Sentenze recenti conformità urbanistica

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  • La conformità urbanistica costituisce un requisito essenziale per il rilascio della sanatoria edilizia ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, la cui dimostrazione grava esclusivamente sulla parte interessata. In assenza di tale prova, l'amministrazione comunale è legittimata a respingere la domanda di sanatoria qualora l'intervento edilizio risulti in contrasto con lo strumento urbanistico vigente. La presentazione della domanda di sanatoria successivamente all'impugnazione dell'ordine di demolizione determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto al ricorso avverso tale provvedimento, rendendolo improcedibile. Pertanto, il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che la conformità urbanistica dell'intervento edilizio costituisce un presupposto indefettibile per il rilascio della sanatoria, la cui mancata dimostrazione da parte del privato legittima il rigetto della relativa istanza da parte dell'amministrazione comunale, con conseguente improcedibilità del ricorso avverso l'ordine di demolizione.

  • La conformità urbanistica di un'opera edilizia, ai fini della concessione della sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, deve sussistere sia al momento della realizzazione dell'abuso edilizio sia al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria (c.d. doppia conformità). Pertanto, il diniego di sanatoria è legittimo qualora l'opera non risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente in entrambi i momenti, anche in presenza di eventuali variazioni normative intervenute successivamente che ne consentirebbero la realizzazione. Il giudice amministrativo, nel valutare la legittimità del diniego, non è tenuto a verificare d'ufficio la sussistenza della doppia conformità, essendo sufficiente che il provvedimento impugnato abbia indicato tale requisito come ragione ostativa alla concessione della sanatoria. Inoltre, la mancanza di uno solo dei presupposti per la sanatoria, tra cui la doppia conformità, è idonea a giustificare il diniego, senza che il giudice debba esaminare le ulteriori ragioni indicate dall'amministrazione. Il principio di diritto affermato dalla sentenza è volto a garantire la certezza e la stabilità degli assetti urbanistici, evitando che interventi edilizi non conformi possano essere sanati solo in ragione di eventuali successive modifiche normative.

  • La conformità urbanistica dell'immobile costituisce requisito essenziale per l'accoglimento dell'istanza di accertamento di conformità edilizia ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. 380/2001. Pertanto, il mancato rispetto degli indici e dei parametri urbanistici previsti dagli strumenti di pianificazione comunale, come il piano di recupero, integra un presupposto ostativo all'accoglimento della domanda di sanatoria, senza che rilevi la distinzione tra variazioni essenziali e non essenziali rispetto al titolo edilizio originariamente rilasciato. L'Amministrazione è tenuta a verificare la conformità dell'immobile agli strumenti urbanistici vigenti, indipendentemente dalla sussistenza di eventuali precedenti titoli edilizi che avrebbero potuto astrattamente consentire la realizzazione della volumetria in eccesso, atteso che la sanatoria edilizia presuppone la duplice conformità dell'opera sia al titolo abilitativo che agli atti di governo del territorio. Il mancato versamento dei diritti di segreteria, pur rilevando incidentalmente nell'economia motivazionale del provvedimento di diniego, non costituisce causa ostativa autonoma all'accoglimento dell'istanza di accertamento di conformità, essendo la conformità urbanistica il requisito principale e imprescindibile per l'accoglimento della domanda di sanatoria.

  • Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha stabilito che: 1. Ai fini del condono edilizio di cui alla L.R. Umbria n. 21/2004, la conformità urbanistica di un'opera edilizia richiede non solo il rispetto della destinazione di zona, ma anche il rispetto dei parametri edilizi fissati dallo strumento urbanistico per le singole zone del PRG, come il rapporto di copertura. Pertanto, il fatto che un'opera insista in una zona D (produttiva) non implica automaticamente la sua conformità urbanistica, dovendo essere verificata la superficie complessiva del fondo e dei manufatti legittimamente realizzati. 2. Grava sulla parte che invoca la norma di maggior favore relativa alle opere di tipologia 2 (realizzate in conformità alle norme e prescrizioni vigenti al 2 ottobre 2003) l'onere di dimostrare in giudizio, mediante la produzione di tutte le norme di riferimento, dei titoli edilizi già rilasciati nonché di una perizia tecnica, la conformità dell'opera alle prescrizioni urbanistiche vigenti a tale data. La mera constatazione del rispetto della destinazione di zona non è sufficiente. 3. La nozione di "pertinenza" in ambito urbanistico-edilizio è limitata ai soli interventi accessori di modesta entità e privi di autonoma funzionalità, mentre è inconferente la definizione civilistica. Pertanto, una tettoia di oltre 700 mq non può essere qualificata come opera pertinenziale ai sensi del Regolamento Regionale n. 9/2008 (oggi sostituito dal n. 2/2015), non presentando le caratteristiche di "limitata dimensione" richieste dalla normativa. 4. Essendo pacifico che la tettoia realizzata dalla società appellante supera i limiti dimensionali previsti dall'art. 20, comma 1, lett. a), n. 3, della L.R. Umbria n. 21/2004 per gli "ampliamenti" condonabili, essa non può essere condonata come tale, ma al più come "nuova costruzione", con conseguente applicazione del diverso regime sanzionatorio ed oblatorio previsto per tale tipologia di abuso. 5. Nessuna illegittima integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato può ravvisarsi nella sentenza del giudice di prime cure, essendosi questo limitato, in applicazione del principio "jura novit curia", ad indicare le ragioni di diritto che dimostrano l'infondatezza delle censure proposte.

  • L'accertamento di conformità urbanistica delle opere pubbliche da realizzare nei porti, ai sensi del d.P.R. n. 383 del 1994, deve essere effettuato avendo riguardo alla conformità delle opere con il vigente strumento urbanistico generale del Comune, e non con il piano regolatore portuale, il quale, se approvato anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 84 del 1994, non ha effetti di conformazione del territorio. Pertanto, il procedimento di accertamento di conformità urbanistica deve essere condotto valutando la compatibilità delle opere con le previsioni del piano regolatore generale comunale, senza che possano rilevare eventuali difformità rispetto al piano regolatore portuale, il quale non costituisce parametro urbanistico ed edilizio ai fini della valutazione di conformità. L'Autorità portuale, in conformità alla destinazione urbanistica assegnata dal piano regolatore consortile dell'area di sviluppo industriale, che ha valore di piano territoriale di coordinamento sovraordinato ai piani comunali, può realizzare gli interventi strumentali alle esigenze operative dell'area portuale, nel rispetto di eventuali vincoli e prescrizioni sovraordinati. Pertanto, in assenza di specifiche contestazioni da parte delle Amministrazioni resistenti, le opere di security portuale realizzate dall'Autorità portuale devono essere ritenute conformi agli strumenti urbanistici vigenti, con conseguente obbligo per l'Amministrazione competente di concludere il procedimento di accertamento di conformità urbanistica con l'adozione del provvedimento di accertamento della conformità.

  • Il rilascio di un nuovo titolo edilizio ai sensi dell'art. 38 del D.P.R. 380/2001 non richiede la doppia conformità urbanistica, essendo sufficiente la conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento del rilascio del nuovo titolo, anche se sopravvenuta rispetto all'edificazione originaria. L'amministrazione comunale può esercitare il proprio potere discrezionale di pianificazione urbanistica per rendere conforme all'interesse pubblico un intervento edilizio precedentemente annullato, senza incorrere in vizi di sviamento, purché la nuova disciplina urbanistica sia compatibile con la pianificazione sovraordinata. La procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) svolta contestualmente alla variante urbanistica non deve necessariamente essere condotta da un'autorità diversa da quella procedente, essendo sufficiente che il parere tecnico sia reso in piena autonomia. L'autorizzazione paesistica rilasciata ai sensi dell'art. 146 comma 9 del D.Lgs. 42/2004 costituisce il presupposto necessario per l'esecuzione dei lavori nell'ambito della procedura ex art. 38 del D.P.R. 380/2001, senza che rilevi l'eventuale annullamento di una precedente autorizzazione.

  • La conformità urbanistica di un progetto di opera pubblica costituisce il presupposto implicito ed esplicito dell'intero iter di realizzazione dell'intervento, di talché le contestazioni relative alla compatibilità dell'opera con la disciplina urbanistica vigente devono essere proposte avverso l'atto di approvazione del progetto medesimo, e non possono essere tardivamente sollevate in sede di impugnazione della determinazione a contrarre per l'affidamento della realizzazione dell'opera. Ove il progetto approvato presenti ambiguità in ordine alla soppressione o al mantenimento della viabilità esistente, l'ambiguità dovrà essere risolta in sede esecutiva, fermo restando il rispetto dei necessari requisiti di legge.

  • La conformità urbanistica di un insediamento commerciale costituisce un requisito essenziale per il rilascio dell'autorizzazione all'ampliamento di una grande struttura di vendita. L'amministrazione comunale è tenuta a valutare la domanda di ampliamento in base alla disciplina urbanistica vigente, verificando in particolare il rispetto dei limiti dimensionali e localizzativi previsti per le grandi strutture di vendita, nonché la compatibilità dell'intervento con l'assetto complessivo del territorio. Ove l'intervento risulti in contrasto con la pianificazione urbanistica, l'amministrazione è legittimata a negare l'autorizzazione, in quanto l'insediamento di una grande struttura di vendita in zona non idonea altererebbe l'equilibrio funzionale e infrastrutturale del contesto urbano. Il giudizio di inammissibilità per difetto di conformità urbanistica non costituisce una limitazione illegittima della libertà di stabilimento, ma l'applicazione di prescrizioni urbanistiche volte a garantire un corretto assetto del territorio.

  • Il requisito della doppia conformità urbanistica, previsto dall'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, impone che, ai fini dell'accertamento di conformità di un immobile realizzato in assenza di titolo abilitativo, lo stesso debba risultare conforme sia alla disciplina urbanistica vigente al momento della sua realizzazione, sia a quella in vigore al momento della presentazione della relativa istanza. Tale requisito non può ritenersi soddisfatto sulla base di una mera relazione tecnica generica e priva di adeguata dimostrazione, incombendo sull'istante l'onere di provare in modo puntuale e specifico la sussistenza della doppia conformità. In assenza di tale prova, il diniego dell'accertamento di conformità risulta legittimo, a prescindere da eventuali carenze motivazionali, attesa la natura vincolata del provvedimento.

  • La conformità urbanistica è condizione preliminare e necessaria per il rilascio del titolo abilitativo all'installazione e all'esercizio di un nuovo impianto di distribuzione di carburanti. Tale conformità deve essere valutata alla luce della destinazione urbanistica dell'area, dei vincoli paesaggistici, ambientali e monumentali insistenti sul territorio, nonché della necessità di attuare gli interventi mediante piano urbanistico esecutivo di iniziativa pubblica o privata esteso all'intero ambito. In assenza di tali requisiti, il diniego del permesso di costruire risulta legittimo, in quanto l'Amministrazione è tenuta a verificare la compatibilità dell'intervento con la disciplina urbanistica vigente, senza che il privato possa contestare tale valutazione sulla base di proprie considerazioni in ordine alla presunta "saturazione" dell'area o alla presenza di infrastrutture. Inoltre, il richiamo a precedenti nulla osta o pareri favorevoli rilasciati per altre pratiche edilizie non è sufficiente a dimostrare la conformità urbanistica dell'intervento, in quanto ogni procedimento deve essere autonomamente valutato alla luce della normativa e degli strumenti urbanistici vigenti al momento della decisione. Pertanto, il diniego del permesso di costruire per un impianto di distribuzione di carburanti è legittimo qualora l'area risulti sottoposta a vincoli paesaggistici, ambientali o monumentali, ovvero sia destinata dal piano regolatore a finalità incompatibili con l'installazione dell'impianto, nonché in assenza della necessaria pianificazione urbanistica esecutiva.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La sanatoria edilizia ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 è ammissibile anche quando il titolo edilizio originario sia stato annullato, purché l'opera realizzata risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua esecuzione (c.d. "doppia conformità"), nonostante la disapplicazione di norme regolamentari comunali ritenute illegittime dal giudice amministrativo. In tali casi, la sussistenza della doppia conformità urbanistica consente il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, senza che assumano rilievo valutazioni di interesse pubblico diverse dal mero ripristino della legalità violata, essendo sufficiente il riscontro di requisiti di natura tecnico-edilizia. Inoltre, la possibilità di sanare l'abuso edilizio mediante il rilascio di un permesso in sanatoria ex art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 non è esclusa dalla circostanza che una parte dell'immobile risulti abusiva, purché sia accertata la doppia conformità urbanistica dell'intervento.

  • Il provvedimento di diniego dell'accertamento di conformità urbanistica è legittimo quando l'opera realizzata risulta in contrasto con le previsioni del piano regolatore portuale vigente, in quanto tale strumento di pianificazione speciale determina l'assetto urbanistico-edilizio dell'area portuale, prevalendo sulle istanze di regolarizzazione di opere abusive. L'onere di immediata impugnazione del piano regolatore portuale o degli atti di variante, come l'accordo di programma, grava sull'interessato a partire dalla loro pubblicazione, a prescindere dalla concreta lesività delle previsioni per la sua attività economica, essendo sufficiente l'incompatibilità delle opere con la nuova disciplina urbanistica. In sede di accertamento di conformità, l'amministrazione è tenuta a verificare esclusivamente la corrispondenza dell'opera abusiva alla normativa urbanistica ed edilizia, senza necessità di ulteriore motivazione, essendo l'onere della "doppia conformità" a carico del richiedente.

  • Il principio di doppia conformità urbanistica ed edilizia, di cui all'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, richiede che, ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, l'opera abusiva realizzata debba risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della sua realizzazione, sia al momento della presentazione dell'istanza di accertamento di conformità. Tale principio non è soddisfatto qualora l'opera risulti in contrasto con i parametri urbanistici ed edilizi previsti dalla normativa applicabile, come il rispetto del lotto minimo, dell'indice di fabbricabilità e della destinazione d'uso consentita, sia al momento della realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza. Pertanto, in assenza della doppia conformità, l'istanza di accertamento di conformità deve essere rigettata, non potendosi procedere al rilascio del permesso di costruire in sanatoria. Il rispetto della doppia conformità costituisce un requisito essenziale e inderogabile per l'accoglimento dell'istanza di accertamento di conformità, a tutela della legittimità dell'attività edilizia e della corretta pianificazione urbanistica del territorio.

  • La conformità urbanistica non costituisce un requisito essenziale per l'approvazione del piano di miglioramento aziendale presentato dall'imprenditore agricolo ai fini della realizzazione di nuovi annessi agricoli, essendo sufficiente la dimostrazione della rispondenza dell'opera alle necessità dell'impresa agricola e dell'impegno a mantenere in produzione superfici fondiarie minime. Il comune è pertanto tenuto a istruire il piano di miglioramento sotto il profilo agronomico e, in caso di esito positivo, a rilasciare la sanatoria, senza poter opporre ragioni di natura urbanistica.

  • La conformità urbanistica di un intervento edilizio, ai fini dell'accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, deve essere valutata con riferimento sia al momento della realizzazione dell'abuso che al momento della presentazione dell'istanza, costituendo la doppia conformità una condizione indefettibile per l'accoglimento della domanda. L'onere di provare la preesistenza dell'opera rispetto al 1967 incombe sull'interessato, non sull'amministrazione, la quale è tenuta a sanzionare l'abuso ove non risulti la conformità dell'edificio alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente. Pertanto, il diniego del permesso di costruire in sanatoria è legittimo qualora l'intervento edilizio risulti in contrasto con gli indici e i parametri previsti dagli strumenti urbanistici, nonché sottoposto a vincolo paesaggistico, senza che l'interessato abbia fornito prova della preesistenza dell'opera.

  • Il diniego di accertamento di conformità urbanistica è legittimo quando l'intervento edilizio risulta in contrasto con il regolamento edilizio comunale, il quale non consente opere su immobili di cui non sia dimostrata la legittimità, in quanto lo stato pregresso dell'immobile è difforme dal titolo edilizio precedente e la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) è stata validamente dichiarata inefficace dall'amministrazione comunale, nel rispetto delle garanzie procedimentali e dei presupposti di legge per l'esercizio del potere di autotutela. L'accertamento di conformità urbanistica, essendo un provvedimento tipico volto a sanare meri vizi formali, non può essere concesso quando l'intervento edilizio non risulta conforme, sotto ogni altro aspetto, alla normativa urbanistica vigente. L'amministrazione non è tenuta a verificare le eventuali vicende circolatorie dell'immobile ai fini della partecipazione al procedimento del nuovo proprietario, essendo sufficiente il contraddittorio con il soggetto che ha presentato la SCIA, la cui declaratoria di inefficacia è divenuta definitiva per mancata impugnazione. Il diniego di accertamento di conformità, essendo atto plurimotivato, non richiede l'esame di tutte le censure qualora una sola delle ragioni poste a suo fondamento risulti legittima.

  • La conformità urbanistica di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo su aree vincolate, ai fini della loro sanatoria ai sensi della legge sul condono edilizio, deve essere valutata non solo in relazione all'esistenza di vincoli paesaggistici, ma anche alla luce della compatibilità con gli strumenti urbanistici attuativi vigenti, i quali possono consentire, nonostante i vincoli, interventi di completamento o di nuova edificazione. L'amministrazione è pertanto tenuta a verificare tale conformità urbanistica, non potendo limitarsi a richiamare la mera esistenza dei vincoli paesaggistici per rigettare l'istanza di condono.

  • La disapplicazione di una disciplina urbanistica comunale per contrasto con norme di grado superiore non esclude la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia ex art. 36 del D.P.R. 380/2001, in quanto la conformità urbanistica è valutata al momento del rilascio del titolo edilizio, mentre la disapplicazione interviene successivamente, senza incidere sulla buona fede del privato. Tuttavia, ove la disciplina urbanistica comunale risulti in contrasto con limiti inderogabili di densità edilizia stabiliti da norme nazionali, la conformità urbanistica originaria viene meno, rendendo necessaria la verifica in concreto del rispetto di tali limiti per l'ammissibilità della sanatoria. Ciò non preclude comunque la possibilità di ottenere una nuova concessione edilizia in luogo di quella annullata, in quanto l'edificazione sulla base di un titolo edilizio è assistita dalla presunzione di legittimità degli atti amministrativi e produce un affidamento tutelabile, ai sensi dell'art. 38 del D.P.R. 380/2001. In entrambi i casi, la valutazione dell'interesse pubblico di natura urbanistica deve essere effettuata con riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda di sanatoria, al fine di verificare la compatibilità delle opere realizzate con l'assetto urbanistico attuale.

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