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Il reato di lesioni personali si configura anche in presenza di lievi alterazioni anatomiche o funzionali dell'organismo, come escoriazioni cutanee e crisi ipertensive, che comportino comunque una significativa modificazione delle condizioni di salute della persona offesa, ancorché non incidenti sulle sue condizioni organiche generali. In tali ipotesi, lo stato di malattia perdura fino al completo ristabilimento delle normali funzioni dell'organismo, indipendentemente dalla necessità di cure o precauzioni mediche. L'aggravante di cui all'art. 577, comma 1, n. 1, c.p. sussiste quando le lesioni siano state cagionate in danno di prossimi congiunti, in ragione di un rapporto di odio o astio maturato nell'ambito familiare. La mancata comunicazione al difensore delle conclusioni scritte del Pubblico Ministero in un giudizio di appello celebrato con rito cartolare durante l'emergenza sanitaria determina una nullità generale a regime intermedio, deducibile solo ove la difesa alleghi un concreto, attuale e verificabile pregiudizio alle proprie prerogative difensive, non potendo limitarsi a denunciare un mero vizio formale.
Il reato di lesioni personali può essere dimostrato sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, purché ritenute attendibili dal giudice, anche in assenza di referto medico che attesti la "malattia" derivata dalla condotta lesiva. Infatti, i lividi e le ecchimosi, in quanto consistenti in un'infiltrazione di sangue nel tessuto sottocutaneo che comporta un'alterazione anatomica e funzionale dell'organismo, rientrano nella nozione di "malattia" e integrano il reato di lesioni personali. Pertanto, il giudice, valutata positivamente l'attendibilità della persona offesa e la compatibilità degli esiti lesivi con la dinamica dell'aggressione, può ritenere provato il reato di lesioni personali anche in assenza di referto medico, purché siano accertati i presupposti di cui all'art. 582 c.p.
Il reato di lesioni personali è configurabile quando la condotta dell'agente cagiona una malattia, intesa come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, che comporti un processo di reintegrazione, anche di breve durata. La prova della responsabilità penale può essere raggiunta attraverso il concorso di testimonianze oculari e di riscontri oggettivi, come referti e cartelle cliniche, che dimostrino il nesso causale tra la condotta violenta dell'imputato e le lesioni subite dalla vittima. In tali casi, il giudice è tenuto a riconoscere la penale responsabilità dell'imputato, concedendo eventualmente le circostanze attenuanti generiche in considerazione del suo comportamento processuale, e a condannarlo al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, la cui liquidazione è rimessa alla competente sede civilistica. La condanna alle spese di costituzione e rappresentanza della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato deve essere disposta direttamente in favore dello Stato, quale anticipatario delle relative somme, in applicazione della disciplina speciale prevista dall'art. 110 del D.P.R. n. 115/2002.
Il reato di lesioni personali può essere dimostrato sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, purché il giudice ne abbia positivamente valutato l'attendibilità, anche in assenza di un referto medico che attesti la "malattia" derivata dalla condotta lesiva. L'ematoma, in quanto versamento ematico nei tessuti sottocutanei che comporta un'alterazione anatomica seguita da un naturale processo riabilitativo, rientra nella nozione di "malattia" ai sensi dell'art. 582 c.p. e integra pertanto il reato di lesioni personali, non quello di percosse. Quando la condotta violenta dell'agente cagiona lesioni personali alla vittima, il reato di lesioni personali non è assorbito nel reato di rapina, ma concorre con esso, con la conseguente applicazione dell'aumento di pena ai sensi dell'art. 81 c.p. per il reato di lesioni personali. Ai fini della configurabilità dell'attenuante del danno di speciale tenuità nel delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto, che lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l'integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto.
Il reato di lesioni personali di cui all'art. 582 c.p. è configurabile anche in presenza di alterazioni anatomiche o funzionali dell'organismo di lieve entità, purché comportino una sia pur minima compromissione locale della funzione protettiva dell'epidermide o di altre funzioni dell'organismo, a prescindere dalla sussistenza di una limitazione funzionale o di un significativo processo patologico. Pertanto, la nozione di "malattia" rilevante ai fini del delitto di lesioni personali non si limita alle sole lesioni di cospicua entità, ma comprende qualsiasi alterazione anatomica o funzionale, anche localizzata e di lieve gravità, che determini una apprezzabile compromissione della funzionalità dell'organismo, ivi incluse le contusioni e le escoriazioni. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza del reato, deve pertanto accertare l'esistenza di una qualsivoglia alterazione anatomica o funzionale, anche di lieve entità, che comporti una compromissione, seppur minima, della funzionalità dell'organismo, senza che rilevino considerazioni sulla gravità o sull'influenza delle lesioni sulle condizioni organiche generali.
Il reato di lesioni personali volontarie si configura quando la condotta aggressiva determina un'alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche di lieve entità, che richiede un processo terapeutico e specifiche cure mediche, a differenza del reato di percosse che comporta solo una sensazione dolorosa. Pertanto, la diagnosi di ferite ed escoriazioni, pur limitate a pochi giorni di prognosi, integra il delitto di lesioni personali volontarie, in quanto tali lesioni, ancorché di lieve entità, determinano uno stato di malattia che perdura fino alla completa guarigione. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza del reato, deve accertare se la condotta abbia cagionato un'alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche se circoscritta e di breve durata, che richieda un processo terapeutico, essendo irrilevante che le condizioni organiche generali della persona offesa non siano state influenzate.
Il reato di lesioni personali è procedibile d'ufficio quando è commesso per futili motivi, in quanto tale aggravante, prevista dall'art. 61, n. 1, cod. pen., rientra tra quelle indicate dall'art. 585 cod. pen. che determinano la procedibilità d'ufficio, a seguito delle modifiche introdotte dalla riforma "Cartabia". Pertanto, la mancanza di espressa contestazione dell'aggravante non impedisce la procedibilità d'ufficio, qualora essa risulti comunque dalla descrizione della condotta. Inoltre, la procedibilità d'ufficio per il reato di lesioni personali sussiste anche quando esso sia stato commesso in danno dell'ascendente, in quanto tale circostanza aggravante, prevista dall'art. 577, comma 1, n. 4, cod. pen., non rientra tra quelle che, ai sensi della riforma "Cartabia", determinano la procedibilità a querela di parte. Ciò comporta che, in presenza di una delle aggravanti indicate dall'art. 585 cod. pen., il reato di lesioni personali è procedibile d'ufficio, a prescindere dalla specifica contestazione dell'aggravante, purché essa risulti comunque dalla descrizione della condotta.
Il reato di lesioni personali, anche se commesso in ambito di relazione affettiva, integra una condotta penalmente rilevante, sanzionabile con pena pecuniaria, in quanto la tutela dell'integrità fisica della persona offesa prevale sulle dinamiche relazionali. Il giudice, nel valutare la gravità del fatto, deve tenere conto delle circostanze concrete, come l'orario notturno e la condizione di vulnerabilità della vittima, senza riconoscere attenuanti generiche laddove l'imputato non dimostri un effettivo ravvedimento. Pur in assenza di una quantificazione del danno risarcibile, la condanna al risarcimento in favore della parte civile è comunque dovuta, in quanto il referto medico attesta le lesioni subite. Il principio di perpetuatio jurisdictionis impedisce la regressione del procedimento al pubblico ministero in caso di riqualificazione del reato in una fattispecie di competenza del giudice di pace, essendo sufficiente garantire il contraddittorio attraverso i mezzi di impugnazione.
Il reato di lesioni personali si configura quando l'agente, con atto di violenza fisica consapevole e voluto, cagiona ad altri una malattia nel corpo o nella mente, anche se localizzata e non influente sulle condizioni organiche generali. Il dolo del reato di lesioni non richiede la volontà diretta alla produzione di conseguenze lesive, essendo sufficiente l'intenzione di infliggere all'altrui persona una violenza fisica. L'identificazione dell'autore del reato può avvenire anche attraverso riconoscimenti non formali, purché la testimonianza dia conto dell'operazione ricognitiva. Ai fini della determinazione della pena, il giudice deve valutare la gravità del fatto, il comportamento dell'imputato e l'entità dei danni cagionati alla persona offesa, senza che l'incensuratezza dell'imputato sia di per sé sufficiente a giustificare la concessione delle attenuanti generiche. L'imputato condannato per lesioni personali deve risarcire i danni patrimoniali e morali subiti dalla persona offesa, la cui quantificazione può essere demandata al giudice civile.
Il reato di lesioni personali di cui all'art. 582 c.p. configura un delitto d'evento a forma libera, in cui la lesione costituisce l'alterazione di carattere morfologico, anche non percepibile visivamente, che precede causalmente la malattia, intendendosi per malattia qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata o circoscritta, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali e sulla funzionalità della persona, purché comporti un processo di reintegrazione, sia pure di breve durata. Il cagionare una lesione ha un'accezione più ampia rispetto all'azione di picchiare o di colpire, dovendosi ricomprendere qualsiasi violenta manomissione fisica dell'altrui persona, purché tale azione provochi una malattia, cosicché anche un urto o una spinta intenzionale, che determini una caduta con effetti lesivi, integra il reato di lesioni personali. L'elemento psicologico del dolo nel reato di lesioni è costituito dalla generica volontà di colpire taluno con violenza, senza che la volontà debba abbracciare le conseguenze lesive della condotta; integra l'elemento psicologico anche il dolo eventuale. Ai fini dell'accertamento del nesso di causalità tra la condotta e l'evento lesivo, si ricorre ai parametri della medicina legale che individuano i criteri cronologico, topografico, della adeguatezza lesiva, della continuità e dell'esclusione. Le dichiarazioni della persona offesa, positivamente valutate dal giudice per la loro attendibilità, possono costituire prova sufficiente del reato di lesioni personali, anche in assenza di un referto medico che attesti la "malattia" derivata dalla condotta lesiva. La quantificazione del danno subito dalla parte civile deve essere accertata in separato procedimento civile.
Il reato di lesioni personali si configura quando la condotta dell'agente determina una alterazione funzionale dell'organismo della persona offesa, anche in assenza di esiti anatomici immediati, purché sia accertata una limitazione funzionale, un significativo processo patologico o una apprezzabile compromissione delle funzioni dell'organismo. Pertanto, il trauma contusivo, pur non comportando necessariamente una malattia in senso stretto, integra il reato di lesioni personali qualora sia caratterizzato da alterazioni da cui deriva una limitazione funzionale o un processo patologico. L'accertamento della sussistenza del reato di lesioni personali non richiede una specifica indagine medico-legale, essendo sufficiente il riscontro di una compromissione, anche limitata, delle funzioni dell'organismo, come desumibile dalle certificazioni mediche e dalle dichiarazioni della persona offesa in merito al dolore e alle limitazioni funzionali conseguenti al fatto. Al contrario, l'inosservanza generica degli obblighi di "vivere onestamente" e "rispettare le leggi" imposti al soggetto sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale non integra autonomamente il reato di violazione delle prescrizioni, in quanto tali prescrizioni sono ritenute prive del necessario grado di precisione e prevedibilità richiesto dalla giurisprudenza europea e nazionale.
Il reato di lesioni personali si configura quando l'agente, con condotta cosciente e volontaria, cagiona all'altrui persona un'alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, anche di lieve entità, che richieda un processo terapeutico con specifici mezzi di cura e appropriate precauzioni mediche. Il dolo del delitto di lesioni sussiste tutte le volte che l'agente ha previsto che il suo comportamento avrebbe potuto determinare un'offesa all'integrità personale del soggetto passivo ed ha agito al fine, ovvero, a costo di cagionarla, essendo sufficiente la volontà consapevole dell'agente di fare subire all'altrui persona una violenza fisica, a prescindere dalla volontà di produrre conseguenze lesive. Pertanto, il reato di lesioni personali è integrato anche quando l'agente, pur non mirando direttamente alla produzione di un evento lesivo, ha comunque accettato il rischio che il suo comportamento potesse cagionare un danno all'integrità fisica della vittima.
Il reato di lesioni personali di cui all'art. 582 c.p. sussiste anche in presenza di ematomi e contusioni, in quanto tali conseguenze costituiscono alterazioni anatomiche e funzionali dell'organismo che comportano un processo riabilitativo e, pertanto, integrano il concetto di "malattia" ai sensi della norma. L'utilizzo di un oggetto comune, come la cintura dei pantaloni, in modo offensivo integra la circostanza aggravante dell'uso di arma di cui all'art. 585 c.p., comma 2, in quanto tale oggetto perde la sua connotazione di uso comune e diventa uno strumento atto ad offendere la persona. Pertanto, il reato di lesioni personali aggravate dall'uso di arma è procedibile d'ufficio, a prescindere dall'intervenuta remissione di querela da parte della persona offesa.
Il reato di lesioni personali si configura quando il soggetto agente cagiona ad altri una lesione dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, intesa come qualsiasi anomalia dell'organismo, anche di lieve entità, che comporti un'alterazione anatomica o funzionale. La contusione, in quanto dà luogo a tale alterazione, costituisce malattia ai sensi dell'art. 582 c.p. Ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente che l'evento lesivo sia stato cagionato con condotta dolosa o colposa, a prescindere dalla gravità delle conseguenze, purché queste siano apprezzabili. Pertanto, il reato di lesioni personali è integrato anche quando l'agente, durante una partita sportiva, colpisce intenzionalmente la vittima con un calcio al volto, cagionandole un trauma contusivo facciale e mandibolare con prognosi di 15 giorni, in quanto tale condotta realizza gli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 582 c.p., non essendo rilevanti eventuali giustificazioni o motivazioni dell'agente.
Il reato di lesioni personali si configura anche in presenza di alterazioni anatomiche o funzionali di modesta entità, come ecchimosi, contusioni ed escoriazioni, purché vi sia un'effettiva compromissione della funzionalità psicosomatica della persona offesa, a prescindere dalla durata della malattia o dalla gravità delle conseguenze. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione della gravità oggettiva del fatto e nella determinazione della pena, entro i limiti edittali, tenuto conto delle circostanze aggravanti e attenuanti, purché tale valutazione sia sorretta da adeguata e logica motivazione, non sindacabile in sede di legittimità salvo che non risulti frutto di mero arbitrio. L'omessa traduzione della sentenza nella lingua nota all'imputato alloglotta non integra ipotesi di nullità, ma comporta soltanto la rimessione in termini per l'impugnazione, qualora l'imputato abbia specificamente richiesto tale traduzione.
Il reato di lesioni personali è configurabile quando la condotta dell'agente cagiona all'offeso una malattia, intesa come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché localizzata o circoscritta, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali e sulla funzionalità della persona, purché comporti un processo di reintegrazione, sia pure di breve durata. L'aggravante dell'uso di armi improprie, di cui all'art. 4 comma 2 L. n. 110 del 1975, si applica a tutti gli strumenti che, in base alle circostanze di tempo e di luogo in cui sono portati, possono essere utilizzati per l'offesa alla persona, indipendentemente dalla loro destinazione d'uso originaria. Tuttavia, il porto di tali oggetti non è punibile quando avviene per giustificato motivo, come nel caso in cui l'imputato li abbia utilizzati in precedenza per scopi leciti e se ne sia trovato casualmente in possesso al momento del fatto. La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis c.p., trova applicazione quando la modalità della condotta e l'esiguità del danno o del pericolo, valutati in relazione all'art. 133 c.p., rendono l'offesa di particolare tenuità, in assenza di abitualità del comportamento.
Il reato di lesioni personali si consuma con il prodursi di una anche minima alterazione psico-fisica dell'organismo, senza che sia necessario l'accertamento di una specifica patologia o di un determinato grado di incapacità lavorativa. Pertanto, la responsabilità penale dell'imputato per il reato di lesioni personali può essere affermata anche in assenza di una prova certa del nesso causale tra la condotta e le lesioni diagnosticate successivamente, qualora sia comunque accertato che la condotta dell'imputato abbia cagionato una immediata alterazione della funzionalità motoria o comunque una minima modificazione psico-fisica della persona offesa. Il giudice, nel valutare la sussistenza del reato, deve pertanto concentrarsi sull'accertamento dell'effettiva verificazione di una alterazione, anche lieve, dell'integrità fisica o psichica della vittima, senza che sia necessario il riscontro di una specifica patologia o di una determinata prognosi. L'entità e la durata delle lesioni, pur rilevanti ai fini della commisurazione della pena, non costituiscono elementi essenziali per la configurazione del reato di lesioni personali, il quale si perfeziona con il semplice prodursi di una modificazione, anche minima, dell'organismo della persona offesa.
Il reato di lesioni personali è configurabile anche in presenza di un trauma lieve, come un ematoma o una contusione, che comporti un'alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché di breve durata e senza influire sulle condizioni organiche generali. Pertanto, la qualificazione giuridica del fatto nell'ambito dell'articolo 582 c.p. (lesioni personali) è corretta, anche quando la certificazione medica descriva un trauma lieve guaribile in pochi giorni, non essendo necessario il requisito di una malattia più grave per l'integrazione del reato. Tuttavia, il giudice è tenuto a rispettare i limiti edittali previsti per ciascun reato nella determinazione della pena, non potendo superare il massimo previsto dalla legge.
Il reato di lesioni personali di cui all'art. 582 c.p. si configura quando la condotta dell'agente, anche se non diretta a cagionare lesioni, provoca comunque un'alterazione morfologica dell'organismo della vittima, comportante un processo di reintegrazione, anche di breve durata. Il dolo del reato di lesioni è integrato dalla generica volontà di colpire taluno con violenza, senza che sia necessario che l'agente abbia voluto le specifiche conseguenze lesive. Pertanto, anche uno spintone intenzionale che determini lesioni alla vittima è sufficiente a integrare il reato di lesioni personali, a prescindere dalla volontà dell'agente di cagionare le lesioni stesse. Il nesso di causalità tra la condotta lesiva e l'evento dannoso deve essere valutato sulla base di criteri medico-legali, quali il criterio cronologico, topografico, dell'adeguatezza lesiva, della continuità e dell'esclusione di ipotesi alternative. Ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 583 c.p., la malattia deve aver comportato un'incapacità a svolgere le ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni, comprensivo del periodo di convalescenza, senza che rilevino eventuali postumi successivi non adeguatamente provati. Ove il reato di lesioni personali risulti accertato, ma non l'aggravante, il giudice può comminare la pena nel minimo edittale, tenuto conto del comportamento processuale corretto dell'imputato e del suo ravvedimento.
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