Sentenze recenti insider trading

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  • Il concorso in associazione mafiosa si configura quando il soggetto, pur senza ricoprire una posizione apicale, svolge un ruolo attivo e organico all'interno dell'associazione criminale, curando non solo i propri interessi ma anche quelli economici del capo, con il quale intrattiene relazioni dirette per discutere di questioni e affari rilevanti per la "famiglia". Costituiscono gravi indizi di tale partecipazione il fatto di occuparsi di attività finalizzate all'aggiudicazione di appalti, di promuovere e gestire la vendita di titoli per conto del capo, di trasferirsi in altre località per operare nel settore borsistico, nonché il costante riferimento nelle conversazioni intercettate al "noi", alle "famiglie", alla "società" del capo. L'insider trading si configura quando il soggetto, in ragione della sua qualità di socio o di persona comunque in possesso di informazioni privilegiate relative a una società, comunica tali informazioni a terzi, consentendo loro di effettuare operazioni di acquisto e vendita di azioni della medesima società in grado di modificarne il valore, sulla base di una conoscenza anticipata di eventi idonei ad incidere sul prezzo del titolo. Costituiscono gravi indizi di tale reato le oscillazioni anomale del titolo, le intercettazioni telefoniche che rivelano il meccanismo di acquisto a prezzi notevolmente inferiori al valore di mercato nella convinzione di un successivo rialzo, nonché il passaggio di azioni tra i soggetti coinvolti. La manipolazione del mercato si realizza attraverso l'utilizzo di artifici e raggiri idonei ad alterare il corretto meccanismo di formazione dei prezzi, come la diffusione di notizie false o l'emissione di ordini di acquisto a prezzi superiori a quelli di mercato al fine di sostenere artificiosamente il valore del titolo, consentendo agli speculatori di rivenderlo a prezzi più elevati. Costituiscono gravi indizi di tale reato la ricostruzione dei passaggi telematici di azioni tra i soggetti coinvolti, le intercettazioni telefoniche che rivelano l'esistenza di un "piano imprenditoriale" finalizzato ad acquisire il controllo delle azioni e a organizzare una serie di transazioni fraudolente per pilotare il valore nominale del titolo, nonché la documentazione attestante le movimentazioni dei titoli.

  • La previsione di reato di cui al comma 2 dell'art. 184, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 è ravvisabile nei confronti del soggetto che, in ragione della preparazione o esecuzione di condotte delittuose potenzialmente idonee ad alterare le quotazioni finanziarie, viene ad essere in possesso, per ciò stesso, delle informazioni privilegiate richieste dalla norma.

  • Il diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione è escluso qualora l'istante vi abbia dato causa per dolo o colpa grave. Il dolo si configura nella volontarietà e consapevolezza della condotta con riferimento all'evento voluto, mentre la colpa grave si caratterizza per una macroscopica, evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza, tale da superare ogni canone di comune buon senso. Il giudice della riparazione deve valutare autonomamente il comportamento dell'interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, senza limitarsi a richiamare parzialmente l'istruttoria svolta, ma ricercando, selezionando e valutando criticamente le circostanze di fatto idonee ad integrare o escludere la sussistenza delle condizioni preclusive al riconoscimento del diritto. Rientrano nella colpa extraprocessuale, ostativa al riconoscimento dell'indennizzo, le frequentazioni ambigue, la connivenza passiva e i comportamenti idonei ad essere percepiti all'esterno come indizi di contiguità criminale, purché il giudice ne fornisca adeguata motivazione circa la loro oggettiva idoneità a indurre in errore l'autorità giudiziaria. Quanto alla colpa processuale, il mero esercizio del diritto di difesa, come il silenzio, la reticenza o la menzogna, non rileva di per sé, salvo che l'interessato abbia taciuto o falsamente rappresentato specifiche circostanze giustificative, idonee a escludere il valore indiziante degli elementi acquisiti, contribuendo così concausalmente al mantenimento dello stato detentivo.

  • È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 187 d. lgs. n. 58 del 1998 per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui consente la confisca anche per equivalente non solo del profitto, ma altresì dei beni impiegati per commettere il reato di abuso di informazioni privilegiate.

  • E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 187 bis del d.lgs. n. 58 del 1998, per ritenuta violazione degli artt. 97 e 117 Cost., in relazione alla direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nella parte in cui prevede un trattamento sanzionatorio unitario per differenti condotte di abuso di informazioni privilegiate, rimettendo all'autorità amministrativa la determinazione della sanzione. Ed invero, per un verso, l'illecito di insider trading ha un suo nucleo essenziale, costituito dalla utilizzazione di una informazione privilegiata, rispetto al quale le modalità di acquisizione dell'informazione contribuiscono a delineare il fatto in termini di maggiore o minore gravità, apprezzabile in sede di valutazione della condotta illecita concretamente posta in essere, e ciò può giustificare l'adozione di una tecnica legislativa che rimette all'autorità amministrativa la scelta della sanzione pecuniaria più adeguata alle specificità del caso; per altro verso, l'ampiezza della forbice esistente tra il minimo e il massimo della sanzione pecuniaria prevista dalla norma consente all'autorità amministrativa, la cui scelta è comunque soggetta al controllo giurisdizionale in sede di giudizio di opposizione, di graduare la sanzione in relazione alla gravità dell'illecito.

  • In tema di abuso di informazioni privilegiate, la pubblicità dell'informazione che ne esclude la qualificazione come privilegiata riguarda non l'universalità dei soggetti, bensì un numero indeterminabile di persone ovvero un ambito caratterizzato dalla potenziale estensione diffusiva (In motivazione, la S.C. ha affermato che la nozione di pubblicità riguarda quel complesso di soggetti che l'art. 181, comma quarto, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 raggruppa nella categoria dell'"investitore ragionevole").

  • Il possesso di informazioni privilegiate acquisite nell'esercizio di una professione, il loro sfruttamento per effettuare operazioni finanziarie e la loro comunicazione a terzi, integrano gli estremi del reato di insider trading di cui all'art. 184 del Testo Unico della Finanza. Tale condotta è sanzionata penalmente, fermo restando il concorso di colpa del soggetto che, pur essendo tenuto alla custodia delle informazioni riservate, non abbia adottato le necessarie misure di protezione, contribuendo così alla loro indebita diffusione. Il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da tale illecito penale può essere richiesto dalla parte danneggiata, con applicazione del principio di cui all'art. 1227 c.c. in caso di concorso di colpa. Diversamente, l'acquisto di azioni sulla base di informazioni privilegiate ricevute da terzi, senza aver contribuito in alcun modo alla loro acquisizione o diffusione, integra un illecito amministrativo ai sensi dell'art. 187-bis TUF, ma non il reato di insider trading di cui all'art. 184 TUF.

  • Il Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 187-bis, comma 4, sanziona chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate e conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse, acquista, vende o compie altre operazioni su strumenti finanziari utilizzando tali informazioni. La fattispecie sanzionatrice non postula la prova della comunicazione dolosa dell'informazione privilegiata da parte del primary insider, né l'appropriazione consapevole dell'informazione da parte del secondary insider, essendo sufficiente, ai fini della configurabilità dell'illecito, l'accertamento del possesso dell'informazione privilegiata e del suo utilizzo per compiere operazioni su strumenti finanziari. Il possesso dell'informazione privilegiata può essere provato anche attraverso presunzioni semplici, purché queste siano fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, come il rapporto tra l'insider primario e i soggetti a conoscenza dell'informazione, l'incongruenza delle operazioni contestate rispetto alle normali modalità di investimento adottate dall'operatore, nonché l'entità dell'operazione di acquisto. Il principio della retroattività della lex mitior, applicabile anche alle sanzioni amministrative di natura punitiva, impone l'applicazione della disciplina sanzionatoria più favorevole introdotta dal Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 3, come dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 63 del 2019.

  • Il Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 187-bis, comma 4, sanziona chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate e conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse, acquista, vende o compie altre operazioni su strumenti finanziari utilizzando tali informazioni. La fattispecie sanzionatrice non postula la prova della consapevole comunicazione dell'informazione privilegiata da parte del primary insider, né l'appropriazione dolosa dell'informazione da parte del secondary insider, essendo sufficiente, ai fini della configurabilità dell'illecito, la dimostrazione del possesso dell'informazione privilegiata da parte dell'agente e del suo utilizzo per compiere operazioni su strumenti finanziari. Il possesso dell'informazione privilegiata può essere provato anche mediante presunzioni semplici, purché queste siano fondate su elementi gravi, precisi e concordanti, come il rapporto tra l'insider primario e i soggetti a conoscenza dell'informazione, l'incongruenza delle operazioni contestate rispetto alle normali modalità di investimento adottate dall'operatore, nonché l'entità dell'operazione di acquisto. Il principio della retroattività della lex mitior, applicabile anche alle sanzioni amministrative di natura punitiva, impone l'applicazione della disciplina sanzionatoria più favorevole introdotta dal Decreto Legislativo n. 72 del 2015, articolo 6, comma 3, come dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 63 del 2019.

  • Il soggetto danneggiato da condotte di insider trading può agire in giudizio per il risarcimento del danno, in quanto titolare di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall'ordinamento, a prescindere dalla presenza di poteri di controllo e impugnazione attribuiti a un ente pubblico, come la Consob, a tutela dell'interesse generale al regolare funzionamento del mercato. Il diritto al risarcimento del danno sussiste in capo al soggetto che abbia subito un pregiudizio diretto e immediato dalla condotta illecita di abuso di informazioni privilegiate, che abbia determinato un rialzo artificioso del prezzo delle azioni oggetto di offerta pubblica di acquisto (OPA), incidendo così sull'esborso economico che il soggetto danneggiato ha dovuto sostenere per l'acquisto del flottante. La valutazione del danno risarcibile deve essere effettuata in via equitativa, tenendo conto dell'aumento fisiologico del valore delle azioni intervenuto nel periodo antecedente gli acquisti abusivi, nonché della concorrenza di altri fattori che hanno contribuito al rialzo dei prezzi, in modo da imputare al solo comportamento illecito la quota di danno ad esso direttamente riconducibile. In particolare, ove sia possibile individuare un valore di mercato non alterato dalle condotte abusive, il danno risarcibile sarà determinato nella misura corrispondente alla differenza tra tale valore e il prezzo finale di acquisto del flottante.

  • In tema di reato di "insider trading" di cui all'art. 184 T.U.F. (d.lgs. n. 58 del 1998), è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, ai sensi dell'art. 321 comma 2 cod. proc. pen., oltre che delle plusvalenze realizzate, delle somme di denaro investite per l'acquisto dei titoli sulla base di informazioni privilegiate, in quanto costituenti beni utilizzati per commettere il reato.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La sanzione amministrativa della confisca per equivalente prevista dall'art. 187 sexies del D.Lgs. n. 58/1998, introdotta dalla L. n. 62/2005, non può essere applicata retroattivamente a condotte realizzate prima dell'entrata in vigore di tale normativa, qualora il complessivo trattamento sanzionatorio risulti in concreto più sfavorevole per l'autore rispetto a quello previsto dalla disciplina penale previgente. Ciò in quanto la retroattività di tale misura, in tali casi, violerebbe i principi di legalità e di irretroattività della legge penale più sfavorevole, sanciti dagli artt. 25, comma 2, e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 7 CEDU. La Corte di Cassazione, nel valutare la legittimità costituzionale della disciplina transitoria prevista dalla L. n. 62/2005, art. 9, comma 6, ha rilevato che il trattamento sanzionatorio complessivo applicato al ricorrente, consistente nell'irrogazione di una sanzione pecuniaria amministrativa, della sanzione accessoria dell'interdizione e, soprattutto, della confisca per equivalente di un valore ingente, risultava in concreto più gravoso rispetto a quello previsto dalla previgente normativa penale, che contemplava la possibilità di beneficiare della sospensione condizionale della pena, della conversione della pena detentiva in pena pecuniaria e dell'indulto. Pertanto, la retroattiva applicazione della confisca per equivalente, non prevista dalla disciplina previgente, ha determinato una sproporzione nel complessivo trattamento sanzionatorio, in violazione dei suddetti principi costituzionali.

  • In tema di abuso di informazioni privilegiate, sussiste continuità normativa tra la fattispecie prevista dal previgente art. 180 D.Lgs. n. 58 del 1998 e quella prevista dall'art. 184 D.Lgs. n. 58 del 1998, novellato dalla legge n. 62 del 2005, in quanto il nucleo di disvalore del fatto di reato è rimasto immutato.

  • In materia di sanzioni amministrative, le norme sopravvenute nella pendenza del giudizio di legittimità che dispongano retroattivamente un trattamento sanzionatorio più favorevole devono essere applicate anche d'ufficio dalla Corte di cassazione, atteso che la natura e lo scopo squisitamente pubblicistici del principio del "favor rei" devono prevalere sulle preclusioni derivanti dalle ordinarie regole in tema d'impugnazione; né tale conclusione contrasta con i principi in materia di rapporto fra "jus superveniens" e cosa giudicata, perché la statuizione sulla misura della sanzione è dipendente dalla statuizione sulla responsabilità del sanzionato e pertanto, ai sensi dell'articolo 336 c.p.c., è destinata ad essere travolta dall'eventuale caducazione di quest'ultima, cosicché essa non può passare in giudicato fino a quando l'accertamento della responsabilità del sanzionato non sia a propria volta passata in giudicato.

  • Il possesso di informazioni privilegiate da parte di un soggetto, anche se non acquisite direttamente dal detentore originario, integra la fattispecie sanzionabile di insider trading secondario, a prescindere dalle modalità di acquisizione della notizia riservata, essendo sufficiente che l'agente ne conoscesse o potesse conoscere, con l'ordinaria diligenza, il carattere privilegiato. L'accertamento del possesso dell'informazione privilegiata può avvenire anche attraverso presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti, senza che sia necessario provare la consapevole comunicazione della notizia da parte del primary insider. La sanzione amministrativa pecuniaria prevista per l'illecito di insider trading, in quanto sostanzialmente punitiva, è soggetta al principio di retroattività della lex mitior, sicché il giudice di rinvio dovrà rideterminare la sanzione applicabile in base alla disciplina più favorevole introdotta dal D.Lgs. n. 72/2015, come dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui escludeva tale retroattività. Il procedimento sanzionatorio della CONSOB, pur non essendo connotato dalle garanzie del giusto processo di cui all'art. 6 CEDU, è comunque soggetto a un sindacato giurisdizionale pieno e sostitutivo, che realizza le medesime garanzie.

  • Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 180 del decreto legislativo 24/2/1998, n. 58, nella parte in cui – nel definire l'”informazione privilegiata” come “un'informazione specifica di contenuto determinato, di cui il pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o emittenti di strumenti finanziari, che, se resa pubblica, sarebbe idonea ad influenzarne sensibilmente il prezzo” – “non contiene parametri sufficientemente determinati per stabilire quando l'influenza sul prezzo dei titoli determinata dalla condotta incriminata debba considerarsi “sensibile”. I giudici rimettenti, infatti, invocano l'addizione, alla formula definitoria dell'”informazione privilegiata”, di “parametri” atti a rendere più puntuale e sicura l'identificazione dell'elemento della fattispecie, postulando così una operazione di “riempimento” dei contenuti della norma, che è estranea ai poteri della Corte, rimanendo eventualmente affidata alla discrezionalità del legislatore.

  • Il concorso di persone nell'abuso di informazioni privilegiate e nella manipolazione del mercato finanziario integra il reato associativo, qualora emerga un patto criminoso finalizzato all'acquisizione del controllo di società fortemente indebitate per spogliarle definitivamente in danno degli altri soci e dei creditori, realizzando delitti di truffa e delitti ai danni del mercato e degli investitori, anche attraverso la comunicazione di notizie false sullo stato delle società quotate, in modo da alterarne la quotazione. Ai fini della sussistenza del reato associativo, non è necessaria la commissione di specifici reati fine, essendo sufficiente la prova dell'adesione al programma criminoso e del contributo effettivo all'attuazione dello stesso, anche attraverso la partecipazione a reati aventi natura di delitto. Tuttavia, la mera conoscenza della pluralità dei partecipi all'associazione non è sufficiente per l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 416 c.p., comma 5, occorrendo altresì che tale conoscenza non derivi da errore incolpevole. Inoltre, per integrare il reato di abuso di informazioni privilegiate, è necessario che il giudice specifichi quali siano le informazioni privilegiate di cui il concorrente è venuto a conoscenza e le modalità del loro abuso, non essendo sufficiente la mera posizione di insider secondario. Infine, la prescrizione del reato di abuso di informazioni privilegiate matura quando l'unico accesso dimostrato alle informazioni risalga a oltre cinque anni prima della pronuncia della sentenza.

  • In tema di abuso di informazioni privilegiate, la misura della confisca per equivalente, prevista dall'art. 187 sexies d.lgs. n. 58 del 1998, non trova sempre applicazione per i fatti commessi in epoca anteriore all'entrata in vigore della l. n. 62 del 2005 (che ha depenalizzato la condotta degli "insider" secondari), atteso che la Corte cost., con sentenza n. 223 del 2018, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma 6, della stessa legge, nella parte in cui stabilisce che la menzionata confisca si applichi, qualora il procedimento penale non sia ancora definito, anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della medesima legge, quando il complessivo trattamento sanzionatorio, conseguente all'intervento di depenalizzazione, risulti in concreto più sfavorevole di quello applicabile in base alla disciplina previgente. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la confisca per equivalente del prodotto dell'illecito, prevista per le condotte depenalizzate di cui all'art. 187 bis del d.lgs. n. 58 del 1998, comportasse un trattamento deteriore rispetto a quello derivante dall'applicazione della disciplina penalistica previgente, che, a norma dell'art. 180 del d.lgs. n. 58 del 1998, prevedeva soltanto la confisca diretta dei mezzi utilizzati per commettere il reato e dei beni che ne costituivano il profitto).

  • Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per l'asserito carattere additivo-manipolativo dell'intervento richiesto e la conseguente lesione della discrezionalità del legislatore - formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 187-sexies del d.lgs. n. 58 del 1998. Il rimettente non invoca una pronuncia additivo-manipolativa, ma formula un petitum di segno parzialmente ablativo: nessuna manipolazione "creativa" deriverebbe, pertanto, dall'eventuale accoglimento delle questioni prospettate. (Precedente citato: sentenza n. 252 del 2012)

  • In tema di abuso di informazioni privilegiate, nel caso in cui siano state già definitivamente inflitte le sanzioni amministrative previste dall'art. 187-bis del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in modo tale da assorbire completamente il disvalore della condotta, risultando coperti aspetti rilevanti sia a fini penali che amministrativi, e pienamente tutelato l'interesse protetto dell'integrità dei mercati finanziari e della fiducia del pubblico negli strumenti finanziari, il giudice di merito o quello di legittimità - ricorrendo le condizioni previste dall'art. 620, comma 1, lett. l) cod. proc. pen. - può disapplicare integralmente la sanzione penale, atteso che, in tal caso, il cumulo delle sanzioni risulterebbe radicalmente sproporzionato e contrario ai principi sanciti dagli artt. 50 CDFUE e 4 Pro. n. 7 CEDU, come interpretati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nelle sentenze Grande Sezione, Menci (C-524/15); Garlsson Real Estate SA e altri contro Consob (C-537/16); Di Puma contro Consob e Consob contra Zecca (C-596/16 e C-597/16) e dalla Corte EDU nella sentenza GC, A e B contro Norvegia del 2016 . (In motivazione, la Corte ha precisato che il giudice, nella valutazione complessiva dell'afflittività del carico risultante dalla combinazione delle discipline sanzionatorie, tenendo conto delle sanzioni principali e accessorie e della confisca, ha il dovere di spingersi oltre la verifica meramente quantitativa o legata alle ragioni di tutela dell'interesse protetto, valorizzando anche le esigenze di garanzia individuale).

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso ai sensi dell'art. 416-bis c.p. richiede la prova di una condotta concreta e definita del soggetto, che vada oltre il mero commento o giudizio su persone o episodi ritenuti di carattere mafioso. Inoltre, per integrare i reati di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato di cui agli artt. 184 e 185 del d.lgs. n. 58/1998, è necessario che l'autorità giudiziaria specifichi dettagliatamente le concrete operazioni finanziarie compiute dall'indagato, le informazioni privilegiate utilizzate e la loro idoneità a incidere sensibilmente sul prezzo degli strumenti finanziari, senza potersi limitare a generiche affermazioni sulla diffusione di notizie riservate o sulla movimentazione del titolo. La motivazione del provvedimento cautelare deve essere adeguata e puntuale nel dare conto di tali elementi, in assenza dei quali non può ritenersi integrata la fattispecie criminosa contestata.

  • Il possesso di informazioni privilegiate, conoscendone o potendone conoscere il carattere riservato, integra la fattispecie sanzionabile di insider trading secondario, a prescindere dalle modalità di acquisizione di tali informazioni e dalla prova della loro comunicazione da parte del detentore originario. L'accertamento del possesso di informazioni privilegiate e del loro utilizzo per compiere operazioni su strumenti finanziari può essere effettuato anche attraverso presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti, senza che sia necessario provare il nesso causale tra la conoscenza dell'informazione e la sua trasmissione da parte dell'insider primario. La natura sostanzialmente punitiva della sanzione amministrativa prevista per l'abuso di informazioni privilegiate comporta l'applicazione retroattiva della disciplina più favorevole sopravvenuta, in conformità al principio di proporzionalità della pena e del favor rei, anche in assenza di una espressa previsione legislativa in tal senso. Il procedimento sanzionatorio amministrativo condotto dalla CONSOB, pur non essendo caratterizzato dalle garanzie del giusto processo ex art. 6 CEDU nella fase amministrativa, è comunque soggetto a un sindacato giurisdizionale pieno e sostitutivo, che realizza le medesime garanzie.

  • In tema di abuso di informazioni privilegiate commesso da "insider" secondario, la confisca per equivalente, prevista dall'art. 187-bis T.U.F., come novellato dalla l. n. 62 del 2005, non può essere disposta in relazione a violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 62 cit., poiché la nuova normativa, pur avendo depenalizzato l'illecito in questione, ha comunque introdotto un trattamento sanzionatorio amministrativo in concreto più afflittivo rispetto a quello precedente, con la conseguenza che, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2018, deve essere applicata la "lex mitior".

  • Il contratto sospensivamente condizionato, pur essendo perfetto e valido, rimane inefficace fino al verificarsi della condizione. Tuttavia, il contratto produce obbligazioni preliminari e prodromiche, la cui violazione da parte di uno dei contraenti può dar luogo a responsabilità contrattuale e alla pronuncia di risoluzione per mancato rispetto degli obblighi di comportamento in pendenza della condizione. L'aleatorietà del contratto e la tassatività delle ipotesi di risoluzione e recesso contemplate nell'accordo, in particolare con riferimento agli indicatori fondamentali di funzionamento dell'impresa, inducono a ritenere che la rivelazione all'esito della due diligence di dati rilevanti per la valutazione dell'attendibilità del business plan, ma non oggetto di specifica garanzia contrattuale, non possa giustificare il rifiuto di dare corso all'operazione programmata. Il danno risarcibile per l'inattuazione del contratto condizionato è limitato alle spese sostenute per la negoziazione e conclusione del contratto divenute inutili, non potendo estendersi all'inadempimento delle obbligazioni principali mai sorte per l'inefficacia del vincolo. Il socio di una società non può far valere il danno riflesso al valore della propria partecipazione derivante dall'inadempimento di un contratto concluso dalla società, essendo il danno riferibile solo alla società titolare del patrimonio colpito. Inoltre, la mera oscillazione del valore di borsa del titolo non determina di per sé un danno risarcibile, richiedendosi la prova dell'effettiva dismissione della partecipazione a prezzo deteriore.

  • La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: La confisca per equivalente prevista dall'articolo 187-sexies del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, introdotta dalla Legge n. 62 del 2005, non può essere applicata retroattivamente ai fatti costituenti reato di abuso di informazioni privilegiate commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge di depenalizzazione, quando il complessivo trattamento sanzionatorio risulti in concreto più sfavorevole per l'interessato rispetto alla previgente disciplina penale, in quanto ciò violerebbe i principi di legalità e irretroattività sanciti dall'articolo 25, comma 2 della Costituzione e dall'articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Il giudice deve pertanto applicare la disciplina sanzionatoria più favorevole al reo, valutando caso per caso se il nuovo trattamento amministrativo sia in concreto più gravoso di quello penale previgente. La sanzione amministrativa pecuniaria e la confisca per equivalente previste per l'illecito di abuso di informazioni privilegiate hanno natura sostanzialmente punitiva e sono soggette alle garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale, ivi compresa la garanzia della retroattività della lex mitior.

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