto sussisterebbe al piu' un vizio di motivazione, non tempestivamente dedotto (in appello) ne' rilevabile di ufficio in questa sede (Sez. 2 , sentenza n. 22136 del 19 febbraio 2013, CED Cass. n. 255729: "E' rilevabile di ufficio dalla Corte di Cassazione l'illegalita' della pena solo quando la stessa, cosi' come indicata nel dispositivo, non sia per legge irrogabile, ma non anche quando il trattamento sanzionatorio sia di per se' complessivamente legittimo ed il vizio attenga al percorso argomentativo attraverso il quale il giudice e' giunto alla conclusiva determinazione dell'entita' della condanna. (Fattispecie in cui in l'aumento per la recidiva, pur contenuto nei limiti astrattamente possibili per legge, era stato disposto in misura maggiore rispetto a quella specificamente indicata in motivazione"). 23.2.2. Il secondo motivo e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 333 per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della statuizione riguardante l'articolo 7 cit.. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. Deve aggiungersi che il ricorrente non ha documentato la invocata assoluzione di un coimputato, peraltro asseritamente riguardante il solo reato di cui al capo 27, mentre al (OMISSIS) la circostanza aggravante de qua risulta contestata anche in relazione al reato di cui al capo 25. 24. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1., e ritenuta la recidiva reiterata, condannato alla pena di anni dieci e mesi dieci di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', ma ha escluso l'aumento di pena per la contestata recidiva, riducendo conseguentemente la pena ad anni nove di reclusione, e disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. 24.1. La difesa denuncia: 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 27 Cost., comma 2, articolo 125 c.p.p., comma 3 - articolo 192 c.p.p., comma 3 - articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), - nonche' articolo 416 bis c.p., per mancanza e manifesta illogicita' della motivazione, inosservanza o erronea applicazione della legge penale (lamenta che la conversazione n. 1085 del 20 marzo 2009 sarebbe stata interpretata senza tener conto delle censure della difesa, e con argomentazioni contraddittorie (f. 341 e 54 s. della sentenza impugnata); lamenta travisamento della testimonianza del col. (OMISSIS) quanto alla ricostruzione dell'organizzazione interna della ndrangheta in riferimento a quanto emerso e valorizzato a carico dell'imputato; non coerentemente superata e' la censura difensiva inerente alla asserita non partecipazione del ricorrente al pranzo del 20 marzo 2009 presso il ristorante dove si sarebbe discusso della dote di (OMISSIS), quella dote che poi sarebbe potuta passare allo zio: vi sarebbe sul punto un ulteriore travisamento del materiale probatorio, poiche' dall'esame dell'operante (OMISSIS) e' emerso che non era stata accertata la presenza del ricorrente al predetto pranzo, e non vi aveva partecipato evidentemente perche' non affiliato; non si e' considerato che l'intercettazione avrebbe documentato l'opposizione di (OMISSIS) alla concessione della dote al fratello; in difetto della prova dell'affiliazione al marzo 2009, risulterebbe privo di valore indiziante anche il precedente episodio verificatosi il 3 maggio 2008; sarebbe stata comunque insufficientemente considerata l'assenza di (OMISSIS) al summit celebrato in tale ultima data; vi e' contraddizione tra l'affermazione che i summit avvenivano con adozione di particolari cautele per assicurarne la riservatezza e quanto emergente da un brano della deposizione del teste (OMISSIS) all'ud. 25.11.2011: il presunto summit del 3 maggio 2008 si sarebbe, infatti, in congruamente svolto in luogo pubblico, peraltro neanche bene individuato; ancora, si afferma - f. 131 - che i summit erano di solito preceduti da comunicazioni criptiche tra gli adepti, nel caso di specie non captate; nulla dimostra che l'imputato fosse stato avvisato del summit, e non risulta avervi partecipato; prosegue nel riesaminare la motivazione della sentenza impugnata - f. 15 ss. - evidenziando asserite incongruita' o contraddizioni nella considerazione di plurime ulteriori risultanze fattuali, concludendo nell'evidenziare l'asserita violazione delle plurime norme costituzionali e del codice di rito - indicate in premessa - in tema di motivazione, argomentata citando 4 massime giurisprudenziali tratte da decisioni della 6 Sezione di questa Corte; sarebbe stata omessa la compiuta valutazione dei rilievi di cui a f. 16/23 dell'atto di appello; gli elementi malamente valorizzati e le lacune evidenziate non consentono nel complesso di ritenere validamente dimostrata la sussistenza di una condotta integrante, sotto il profilo sostanziale, gli estremi della ipotizzata partecipazione dell'imputato al sodalizio di cui al capo 1); 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione agli articoli 59, 62 bis, 133 e 416 bis c.p., per contraddittorieta' della motivazione ed inosservanza o erronea applicazione della legge penale (lamenta che nulla dimostri che l'imputato fosse consapevole del carattere armato dell'associazione, il che renderebbe erronea l'individuazione del minimo editale con riguardo alla fattispecie aggravata; il contributo in ipotesi minimo fornito all'associazione avrebbe comunque legittimato la concessione delle attenuanti generiche, non risultando ostativi ad una tal valutazione i richiamati precedenti penali); 3 - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 15.7.2011) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) ed E), in relazione alla ritenuta legittimazione delle parti civili costituire ed alle infondatezza nonche' illegittimita' delle pretese risarcitorie, violazione di legge processuale e mancanza di motivazione (eccepisce il difetto di legittimazione della Presidenza del Consiglio, dei due Ministeri costituitisi e del Comm. straord. per il coord. delle iniziative antiracket, organo di promanazione governativa privo di autonoma legittimazione, e difetta sul punto adeguata motivazione; contesta la ritenuta legittimazione degli ulteriori enti pubblici costituitisi, per non configurabilita' nei loro confronti di un danno all'immagine risarcibile, argomentata sulla base di un precedente giurisprudenziale del 2001 in tema di omissione di atti di ufficio; difetta un danno morale e materiale risarcibile in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri; la Corte di appello ha omesso di pronunziarsi sugli eccepiti vizi formali dell'atto di costituzione del F.A.I. - comunque privo di legittimazione - privo dell'indicazione degli imputai nei confronti dei quali veniva formalizzata la costituzione); 4 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera D), per mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ai sensi dell'articolo 603 c.p.p. per visionare ed ascoltare il video dell'incontro del 3 maggio 2008, "che avrebbe dimostrato il contegno tenuto dall'imputato in tal cruciale occasione"; lamenta che la Corte di appello avrebbe fatto insistito riferimento alla motivazione della sentenza che ha definito il separato troncone del procedimento celebrato che rito abbreviato, non formalmente acquisita agli atti ex articolo 238 bis c.p.p., e comunque la cui motivazione e' stata depositata dalla Cassazione solo in data successiva al 28 giugno 2014, data delle decisione di appello, e della quale ciononostante vengono riportati in piu' punti ampi brani); 5 - (doglianza riguardante anche l'ordinanza dibattimentale 15.7.2011) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C) ed E), quanto alla determinazione della competenza per territorio (appartenente al Tribunale di Reggio Calabria o di Monza; la motivazione della sentenza impugnata e' inficiata dalla in parte contraddittoria in parte carente individuazione del luogo in cui l'associazione si e' operativamente manifestata, e dalla gia' censurata - sub 4 - utilizzazione della gia' citata sentenza 28 giugno 2014 della cassazione). 24.2. Il ricorso e', nel suo complesso, infondato. 24.2.1. Il primo motivo riguarda l'affermazione di responsabilita', ed e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 340 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata statuizione, valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, ed in particolare: - la conversazione del 20 marzo 2009 (riportata e valutata a f. 341 s.); - la partecipazione al summit del 3 maggio 2008 a Cardano del campo (f. 342 ss.); - quanto emerso in occasione dell'organizzazione del matrimonio del figlio dell'imputato (f. 345 ss.). In relazione a ciascun episodio, la Corte di appello (in particolare f. 346 ss. della sentenza impugnata) ha dettagliatamente esaminato, ed incensurabilmente confutato, le obiezioni fattuali della difesa, in piu' punti risultate "menzognere" (cosi' f. 346), e che comunque si sono risolte in mere ed indimostrate congetture alternative, invocando minime sbavature senz'altro irrilevanti nel contesto degli incisivi elementi probatori raccolti, viziate da macroscopiche omissioni nella considerazione dei plurimi elementi puntualmente valorizzati dalla Corte di appello, nonche' invocando presunte contraddizioni e i travisamenti che tali non sono, o sono comunque ipotetici o privi di decisivo rilievo. Cio' premesso, la Corte di appello ha conclusivamente rilevato che " (OMISSIS) e' fratello di un capo locale, (OMISSIS), ed e' evidente, da tutto l'insieme delle conversazioni richiamate nella sentenza impugnata e qui solo a campione riportate, che egli, pur non essendo sempre presente a tutti i summit citati dal difensore appellante, pur non essendo stato direttamente attenzionato da servizi di osservazione o captazione delle sue conversazione, pur avendo un'attivita' lavorativa nel settore edile e non in quello del traffico degli stupefacenti, e' a completa disposizione del gruppo, ne condivide gli scopi e partecipa degli eventi piu' salienti. La sua particolare posizione di fratellanza con il capo locale verosimilmente lo esonera da piu' assidue partecipazioni essendo rappresentato dal fratello che, significativamente, nella conversazione del 20 marzo 2009 sconsiglia i complici (OMISSIS) e (OMISSIS) dall'individuare suo fratello come destinatario della dote lasciata libera dal (OMISSIS) perche' vi sono altri soggetti intranei piu' legittimati ad ottenerla. In effetti (OMISSIS) non e' molto attivo, ma e' assolutamente intraneo, per quanto sin qui detto, e con cio' la Corte supera i vari rilievi difensivi che l'appellante lamenta non essere stati considerati in primo grado, tutti riconducibili all'unico concetto della sua scarsa rilevanza in sede di indagine e dalla sua ripetuta assenza nei momenti salienti del locale di appartenenza, Pioltello". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 24.2.1.1. Inammissibile, per le ragioni gia' indicate nel p. 4.4. di questa motivazione, e', comunque, la doglianza inerente alla invocate violazioni di norme processuali, che celano in realta' doglianze sulla motivazione. 24.2.2. Il secondo motivo e' in parte generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, in parte non consentito. 24.2.2.1. E' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, incensurabilmente motivato dalla Corte di appello (f. 348) valorizzando non solo "la gravita' del reato per cui si procede", ma anche "il comportamento processuale sleale" ed i precedenti penali (la cui risalenza ha unicamente legittimato l'esclusione della in origine ritenuta recidiva); d'altro canto, la stessa difesa non ha mai convincentemente indicato alcun possibile profilo di meritevolezza atto a legittimare il beneficio, a ben vedere graziosamente richiesto. 24.2.2.2. E' non consentito poiche' l'ulteriore doglianza e' stata dedotta per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto dell'appello, non figurando nel riepilogo nei motivi di appello (f. 348 della sentenza impugnata), la cui esaustivita' non e' contestata dal ricorrente, come, in ipotesi, in caso di omessa pronuncia, sarebbe stato doveroso, a pena di a-specificita' del motivo, poiche' la tempestiva deduzione in appello di una violazione di legge maturata in primo grado costituisce presupposto per la sua deduzione in Cassazione ex articolo 606 c.p.p., u.c.: Sez. 2 , sentenza n. 9028 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 259066). 24.2.3. Il terzo motivo e', nel suo complesso, infondato. Vanno, in proposito, richiamate integralmente le considerazioni di cui ai p.p. 14.4.4. ss., relative a doglianza in parte analoga dedotta nell'interesse di altro ricorrente. Ad esse deve aggiungersi, per quanto riguarda l'odierno ricorrente (che, a differenza, dell'altro, aveva tempestivamente dedotto la questione dell'invalidita' formale della costituzione de qua come motivo di appello), che l'odierna doglianza e', in parte, reiterativa, e quindi generica, poiche' la Corte di appello ha indicato (f. 35 della sentenza impugnata) le ragioni per le quali non ha accolto l'eccezione difensiva, ed il ricorrente non mostra di averne tenuto conto, essendosi limitato, piu' o meno pedissequamente, a ribadire la propria prospettazione). Peraltro, a parere del collegio, pur nella consapevolezza dell'esistenza di un precedente in apparenza contrario (Sez. 4 , sentenza n. 6225 del 16 febbraio 2010, CED Cass. n. 246644, in realta' inerente a fattispecie non identica rispetto a quella oggi in esame), risulta sufficiente che la contestata costituzione sia stata formalizzata dal FAI (secondo quanto, senza decisive contestazioni, emerge in proposito dalla sentenza di primo grado) contro "gli imputati del reato associativo", ovvero in danno di soggetti senza incertezze identificabili ex actis facendo riferimento alle contestazioni mosse dal PM ed al successivo decreto che ha disposto il giudizio emesso dal GUP. 24.2.4. Il quarto motivo e' assolutamente privo di specificita' in tutte le sue articolazioni (reiterando, piu' o meno pedissequamente, censure gia' dedotte in appello e gia' non accolte: Sez. 4 , sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6 , sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato: in proposito appaiono assorbenti la assoluta genericita' della doglianza (il motivo non indica con adeguata specificita' cosa avrebbe dovuto emergere dal video de quo ne' le ragioni per le quali il suo contenuto avrebbe dovuto decisivamente inficiare il residuo impianto motivazionale). 24.2.4.1. Vanno, inoltre, richiamate le considerazioni di cui al 7.5.2.. 24.2.5. Il quinto motivo e' manifestamente infondato per le ragioni indicate nei p.p. 7 ss. 25. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 96. e, ritenuta la recidiva reiterata, condannato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 900,00 di multa, con le statuizioni accessorie. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita', ma ha escluso la contestata recidiva, ed ha conseguentemente ridotto la pena principale ad anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa, revocando la pena accessoria. (OMISSIS) - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) giudicati separatamente); 96) Del delitto p. e p. dall'articolo 648 c.p. perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), ricevevano o comunque detenevano il semirimorchio targato "(OMISSIS)" contenente componenti elettrici per un valore di oltre centomila euro, compendio di furto commesso da ignoti il 23.11.2008 in Settimo Milanese e denunciato da (OMISSIS). Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto al fine di agevolare l'attivita' della associazione di cui al capo 1). In Desio il 24 novembre 2008. 25.1. La difesa denuncia: 1 - violazione di legge e manifesta illogicita' della motivazione quanto all'affermazione di responsabilita' per avere rafforzato l'altrui proposito criminoso per avere rottamato la motrice agganciata al semirimorchio de quo, asseritamente costituente bene diverso rispetto a quello che si assume ricettato; pone in proposito due quesiti; 2 - travisamento della conversazione intercettata n. 501; 3 - mancata qualificazione del fatto come tentativo; 4 - omessa qualificazione del fatto ex articolo 648 c.p., comma 2; 5 - erronea interpretazione del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies; 25.1.1. In data 1 aprile 2015 e' stata depositata nell'interesse dell'imputato una memoria contenente deduzioni reiterative riguardanti la conferma di sequestro e confisca, e la recidiva. 25.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 25.2.1. Il primo motivo e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 350 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata statuizione, valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, desumendone la materialita' del reato contestato, ed il contributo consapevole e causalmente rilevante ad esso fornito dall'imputato con promessa prestata ex ante, certamente idonea ad integrare il ritenuto concorso; la Corte di appello (in particolare f. 352 ss. della sentenza impugnata) ha anche dettagliatamente esaminato, ed incensurabilmente confutato, le obiezioni fattuali della difesa, anche quelle riguardanti l'identita' del bene ricettato. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 25.2.2. Generici perche' meramente reiterativi, e comunque manifestamente infondati sono anche il secondo, il terzo ed il quarto motivo, a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello non ha accolto le relative doglianze, rispettivamente evidenziando l'insussistenza del lamentato travisamento della conversazione n. 501 (f. 351 della sentenza impugnata), e valorizzando l'accertata disponibilita' in capo quanto meno ai concorrenti del bene (desumibile dalle conversazioni riportate a f. 354), nonche' le circostanze e modalita' del fatto e, soprattutto, il considerevole valore economico del bene ricettato (f. 355). 25.2.3. Il quinto motivo e' palesemente generico, nonche' manifestamente infondato. Il ricorrente non ha compiutamente indicato le ragioni poste a fondamento della doglianza; manca, inoltre, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita', limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello, attraverso il mero e non consentito (cfr. 15.2.1.) rinvio all'atto di appello. Al riguardo, peraltro, appaiono giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) le argomentazioni che la Corte di appello (f. 355 s.), ha posto a fondamento della contestata statuizione (che per testuale previsione di legge - Legge n. 356 del 1992, articolo 12 sexies, comma 1, - ben puo' trovare il suo necessario presupposto nell'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di ricettazione - purche' non attenuato, come nella specie, ex articolo 648 c.p., comma 2-: le contrarie deduzioni difensive, insistentemente argomentate in udienza, possono al piu' assumere rilievo de jure condendo, non certo de jure condito), osservando che "i beni confiscati sono costituiti dai saldi attivi dei conti correnti riconducibili a (OMISSIS), per l'importo complessivo di 144.220,18 euro, e da capannone e villa a Cesano Maderno, sui quali gia' gravano pignoramenti in sede civile. La Corte rileva che il motivo proposto sul punto della sentenza e' inconferente. Nella disciplina della confisca adottata ex articolo 12 sexies cit., infatti, il riferimento alla gravita' del fatto-reato per il quale e' pronunciata condanna incide sui presupposti della misura, che si giustifica, invece, in ragione della accertata sproporzione tra i beni vantati dall'imputato ed i redditi dichiarati nel periodo corrispondente all'acquisto o al possesso di tali valori. Nel caso di specie, la difesa non ha esercitato onere probatorio diretto a confutare la ritenuta sproporzione tra il valore dei beni confiscati ed i redditi dichiarati da (OMISSIS) negli anni dal 2002 al 2008, come indicati espressamente in sentenza. Infatti: ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili a norma del Decreto Legge 8 giugno 1992 n. 306, articolo 12 sexies, convertito con modificazioni nella Legge 7 agosto 1992, n. 356, la prova circa la sproporzione, rispetto alla capacita' reddituale lecita del soggetto, del valore economico dei beni da confiscare grava sull'accusa e, una volta fornita tale prova, sussiste una presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, superabile solo attraverso specifiche e verificate allegazioni dell'interessato. Parimenti irrilevante risulta il richiamo dell'appellante ad un rapporto pertinenziale tra i beni confiscati ed il fatto-reato per il quale e' intervenuta la condanna ex articolo 648 c.p., del tutto estraneo alla fattispecie delineata dal citato articolo 12 sexies". 25.2.4. Non consentita, perche' tardiva, e', infine, la doglianza inerente alla recidiva, articolata unicamente nella memoria, non anche nel ricorso originario: si rinvia in proposito a quanto osservato in diritto nel 22.2.4.1.. 26. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1. e, ritenuta la recidiva semplice, condannato alla pena di anni nove e mesi otto di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita', ma ha escluso la contestata recidiva, ed ha conseguentemente ridotto la pena ad anni nove e mesi tre di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 26.1. La difesa denuncia: 1 - inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 40 c.p. e mancanza di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' (in difetto della prova di un contributo causalmente rilevante fornito dal ricorrente al sodalizio individuato, essenzialmente desunta da intercettazioni arbitrariamente interpretate), alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla entita' della pena. 26.2. Il ricorso e' in toto infondato. Il motivo e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 358 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata affermazione di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 26.2.1. Generiche, perche' reiterative, e comunque manifestamente infondate sono anche le doglianze inerenti al diniego delle attenuanti generiche ed alla concreta determinazione del trattamento sanzionatorio (statuizioni incensurabilmente motivate in difetto di elementi sintomatici di meritevolezza, e tenuto anche conto della gravita' del reato, dell'esistenza di precedenti penali - la cui risalenza ha unicamente legittimato l'esclusione della in origine ritenuta recidiva -, e dell'inapprezzabile comportamento processuale: f. 368). 26.2.2. Il riferimento operato dalla difesa nel corso della discussione alla presunta incomprensibilita' del ruolo assunto dall'imputato nell'ambito del sodalizio de quo, per come descritto nell'imputazione, e' non consentito in questa perche' tardivo, e comunque precluso, non essendo stata in precedenza tempestivamente dedotta l'asserita carenza di chiarezza e precisione del capo di imputazione. 27. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui a capo 1., unificato in continuazione con fatto separatamente giudicato, e, ritenuta la recidiva specifica reiterata, condannato complessivamente alla pena di anni diciassette di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto all'affermazione di responsabilita', ma ha escluso la contestata recidiva, ed ha conseguentemente ridotto la pena ad anni sedici di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 27.1. La difesa denuncia: 1 - assoluta mancanza di motivazione in ordine alla contestata associazione denominata ndrangheta (n difetto di concreti indizi di responsabilita' o della commissione di delitti fine nell'individuato territorio, poiche' l'affermazione di responsabilita' fonda solo sulla provenienza geografica dell'imputato e sulla partecipazione ad incontri conviviali); 2 - assoluta mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione dell'istituto della continuazione con aumento nel minimo edittale; 3 - violazione del diritto dell'imputato di partecipare al giudizio; 4 - violazione dell'articolo 592 c.p.p. quanto alla condanna alle spese, nonostante la reformatio in melius della decisione impugnata. 27.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 27.2.1. I motivi sono all'evidenza tutti estremamente generici, di per se', oltre che perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 370 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata affermazione di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, e che risultano incensurabilmente interpretate. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 27.2.1.2. Del tutto assertivo e' il secondo motivo, meramente enunciato e privo di apprezzabili argomentazioni a sostegno (nonche' privo di esame e specifica confutazione delle argomentazioni poste dalla Corte di appello a fondamento della contestate statuizioni: cfr. f. 375 s. della sentenza impugnata). 27.2.1.3. Assolutamente privo di giuridico fondamento e' il terzo motivo (l'imputato, ristretto agli AA.DD. ed autorizzato a comparire senza scorta, avrebbe preteso di essere accompagnato in udienza dalla Polizia penitenziaria). 27.2.1.4. Manifestamente infondata e', infine, l'ultima doglianza, essendo stato l'imputato correttamente condannato al pagamento non delle spese processuali in toto (il suo appello era stato, infatti, sia pur parzialmente, accolto), bensi' unicamente di quelle patite nel grado dalle parti civili, nei confronti delle quali era risultato soccombente. 28. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1. e, ritenuta la recidiva semplice, condannato alla pena di anni diciotto di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 28.1. La difesa denuncia: - che il contesto associativo di riferimento non sarebbe correttamente definito e che la condotta del ricorrete non corrisponderebbe a quella tipica; - che la mafiosita' che deve caratterizzare il sodalizio non fosse configurabile in riferimento al sodalizio Lombardia, e non fosse attribuibile semplicemente per derivazione dalla ndrangheta operante in Calabria; - la generica e contraddittoria definizione del profilo associativo di riferimento si sarebbe riverberata in un mutevole contenuto dell'addebito, in specifica violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (articoli 521 e 522 c.p.p.); - che la Corte di appello avrebbe in piu' punti fatto riferimento a quanto stabilito dalla Corte di cassazione con la sentenza che ha definito il troncone del procedimento celebrato con rito abbreviato, valorizzandone tra l'altro il mero dispositivo, in palese violazione dell'articolo 238 bis c.p.p., per difetto di formale acquisizione in atti; - che il ricorrente non avrebbe offerto al sodalizio un concreto apporto, penalmente valorizzabile, insufficiente essendo il riferimento all'unica riunione alla quale gli si addebita di avere partecipato od alle conversazioni valorizzate come sintomatiche di un suo attivarsi per procacciare voti - attivita' non caratterizzata da alcuna forza di intimidazione, come al contrario necessario per configurare il reato associativo ipotizzato - o per riciclare denaro, e non risulterebbe attivo in nessuna locale; - che il significato della partecipazione alla riunione del 31 ottobre 2009 e' stato malamente ricostruito, perche' in realta' finalizzato ad ottenere la cessazione delle attivita', e di cio' doveva tenersi conto quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio; - che l'imputato era da tempo estraneo alle logiche del sodalizio, e comunque che il mandato a comunicare il fermo delle attivita' della Lombardia trovava la sua genesi in Calabria (per tale ragione era stata eccepita l'incompetenza per territorio della A.G. di Milano) - che, quanto al ruolo apicale, non vi e' prova dell'esistenza della sparuta locale di Pavia, ne' dell'attribuibilita' in relazione ad essa di posizioni verticistiche autonome, ne' dell'assunzione di un tale ruolo in Lombardia; - che nulla dimostra che fosse conosciuta la disponibilita' di armi; - che contraddittoriamente la richieste di continuazione con reati gia' oggetto di precedente condanna e' stata ritenuta inammissibile, perche' avanzata solo con memoria presentata dall'imputato in appello, e subordinatamente rigettata per ragioni di merito (di qui l'interesse ad evitare possibili preclusioni); - che non sia stata esclusa la recidiva nonostante il fatto che il precedente valorizzato risalisse al 1992; - che il trattamento sanzionatorio ed il diniego delle attenuanti generiche siano troppo severi ed immotivati, non considerando le ammissioni rese; - che il calcolo della pena sarebbe erroneo (l'indicato aumento della pena base - fissata in anni dodici di reclusione - per la recidiva, enunciato in misura pari a tre anni di reclusione, porterebbe al pena finale a 15 anni di reclusione, non 18). 28.1.1. In data 3 aprile 2015 e' stata depositata nell'interesse dell'imputato una memoria contenente deduzioni reiterative, inerenti ancora una volta alla specifica posizione del ricorrente in relazione alla contestata appartenenza al sodalizio criminoso di cui al capo 1). 28.2. Il ricorso e', nel suo complesso, infondato. 28.2.1. I motivi inerenti all'affermazione di responsabilita' sono all'evidenza tutti estremamente generici, di per se', perche' formulati, per cosi' dire, "a critica libera", discorsivamente, senza neanche indicare il vizio o i vizi, tra quelli deducibili in sede di legittimita' ex articolo 606 c.p.p., che il ricorso intende lamentare, ed argomentando promiscuamente (come si e' visto non essere consentito: cfr. rilievi in diritto sub p.p. 4.6. ss.) presunte violazioni di legge (in particolare, dell'articolo 416 bis c.p.) e presunti vizi di motivazione, indiscriminatamente evocati in relazione al medesimo punto della sentenza. Essi sono, inoltre, generici perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 377 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata affermazione di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. In particolare, sulla base delle acquisite e valorizzate captazioni, la Corte di appello ha motivatamente evidenziato quanto segue: il fatto che "il (OMISSIS) sia incaricato di ripristinare l'armonia fra gli affiliati lombardi, di creare un nuovo mastro generale che succeda al defunto (OMISSIS), e di trasmettere e fare passare le nuove regole decise in Calabria, non emerge solo dalle conversazioni captate e citate in sentenza, ma dalla viva voce del (OMISSIS) nella riunione di Paderno Dugnano, rispetto alla quale l'attivita' investigativa svolta in Calabria costituisce un antefatto logico e temporale imprescindibile. (OMISSIS) svolge il suo ruolo di mediatore incontrando prima in Calabria e dopo in Lombardia (la sentenza da conto di tutte le captazioni telefoniche di settembre quando il (OMISSIS) si muove in Lombardia) i responsabili e si attiva efficacemente per giungere al risultato di una ritrovata unita'. Sono i fatti che seguono (il summit di Paderno Dugnano) che comprovano la verita' dei fatti antecedenti quale ricostruita dagli inquirenti nel corso di ripetuti servizi di appostamento e di osservazione di cui la impugnata sentenza da ampio conto. L'impegno di (OMISSIS) nei mesi da giugno a dicembre del 2009 e' intenso e viene valutato dagli stessi sodali come un'operazione di grande successo", come emerge dalla conversazione riportata a f. 386 ss. Si e', inoltre, evidenziato che "il (OMISSIS) ha insomma coagulato su di se' il consenso generale per evitare le divisioni, le contrapposizioni interne, per vincere le resistenze, consapevole che sudi se' il consenso era generale, per poi, all'ultimo momento, defilarsi e proporre (OMISSIS), quando ormai nessuno osava respingere per il solo fatto che era indicato da lui. Un abilissimo stratega, mosso per la causa dell'unita', per la impellenza di sedare i contrasti e ritrovare l'unita' in nome della "grande famiglia". L'opera prestata dal (OMISSIS) per la riorganizzazione de "La Lombardia" e' stata considerata quale apporto essenziale e assolutamente fondamentale per la sua funzionalita': "l'associazione in questo frangente e' effettivamente spaccata da contrasti interni e poco operativa, ma l'impegno degli anziani e' quello di mirare alla sua ricostruzione per permettere una rinnovata operativita' in vista di una ripresa di attivita' anche esterna. Non si tratta di una riorganizzazione fine a se' stessa, di una corsa al potere priva di concreti intenti delittuosi, come se fosse un gioco fine a se stesso. Si tratta di ritrovare quella struttura verticistica che e' connaturata alla ndrangheta e senza la quale l'associazione non puo' funzionare poiche' perderebbe quella coesione assolutamente necessaria per perseguire gli scopi tipici del sodalizio. Solo attraverso la "tenuta" di una larga rete di sodali, attraverso il rispetto delle gerarchle e delle cariche la ndrangheta riesce ad operare positivamente infiltrandosi nel territorio e nel tessuto sociale, economico e politico riconducendo poi ad un unico vertice il proprio operato. La forza, e la temibilita' dell'associazione risiede proprio in questa capacita' di infiltrarsi e tale capacita' e' possibile solo attraverso il rispetto delle regole, delle gerarchle e l'appoggio incondizionato dei sodali. Le spaccature interne e le lotte di potere individuali costituiscono una minaccia per l'operativita' del sodalizio e di tale pericolo un "teorico", o meglio un politico quale (OMISSIS) e' ben consapevole, tanto che nel suo discorso si appella alla"armonia", ottenendo su tale concetto il consenso generale. Si tratta di un nodo cruciale per la sopravvivenza stessa della ndrangheta lombarda, segnata in quel frangente storico immediatamente successivo alla uccisione di (OMISSIS), da divisioni interne che la paralizzano e che la impaludano in una scarsa operativita'. Il presente procedimento e' caratterizzato proprio da questo ripetuto e frequente parlare di assetti, di cariche, di alleanze e di corse alla successione perche' in questo frangente, successivo alla uccisione di (OMISSIS), i sodali si interrogano sul futuro del sodalizio: cioe' sul prossimo Mastro generale, sui rapporti con la "mamma" Calabria, sulle regole che si daranno. Ed in questo momento l'apporto di una figura come (OMISSIS) e' essenziale, unica, di assoluto rilievo perche' soddisfa la necessita' principale e saliente di quel lungo periodo di sbandamento: quella di ritrovare l'unita', di ricongiungersi alla Calabria, di darsi nuove regole". Sono state anche espressamente esaminate e puntualmente confutate le obiezioni difensive di rilievo (f. 387 s. della sentenza impugnata). Correttamente conformandosi agli orientamenti giurisprudenziali premessi e condivisi nei 8 ss. di questa motivazione, la Corte di appello ha, poi, evidenziato che "proprio la incondizionata offerta di contributo con messa a disposizione di ogni energia e risorsa personale per qualsiasi impiego criminale, e' stata certamente attuata da (OMISSIS) il quale ha dedicato tempo, viaggi, energie, potere di convincimento, carisma, influenza per riuscire nel suo intento - pienamente riuscito nel summit di Paderno Dugnano - di ricompattare la Lombardia, secondo i suggerimenti delle cosche calabre, intorno ad un unico nuovo leader, mettendo a tacere le falde interne per la successione che la dilaniavano. Correttamente la sentenza di primo grado individua la posizione di (OMISSIS) come attinente al compimento di "atti di alta amministrazione su mandato degli organi calabresi, e la sua responsabilita' in veste di capo e promotore va ricondotta alla associazione denominata "la Lombardia" in via diretta, senza cioe' la mediazione dell'articolazione territoriale pavese" e tale giudizio questa Corte ampiamente condivide". Nell'ambito del sodalizio criminoso de quo, al (OMISSIS) e' stata correttamente attribuita la qualifica di capo e organizzatore: "egli ha riorganizzato la struttura e le regole dell'associazione secondo canoni decisi con i capi cosca calabri, ha un carisma; attorno a se' coagula il consenso generale riuscendo a perseguire quello che scopo di riequilibrio e pacificazione richiesto anche dalla casa madre Calabria, che lo pone su un piano sovraordinato persino ai capi delle locali lombarde". Hanno successivamente costituito oggetto di dettagliata disamina i rapporti del (OMISSIS) con gli esponenti politici locali (f. 392 ss.), in ordine ai quali la Corte di appello ha osservato, dopo avere ancora una volta espressamente esaminato e puntualmente confutato le obiezioni difensive di rilievo (f. 392 ss. della sentenza impugnata) che "la rilevanza penale della sua condotta prescinde dall'accordo mafioso, o dal voto di scambio, dalla promessa di una qualche utilita', di un ritorno affaristico o di un qualsiasi vantaggio perche' non e' nel sinallagma "promessa di voto - qualunque utilita' " che si fonda la fattispecie che gli viene contestata. Egli non e' imputato del reato di cui all'articolo 416 ter c.p. - lo si e' specificato varie volte - ma di associazione di tipo mafioso "anche" finalizzata al condizionamento del voto per procurare voti al proprio candidato, cosi' alterando il libero esercizio del voto e la regolare competizione elettorale. La rilevanza penale della sua condotta - per la parte "politica" descritta in imputazione -risiede nel fatto che egli si sia avvalso della forza derivante dal gruppo mafioso che ha alle spalle, e di cui e', come si e' gia' visto, esponente di rilievo, per condizionare il libero esercizio del voto e alterare il meccanismo democratico della competizione elettorale", richiamando a sostegno di tale assunto una serie di conversazioni incensurabilmente valorizzate (f. 393 ss.), concludendo che "l'indicazione di voto che (OMISSIS) mette a disposizione dei suoi interlocutori politici e' molto piu' che un suggerimento fornito ad amici e conoscenti: e' una richiesta precisa fornita ai suoi sottoposti, a sodali sensibili alla sua supremazia proprio in virtu' del vincolo associativo che li assoggetta al capo". Significative, nel medesimo senso, appaiono le plurime conversazioni riportate a f. 394 ss. della sentenza impugnata. Sono state, infine, ricostruite le condotte riconducibili ad attivita' del (OMISSIS) finalizzata al reinvestimento di capitali di origine illecita: la Corte di appello, dopo avere osservato che tali condotte costituiscono "una ulteriore modalita' della messa a disposizione degli interessi del gruppo mafioso, finalizzata al perseguimento di vantaggi illeciti", ha riepilogato le principali operazioni in contestazione, esaminando e confutando, ancora una volta, per ciascuna, le obiezioni difensive (f. 396 ss.), in plurimi casi smentite per tabulas, e comunque sempre prive di apprezzabile fondamento, cosi' incensurabilmente concludendo sul punto: "Per concludere, e nel merito di tutte le vicende "affaristiche" imputate al (OMISSIS), che trovano ulteriore specifica trattazione nella posizione del (OMISSIS), strettamente legata a quella del (OMISSIS), va infine specificato che tale parte della imputazione costituisce una delle modalita' in cui si articola la condotta di partecipazione al sodalizio a lui imputato, che non la esaurisce, anzi ne costituisce un aspetto secondario: egli risponde, a differenza del (OMISSIS), quale intraneus nell'associazione ed agisce nell'interesse della conservazione e riequilibrio della Lombardia nel suo insieme, anche attraverso l'intermediazione di affari che possano rivelarsi utili per i sodali, mentre il (OMISSIS) agisce quale concorrente esterno con le modalita' gia' trattate". Con tali copiose argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa ed arbitraria "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 28.2.2. Con riguardo alle ulteriori doglianze deve rilevarsi quanto segue: - come gia' osservato (p. 7.5.2.) la sentenza n. 30059 del 2014 della VI Sezione e' stata richiamata dalla Corte di appello non come (non acquisito) documento, ma come autorevole precedente giurisprudenziale, a conferma della correttezza di quanto ritenuto in diritto in ordine a plurime eccezioni difensive; - puo' convenirsi con il ricorrente che, essendo stata correttamente giudicata tardiva la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione con reati separatamente giudicati, la sua disamina nel merito, per ritenerne ad abundantiam l'infondatezza, era non dovuta, e non puo' quindi pregiudicare l'imputato in vista della eventuale riproposizione in sede esecutiva; - puo' convenirsi con il ricorrente anche sul fatto che in merito alla determinazione vi e' in motivazione una apparente contraddizione (a f. 398 si riporta il computo operato dal primo giudice nei seguenti termini: dice p.b. anni 15 di reclusione, oltre anni tre di reclusione per la recidiva; a f. 399 si afferma che la p.b. di anni dodici di reclusione e' congrua, perche' superiore di anni tre al minimo edittale): trattasi, peraltro, di un evidente errore materiale, di "battitura" (secondo la Corte di appello, la pena base considerata dal primo giudice e' congrua perche' si distacca di soli 3 anni dal minimo; il minimo edittale - per il capo di una associazione mafiosa armata - e' di anni dodici di reclusione; e' stata quindi ritenuta congrua una pena che se ne distacca di anni tre, ovvero quella di anni quindici di reclusione); - i rilievi che precedono rendono il ricorso meramente infondato, ma non inammissibile; - quanto all'aggravante delle armi, la complessiva ricostruzione operata dalla Corte di appello delle vicende che avevano necessitato l'intervento del (OMISSIS) dopo l'omicidio (OMISSIS) evidenzia la inequivocabile consapevolezza della comune disponibilita' (cfr,. anche rilievi a f. 137 ss.), pur in difetto di specifica motivazione; valgono, nel resto, i rilievi di cui ai 6.4.1.1. s.; - le ulteriori doglianze sono, quanto alla presunta mutevolezza dell'addebito, necessariamente ricollegabile a carenza di chiarezza e precisione del capo di imputazione, ed in precedenza non tempestivamente dedotta, tardivamente dedotte in questa sede, e comunque precluse; quanto alla mancata esclusione della recidiva, al diniego delle attenuanti generiche ed alla quantificazione della pena, del tutto assertive, e prive della necessaria disamina delle argomentazioni poste dalla Corte di appello a fondamento delle contestate statuizioni (f. 399 ss., valorizzando l'assenza di elementi sintomatici di meritevolezza, non desumibili neppure dal comportamento processuale, ed il rilevante precedente), nonche' della specifica indicazione delle ragioni della loro ritenuta erroneita'. 29) Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui ai capi 1, 39, 66, P, Q, e 65. - escluso il concorso e limitatamente al prestito della somma di euro 500.000,00 -, unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva infraquinquennale, condannato alla pena di anni sedici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha assolto l'imputato dal reato ascrittogli al capo 65. perche' il fatto non sussiste; ha riqualificato quello di cui al capo 66. come violenza privata; ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata quanto alle affermazioni di responsabilita'; ha escluso l'aumento di pena per la recidiva; ha conseguentemente ridotto la pena ad anni tredici e mesi dieci di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS). 39) Del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., Legge n. 4976 del 1974, articoli 10, 12 e 14, articolo 61 c.p., n. 2, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', al fine di commettere il reato di cui al capo che segue, in concorso con altre due persone non identificate, deteneva e portava in luogo pubblico una pistola, da considerarsi arma comune da sparo, con la quale minacciava e colpiva (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1). Accertato in Legnano il 14 marzo 2009 e attualmente permanente. 66) Del delitto p. e p. dall'articolo 629 c.p., comma 2 in riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e con altre persone non identificate e in attuazione del programma criminoso dell'associazione di cui al capo, mediante violenza e minaccia (qui di seguito meglio dettagliate) costringevano quest'ultimo a corrispondere loro interessi usurari meglio indicati al capo che precede, ottenendo in tal modo un ingiusto profitto con altrui danno; violenza consistita in: Colpire (OMISSIS) con il calcio di una pistola e con un calcio al torace ( (OMISSIS) e altri soggetti allo stato non identificati) Costringere (OMISSIS) a mangiare alcune cambiali che non era riuscito a pagare ( (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) con uno schiaffo al volto ( (OMISSIS) quale autore materiale, (OMISSIS) e (OMISSIS) quali istigatori); Minaccia consistita nel prospettare a (OMISSIS) gravi conseguenze nel caso in cui non avesse pagato ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) Con l'aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1), con modalita' mafiose e del fatto commesso da appartenenti al sodalizio. In Legnano e altrove fino al marzo 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS). P) articolo 110 c.p., articolo 644 c.p., comma 1 e comma 5, nn. 2 e 5, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e con altre persone non identificate, prestavano a (OMISSIS) (di professione agente immobiliare e pertanto imprenditore) la somma di euro 150.000,00 al tasso usurario dell'8% mensile e ottenendo in restituzione al somma di euro 140.000,00 a titolo di interessi. Con le aggravanti di aver commesso il fatto ai danni di imprenditore, stipulando un falso contratto preliminare di compravendita immobiliare a garanzia della restituzione del denaro e al fine di agevolare l'associazione mafiosa. In Legnano e Gallarate in continuazione dal 2004 al 2009. (OMISSIS). Q) articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', mediante violenza e minaccia, qui di seguito descritte, costringeva (OMISSIS) a corrispondergli interessi usurari meglio descritti al capo che precede cagionando in tal modo a (OMISSIS) danno con proprio profitto. Minaccia e violenza consistite in: a) Prenderlo a schiaffi quando ritornavano insoluti alcuni assegni; b) Minacciare di "gambizzarlo" qualora non avesse corrisposto il dovuto; Con le aggravanti di aver commesso il fatto con metodo mafioso e al fine di agevolare l'associazione mafiosa. In Legnano e Gallarate in continuazione dal 2004 al 2009. 29.1. La difesa denuncia: 1 - vizio di motivazione, travisamento del fatto e della valutazione della prova in ordine ai reati di cui ai capi 66) e 39) dell'imputazione (l'affermazione di responsabilita' per violenza privata, detenzione e porto di una pistola con la quale avrebbe percosso la p.o. fonda essenzialmente sulle dichiarazioni di quest'ultima, la cui attendibilita' risulta peraltro ridimensionata dall'intervenuta assoluzione dall'usura di cui al capo 65. e dalla intervenuta riqualificazione del fatto di cui al capo 66., e contraddittoriamente ribadita per le odierne imputazioni, pur inscindibilmente collegate a quelle in ordine alle quali vi e' stata conclusiva valutazione di inattendibilita'; viziata sarebbe anche l'interpretazione delle valorizzate intercettazioni telefoniche); 2 - vizio di illogicita' manifesta con riferimento alle dichiarazioni della p.o. (OMISSIS) in ordine ai reati di cui ai capi P) e Q) (l'affermazione di responsabilita' fonda unicamente sulle dichiarazioni della p.o. (OMISSIS), ritenute incondizionatamente attendibili, ma al contrario da valutare con maggiore cura, in presenza della costituzione di parte civile, e sfornite di riscontri - cita massime giurisprudenziali a sostegno delle proprie argomentazioni); 3 - vizio di motivazione circa la sussistenza dell'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 in ordine ai reati di cui ai capi 66) - 39) - P) - Q) dell'imputazione, che nulla giustifica; 4 - vizio di motivazione, travisamento del fatto e della prove quanto al reato di cui al capo 1) dell'imputazione (lamenta che l'affermazione di responsabilita' fondi su tre presunti distinti apporti al contesto associativo di riferimento, in realta' valorizzati illogicamente ed in contrasto con quanto emergente ex actis); 5 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento al mancato riconoscimento della riduzione di un terzo della pena per il rito abbreviato; 6 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), con riferimento all'eccessiva quantificazione della pena per il delitto associativo, per la mancata concessione delle attenuanti generiche e comunque per difformita' nella determinazione della pena tra parte motiva e dispositivo. 29.2. Il ricorso e', nel suo complesso, infondato. 29.2.1. Il primo motivo e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato. Occorre premettere che questa Corte (Sez. 6 , sentenza n. 3015 del 27 gennaio 2011, CED Cass. n. 249200; sez. 3 , sentenza n. 3256 del 22 gennaio 2013, CED Cass. n. 254133; Sez. 6 , sentenza n. 20037 del 19 marzo 2014, CED Cass. n. 260160) ha gia' ritenuto legittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni della parte offesa, precisando che l'eventuale giudizio di inattendibilita', riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilita' delle altre parti del racconto, sempre che non esista un'interferenza fattuale e logica tra le parti del narrato per le quali non si ritiene raggiunta la prova della veridicita' e le altre parti che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate e sempre che l'inattendibilita' di alcune delle parti della dichiarazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere per intero la stessa credibilita' del dichiarante. A tale principio si e' correttamente attenuta la Corte di appello, valorizzando ai fini delle contestate affermazioni di responsabilita' le sole dichiarazioni della p.o. che risultavano riscontrate da intercettazioni di conversazioni (f. 409 della sentenza impugnata) incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti. Il motivo risulta, pertanto, generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 402 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita'. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 29.2.2. Il secondo motivo e' generico e manifestamente infondato per le medesime ragioni, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 412 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', valorizzando le dichiarazioni della p.o. (OMISSIS) motivatamente ritenute attendibili e riscontrate dalle intercettazioni innanzi richiamate. Deve, in proposito rilevarsi che questa Corte (Sez. un., sentenza n. 41461 del 19 luglio 2012, Bell'Arte, CED Cass. n. 253214) e' ormai ferma nel ritenere che le regole dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere piu' penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone; peraltro, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, puo' essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), ancora una volta limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 29.2.3. Per le stesse ragioni e' generico, e comunque manifestamente, infondato il terzo motivo (cfr. f. 418 della sentenza impugnata, per le incensurabili argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello ha ritenuto la configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), ancora una volta limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 29.2.4. Per le stesse ragioni e' generico, e comunque manifestamente, infondato il quarto motivo (cfr. f. 416 ss. della sentenza impugnata, per le incensurabili argomentazioni poste dalla Corte di appello a fondamento della contestata affermazione di responsabilita'). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), anche in questo caso limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 29.2.5. Per le stesse ragioni e' generico, e comunque manifestamente, infondato il quinto motivo (cfr. f. 415 ss. della sentenza impugnata, per le incensurabili argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello ha ritenuto non riconoscibile all'imputato la riduzione per il giudizio abbreviato, l'accesso al quale era stato richiesto, ma motivatamente negato). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), per l'ennesima volta limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 29.2.6. Il sesto motivo e', nel suo complesso infondato. Deve, invero, convenirsi con il ricorrente sulla discrasia esistente, quanto alla misura della pena finale irrogata al (OMISSIS), tra dispositivo (anni tredici e mesi dieci di reclusione) e motivazione (anni quattordici): detta discrasia non inficia, peraltro, la sentenza impugnata, ne' puo' in alcun modo pregiudicare gli interessi del ricorrente, pacifica essendo la prevalenza di quanto stabilito in dispositivo (statuizione tra l'altro favorable) rispetto a quanto indicato in peius in motivazione. Nel resto, il motivo e' generico e, comunque, manifestamente infondato a fronte dei rilievi con i quali la Corte di appello (f. 419 s.) ha incensurabilmente motivato il diniego delle circostanze attenuati generiche e la quantificazione della pena (da intendersi come quella indicata in dispositivo), valorizzando l'elevata caratura criminale dell'imputato, l'apporto in concreto apportato alla realizzazione del programma associativo, e l'assenza di profili di meritevolezza (non emergenti neanche dal comportamento processuale). 29.2.6.1. Il ricorso non contiene doglianze inerenti alla recidiva, il che rende non consentiti i riferimenti in proposito operati dal difensore nel corso della discussione orale. 30. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1. e, ritenuta la recidiva reiterata, condannato alla pena di anni nove e mesi sei di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 30.1. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1. e condannato alla pena di anni nove di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado, anche in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. 30.2. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. e 33., unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva infraquinquennale, condannato alla pena di anni dieci e mesi sei di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', ma ha riconosciuto la sussistenza del vincolo della continuazione con reati separatamente giudicati, rideterminando complessivamente la pena in anni undici di reclusione, e disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS) 33) Del delitto p. e p. dalla Legge n. 4397 del 1974, articoli 10, 12 e 14 perche' deteneva e portava in luogo pubblico una pistola Beretta modello 81 calibro 7,65x17 mm Browning da considerarsi arma comune da sparo. In luogo non accertato il 25.06.09 e attualmente permanente. 30.3. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. - 82. - E. - F. (esclusa la circostanza per quest'ultimo contestata) unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva reiterata infraquinquennale, condannato alla pena di anni dodici e mesi sei di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha assolto l'imputato dal reato di cui al capo E) limitatamente alla condotta di intestazione fittizia delle quote sociali della VECA Trasporti s.r.l., confermando nel resto, quanto alle ulteriori affermazioni di responsabilita', la sentenza impugnata, riducendo la pena ad anni dodici e mesi cinque di reclusione, e disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) giudicati separatamente). 82) Del delitto p. e p. dagli artt 110 e 378 c.p., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS) (nei cui confronti si procede separatamente), con le condotte qui di seguito meglio indicate, favorivano la latitanza di (OMISSIS) e (OMISSIS), destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Catanzaro il 16.4.09. a) Munivano i latitanti di documenti contraffatti meglio indicati ai capi che precedono. b) Li trasportavano, con una macchina presa a noleggio, dal nord Europa (in luogo allo stato non identificato), dove si trovavano per sfuggire alla cattura, in Italia, in attesa di espatriare verso la Tunisia, dove (OMISSIS) aveva interessi di carattere economico. c) Li ospitavano presso il B & B "Il falco", dove venivano alloggiati senza essere registrati. d) Li sostenevano economicamente procurandogli una somma non inferiore a euro 1.000,00. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca ndranghestista Arena di Capo Rizzuto, di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) sono elementi di spicco. In Lombardia, Calabria e Toscana dal maggio al giugno 2009. (OMISSIS). E) Del delitto di cui agli articoli 110 e 81 c.p., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 in quanto, in concorso con persone non identificate e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, intestava fittiziamente a terzi le quote sociali qui di seguito indicate: 100% di Ve.Ca Trasporti srl intestata fittiziamente a (OMISSIS) e (OMISSIS); 100% di G.S.M. Global Service Management srl intestata fittiziamente a Ve.Ca Trasporti srl; 100% di Gav Logistica srl intestata fittiziamente a Ve.Ca Trasporti srl e (OMISSIS); 100% di X File Transport srl intestata fittiziamente a (OMISSIS) e (OMISSIS); Con l'aggravante di aver commesso i fatti al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Borgomanero, Milano, Monza e Varrara dal 2007 al 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS). F) Del delitto di cui all'articolo 110 c.p., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, al fine di consentire a (OMISSIS) di eludere le disposizioni di legge in tema di misure di prevenzione patrimoniali, intestavano fittiziamente alla Boschettaro srl il seguente bene immobile. Titol. - Ubic. - Foglio Partic. -Qualita' - Superficie - Ha are ca. Proprieta'" per 1/1 - Tortona - 67 624 - Vigneto- 00 01 15; Proprieta' per 1/1 - Tortona - 67 625 - Vigneto - 00 07 85; Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Tortona il 3.4.09. 30.4. La difesa degli imputati denuncia, con unico ricorso congiunto: 1 - (per (OMISSIS)) violazione ed erronea applicazione degli articoli 24 e 111 Cost., articoli 12 e 18 c.p.p., in riferimento agli articoli 178 e 179 c.p.p., in riferimento all'articolo 606 c.p.p., lettera B), quanto all'omesso rinvio dell'udienza del 27 gennaio 2014, per legittimo impedimento dell'imputato (lamenta che all'udienza indicata, la posizione dell'imputato sia stata separata nonostante l'opposto dissenso e si sia proceduto all'esposizione del PG, in luogo che rinviare l'udienza; aggiunge (f. 4 s. del ricorso) che la Corte di appello ha ritenuto che nell'udienza in esame il PG dovesse limitarsi a trattare questioni processuali non riguardanti la posizione del (OMISSIS) e sussistenza dell'associazione senza alcun riferimento al (OMISSIS), e che successivamente non e' stata fissata una apposita udienza ad hoc, ma ci si e' limitati a riunire la posizione dell'imputato al troncone principale nella successiva udienza, nella quale in PG ha proseguito la sua requisitoria, dopo avere in precedenza trattato anche temi comuni all'imputato; sarebbe stato in tal modo violato il diritto dell'imputato ad assistere all'udienza; 2 - (per tutti) violazione ed erronea applicazione degli articoli 8, 9, 24 e 125 c.p.p. con vizio di motivazione, in riferimento alla ritenuta competenza per territorio del Foro di Milano in luogo di quello di Reggio Calabria per tutti gli imputati (in difetto di una effettiva motivazione, nel caso di specie limitatasi al mero rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado ed al richiamo delle determinazioni assunte dalla Cassazione nel separato procedimento, peraltro celebrato con rito abbreviato, e quindi con disomogeneita' del materiale probatorio valutabile); 3 - (per tutti) violazione ed erronea applicazione degli articoli 125 e 192 c.p.p. - 416-bis c.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - D) - E), con riferimento alla condanna per il reato associativo (lamentano che sia stata negata, con motivazione meramente apparente, che richiama quella del Tribunale e ne presenta i medesimi vizi logici, e senza adeguatamente considerare le censure mosse con gli atti di appello, la mancanza di autonomia de "La Lombardia", che gli atti dimostrano essere priva di potere decisionale in tutte le sue articolazioni - ripercorrono in proposito numerosi segmenti di conversazioni intercettate - in realta' non sarebbe stata enucleata una associazione di tipo mafioso concretamente operante in Lombardia, anche perche' in tale territorio nulla dimostra l'impiego del necessario metodo mafioso per ottenere il controllo del territorio e perseguire le ulteriori finalita' che connotano i sodalizi di cui all'articolo 416 bis c.p., ne' risulta adeguatamente dimostrata l'esistenza di una cassa comune: sarebbero in proposito state arbitrariamente valutate la dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS); non e' stato enucleato un apprezzabile programma associativo; gli incontri qualificati come summit di ndrangheta a livello di Lombardia (f. 21 del ricorso) sarebbero stati ritenuti tali sulla base di mere deduzioni apodittiche e prive di pregnanza, ne' vi sarebbe la prova che durante questi incontri venisse progettata la commissione di reati, venissero conferite doti o suddivisi compiti, o avvenisse quant'altro idoneo a corroborare la tesi che si trattasse di incontri de "La Lombardia", costituente in realta' mera fictio iuris; il ne bis in idem rilevato nel corso del separato procedimento con rito abbreviato, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello (f. 118 della sentenza), contribuirebbe a confermare l'assunto dell'inesistenza de "La Lombardia"; 4 - (per tutti) violazione ed erronea applicazione degli articoli 125 e 192 c.p.p. - articolo 416 bis c.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento al riconoscimento per ciascuno del ruolo di partecipe al reato associativo. Premesso il riepilogo di orientamenti giurisprudenziali in ordine alle condotte di partecipazione di cui all'articolo 416 bis c.p., riepilogano gli elementi valorizzati in proprio danno, evidenziando: - per (OMISSIS) e (OMISSIS), che nessuno partecipa a summit o riceve doti; che non sarebbe congruamente indicato in cosa sarebbe consistita la ipotizzata messa disposizione della locale di riferimento; che i due sarebbero stati condannati per un fatto diverso da quello contestato, quali appartenenti alla locale di Milano, non certo perche' appartenenti alla Lombardia (f. 26 del ricorso); sarebbe stato equivocato il senso delle dichiarazioni di (OMISSIS) e delle conversazioni intercettate, che riepilogano; contestano la partecipazione a tutti gli incontri loro attribuita, rilevando che, quanto presenti, la presenza costituiva frequentazione occasionale giustificata da affinita' familiari, non altro; - per (OMISSIS) e (OMISSIS), che i 4 elementi valorizzati per corroborare l'affermazione di responsabilita' sarebbero stati ricostruiti in modo parziale ed illogico, sulla base di interpretazioni arbitrarie e non riscontrate delle conversazioni intercettate; il (OMISSIS) avrebbe rivendicato l'appartenenza ad una locale (di Varese) mai contestate e la cui esistenza non risulta verificata; il secondo elemento, per come ne e' stata argomentata la rilevanza, confermerebbe l'assunto difensivo dell'assenza di collegamenti tra gli imputati e La Lombardia; il 3 elemento sarebbe assolutamente privo di rilievo ai fini della contestazione; quanto al sostentamento ai detenuti ed al favoreggiamento di latitanti, che si ascrive al (OMISSIS), si tratterebbe di condotte poste in essere in favore di soggetti non associati al sodalizio de quo e quindi non valorizzagli ai fini dell'affermazione di responsabilita'; anche (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno partecipato a summit (ne' de "La Lombardia" ne' della locale di Erba), e la giustificazione fornita in proposito (f. 47 del ricorso) sarebbe illogica; sarebbero rimaste prive di motivazione le censure formulate dal (OMISSIS) con l'atto di appello (f. 49 del ricorso); censurabile sarebbe anche l'analisi degli episodi nei quali si assume che gli imputati avrebbero agito adoperando il metodo mafioso; nulla dimostra che gli imputati si siano mai recati al maneggio di Erba, che si assume essere la sede della relativa locale; la partecipazione a "La Lombardia" sarebbe stata arbitrariamente desunta dalla mera presunta appartenenza alla locale di Erba; del tutto illogica sarebbe la motivazione posta a fondamento della ritenuta appartenenza del (OMISSIS) a La Lombardia, perche' "alter ego di (OMISSIS)" ed intestatario fittizio di Isola Scavi; mancano conversazioni tra i due imputati e la gran parte degli altri 170 coimputati; 5 - (per tutti) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 5, - articolo 27 Cost. - articolo 59 c.p., comma 2, - in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento alla omessa esclusione dell'aggravante delle armi contestata a ciascuno; 6 - (per (OMISSIS)) violazione ed erronea applicazione del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies e degli articoli 125 e 192 c.p.p., in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento alla mancata assoluzione dai delitti di cui ai capi E) ed F) (lamenta che l'intervenuto accoglimento delle censure difensive solo con riguardo alla VE.CA. Trasporti per difetto del necessario dolo specifico rende illogica l'affermazione di responsabilita' per le restanti societa', anch'esse costituite in data precedente rispetto alla conversazione valorizzata ai fini dell'affermazione di responsabilita' ed in epoca in cui nulla legittimava l'assunto che (OMISSIS) potesse temere misure di prevenzione; quanto al capo F), l'affermazione di responsabilita' sarebbe inficiata dall'arbitraria interpretazione della conversazione n. 6400 del 23.3.2009; 7 - (per (OMISSIS)) violazione ed erronea applicazione del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e dell'articolo 125 c.p.p., in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento alla mancata esclusione della predetta circostanza aggravante per il delitto di cui al capo E); 8 - (per (OMISSIS)) violazione ed erronea applicazione del Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e dell'articolo 125 c.p.p., in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento alla mancata esclusione della predetta circostanza aggravante per il delitto di cui al capo 82); 9 - (per (OMISSIS)) violazione ed erronea applicazione della Legge armi, articoli 10. 12. 14. - Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 e degli articoli 125 e 192 c.p.p., in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento alla mancata assoluzione dal delitto di cui al capo 33), anch'essa dovuta ad arbitraria interpretazione della conversazione n. 1246 del 25.6.2009; 10 - (per (OMISSIS)) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 81 c.p. - articolo 671 c.p.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento all'omesso riconoscimento della continuazione con i reati giudicati con sentenza emessa dal Tribunale di Vercelli in data 7.10.2011. 11 - (per tutti) violazione ed erronea applicazione degli articoli 133 e 62 bis c.p. in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) - C) - E), con riferimento alla determinazione della pena per tutti (nell'argomentare la comune doglianza, lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, in presenza per ciascun imputato di specifici elementi che la avrebbero, al contrario, legittimata. 30.5. Il ricorso congiunto e', per tutti gli imputati, in toto inammissibile. 30.5.1. Il primo motivo e', all'evidenza, manifestamente infondato: il PG, nell'udienza alla quale il (OMISSIS) non ha partecipato perche' legittimamente impedito, non ha esaminato questioni a lui riferibili, e nella successiva ha integralmente riesaminato ex novo la posizione dell'imputato; il diritto di difesa dell'imputato non ha, pertanto, subito alcun pregiudizio, non potendo egli vantare il diritto di assistere ad una udienza nel corso della quale erano state trattate soltanto posizioni di altri coimputati (e non potendo egli, con il suo pur legittimo impedimento, vantare la - processualmente anomala - pretesa di paralizzare la trattazione dell'intero processo). 30.5.2. Il secondo motivo e' manifestamente infondato: si rinvia in proposito all'esposizione gia' svolta sub p.p. 7 ss. nonche' sub 14.4.16.1., con la precisazione che la competenza territoriale si determina dalla contestazione, e non puo' essere messa in discussione ex post da successive acquisizioni dibattimentali. 30.5.3. - 30.5.4. Il terzo ed il quarto motivo sono all'evidenza generici, di per se', oltre che in quanto reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 421 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), e f. 621 ss. per quanto riguarda la specifica posizione dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS)), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, riscontrate da servizi accessori di PG, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta travisamenti, pervenendo alle seguenti ineccepibili conclusioni: - ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) "deve ritenersi che la sentenza di primo grado in punto responsabilita' di entrambi i prevenuti meriti conferma in quanto la loro appartenenza all'associazione di tipo mafioso e' dimostrata, nella sua fattuale consistenza, dalla partecipazione a diversi incontri di ndrangheta (5 quanto a (OMISSIS) e 4 quanto a (OMISSIS)). Si trattava di incontri o "summit" significativi in cui dovevano decidersi gli assetti della locale di Milano in rapporto alle altre locali e alla stessa Lombardia. Emerge chiaramente in questa disamina il livello piu' generale della Lombardia come struttura di collegamento fra le varie locali. In quest'ottica, all'incontro del 22 maggio 2008 presso il ristorante il Peperoncino, partecipano rappresentanti di altre locali, Cormano e Corsico: il destino della locale di Milano, il progettato "banco nuovo" coinvolge e riguarda anche gli altri locali, in un'ottica unitaria e collegata fra le varie locali. Deve poi notarsi che le cadenze temporali degli incontri cui partecipano (OMISSIS) e (OMISSIS) erano dilatate nel tempo (da settembre 2007 al febbraio 2009), il che denota una stabile e non occasionale appartenenza, sempre rivolta a stabilire assetti cruciali per il destino della locale e per i rapporti con gli altri sodali della Lombardia. Le modalita' degli incontri sono poi significative perche' essi sono spesso "blindati" cioe' assistiti da servizio d'ordine e organizzati nel corso di numerose telefonate, tutte con linguaggio criptico, per l'evidente ragione di depistare le forze dell'ordine e sfuggire ai controlli. Tanto prova l'elemento psicologico del reato, ovvero la coscienza e volonta' di appartenere ad un'associazione illecita in quanto mirante a perseguire scopi vietati dall'ordinamento, avvalendosi della forza di intimidazione che abbiamo visto caratterizza la Lombardia. (...). Attraverso la paziente ricostruzione delle conversazioni intercettate, anche se non direttamente attribuibili agli attuali imputati, la sentenza da conto del momento storico che vive la locale di Milano nel piu' generale contesto associativo della Lombardia e nel periodo in cui avvengono i summit fin qui citati, ovvero fra la fine del 2007 e l'inizio del 2009. Infatti, afferma la sentenza "la locale di Milano vede emergere la figura di (OMISSIS) (il pugliese) come l'uomo nuovo intorno al quale si stanno coagulando i consensi per la successione a (OMISSIS), che invece questi consensi sta irrimediabilmente perdendo. E dunque gli incontri che si tengono fra il dicembre 2008 e il gennaio 2009 per iniziativa dello stesso (OMISSIS), che chiede udienza presso (OMISSIS) - ossia il nuovo Mastro Generale della Lombardia - allo scopo di discutere le sorti della leadership della locale di Milano. A questi incontri (OMISSIS) si presenta sempre accompagnato dai propri fedelissimi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e la presenza di autorevoli esponenti di altro locale, quali (OMISSIS) e (OMISSIS) fa emergere in modo ancor piu' evidente come tutta la Lombardia seguisse con una certa attenzione la vicenda di (OMISSIS) e del suo locale". Ebbene tale ricostruzione, basata sulle obiettive risultanze investigative (intercettazioni, servizi di OPG, diretta osservazione degli operanti) merita condivisione"; - ( (OMISSIS) e (OMISSIS)): gli indicatori fattuali univocamente indicativi e convergenti nel far ritenere oltre ogni ragionevole dubbio che (OMISSIS) e (OMISSIS) sono a pieno titolo partecipi nel sodalizio ndranghetistico "La Lombardia", essendo in particolare attivi quali membri della locale di Erba nel perseguimento delle finalita' associative, sono cosi' riepilogati: "partecipazione di entrambi gli appellanti ad una cerimonia di affiliazione, nel corso della quale (OMISSIS) avrebbe "fatto uomo" il (OMISSIS) nell'ambito della locale di Varese, comprovata dalle parole in varie occasioni pronunciate anche dagli stessi imputati nel corso di conversazioni intercettate; attivita' di "protezione" mafiosa e predatoria, svolta per diversi anni, sicuramente dal 2006, da entrambi gli imputati nei confronti delle aziende del gruppo Perego, alla quale subentrera' (OMISSIS) nel 2008-2009 per volere della Calabria rappresentata dai capo-crimine all'epoca avvicendatisi (OMISSIS) (in sostituzione del padre (OMISSIS) allora latitante) e (OMISSIS), quale risulta dalle testimonianze, dalle intercettazioni e dalla relazione del curatore fallimentare delle societa' Perego; vicenda (OMISSIS), emblematica del metodo mafioso utilizzato per acquisire il controllo e la gestione di attivita' economiche, quello che (OMISSIS) definisce il virus che uccide impossibile da debellare una volta insinuatosi nell'organismo; vicenda che vede protagonista (OMISSIS) con il commercialista (OMISSIS), ma non del tutto estraneo (OMISSIS); attiva partecipazione da parte del (OMISSIS) a due tipi di condotta ritenuti dalla giurisprudenza significativi dell'agire mafioso e corrispondenti alle "regole sociali" indicate da (OMISSIS), quali l'assistenza economica di sodali detenuti e delle loro famiglie (episodio (OMISSIS) comprovato da intercettazioni e dalle stesse ammissioni dibattimentali del (OMISSIS)), nonche' il favoreggiamento della latitanza di due esponenti di vertice della ndrangheta calabrese - (OMISSIS) e (OMISSIS) delle famiglie Arena - Nicoscia - ricercati per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., in esecuzione della richiesta del capo-locale di Erba (OMISSIS), costituente oggetto dell'imputazione di cui al capo 82". La Corte di appello (f. 432 s. e f. 622 ss. della sentenza impugnata) ha anche dettagliatamente esaminato e puntualmente confutato le obiezioni difensive di rilievo. Con tali argomentazioni i ricorrenti in concreto non si confrontano adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, oltre su una considerazione soltanto parziale, pro' domo sua, delle imponenti risultanze acquisiste. La doglianza inerente alla presunta violazione del ne bis in idem, dalla Corte di appello esaurientemente esaminata confutata in premessa (f. 118 della sentenza impugnata), e', a sua volta, riproposta in termini assolutamente generici, oltre che meramente reiterativi. 30.5.5. Il quinto motivo non e' consentito, poiche' da tutti dedotto per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto dell'appello: esso non figura nel riepilogo nei motivi di appello (f. 421 per (OMISSIS) e (OMISSIS); f. 619 per (OMISSIS) e (OMISSIS)), la cui esaustivita' non e' contestata dai ricorrenti, come, in ipotesi, in caso di omessa pronuncia, sarebbe stato doveroso, a pena di a-specificita' del motivo, poiche' la tempestiva deduzione in appello di una violazione di legge maturata in primo grado costituisce presupposto per la sua deduzione in Cassazione ex articolo 606 c.p.p., u.c.: Sez. 2 , sentenza n. 9028 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 259066). 30.5.6. Il sesto motivo e' all'evidenza generico, di per se', oltre che in quanto reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 633 ss.), ha posto a fondamento della contestata affermazione di responsabilita', essenzialmente valorizzando le intercettazioni di conversazioni incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali non vengono documentati travisamenti. Nel caso di specie la fittizieta' delle intestazioni non era, peraltro, contestata, avendo l'appellante contestato univocamente la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, e le conclusioni in parte diverse alle quali la Corte di appello e' giunta in riferimento ai cespiti in contestazione sono state rapportate alle diverse date delle false intestazioni, prendendo atto - dove necessario - del deficit probatorio talora riscontrabile; si e', pertanto, correttamente ed incensurabilmente osservato che "i motivi di appello sono privi di fondamento, salvo per quanto riguarda la VE.CA srl, per la quale non puo' ritenersi raggiunta la prova di quegli "ulteriori elementi di fatto" che parte della giurisprudenza della S. Corte ritiene necessari nel caso di intestazione fittizia ad uno dei soggetti per i quali e' prevista la presunzione Legge n. 575/1965382, ex articolo 2 ter; ulteriori elementi di fatto che questa Corte, peraltro, valuta solo al fine di stabilire la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, unico profilo contestato dall'appellante. Trattandosi di reato istantaneo con effetti permanenti, per il quale il dolo va verificato al momento della falsa intestazione, la data della costituzione della societa', antecedente quella della citata telefonata ma anche quella delle condotte oggetto di specifica contestazione, non consente con certezza di escludere l'ipotesi difensiva di una falsa intestazione alla moglie finalizzata solo ad ottenere credito, essendo all'epoca il (OMISSIS) pluriprotestato, piuttosto che a sottrarsi a provvedimenti ablativi per fondatamente paventate misure di prevenzione. Alle stesse conclusioni non puo' pervenirsi per le altre due societa' "familiari" la CSM srl e la CAV Logistica srl, le cui quote erano detenute dalla VE.CA srl, societa' che l'imputato ammette di aver costituito per assicurare un futuro ai figli. Avuto infatti riguardo alla data di costituzione, rispettivamente 14/2/2008 e 18/3/2009, quest'ultima coincidente temporalmente con le preoccupazioni confidate dall'imputato al (OMISSIS) per temuti interventi sulle sue societa' da parte dell'A.G., in occasione dell'esecuzione delle misure cautelari del procedimento Isola interessanti anche suoi familiari, possono ritenersi sussistenti i citati "ulteriori elementi di fatto" capaci di dimostrare la finalita' elusiva dell'operazione di costituzione di dette societa'. (...). Sotto il profilo soggettivo, lo scopo genericamente indicato dall'imputato di assicurare un futuro ai figli non esclude la concorrente finalita' elusiva, mentre pretestuoso risulta il motivo che ostativo alla intestazione al (OMISSIS) sarebbe stato l'intervenuto fallimento della Megna sas, societa' all'epoca pienamente operativa come dimostra l'utilizzo della carta di credito alla stessa intestata per il noleggio dell'auto destinata ai latitanti. Ne' e' necessario per la configurabilita' del reato che un procedimento di prevenzione sia avviato, posto che l'oggetto giuridico del delitto di trasferimento fraudolento di valori si identifica con l'interesse ad evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione. Quanto alla X Files srl, costituita in data ancor piu' antecedente rispetto alla VE.CA, la fittizia intestazione a (OMISSIS) e (OMISSIS), in assenza di plausibilmente prospettate finalita' diverse rispetto a quella di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, e' di per se' sufficiente ad integrare il delitto contestato, dovendosi ritenere che gia' all'epoca il (OMISSIS), agendo in situazione di illiceita' nel contesto di criminalita' organizzata accertato, potesse fondatamente prevedere interventi dell'AG, anche di natura ablativa, come esplicitamente affermera' nel 2009 confidando al commercialista (OMISSIS) il suo timore che gli inquirenti possano focalizzare la loro attenzione sulle societa' da lui utilizzate; tale conclusione risulta avvalorata dal sistematico ricorso del (OMISSIS) a prestanome, per svolgere la sua attivita'"imprenditoriale". Circa la sostanziale riferibilita' di detta societa' al (OMISSIS), che ne gestiva la cassa (nella conversazione 10/3/2009 chiede l'integrale accredito dei bonifici pervenuti) oltre che i blocchetti di assegni (a lui vengono chiesti dal Di Giovanni il 23/3/2009), privo di consistenza risulta l'unico argomento difensivo volto a giustificare l'ingerenza dell'imputato, con l'intento di dare una mano al giovane amministratore inesperto, tenuto altresi' conto del fatto, per il quale non e' stata proposta spiegazione plausibile, che i due soci fossero residenti a Massa Carrara e che in tale citta' fosse stabilita la sede della societa' presso lo studio (OMISSIS), ove prestava la sua attivita' il (OMISSIS). Argomento finale e decisivo per dissipare ogni dubbio in ordine alla responsabilita' dell'imputato, e' fornito dal contenuto della telefonata piu' volte citata con la quale (OMISSIS) ribadisce al (OMISSIS) la necessita' di ricorrere allo schermo delle intestazioni fittizie per coloro che siano sospettati di appartenere alla ndrangheta al fine di evitare che gli inquirenti "vedendo la GAV o la X FILES si facciano i film", posto che in televisione si parla di infiltrazioni nel mondo imprenditoriale". Sono state poi specificamente esaminate e puntualmente confutate (f. 636 ss.) le obiezioni difensive inerenti all'intestazione della villa bifamiliare di Tortona sub capo F). Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, oltre che su una considerazione soltanto parziale, pro domo sua, delle imponenti risultanze acquisiste. 30.5.7. - 30.5.8. Il settimo e l'ottavo motivo sono, per le medesime ragioni, generici e meramente reiterativi, a fronte delle corrette ed incensurabili argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello ha confermato la valutazione di configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 2991, articolo 7 per i reati di cui ai capi E) (f. 635 s. della sentenza impugnata) ed 82 (f. 631 s. della sentenza impugnata). 30.5.9. Il nono motivo e', per le medesime ragioni, generico e meramente reiterativo, a fronte delle corrette ed incensurabili argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello ha confermato la contestata affermazione di responsabilita' (f. 632 della sentenza impugnata), valorizzando il contenuto di una conversazione intercettata incensurabilmente interpretata, in difetto di documentati travisamenti. 30.5.10. Il decimo motivo e', per le medesime, ragioni, generico e meramente reiterativo, a fronte delle corrette ed incensurabili argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello ha parzialmente negato al (OMISSIS) il riconoscimento della continuazione con -, reati separatamente giudicati (f. 639 della sentenza impugnata), in difetto di sufficienti elementi (che, in verita', lo stesso ricorrente non indica convincentemente) dimostrativi della medesimezza del disegno criminoso in relazione ad un reato ambientale risalente al 2007 e senz'altro disomogeneo rispetto alle odierne imputazioni. 30.5.11. L'undicesimo motivo (comune) e', per le medesime ragioni, generico e meramente reiterativo, a fronte delle corrette ed incensurabili argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello ha motivato le contestate statuizioni valorizzando: - per (OMISSIS) e (OMISSIS), in difetto di elementi sintomatici della necessaria meritevolezza, neanche indicati nell'atto di appello (la pena era gia' stata determinata con riferimento al minimo edittale, e la recidiva del (OMISSIS) non era stata impugnata); - per (OMISSIS) e (OMISSIS), in considerazione della gravita' soggettiva ed oggettiva dei reati accertati (pur diversificata per ciascuno di essi), e dei rilevanti precedenti penali di ciascuno. 31. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. 2. 3. 4. 5. 7. 15. - limitatamente alle distrazioni intervenute a partire dal 31 agosto 2008 - 18., unificati dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni quindici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha: - ritenuto unificati nel capo 2. - ipotesi aggravata L.F., ex articolo 219 - i fatti-reati di cui ai capi 3) e 4); - ritenuto unificato nel capo 7. i fatti-reati di cui al capo 18); - confermato la sentenza di primo grado quanto alle ulteriori affermazioni di responsabilita'; - ridotto la pena ad anni tredici, mesi otto e giorni dieci di reclusione; - disposto le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. Capi d'imputazione relativi al proc. pen. n. 47816/08 mod 21 (indagine "TENACIA" riunito al presente procedimento: ordinanza di custodia cautelare del 6 luglio 2010. Reati fallimentari (OMISSIS) - (OMISSIS) (capo C della misura cautelare). 2. articoli 110 c.p., articolo 219 c.p., comma 1, comma 2 n. 1, Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', nelle qualita' di cui sopra (OMISSIS) quale amministratore di fatto, in concorso tra loro e con persone non identificate, falsificando il bilancio al 31.12.08 della Perego General Contractor srl al 31.12.08, approvato in data 28.4.09 (come qui di seguito indicato), continuando ad operare nonostante la societa' avesse perso il capitale sociale e fosse pertanto emersa una causa di scioglimento, in palese violazione del divieto di cui all'articolo 2449 c.c. (oggi articolo 2485 c.c.), aggravavano il dissesto della societa' per un importo pari a euro 4.153.926,00. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 21.12,09, data della dichiarazione di fallimento della Pereqo General Contractor srl. (OMISSIS) - (OMISSIS). 3. articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 2, articolo 223, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, poiche' in concorso tra loro e nelle qualita' sopra descritte, con lo scopo di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, falsificavano le scritture contabili e tenevano i libri e le scritture contabili della Perego General Contractor srl in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e il movimento degli affari e in particolare: Falsificavano i bilanci meglio indicati al capo 1. utilizzavano il conto "Crediti vs altri soggetti" per occultare operazioni distrattive e in particolare la corresponsione di euro 80.000,00 a favore di (OMISSIS) e euro 3.820,00 a favore di (OMISSIS) nonche' per effettuare prelievi di denaro a favore dio soggetti non identificati. utilizzavano il conto "Debiti vs altri soggetti" per registrare pagamenti ricevuti da soggetti non identificati Con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa. In Lecco il 21.12.09, data della dichiarazione di fallimento della Perego General Contractor srl. (OMISSIS) - (OMISSIS) ( capo D della misura cautelare 1. 4. articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1, articolo 223, comma 1, articolo 219, comma 1, comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, con (OMISSIS), (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS), nelle qualita' di cui sopra, distraevano dalle casse sociali della Perego General Contractor srl e dissipavano il patrimonio sociale mediante le operazioni qui di seguito indicate: a) Noleggiavano dalla Parking Gramsci srl e CTR Renting Motorsport srl auto di lusso (Audi RS6 ((OMISSIS)), Hummer H2 ((OMISSIS)), Ferrari 430 ((OMISSIS)), BMW M3 ((OMISSIS)), Mercedes R320CDI ((OMISSIS)), Lamborghini Gallardo Spider ((OMISSIS)), BMW M6 ((OMISSIS)), Porsche Cayenne Magnum ((OMISSIS)) sostenendo in tal modo spese non inerenti all'attivita' di impresa per un ammontare complessivo di euro 149.192,00 ( (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS)); b) Distraevano dalle casse sociali la somma di euro 80.000,00 versandola all'avv.to (OMISSIS) il quale aveva procurato un falso titolo della Royal Bank of Scotland per compiere il fittizio aumento di capitale sociale della Cosbau spa, operazione meglio descritta al capo che segue ( (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS)); c) Distraevano dalle casse sociali la somma di euro 38.000,00 mediante la seguente operazione: Co. Mer spa, che risultava debitrice nei confronti di Perego General Contractor spa, su indicazione di (OMISSIS) ha ridotto la propria esposizione debitoria versando la somma di euro 38.000,00 a favore dell'avv.to (OMISSIS) ( (OMISSIS)Di Bisceglie Roberto (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Pavone Andrea(OMISSIS)Perego Ivano(OMISSIS)Perego Elena (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Perego Ivano (OMISSIS)Pavone Andrea (OMISSIS)Oliviero Antonio (OMISSIS)Di Bisceglie Roberto (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS). 5. articolo 110 cp., articoli 56 e 81 c.p., articolo 2632 c.c., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', nella qualita' di cui sopra, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e con altre persone allo stato non identificate, mediante l'operazione qui di seguito descritta compivano atti idonei diretti in modo non equivoco ad aumentare fittiziamente il capitale sociale della Cosbau spa, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla loro volonta'. a) In data 12.8.09 Cosbau spa delibera un aumento di capitale sociale pari a euro 10.000.000,00. b) In data 12.8.09 Pharaon Group Italia srl, (costituita ad hoc il 6.8.09, amministrata da (OMISSIS) dal 16.10.09, controllata da Pharaon Management Ltd, a sua volta posseduta da (OMISSIS)) sottoscrive l'aumento di capitale sociale di cui al punto che precede, promettendo di dare in garanzia un falso titolo della Royal Bank of Scotland asseritamente concesso in affitto, procurato da (OMISSIS) (che ha ricevuto un compenso di euro 330.000,00) e attestato come vero da (OMISSIS), che redige perizia depositata in data 8.10.09 presso il Tribunale di Milano. c) In data 17.12.09 Royal Bank of Scotland comunica che la documentazione relativa al deposito del titolo di garanzia e' contraffatta. d) Il 22.1.10 Cosbau spa rettifica l'aumento di capitale. Con l'aggravante, per (OMISSIS) e (OMISSIS), di aver commesso il fatto al fine di favorire il sodalizio criminoso. In Mezzocorona (Trento) nel 2009. MODIFICA DELL'IMPUTAZIONE ai sensi dell'articolo 516 c.p.p. e nuova contestazione ai sensi dell'articolo 517 c.p.p. (P.M. udienza 27/9/12). (OMISSIS) - (OMISSIS). 7) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1, articolo 216, comma 3, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 poiche', nella qualita' sopra indicata, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (amministratore di fatto e poi liquidatore della PGC e della F.lli Oricchio s.n.c.), distraevano a favore delal PETREGI GENERAL CONTRACTOR, della PEREGO STRADE, della IRIS s.r.l. e soggetti a loro vicini le somme in dettaglio indicate a f. LXIV della sentenza impugnata. Con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita', di aver commesso piu' fatti di bancarotta e di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa di cui al capo 1). In Lecco sentenza dichiarativa di fallimento del 6.7.2009. (OMISSIS) - (OMISSIS). 15) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 - articolo 219, articolo 223, comma 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, poiche', nelle qualita' sopra indicate, in concorso con (OMISSIS), distraevano dalle casse sociali della PEREGO STRADE SRL e dissipavano il patrimonio sociale mediante la concessione di ingenti crediti alle altre societa' del gruppo e segnatamente alla PEREGO HOLDING SPA, COSTRUZIONE ALPE SRL, IRIS SRL, nel corso degli esercizi 2008-2009, quando tali societa' erano ormai decotte, per complessivi euro 1.131.537,69 pari all'importo dei crediti concessi al netto. Con le aggravanti di aver cagionato un danno di rilevante gravita' e di aver commesso piu' fatti di bancarotta. Con l'aggravante, per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 14.9.2009, data della dichiarazione di fallimento della PEREGO STRADE. (OMISSIS). 18) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1, articolo 216, comma 3, articolo 219, comma 2, n. 1 poiche', in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e nelle qualita' sopra riferite, prima e durante la procedura fallimentare della F.lli Oricchio s.n.c, allo scopo di favorire alcuni creditori e a danno degli altri, eseguiva pagamenti tramite movimentazioni registrate sul conto corrente n. (OMISSIS), nel periodo 1 gennaio - 28 maggio 2009, con operazioni aventi quale contropartita contabile la voce "soci c/finanziamenti" (mastro n. (OMISSIS)), e una diminuzione del debito verso i soci per complessivi euro 127.236,78 dovuta: a prelievi in contanti, genericamente descritti come "prelievo soci", quanto ad euro 54.577,01; a pagamenti eseguiti dalla societa' a favore dei soci, di societa' a questi riconducibili ovvero di altri membri della famiglia Oricchio, per complessivi euro 31.389,00; a pagamenti eseguiti dalla societa' a favore di soggetti terzi per euro 41.270,77. Con l'aggravante di aver commesso piu' fatti di bancarotta preferenziale. In Lecco sentenza dichiarativa di fallimento del 6.7.2009. 31.1. La difesa denuncia violazione, sotto piu' profili, dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), deducendo quanto segue: - (capo 1) l'appartenenza del (OMISSIS) ad una consorteria mafiosa facente capo a (OMISSIS) valorizzando rapporti anche con un gruppo facente capo a (OMISSIS) ed incontri intervenuti nel novembre - dicembre 2008 sarebbe stata sconfessata dall'intervenuto annullamento con rinvio della sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria riguardante l'esistenza della cosca di ndrangheta riconducibile al predetto, (OMISSIS); ripercorre in 20 pagine di ricorso (ff. 6 - 25) i passaggi della motivazione posta a fondamento dell'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 1., evidenziandone in piu' punti presunti vizi motivazionali; - capo 2) - ipotesi aggravata L.F., ex articolo 219 - in esso unificati i fatti-reati di cui ai capi 3) e 4) la Corte di appello non ha chiarito chi era titolare del potere-dovere di redazione del bilancio; per quanto riguarda la stima (ex articolo 2426 c.c.) dei crediti nei confronti di societa' correlate esposti in bilancio, lamenta che il superamento della soglia di punibilita' secondo le stime del P.M. era avvenuto in misura irrisoria (937,00 Euro), "del tutto insignificante a fronte della conclamata assenza di parametri significativi ai quali correlare la percentuale di abbattimento del credito" (f. 29 del ricorso); inoltre, i residui crediti vantati verso PEREGO STRADE s.r.l., e corrispondenti alle anticipazioni per TFR e competenze stipendiarle versi i dipendenti di quest'ultima, non necessitavano dell'abbattimento; analoga censura vale con riferimento alla ritenuta falsita' del bilancio per l'esercizio 2008, rappresentata dalla censura dell'iscrizione nei relativi conti d'ordine delle poste denominate "TFR PEREGO STRADE" e "debiti verso dipendenti" sempre riferito alla predetta PEREGO STRADE; in conclusione, considerato che sarebbe "stravagante" procedere alla svalutazione dei propri crediti al cospetto del maggior debito assunto nei confronti del medesimo soggetto, dovrebbe ritenersi inesigibile una svalutazione dei crediti direttamente vantati verso la collegata PEREGO STRADE s.r.l., ne' dell'appostazione di un fondo rischi connesso all'obbligo di garanzia assunto in luogo della mera indicazione dello stesso nei conti d'ordine: di qui, il dedotto vizio di motivazione ed il travisamento dei dati contabili; - (capo 3) lamenta la lacunosita' della motivazione attraverso la quale la Corte di appello ha inteso dimostrare che il (OMISSIS) fosse amministratore di fatto della fallita societa'; - (capo 4) contesta perche' non rispondente ai dati probatori emersi le conclusioni della Corte di appello che ha ritenuto motivo di ingiustificato depauperamento del patrimonio della societa' fallita il noleggio di autovetture di lusso asseritamente utilizzate come benefit; immotivato e' stato anche l'assunto relativo alla distrazione della somma 80.000,00 euro, in realta' costituente vantaggio compensativo intergruppo ex articolo 2634 c.c., comma 3; - (capo 5) lamenta che la strategia che aveva portato all'acquisizione della COSBAU fosse riconducibile al salvataggio della PGC, e che non fosse in cio' enucleabile alcuna condotta truffaldina; ne' risultava provata l'esistenza di sinergie tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in relazione a tale operazione; - (capo 15) contesta l'attribuzione della qualifica di amministratore di fatto all'epoca delle contestate distrazioni; - (capo 18 e capo 7) le contestazioni sarebbero state fatte all'imputato "nella qualita' sopra indicata" ovvero di partecipe all'associazione di tipo mafioso di cui al capo 1, in realta' del tutto irrilevante ai fini de quibus; ne' sarebbe stato diversamente individuato il contributo in ipotesi fornito ai reati dall'imputato; all'uopo non poteva neanche essere valorizzato - in virtu' delle acquisite dichiarazioni di (OMISSIS), della dipendente (OMISSIS) e dell'escavatorista (OMISSIS), che ripercorre - il presunto ruolo di amministratore di fatto della FRATELLO ORICCHIO s.n.c; - (per tutti) contesta il mancato riconoscimento della attenuanti generiche, l'eccessivita' della pena, l'individuazione del reato piu' grave e conseguentemente della pena base e la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7. 31.2. Il ricorso e' in toto inammissibile. 31.2.1. Le plurime ed eterogenee doglianze del ricorrente sono all'evidenza generiche, in quanto reiterative, e comunque manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (sempre giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello ha posto a fondamento delle contestate statuizioni affermazioni di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta decisivi travisamenti, nonche' prove testimoniali e documentali inoppugnabili. 31.2.2. Per quanto riguarda l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 1) (f. 731 ss. e 793 ss. della sentenza impugnata), la Corte di appello ha richiamato gli elementi gia' valorizzati per ritenere la mafiosita' del c.d. gruppo STRANGIO in relazione alla affine posizione del coimputato (OMISSIS) (cfr. 32 ss. di questa sentenza), ed ha condiviso le argomentazioni poste dal primo giudice a fondamento della ritenuta intraneita' del (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo 1): " (OMISSIS) assume un ruolo ben preciso nell'organizzazione mafiosa: egli e' il mediatore tra la ndrangheta e il mondo imprenditoriale. Un ruolo di particolare rilievo perche' finalizzato all'infiltrazione della criminalita' organizzata in settori imprenditoriali funzionali alla realizzazione degli obiettivi del sodalizio (profitto, controllo economico del territorio, potenzialita' espansive in settori "puliti" - riciclaggio, ecc.). Il ruolo e' abilmente svolto da (OMISSIS) in virtu' della sua "nota" fama di faccendiere senza scrupoli, bancarottiere di professione, oltre che abile truffatore (gia' ben delineata da (OMISSIS) nella riportata conv. del 2.1.2009). Il ruolo e' esercitato di fatto, oltre che in Perego, anche nelle altre societa' di cui al capo di imputazione (Vanzulli, Cosbau, Cega, Oricchio, ecc.), e sempre in esecuzione del piu' vasto piano criminale del sodalizio, come testimonia la presenza costante di affiliati della ndrangheta che (OMISSIS) inserisce in queste societa', a vario titolo (titolari di quote: (OMISSIS), (OMISSIS) - (OMISSIS); addetti alla protezione: (OMISSIS), (OMISSIS); addetti alla gestione contabile: (OMISSIS), (OMISSIS); ecc.). L'intraneita' di (OMISSIS) si desume anche dalla sua storia pregressa: si ricordano i precedenti traffici di droga con (OMISSIS), da cui originava l'ingente debito che doveva poi restituire (cosi' dichiarazioni (OMISSIS))". Ha poi precisato che a nulla rileva l'assenza di condotte stricto sensu mafiose soggettivamente ascrivibili al (OMISSIS), ed evidenziando che la difesa aveva trascurato di considerare che "carattere fondamentale dell'associazione per delinquere di tipo mafioso va individuato nella forza intimidatrice che da essa promana: la consorteria deve, infatti, potersi avvalere della pressione derivante dal vincolo associativo, nel senso che e' l'associazione e soltanto essa, indipendentemente dal compimento di specifici atti di intimidazione da parte dei singoli associati, ad esprimere il metodo mafioso e la sua capacita' di sopraffazione, Essa rappresenta l'elemento strumentale tipico del quale gli associati si servono in vista degli scopi propri dell'associazione, E', pertanto, necessario che l'associazione abbia conseguito, in concreto, nell'ambiente circostante nel quale essa opera, una effettiva capacita' di intimidazione e che gli aderenti se ne siano avvalsi al fine di realizzare il loro programma criminoso. La connotazione della partecipazione, infatti, e' data dal "far parte" del sodalizio, senza che possa assumere rilievo (...) anche il quantum da ciascuno dei partecipi utilizzato per far acquistare all'associazione la forza intimidatrice". E' stata ritenuta non decisiva per escludere la qualifica di intraneo ascritta al (OMISSIS) la sua mancata partecipazione a summit od altri incontri di mafia: "Invero la partecipazione ad incontri o summit di mafia puo' costituire indicatore fattuale sintomatico dell'intraneita', ma la sua assenza - di contro - non puo' essere assunta quale elemento di prova critica negativa, idonea cioe' a dimostrare l'inesistenza dei fatti affermati dall'accusa. Ritenere cio', significherebbe avvalorare la indimostrata ed indimostrabile premessa di ordine logico che la mancata partecipazione a riunioni di mafia o summit qualifichi l'estraneita' ad un sodalizio di mafia. Si tratta, a ben vedere, di una prospettazione errata sul piano logico e metodologico. Si aggiunga, inoltre, che nella condotta attribuita a questo imputato e che connota la sua partecipzione al sodalizio, non e' affatto contestata la partecipazione ad incontri o summit, sicche' l'argomento e' persino inconferente in chiave probatoria". Sono state, inoltre, disattese le censure miranti ad avvalorare un ruolo autonomo del (OMISSIS), ed a ricondurre alla sfera amicale il suo rapporto con lo (OMISSIS): "A fronte della mole imponente del materiale probatorio che ha consentito al Tribunale una analitica e dettagliata ricostruzione dei rapporti di (OMISSIS) con i membri del sodalizio, del suo ingresso in Perego, e poi dei tentativi di scalata nelle altre societa' (Cega, Vanzulli, Cosbau, Oricchio) in esecuzione dei piani concordati con (OMISSIS), prima, e con (OMISSIS) poi, l'appello si limita a riportare, in maniera confusa e disorganica, singole espressioni tratte da conversazioni intercettate o da deposizioni testimoniali, ritenute conformi alla tesi difensiva. Il frazionamento del materiale probatorio e l'omessa specifica censura sia dell'iter logico-motivazionale della impugnata decisione che degli elementi portanti, non consentono di ravvisare argomentazioni valide a confutazione dell'assunto accusatorio". La Corte di appello ha successivamente esaminato dettagliatamente e confutato puntualmente le obiezioni difensive di rilievo riguardanti: - i rapporti tra il (OMISSIS) e gli altri sodali (f. 795 ss.); - il ruolo in concreto ricoperto dal (OMISSIS) (f. 798 ss.); - il ruolo di amministratore di fatto assunto nell'ambito delle societa' PEREGO fallite; 31.2.3. Per quanto riguarda l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 2), con i motivi di appello erano state essenzialmente contestate le stime conclusivamente addotte a fondamento della ritenuta sussistenza della materialita' del reato (ed incensurabilmente ritenute corrette), piu' che il soggettivo coinvolgimento dell'iputato nella vicenda come amministratore di fatto; la Corte di appello (f. 747 ss. della sentenza impugnata) ha dettagliatamente esaminato le doglianze difensive, confermando l'affermazione di responsabilita' sulla base di argomentazioni corrette, nonche' esaurienti, logiche, non contraddittorie, e, pertanto, incensurabili in questa sede. 31.2.4. Per quanto riguarda l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 3), la Corte di appello (f. 752 ss. della sentenza impugnata) ha osservato incensurabilmente che: "Le risultanze processuali, analiticamente esposte dal Tribunale, hanno consentito di provare il ruolo svolto da (OMISSIS) di amministratore di fatto delle societa' rimaste coinvolte nei fatti di causa, al quale e' - poi - ricondotta la conseguente responsabilita' per gli illeciti fallimentari in considerazione. Le univoche testimonianze dei dipendenti, nonche' del curatore (OMISSIS), la valutazione della intervenuta trasmissione della bozza di bilancio della fallita PGC dal commercialista (OMISSIS) a (OMISSIS), nonche' gli atti di assunzione, il documento 14.7.09 (che attribuisce a (OMISSIS) funzioni direttive), l'ingente determinazione dei compensi a lui attribuiti oltre 400.000,00 Euro) pagati senza alcuna apparente causale (non risulta alcun contratto di consulenza), i pagamenti effettuati in via esclusiva dall'imputato con fondi pec a terzi estranei ( (OMISSIS)) e risultati di natura distrattiva (Capo 4 lettera c), sono elementi di univoca e grave valenza indiziaria, a riscontro del ruolo assunto da (OMISSIS), rimasti non confutati dall'appello. Nella fattispecie in esame, la corresponsabilita' di (OMISSIS) quale amministratore di fatto della fallita pec, e' affermata con riferimento ad una ipotesi di bancarotta documentale integrata da reati societari di falsita' in bilancio e comunicazioni sociali, che e' condotta propedeutica e funzionale alle finalita' perseguite dall'imputato, anche nella piu' ampia cornice del sodalizio di appartenenza. AI riguardo, si ricorda che l'ingerenza di (OMISSIS) nella gestione anche contabile della societa' e' ampiamente provata dalla scelta - a lui riferibile - di persone di fiducia poste a direzione dell'attivita' amministrativa delle societa' (segnatamente a (OMISSIS) all'epoca di (OMISSIS), a (OMISSIS) all'epoca dell'ingresso di (OMISSIS)). Risulta, infine, dalla testimonianza della dipendente (OMISSIS), che lo studio (OMISSIS) - che curava nel 2008 la contabilita' pec - trasmise a (OMISSIS) la bozza di bilancio con nota integrativa e la relazione sulla gestione, che fu completata proprio da (OMISSIS). Prima della chiusura di bilancio, risulta che il commercialista chiese insistentemente di parlare con (OMISSIS). Quanto, infine, alla circostanza della presenza di un commercialista e poi del liquidatore in pec, richiamata dalla difesa a discarico, si tratta di un dato fattuale che non esclude la responsabilita' dell'amministratore della fallita per la bancarotta documentale, come da uniforme e costante giurisprudenza di legittimita'. (...). Neppure viene contestata dall'appellante in fatto, la distrazione di somme versate in favore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), utilizzando le voci di bilancio crediti e debiti vs. altri soggetti, pure oggetto del presente capo d'imputazione, ed indicativa, anch'essa, dell'interesse di questo imputato alla fraudolenta manipolazione delle risultanze di bilancio in funzione degli scopi perseguiti, estranei all'oggetto sociale". 31.2.5. Per quanto riguarda le doglianze ulteriori, la Corte di appello ha, ancora una volta, confermato le affermazioni di responsabilita' sulla base di argomentazioni corrette, nonche' esaurienti, logiche, non contraddittorie, e, pertanto, incensurabili in questa sede, alle quali non puo' che farsi rinvio, previo dettagliato esame delle obiezioni difensive di rilevo: - f. 756 della sentenza impugnata quanto all'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 4); - f. 760 della sentenza impugnata quanto all'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 5); - f. 773 della sentenza impugnata quanto all'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 15), con rinvio anche a quanto premesso in ordine al coinvolgimento nelle vicende de quibus nella contestata qualita' di amministratore di fatto; - f. 776 s., 778, 786 ss. della sentenza impugnata quanto all'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui ai capi 18) e 7). 31.2.5.1. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, oltre su una considerazione soltanto parziale, pro domo sua, delle imponenti risultanze acquisiste. 31.2.6. Estremamente generico e', infine, l'ultimo motivo, con il quale il ricorrente contesta genericamente il mancato riconoscimento della attenuanti generiche (negate in difetto di profili di meritevolezza, oltre che all'evidenza in considerazione di quanto premesso in ordine al numero ed alla gravita' dei reati accertati) l'eccessivita' della pena (ma cfr. f. 805 s.), l'individuazione del reato piu' grave e conseguentemente della pena base (ma quod poenam era pacificamente piu' grave, in considerazione del superiore minimo edittale, posto a base del computo finale, il reato ritenuto tale dalla Corte di appello, che ha comunque rinviato anche a quanto premesso in generale in argomento a f. 139 ss.) e la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 (f. 807 quanto alla incensurabilmente ritenuta inammissibilita', in parte qua, dell'appello per genericita'). 32. Ricorsi di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. 2. 3. 4. esclusa la distrazione sub c). 6. 7. limitatamente ai pagamenti in favore della PGC s.r.l. - Perego strade s.r.l. - Iris s.r.l. - Perego Group s.r.l. - (OMISSIS). 8. 9. limitatamente ai pagamenti in favore della PGC s.r.l.. 10. 11. 15. 17., con esclusione della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 contestata sub 6. e 10., unificati dal vincolo della continuazione, e condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha: riqualificato la ritenuta partecipazione al reato associativo di cui al capo 1. come mero "concorso esterno" ex articoli 110 e 416 bis c.p.; ritenuto unificati nel capo 2. - ipotesi aggravata L.F., ex articolo 219 - i fatti-reati di cui ai capi 3., 4. e 17.; ritenuto unificati nel capo 15. - ipotesi aggravata L.F., ex articolo 219 - i fatti-reati di cui al capo 8.; confermato la sentenza di primo grado quanto alle ulteriori affermazioni di responsabilita', riducendo la pena ad anni dieci e mesi undici di reclusione. Con riguardo al reato associativo, come riqualificato, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. Capi d'imputazione relativi al proc. pen. n. 47816/08 mod 21 (indagine "TENACIA" riunito al presente procedimento: ordinanza di custodia cautelare del 6 luglio 2010. Reati fallimentari. (OMISSIS) - (OMISSIS) (capo C della misura cautelare). 2) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 219, comma 1, comma 2, n. 1, articolo 223, comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', nelle qualita' di cui sopra (OMISSIS) quale amministratore di diritto e/o direttore tecnico, in concorso tra loro e con persone non identificate, falsificando il bilancio al 31.12.08 della Perego General Contractor srl al 31.12.08, approvato in data 28.4.09 (come qui di seguito indicato), continuando ad operare nonostante la societa' avesse perso il capitale sociale e fosse pertanto emersa una causa di scioglimento, in palese violazione del divieto di cui all'articolo 2449 c.c. (oggi articolo 2485 c.c.), aggravavano il dissesto della societa' per un importo pari a euro 4.153.926,00. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 21.12.09, data della dichiarazione di fallimento della Perego General Contractor srl. (OMISSIS) - (OMISSIS). 3) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 2., articolo 223, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, poiche' in concorso tra loro e nelle qualita' sopra descritte, con lo scopo di procurare a se' o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, falsificavano le scritture contabili e tenevano i libri e le scritture contabili della Perego General Contractor srl in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e il movimento degli affari e in particolare: Falsificavano i bilanci meglio indicati al capo 1. utilizzavano il conto "Crediti vs altri soggetti" per occultare operazioni distrattive e in particolare la corresponsione di euro 80.000,00 a favore di (OMISSIS) e euro 3.820,00 a favore di (OMISSIS) nonche' per effettuare prelievi di denaro a favore dio soggetti non identificati. utilizzavano il conto "Debiti vs altri soggetti" per registrare pagamenti ricevuti da soggetti non identificati Con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa. In Lecco il 21.12.09, data della dichiarazione di fallimento della Perego General Contractor srl. (OMISSIS) - (OMISSIS) (capo D della misura cautelare). 4) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1, articolo 223, comma 1, articolo 219, comma 1, comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, con (OMISSIS), (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS), nelle qualita' di cui sopra, distraevano dalle casse sociali della Perego General Contractor srl e dissipavano il patrimonio sociale mediante le operazioni qui di seguito indicate: e) Noleggiavano dalla Parking Gramsci srl e CTR Renting Motorsport srl auto di lusso (Audi RS6 ((OMISSIS)), Hummer H2 ((OMISSIS)), Ferrari 430 ((OMISSIS)), BMW M3 ((OMISSIS)), Mercedes R320CDI ((OMISSIS)), Lamborghini Gallardo Spider ((OMISSIS)), BMW M6 ((OMISSIS)), Porsche Cayenne Magnum ((OMISSIS)) sostenendo in tal modo spese non inerenti all'attivita' di impresa per un ammontare complessivo di euro 149.192,00 ( (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS)). f) Distraevano dalle casse sociali la somma di euro 80.000,00 versandola all'avv.to (OMISSIS) il quale aveva procurato un falso titolo della Royal Bank of Scotland per compiere il fittizio aumento di capitale sociale della Cosbau spa, operazione meglio descritta al capo che segue ( (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS)). g) Distraevano dalle casse sociali la somma di euro 38.000,00 mediante la seguente operazione: Co. Mer spa, che risultava debitrice nei confronti di Perego General Contractor spa, su indicazione di (OMISSIS) ha ridotto la propria esposizione debitoria versando la somma di euro 38.000,00 a favore dell'avv.to (OMISSIS) ( (OMISSIS)Di Bisceglie Roberto (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS)Pavone Andrea(OMISSIS)Perego Ivano(OMISSIS)Perego Elena (OMISSIS) (OMISSIS)Perego Ivano (OMISSIS)Pavone Andrea (OMISSIS)Oliviero Antonio (OMISSIS)Di Bisceglie Roberto (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS). 6) articolo 110 c.p., articolo 81 c.p., articolo 2632 c.c., Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con (OMISSIS) e con altre persone non identificate, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, aumentava fittiziamente il capitale sociale della Perego Strade srl attraverso la seguente operazione integrante rilevante sopravvalutazione dei beni conferiti: a) In data 30 maggio 2007 Perego Strade srl ha deliberato l'aumento del capitale sociale da euro 2 milioni a euro 5 milioni; b) Tale aumento e' stato sottoscritto mediante conferimento della azienda (costituita dalla cava per estrazione di sabbia e ghiaia ubicata nel comune di Ghislarengo) della Iris srl (posseduta in via totalitaria dalla Perego Holding spa) a cui e' stato dato un valore pari a euro 4.100.000,00 come da relazione di stima a firma dott. (OMISSIS), che ha notevolmente sopravvalutato il valore del bene per un importo di euro 3.014,650,00; c) il valore dell'azienda conferita e' stato iscritto quanto ad euro 3 milioni ad incremento del capitale sociale, mentre la residua parte di euro 1.100.000,00 e' stata accantonata tra le "altre riserve". La partecipazione in Iris s.r.l. e' stata iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie per un importo di soli euro 1.500.000,00; e' stato poi stanziato un apposito fondo di svalutazione di complessivi euro 2.600.000,00. Con l'aggravante, per (OMISSIS), di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Cassago Brianza 3.5.07. MODIFICA DELL'IMPUTAZIONE ai sensi dell'articolo 516 c.p.p. e nuova contestazione ai sensi dell'articolo 517 c.p.p. (P.M. udienza 27/9/12). (OMISSIS) - (OMISSIS). 7) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1, articolo 216, comma 3, articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 poiche', nella qualita' sopra indicata, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (amministratore di fatto e poi liquidatore della PGC e della F.lli Oricchio s.n.c), distraevano a favore della PETREGI GENERAL CONTRACTOR, della PEREGO STRADE, della IRIS s.r.l. e soggetti a loro vicini le somme in dettaglio indicate a f. LXIV della sentenza impugnata. Con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita', di aver commesso piu' fatti di bancarotta e di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa di cui al capo 1). In Lecco sentenza dichiarativa di fallimento del 6.7.2009. (OMISSIS). 8) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, articolo 219, comma 1, articolo 223, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con (OMISSIS), mediante la stipulazione di un contratto di affitto dell'azienda di Perego Strade srl (rappresentata da (OMISSIS)) a Perego General Contractor srl (rappresentata da (OMISSIS)), contratto stipulato in previsione del fallimento di Perego Strade srl ed allo scopo di trasferire la disponibilita' di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto giuridico, distraevano dal patrimonio di Perego Strade srl la somma di euro 428.218,64, pari all'ammontare di canoni di affitto dell'azienda non corrisposti. Con le aggravanti di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita' e, per (OMISSIS), di aver commesso il fatto al fine di agevolare l'associazione mafiosa. In Lecco il 14.9.09, data dell'intervenuto fallimento di Perego Strade srl. (OMISSIS). 9) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 223, comma 1, articolo 216, comma 3, articolo 219, comma 2, n. 1 poiche', in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (il primo liquidatore, il secondo AU e poi liquidatore di EDIL SAFA ed il terzo amministratore di fatto e liquidatore), prima del fallimento della EDIL SAFA s.r.l., allo scopo di favorire alcuni creditori, e a danno degli altri, eseguiva pagamenti preferenziali qui di seguito meglio indicati: Con le aggravanti di aver commesso piu' fatti di bancarotta e, limitatamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), di aver commesso i fatti al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 18.11.09. (OMISSIS). 10) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 219, comma 1, comma 2, n. 1, articolo 223, comma 2, n. 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', nelle qualita' di cui sopra, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS), falsificando i bilanci relativi agli esercizi 2004,2005, 2006 e 2007 della Costruzione Alpe S.R.L., continuando ad operare nonostante la societa' avesse perso il capitale sociale e fosse pertanto emersa una causa di scioglimento, in palese violazione del divieto di cui all'articolo 2449 c.c., (oggi articolo 2485 c.c.), aggravava il dissesto della societa' per un importo pari a euro 660.069,00. Con l'aggravante di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravita' e piu' fatti di bancarotta fraudolenta. Con l'aggravante, per (OMISSIS), di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 19.5.09, data dell'intervenuto fallimento della Costruzione Alpe srl. (OMISSIS). 11) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 - articolo 223, comma 1 poiche', in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), nella qualita' di cui sopra, distraeva dalle casse sociali della PEREGO HOLDING SPA la somma complessiva di euro 814.939,22 pari alle somme incassate da ciascuno, secondo il prospetto di seguito riportato, nel corso degli esercizi dal 2004 al 2008, a fronte della cessione di quote della Costruzione Alpe SRL, ad un prezzo pari a euro 1.900.000,00 che non rispecchiava il reale valore della societa' (valutata euro 1.980.000,00, valore da ritenersi assolutamente incongruo), con conseguente pregiudizio per la HOLDING SPA a causa della fuoriuscita di denari dalla fallita senza che a cio' abbia fatto seguito una controprestazione di valore economicamente apprezzabile. In Lecco il 25.11.2009, data della dichiarazione di fallimento della PEREGO HOLDING. (OMISSIS) - (OMISSIS). 15) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1 - articolo 219, articolo 223, comma 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 poiche', nelle qualita' sopra indicate, in concorso con (OMISSIS), distraevano dalle casse sociali della PEREGO STRADE SRL e dissipavano il patrimonio sociale mediante la concessione di ingenti crediti alle altre societa' del gruppo e segnatamente alla PEREGO HOLDING SPA, COSTRUZIONE ALPE SRL, IRIS SRL, nel corso degli esercizi 2008-2009, quando tali societa' erano ormai decotte, per complessivi euro 1.131.537,69 pari all'importo dei crediti concessi al netto. Con le aggravanti di aver cagionato un danno di rilevante gravita' e di aver commesso piu' fatti di bancarotta. Con l'aggravante, per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 14.9.2009, data della dichiarazione di fallimento della PEREGO STRADE. (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) separatamente giudicato). 17) articolo 110 c.p., Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 216, comma 1, n. 1, articolo 223, comma 1, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 poiche', nelle qualita' sopra indicate, in concorso tra loro, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, distraevano dalle casse sociali della PEREGO GENERAL CONTRACTOR SRL e dissipavano il patrimonio sociale mediante l'esecuzione di maggiori pagamenti effettuati in favore della SAD BUILDING SRL per un valore pari a euro 22.656,75. Con l'aggravante, per (OMISSIS) e (OMISSIS) di aver commesso il fatto al fine di favorire l'associazione mafiosa. In Lecco il 21.12.2009, data della dichiarazione di fallimento della PEREGO GENERAL CONTRACTOR. 32.1. La difesa denuncia: (ricorso avv. Marcello Elia). 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza degli articoli 110 e 416 bis c.p. e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al ritenuto concorso esterno nel reato associativo di cui al capo 1. (dopo avere riportato massime giurisprudenziali, lamenta che l'affermazione di responsabilita' fonda su mere presunzioni); 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza dell'articolo 416 bis c.p., comma 4, e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto all'aggravante della disponibilita' di armi da parte del sodalizio, per difetto di consapevolezza; 3 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articoli 216 e 223 e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto all'affermazione di responsabilita' in ordine ai reati di cui ai capi 2. 3. 4. 6. 7. 8. 10. 11. 15. 17. (lamenta che le risultanze probatorie dimostrerebbero ampiamente la sua estraneita' alle condotte contestate, tutte riferibili all'amministratore di fatto (OMISSIS), con il quale il ricorrente non cooperava); 4 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 223, comma 2, n. 1 in relazione all'articolo 2449 c.c. (oggi 2485 c.c.), nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 2 (in difetto della prova di un nesso di causalita' tra la falsificazione del bilancio al 31.12.2008 ed il contestato aggravamento del dissesto della PGC, cui la Corte di appello sostituisce irrilevanti valutazioni di tipo probabilistico; censura, inoltre, il metodo di calcolo utilizzato; a prescindere dall'insussistenza dell'elemento oggettivo, lamenta anche l'insussistenza del necessario elemento psicologico); 5 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 1, n. 2 e articolo 223, e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 3 (per difetto del necessario elemento psicologico, cui non e' dedicata alcuna argomentazione); 6 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 1, n. 1, e articolo 2634 c.c. e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 4 (per carenza assoluta di motivazione quanto ai profili di cui ai punti a., b., d. del capo di imputazione e difetto dell'elemento psicologico); 7 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza dell'articolo 2632 c.c. e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 6 (per totale difetto motivazione quanto all'elemento psicologico, insussistente); 8 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 1, e articolo 223, comma 1, e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 11 (per totale difetto di motivazione quanto all'elemento psicologico, insussistente); 9 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articoli 216 e 223, e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 8 (in difetto di atti aventi valenza distruttiva, non risulta configurabile l'elemento oggettivo del reato manca per totale difetto di motivazione quanto all'elemento psicologico; manca il nesso di causalita' tra i presunti atti distrattivi ed il fallimento; difetta, infine, il necessario elemento psicologico); 10 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 1, n. 1 e articolo 223, e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 15 (in difetto degli elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo, del reato); 11 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 223, comma 2, e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 10 (non essendo ascrivibile all'imputato un ruolo amministrativo nella Costruzioni Alpe, neanche di fatto, e non essendo adeguatamente motivato il convincimento del corretto utilizzo del criterio del Margine Operativo Lordo utilizzato dal CT del P.M. quale metodo di calcolo del valore dell'azienda, che non ha preso in considerazione le commesse in corso); 12 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 1, e articolo 223, comma 1, nonche' articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 7 (non avendo la sentenza impugnata indicato il contribuito in ipotesi fornito dall'imputato alla contestata deminutio patrimoniale); 13 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 3, e articolo 223, comma 1, nonche' articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 9 (in difetto di prova della consapevolezza dell'imputato dei contestati pagamenti preferenziali); 14 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della L.F., articolo 216, comma 1, n. 1 e articolo 223, comma 1, nonche' articolo 27 Cost. e articolo 192 c.p.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 17 (essendo stato valorizzato in danno dell'imputato un mero indizio non riscontrato, ed essendo stata trascurata la testimonianza del dr. (OMISSIS), che ha ricondotto la rilevata discrepanza ad un mero errore materiale); 15 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza della Legge n. 203 del 1991, articolo 7 nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione (la valutazione di sussistenza della predetta aggravante sarebbe inficiata dal fatto che l'originaria condotta di partecipazione e' stata successivamente dalla stessa Corte di appello riqualificata come concorso esterno; non sono state neanche illustrate le ragioni in virtu' delle quali e' stata ritenuta la sussistenza della volonta' di favorire, con le condotte accertate, la volonta' di favorire il sodalizio enucleato); 16 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E), per erronea applicazione ed inosservanza degli articoli 62 bis, 132 e 133 c.p., nonche' mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione quanto al reato di cui al capo 10 (quanto al diniego delle attenuanti generiche ed agli sproporzionati aumenti per la continuazione). (ricorso avv. Massimo Biffa). 1 - violazione di legge quanto all'applicazione degli articoli 521 e 522 c.p.p., in relazione all'articolo 416 bis c.p., nonche' manifesta mancanza della motivazione (il reato associativo ritenuto dal Tribunale sarebbe diverso da quello contestato); 2 - violazione di legge quanto all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 192 c.p.p., commi 1 e 2, in relazione agli articoli 110 e 416 bis c.p., e articoli 266 c.p.p. e ss. nonche' manifesta mancanza della motivazione; 3 - violazione di legge e manifesta mancanza della motivazione quanto all'applicazione dell'articolo 416 bis c.p., comma 4; 4 - violazione di legge e contraddittorieta' della motivazione quanto all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 110 c.p. - articolo 40 c.p. - L.F., articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, - articolo 223, comma 2, n. 1 - articoli 216, 223, 224 e 217 - articolo 2632 c.c.; 5 - violazione di legge e manifesta mancanza della motivazione quanto all'applicazione della Legge n. 203 del 1991, articolo 7 riproponendo le piu' ampie doglianze gia' proposte dal co-difensore. 32.1.1. Il PG territoriale ricorre contro l'imputato (OMISSIS) denunciando: 1 - violazione dei principi in tema di concorso esterno ex articoli 110 e 416 bis c.p. e contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione nella parte in cui riqualifica la partecipazione al delitto associativo di cui al capo 1. come mero "concorso esterno" nel medesimo, per difetto della necessaria affectio societatis, poiche' asseritamente (OMISSIS) avrebbe perseguito soltanto "la migliore protezione"; 2 - violazione dei principi in tema di concorso esterno ex articoli 110 e 416 bis c.p. e manifesta illogicita' della motivazione nella parte in cui riqualifica la partecipazione al delitto associativo di cui al capo 1. come mero "concorso esterno" nel medesimo, per difetto della necessaria affectio societatis, poiche' asseritamente (OMISSIS) non e' "intraneo da punire" ed a (OMISSIS) "non vengono impartiti ordini da eseguire o inflitte punizioni". 32.1.2. In data 20 aprile 2015 e' stata depositata nell'interesse dell'imputato una memoria che formula richiesta di rigetto, o declaratoria di inammissibilita', del ricorso del PG territoriale, e reitera la richiesta di accoglimento del proprio ricorso. 32.2. I ricorsi dell'imputato sono, nel complesso, infondati. 32.2.1. In ordine alla sollevata questione di costituzionalita' degli articoli 110 e 416 bis c.p. ed alla richiesta di rimessione del processo alle Sezioni unite, vanno richiamate le considerazioni considerazioni preliminari (rispettivamente, 8 ss., e 6.4.1.3. ss.: la prima, come si e' visto, certamente infondata, ma non inammissibile). 32.3. Le ulteriori plurime doglianze del ricorrente sono all'evidenza generiche, in quanto reiterative, e comunque manifestamente infondate, a fronte delle argomentazioni (sempre giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni (che hanno natura di prova, e, per il loro inequivoco contenuto, non necessitavano nel caso di specie di riscontri), che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta decisivi travisamenti, nonche' prove testimoniali e documentali inoppugnabili. 32.3.1. Per quanto riguarda l'affermazione di responsabilita' in ordine al reato di cui al capo 1) - primo motivo del ricorso a firma dell'avv. ELIA - la Corte di appello (f. 707 ss. e 730 ss. della sentenza impugnata) ha valorizzato, in riferimento alla mafiosita' del c.d. "gruppo STRANGIO", una imponente serie di intercettazioni di conversazioni incensurabilmente interpretate (riportate integralmente a f. 707 ss.), in difetto di documentati travisamenti, motivatamente concludendo che " (OMISSIS) si pone quale interlocutore di (OMISSIS), non gia' sul piano subalterno dell'imprenditore vittima, tesi gia' ampiamente confutata in primo grado e respinta anche da questa Corte, ma in veste di imprenditore colluso. Il suo rapporto con il sodalizio si pone su basi di reciproci vantaggi per ambo le parti. La sua consapevolezza e' duplice: egli sa del programma di (OMISSIS) - (OMISSIS) e vuole la sua realizzazione, perche' quella portera' vantaggi e profitti anche per lui e le sue aziende. Contribuisce con la messa a disposizione delle aziende del suo gruppo alla consapevole realizzazione del progetto criminoso di (OMISSIS) - (OMISSIS) (esempi eclatanti sono le vicende Cricchio e Cosbau, dove il suo intervento, integrato dai pagamenti oggetto di contestazione, e' diretto). Il dolo del perseguimento dell'obiettivo e' ancora piu' evidente quando si tratta di cambiare "protettore" e da (OMISSIS) passa a (OMISSIS): e' ben conscio che non e' l'uomo ma il sistema mafioso a garantire la continuita' dei benefici che gli derivano di patto sinallagmatico, che reitera all'occorrenza con un "calabrese Doc", ancora piu' potente di quelli che lo hanno preceduto, quale (OMISSIS)". Nel qualificare giuridicamente questa condotta, la Corte di appello ha ravvisato tutti i requisiti del contributo causale consapevole e rilevante ai fini del raggiungimento degli obiettivi del sodalizio, escludendo la sussistenza della affectio societatis, intesa come compenetrazione organica nell'organizzazione criminale di cui al capo 1): "A parere della Corte, infatti, difettano i presupposti di stabile organicita', resi evidente dal ruolo assegnato e dai vincoli imposti, nella condotta cosi' illustrata. Il rapporto collusivo si poggia su uno scambio reciproco con reciproci vantaggi, mentre non vi e' prova anche di un organico inserimento di (OMISSIS) nel sodalizio. E cio' e' dimostrato dal fatto che (OMISSIS), a differenza di (OMISSIS), non ha un ruolo definito nell'organigramma del sodalizio. La sua non e' una messa a disposizione permanente del sodalizio, come di chi e' parte integrante del gruppo. Egli non agisce secondo una logica propria del sodale, di rispetto di regole predeterminate in funzione degli interessi della ndrangheta (nella specie delle 150 famiglie calabresi citate da (OMISSIS) e (OMISSIS)). Infatti, a (OMISSIS) non vengono impartiti ordini da eseguire o inflitte punizioni per violazioni alle regole interne del sodalizio, a differenza di quanto si riscontra per (OMISSIS). A (OMISSIS) colluso vengono fatte proposte da parte dei membri del sodalizio, che egli valuta, e la valutazione e' in funzione sempre del tornaconto (profitto per se' e per le sue societa') che dal patto sinallagmatico, di volta in volta rinnovato con diversi esponenti, puo' derivare. Cosi' avviene quando riceve la proposta di (OMISSIS) di sbarazzarsi di (OMISSIS) e quella opposta di (OMISSIS) di sostituire (OMISSIS). Nella scelta che (OMISSIS) fa, non vi e' traccia dell'obbedienza a regole, ne' di consultazioni con capi-locali o altri vertici della consorteria: (OMISSIS) valuta la posizione che in quel contesto e' piu' forte e in grado di garantirgli una migliore "protezione" e una piu' vantaggiosa aggiudicazione di commesse e sceglie (OMISSIS), senza subire per cio' la vendetta di (OMISSIS). E questo perche' (OMISSIS) e' ben conscio che (OMISSIS) e' altro da (OMISSIS): non e' intraneo da punire, ma colluso esterno con cui contrattare e definire i reciproci vantaggi. Lo stesso (OMISSIS), nella conversazione sopra citata con gli Oppedisano, qualifica come "collaborazione" il rapporto intrattenuto dalla ndrangheta con (OMISSIS)". In tal modo la Corte di appello si e' correttamente conformata ai principi condivisi in argomento dal collegio, riepilogati nei 8 ss.; il (OMISSIS): (a) sotto il profilo oggettivo, pur avendo fornito un contributo dotato di sicura rilevanza causale ai fini della conservazione e/o del rafforzamento dell'associazione criminosa "La Lombardia", non era inserito nella struttura criminale di essa ...; (b) ... e, sotto il profilo soggettivo, era privo della necessaria affectio societatis. Le conversazioni valorizzate dalla Corte di appello hanno documentato che "La Lombardia" non poteva organicamente contare sul contributo del (OMISSIS), ma che in piu' occasioni lo aveva contattato per indurlo a tenere determinate condotte agevolative, di volta in volta concordate sulla base di autonome determinazioni, raggiungendo accordi validi caso per caso, che il (OMISSIS) era comunque libero di non stipulare; d'altro canto, in presenza di un sodalizio criminoso che si e' accertato in fatto essere improntato a rigide gerarchie interne, il fatto che il (OMISSIS) non prendesse ordini da nessuno dei soggetti in posizione di vertice (ed anzi riservandosi - come documentato dalle valorizzate intercettazioni - di scegliere di volta in volta, secondo personale convenienza, con chi, e/o contro chi, allearsi) appare di particolare rilievo, perche' emblematicamente sintomatico di non intraneita'. 32.3.1.1. Le considerazioni che precedono legittimano, ad un tempo, la declaratoria di genericita' e/o manifesta infondatezza del 2 motivo del ricorso a firma dell'avv. BIFFA, nonche' dei due motivi del ricorso del PG territoriale. 32.3.1.2. Generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato e' anche il secondo motivo del ricorso a firma dell'avv. ELIA, a fronte di quanto incensurabilmente osservato dalla Corte di appello a fondamento della contestata statuizione (f. 733 della sentenza impugnata). Le considerazioni che precedono legittimano, ad un tempo, la declaratoria di genericita' e/o manifesta infondatezza del 3 motivo del ricorso a firma dell'avv. BIFFA, di identico contenuto. 32.3.1.3. E' in parte generico, e comunque manifestamente infondato, il primo motivo del ricorso a firma dell'avv. BIFFA: generico perche', avendo la Corte di appello ritenuto il mero concorso esterno, non l'intraneita del (OMISSIS), non e' possibile riprodurre le doglianze gia' costituenti oggetto di appello, con le quali era stata lamentata la diversita' del sodalizio al quale secondo la contestazione il (OMISSIS) sarebbe stato intraneo, rispetto a quello con riferimento al quale la sentenza di primo grado aveva accertato l'intraneita dell'imputato. 32.3.1.4. Giova, per completezza, ricordare che, come gia' chiarito da questa Corte, con orientamento che va condiviso e ribadito, non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza la decisione con cui l'imputato, rinviato a giudizio per partecipazione ad associazione mafiosa, sia condannato per concorso esterno alla stessa associazione, trattandosi non di due diverse ipotesi delittuose, ma di distinte modalita' della partecipazione criminosa, purche' - come nel caso di specie - il fatto materiale per cui vi e' stata condanna risulti sufficientemente descritto nell'imputazione (Sez. 6 , sentenza n. 49820 del 5 dicembre 2013, CED Cass. n. 258138). 32.3.1.5. Ne' appaiono rilevabili nella vicenda processuale de qua violazioni del diritto al contraddittorio. Puo' ritenersi ormai consolidato l'orientamento (inaugurato da Sez. 6 , sentenza 8 giugno 2012, n. 22301: fattispecie relativa ad una riqualificazione del fatto da concussione in corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio) per il quale non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza la riqualificazione giuridica del fatto operata per la prima volta dal giudice di appello, qualora l'imputato sia stato in grado di contestarla in sede di ricorso per cassazione, senza subire alcuna compressione o limitazione del proprio diritto al contraddittorio: e' stato, in proposito, valorizzato il fatto che lo stesso ricorrente, nell'atto di impugnazione, aveva ammesso che "le questioni che egli - se fosse stato messo in condizione di interloquire sulla possibile diversa qualificazione giuridica - avrebbe voluto porre all'attenzione del giudice di secondo grado, erano (...) questioni che (...) la difesa ben poteva portare all'attenzione di questo giudice di legittimita', cosi' come poi effettivamente ha fatto (...), senza soffrire alcuna ingiustificata limitazione ovvero alcun sostanziale pregiudizio". A parere della Corte di cassazione, "altro discorso si sarebbe astrattamente dovuto fare se il ricorrente avesse prospettato la circostanza di una preclusione all'esercizio del diritto alla prova, possibile solo nei gradi di merito e non anche nel giudizio di legittimita': preclusione che non e' stata allegata, essendosi nell'impugnazione fatto genericamente riferimento solamente alla possibilita' "di sindacare, nel merito, la valutazione della prova". Peraltro, nel caso di specie, era stata la stessa difesa dell'imputato, con l'atto di appello, a proporre una diversa "lettura" delle emergenze processuali: "dunque, per l'odierno ricorrente la riqualificazione giuridica dei fatti di causa operata dalla Corte di appello in termini di corruzione non solamente non fu una "sorpresa", cioe' una situazione rispetto alla quale non gli era stato possibile interloquire, ma una conclusione da lui stesso praticamente sollecitata, dal momento che, con quello stesso atto di appello, aveva gia' espressamente chiesto una nuova e piu' "esatta qualificazione giuridica "dei fatti". Fermo restando il superamento dell'orientamento per il quale la riqualificazione del fatto operata dalla Corte di appello in sentenza sarebbe sempre e comunque illegittima, la giurisprudenza si e' successivamente orientata nel senso che essa e' sempre e comunque legittima. L'orientamento e' stato inaugurato da Cass., Sez. 2 , 21 agosto 2012, n. 32840, per la quale il rispetto del diritto al contraddittorio in ordine alla natura ed alla qualificazione giuridica dei fatti di cui l'imputato e' chiamato a rispondere, sancito dall'articolo 6, comma 1 e comma 3, lettera a) e b), Conv. EDU, e dall'articolo 111 Cost., comma 3, e' assicurato anche quando il giudice d'appello provveda alla riqualificazione dei fatti direttamente in sentenza, senza preventiva interlocuzione sul punto, in quanto l'imputato puo' comunque pienamente esercitare il diritto di difesa proponendo ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), trattandosi di questione di diritto la cui trattazione non incontra limiti nel giudizio di legittimita'. Detta sentenza (riguardante un caso nel quale all'imputato era stato inizialmente ascritto il reato di cui all'articolo 624 bis c.p., riqualificato in sentenza dalla Corte di appello, in difetto di appello del P.M., piu' correttamente come ricettazione, peraltro non aumentando - ed anzi, in accoglimento di ulteriori doglianze del ricorrente, riducendo - la pena) ha, in proposito, evidenziato che "la Corte europea avrebbe ritenuto del pari legittima anche la medesima operazione compiuta nell'ambito della sentenza della Corte di cessazione, se solo fosse stata preceduta, nell'ambito del medesimo giudizio di legittimita', dalla contestazione in udienza al opera del P.G. Una simile "avvisaglia" della possibilita' di una diversa qualificazione giuridica dei fatti giudicati - in alternativa alla semplice oggettiva prevedibilita' di quest'esito del giudizio - e' quindi considerata come elemento sufficiente ad avvertire l'imputato "in tempo utile" per approntare le proprie difese. A maggior ragione la medesima soluzione si impone quando la riqualificazione dei fatti e' compiuta dalla corte d'appello, dal momento che in tal caso all'imputato residua comunque la possibilita' di difendersi dalla nuova imputazione quantomeno in sede di legittimita'". Ne' potrebbero essere valorizzati - a sostegno della contraria soluzione - i limiti del giudizio di legittimita', che potrebbero non consentire l'esercizio di un'adeguata attivita' difensiva: "infatti, la questione della qualificazione giuridica del fatto (e non di accertamento materiale dello stesso) rientra fra i casi tipici del ricorso per cassazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e quindi puo' essere adeguatamente discussa anche in ultima istanza". Alle medesime conclusioni, ed in virtu' delle medesime argomentazioni, sono successivamente giunte: - Sez. 2 , 23 novembre 2012, n. 45795 (in fattispecie nella quale la Corte d'appello, in sentenza, aveva riqualificato come appropriazione indebita l'originaria imputazione di sottrazione di cose comuni); - Sez. 2 , 17 maggio 2013, n. 21170 (in fattispecie nella quale la Corte d'appello, in sentenza, aveva riqualificato come danneggiamento aggravato il piu' grave tentativo di furto aggravato in origine contestato); - Sez. 2 , 24 aprile 2014, n. 17782 (in fattispecie nella quale la riqualificazione era intervenuta ai soli effetti civili, essendo il reato di falso oggetto di riqualificazione comunque prescritto). A maggior ragione, deve ritenersi la legittimita', nel caso di specie, della riqualificazione giuridica del fatto contestato, poiche', come riferisce la Corte di appello, in difetto di contestazioni difensive, "il problema della differenza tra partecipazione e concorso esterno nel reato contestato era gia' sviluppato dalla difesa nei motivi d'appello (segnatamente nel paragrafo dove si contesta la sussistenza dell'affectio societatis in relazione al contributo di (OMISSIS))". L'opportunita' della riqualificazione era stata, pertanto - pur se in ipotesi implicitamente -, prospettata dall'imputato prima che essa fosse operata, e l'imputato aveva conseguentemente avuto occasione di controargomentare in contraddittorio in ordine alla possibile nuova accusa. 33.3.2. I motivi da 3 a 14 del ricorso a firma dell'avv. ELIA, ed il IV motivo del ricorso a firma dell'avv. BIFFA possono essere esaminati congiuntamente, riguardando tutti i plurimi reati fallimentari e societari ascritti (secondo il conclusivo assetto giuridico accolto dalla Corte di appello) all'imputato. 33.3.2.1. Tutti i predetti motivi sono generici, perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (dettagliatamante a partire da f. 734 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', cui la Corte di appello e' addivenuta essenzialmente valorizzando plurime ed inequivocabili intercettazioni di conversazioni - sempre incensurabilmente interpretate ed in difetto di documentati travisamenti -, prove testimoniali - motivatamente ritenute precise, disinteressate, e quindi attendibili - e prove documentali, elementi sempre tutti convergenti nel legittimare la conclusiva decisione. 33.3.2.2. La Corte di appello ha, in particolare, incensurabilmente chiarito (3 motivo ricorso avv. (OMISSIS)) che "La rilevanza determinante della posizione amministrativa formale dell'imputato non e' superata dalle considerazioni dell'appellante sulla asserita preponderanza di fatto del ruolo assunto dal coimputato (OMISSIS) nelle societa' Perego, in quanto non incidono - ai fini di escluderle - sulle responsabilita' gestionali che la carica attribuiva all'imputato. La mole imponente delle risultanze processuali, rappresentate dalle deposizioni di dipendenti, commercialisti, curatori, terzi con i quali (OMISSIS) intratteneva rapporti per commesse e lavori, nonche' esiti delle intercettazioni che provano l'aggiornamento quotidiano tra (OMISSIS) e (OMISSIS) degli affari comuni, come analiticamente riportati in sentenza, provano - inoltre - la costante presenza di (OMISSIS) nelle societa' amministrate con esercizio nelle medesime di un peso rappresentativo che compensava efficacemente quello di (OMISSIS), con il quale operava in stretta collaborazione ed in assoluta comunanza di intenti, La connotazione penalmente rilevante della sua condotta, pertanto, non si limita all'omesso controllo sulla tenuta delle scritture, che dimostra la rinuncia a porre in essere quelle attivita' idonee a prevenire il pericolo di distrazioni e, di conseguenza, l'accettazione del rischio che esse possano verificarsi (articolo 40 c.p.). (OMISSIS) - infatti - risulta aver partecipato con contributi diretti a fatti di distrazione in funzione dei vantaggi prospettati dalla realizzazione del programma del sodalizio (esempio significativo di contributo personale e diretto alla distrazione e' dato dalla vicenda Cosbau, segnatamente pagamenti fatti da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS)). D'altra parte, (OMISSIS) e' stato condannato per aumento fittizio di capitale sociale (capo 6) e bancarotta impropria (capo 10), entrambi commessi prima dell'ingresso di (OMISSIS). Cio' a dimostrazione della effettivita' della sua gestione amministrativa e della sua diretta ingerenza nell'assetto delle quote capitale delle societa' fallite. Neppure incide sulle responsabilita' gestionali legate alla carica ricoperta, la circostanza dedotta dall'appello, della mancanza di competenza specifica di (OMISSIS) sulla formazione del bilancio e tenuta della contabilita', tenuto conto, peraltro, che le societa' del gruppo Perego avevano sempre fruito della consulenza di commercialisti per la tenuta della contabilita' ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS))". 33.3.2.3. Per quanto riguarda i singoli reati, appare sufficiente fare integrale rinvio a quanto correttamente ed esaurientemente, e quindi incensurabilmente in questa sede, osservato dalla Corte di appello: - (4 motivo ricorso ELIA - capo 2) a f. 744 ss. della sentenza impugnata; - (5 motivo ricorso ELIA - capo 3) a f. 751 ss. della sentenza impugnata; - (6 motivo ricorso ELIA - capo 4) a f. 755 ss. della sentenza impugnata; - (7 motivo ricorso ELIA - capo 6) a f. 762 ss. della sentenza impugnata; - (8 motivo ricorso ELIA - capo 11) a f. 766 ss. della sentenza impugnata; - (9 motivo ricorso ELIA - capo 8) a f. 768 ss. della sentenza impugnata; - (10 motivo ricorso ELIA - capo 15) a f. 773 della sentenza impugnata; - (11 motivo ricorso ELIA - capo 11) a f. 766 ss. della sentenza impugnata; - (12 motivo ricorso ELIA - capo 7) a f. 777 ss. della sentenza impugnata; - (13 motivo ricorso ELIA - capo 9) a f. 784 ss. della sentenza impugnata; - (14 motivo ricorso (OMISSIS) - capo 17) a f. 788 s. della sentenza impugnata. Trattasi di rilievi comuni anche - come anticipato - al 4 motivo del ricorso a firma dell'avv. (OMISSIS). 33.3.2.4. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nei ricorsi una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, ed in difetto di documentati travisamenti. 33.3.3. Generici perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, sono il 15 motivo del ricorso ELIA ed il 5 motivo del ricorso BIFFA, a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha ritenuto la configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 valorizzando (f. 743 della sentenza impugnatali" evidenziando l'inammissibilita', in parte qua, dell'appello ("poiche' non vengono dedotte specifiche argomentazioni a sostegno della motivazione esposta al riguardo alle pag. 1049 e 1050 della sentenza, che si condivide"), e comunque valorizzando nel merito, pur tenuto conto della sopravvenuta qualificazione della precedentemente ritenuta partecipazione del (OMISSIS) a "La Lombardia" come mero concorso esterno, "il patto sinallagmatico intervenuto tra (OMISSIS) e gli esponenti di ndrangheta", e richiamando altresi' - come appare fisiologico in presenza di una doppia conforme statuizione - la "specifica motivazione della sussistenza dell'aggravante (...) contenuta nella esposizione della motivazione riferita a ciascuno dei capi di imputazione per i quali il Tribunale ne ha ritenuto la sussistenza (esclusa per i capi 6 e 10), a fronte della quale l'appello non deduce motivi specifici di censura". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nei ricorsi una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 33.3.4. Generico perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato e', infine, il 16 motivo del ricorso ELIA sul trattamento sanzionatorio (diniego attenuanti generiche ed aumenti per i reati satellite), a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha argomentato le contestate statuizioni, valorizzando (f. 789 s.) il difetto di profili di meritevolezza, oltre che all'evidenza considerando quanto premesso in ordine al numero ed alla gravita' dei reati accertati anche ai fini della conclusiva determinazione (in melius rispetto alle determinazioni del primo giudice) del trattamento sanzionatorio. 34. Ricorsi di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. 21. 53. 69. 70. 96., unificati dal vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva semplice, condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', ma ha ritenuto la continuazione anche con reati separatamente giudicati, rideterminando complessivamente in anni ventuno di reclusione la pena, e disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS) - (OMISSIS)" - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) giudicati separatamente). 21) Del reato p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p, comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., commi 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche' in concorso tra loro e con (OMISSIS) e (OMISSIS) (nei confronti dei quali si procede separatamente):- (OMISSIS) quale promotore e coordinatore dell'azione criminale nonche' quale autore delle minacce e delle percosse in danno del (OMISSIS); (OMISSIS) quale autista del veicolo in cui la vittima e' stata caricata; (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) quali soggetti attivi tutti addetti alla "copertura e vigilanza" dell'area teatro dell'azione delittuosa; (OMISSIS) quale osservatore addetto a seguire gli spostamenti della vittima nelle fasi antecedenti l'azione delittuosa e "palo" durante lo svolgimento dell'azione criminale:- mediante violenza e minaccia (qui di seguito descritte) costringevano (OMISSIS) (titolare dell'impresa di autotrasporti " (OMISSIS) S.N.C." di (OMISSIS) e (OMISSIS)) a rimettere un debito che (OMISSIS) aveva maturato nei confronti del (OMISSIS), avendo trattenuto e non restituendo un autocarro messo a disposizione dallo stesso (OMISSIS), cagionandogli in tal modo danno con proprio profitto. Violenza e minaccia consistite nel prospettare da parte di (OMISSIS) mali ingiusti al (OMISSIS) colpendolo con pugni alla presenza di tutti i concorrenti nel reato che cosi rafforzavano il proposito del (OMISSIS) nonche' nell'avvalersi della forza d'intimidazione derivante dall'appartenenza ad una consorteria di ndrangheta tale da determinare nella vittima un autentico terrore per la propria incolumita'. Con le aggravanti di aver commesso il fatto in pu' persone riunite, avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e da parte di appartenente al sodalizio di cui al capo 1). In Cesano Maderno (MI) il 07.10.2009. (OMISSIS). 53) Del delitto p. e p. dall'articolo 629 c.p., comma 2 in relazione all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', mediante minaccia consistita nell'avvalersi della forza di intimidazione derivante dall'appartenenza ad una consorteria mafiosa costringeva (OMISSIS) detto " (OMISSIS)" a consegnare una cifra pari a 4.950,00 euro. Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e al fine di agevolare l'attivita' della associazione di cui al capo 1). In Desio (MI) il 05 Gennaio 2010. (OMISSIS). 69) Del delitto p. e p. dagli artt 110 e 81 c.p., articolo 644 c.p., comma 5, n. 4, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con persone non identificate, in attuazione del programma criminoso dell'associazione meglio indicata al capo 1) consegnava a (OMISSIS) la somma di euro 25.000,00 con la promessa di restituirne euro 61.000,00 (di cui euro 36.000 gia' consegnati), in tal modo facendosi promettere e corrispondere interessi usurari. Con l'aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi della forza di intimidazione promanante dal sodalizio mafioso e al fine di favorire l'associazione meglio indicata al capo 1). Accertato in Desio fino all'ottobre 2009. 70) Del delitto p. e p. dagli artt 110 e 81 c.p., articolo 629 c.p., comma 2 in riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in tempi diversi e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, mediante minaccia, consistita nel prospettare mali ingiusti come segue: tu non portare i soldi (OMISSIS), che poi ti faccio vedere chi sono io"; "Penso che finisci di rompergli i coglioni alle persone, tu (OMISSIS), e poi vedi, che poi te lo dico io"; "poi ti faccio vedere io, (OMISSIS), come finisci di prendere per il culo a tutti"; " (OMISSIS), ti faccio correre, che te ne devi andare dall'Italia"; "che vengo a raggiungerti dove sei e ti faccio vedere io, il muso come te lo faccio, (OMISSIS)"; nonche' mediante minaccia derivante dalla forza di intimidazione del vincolo associativo della consorteria mafiosa cui appartiene l'autore, costringeva lo stesso (OMISSIS) a versare e promettere gli interessi usurari di cui al capo che precede, ottenendo in tal modo un ingiusto profitto con altrui danno. Con l'aggravante di aver commesso il fatto per agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1) con modalita' mafiose e del fatto commesso da appartenente al sodalizio. Accertato in Desio, fino all'ottobre 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) giudicati separatamente); 96) Del delitto p. e p. dall'articolo 648 c.p. perche', in concorso tra loro e con (OMISSIS), ricevevano o comunque detenevano il semirimorchio targato "(OMISSIS)" contenente componenti elettrici per un valore di oltre centomila euro, compendio di furto commesso da ignoti il 23.11.2008 in Settimo Milanese e denunciato da (OMISSIS). Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto al fine di agevolare l'attivita' della associazione di cui al capo 1). In Desio il 24 novembre 2008 . 34.1. La difesa denuncia: (ricorso avv. Calabrese). 1 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), in riferimento al capo 1 (articolo 416 bis c.p., commi 1, 3 e 4) (lamenta la genericita' ed insufficienza degli elementi probatori posti a carico del ricorrente e l'irrilevanza delle valorizzate captazioni, poiche' tutti gli elementi valorizzati sarebbero stati arbitrariamente e soggettivamente interpretati; riepiloga una nutrita serie di massime giurisprudenziali, per desumerne l'assenza di prova del contributo oggettivamente e soggettivamente necessario secondo la giurisprudenza per legittimare l'affermazione di responsabilita' del ricorrente in ordine al reato associativo; dopo avere evidenziato una serie di asserite criticita' - riassunte a f. 17 s. del ricorso - ha concluso che l'affermazione di responsabilita' fonda su mere congetture); 2 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione agli articoli 15, 81 e 416 bis c.p. (lamenta che la sentenza impugnata non abbia ravvisato la progressione (e dunque l'assorbimento) della condotta di partecipazione contestata al ricorrente - per come sanzionata giusta sentenza definitiva emessa dalla Corte di assise di appello di Reggio Calabria in data 16 luglio 2008, divenuta irrevocabile in data 8 marzo 2012 - nella condotta descritta dall'articolo 416 bis c.p., al comma 2 nell'ambito del presente giudizio, essendo stata unicamente ritenuta la continuazione; 3 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), in relazione all'articolo 192 c.p.p., ed agli articoli 110, 629 e 620 c.p. (rectius, 628 c.p.), u.c., n. 3, in riferimento alle fattispecie estorsive di cui ai capi 21. e 53. (lamenta che la Corte di appello non abbia adeguatamente considerato i rilievi costituenti oggetto dell'atto di appello, in particolare, quanto al capo 21., non considerando le emergenze processuali - che ripercorre - dalle quale sarebbe emerso che i rapporti tra il ricorrente ed il (OMISSIS) avevano natura di reciproci rapporti di dare ed avere, e comunque l'insussistenza del necessario dolo; analoghe considerazioni si imporrebbero, quanto al reato di cui al capo 53., in ordine ai rapporti con il (OMISSIS), la cui non riconducibilita' ad una matrice estorsiva sarebbe desumibile dai 6 elementi fattuali riepilogati a f. 35 s. del ricorso: in relazione a tale fattispecie, nessun danno era stato minacciato alla p.o., e nessun profitto era stato tratto dall'imputato; seguono pagine di massime giurisprudenziali, riepilogate a sostegno della ritenuta inconfigurabilita' delle estorsioni de quibus per carenza degli elementi costitutivi); 4 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 192 c.p.p., commi 1 e 2, in relazione agli articoli 629 e 644 c.p., in riferimento ai reati di usura ed estorsione di cui ai capi 69. e 70. (lamenta ancora una volta che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente considerato i rilievi costituenti oggetto dell'atto di appello, volti a dimostrare l'arbitrarieta' dell'interpretazione degli elementi - essenzialmente tratti da intercettazioni - che ripercorre, valorizzati a sostegno dell'affermazione di responsabilita'; segue un'ampia esposizione di massime giurisprudenziali tendente a dimostrare, in conclusione, la non "conducenza" degli elementi di natura indiziaria valorizzati, che avrebbe indebitamente portato a "travolgere" la valenza di quanto dichiarato dalla presunta vittima (OMISSIS), che ha ammesso che (OMISSIS) lo aveva sempre aiutato, escludendo quindi l'estorsione); 5 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 192 c.p.p., in relazione all'articolo 648 c.p., in riferimento alla ricettazione di cui al capo 96. (lamenta che dalle acquisite intercettazioni non emergesse prova del fatto che l'imputato avesse acquisito disponibilita' del semirimorchio in questione, e comunque che la sua intromissione non sarebbe stata finalizzata a conseguire la disponibilita' del possesso del predetto oggetto; l'imputato avrebbe dovuto essere assolto perche' il fatto, che non si era consumato, non sussiste); 6 - manca (da pag. 48 quinto motivo si passa a pag. 49 settimo motivo); 7 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), e dell'articolo 192 c.p.p., in riferimento all'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 contestata per i reati di cui ai capi 21., 53., 69., 70. (lamenta l'insussistenza delle ritenute finalita' agevolative); 8 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B), C), ed E), in riferimento all'articolo 81 c.p., articolo 416 bis c.p. e 629 c.p., aggravato Legge n. 203 del 1991, ex articolo 7 (lamenta erroneita' del computo della pena, per erronea individuazione del reato piu' grave, avendo la Corte di appello ritenuto tale quello di cui al capo 1., mentre sarebbe stato a suo dire quello di estorsione aggravata, punito con pena massima piu' elevata); 9 - violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera E), in riferimento agli articoli 62 bis e 133 c.p. (lamenta che la pena e' troppo elevata e che potevano essere ritenute le attenuanti generiche ed esclusa la recidiva). (ricorso avv. Valerio Vianello Accorretti). 1 - (capo 1) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 416 bis c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (lamenta mancata considerazione delle deduzioni costituenti oggetto di appello, con le quali era stata asseritamente dimostrata l'insufficienza del materiale indiziario raccolto, se analizzato "senza preclusioni e prevenzioni", a dimostrare la responsabilita' del ricorrente in ordine al reato di cui al capo 1., non risultando egli inserito in alcuna consorteria mafiosa); 2 - (capo 1) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 416 bis c.p., comma 2, e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (in difetto di valida motivazione in ordine al ruolo apicale attribuito al ricorrente); 3 - (capo 21) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 629 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso); 4 - (capo 53) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 629 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso); 5 - (capo 53) violazione ed erronea applicazione degli articoli 640 e 641 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (lamenta mancata qualificazione del reato ex articoli 640 o 641 c.p.); 6 - (capo 69) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 644 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso); 7 - (capo 70) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 629 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso); 8 - (capi 21. 53. 69. 70.) violazione ed erronea applicazione della Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso); 9 - (capo 96) violazione ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p. in relazione all'articolo 648 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso); 10 - violazione ed erronea applicazione dell'articolo 62 bis c.p. in relazione all'articolo 133 c.p., e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso quanto al diniego delle attenuanti generiche); 11 - violazione ed erronea applicazione dell'articolo 63 c.p. in relazione all'articolo 99 c.p., all'articolo 416 bis c.p., comma 4, alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (lamenta che gli aumenti per le predette circostanze speciali siano stati operati in violazione della disciplina stabilita dall'articolo 63 c.p., comma 4); 12 - violazione ed erronea applicazione dell'articolo 81 c.p., comma 2 e mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), (ripropone doglianze assimilabili a quelle esposte nell'altro ricorso quanto alla determinazione della pena per il reato continuato). 34.2. I ricorsi sono in toto inammissibili. 34.2.1. Il primo motivo del ricorso a firma dell'avv. CALABRESE ed i primi due del ricorso a firma dell'avv. VIANELLO riguardano l'affermazione di responsabilita', con ruolo apicale, in ordina al reato associativo di cui al capo 1), e possono essere esaminati congiuntamente. Trattasi di motivi all'evidenza generici, in quanto reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (sempre giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 438 ss. con riferimento alla specifica posizione del ricorrente) ha posto a fondamento della contestata affermazione di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni (che hanno natura di prova, e, per il loro inequivoco contenuto, non necessitavano di riscontri, pur avendone trovati negli ulteriori esiti investigativi, di natura testimoniale e collaborativa) che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta decisivi travisamenti. In particolare, secondo la Corte di appello, "le emergenze probatorie hanno ampiamente dimostrato la permanenza, nel territorio di Desio, di una struttura criminale dotata di inequivoci indici rivelatori della sua connotazione mafiosa. Quanto alla contestata assenza dei rapporti di "comparaggio", le plurime convergenti conversazioni intercettate a carico degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS)Moscato Saverio (OMISSIS)Pio Candeloro, danno conto dei rapporti interni tra sodali, tanto che (OMISSIS) puo' essere invitato al rispetto della regola della cassa comune (sollecitato dagli adepti) e a non essere esoso verso le vittime dell'"assistenziale" (pizzo), soltanto ad opera del capo locale (OMISSIS). Gli stessi sodali, poi, ripetutamele riferiscono alla "famiglia" e/o alla "ndrangheta" la paternita' delle varie azioni criminose svolte sul territorio". Le acquisite risultanze processuali hanno evidenziato la penetrazione del sodalizio nel tessuto economico del territorio di Desio, segnatamente in riferimento a due principali settori: l'autotrasporto gestito da (OMISSIS) e l'attivita' di usura gestita da (OMISSIS), con netta delimitazione delle sfere di reciproca competenza, come dimostrato dalla conversazione riportata a f. 440 della sentenza impugnata. La Corte di appello ha, poi, rilevato che "La valutazione della tipologia dei reati-fine contestati all'imputato, compatibili con questa penetrazione economica di settore (estorsioni ai danni di piccoli imprenditori ed usure), nonche' le ampie e dettagliate dichiarazioni di (OMISSIS) sul punto, debitamente riscontrate (segnatamente ad episodio (OMISSIS); vicenda (OMISSIS); possesso della dote della Santa da parte di (OMISSIS)), sono dati convergenti rimasti non confutati dalle censure proposte dall'appellante. Parimenti, la risoluzione del contrasto insorto tra (OMISSIS) ed esponenti della locale di Pioltello attraverso l'intervento di (OMISSIS), mastro generale della Lombardia (incontro del 21.11.2008, che faceva seguito ai precedenti contatti tra gli esponenti delle due locali, riscontrati dai servizi di osservazione degli operanti), prova - senza alcuna smentita - il ritenuto collegamento della locale di Desio con La Lombardia". (...)., Valorizzando i contenuti di due conversazioni citate a f. 440, si e' avuta prova del "legame tra locale di Desio e famiglia Iamonte di Melito Porto Salvo, dalla quale proviene l'"imbasciata" che (OMISSIS) comunica a (OMISSIS), riferita alle censurate condotte di (OMISSIS). Anche la locale di Desio, infatti, come ricordano bene (OMISSIS) e (OMISSIS) nella loro conversazione, ha il suo legame con la Calabria attraverso la famiglia Iamonte. A sua volta "quelli di Desio" sono pienamente integrati nella struttura La Lombardia, alla quale ricorrono quando si profilano contrasti di interessi con altre locali. La rigida ottemperanza alle regole che sovrintendono i rapporti tra locali, poi, viene icasticamente riproposta dall'episodio - riferito da (OMISSIS) - degli attentati dinamitardi alle discoteche Moda e Lady Caramel di Erba, riconducibili ad azioni di (OMISSIS) coadiuvato da (OMISSIS), il quale aveva previamente chiesto autorizzazione a (OMISSIS) per interventi nel territorio della locale di Erba. Alle espresse riserve di (OMISSIS), (OMISSIS) aveva desistito dal realizzare il proposito estorsivo, a conferma della riconosciuta delimitazione territoriale degli ambiti di "competenza" criminale vigente tra le locali lombarde. Quanto, infine, alla contestata sussistenza di una "struttura militare etero diretta dal boss", basterebbe il solo richiamo alle modalita' esecutive dell'estorsione in danno di (OMISSIS) (reato sub 21), a ritenere plasticamente concretato siffatto connotato". Dopo aver ricordato ulteriori, significativi episodi criminosi (f. 441 della sentenza impugnata), sono state dettagliatamente esaminate e puntualmente confutate le doglianze inerenti al ruolo verticistico attribuito all'imputato, motivatamente evidenziando che "Nel caso di specie si e' acquisita la prova dell'investitura al ruolo apicale attribuito in seno alla locale di Desio a (OMISSIS), attraverso le dichiarazioni di (OMISSIS), che hanno trovato riscontri individualizzanti (cfr. conversazione n. 59 dell'11.6.08, dalla quale risulta che (OMISSIS) ambisce alla dote del quartino, avendo gia' ricevuto, quindi, la dote della Santa, come riferito da (OMISSIS); nonche' episodi (OMISSIS) e (OMISSIS)) e non sono state, sul punto, confutate dall'appellante. Sono stati, altresi', acquisiti plurimi elementi di prova dai quali logicamente si inferisce la rilevanza della posizione assunta da questo appellante nel contestato sodalizio, tale da qualificarla secondo la fattispecie criminosa contestata", riepilogati a f. 442 ss., ed incensurabilmente concludendo che "l'impianto probatorio sia assolutamente coerente e convergente nel delineare a carico dell'appellante i connotati di un indiscusso ruolo apicale nella struttura della locale di ndrangheta di Desio, che di fatto il medesimo esercitava in conformita' alla qualifica che risulta essergli stata riconosciuta nell'ambito delle gerarchie interne del contestato sodalizio". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nei ricorsi una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 34.2.2. Il secondo motivo del ricorso a firma dell'avv. CALABRESE non e' consentito, ed e' comunque reiterativo, oltre che manifestamente infondato. Come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata (in parte qua non contestata in ricorso), l'imputato aveva chiesto in appello unicamente l'applicazione della disciplina della continuazione con i reato oggetto del separato procedimento evocato, richiesta ben diversa rispetto a quella oggetto del motivo in esame, che risulta, pertanto, inequivocabilmente nuova. Nel merito, comunque, la Corte di appello (f. 444 ss.) ha anche accolto la richiesta difensiva, riconoscendo l'invocata continuazione con l'indicato reato separatamente giudicato, e, comunque, pur non essendo stata integralmente riportata in ricorso la separata imputazione (il che rende la doglianza anche generica), dalla stessa prospettazione di parte appare comunque ben chiaro ed evidente che i reati dei quali si discute (quello giudicato e quello giudicando) sono certamente diversi, perche' commessi pacificamente in contesti territoriali e temporali diversi. Si aggiunga, ad abundantiam, che il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell'imputazione ed accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacche' si tratta di "fatto storico" diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi e' impedimento alcuno a procedere (Sez. 6 , sentenza n. 20315 del 5 marzo 2015, CED Cass. n. 263546). 34.2.3. I motivi da 3 a 5 del ricorso a firma dell'avv. CALABRESE e da 3 a 7 del ricorso a firma dell'avv. VIANELLO possono essere esaminati congiuntamente, riguardando gli ulteriori reati ascritti all'imputato. 34.2.3.1. Tutti i predetti motivi sono generici, perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (dettagliatamante a partire da f. 448 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', essenzialmente valorizzando plurime ed inequivocabili intercettazioni di conversazioni - sempre incensurabilmente interpretate ed in difetto di documentati travisamenti -, prove testimoniali - motivatamente ritenute precise, disinteressate, e quindi attendibili - e prove documentali, elementi sempre tutti convergenti nel legittimare la conclusiva decisione. 34.2.3.2. Per quanto riguarda i singoli reati, appare sufficiente fare integrale rinvio a quanto correttamente, esaurientemente, e quindi incensurabilmente in questa sede, osservato dalla Corte di appello: - (3 motivo ricorso CALABRESE e 3 , 4 e 5 ricorso VIANELLO - capi 21. e 53) a f. 448 ss. e 458 ss. della sentenza impugnata; - (4 motivo ricorso CALABRESE e 6 e 7 ricorso VIANELLO - capi 69. e 70.) a f. 462 ss. della sentenza impugnata; - (5 motivo ricorso CALABRESE e 9 ricorso avv. VIANELLO - capo 96.) a f. 469 ss. della sentenza impugnata. 34.2.3.3. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nei ricorsi una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 34.2.3.4. Il 5 motivo VIANELLO propone censure inerenti anche alla qualificazione giuridica del reato di cui al capo 53; esso e' consentito limitatamente alla richiesta di qualificare i fatti accertati come truffa (l'unica che aveva costituito oggetto di appello: cfr. riepilogo operato dalla Corte di appello a f. 458 della sentenza impugnata, la cui esaustivita' non e' contestata dal ricorrente, come, in ipotesi, in caso di omessa pronuncia, sarebbe stato doveroso, a pena di a-specificita' del motivo, poiche' la tempestiva deduzione in appello di una violazione di legge maturata in primo grado costituisce presupposto per la sua deduzione in Cassazione ex articolo 606 c.p.p., u.c.: Sez. 2 , sentenza n. 9028 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 259066), peraltro generica, perche' reiterativa, e comunque manifestamente infondata, in considerazione di quanto correttamente ed incensurabilmente osservato dalla Corte di appello a f. 460 della sentenza impugnata. L'integrale inammissibilita' dei ricorsi preclude in nuce la possibilita' di un eventuale intervento officioso ex articolo 619 c.p.p.. 34.2.4. Generici perche' ancora una volta reiterativi, e comunque manifestamente infondati, sono il 7 motivo del ricorso CALABRESE e l'8 motivo del ricorso VIANELLO, a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha ritenuto la configurabilita' della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 osservando incensurabilmente (f. 470 della sentenza impugnata) che "Quanto alla contestazione relativa all'aggravante Decreto Legge n. 152 del 1991, ex articolo 7 ritenuta sussistente per i reati-fine, si tratta di censura inammissibile, perche' non si confronta con gli argomenti esposti in sentenza a fondamento del punto deciso. Si richiamano, al riguardo, le modalita' mafiose del metodo utilizzato da (OMISSIS) nella consumazione dei reati-fine, come illustrate in motivazione, l'accertato assoggettamento delle vittime con forme di coercizione, fisica o psicologica, tali da palesare all'esterno la forza di intimidazione del sodalizio di appartenenza. Nel contempo, e' accertato che i proventi derivati dai reati-fine confluiscono nella cassa comune dell'associazione, agevolandone lo sviluppo e l'efficienza, come riscontrato dalle importanti conversazioni intervenute sul tema tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e tra questi e (OMISSIS), nonche' dai richiami di (OMISSIS) a (OMISSIS), riportate in sentenza". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nei ricorsi una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, ed in difetto di documentati travisamenti. 34.2.5. Generici, perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati sono l'8 motivo CALABRESE ed il 12 motivo VIANELLO, di analogo tenore, ed insistentemente argomentati in udienza, pur a fronte dei corretti ed esaurienti rilievi della Corte di appello (f. 139 ss. della sentenza impugnata), la cui decisione e' all'evidenza conforme al non considerato, ed ormai consolidato, orientamento di questa Corte (fra le tante, Sez. 3 , sentenza n. 6828 del 17 febbraio 2015, CED Cass. n. 262528), secondo il quale, in tema di continuazione tra reati diversi, l'individuazione del reato ritenuto in concreto piu' grave incontra un limite invalicabile costituito dal fatto che la pena prescelta non puo' mai essere inferiore a quella irrogabile per un reato concorrente, sanzionato con pena edittale maggiore nel minimo, con la conseguenza che, in presenza di due reati puniti con pene edittali diverse nella misura massima e minima, il giudice potra' liberamente scegliere quale sia la violazione piu' grave, ma dovra' irrogare per essa una pena non inferiore a quella che avrebbe dovuto infliggere per l'altra violazione punita, a seguito del giudizio di comparazione, con pena edittale maggiore nel minimo. 34.2.6. Generici perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati sono, ancora, il 9 motivo CALABRESE ed il 10 motivo VIANELLO, sul trattamento sanzionatorio (entrambi censurano il diniego delle attenuanti generiche; il primo anche la mancata esclusione della recidiva e la eccessiva quantificazione della pena), a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha argomentato le contestate statuizioni, valorizzando (f. 470 s della sentenza impugnata) il difetto di profili di meritevolezza, il ruolo apicale dell'imputato e la particolare violenza del suo comportamento evidenziata dalla plurime condotte delittuose ascrittegli, i gravi precedenti penali, indicativi di maggiore pericolosita' del reo. 34.2.7. L'11 motivo VIANELLO non e' consentito, poiche' dedotto per la prima volta in questa sede, non avendo costituito oggetto dell'appello (non figurando nel riepilogo nei motivi di appello, la cui esaustivita' non e' contestata dal ricorrente, come, in ipotesi, in caso di omessa pronuncia, sarebbe stato doveroso, a pena di a-specificita' del motivo, poiche' la tempestiva deduzione in appello di una violazione di legge maturata in primo grado costituisce presupposto per la sua deduzione in Cassazione ex articolo 606 c.p.p., u.c.: Sez. 2 , sentenza n. 9028 del 25 febbraio 2014, CED Cass. n. 259066). 34.2.7.1. Esso sarebbe, peraltro, manifestamente infondato: il ricorrente, secondo una tesi difensiva ormai insistentemente sostenuta nei processi di criminalita' organizzata, ma solo assertivamente, e senza il benche' minimo corredo argomentativo (il che appare francamente censurabile), pretenderebbe di qualificare come circostanza aggravante la contestata qualita' di capo o promotore del sodalizio di cui al capo 1), senza in alcun modo considerare che - come in piu' occasioni chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2 , sentenza n. 40254 del 12 giugno 2014, CED Cass. n. 260444; Sez. 5 , sentenza n. 8430 del 17 gennaio 2014; Sez. 1 , sentenza n. 1198 del 30 gennaio 1987) - la qualita' di capo o promotore e ruoli verticistici affini, secondo quanto espressamente previsto dall'articolo 416 bis c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 integra gli estremi di un autonomo reato, e non mera circostanza aggravante. Invero, il fatto di partecipare ad una associazione e' ben diverso dalla ipotesi di assumere un ruolo di tale preminenza da poter essere considerato come "capo" ovvero come "promotore" o "organizzatore" del sodalizio, in considerazione del fatto che le attivita' poste in essere da tale ultimo soggetto in posizione verticistica non si caratterizzano per la presenza di elementi meramente specializzanti rispetto alla condotta-base di partecipazione, ma si pongono, nei confronti di essa, in rapporto di alternativita'; risulta, pertanto, giustificato il diverso (e maggiore) disvalore attribuito dal legislatore alle condotte dei soggetti apicali, attraverso un distinto trattamento sanzionatorio. 35. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. 78. I. L. A7. A8. W. Y. - limitatamente alle condotte di minaccia -, esclusa la circostanza aggravante contestata sub I. ed L., unificati dal vincolo della continuazione, con la recidiva reiterata, e condannato alla pena di anni sedici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha riqualificato la fattispecie di cui al capo Y. come tentativo, ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle ulteriori affermazioni di responsabilita', ed ha ridotto la pena ad anni quindici e mesi nove di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS). 78) Del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso con persone non identificate, in attuazione del programma dell'associazione di cui al capo 1) svolgeva professionalmente attivita' di concessione di finanziamenti nei confronti di numerose persone (qui di seguito indicata in via esemplificativa e non esaustiva) senza essere iscritto nell'elenco di cui al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 106: (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 5.000,00 Euro), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 6.000,00 Euro), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (a cui erogava la somma complessiva di circa 71.000,00 Euro), (OMISSIS) (a cui erogava la somma complessiva di circa 7.000,00 Euro), (OMISSIS), (OMISSIS) (a cui erogava diverse somme per complessive 36.000,00 euro circa), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 15.000,00 euro), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 25.000,00 Euro), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 10 milioni di lire), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 10.000,00 Euro), (OMISSIS), (OMISSIS) ( a cui erogava in piu' soluzioni la somma di 36.000,00 Euro), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 20.000,00 Euro), (OMISSIS) (a cui erogava la somma di 17.000,00 euro circa). Con l'aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi della forza di intimidazione promanante dal sodalizio mafioso e al fine di favorire l'associazione meglio indicata al capo 1). In Desio fino al marzo 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS). I) articolo 110 c.p., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, al fine di consentire a (OMISSIS) di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, quest'ultimo intestava fittiziamente a (OMISSIS) un immobile sito in Misinto via (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il sodalizio mafioso. In Desio il 4.6.08. (OMISSIS). L) Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', la fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, intestava fittiziamente alla Bar Byblos Cafe' sas di (OMISSIS) c. (facente capo alla moglie (OMISSIS)), l'azienda costituita dal Bar Byblos sito in Desio, di cui era l'effettivo titolare. Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il sodalizio mafioso. In Desio il 27.3.07. (OMISSIS) - (OMISSIS). Y) articolo 110 c.p., 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro e con persone non identificate, mediante violenza e minaccia, qui di seguito descritte, costringeva (OMISSIS) a corrispondere interessi usurari meglio indicati al capo che precede in tal modo cagionando a (OMISSIS) danno con proprio profitto. Minacce e violenze consistite in: d) Prospettare a (OMISSIS) e al fratello di quest'ultimo la morte in caso di mancato pagamento; e) Farlo percuotere violentemente dal nipote di (OMISSIS), (allo stato non identificato) cagionandogli la rottura dei denti e riferendogli che il nipote aveva ucciso suo padre e avrebbe avuto ancora minori scrupoli a fare altrettanto con (OMISSIS); f) Prospettare gravi conseguenze ai familiari di (OMISSIS) nel caso di mancato pagamento. Con le aggravanti di aver commesso il fatto da parte di appartenente al sodalizio mafioso, al fine di agevolare il sodalizio e con modalita' mafiose. In Desio dal 2002 al 2010. (OMISSIS). w) articolo 110 c.p., articolo 644 c.p., comma 1 e comma 5, n. 5, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', prestava a (OMISSIS) le somme qui di seguito indicate: euro 30.000,00 facendosi consegnare, quale corrispettivo, n. 24 cambiali con scadenza mensile dell'importo di euro 1.500,00 l'una, per un totale di euro 36.000,00 e pattuendo maggiorazioni del 15% mensili nel caso di insoluto di una cambiale. euro 27.000,00 facendosi consegnare, quale corrispettivo, n. 24 cambiali con scadenza mensile dell'importo di euro 1.500,00 l'una, per un totale di euro 36.000,00 e pattuendo maggiorazioni del 15% mensili nel caso di insoluto di una cambiale. euro 14.000,00 facendosi consegnare, quale corrispettivo, n. 18 cambiali con scadenza mensile dell'importo di euro 1.000,00 l'una, per un totale di euro 36.000,00 e pattuendo maggiorazioni del 15% mensili nel caso di insoluto di una cambiale. In tal modo pattuendo e riscuotendo interessi usurari. Con le aggravanti di aver commesso il fatto da parte di appartenente al sodalizio mafioso, al fine di agevolare il sodalizio. In Desio fino al 2010. Con la recidiva per (OMISSIS). Con la recidiva reiterata infraquinquennale per (OMISSIS). (OMISSIS) - (OMISSIS). A-7) del delitto p. e p. dall'articolo 81 cpv c.p., articolo 644 c.p., comma 5, n. 4, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, si facevano promettere e consegnare da (OMISSIS): a) la somma di euro 1.200.00 (che ricevevano nell'immediatezza in assegno bancario) a fronte di un prestito di 1.000.00 euro. b) un assegno a favore di (OMISSIS) di 10.000.00 euro a fronte dell'anticipo al venditore della somma di 4.000,00 euro pari al valore di una autovettura SMART acquistata dalla parte lesa, (assegno poi risultato di provenienza illecita e sostituito dal versamento di una somma in contanti pari a 9.000.00 Euro). Con l'aggravante di avere commesso il fatto per agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1) e ai danni di un imprenditore. Commesso in luogo non accertato in epoca antecedente e prossima all'agosto 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS). A8) del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2, in riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, mediante minaccia e violenza costringevano (OMISSIS) a corrispondere gli interessi usurari indicati al punto B) del capo che precede, di ammontare complessivo pari a euro 5000.00 ottenendo in tal modo un ingiusto profitto con altrui danno. Minacce e violenze consistite: (OMISSIS) e (OMISSIS) alias " (OMISSIS)" nell'effettuare numerose telefonate minacciando la parte offesa di un male ingiusto (a titolo esemplificativo ".... Se non mi chiami io vengo e ti faccio male... "1: tutti nel colpire con calci, pugni e schiaffi la parte offesa, in occasione di un incontro nel parcheggio antistante il ristorante della madre (OMISSIS), procurandole lesioni al viso e in varie parti del corpo. Con le aggravanti dell'avere agito in piu' persone riunite; dell'essere stata la violenza e minaccia posta in essere da persona ( (OMISSIS)) che fa parte dell'associazione mafiosa; dell'avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e al fine di agevolare l'attivita' dell'associazione di cui al capo 1). In Mornico nell'estate 2009. 35.1. Ricorso di (OMISSIS). L'imputato in primo grado e' stato dichiarato colpevole dei reati di cui ai capi 1. e 21., unificati dal vincolo della continuazione, con la recidiva infraquinquennale, e condannato alla pena di anni dodici di reclusione, con le statuizioni accessorie, anche in favore della parti civili. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado quanto alle affermazioni di responsabilita', ma ha escluso l'aumento per la recidiva, ed ha conseguentemente ridotto pena ad anni undici di reclusione, disponendo le statuizioni accessorie del grado in favore delle parti civili. Con riguardo al reato associativo, si richiama l'imputazione riportata sub p. 6. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) (in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) giudicati separatamente). 21) Del reato p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., commi 1 e 3, D.L n. 152 del 1991, articolo 7 perche' in concorso tra loro e con (OMISSIS) e (OMISSIS) (nei confronti dei quali si procede separatamente): (OMISSIS) quale promotore e coordinatore dell'azione criminale nonche' quale autore delle minacce e delle percosse in danno del (OMISSIS); (OMISSIS) quale autista del veicolo in cui la vittima e' stata caricata; (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) quali soggetti attivi tutti addetti alla "copertura e vigilanza" dell'area teatro dell'azione delittuosa; (OMISSIS) quale osservatore addetto a seguire gli spostamenti della vittima nelle fasi antecedenti l'azione delittuosa e "palo" durante lo svolgimento dell'azione criminale: mediante violenza e minaccia (qui di seguito descritte) costringevano (OMISSIS) (titolare dell'impresa di autotrasporti " (OMISSIS) S.N.C," di (OMISSIS) e (OMISSIS)) a rimettere un debito che (OMISSIS) aveva maturato nei confronti del (OMISSIS), avendo trattenuto e non restituendo un autocarro messo a disposizione dallo stesso (OMISSIS), cagionandogli in tal modo danno con proprio profitto. Violenza e minaccia consistite nel prospettare da parte di (OMISSIS) mali ingiusti al (OMISSIS) colpendolo con pugni alla presenza di tutti i concorrenti nel reato che cosi rafforzavano il proposito del (OMISSIS) nonche' nell'avvalersi della forza d'intimidazione derivante dall'appartenenza ad una consorteria di ndrangheta tale da determinare nella vittima un autentico terrore per la propria incolumita'. Con le aggravanti di aver commesso il fatto in pu' persone riunite, avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e da parte di appartenente al sodalizio di cui al capo 1). In Cesano Maderno (MI) il 07.10.2009. 35.2. Ricorso di (OMISSIS). L'imputata in primo grado e' stata dichiarata colpevole dei reati di cui ai capi A6. A7. A8, I. - per quest'ultimo esclusa la circostanza aggravante - unificati dal vincolo della continuazione e con le attenuanti generiche, e condannata alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 1.600,00 di multa, con le statuizioni accessorie. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, disponendo le statuizioni accessorie del grado. (OMISSIS) - (OMISSIS). I) articolo 110 c.p., Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, al fine di consentire a (OMISSIS) di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, quest'ultimo intestava fittiziamente a (OMISSIS) un immobile sito in Misinto via (OMISSIS). Con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare il sodalizio mafioso. In Desio il 4.6.08. (OMISSIS) (contestazione P.M. udienza 27/9/12). A6) del delitto p. e p. dall'articolo 378 c.p. e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', dopo che era stato commesso il delitto di usura in danno di (OMISSIS) meglio indicato nel capo W) del decreto di giudizio immediato, con la condotta di seguito meglio indicata aiutava (OMISSIS) ad eludere le investigazioni dell'autorita'. In particolare, dopo che era stata eseguita misura cautelare nei confronti di (OMISSIS) ed erano stati sequestrati presso l'abitazione di quest'ultimo titoli cambiari emessi dalla parte lesa, si recava presso l'abitazione della (OMISSIS) e qualificandosi come la "compagna" di (OMISSIS), le comunicava che (OMISSIS) le mandava a dire dal carcere che qualora lei e la sorella (OMISSIS) fossero state sentite dagli investigatori avrebbero dovuto affermare, contrariamente al vero, che i loro rapporti con (OMISSIS) erano legati esclusivamente all'acquisto di autoveicoli e non ad altro, con cio' invitandola a tacere dei rapporti di natura usuraria. Con l'aggravante di avere commesso il fatto al fine di favorire l'associazione meglio indicata al capo 1). In Lentate sul Seveso a fine luglio 2010. (OMISSIS) - (OMISSIS). A-7) del delitto p. e p. dall'articolo 81 cpv c.p., articolo 644 c.p., comma 5, n. 4, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, si facevano promettere e consegnare da (OMISSIS): a) la somma di euro 1.200.00 (che ricevevano nell'immediatezza in assegno bancario) a fronte di un prestito di 1.000.00 Euro; b) un assegno a favore di (OMISSIS) di 10.000.00 euro a fronte dell'anticipo al venditore della somma di 4.000,00 euro pari al valore di una autovettura SMART acquistata dalla parte lesa, (assegno poi risultato di provenienza illecita e sostituito dal versamento di una somma in contanti pari a 9.000.00 euro). Con l'aggravante di avere commesso il fatto per agevolare il sodalizio criminoso meglio indicato al capo 1) e ai danni di un imprenditore. Commesso in luogo non accertato in epoca antecedente e prossima all'agosto 2009. (OMISSIS) - (OMISSIS) - (OMISSIS). A8) del delitto p. e p. dall'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., comma 2, in riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 perche', in concorso tra loro, mediante minaccia e violenza costringevano (OMISSIS) a corrispondere gli interessi usurari indicati al punto B) del capo che precede, di ammontare complessivo pari a euro 5000.00 ottenendo in tal modo un ingiusto profitto con altrui danno. Minacce e violenze consistite: (OMISSIS) e (OMISSIS) alias " (OMISSIS)" nell'effettuare numerose telefonate minacciando la parte offesa di un male ingiusto (a titolo esemplificativo ".... Se non mi chiami io vengo e ti faccio male... "); tutti nel colpire con calci, pugni e schiaffi la parte offesa, in occasione di un incontro nel parcheggio antistante il ristorante della madre (OMISSIS), procurandole lesioni al viso e in varie parti del corpo. Con le aggravanti dell'avere agito in piu' persone riunite; dell'essere stata la violenza e minaccia posta in essere da persona ( (OMISSIS)) che fa parte dell'associazione mafiosa; dell'avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. e al fine di agevolare l'attivita' dell'associazione di cui al capo 1). In Mornico nell'estate 2009. 35.2. Con l'ausilio dei medesimi co-difensori (avv. Covini e Mazzacuva), in tre ricorsi distinti (per complessive 187 pagine), gli imputati denunciano: (ricorso (OMISSIS)): 1 - inosservanza degli articoli 517 c.p.p. e ss., articoli 438 c.p.p. e ss., articoli 526 c.p.p. e ss. nonche' palese illogicita' e manifesta contraddittorieta' della sentenza impugnata nella parte in cui non e' stato ammesso il rito abbreviato per i reati oggetti di contestazione suppletiva all'udienza del 27.9.2012, nonche' altresi' per tutte le altre fattispecie contestate, e nullita' della sentenza impugnata con riguardo ai capi oggetto della suddetta contestazione suppletiva (con riferimento al rigetto della richiesta di accesso al rito abbreviato per i reati oggetto della menzionata contestazione suppletiva e per tutti gli altri per i quali si era inizialmente optato per il giudizio ordinario, lamenta che l'esercizio della predetta facolta' di accesso al rito abbreviato doveva essere ritenuto legittimo gia' in via interpretativa, valorizzando il dictum di Corte Cost. n. 333 del 2009 e n. 237 del 2012, ed applicando analogicamente l'articolo 441 bis c.p.p., dovendo in alternativa prospettarsi la necessita' di sollevare questione di costituzionalita' dell'articolo 517 c.p.p. se interpretato in senso restrittivo; lamenta in via gradata l'illegittimita' dell'ordinanza di rigetto con riferimento ai soli reati oggetto di contestazione suppletiva - A7 ed A8 -; reitera questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 517 c.p.p. per violazione degli articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che a seguito di contestazioni ex articolo 517 c.p.p. la parte abbia il diritto di chiedere di procedere con rito abbreviato per tutti i reati ascrittigli, ovvero anche per quelli non costituenti oggetto di nuova contestazione; lamenta inoltre la nullita' della sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi A7 ed A8 per essere stata utilizzate ai fini dell'affermazione di responsabilita' dichiarazioni assunte prima della formulazione dell'accusa suppletiva, citando a sostegno Cass. n. 1327 del 1997); 2 - (capo 1) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 416 bis c.p., nonche' dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), (lamenta la genericita' ed insufficienza degli elementi probatori - peraltro valorizzati con la tecnica della motivazione per relationem, recependo integralmente il convincimento del primo giudice - posti a carico del ricorrente e l'irrilevanza delle valorizzate captazioni - dalle quali sarebbero emersi unicamente elementi privi della necessaria gravita', precisione ed inequivocita' -, poiche' tutti gli elementi valorizzati - che riepiloga e riconsidera - sarebbero stati arbitrariamente e soggettivamente interpretati, e non sarebbe stato chiarito se l'imputato avesse o meno una dote ed un ruolo nella locale di Desio, come ipotizzato dalla contestazione; ne' puo' ritenersi provata la sua partecipazione ad incontri aventi natura di summit, ovvero i suoi rapporti con gli altri asseriti partecipi al sodalizio criminoso); 3 - (capo 78) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 (dopo avere ricordato che anche il PG di udienza aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato e riepilogato le norme applicabili, lamenta che l'accertata indebita attivita' di intermediazione finanziaria non si svolgeva in prevalenza nei confronti del pubblico e comunque che il reato non fosse configurabile in difetto dei presupposti richiesti dal Decreto Ministeriale n. 29 del 2009, articolo 13; poteva al piu' essere configurata la piu' favorevole fattispecie di cui all'articolo 132, comma 2, Decreto Legislativo cit., nella stesura vigente al tempo dei fatti, peraltro nelle more abbondantemente prescritta; numerosi presunti debitori hanno, inoltre, negato di aver pagato somme a titolo di interesse all'imputato, ed inoltre la Corte di appello non ha tenuto conto del fatto che la contestazione le consentiva di attribuire rilevanza soltanto a condotte poste in essere fino a marzo 2009; andava comunque esclusa la circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7); 4 - (capo I) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies nonche' articolo 521 c.p.p. (l'affermazione di responsabilita' sarebbe stata motivata in contrasto con le risultanze dibattimentali, che dimostrerebbero al contrario l'insussistenza del reato, e trascurando di esaminare analiticamente i rilievi difensivi; difetterebbe, in particolare, la necessaria finalita' elusiva, essendo dimostrata l'assoluzione dell'imputato da contestazioni che avrebbero potuto originare in suo danno un procedimento di prevenzione, e, nel caso di specie, la contestata intestazione fittizia era avvenuta, secondo la contestazione, in data 4.6.2008, ovvero quando le citate assoluzioni erano gia' note - dal 13.5.2008; manca inoltre persino prova dell'effettivo verificarsi delle ipotizzate intestazioni fittizie, poiche' nulla consente di ricondurre l'acquisto da parte della sig. (OMISSIS) dell'immobile sito in Misinto, via (OMISSIS), ad un trasferimento da parte dell'imputato; andrebbe comunque esclusa la fittizieta' dell'intestazione de qua); 5 - (capo L) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12quinquies (anche in questo caso, l'affermazione di responsabilita' sarebbe stata motivata in contrasto con le risultanze dibattimentali, che dimostrerebbero al contrario l'insussistenza del reato, e trascurando di esaminare analiticamente i rilievi difensivi; non vi sarebbe stata, infatti, alcun fittizio trasferimento del bene oggetto della contestazione, ne' una fittizia attribuzione; ne' incombeva sull'interessato dar prova - come sembrerebbe affermato a f. 489 dell'impugnata sentenza, dell'assenza della finalita' di elusione richiesta dalla norma incriminatrice che si assume violata); 6 - (capo Y come riqualificato) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione degli articoli 56 e 629 c.p., articolo 393 c.p., articoli 1418 e 2041 c.c. (la vicenda, riguardante la restituzione di un prestito fatto dall'imputato alla p.o. (OMISSIS) andava piuttosto qualificata ex articoli 56 e 393 c.p., fondando su una pretesa civilistica azionabile ex articolo 2041 c.c.; non sarebbe configurabile il delitto di tentata estorsione, in difetto del necessario dolo, come chiarito anche di recente da plurime decisioni giurisprudenziali che richiama, e comunque per difetto di costrizione in danno della p.o.; andavano comunque escluse le aggravanti di cui all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 - in difetto dell'appartenenza al sodalizio di cui al capo 1. - e Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - come gia' ritenuto dal Tribunale per i reati di cui ai capi I. ed L.); 7 - (capo W) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 644 c.p. (l'affermazione di responsabilita' sarebbe anche in questo caso basata sulle argomentazioni - integralmente richiamate per relationem - del Tribunale, dalle quali peraltro sarebbe dato evincere all'evidenza l'insussistenza del reato, in quanto nessuno dei plurimi rapporti inter partes avrebbe carattere di usurarieta' quanto al tasso, ne' ricorrerebbero gli estremi della fattispecie di cui all'articolo 644 c.p., comma 3, seconda parte; andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - come gia' ritenuto dal Tribunale per i reati di cui ai capi I. ed L.); 8 - (capo A7) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 644 c.p., comma 5, n. 4 e Legge n. 203 del 1991, articolo 7 (l'affermazione di responsabilita' sarebbe ancora una volta basata su un supporto argomentativo carente, che trascura di valutare i numerosi elementi asseritamente favorevoli alla difesa, e non da conto delle numerose incongruenze rilevabili dalla deposizione della p.o., che dovrebbero inficiarla in toto senza possibilita' di valida valutazione frazionata; ripercorre i singolo episodi fattuali enucleati dalla contestazione, per lamentare che in realta' le intercettazioni richiamate non legittimano l'assunto della condotta consistente nella ricezione in prestito di 1.000,00 euro, in relazione alla quale, peraltro, in difetto della prova della durata, non puo' dirsi accertato il tasso praticato; la vicenda del finanziamento di 4.000,00 euro e' stata contraddittoriamente ricostruita, e senza tenere conto dell'attivita' svolta dall'imputato nel settore del commercio di autovetture; ne' poteva ritenersi, comunque, ritenersi sussistente la contestata aggravante, non essendo stato dimostrato che i finanziamenti de quibus fossero stati erogati al (OMISSIS) in relazione ad attivita' d'impresa - comunque non esercitata, se non sporadicamente e di fatto preclusa dal fatto di essere pluri-protestato - oppure a titolo personale; andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - come gia' ritenuto dal Tribunale per i reati di cui ai capi I. ed L.); 9 - (capo A8) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 629 c.p., comma 2, e articolo 628, comma 3, nn. 1 e 3, - Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - articolo 603 c.p.p. (lamenta, in relazione all'intervenuta contestazione suppletiva, la nullita' del capo di imputazione e la violazione dell'articolo 491 c.p.p., richiamando quanto gia' dedotto con il 1 motivo di ricorso in relazione all'asseritamente indebita utilizzazione ai fini dell'affermazione di responsabilita' di dichiarazioni testimoniali assunte prima delle nuove contestazioni; lamenta che la richiesta di riascoltare i testi (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe stata formulata dai legali dell'epoca ma sarebbe rimasta inascoltata, e sarebbe stata invano riproposta con i motivi di appello; lamenta che l'episodio contestato si inserirebbe nell'ambito di una pluralita' di rapporti di debito-credito tra (OMISSIS) e la coppia (OMISSIS) - (OMISSIS) e che l'alterazione dei toni rilevabile dalle intercettazioni valorizzate sarebbe ricollegata ad un comportamento scorretto della presunta p.o. avente ad oggetto un assegno, il cui verificarsi e' confermato anche testimonialmente; non vi sarebbe stata alcuna spedizione punitiva, ma un semplice alterco, tanto vero che persino la madre della presunta p.o. ha dichiarato di non essersi accorta che il figlio, in occasione del presunto pestaggio, avesse in volto tagli, lesioni ed ecchimosi, ed avrebbe soltanto sentito parlare di due schiaffi dati da (OMISSIS) detta (OMISSIS) al figlio; non risulterebbero congruamente spiegate le ragioni per le quali sono state ritenute attendibili le sole parti dell'esame del (OMISSIS) sfavorevoli all'imputato, ne' risulta attivato il necessario sub procedimento incidentale volto ad accertare che il dichiarante fosse stato sottoposto a pressioni per ritrattare quanto dichiarato in fase di indagini preliminari agli operanti, risultando all'uopo irrilevante la mera circostanza della intervenuta ritrattazione dibattimentale; andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - come gia' ritenuto dal Tribunale per i reati di cui ai capi I. ed L; detta aggravante andava comunque ritenuta sostanzialmente incompatibile con quella di cui all'articolo 638 c.p., comma 3, n. 3); 10 - erronea applicazione dell'articolo 240 c.p. e del Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 sexies quanto alla confisca del magazzino sito in Seregno e del terreno sito in Desio; violazione dell'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), e vizio di motivazione (lamenta che - come si ritiene di aver dimostrato nell'atto di appello, attraverso argomentazioni non adeguatamente esaminate dalla Corte di appello - nulla dimostra che i predetti beni fossero stati acquistati con denaro dell'imputato e solo fittiziamente intestati alla figlia (OMISSIS), essendo stata valorizzata unicamente la presunta sproporzione tra i redditi dell'intestataria ed il valore di beni, rendendo operante in danno di un terzo una presunzione in realta' legittima solo in danno dell'imputato; nell'atto di appello sarebbe stata indicata la ragione per la quale la intestataria aveva potuto concludere i contestati acquisti, ma la Corte di appello non ne avrebbe tenuto conto); 11 - erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio (articoli 132, 133, 69 e 62 bis c.p., Legge n. 203 del 1991, articolo 7), mancanza di motivazione in ordine alle statuizioni civili. Lamenta: - ingiustificata eccessivita' della pena; - ingiustificato diniego delle attenuanti generiche; - insussistenza della recidiva reiterata e comunque eccessivita' dell'aumento per essa operato; - erronea determinazione della pena per il reato continuato; - omessa motivazione delle statuizioni civili. (ricorso (OMISSIS)): 1 - (capo 1) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 416 bis c.p., nonche' dell'articolo 125 c.p.p., comma 3, e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), (lamenta la genericita' ed insufficienza degli elementi probatori - peraltro valorizzati con la tecnica della motivazione per relationem, recependo integralmente il convincimento del primo giudice - posti a carico del ricorrente e l'irrilevanza delle valorizzate captazioni - dalle quali sarebbero emersi unicamente elementi privi della necessaria gravita', precisione ed inequivocita' -, poiche' tutti gli elementi valorizzati - che riepiloga e riconsidera - sarebbero stati arbitrariamente e soggettivamente interpretati, e non sarebbe stato chiarito se l'imputato avesse o meno una dote ed un ruolo nella locale di Desio, come ipotizzato dalla contestazione; ne' puo' ritenersi provata la sua partecipazione ad incontri aventi natura di summit, ovvero i suoi rapporti con gli altri asseriti partecipi al sodalizio criminoso, avendo egli essenzialmente intrattenuto rapporti soltanto con lo zio (OMISSIS); neanche il collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha fatto cenno all'imputato); 2 - (capo 21) erronea applicazione degli articoli 43, 110 e 629 c.p.) nonche' violazione degli articoli 530 e 533 c.p.p., e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera E), e manifesta illogicita' della sentenza (lamenta la propria assoluta estraneita' alla vicenda, essendo stata valorizzata ai fini dell'affermazione di responsabilita' un'intercettazione la cui interpretazione era stata stravolta, poiche' essa dimostrava inequivocabilmente che la p.o. era grata a (OMISSIS), il quale si ripete, era estraneo al fatto accaduto, quale che ne fosse la matrice; l'assunto difensivo sarebbe corroborato anche da ulteriori intercettazioni e persino dalla testimonianza del m.llo (OMISSIS)); 3 - erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio (articoli 132, 133, 69 e 62 bis c.p., Legge n. 203 del 1991, articolo 7), mancanza di motivazione in ordine alle statuizioni civili. Lamenta: - ingiustificata eccessivita' della pena; - ingiustificato diniego delle attenuanti generiche; - erronea determinazione della pena per il reato continuato; - omessa motivazione delle statuizioni civili. (ricorso (OMISSIS)): 1 - inosservanza degli articoli 517 ss., 438 ss., 526 ss. c.p.p. nonche' palese illogicita' e manifesta contraddittorieta' della sentenza impugnata nella parte in cui non e' stato ammesso il rito abbreviato per i reati oggetti di contestazione suppletiva all'udienza del 27.9.2012, nonche' altresi' per tutte le altre fattispecie contestate, e nullita' della sentenza impugnata con riguardo ai capi oggetto della suddetta contestazione suppletiva (con riferimento al rigetto della richiesta di accesso al rito abbreviato per i reati oggetto della menzionata contestazione suppletiva e per tutti gli altri per i quali si era inizialmente optato per il giudizio ordinario, lamenta che l'esercizio della predetta facolta' di accesso al rito abbreviato doveva essere ritenuto legittimo gia' in via interpretativa, valorizzando il dictum di Corte Cost. n. 333 del 2009 e n. 237 del 2012, ed applicando analogicamente l'articolo 441 bis c.p.p., dovendo in alternativa prospettarsi la necessita' di sollevare questione di costituzionalita' dell'articolo 517 c.p.p. se interpretato in senso restrittivo; lamenta in via gradata l'illegittimita' dell'ordinanza di rigetto con riferimento ai soli reati oggetto di contestazione suppletiva - A7 ed A8 -; reitera questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 517 c.p.p. per violazione degli articoli 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che a seguito di contestazioni ex articolo 517 c.p.p. la parte abbia il diritto di chiedere di procedere con rito abbreviato per tutti i reati ascrittigli, ovvero anche per quelli non costituenti oggetto di nuova contestazione; lamenta inoltre la nullita' della sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi A6, A7 ed A8 per essere stata utilizzate ai fini dell'affermazione di responsabilita' dichiarazioni assunte prima della formulazione dell'accusa suppletiva, citando a sostegno Cass. n. 1327 del 1997); 2 - (capo I) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputata, con violazione dell'articolo 110 c.p. e Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12quinquies nonche' articolo 521 c.p.p. (l'affermazione di responsabilita' sarebbe stata motivata in contrasto con le risultanze dibattimentali, che dimostrerebbero al contrario l'insussistenza del reato, e trascurando di esaminare analiticamente i rilievi difensivi; difetterebbe, in particolare, la necessaria finalita' elusiva, essendo dimostrata l'assoluzione del co-imputato (OMISSIS) da contestazioni che avrebbero potuto originare in suo danno un procedimento di prevenzione, e, nel caso di specie, la contestata intestazione fittizia era avvenuta, secondo la contestazione, in data 4.6.2008, ovvero quando le citate assoluzioni erano gia' note - dal 13.5.2008 -; manca inoltre persino prova dell'effettivo verificarsi delle ipotizzate intestazioni fittizie, poiche' nulla consente di ricondurre l'acquisto da parte della sig. (OMISSIS) dell'immobile sito in Misinto, via (OMISSIS), ad un trasferimento da parte dell'imputato; andrebbe comunque esclusa la fittizieta' dell'intestazione de qua); 3 - (capo A6) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputata, con violazione degli articoli 378 e 384 c.p. (l'affermazione di responsabilita' sarebbe ancora una volta basata su un supporto argomentativo carente, che trascura di valutare i numerosi elementi asseritamente favorevoli alla difesa, desumibili in particolare dalle deposizione testimoniale della (OMISSIS), a dire della quale l'imputata le avrebbe unicamente detto di dire ai CC quello che era successo; tali dichiarazioni collimano con quanto spontaneamente dichiarato dalla (OMISSIS); la condotta sarebbe comunque non punibile ex articolo 384 c.p., comma 1, perche' mossa dalla cogente necessita' di salvare se' stessa dal pericolo di grave nocumento nella liberta'; e' stata inoltre erroneamente ritenuta l'inapplicabilita' dell'articolo 384 c.p. quanto meno in relazione alla menzionata condizione di convivente more uxorio dell'imputato (OMISSIS), gia' ammessa dalla Cassazione con sentenza n. 40912 del 2012; andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 tenuto anche conto dell'estraneita' della (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo 1.); 4 - (capo A7) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputata, con violazione dell'articolo 644 c.p., comma 5, n. 4 e Legge n. 203 del 1991, articolo 7 (l'affermazione di responsabilita' sarebbe ancora una volta basata su un supporto argomentativo carente, che trascura di valutare i numerosi elementi asseritamente favorevoli alla difesa, e non da' conto delle numerose incongruenze rilevabili dalla deposizione della p.o., che dovrebbero inficiarla in toto senza possibilita' di valida valutazione frazionata; ripercorre i singoli episodi fattuali enucleati dalla contestazione, per lamentare che in realta' le intercettazioni richiamate non legittimano l'assunto della condotta consistente nella ricezione in prestito di 1.000,00 euro, in relazione alla quale, peraltro, in difetto della prova della durata, non puo' dirsi accertato il tasso praticato; la vicenda del finanziamento di 4.000,00 euro e' stata contraddittoriamente ricostruita, e senza tenere conto dell'attivita' svolta dall'imputato nel settore del commercio di autovetture; ne' poteva ritenersi, comunque, ritenersi sussistente la contestata aggravante, non essendo stato dimostrato che i finanziamenti de quibus fossero stati erogati al (OMISSIS) in relazione ad attivita' d'impresa - comunque non esercitata, se non sporadicamente e di fatto preclusa dal fatto di essere pluri-protestato - oppure a titolo personale; non sono state adeguatamente spiegate le ragioni per le quali e' stata negata la chiesta - per le ragioni spiegate nel corpo del 1 motivo - rinnovazione dibattimentale; si e' trascurato di differenziare la posizione dell'imputata, non accusata anche del reato di cui al capo 1.; andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 tenuto anche conto dell'estraneita' della (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo 1.); 5 - (capo A8) erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilita' dell'imputato, con violazione dell'articolo 629 c.p., comma 2, e articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, - Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - articolo 603 c.p.p. (lamenta, in relazione all'intervenuta contestazione suppletiva, la nullita' del capo di imputazione e la violazione dell'articolo 491 c.p.p., richiamando quanto gia' dedotto con il I motivo di ricorso in relazione all'asseritamente indebita utilizzazione ai fini dell'affermazione di responsabilita' di dichiarazioni testimoniali assunte prima delle nuove contestazioni; lamenta che la richiesta di riascoltare i testi (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe stata formulata dai legali dell'epoca ma sarebbe rimasta inascoltata, e sarebbe stata invano riproposta con i motivi di appello; lamenta che l'episodio contestato si inserirebbe nell'ambito di una pluralita' di rapporti di debito-credito tra (OMISSIS) e la coppia (OMISSIS) - (OMISSIS) e che l'alterazione dei toni rilevabile dalle intercettazioni valorizzate sarebbe ricollegata ad un comportamento scorretto della presunta p.o. avente ad oggetto un assegno, il cui verificarsi e' confermato anche testimonialmente; non vi sarebbe stata alcuna spedizione punitiva, ma un semplice alterco, tanto vero che persino la madre della presunta p.o. ha dichiarato di non essersi accorta che il figlio, in occasione del presunto pestaggio, avesse in volto tagli, lesioni ed ecchimosi, ed avrebbe soltanto sentito parlare di due schiaffi dati da (OMISSIS) detta (OMISSIS) al figlio; non risulterebbero congruamente spiegate le ragioni per le quali sono state ritenute attendibili le sole parti dell'esame del (OMISSIS) sfavorevoli all'imputato, ne' risulta attivato il necessario sub procedimento incidentale volto ad accertare che il dichiarante fosse stato sottoposto a pressioni per ritrattare quanto dichiarato in fase di indagini preliminari agli operanti, risultando all'uopo irrilevante la mera circostanza della intervenuta ritrattazione dibattimentale; andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 tenuto anche conto dell'estraneita' dell'imputata rispetto al sodalizio di cui al capo 1, e della mancata prova della sua consapevolezza di favorire la realizzazione delle sue finalita'; detta aggravante andava comunque ritenuta sostanzialmente incompatibile con quella di cui all'articolo 638 c.p., comma 3, n. 3); 6 - erronea applicazione della legge penale nonche' manifesta illogicita' ed evidente contraddittorieta' della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio (articoli 132, 133, 69 e 62 bis c.p., Legge n. 203 del 1991, articolo 7), mancanza di motivazione in ordine alle statuizioni civili. Lamenta: - ingiustificata eccessivita' della pena; - mancata comparazione delle attenuanti generiche con l'aggravante di cui all'articolo 629 c.p., comma 2 - articolo 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, poiche' alla data di commissione del fatto - estate 2009, id est 21 giugno 2009 in applicazione del favor rei - il divieto di "bilanciamento" ritenuto dalla Corte di appello non era vigente; - andava, in ogni caso, ancora una volta esclusa l'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 - come gia' ritenuto dal Tribunale per i reati di cui ai capi I. ed L. 35.4. Il ricorso di (OMISSIS) e', nel suo complesso, infondato. 35.4.1. Il primo motivo e' infondato. Deve premettersi che le articolate (e pregevolmente argomentate) questioni proposte dalla difesa sono state correttamente ed incensurabilmente esaminate dalla Corte di appello (f. 29 ss. e f. 497 della sentenza impugnata). A quanto in quelle sedi osservato, deve aggiungersi quanto segue: a) con riferimento alle implicazioni delle disciplina dettata dall'articolo 517 c.p.p. in tema di accesso "tardivo" al rito abbreviato, l'interpretazione della difesa non e' condivisibile perche', con riguardo ai reati gia' contestati, l'imputato, scegliendo di procedere con rito ordinario, assume consapevolmente l'alea di nuove contestazioni; b) proprio perche' le situazioni (reati contestati ex ante ovvero con contestazione sopravvenuta) sono diverse, non appare fondata la dedotta questione di legittimita' costituzionale, per l'evidente disomogeneita' del tertium comparationis; c) d'altro canto, tutte le decisioni della Corte costituzionale cui il ricorrente ha fatto rferimento hanno sempre ed univocamente consentito - a fronte della contestazione sopravvenuta - il tardivo accesso al rito abbreviato soltanto con riguardo al reato che ne avesse costituito oggetto, non anche con riguardo a quelli sin dall'inizo contestati; d) e' a-specifica la doglianza che la richiesta di accesso al rito dovesse comunque ammessa in parte (con riguardo alla sola contestazione sopravvenuta), poiche' sarebbe stato onere dell'interessato proporre tale richiesta di accesso parziale al rito dopo il mancato accoglimento della richiesta di procedere con rito abbreviato per tutti i reati oggetto del giudizio, ma in ricorso non si allega di averlo fatto; e) quanto all'utilizzabilita' delle dichiarazioni assunte prima della contestazione sopravvenuta, appare assorbente il rilievo che il ricorrente non ha specificamente illustrato le ragioni della presunta decisiva incidenza di esse ai fini della conclusiva affermazione di responsabilita'. In proposito, invero, il collegio condivide e ribadisce l'orientamento riaffermato di recente dalla Terza Sezione (sentenza n. 3207 del 23 gennaio 2015, CED Cass. n. 262011), per il quale, "Nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilita' di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed inlnfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento"; e-1) peraltro, anche a prescindere da tale assorbente rilievo, deve evidenziarsi che la risalente decisione citata dal ricorrente a sostegno del suo assunto (Sez. 6 , sentenza n. 1327 del 13 febbraio 1997, CED Cass. n. 208183) e' rimasta isolata, ed e' stata piu' recentemente superata da altra (Sez. 3 , sentenza n. 47666 dell'8 ottobre 2014, CED Cass. n. 261159), che il collegio condivide e ribadisce, a parere della quale, in siffatti casi, debba essere unicamente garantito l'esercizio del diritto di difesa, attraverso la riaudizione del soggetto escusso prima della contestazione sopravvenuta, se la parte ne fa richiesta: ma, con riferimento al caso in esame, la parte nulla allega sul punto. 35.4.2. Il secondo motivo e' generico perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 473 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento della contestata affermazione di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta decisivi travisamenti. La Corte di appello ha, in particolare, osservato che "la difesa non e' stata in grado di confutare il percorso logico-motivazionale della sentenza impugnata, che ha preliminarmente ricostruito, in modo analitico e accurato, le fonti di prova emergenti nei confronti di questo imputato, costituite dai contenuti delle innumerevoli conversazioni, telefoniche e ambientali intercettate, dagli esiti dei servizi di o.c.p. che riscontrano i rapporti di comparaggio di (OMISSIS) e gli altri sodali, dai sequestri a carico di (OMISSIS) e di (OMISSIS) di gioielli, nonche' assegni e cambiali del valore di oltre due milioni di euro, dai riscontri di p.g. ad azioni di fuoco e di intimidazione commesse sul territorio di Desio, infine dalle dichiarazioni di (OMISSIS)" (f. 473 s.). Dopo aver richiamato i condivisi rilievi del primo giudice (come e' fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilita'), la Corte di appello (f. 474 ss. della sentenza impugnata) ha esaminato dettagliatamente, e confutato incensurabilmente, le doglianze difensive inerenti alla presunta inesistenza della "locale" di Desio, alla insussistenza del metodo mafioso e della forza di intimidazione nell'ambito della locale di Desio, ed alla partecipazione dell'imputato al contestato sodalizio, nella articolazione della locale di Desio, osservando, peraltro, che "l'appello non affronta - neppure per confutarle - le chiare indicazioni sul ruolo e sull'autorevolezza di questo imputato nell'ambito del consesso di ndrangheta, derivanti dalle conversazioni che intercorrono tra altri sodali, anche di spicco, come quelle tra (OMISSIS) e (OMISSIS) conv. 10.6.2008), tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (conv. 10.3.2008), tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (conv. 26.11.2009) - riportate a pag. 622 sentenza. Parimenti non offre alcuna versione alternativa, atta ad eliderne la portata accusatoria, ai contenuti inequivoci delle conversazioni intercorse tra (OMISSIS) e l'agente della Polizia di Stato di Torino, (OMISSIS), nella vicenda (OMISSIS), ricostruita a pagg. 623-625 della sentenza. Le minacce intimidatorie (spinte sino a preannunciare "bastonate" pure per il poliziotto) proferite dall'imputato, si accompagnano costantemente ai riferimenti al gruppo calabrese di cui (OMISSIS) si vanta di appartenere. E che non sia un mero vanto di derivazione geografica, ma di ben altra appartenenza, lo si ricava dalla conversazione che (OMISSIS), subito dopo la telefonata al poliziotto, intrattiene con (OMISSIS), cercando di avere notizia di "qualche capo mastro a Nichelino con cui possiamo parlare". E' una affermazione assai significativa, poiche' dimostra chiaramente che l'autore si conforma alla rigida regola territoriale di competenza, vigente tra diverse strutture di ndrangheta dislocate a livello territoriale, nel caso di specie tra Piemonte e Lombardia. Viene, dunque, comprovata anche in questo contesto la struttura articolata di ndrangheta, come disegnata dalla presente indagine Infinito, nelle sue articolazioni locali e nei suoi rapporti interterritoriali. Nel contempo, la condotta tenuta da (OMISSIS) riscontra proprio la sussistenza di quel rigido schema gerarchico-territoriaie che la difesa genericamente nega, dal momento che l'imputato prima di agire per portare a compimento le condotte minatorie preannunciate al poliziotto, si premura di contattare il capo-mastro di Nichelino. Soltanto l'autorizzazione o l'appoggio fornito da quest'ultimo, infatti, avrebbe potuto consentirgli di portare a compimento l'azione ritorsiva pianificata". Ulteriori censure difensive, riguardanti anche l'attivita' di usura che connota, secondo la contestazione, l'appartenenza dell'imputato al sodalizio di cui al capo 1), sono state esaminate e confutate a f. 476 ss. della sentenza impugnata (ed in particolare a f. 479 ss. per quanto riguarda l'obiezione difensiva secondo la quale la contestata attivita' di erogazione di prestiti ad usura costituirebbe condotta posta in essere da (OMISSIS) singulus). L'autorevolezza dell'imputato nell'ambito del sodalizio di riferimento "trova altro puntuale riscontro nella ricostruzione della vicenda (OMISSIS) - (OMISSIS) (pag. 1035 sentenza). Quando (OMISSIS) decide di coinvolgere i piu' alti livelli del sodalizio, invita (OMISSIS) e (OMISSIS), come rappresentanti autorevoli della ndrangheta lombarda, per mediare il suo conflitto di interessi con (OMISSIS), capo locale di Seregno. L'intervento dei due autorevoli esponenti del consesso mafioso, sortisce effetto positivo per (OMISSIS), poiche' (OMISSIS) ordina a (OMISSIS) di pagare (OMISSIS), attingendo soldi dalle casse della Perego. (OMISSIS) informa di cio' (OMISSIS) e (OMISSIS). In conclusione, i plurimi episodi citati e la loro unitaria considerazione alla luce delle illustrate dinamiche proprie della consorteria di ndrangheta in esame, avvalorano ulteriormente la prospettazione accusatoria, a fronte della acclarata inconsistenza delle argomentazioni difensive proposte". In considerazione di tali premesse, la Corte di appello ha correttamente ed incensurabilmente concluso che "gli elementi di prova a carico di (OMISSIS) con riferimento al capo 1), rappresentati da una serie di conversazioni in cui soggetti terzi parlano di lui come di un affiliato, oltre ad una serie di comportamenti che in tal modo lo qualificano ed alla accertata attivita' di prestito ad usura svolta con metodo mafioso, elementi ai quali si e' aggiunta la chiamata in reita' di (OMISSIS), che in modo logico e coerente ha spiegato quali siano le sue fonti di conoscenze dirette ed indirette in ordine all'appartenenza di (OMISSIS) alla ndrangheta, restano pienamente confermati all'esito delle contestazioni mosse con il proposto appello, rivelatesi destituite di fondamento". Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, e senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti. 35.4.3. I motivi da 3 a 9 del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, riguardando gli ulteriori reati diversi da quello associativo ascritti (secondo il conclusivo assetto giuridico accolto dalla Corte di appello) all'imputato. 35.4.3.1. Tutti i predetti motivi sono generici, perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (dettagliatamante a partire da f. 483 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', essenzialmente valorizzando plurime ed inequivocabili intercettazioni di conversazioni - sempre incensurabilmente interpretate ed in difetto di documentati travisamenti -, prove testimoniali - motivatamente ritenute precise, disinteressate, e quindi attendibili - e prove documentali, elementi sempre tutti convergenti nel legittimare la conclusiva decisione. 35.4.3.2. Per quanto riguarda i singoli reati, appare sufficiente fare integrale rinvio a quanto correttamente ed esaurientemente, e quindi incensurabilmente in questa sede, osservato dalla Corte di appello: - (3 motivo - capo 78) a f. 490 ss. della sentenza impugnata; - (4 e 5 motivo - capi I ed L) a f. 483 ss. della sentenza impugnata; - (6 motivo - capo Y come riqualificato) a f. 502 ss. della sentenza impugnata; - (7 motivo - capo W) a f. 501 della sentenza impugnata (anche quanto all'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 configurata in virtu' di quanto osservato dal primo giudice, ai cui rilievi - legittimamente richiamati per relationem - si e' incensurabilmente ritenuto che la difesa nulla di decisivo avesse opposto, e comunque dell'insieme dei rilievi attraverso i quali sono state descritte le complessive condotte dell'imputato conclusivamente accertate); - (8 motivo - capo A7) a f. 493 ss. della sentenza impugnata (f. 496 quanto all'aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 con rinvio ad altra sede); - (9 motivo - capo A8) a f. 497 ss. della sentenza impugnata (con dettagliata, puntuale, corretta, esauriente disamina di ogni obiezione difensiva). 35.4.3.3. Con riferimento al 3 motivo deve aggiungersi che la Corte di appello, valorizzando ai fini della conclusiva affermazione di responsabilita' soltanto episodi oggetto di rituale contestazione, si e' correttamente conformata, ai fini della qualificazione giuridica dei fatti accertati, all'orientamento di questa Sezione, che il collegio condivide e ribadisce, secodo il quale commette il reato di esercizio abusivo di attivita' finanziaria, a norma del Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 132 chi pone in essere le condotte previste dall'articolo 106 del medesimo Decreto Legislativo inserendosi nel libero mercato e sottraendosi ai controlli di legge, purche' l'attivita', anche se in concreto realizzata per una cerchia ristretta di soggetti, sia rivolta ad un numero potenzialmente illimitato (Sez. 2 , sentenza n. 41142 del 19 settembre 2013, CED Cass. n. 257337, relativa a fattispecie sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio, nella quale si era accertata l'erogazione di prestiti di somme a tassi usurari da parte di affiliato ad una associazione di tipo mafioso); si e' anche osservato che integra il reato previsto dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 l'erogazione anche di un solo finanziamento in violazione dell'obbligo di iscrizione negli elenchi di cui agli articoli 106 e 113 dello stesso Decreto Legislativo, non essendo richiesta una stabile organizzazione ne' una specifica professionalita' (Sez. 2 , sentenza n. 51744 del 13 dicembre 2013, CED Cass. n. 258119). L'intervenuto ed incensurabile accertamento, in fatto, della direzione al pubblico dell'attivita' abusivamente svolta dall'imputato (f. 492 della sentenza impugnata: "In 21 casi, corrispondenti ai nomi di persone indicate nel capo di imputazione, si e' accertato e determinato il rapporto di prestito. L'ampia disamina delle risultanza acquisite (...) consente di ritenere pacificamente provata l'abitualita' e la diffusivita' dell'attivita' esercitata da (OMISSIS) e la sua pervasivita' nel territorio") vanifica la richiesta - insistentemente sostenuta anche in udienza - di qualificare i fatti ex articolo 132, comma 2, stesso Decreto Legislativo. Quanto alla sussistenza della circostanza aggravante di cui alla Legge n. 203 del 1991, articolo 7 e' sufficiente rinviare a quanto osservato dalla Corte di appello a f. 492 s. della sentenza impugnata (con gli ulteriori richiami ivi operati). 35.4.3.4. Con riferimento al 4 ed al 5 motivo, vanno in particolare richiamati i rilievi espressi a f. 485 ss. della sentenza impugnata, quanto alla materialita' delle contestate intestazioni fittizie, ed a f. 487 ss. della sentenza impugnata, quanto alla necessaria finalita' elusiva. Correttamente ed incensurabilente valorizzando le acquisite risultanze probatorie, la Corte di appello, con riferimento a quest'ultima, ha ritenuto infondata la censura difensiva che contestava la ritenuta sussistenza di detta finalita', sul presupposto che l'imputato fosse stato prosciolto da tutte le accuse elevate a suo carico per presunta partecipazione ad un sodalizio malavitoso di matrice ndranghetistica, osservando in senso contrario che "il relativo procedimento penale si era concluso con sentenza di proscioglimento emessa in data 13.5.2008 dalla Corte Assise Reggio Calabria, quindi in epoca coeva ai contestati investimenti e successive intestazioni fittizie, rispettivamente datate 27.3.2008 e 4.6.08. All'epoca dei fatti, dunque, erano ancora pendenti a carico di (OMISSIS) imputazioni per delitti gravi e tali da rendere prospettabile l'adozione di misure di prevenzione nei suoi confronti, con ablazione di beni per i quali risultava la sproporzione con il reddito dichiarato (pari a zero)", ed ha motivatamente concluso che "le modalita' e circostanze dei fatti, consentono ampiamente di ravvisare, per entrambe le due intestazioni effettuate dall'imputato in favore della convivente ( (OMISSIS)) e della moglie ( (OMISSIS)), i concreti elementi fattuali che integrano il dolo specifico presupposto del reato. Con riferimento a (OMISSIS), si osserva che all'epoca dei fatti, pur risultando moglie dell'imputato, non era di fatto piu' sua convivente. Si aggiunga che, anche nel presente processo, la stessa non ha mai rivendicato la titolarita' del bene, ne' aliunde giustificato la disponibilita' economica all'acquisto, smentita dai dati reddituali sopra riportati. Neppure l'appellante deduce alcuna diversa finalita' che possa aver sorretto gli atti di intestazione del locale, quali fini di elusione fiscali o altro. Quanto a (OMISSIS), la sua acclarata partecipazione alle attivita' di (OMISSIS), segnatamente alle attivita' di prestito ed usura, beneficiando dei relativi proventi, attivita' che costituivano l'in se' della partecipazione di (OMISSIS) al contestato sodalizio, (...) avvalora ... senza tema di alcuna smentita al riguardo - la condivisione da parte della coimputata anche della finalita' elusiva perseguita da (OMISSIS) (responsabilita' a titoli concorsuale per capo I). Il perseguimento da parte dell'appellante della finalita' elusiva della misura patrimoniale di prevenzione a mezzo intestazione di beni a moglie e convivente, pertanto, si fonda su una concreta serie di dati fattuali - rimasti non confutati dall'appello - che consentono di provare la natura fittizia dei trasferimenti ben oltre il dato della mera intestazione formale dei beni a familiari. In conclusione, la oggettiva confiscabilita' dei beni indicati ai capi I) ed L) di imputazione, in ragione della provenienza illecita delle somme utilizzate per la loro acquisizione e, comunque, della sproporzione con i redditi dichiarati, unitamente alla accertata finalita' elusiva perseguita dall'imputato attraverso la fittizia intestazione, che ha trovato plurimi e coerenti riscontri, integrano per ciascuna imputazione la contestata fattispecie criminosa". 35.4.3.5. Con riferimento al 6 motivo deve aggiungersi che la Corte di appello risulta aver valorizzato, ai fini della qualificazione giuridica del fatto accertato, le concrete modalita' della condotta, caratterizzate dall'utilizzo del "metodo mafioso", correttamente conformandosi all'orientamento di questa Sezione (fra le tante, Sez. 2 , sentenza n. 33870 del 6 maggio 2014, CED Cass. n. 260344), che il collegio condivide e ribadisce, secondo il quale i delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e di estorsione si distinguono in relazione all'elemento psicologico: nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia. Nel caso di specie, deve attribuirsi decisivo rilievo al fatto che il (OMISSIS) ed il coimputato (OMISSIS) hanno esercitato una carica di intimidazione estremamente rilevante, tipicamente "mafiosa", e come tale certamente sintomatica del sopra descritto dolo di estorsione, il che induce il Collegio a riportare la complessiva condotta nell'ambito della fattispecie estorsiva. Gli elementi cui ancorare tale conclusione sono, in particolare, costituiti non solo dalla deliberata volonta' degli indagati di raggiungere il proprio obiettivo (anche se, nella loro ottica, considerato legittimo) - consistente nella restituzione della somma prestata alla p.o. dal (OMISSIS) (ma sine titulo, perche' in esercizio abusivo di attivita' di intermediazione finanziaria) -, con modalita' intimidatorie eccessive, che si sono spinte fino all'evocazione dell'intervento a sostegno della pretesa creditoria di una consorteria criminosa di matrice ndranghetistica, in grado di sostenere detta pretesa, ma anche dall'intervento di un altro esponente del sodalizio evocato (il (OMISSIS)), estraneo al rapporto obbligatorio de quo, che ha reso la condotta accertata, per le sue intimidatorie e sproporzionate modalita', ancor piu' vessatoria,, e sintomatica del proposito di perseguire il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia, azzerando le possibilita' di legittima reazione giudiziale della p.o.. L'attivita' posta in essere integra, pertanto, gli estremi del reato di estorsione (tentata, secondo quanto conclusivamente ritenuto dalla Corte di appello), trattandosi di una condotta strumentale al conseguimento di un ingiusto profitto. Va, in proposito, affermato il seguente principio di diritto: "Integra gli estremi dell'estorsione aggravata dal c.d. "metodo mafioso", la condotta consistente in minacce di morte o gravi lesioni personali formulate in danno della p.o. dal presunto creditore e da un terzo estraneo al rapporto obbligatorio, estrinsecatesi nell'evocazione dell'appartenenza (peraltro gia' nota alla p.o.) di entrambi ad una organizzazione malavitosa di matrice ndranghetistica, in tal modo esercitando una forza intimidatoria estrema, indice del fine di procurarsi un profitto ingiusto, esorbitante rispetto al fine di recupero di somme di denaro sulla base di un preteso diritto, con corrispondente danno per il debitore, indotto ad accondiscendere passivamente alle avverse pretese senza avvalersi degli ordinari rimedi civilistici che sarebbero stati esperibili (nel caso di specie, in ipotesi, secondo la prospettazione difensiva, per resistere all'azione di indebito arricchimento proponibile, ex articolo 2041 c.c., dall'imputato per ottenere la restituzione di somme prestate dal predetto alla p.o. nell'esercizio abusivo di attivita' di intermediazione finanziaria)". 35.4.3.6. Con tali complessive argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nel ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, ed in difetto di documentati travisamenti. 35.4.4. Il decimo motivo e' generico di per se' (in virtu' dell'operato ed inammissibile rinvio all'atto di appello, ed avendo omesso di specificare in cosa consistessero le invocate giustificazioni che la figlia dell'imputato avrebbe fornito), oltre che in quanto reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha argomentato la contestata statuizione di confisca, osservando (f. 504 ss. della sentenza impugnata) quanto segue: "In primo luogo, va rilevato, con riferimento ai beni confiscati a (OMISSIS), che si tratta di immobili intestati alla figlia dell'imputato nel periodo in cui la stessa non percepiva alcun reddito. In tal caso si applica la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, in conformita' all'uniforme orientamento della, giurisprudenza di legittimita' che la Corte richiama e condivide (...). Le dichiarazioni rese dal dottor (OMISSIS) al difensore, ex articolo 391 bis c.p.p. (...) non sono state in grado ricostruire la provenienza del denaro (euro 65.000,00) utilizzato per l'acquisto del magazzino e pagato al venditore (OMISSIS) addirittura due anni prima di stipulare il rogito, nel 2007. Neppure esse hanno chiarito le ragioni di un tale presunto investimento da parte del (OMISSIS), che avrebbe apportato il capitale, la propria professionalita' e la legittimazione all'esercizio dell'attivita' poliambulatoriale medica, a fronte della intestazione dell'immobile a (OMISSIS), che, invece, non aveva alcuna qualifica professionale specifica, ne' capitale investito. Risulta, infatti, che anche la somma di euro 10.000,00 che ella avrebbe dovuto versare al venditore (OMISSIS), non fu onorata dall'assegno consegnato. Si aggiunga che nello stesso periodo il (OMISSIS) ha dichiarato di aver contratto debito di gioco per euro 150.000,00, a fronte di un reddito annuo dichiarato inferiore ai 60.000,00 euro. Neppure risulta che il poliambulatorio abbia funzionato (la societa' Lilium srl responsabile legale (OMISSIS), intestataria del bene, non ha mai dichiarato redditi). La versione difensiva, dunque, e' affetta da illogicita' ed inverosimiglianza, non avendo in alcun modo chiarito e giustificato i rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), sottostanti la formale intestazione del bene, nonche' il ruolo della donna nell'ambito della espletanda attivita' imprenditoriale, i patti intervenuti con il venditore (OMISSIS), segnatamente ai tempi di stipulazione del rogito. Resta, pertanto, del tutto verosimile la prospettazione accusatoria ribadita dal Tribunale del riesame, secondo la quale "l'imputato e' il vero socio occulto di (OMISSIS)", in quanto "l'unico in grado di pagare per intero il prezzo del magazzino" (ordinanza 16.2.2011 cit.). Alcun concreto elemento di censura, poi, e' stato indicato con riferimento alla intervenuta confisca dell'altro bene intestato a (OMISSIS), il terreno in Desio, per il quale la difesa stessa ne ha documentato la disponibilita' in capo all'imputato, che utilizzava l'area per l'esercizio della sua attivita' di autotrasportatore (deposito camion)". A fronte di siffatto quadro probatorio, di per se' esauriente (non e' quindi corretta l'obiezione con la quale la difesa ha lamentato essere intervenuta una sostanziale inversione dell'onere probatorio), l'interessato non ha fornito alcuna congrua spiegazione in grado di dimostrare la derivazione dei mezzi impiegati per l'acquisto da legittime disponibilita' finanziarie: "Si aggiunga, inoltre, che gli esborsi sopportati dall'imputato per gli investimenti immobiliari che ha effettuato, nei casi menzionati, risultano sproporzionati alle sue capacita' reddituali, come dichiarate, avvalorandosi, per tal verso, la menzionata presunzione di illecita accumulazione patrimoniale. Infatti, pur rilevandosi un incremento del suo patrimonio immobiliare (si ricordano anche gli immobili oggetto delle imputazioni di cui al Decreto Legge n. 306 del 1992, articolo 12 quinquies sub capi I) ed L), (OMISSIS) e la sua famiglia hanno mantenuto un livello di reddito del tutto inadeguato a giustificare l'evoluzione del patrimonio, avendo dichiarato redditi pressocche' nulli dal 1992 al 2009. A fronte di questa situazione sperequata per difetto, la difesa non e' stata in grado di vincere la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, collegata alla accertata sproporzione, con elementi giustificativi degli acquisti, attendibili e circostanziati. E' stato provato, invece, che, in concomitanza con la positiva evoluzione della sua situazione patrimoniale, (OMISSIS) e' risultato dedito ad attivita' di prestito, in violazione al Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 132 indi ad attivita' di usura, ed infine intraneo al contestato sodalizio di ndrangheta nel periodo in contestazione (2007-2010)". E' stata, infine, ineccepibilmente ritenuta del tutto inammissibile, in quanto generica ed indeterminata, la richiesta di integrazione probatoria documentale: "in assenza di alcuna indicazione dei "documenti pertinenti la vicenda" neppure e' possibile valutare la sussistenza dei requisiti di necessarieta' e decisivita' richiesti per la riapertura istruttoria in sede di appello". Con tali complessive argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nel ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, ed in difetto di documentati travisamenti. 35.4.5. Anche l'undicesimo motivo e' generico perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha argomentato le contestate statuizioni (f. 507 s. della sentenza impugnata), ovvero la determinazione della pena irroganda, il diniego delle attenuanti generiche, e la mancata esclusione della recidiva e della quantificazione del relativo aumento di pena: "Il ruolo di spiccato rilievo assunto da (OMISSIS) nell'ambito del contestato sodalizio, come si e' evidenziato nella illustrazione delle condotte al medesimo attribuite, unitamente all'assenza di manifestazioni di resipiscenza, non consentono di ravvisare elementi di meritevolezza in funzione del riconoscimento delle invocate attenuanti. Parimenti si conferma l'aumento di pena statuito per la ritenuta recidiva, calcolato secondo il criterio moderatore di cui all'articolo 99 c.p., u.c., risultando a carico di (OMISSIS) condanne per ricettazione, contrabbando e violazione legge armi a pena complessiva pari anni tre di reclusione. La natura e specie dei delitti pregressi giustificano la maggiore punizione del reo, in quanto sintomatiche di pericolosita ed assolutamente compatibili con la tipologia di reati contestata nel presente procedimento. (...). Equa e proporzionata - a parere della Corte - risulta la comminazione della pena base superiore al minimo edittale del delitto ex articolo 416 bis c.p., comma 4, in ragione della peculiare intensita' della sua partecipazione, rilevabile anche dalla pluralita' di reati fine, in relazione ai quali la determinazione degli aumenti appare assai contenuta e si conferma integralmente". 35.4.5.1. Nel tenere conto, ai fini della ritenuta recidiva, anche di due condanne per le quali era intervenuto indulto, la Corte di appello si e' correttamente conformata al consolidato orientamento di questa Corte (Sez. 4 , sentenza n. 516 del 28 gennaio 1997, CED Cass. n. 206643), che il collegio condivide e ribadisce, per il quale l'indulto, se estingue la pena e ne fa cessare l'esecuzione, non ha tuttavia efficacia ablativa rispetto agli altri effetti scaturenti dalla sentenza di condanna, tra i quali rientra la recidiva, che puo' quindi essere contestata anche in relazione ai reati la cui pena, inflitta con precedenti sentenze definitive, sia stata condonata. 35.4.5.2. Con riguardo alla determinazione della pena per il reato continuato, si rinvia a quanto gia' osservato nel 34.2.5.. 35.4.5.3. Con riguardo alle statuizioni civili, si rinvia a quanto gia' osservato nei 14.4.4.SS. e 24.2.3.. 35.4.5.4. Ancora una volta, con tali complessive argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nel ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, ed in difetto di documentati travisamenti. 35.5. Il ricorso di (OMISSIS) e' in toto inammissibile. 35.5.1. I primi due motivi sono all'evidenza entrambi estremamente generici, di per se', oltre che perche' reiterativi, e comunque manifestamente infondati, a fronte delle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonche' esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) che la Corte di appello (f. 510 ss. e 518 ss. per quanto riguarda la specifica posizione del ricorrente), ha posto a fondamento delle contestate affermazioni di responsabilita', valorizzando essenzialmente plurime intercettazioni di conversazioni, che risultano incensurabilmente interpretate, ed in relazione alle quali il ricorrente non documenta decisivi travisamenti. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, in ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' non accolte dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle captazioni acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture. 35.5.2. Anche il terzo motivo e' generico perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, a fronte degli incensurabili rilievi in virtu' dei quali la Corte di appello ha argomentato le contestate statuizioni (f. 526 s.), ovvero la determinazione della pena irroganda ed il diniego delle attenuanti generiche, rispettivamente in considerazione del ruolo non marginale assunto dall'imputato nell'ambito dell'enucleato sodalizio criminoso, ed in difetto dell'allegazione di elementi sintomatici della necessaria meritevolezza. 35.5.2.1. Con riguardo alla determinazione della pena per il reato continuato, si rinvia a quanto gia' osservato nel 34.2.5.. 35.5.2.2. Con riguardo alle statuizioni civili, si rinvia a quanto gia' osservato nei 14.4.4.SS. e 24.2.3.. 35.5.2.3. Ancora una volta, con tali complessive argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente (manca, infatti, nel ricorso una compiuta disamina delle contrarie argomentazioni della Corte di appello, nonche' l'indicazione delle specifiche ragioni - punto per punto - della loro ipotetica erroneita'), limitandosi a reiterare le doglianze gia' sconfessate dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, ed in difetto di documentati travisamenti. 35.6. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato limitatamente al reato di cui al capo A6), in relazione al quale l'imputata va dichiarata non punibile ex articolo 384 c.p., comma 1, (con conseguente eliminazione della relativa pena inflitta in continuazione - pari a mesi due di reclusione ed euro cento di multa - e rideterminazione della pena complessiva in anni sei e mesi quattro di reclusione ed euro millecinquecento di multa); il ricorso e', inoltre, infondato limitatamente al primo motivo, ed e' nel resto inammissibile. 35.6.1. In ordine al primo motivo si rinvia a quanto osservato nel p. 35.3.1.. 35.6.2. Il secondo motivo e' generico, perche' reiterativo, e comunque manifestamente infondato, in considerazione di quanto gia' osservato nei p.p. 35.3.3. ss., ed in particolare nel p. 35.3.3.4; a tali rilievi, deve aggiungersi quanto dalla Corte di appello, correttamente ed esaurientemente, e quindi incensurabilmente, osservato a f. 528 ss.; in virtu' di tali argomentazioni, la Corte di appello ha motivatamente concluso, sul punto, che "la oggettiva confiscabilita' del bene, in ragione della provenienza illecita delle somme utilizzate per l'acquisto, e comunque, della sproporzione con i redditi dichiarati, unitamente alla accertata finalita' elusiva perseguita da (OMISSIS) attraverso la fittizia intestazione, condivisa scientemente da (OMISSIS), integrano la contestata fattispecie criminosa". 35.6.3. Il terzo motivo e' fondato. 35.6.3.1. Puo' ritenersi pacificamente emergente ex actis che (OMISSIS) fosse convivente more uxorio del coimputato (OMISSIS) (cfr. per tutti, f. 489 s. e 534 ss.). 35.6.3.2. E' noto al collegio che, ai fini della determinazione dei "prossimi congiunti" (articolo 307 c.p., comma 4) cui puo' essere applicata la causa di non punibilita' prevista dall'articolo 384 c.p., comma 1, in relazione ad alcuni reati contro l'amministrazione della giustizia, tra i quali quello contestato all'imputata, la dominante giurisprudenza di legittimita', con l'autorevole avallo di quella costituzionale, continua a far riferimento alla sola famiglia legittima, escludendo la possibile rilevanza della convivenza more uxorio: il principio e' stato, ad esempio, ribadito da Sez. 6 , sentenza n. 35067 del 26 ottobre 2006, CED Cass. n. 234862, per la quale "non puo' essere applicata al convivente more uxorio resosi responsabile di favoreggiamento personale nei confronti dell'altro convivente la causa di non punibilita' operante per il coniuge, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 384 c.p., comma 1, e articolo 307 c.p., u.c.; il che manifestamente non si pone in contrasto con i principi di cui all'articolo 3 Cost., avuto anche riguardo a quanto gia' affermato dalla stessa Corte costituzionale con pronunce n. 124 del 1980, n. 39 del 1981, n. 352 del 1989, n. 8 del 1996, 121 del 2004". 35.6.3.3. La Corte costituzionale (sentenze n. 352 del 1989, n. 8 del 1996 e n. 121 del 2004) ha reiteratamente negato l'illegittimita' della mancata equiparazione, ai fini che qui interessano, del coniuge al convivente more uxorio, sia perche' la censura fondata sull'irragionevolezza della mancata equiparazione dovrebbe mirare ad una decisione additiva che implicherebbe l'esercizio di potesta' discrezionali riservate al legislatore, sia perche' esistono, nell'ordinamento, ragioni costituzionali che giustificano un differente trattamento normativo tra i due casi, trovando il rapporto coniugale tutela diretta nell'articolo 29 Cost., mentre il rapporto di fatto fruisce della tutela apprestata dall'articolo 2 Cost. ai diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali, con la conseguenza che ogni intervento diretto ad ottenere una disciplina omogenea delle due situazioni rientra nella sfera di discrezionalita' del legislatore. 35.6.3.4. La prima decisione in argomento (Corte Cost., sentenza n. 237 del 1986), pur risolvendo negativamente la questione, aveva peraltro ammesso che "un consolidato rapporto (come la convivenza more uxorio), ancorche' di fatto, non appare costituzionalmente irrilevante se si abbia riguardo al riconoscimento delle formazioni sociali ed alle conseguenti intrinseche manifestazioni solidaristiche (articolo 2 Cost.) e cio' tanto piu' se vi sia presenza di prole. Siffatti interessi sono indubbiamente meritevoli, nel tessuto delle realta' sociali odierne, di compiuta obiettiva valutazione. Tuttavia, nel caso in questione, la eventuale parificazione della convivenza e del coniugio relativamente all'imputato articolo 307 c.p., comma 4, trascenderebbe i ristretti termini del caso, coinvolgendo le altre ipotesi di reato ex articolo 384 c.p. e altri istituti, di ordine processuale - la ricusazione del giudice, la facolta' di astensione dal deporre, la titolarita' nella richiesta di revisione delle sentenze di condanna e di connesso esercizio dei relativi diritti, ovvero nella presentazione di domanda di grazia - nonche' la disciplina della separazione dei coniugi, con conseguente necessita' di apprestare un'esaustiva regolamentazione comportante scelte e soluzioni di natura discrezionale, riservate al solo legislatore, al quale peraltro si rinnova la gia' espressa sollecitazione a provvedere in proposito". 35.6.3.5. L'invito autorevolmente rivolto al legislatore dal Giudice delle leggi nel 1986 e' rimasto sin qui inascoltato. 35.6.3.6. Nei medesimi termini si e' articolato l'iter interpretativo dell'articolo 649 c.p. (che prevede casi di non punibilita', o di punibilita' a querela della persona offesa, per reati contro il patrimonio commessi in danno di congiunti) nella giurisprudenza di legittimita', anche in questo caso ferma nell'escludere l'estensione dell'istituto alle unioni di fatto (cosi', fra le tante, Sez. 5 , sentenza n. 34339 del 26 settembre 2005, CED Cass. n. 232253). 35.6.3.7. Ed analoghi sono stati i percorsi interpretativi seguiti dalla giurisprudenza costituzionale per escludere l'illegittimita' della predetta disciplina, cosi' interpretata, per la mancata equiparazione della convivenza more uxorio al rapporto di coniugio: "non e' irragionevole od arbitrario che - particolarmente nella disciplina di cause di non punibilita', quale quella in esame, basate sul "bilanciamento" tra contrapposti interessi (quello alla repressione degli illeciti penali e quello del valore dell'unita' della famiglia, che potrebbe essere pregiudicato dalla repressione) - il legislatore adotti soluzioni diversificate per la famiglia fondata sul matrimonio, contemplata nell'articolo 29 Cost., e per la convivenza more uxorio: venendo in rilievo, con riferimento alla prima, a differenza che rispetto alla seconda, non soltanto esigenze di tutela delle relazioni affettive individuali, ma anche quella della protezione dell'"istituzione familiare", basata sulla stabilita' dei rapporti, di fronte alla quale soltanto si giustifica l'affievolimento della tutela del singolo componente. Ne' rileva in contrario la (peraltro non totale) parificazione del convivente al coniuge riguardo alla facolta' di astensione dalla testimonianza, operata dall'articolo 199 c.p.p., non potendosi far discendere dalla norma cosi' invocata dal giudice a quo come termine di raffronto un principio di assimilazione dotato di vis espansiva fuori del caso considerato" (Corte Cost., sentenza n. 352 del 2000; nel medesimo senso, in recedenza, sentenza n. 1122 del 1988). 35.6.3.8. Anche in questo caso, peraltro, la prima decisione che si era occupata della questione (Corte Cost., sentenza n. 423 del 1988), pur concludendo per l'infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 649 c.p., per il rilievo che "la nor punibilita' dei delitti contro il patrimonio commessi in danno del coniuge non legalmente separato si fonda sulla presunzione di esistenza di una comunanza di interessi che assorbe il fatto delittuoso, sicche' la mancata estensione della suddetta esimente alla diversa fattispecie della convivenza more uxorio - fondata sull'affectio quotidiana, liberamente e in ogni istante revocabile - non sembra contrastare con gli articoli 2 e 3 Cost.", aveva precisato che tale restrittivo principio poteva in concreto operare soltanto "se (come nel caso oggetto del giudizio a quoj sussistano atti concludenti che attestano la revocazione dell'affectio e dunque il venir meno della convivenza more uxorio". 35.6.3.9. Non e' apparso ammissibile, per risolvere il problema, il ricorso alla analogia in bonam partem, come isolatamente ritenuto, in relazione all'articolo 384 c.p., da Sez. 6 , sentenza n. 22398 dell'11 maggio 2004, CED Cass. n. 229676 (per la quale "anche la stabile convivenza more uxorio puo' dar luogo per analogia al riconoscimento della scriminante prevista dall'articolo 384 c.p."). Invero, come chiarito da autorevole dottrina, entrambi gli istituti in esame hanno natura giuridica di cause speciali di non punibilita', e come tali presentano carattere eccezionale che preclude l'ampliamento del loro campo di applicazione per analogia, in quanto le valutazioni politico-criminali poste a fondamento di essi sono "legate alle caratteristiche specifiche della situazione presa in considerazione e percio' non estensibili ad altri casi". 35.6.3.10. La dottrina meno recente aveva considerato la convivenza more uxorio quale legame meno produttivo di effetti giuridici, rispetto al vincolo familiare legalmente costituito, evidenziando che da un rapporto posto in essere in difetto di un vincolo giuridico non possono derivare le conseguenze che solo dal vincolo dipendano. Dopo oltre un decennio, preso atto che, nonostante i profondi mutamenti intervenuti nel costume sociale ("anche nelle espressioni semantiche che contraddistinguono il rapporto di coppia al di fuori del matrimonio, tante che si e' passati dalla c.d. convivenza more uxorio alla famiglia di fatto"), il fenomeno continuava a non essere disciplinato, altra dottrina ha osservato che "se e' tramontato l'atteggiamento repressivo o dispregiativo della societa' nei confronti dei c.d. conviventi ed in parte superato quell'atteggiamento di irrilevanza, non sempre si fa strada la "giustiziabilita'" delle specifiche situazioni meritevoli di tutela (...). Anzi la rilevanza della convivenza puo' cosi' sintetizzarsi: da un lato si tende a negare definitivamente l'equiparazione della famiglia di fatto a quella legittima, dall'altro si conferisce rilevanza alla convivenza, specie per quanto attiene agli aspetti svantaggiosi o negativi". 35.6.3.11. Quest'ultimo acuto rilievo trovava puntuale riscontro nelle interpretazioni giurisprudenziali (come si vedra', non sistematicamente coerenti). La configurabilita' del delitto di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) anche in danno del mero convivente more uxorio, e piu' in generale l'ampliamento della sfera della tutela penale apprestata dalla categoria dei reati contro la famiglia anche alle unioni di fatto, possono dirsi ormai pacifici in giurisprudenza da quasi cinquant'anni, a partire da Sez. 2 , sentenza n. 320 del 26 maggio 1966, CED Cass. n. 101563 (per la quale, "agli effetti dell'articolo 572 c.p., deve considerarsi "famiglia" ogni consorzio di persone tra le quali, per intime relazioni e consuetudini di vita, siano sorti legami di reciproca assistenza e protezione: anche il legame di puro fatto stabilito tra un uomo ed una donna vale pertanto a costituire una famiglia in questo senso, quando risulti da una comunanza di vita e di affetti analoga a quella che si ha nel matrimonio"). Il principio e' stato piu' volte ribadito, fino alla piu' recente Sez. 6 , sentenza n. 20647 del 29 gennaio 2008, CED Cass. n. 239726. Secondo altro orientamento ugualmente pacifico, tuttavia, in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, tra i redditi degli altri familiari conviventi facenti capo all'interessato, rientrano anche quelli del convivente more uxorio, poiche' il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 76, comma 2, opera un generico riferimento alle unioni familiari, quale che ne sia la natura, e quindi anche a quelle di fatto (cosi' questa Corte unanimemente, a partire da Sez. 6 , sentenza n. 4264 dell'11 giugno 1998, CED Cass. n. 211722, e da ultimo Sez. 4 , sentenza n. 109 del 5 gennaio 2006, CEd Cass. n. 23277). La questione della equiparabilita' o meno delle unioni di fatto a quelle legittime risulta disomogeneamente risolta dalla giurisprudenza in relazioni ad ulteriori applicazioni. Le unioni di fatto sono state ritenute: - rilevanti fini del riconoscimento della sussistenza dell'attenuante della provocazione (articolo 62 c.p., n. 2), a partire da Sez. 1 , sentenza n. 1578 del 16 marzo 1972, CED Cass. n. 120476 e fino a Sez. 6 , sentenza n. 12477 del 18 ottobre 1985, CED Cass. n. 171450 (orientamento non recente, ma consolidato e successivamente non contraddetto); - non rilevanti in relazione all'applicazione della circostanza aggravante prevista dall'articolo 577 c.p., comma 2, (non consentita - stante il chiaro disposto della norma - dal divieto di analogia in malam partem) a partire da Sez. 1 , sentenza n. 6037 del 18 maggio 1988, CED Cass. n. 178415, e fino a Sez. 5 , sentenza n. 8121 del 27 febbraio 2007, CED Cass. n. 236525 (orientamento non recente, ma consolidato e successivamente non contraddetto). 35.6.3.12. In adesione agli orientamenti sin qui riepilogati (ciascuno, con riguardo all'istituto interessato, assolutamente dominante, se non pacifico), dovrebbe determinarsi, pur all'apparenza legittimamente, l'effetto paradossale che alla donna indagata/imputata di favoreggiamento per aver offerto ospitalita' al convivente more uxorio/latitante, titolare di una posizione reddituale rilevante, dovrebbe, nell'ambito del medesimo procedimento, esser negata: - sia l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato (poiche' alla determinazione del reddito concorrono i redditi dei familiari conviventi, quale che sia la natura - di fatto o legittima - dell'unione familiare); - sia l'applicabilita' della causa di non punibilita' prevista dall'articolo 384 c.p. (che la norma limita ai "prossimi congiunti", la cui nozione opera, ex articolo 307 c.p., comma 4, unicamente nell'ambito della "famiglia legittima"). Tale discrasia avrebbe astrattamente potuto determinarsi proprio nel presente procedimento, se l'imputata avesse chiesto l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. 35.6.3.13. Prendendo atto di tali disomogenee (e, nel complesso, sistematicamente "bizzarre", secondo la dottrina che per prima le aveva evidenziate) interpretazioni giurisprudenziali, la 4 Sezione (sentenza n. 32190 del 21 maggio 2009, CED Cass. n. 244682) ha riconosciuto l'operativita' della causa soggettiva di esclusione della punibilita' prevista dall'articolo 649 c.p. anche in favore del convivente more uxorio. Nel caso di specie, era stata emessa, con riguardo ai reati di furto con strappo (articolo 624 bis c.p.) e furto aggravato (articolo 624 c.p. e articolo 61 c.p., nn. 7 ed 11), sentenza di non doversi procedere, per essere i reati estinti per remissione di querela, sul presupposto dell'applicabilita' dell'articolo 649 c.p., comma 2, (punibilita' a querela della persona offesa), in quanto l'imputato e la persona offesa, al momento dei fatti oggetto del processo, erano conviventi more uxorio (la convivenza era successivamente cessata). La 4 Sezione, nel rigettare il ricorso del Procuratore generale, ha innanzi tutto ricordato i disomogenei orientamenti giurisprudenziali di legittimita' in tema di convivenza more uxorio, evidenziando che, sotto il profilo penalistico, "il concetto di "famiglia" cui fanno riferimento diverse norme incriminatrici vigenti, non e' sempre ritenuto legato all'esistenza di un vincolo di coniugio o comunque di una famiglia nata da tale vincolo ma i precedenti giurisprudenziali spesso si riferiscono a quaisiasi consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e di solidarieta' per un apprezzabile periodo di tempo". Inoltre, nel richiamare l'orientamento della Corte costituzionale (che, investita della questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 649 c.p. - nella parte in cui non stabilisce la non punibilita' dei fatti ivi previsti se commessi in danno del convivente more uxorio -aveva, con sentenza n. 352 del 2000 cit., dichiarato non fondata la questione), ha osservato che, in realta', il Giudice delle leggi non aveva ritenuto irragionevole una eventuale diversa interpretazione dell'articolo 649 c.p., ma anzi aveva ricordato che, proprio su sua sollecitazione (il riferimento e' alla sentenza n. 6 del 1977), era stato approvato l'articolo 199 c.p.p. che, nel disciplinare la facolta' di astensione dal deporre dei prossimi congiunti, ha esteso la facolta' di astenersi "a chi, pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso", sia pure limitando la facolta' ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza. D'altro canto, plurime modifiche normative recenti: ad esempio: - la Legge n. 66 del 1996, che, in piu' parti, prende in considerazione la figura del "convivente" di fatto del genitore, equiparandola a quella del coniuge: cfr. articolo 609 quater c.p., comma 2, articolo 609 septies c.p., comma 4, n. 2, e articolo 612 sexies c.p.; - la Legge n. 269 del 1998, che ha introdotto l'articolo 600 sexies c.p. (a norma del quale i fatti previsti da alcune norme preesistenti - articoli 600, 601 e 602 c.p. - o di nuova introduzione - articoli 600 bis e 600 ter c.p. - sono aggravati se commessi dal convivente del