Sentenze recenti differenze retributive

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  • Il dipendente pubblico che svolge di fatto mansioni superiori dirigenziali per periodi determinati ha diritto al corrispondente trattamento economico, ivi comprese le differenze retributive rispetto alla qualifica rivestita, con esclusione dell'indennità di risultato, la cui erogazione è subordinata al raggiungimento di obiettivi preventivamente determinati e alle connesse responsabilità dirigenziali, non ricorrenti nel caso di mero svolgimento di fatto di mansioni superiori. Tale diritto del lavoratore non è derogabile per effetto di accordi individuali o integrativi, essendo il trattamento economico del personale pubblico sottratto alla disponibilità delle parti e caratterizzato dalla nullità di qualsiasi disposizione in contrasto con i limiti e i vincoli derivanti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. L'impugnazione della decisione sull'an debeatur delle differenze retributive impedisce la formazione del giudicato interno sulla parte dipendente, quale quella della concreta quantificazione delle somme dovute, rientrando quest'ultima nella sfera di diretta determinazione giudiziale, senza necessità di eccezione o iniziativa della parte.

  • Il trattamento economico del dipendente pubblico, ivi comprese le differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori, è disciplinato in via esclusiva dalla contrattazione collettiva, in attuazione del principio di riserva di competenza previsto dall'art. 2, comma 3, e dall'art. 45, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 165/2001. Pertanto, le previsioni contrattuali in materia di calcolo delle differenze retributive, come l'art. 8 del CCNL Regioni e Autonomie Locali, trovano applicazione solo ove ricorrano i presupposti ivi espressamente indicati, quali l'assegnazione temporanea o la sostituzione di personale assente, non essendo estensibili al di fuori di tali ipotesi tassative. In mancanza dei presupposti contrattuali, il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori deve essere calcolato in base ai principi di legge, in particolare l'art. 2126 c.c., che impone il riconoscimento della retribuzione corrispondente alle mansioni effettivamente svolte, a prescindere dalla legittimità o meno dell'assegnazione. La decorrenza della prescrizione del relativo credito retributivo coincide con la data di notifica del ricorso introduttivo, salvo che l'atto di messa in mora del datore di lavoro non abbia efficacemente interrotto la prescrizione.

  • Il dipendente pubblico che svolge mansioni superiori rispetto al proprio inquadramento contrattuale ha diritto al riconoscimento della differenza retributiva corrispondente, da calcolarsi confrontando la retribuzione percepita con quella spettante al lavoratore inquadrato nella posizione economica iniziale della categoria superiore, salvo che per i profili professionali che, secondo la previgente disciplina, potevano essere ascritti a qualifiche funzionali superiori, per i quali il trattamento tabellare iniziale corrisponde ai valori economici complessivi indicati nelle posizioni economiche più elevate della categoria, al fine di tenere conto della maggiore varietà di profili precedentemente riferibili a diverse qualifiche funzionali. L'onere di allegare e dimostrare il presupposto di fatto necessario per l'applicazione di tale disciplina contrattuale speciale grava sul dipendente che rivendica il diritto alle differenze retributive.

  • Il lavoratore che agisce in giudizio per ottenere il pagamento di differenze retributive, tredicesima e quattordicesima mensilità e trattamento di fine rapporto, ha l'onere di provare l'esistenza del rapporto di lavoro, mentre incombe sul datore di lavoro l'onere di dimostrare l'avvenuta corresponsione di tali voci retributive. Diversamente, per le domande relative all'indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi non goduti, al lavoro festivo e straordinario, il lavoratore ha l'onere di provare rigorosamente lo svolgimento effettivo della prestazione lavorativa nei giorni ad essi destinati, senza che tale onere possa essere supplito dalla valutazione equitativa del giudice. In caso di licenziamento orale, in assenza di prova contraria da parte del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro o, in alternativa, al pagamento di un'indennità sostitutiva, oltre al risarcimento del danno e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

  • Il lavoratore che agisce in giudizio per il pagamento di differenze retributive ha l'onere di provare i fatti costitutivi dei diritti di cui chiede tutela, in particolare la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e le mansioni svolte. Ove tale prova sia raggiunta, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione dovuta in base al contratto collettivo applicabile, comprensiva degli istituti retributivi accessori quali mensilità aggiuntive e trattamento di fine rapporto, salvo che non dimostri di avervi già adempiuto. Tuttavia, l'onere probatorio grava sul lavoratore anche in relazione alla quantificazione del lavoro straordinario e delle ferie non godute, non essendo sufficiente la mera allegazione di un orario di lavoro prolungato o dell'assenza di periodi di riposo, in assenza di elementi precisi e circostanziati. In tali ipotesi, il giudice non può procedere a una valutazione equitativa della prestazione, dovendo limitarsi a liquidare le sole differenze retributive ordinarie e accessorie provate.

  • Il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti è stato riconosciuto in via generalizzata solo a decorrere dall'entrata in vigore dell'art. 15 del d.lgs. n. 387 del 1998, che ha modificato l'art. 56, comma 6, del d.lgs. n. 29 del 1993, sopprimendo il riferimento alle "differenze retributive". Prima di tale data, la regola generale nell'ordinamento del pubblico impiego era il divieto di adibire il dipendente a mansioni superiori, con conseguente esclusione del diritto a percepire il relativo trattamento economico. Pertanto, il dipendente pubblico che abbia svolto mansioni superiori in un periodo antecedente all'entrata in vigore della citata disciplina non può vantare alcun diritto alle differenze retributive, in quanto il riconoscimento generalizzato di tale diritto è stato introdotto solo successivamente, con efficacia ex nunc e non retroattiva. La ratio di tale disciplina risiede nell'esigenza di introdurre un'organica regolamentazione delle mansioni, nel rispetto dei principi costituzionali in materia di pubblico impiego.

  • Il rapporto di lavoro instaurato tra un medico e una pubblica amministrazione mediante una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, protrattisi per oltre 14 anni senza soluzione di continuità e finalizzati a soddisfare esigenze non temporanee dell'ente, deve essere qualificato come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Ciò in quanto, nonostante l'assenza di un potere direttivo e disciplinare esercitato dal datore di lavoro, il medico risultava stabilmente inserito nell'organizzazione aziendale, con orario di lavoro predeterminato, svolgendo mansioni rientranti nei compiti istituzionali dell'amministrazione e con strumenti e mezzi di quest'ultima. In tal caso, il lavoratore ha diritto alla corresponsione delle differenze retributive rispetto al trattamento economico previsto per la qualifica di dirigente medico, nonché al risarcimento del danno da precarizzazione, parametrato alla misura massima di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, in considerazione dell'abusiva reiterazione dei contratti a termine e della durata ultraquinquennale del rapporto. Inoltre, il datore di lavoro è tenuto al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali non prescritti, nonché al risarcimento del danno per l'omissione contributiva pregressa.

  • Il lavoratore che agisce per ottenere il corretto inquadramento professionale ai sensi dell'art. 2103 c.c. ha l'onere di provare l'effettivo svolgimento di mansioni diverse e superiori rispetto a quelle contrattualmente concordate. A tal fine, il giudice deve seguire un iter logico articolato in tre fasi successive: a) accertare le mansioni concretamente svolte dal lavoratore; b) verificare le qualifiche e i gradi previsti dal contratto collettivo di categoria; c) raffrontare i risultati delle due indagini ed individuare la categoria in cui deve essere inquadrato il lavoratore in base alle mansioni svolte. Ove il lavoratore non descriva e provi le mansioni effettivamente svolte, al giudice è precluso il giudizio, non potendo operare il raffronto tra le mansioni in concreto svolte e quelle descritte nel contratto collettivo di categoria in relazione all'inquadramento professionale. Inoltre, ove un contratto collettivo preveda una medesima attività di base in due distinte qualifiche, a seconda che tale attività sia svolta in maniera elementare o in maniera più complessa, l'onere di allegazione e di prova incombe sullo stesso lavoratore, anche sull'espletamento delle più complesse modalità di prestazione, alle quali la declaratoria contrattuale collega il superiore inquadramento. Tuttavia, qualora il lavoratore abbia assolto all'onere probatorio, il giudice può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio formale del datore di lavoro contumace, valutando ogni altro elemento di prova, senza che ciò possa essere censurato in sede di legittimità. Infine, la liquidazione delle differenze retributive deve essere effettuata al lordo delle ritenute contributive e fiscali, tenuto conto che il datore di lavoro, che non abbia provveduto al pagamento dei contributi entro il termine stabilito, è da considerare - salva la prova di fatti a lui non imputabili - debitore esclusivo dei contributi stessi (anche per la quota a carico del lavoratore), mentre le ritenute fiscali ineriscono ad un momento successivo all'accertamento e alla liquidazione delle spettanze retributive.

  • La retribuzione normale di lavoro, ai sensi del CCNL Vigilanza Privata, comprende gli elementi fissi, tra cui l'indennità di vacanza contrattuale prevista dall'art. 109, che deve essere inclusa nel salario unico nazionale e incidere su tutti gli istituti contrattuali che richiamano tale base retributiva. Il lavoro straordinario e festivo deve essere remunerato non in base al criterio di conversione "a giorni" adottato dal datore di lavoro, bensì in proporzione alle ore effettivamente lavorate, applicando il divisore convenzionale di 173 ore mensili, in modo da garantire una retribuzione proporzionata alla quantità di lavoro prestato. Analogamente, il lavoro svolto in giorno di permesso o di riposo deve essere remunerato con la maggiorazione prevista dal CCNL, calcolata sulle ore effettivamente lavorate e non sulla base di una conversione "a giorni". Infine, il premio di risultato annuale, composto da una quota fissa e una variabile, deve essere corrisposto al lavoratore che abbia prestato servizio per l'intero anno, indipendentemente dalla cessazione del rapporto di lavoro intervenuta successivamente.

  • Il dipendente pubblico che svolge, in modo continuativo e prevalente, mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita, ha diritto al riconoscimento e al pagamento delle relative differenze retributive, a meno che l'amministrazione non dimostri che tali mansioni rientravano comunque nei compiti e nelle responsabilità proprie della qualifica posseduta dal lavoratore. Tuttavia, il mero svolgimento di attività aggiuntive o complementari rispetto alle mansioni tipiche della qualifica di appartenenza non integra di per sé lo svolgimento di mansioni superiori, se tali attività rientrano comunque nell'ambito delle competenze e dei doveri connessi alla qualifica rivestita. Pertanto, il riconoscimento del diritto alle differenze retributive per mansioni superiori presuppone che il lavoratore abbia effettivamente svolto, in modo prevalente e continuativo, compiti e funzioni propri di una qualifica superiore rispetto a quella formalmente posseduta, senza che l'amministrazione sia riuscita a dimostrare che tali attività rientrassero comunque nei doveri connessi alla qualifica di appartenenza. La mera assunzione di responsabilità gestionali o organizzative, in assenza di una modifica formale della qualifica, non è di per sé sufficiente a configurare lo svolgimento di mansioni superiori, se tali responsabilità rientrano comunque nell'ambito delle competenze e dei doveri connessi alla qualifica rivestita. Inoltre, il lavoratore non può pretendere il riconoscimento di mansioni superiori per un periodo successivo a quello in cui ha effettivamente svolto tali mansioni, in quanto il diritto alle relative differenze retributive è strettamente correlato al concreto svolgimento delle attività superiori.

  • Il contratto di lavoro a tempo determinato può essere liberamente stipulato per un periodo non superiore a 12 mesi, senza necessità di indicare le causali giustificatrici. Superato tale termine, in assenza delle causali di cui all'art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, il contratto si trasforma automaticamente in contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, la durata complessiva dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra le stesse parti, anche in caso di successione di contratti, non può superare i 24 mesi, salvo il ricorso alla procedura di cui all'art. 19, comma 3, del medesimo decreto. Il lavoratore che deduce la nullità/inefficacia del licenziamento per mancanza della forma scritta ha l'onere di provare che la cessazione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale. In materia retributiva, il lavoratore che chiede il riconoscimento di compensi per lavoro straordinario o indennità sostitutive di ferie e permessi non goduti ha l'onere di provare l'effettivo svolgimento della prestazione lavorativa oltre l'orario contrattuale, non essendo sufficiente una generica testimonianza. Il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore la retribuzione dovuta secondo il CCNL applicato, con l'obbligo di rilasciare regolari buste paga che costituiscono prova dei dati in esse indicati.

  • Il datore di lavoro, in caso di trasferimento di azienda, è tenuto ad applicare ai lavoratori ceduti il contratto collettivo da esso già applicato prima del trasferimento, salvo che non venga sostituito, prima della sua naturale scadenza, da altro contratto collettivo applicabile all'impresa del cessionario, purché di pari livello. Tale sostituzione opera automaticamente, senza necessità di specifici accordi sindacali, in virtù del principio di successione nel tempo dei contratti collettivi. Tuttavia, il lavoratore ceduto conserva il diritto di percepire la retribuzione minima prevista dal contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria, qualora tale trattamento risulti più favorevole rispetto a quello previsto dal contratto collettivo applicato dal cessionario. Inoltre, il datore di lavoro che procede al licenziamento per giustificato motivo oggettivo è tenuto a dimostrare di aver esperito ogni possibile tentativo di ricollocazione del lavoratore in altre posizioni lavorative analoghe a quella soppressa, in considerazione della sua professionalità e delle mansioni svolte, anche in posizioni di livello inferiore, in ossequio al principio di buona fede e al carattere effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale. In mancanza di tale prova, il licenziamento deve essere dichiarato illegittimo.

  • Il rapporto di lavoro subordinato si caratterizza per l'assoggettamento del prestatore di lavoro al potere direttivo, gerarchico, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che si traduce nell'etero-determinazione della prestazione lavorativa, da valutarsi in concreto con riguardo alla specificità dell'incarico conferito e alle caratteristiche organizzative e dimensionali dell'impresa. Gli altri indici presuntivi, quali la collaborazione, l'assenza di rischio, la natura dell'oggetto della prestazione, la continuità di essa, la forma della retribuzione e l'osservanza di un orario, possono avere una portata sussidiaria ai fini della prova della subordinazione, ma devono essere valutati globalmente e non singolarmente. Le buste paga costituiscono piena prova dei dati in esse indicati, salvo che non risultino chiare e non contraddittorie; in caso contrario, il giudice deve apprezzarle liberamente nel quadro della valutazione degli altri fatti e circostanze. Spetta al datore di lavoro l'onere di provare l'esatto adempimento delle obbligazioni retributive, mentre il lavoratore può limitarsi a provare la fonte dell'obbligazione e allegare l'inadempimento. Le differenze retributive vanno liquidate al lordo delle ritenute contributive e fiscali, con diritto del lavoratore alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali.

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