Sentenze recenti maternità surrogata

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • Il divieto assoluto di surrogazione di maternità, previsto dall'art. 12, comma 6, della L. n. 40 del 2004, tutela la dignità della persona umana nella sua dimensione non solo soggettiva, ma anche oggettiva, e pertanto non è consentito al giudice, mediante una valutazione caso per caso, escludere in via interpretativa la lesività della dignità della persona umana e, con essa, il contrasto con l'ordine pubblico internazionale, anche laddove la pratica della surrogazione di maternità sia il frutto di una scelta libera e consapevole della donna, indipendente da contropartite economiche e revocabile sino alla nascita del bambino. Ciò comporta che il riconoscimento dell'efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla gestazione per altri e il genitore d'intenzione munito della cittadinanza italiana, trova ostacolo nel divieto assoluto di surrogazione di maternità, in quanto tale pratica offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane. Tuttavia, il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione, garantito attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184 del 1983, che rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo "status" di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il "partner" del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita.

  • Il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione. Tale esigenza è garantita attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184 del 1983, che rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo status di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il partner del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita. Tuttavia, il divieto assoluto di surrogazione di maternità, previsto dall'art. 12, comma 6, della l. n. 40 del 2004, volto a tutelare la dignità della persona umana nella sua dimensione non solo soggettiva, ma anche oggettiva, non consente al giudice, mediante una valutazione caso per caso, di escludere in via interpretativa la lesività della dignità della persona umana e, con essa, il contrasto con l'ordine pubblico internazionale, anche laddove la pratica della surrogazione di maternità sia il frutto di una scelta libera e consapevole della donna, indipendente da contropartite economiche e revocabile sino alla nascita del bambino. Pertanto, il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata, nel difficile bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso a questa pratica e l'imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori, non può che spettare, in prima battuta, al legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell'individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco.

  • Il riconoscimento dell'efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero mediante il ricorso alla gestazione per altri e il genitore d'intenzione munito della cittadinanza italiana, trova ostacolo nel divieto assoluto di surrogazione di maternità, previsto dall'art. 12, comma 6, della l. n. 40 del 2004, volto a tutelare la dignità della persona umana nella sua dimensione non solo soggettiva, ma anche oggettiva; ne consegue che, in presenza di una scelta legislativa dettata a presidio di valori fondamentali, non è consentito al giudice, mediante una valutazione caso per caso, escludere in via interpretativa la lesività della dignità della persona umana e, con essa il contrasto con l'ordine pubblico internazionale, anche laddove la pratica della surrogazione di maternità sia il frutto di una scelta libera e consapevole della donna, indipendente da contropartite economiche e revocabile sino alla nascita del bambino.

  • Il divieto di realizzare, in qualsiasi forma, la surrogazione di maternità, previsto dall'art. 12, comma 6, legge 19 febbraio 2004, n. 40, comprende le condotte antecedenti ed eziologicamente collegate e funzionali alla maternità surrogata, che si perfeziona con la nascita a gestazione terminata. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la decisione di improcedibilità emessa dal giudice di merito in assenza di richiesta del Ministro della Giustizia, trattandosi di condotta integralmente realizzata da cittadini italiani in Ucraina - Paese che ammette la maternità surrogata eterologa - e non essendo avvenuta in Italia anche solo una parte dell'azione significativa ai sensi dell'art. 6, comma secondo, cod. pen., non rilevando i contatti prodromici intrattenuti via "e-mail" al fine di valutare le possibili soluzioni, in quanto non ancora dimostrativi della decisione di ricorrere alla pratica vietata).

  • È dichiarata inammissibile, per difetto di motivazione, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla Corte di cassazione, sezione prima civile, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 24 CDFUE - del combinato disposto degli artt. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, 64, comma 1, lett. g), della legge n. 218 del 1995 e 18 del d.P.R. n. 396 del 2000. Il rimettente non ha motivato sulla riconducibilità della questione sollevata all'ambito di applicazione del diritto dell'Unione europea ai sensi dell'art. 51 CDFUE, ciò che condiziona la stessa applicabilità delle norme della Carta. (Precedenti citati: sentenze n. 190 del 2020, n. 279 del 2019 e n. 37 del 2019). L'impossibilità di applicare le norme della CDFUE - a causa della non riconducibilità, ai sensi dell'art. 51 della Carta, della questione all'ambito di applicazione del diritto dell'Unione europea - non esclude che le norme della Carta possano essere comunque tenute in considerazione come criteri interpretativi degli altri parametri, costituzionali e internazionali, invocati dal giudice rimettente. (Precedenti citati: sentenze n. 102 del 2020 e n. 272 del 2017).

  • La negligenza e la grave carenza di protocolli di sicurezza da parte di una struttura sanitaria nell'ambito di un trattamento di procreazione medicalmente assistita, che ha comportato lo scambio di embrioni e la conseguente nascita di bambini non geneticamente riconducibili ai genitori che avevano intrapreso il percorso di fecondazione, integra la lesione del diritto fondamentale alla genitorialità genetica e biologica, nonché del diritto all'identità personale e alla riservatezza, configurando un danno non patrimoniale risarcibile. Il ristoro deve tenere conto della gravità della violazione, della duplice dimensione privata e pubblica assunta dalla vicenda, della permanenza della lesione anche in futuro, della necessità di un percorso terapeutico per gli attori e dell'impossibilità di una piena ricostituzione del rapporto genitoriale, nonché dell'assenza di adeguati protocolli di sicurezza nella struttura sanitaria. Il risarcimento deve essere determinato in via equitativa, senza incorrere in duplicazioni, e deve essere adeguato al pregiudizio effettivamente subito, senza assumere connotati meramente simbolici o irrisori.

  • Il diritto alla pensione di reversibilità spetta al partner superstite di una coppia omosessuale stabile, anche se il decesso del partner assicurato è avvenuto prima dell'entrata in vigore della Legge n. 76 del 2016 sulle unioni civili, purché la coppia abbia contratto matrimonio all'estero e tale unione sia stata trascritta in Italia come unione civile. Tale diritto trova fondamento nell'art. 2 Cost., che tutela le formazioni sociali, e non può essere negato sulla base del mero dato temporale, in quanto ciò comporterebbe una discriminazione ingiustificata in contrasto con i principi costituzionali e con la normativa antidiscriminatoria europea. Tuttavia, il riconoscimento della pensione di reversibilità al figlio nato da maternità surrogata è subordinato a una valutazione complessiva degli interessi in gioco, che tenga conto della contrarietà di tale pratica all'ordine pubblico, rimessa in via prioritaria alla discrezionalità del legislatore. Nell'ambito del giudizio antidiscriminatorio, il giudice ordinario, ove accerti l'incompatibilità della normativa interna con il diritto dell'Unione europea a efficacia diretta, è tenuto a disapplicare la prima, senza poter disporre la rimozione della norma legislativa, che richiede la previa declaratoria di illegittimità costituzionale.

  • Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Pordenone in riferimento agli artt. 2, 3, 31, secondo comma, 32, primo comma, Cost., e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU - degli artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge n. 40 del 2004, nonché degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, della stessa legge, che, rispettivamente, limitano l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle sole coppie di sesso diverso e sanzionano, di riflesso, chiunque applichi tali tecniche a coppie composte da soggetti dello stesso sesso (nel caso a quo: femminile). L'esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull'orientamento sessuale - come rilevato anche dalla Corte EDU, neppure in correlazione con le disposizioni convenzionali evocate - posto che l'infertilità "fisiologica" della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all'infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive, così come non lo è l'infertilità "fisiologica" della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata, trattandosi di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti. Inoltre è esclusa la violazione dell'art. 31, secondo comma, Cost., il quale riguarda la maternità e non l'aspirazione a diventare genitore. Le disposizioni censurate nemmeno producono un'ingiustificata disparità di trattamento in base alle capacità economiche: in assenza di altri vulnera costituzionali, il solo fatto che un divieto possa essere eluso recandosi all'estero - ove le pratiche di PMA sono consentite alle coppie omosessuali - non può costituire una valida ragione per ritenere sussistente un'ingiustificata disparità di trattamento. Né infine è ravvisabile la violazione del diritto alla salute, in quanto la sua tutela costituzionale non può essere estesa fino a imporre la soddisfazione di qualsiasi aspirazione soggettiva o bisogno che una coppia (o anche un individuo) reputi essenziale, sull'assunto che l'impossibilità di formare una famiglia con figli assieme al partner possa incidere negativamente sulla salute psicofisica della coppia. (Precedenti citati: sentenze n. 22 del 2018, n. 84 del 2016, n. 96 del 2015, n. 170 del 2014, n. 162 del 2014, n. 210 del 2013, n. 138 del 2010, n. 349 del 2007, n. 45 del 2005 e n. 347 del 1998). L'infertilità "fisiologica" della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all'infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive: così come non lo è l'infertilità "fisiologica" della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata. Si tratta di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti.

  • L'art. 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sancisce l'espresso divieto, rafforzato da sanzione penale, della surrogazione di maternità, in quanto attività contraria all'ordine pubblico interno, in ragione della tutela costituzionalmente garantita alla dignità umana della gestante, e tenuto conto che, nel superiore interesse del minore, l'ordinamento giuridico affida la realizzazione di un progetto di genitorialità privo di legame biologico con il nato solo all'istituto dell'adozione - che gode delle garanzie del procedimento giurisdizionale - e non al mero accordo fra le parti. (Nella specie, la S.C., nell'enunciare il principio, ha confermato la decisione di merito, con la quale era stato dichiarato lo stato di adottabilità di un minore, generato da una donna ucraina su commissione di una coppia italiana, tanto più che il contratto di surrogazione di maternità era nullo anche secondo la legge ucraina per l'assenza di un legame biologico del nato anche con il padre).

  • Il riconoscimento dello status di figlio in favore del genitore intenzionale, privo di legame biologico con il minore nato all'estero mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale, in quanto il diritto del minore al riconoscimento della propria genitorialità, quale espressione del suo interesse superiore, prevale sulla mancanza di un legame genetico con il genitore d'intenzione, non costituendo tale requisito un principio fondamentale di rango costituzionale. Pertanto, la trascrizione nei registri dello stato civile italiano dell'atto di nascita formato all'estero, attestante tale rapporto di filiazione, è ammissibile, salvo il limite del divieto di maternità surrogata previsto dalla legge italiana, in quanto espressione di un bilanciamento operato dal legislatore tra l'interesse del minore e altri valori costituzionalmente rilevanti. Nell'esercizio delle funzioni di ufficiale di stato civile, il Sindaco agisce come organo periferico dell'Amministrazione statale, sicché la legittimazione a contraddire la richiesta di cancellazione della trascrizione spetta al Ministero dell'interno, mentre l'intervento di associazioni prive di un ruolo di rappresentanza normativamente riconosciuto è inammissibile.

  • La massima giuridica che può essere estratta dalla sentenza è la seguente: La formazione all'estero di un atto di nascita mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita con maternità surrogata, pur se conforme alla legislazione locale, non legittima la successiva richiesta di trascrizione in Italia dell'atto medesimo, atteso che l'ordinamento italiano, in assenza di una specifica disciplina normativa, non riconosce la validità di tale forma di genitorialità, la quale contrasta con il principio di ordine pubblico che individua la madre in colei che ha partorito il figlio. Pertanto, la condotta di chi, consapevole dell'illiceità della pratica secondo la legge italiana, richieda comunque la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero, integra il reato di false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, in quanto finalizzata a sottrarre all'Ufficiale di Stato Civile un elemento potenzialmente valutabile ai fini del rifiuto della trascrizione per contrarietà all'ordine pubblico, senza che possa essere riconosciuta l'attenuante del particolare valore morale o sociale del fatto, atteso che il desiderio di genitorialità, pur pregevole, non può prevalere sui diritti del minore e sull'interesse pubblico alla corretta formazione dello stato civile.

  • Il diritto all'identità personale e alla vita familiare del minore nato da gestazione per altri all'estero, tutelato dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali, richiede il riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore d'intenzione, salvo che tale riconoscimento risulti in concreto contrario all'ordine pubblico internazionale per la lesione della dignità della donna coinvolta nel processo procreativo o per l'attentato all'istituto dell'adozione. Il giudice, nel valutare la compatibilità del riconoscimento con l'ordine pubblico, deve effettuare un bilanciamento caso per caso tra l'interesse del minore e gli altri interessi costituzionalmente rilevanti, secondo criteri di inerenza, proporzionalità e ragionevolezza, senza preclusioni aprioristiche, al fine di individuare la soluzione ottimale nell'interesse del minore. Il diritto dell'Unione Europea pone limiti al mancato riconoscimento dello status filiationis acquisito all'estero, in quanto ciò potrebbe incidere sulla libertà di circolazione e sui legami familiari del minore cittadino italiano.

  • La richiesta di procedimento di cui all'art. 9, terzo comma, cod. pen., anche se connotata da una larga discrezionalità, riveste natura giuridica di atto amministrativo e non di atto politico, in quanto non inerisce all'esercizio della direzione suprema degli affari dello Stato nè concerne la formulazione in via generale e al massimo livello dell'indirizzo politico e programmatico del Governo, conseguendo invece essa ad una scelta vincolata al perseguimento dei fini determinati di politica criminale; ne consegue che l'esercizio del potere di firma di tale provvedimento può essere delegato dal Ministro della giustizia ad un dirigente o ad altro funzionario dell'articolazione ministeriale competente in materia.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il divieto di trascrizione negli atti dello stato civile italiano dell'atto di nascita formato all'estero di un minore nato mediante gestazione per altri, nella parte in cui esso attesta la filiazione anche dal genitore intenzionale non biologico, specie se coniugato con il genitore intenzionale biologico, è in contrasto con i diritti inviolabili del minore alla propria identità personale e familiare, tutelati dagli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, nonché con l'articolo 117, comma 1, Cost. in relazione all'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e agli articoli 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. Tale diniego di riconoscimento, fondato sul limite dell'ordine pubblico desunto dal divieto penale della maternità surrogata, sacrifica in modo irragionevole e sproporzionato l'interesse superiore del minore, in assenza di istituti alternativi che ne garantiscano in modo effettivo e tempestivo il pieno riconoscimento dello status filiationis acquisito all'estero.

  • Non integra il reato di alterazione di stato, previsto dall'art. 567, comma secondo, cod.pen., la trascrizione in Italia di un atto di nascita legittimamente formato all'estero, non potendosi considerare ideologicamente falso il certificato conforme alla legislazione del paese di nascita del minore, neppure nel caso in cui la procreazione sia avvenuta con modalità non consentite in Italia. (Fattispecie relativa a minore nato in Ucraina, nazione che ammette la maternità surrogata eterologa nel caso in cui il patrimonio biologico del minore appartenga almeno per metà ad uno dei due genitori).

  • Il reato di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo di cui all'art. 12, comma 6, L. 19 febbraio 2004, n. 40, commesso all'estero, si consuma nel luogo in cui si sottoscrive il contratto di maternità surrogata e col compimento della gestazione per conto di altri, che si conclude con la nascita del figlio, non avendo rilevanza penale, ai fini dell'applicazione della legge italiana, le condotte iniziali volte ad acquisire informazioni sulla fattibilità della pratica, anche se poste in essere in territorio italiano. In ogni caso, l'azione penale esercitata – nel caso di reato commesso interamente all'estero – non può essere utilmente proseguita se manca la richiesta del Ministro della Giustizia di cui all'art. 9, comma 2, c.p. Non vìola il principio di tassatività e legalità di cui all'art. 25 Cost. l'interpretazione adeguatrice della suddetta disposizione speciale volta a selezionare, facendo ricorso agli ordinari strumenti ermeneutici, le condotte ritenute di rilevanza penale, in quanto orientata ad aumentare la tipicità della medesima norma incriminatrice. (Leggi la sentenza estesa)

  • L'atto di nascita straniero, validamente formato, da cui risulti la nascita di un figlio da due madri, per avere l'una donato l'ovulo e l'altra partorito, non contrasta, di per sé, con l'ordine pubblico per il fatto che la tecnica procreativa utilizzata non sia riconosciuta nell'ordinamento italiano dalla l. n. 40 del 2004, rappresentando quest'ultima una delle possibili modalità di attuazione del potere regolatorio attribuito al legislatore ordinario su una materia, pur eticamente sensibile e di rilevanza costituzionale, sulla quale le scelte legislative non sono costituzionalmente obbligate. La regola secondo cui è madre colei che ha partorito, giusta l'art. 269, comma 3, c.c., non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, sicché è riconoscibile in Italia l'atto di nascita straniero, validamente formato, dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri (una che l'ha partorito e l'altra che ha donato l'ovulo), non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola. Il giudice nazionale, chiamato a valutare la compatibilità con l'ordine pubblico dell'atto di stato civile straniero (nella specie, dell'atto di nascita), i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia, deve verificare non già se quell'atto applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto a più norme interne (benché imperative o inderogabili), ma se contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo desumibili dalla Costituzione, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il riconoscimento e la trascrizione, nel registro dello stato civile in Italia, di un atto straniero, validamente formato, nel quale risulti la nascita di un figlio da due donne a seguito di procedura assimilabile alla fecondazione eterologa, per aver la prima donato l'ovulo e la seconda condotto a termine la gravidanza con utilizzo di un gamete maschile di un terzo ignoto, non contrastano con l'ordine pubblico per il solo fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti il verificarsi di una simile fattispecie sul territorio italiano, dovendosi avere riguardo al principio, di rilevanza costituzionale primaria, del superiore interesse del minore, che si sostanzia nel suo diritto alla conservazione dello "status filiationis", validamente acquisito all'estero. È riconoscibile in Italia un atto di nascita straniero, validamente formato, dal quale risulti che il nato è figlio di due donne (una che l'ha partorito e l'altra che ha donato l'ovulo), atteso che non esiste, a livello di principi costituzionali primari, come tali di ordine pubblico ed immodificabili dal legislatore ordinario, alcun divieto, per le coppie omosessuali, di accogliere e generare figli, venendo in rilievo la fondamentale e generale libertà delle persone di autodeterminarsi e di formare una famiglia a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle consentite dalla legge alle coppie eterosessuali.

  • Ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 567, comma secondo, cod. pen., è necessaria un'attività materiale di alterazione di stato che costituisca un "quid pluris" rispetto alla mera falsa dichiarazione e si caratterizzi per l'idoneità a creare una falsa attestazione, non potendosi considerare ideologicamente falso il certificato conforme alla legislazione del paese di nascita del minore, neppure nel caso in cui la procreazione sia avvenuta con modalità non consentite in Italia. (In motivazione, la Corte ha affermato la perdurante validità del principio anche a seguito della sentenza delle Sez.U. civili n. 12193 del 2019, che, senza toccare il tema della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, ha ritenuto la contrarietà all'ordine pubblico del riconoscimento dell'efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero che abbia accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato in Ucraina mediante il ricorso alla maternità surrogata e il genitore cittadino italiano).

  • Il divieto di accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo per le coppie dello stesso sesso, sancito dalla legge n. 40/2004, non può essere superato attraverso la trascrizione dell'atto di nascita estero che riporti anche il genitore d'intenzione, in quanto tale riconoscimento giuridico può essere realizzato esclusivamente mediante l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d) della legge n. 184/1983. Ciò al fine di garantire il superiore interesse del minore alla creazione di legami parentali stabili e riconosciuti, senza pregiudicare il rapporto con il genitore biologico. La normativa vigente, infatti, non consente l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo alle coppie dello stesso sesso, limitandolo alle sole situazioni di infertilità patologica. Pertanto, la domanda volta ad ottenere la formazione di un atto di nascita recante anche il genitore d'intenzione non può trovare accoglimento, in quanto contrastante con il quadro normativo vigente, fermo restando che l'adozione in casi particolari rappresenta lo strumento idoneo a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali stabili e riconosciuti con entrambi i genitori, senza pregiudicare il rapporto con il genitore biologico.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Nell'ambito dell'azione di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità, prevista dall'art. 263 del codice civile, il giudice deve procedere a un bilanciamento tra l'interesse all'accertamento della verità biologica e l'interesse concreto del minore, senza che l'esigenza di verità della filiazione si imponga in modo automatico sull'interesse del minore. Il giudice deve valutare se l'interesse a far valere la verità di chi propone l'azione prevalga su quello del minore, se tale azione sia idonea a realizzarlo e se l'interesse alla verità abbia anche natura pubblica, imponendo di tutelare l'interesse del minore nei limiti consentiti da tale verità. Tale bilanciamento comporta un giudizio comparativo tra gli interessi sottesi all'accertamento della verità dello status e le conseguenze che da tale accertamento possano derivare sulla posizione giuridica del minore, tenendo conto di variabili come la durata del rapporto instauratosi col minore, le modalità del concepimento e della gestazione, nonché la presenza di strumenti legali che consentano la costituzione di un legame giuridico col genitore contestato, pur diverso da quello derivante dal riconoscimento.

  • È dichiarato inammissibile - per difetto di legittimazione - l'intervento di J.E. N., "madre gestazionale" di un minore procreato all'estero tramite maternità surrogata, nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale avente ad oggetto il divieto di riconoscimento del provvedimento giudiziario straniero relativo all'inserimento nell'atto di stato civile del minore del genitore non biologico (c.d. d'intenzione). L'interveniente non risulta essere mai stata designata come genitore, né nell'atto di nascita formato all'estero e rettificato dall'order della Supreme Court of British Columbia, né nei registri di stato civile italiani. Inoltre, il giudizio a quo, relativo al riconoscimento, in Italia, dell'efficacia di tale order, riguarda unicamente la posizione giuridica del "padre biologico" e del "padre d'intenzione" nei confronti del minore, per cui l'esito del giudizio costituzionale non è atto a produrre effetti giuridici diretti e immediati nella sfera della "madre gestazionale". Per giurisprudenza costituzionale costante - recepita dall'art. 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale - l'intervento nei giudizi in via incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo, dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della Giunta regionale, è ammissibile soltanto in quanto essi si assumano titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. Tale interesse qualificato sussiste allorché si configuri una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall'esito del giudizio incidentale. (Precedenti citati: sentenze n. 158 del 2020 con allegata ordinanza letta all'udienza del 10 giugno 2020, n. 119 del 2020, n. 30 del 2020 con allegata ordinanza letta all'udienza del 15 gennaio 2020, n. 253 del 2019 con allegata ordinanza letta all'udienza del 22 ottobre 2019, n. 206 del 2019 con allegata ordinanza letta all'udienza del 4 giugno 2019, n. 173 del 2019 con allegata ordinanza letta all'udienza del 18 giugno 2019, n. 159 del 2019 e n. 194 del 2018 con allegata ordinanza letta all'udienza del 25 settembre 2018; ordinanze n. 202 del 2020 e n. 204 del 2019).

  • Nel giudizio promosso ex art. 67 della l. n. 218 del 1995, avente per oggetto il riconoscimento dell'efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero e un cittadino italiano, il Pubblico ministero riveste la qualità di litisconsorte necessario, in applicazione dell'art. 70, comma 1, n. 3, c.p.c., ma è privo della legittimazione a impugnare, non essendo titolare del potere di azione, neppure ai fini dell'osservanza delle leggi di ordine pubblico. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO TRENTO, 23/02/2017). (Leggi la sentenza estesa)

  • Il riconoscimento dello status filiationis di un minore nato da gestazione per altri all'estero deve essere valutato alla luce del superiore interesse del minore, contemperando tale interesse con il divieto di maternità surrogata previsto dalla legge italiana, quale norma di ordine pubblico internazionale. Pur essendo in linea di principio ammissibile la trascrizione dell'atto di nascita formato all'estero, tale trascrizione può essere oggetto di rettifica ai sensi dell'art. 95 d.P.R. n. 396/2000 qualora risulti in contrasto con l'ordine pubblico, dovendo in tal caso assicurarsi la tutela del minore mediante il differente istituto dell'adozione in casi particolari. La legittimazione passiva in tali procedimenti di rettifica spetta al Sindaco in qualità di ufficiale dello stato civile competente alla tenuta dei registri, nonché eventualmente al Ministero dell'Interno.

  • L'adozione in casi particolari di un minore ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d), l. 184/1983 può essere disposta in favore della compagna dello stesso sesso della madre biologica, che pure vi abbia consentito, in quanto tale istituto non presuppone una situazione di abbandono dell'adottando, ma solo l'impossibilità, di fatto o di diritto, dell'affidamento preadottivo, e non costituisce ostacolo, di per sé, la condizione omosessuale dell'adottante, purché sia stata accertata, in concreto, l'idoneità genitoriale dell'adottante e quindi la corrispondenza all'interesse del minore. In tal caso, la responsabilità genitoriale non si concentra esclusivamente in capo all'adottante, ma permane in capo ad entrambe le madri, in forza delle disposizioni generali sulla responsabilità genitoriale, a tutela dell'interesse preminente del minore alla continuità affettiva ed educativa dei legami in atto con i soggetti che se ne prendono cura, anche in caso di crisi della coppia genitoriale.

  • L'art. 4, comma 3, della L. n. 40 del 2004, ove si stabilisce il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo anche quando necessarie per superare specifici problemi di sterilità e infertilità della coppia, nonché gli artt. 9, commi 1 e 3, limitatamente alle parole "in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3", e 12, comma 1, di detta legge, che configura appunto l'illecito amministrativo di fecondazione eterologa, sono incostituzionali per violazione degli artt. 2, 3, 29cost. art. 29, 31, 32 Cost. (libertà di autodeterminazione in ambito familiare e libertà procreativa, che comprende il diritto di ricorrere a tecniche artificiali; diritto alla salute). La limitazione di quei diritti, cui si accompagna una disparità di trattamento rispetto a coppie affette da patologie trattabili con procreazione assistita omologa, appare irragionevole perché non necessaria alla salvaguardia degli interessi del nato, dei richiedenti e del donatore di gameti, che possono essere adeguatamente garantiti da una disciplina positiva peraltro in larga misura già predisposta dall'ordinamento.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.