Sentenze recenti obiezione di coscienza

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BELTRANI Sergio - Presidente Dott. PARDO Ignazio - Consigliere Dott. SGADARI Giuseppe - est. Consigliere Dott. FLORIT Francesco - Consigliere Dott. NICASTRO Giuseppe - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA Sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 09/11/2021 della Corte di appello di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Sgadari; sentito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mastroberardino Paola, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi; sentiti i difensori delle parti civili: Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS); Avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'Avv. (OMISSIS), per Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore; Avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilita' o comunque il rigetto dei ricorsi, depositando comparse conclusionali e note delle spese; lette le conclusioni scritte del difensore della parte civile (OMISSIS) s.r.l., Avv. (OMISSIS), che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' o comunque il rigetto dei ricorsi depositando comparsa conclusionale e nota spese; sentito il difensore del ricorrente, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria emessa il 9 settembre 2019, ha confermato la responsabilita' del ricorrente per una serie di reati di estorsione e di illecita concorrenza con minaccia e violenza, perpetrati nei confronti di imprese interessate alla realizzazione di parchi eolici in Calabria, alle quali, con metodo mafioso e nella qualita' di appartenente ad una cosca di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta (la ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrina (OMISSIS)), l'imputato aveva chiesto l'ottenimento di lavori in subappalto o il pagamento della cosiddetta tassa ambientale, ponendosi quale "referente di zona". 2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo dei suoi difensori e con distinti atti, entrambi a firma degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS). 2.1. Nel ricorso depositato il 23 giugno 2022, si deduce: 1) violazione di legge per non avere la Corte ritenuto inutilizzabili le intercettazioni disposte in esecuzione dei decreti autorizzativi n. 193/12 e 959/12, che avrebbero dovuto essere ritenuti affetti da nullita' in conseguenza del fatto che l'ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe fatto ricorso alla decretazione di urgenza in ragione di una mera attestazione dei Carabinieri relativa alla assenza di segnale nella zona di interesse sita nel territorio dell'(OMISSIS), attestazione non meglio documentata sotto il profilo tecnico - e dunque generica - che non avrebbe potuto comportare la deroga ai principi stabiliti dall'articolo 268 c.p.p., comma 3. Su tale questione, anche la Corte di cassazione, in sede cautelare, non avrebbe offerto risposta, limitandosi a statuire sul diverso aspetto relativo alla inidoneita' degli impianti della Procura ad effettuare le intercettazioni; 2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per il reato di tentata estorsione aggravata di cui al capo A della imputazione. Il ricorrente e' stato ritenuto esecutore materiale della tentata estorsione alla ditta (OMISSIS) in quanto esponente della ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrina (OMISSIS); cio', nonostante nessuna sentenza avrebbe attestato tale sua appartenenza criminale alla associazione denominata ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta. La Corte, basandosi sul contenuto delle intercettazioni, avrebbe trascurato la prova documentale secondo la quale, alla data della presunta richiesta estorsiva ((OMISSIS)), la societa' (OMISSIS) aveva gia' affidato in subappalto i lavori ad altra societa' ( (OMISSIS)), sicche' il ricorrente non avrebbe potuto commettere la contestata condotta volta a costringere la (OMISSIS) proprio a tale tipo di affidamento a condizioni deteriori per la societa'. La Corte avrebbe violato il principio di correlazione tra accusa contestata e sentenza, stabilendo che la condotta avrebbe avuto ad oggetto altri e successivi lavori che la (OMISSIS) doveva subappaltare, a sua volta, ad altra societa' alla quale era interessato il ricorrente, il quale era gia' in rapporti lavorativi leciti con la (OMISSIS) prima della pretesa estorsione, altro dato documentale che la Corte avrebbe trascurato e che si porrebbe in contrasto con il contenuto delle intercettazioni valorizzate dalla sentenza (fg. 17 del ricorso). Non sarebbe stato valutato il fatto che la minaccia estorsiva era stata effettuata da due sconosciuti nei confronti di un dipendente dello stesso ricorrente, circostanza che renderebbe illogica l'assunzione del ruolo illecito ritagliato dalla Corte all'imputato, invece a sua volta vittima della pretesa estorsiva. Infine, la Corte avrebbe attribuito rilievo alle dichiarazioni di (OMISSIS), soggetto inattendibile il quale, comunque, non avrebbe formulato accuse nei confronti del ricorrente riguardo al reato di cui si discute. Nel ricorso ci si duole anche della ritenuta sussistenza delle aggravanti delle piu' persone riunite - legata incongruamente alla condotta contro il ricorrente posta in essere da due sconosciuti - di quella della appartenenza mafiosa, non dimostrata per le ragioni dette, dell'uso del metodo mafioso e della finalita' di agevolazione, escluso dalle circostanze di fatto della vicenda; 3) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per i reati aggravati di illecita concorrenza con minaccia o violenza ed estorsione di cui ai capi G ed H. Quanto al reato di illecita concorrenza di cui al capo G, la Corte, basandosi sul contenuto delle intercettazioni, non avrebbe adeguatamente valutato che il ricorrente, sulla base dei rapporti con una ditta (la (OMISSIS)) che aveva opere in subappalto da altra che doveva realizzare un parco eolico (la (OMISSIS)), aveva titolo ad intervenire, non avrebbe estromesso alcuna altra societa' e/o commesso condotte sussumibili nella fattispecie contestata alla stregua del capo di imputazione. La Corte avrebbe travisato i fatti e condannato il ricorrente violando il principio di correlazione tra accusa contestata e sentenza nella individuazione della societa' persona offesa dal reato, indicata nella (OMISSIS) e non in altra societa' (la (OMISSIS)). La Corte avrebbe, inoltre, inaccettabilmente sminuito e dichiarato inattendibili le dichiarazioni di un manager della (OMISSIS), (OMISSIS) - rese nel giudizio di appello in seguito a rinnovazione dell'istruzione dibattimentale - e con le quali questi aveva negato di aver subito minacce dall'imputato; le quali minacce, in ogni caso, non avrebbero potuto sortire l'effetto desiderato poiche' il (OMISSIS) non era munito di potesta' decisionali. La Corte avrebbe equivocato il contenuto delle intercettazioni, attribuendo al ricorrente il ruolo di referente del territorio invece chiarito dal teste (OMISSIS) in termini leciti (fg. 32 del ricorso). Quanto al reato di estorsione di cui al capo H, la Corte avrebbe duplicato la condanna, ponendo a fondamento della decisione lo stesso materiale probatorio inerente al capo G. La Corte avrebbe travisato il contenuto della intercettazione n. 35174 dell'11 luglio 2012, il cui contenuto avrebbe dimostrato l'esistenza di rapporti leciti tra il ricorrente ed il suo interlocutore, inerenti alla spartizione di subappalti relativi ai trasporti di utilita' del costruendo parco eolico che il ricorrente gia' aveva in carico. L'imputato si duole anche della ritenuta sussistenza dell'aggravante dell'uso del metodo mafioso, non risultante dalle parole contenute nelle intercettazioni; 4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per i reati di illecita concorrenza ed estorsione di cui ai capi L, M ed M1. La Corte, a proposito del reato di cui all'articolo 513-bis c.p., non avrebbe tenuto conto della circostanza che non vi fosse alcuna ditta da coartare e che a nessuno fosse stato impedito di partecipare lealmente all'aggiudicazione dei lavori. Le due estorsioni contemplate nei capi L ed M sarebbero due porzioni della stessa condotta e dalle dichiarazioni dei manager della (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) rimarrebbe escluso che la societa' avesse avuto imposto di affidare lavori alla ditta Ielapi e pagato somme non dovute alla societa' (OMISSIS), cui era indirettamente interessato il ricorrente. Il ricorso, ai fgg. 37 e segg., trasfonde le dichiarazioni del manager (OMISSIS) a conforto dell'assunto e richiama quelle di (OMISSIS) idonee a smentire il dato probatorio tratto dalle intercettazioni, tanto quanto la consulenza tecnica acquisita agli atti, dimostrativa del fatto che la societa' persona offesa non aveva versato alcuna somma aggiuntiva rispetto all'entita' dei lavori indicati nella imputazione, come riportato a fg. 42 del ricorso. Il ricorrente, inoltre, segnala, con riguardo ai reati di estorsione e di illecita concorrenza di cui al capo M1, che il parallelo procedimento che ineriva alla posizione del coimputato (OMISSIS), si era concluso con un decreto di archiviazione; 5) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per i reati di illecita concorrenza ed estorsione di cui al capo O. La Corte avrebbe travisato le prove, ritenendo sussistente - diversamente che nel parallelo procedimento a carico dei coimputati - la sussistenza dei reati di illecita concorrenza ed estorsione in danno di (OMISSIS), il quale, secondo il ricorso, era titolare di una impresa che avrebbe svolto altre incombenze (lavori di sollevamento) rispetto a quelle assegnate alla ditta dell'imputato (inerenti ai trasporti), sicche' non vi poteva essere stata alcuna estromissione della ditta dell' (OMISSIS) che avesse rilievo per la posizione del ricorrente; Mancherebbe anche il pregiudizio patrimoniale idoneo a configurare l'estorsione; 6) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' per i reati di cui ai reati di illecita concorrenza ed estorsione di cui ai capi P, Q ed R (quest'ultimo solo con riferimento al reato di estorsione). In ordine al reato di illecita concorrenza di cui al capo P, il ricorrente richiama la statuizione assolutoria resa in parallelo procedimento a carico del correo (OMISSIS). Mancherebbe l'atto di concorrenza sleale, non evincibile dalle intercettazioni, al contrario dimostrative che l'affare non fosse andato a buon fine e che nessuna imposizione si sarebbe verificata nei confronti della societa' (OMISSIS), siccome finalizzata all'ottenimento di lavori da parte di altra societa', come dichiarato dagli stessi rappresentanti della (OMISSIS). Quanto ai reati di illecita concorrenza e tentata estorsione di cui al capo Q, le risultanze processuali escluderebbero atti di minaccia o violenza nei confronti della (OMISSIS) finalizzati a imporre l'affidamento di lavori di trasporto in favore della ditta del ricorrente. Anche in questo caso, i coimputati erano stati assolti in separato processo e la Corte non individua come persona offesa la (OMISSIS) bensi' (OMISSIS), confondendo la vicenda con quella di cui al capo R. In ordine a quest'ultima imputazione - per la sola parte relativa al reato di estorsione (il ricorrente essendo stato assolto da quello di illecita concorrenza) la persona offesa (OMISSIS), soggetto legato ad ambienti malavitosi, non avrebbe potuto ritenersi attendibile, avuto riguardo alle circostanze di fatto indicate a fg. 51 del ricorso; 7) vizio della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione della pena; 8) vizio della motivazione in ordine alla confisca della societa' F.E. Autotrasporti riferibile al ricorrente, compagine non piu' operativa al momento della sentenza e che, tenuto conto della estraneita' del ricorrente ai fatti sulla base di quanto sostenuto nei precedenti motivi, non avrebbe potuto essere oggetto di provvedimento ablativo. 2.2. Nel ricorso depositato il 20 giugno 2022 si deduce: 1) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di illecita concorrenza di cui al capo G. Nella condotta contestata mancherebbe la dialettica concorrenziale che e' tipica del reato in esame, in quanto la ditta riconducibile al ricorrente aveva un contratto di subappalto precedente rispetto alle conversazioni intercettate poste a base della condanna, circostanza oggettiva che la Corte non avrebbe valutato adeguatamente ritenendo che tale contratto non avesse rilevanza, con considerazioni, tuttavia, ininfluenti rispetto al tema. Pertanto, l'impresa che avrebbe subito gli atti illeciti (la (OMISSIS)) non avrebbe potuto essere considerata una impresa concorrente. Non sarebbero stati neanche specificati gli specifici atti di violenza o minaccia posti in essere dal ricorrente e le conversazioni non proverebbero alcunche' in questo senso posta la sussistenza, a monte, del contratto di subappalto a loro precedente. Non sarebbe stata valutata la circostanza che (OMISSIS) non avrebbe avuto alcun potere decisionale, sicche' ogni minaccia nei suoi confronti, peraltro negata dal teste, non avrebbe avuto alcun effetto; 2) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati di illecita concorrenza di cui ai capi L ed M1. Anche in questo caso, mancherebbe l'indicazione di una impresa anche potenzialmente danneggiata e, dunque, di una imprescindibile dialettica concorrenziale, cosi' come era stato ritenuto in sede cautelare dal Tribunale del riesame, con statuizione passata in giudicato in quella fase, identica nei contenuti alla fase processuale stante la scelta del rito abbreviato. Quanto al reato di cui al capo L, non sarebbe emersa alcuna specifica condotta intimidatoria posta in essere dal ricorrente nei confronti della societa' (OMISSIS) al fine di condizionare la scelta della ditta alla quale affidare i lavori del by-pass di (OMISSIS), tanto non risultando dalle emergenze valorizzate dalla sentenza impugnata. Quanto al reato di cui al capo M1, anche in questo caso mancherebbero atti di illecita concorrenza con violenza e minaccia per assicurare il servizio di guardiania alla ditta (OMISSIS), non potendo bastare i riferimenti al contesto ambientale di tipo mafioso e nulla provando in tal senso le intercettazioni se non la mera ingerenza del ricorrente nella vicenda, priva di interesse concreto; 3) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di illecita concorrenza di cui al capo O. In questo caso, mancherebbero gli elementi attestanti il concorso del ricorrente nella condotta da altri commessa, essendosi egli limitato a commentare la vicenda senza prenderne parte; 4) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di illecita concorrenza di cui al capo P. Anche in questo caso, mancherebbero atti di violenza o minaccia nei confronti della impresa succube, dai quali non sarebbe stato corretto prescindere cosi' come e' avvenuto con la sentenza impugnata; 5) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di illecita concorrenza di cui al capo Q. La sussistenza del reato, come negli altri casi, avrebbe fatto riferimento al contesto ambientale e non a specifici atti illeciti riconducibili alla fattispecie contestata; 6) violazione di legge ed, in particolare, del divieto di bis in idem sostanziale per non avere la Corte ritenuto punibile il ricorrente solo per il piu' grave reato di estorsione, nel quale avrebbe dovuto ritenersi assorbita la condotta ex articolo 513-bis c.p., cosi' come contestata nelle singole imputazioni; 7) violazione di legge con riguardo alla circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p., con riferimento a tutte le imputazioni, non essendo stata provata l'appartenenza del ricorrente ad una famiglia di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta e nemmeno tale ruolo in capo ai correi; 8) violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio, avendo la Corte escluso la recidiva senza adeguata diminuzione della pena e valorizzato comportamenti processuali non significativi. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono complessivamente infondati. 1.1.Quanto al primo motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022 ed alla eccezione di inutilizzabilita' delle intercettazioni, deve rilevarsene la manifesta infondatezza e genericita'. In primo luogo, la Corte di appello, affrontando la questione ai fgg. 18-21 della sentenza impugnata, ha opportunamente richiamato - anche trasfondendo in sentenza il passo di interesse - la pronuncia emessa dalla Corte di cassazione in fase cautelare che aveva dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato avverso l'ordinanza impositiva della misura cautelare disposta a suo carico (Sez. 2, n. 9669 del 06/02/2019, (OMISSIS), non massimata). In quella sede e contrariamente a quanto assume il ricorrente, la Corte di legittimita', con argomenti che il Collegio condivide e ribadisce, aveva superato l'eccezione in tutta la sua ampiezza, ritenendo legittimo il ricorso da parte del Pubblico ministero alla decretazione di urgenza ed all'utilizzo di impianti esterni rispetto a quelli in dotazione della Procura della Repubblica, in forza della specifica attestazione operata dalla polizia giudiziaria circa l'assenza di copertura telefonica nella zona aspromontana di interesse investigativo, che richiedeva l'uso di particolari apparecchiature in loco. La questione processuale, senza sostanziali modifiche, e' stata ancora una volta riproposta in questa sede. E' a dirsi, inoltre, che essa e' generica nella misura in cui non contraddice il rilievo della Corte di appello (fg. 21 della sentenza impugnata) circa il fatto che la prova di responsabilita' si fosse basata anche su intercettazioni non sorrette dai due decreti che il ricorrente vorrebbe che fossero dichiarati inutilizzabili in ragione di quanto da lui sostenuto. Tale circostanza avrebbe dovuto imporre una migliore specificazione delle emergenze potenzialmente non utilizzabili messe a confronto con le altre diversamente acquisite, in guisa da superare la prova di resistenza quale operazione indispensabile per non rendere aspecifico il motivo di ricorso per cassazione. Infatti, e' noto il principio di diritto che in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilita' di atti processuali indicare, pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi' la incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416). Inoltre, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilita' di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita' per aspecificita', l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014 - dep. 23/01/2015, Calabrese, Rv. 262011). 1.2. E' infondato il secondo motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. Con esso si censura il giudizio di responsabilita' in ordine al capo A della imputazione, relativo al tentativo di estorsione pluriaggravata alla (OMISSIS) s.r.l. (da ora in avanti (OMISSIS)), societa' incaricata di costruire un parco eolico in (OMISSIS). Secondo i giudici di merito, pervenuti a conforme giudizio di condanna, il ricorrente, ponendosi come "referente criminale di zona" aveva imposto alla societa' il pagamento di una "tassa ambientale" e l'affidamento di lavori inerenti ai trasporti ad una ditta, la (OMISSIS) s.r.l, che successivamente li avrebbe subappaltati alla (OMISSIS) riconducibile all'imputato. 1.2.1. La prima censura difensiva, inerente alla circostanza che non fosse stata giudizialmente acclarata la partecipazione del ricorrente alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrina (OMISSIS), secondo quanto ritenuto dalla Corte e dal Tribunale a giustificazione del suo ruolo nella vicenda, deve ritenersi correttamente superata da quanto la sentenza impugnata ha specificato ai fgg. 59 e 60. In linea di principio, deve ricordarsi che, ai fini della configurabilita' della circostanza aggravante prevista dall'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, non e' necessario che l'appartenenza dell'agente a un'associazione di tipo mafioso sia accertata con sentenza definitiva, ma e' sufficiente che tale accertamento sia avvenuto nel contesto del provvedimento di merito in cui si applica la citata aggravante (Sez. 2, n. 33775 del 04/05/2016, Bianco, Rv. 267850; Sez. 2, n. 6533 del 01/12/2012, Santapaola, Rv. 252084). Nel caso in esame, attraverso la valorizzazione di alcuni dialoghi sui quali il ricorrente sorvola, la Corte di appello ha messo in luce che (OMISSIS) rappresentava la longa manus di (OMISSIS), correo nella estorsione della cui intraneita' alla ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta neanche il ricorso dubita. La sentenza impugnata, inoltre, ha richiamato, condividendone le conclusioni, altra statuizione non ancora irrevocabile nella quale il ricorrente era stato condannato come esponente proprio della cosca " (OMISSIS)" (sono stati indicati i riferimenti al proc. n. 4344/R.G.N. R. cosiddetto "(OMISSIS)". Peraltro, le intercettazioni richiamate dalla Corte territoriale dimostravano che egli si era mosso nella vicenda come rappresentante di varie cosche criminali interessate alla estorsione (fgg. 33-38), sicche' e' di nessun rilievo in questa sede l'accertamento di appartenenza dell'imputato all'una o all'altra compagine, come si vorrebbe in ricorso. 1.2.2. La seconda censura difensiva non tiene conto di quanto precisato ai fgg. 52-54 della sentenza impugnata, a proposito del fatto che l'imposizione all'impresa che si era realizzata attraverso la condotta del ricorrente era relativa non soltanto ai lavori di trasporto gia' affidati in subappalto alla (OMISSIS) ma aveva una piu' ampia estensione, sicche' nessuna illogicita' puo' riscontrarsi nella circostanza che il ricorrente si muovesse dopo che la (OMISSIS) aveva instaurato relazioni lavorative con la (OMISSIS). 1.2.3. Che vi sia stata una mancata correlazione tra accusa contestata e sentenza, secondo quanto adombrato dal ricorrente con altra censura, oltre che essere smentito dalla ricostruzione in fatto operata dalla sentenza impugnata, non e' eccezione che puo' trovare ingresso in questa sede, non risultando dedotta con i motivi di appello. In punto di diritto, la mancata correlazione tra accusa contestata e sentenza e' una nullita' a regime intermedio che in quanto verificatasi in primo grado deve essere dedotta fino alla sentenza del grado successivo e non per la prima volta in sede di legittimita' (Sez. 4, n. 19043 del 29/03/2017, Privitera, Rv. 269886; Sez. 6, n. 31436 del 12/07/2012, Di Stefano, Rv. 253217). Semmai, nell'atto di appello si era fatta questione in ordine alla genericita' del capo di imputazione, da ritenere non ammissibile in ragione della scelta del rito abbreviato (Sez. 5, n. 33870 del 07/04/2017, Crescenzo, Rv. 270475). 1.2.4. La censura in ordine alla circostanza che il ricorrente potesse essere stato a sua volta vittima della estorsione - per il fatto che i primi emissari sconosciuti si fossero rivolti ad un suo dipendente - rappresenta una diversa ricostruzione di merito, non rivedibile in questa sede. Deve, infatti, aversi riguardo al fatto che la Corte di appello, approfondendo il punto ai fgg. 41 e 42 della sentenza, ha richiamato specifici passaggi di dialoghi intercettati - sui quali il ricorso sorvola - nei quali l'imputato aveva egli stesso attribuito a quella prima sollecitazione estorsiva un chiaro significato illecito rivolto non a lui ma alla impresa (OMISSIS), a dimostrazione che i due sconosciuti in motocicletta presentatisi al cantiere di quest'ultima ditta per pretenderne la "messa a posto", non avessero compreso di interloquire con un operaio dell'imputato e non dell'azienda principale, avendo l' (OMISSIS) gia' in essere contratti di subappalto limitati che giustificavano la presenza anche di suoi dipendenti in quel luogo. 1.2.5. La censura che inerisce alla incidenza sul quadro accusatorio della testimonianza di (OMISSIS) e' irrilevante dal momento che la Corte, a fg. 46, ha conferito un valore pressoche' nullo alla deposizione di tale teste nell'economia del giudizio relativo al delitto sub capo A, che l'ha condotta a confermare la condanna dell'imputato per tale reato. 1.2.6. Sono infondate tutte le censure volte a contestare la sussistenza delle aggravanti. Sulla integrazione dell'aggravante dell'appartenenza del ricorrente ad una compagine di tipo ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndranghetistico (articolo 628 c.p., comma 3, n. 3) si e' gia' detto al punto 1.2.1. Sulla circostanza che l'estorsione fosse stata posta in essere da piu' persone riunite, la Corte di appello, nella ricostruzione gia' esaminata, ha correttamente posto l'attenzione sulla prima intimidazione ad opera di due sconosciuti, ricondotta dallo stesso ricorrente, nei dialoghi intercettati, ad un'unica matrice nella quale anch'egli si andava ad inserire quale referente delle famiglie criminali della zona. Nel che, la presenza simultanea sul luogo del delitto di due persone, cosi' come richiesto dalla oramai pacifica giurisprudenza di legittimita' i cui contenuti in diritto non sono contestati in ricorso (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Alberti e successive conformi). Quanto alla aggravante dell'uso del metodo mafioso e della finalita' di agevolazione di una cosca, il ricorso e' generico a fronte della intera ricostruzione di merito operata senza vizi logico ricostruttivi dalla sentenza impugnata, a proposito del ruolo del ricorrente, gia' evidenziato fin qui, di referente delle famiglie di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta aventi interesse territoriale diretto al compimento della estorsione quale tipica espressione di egemonia sul territorio e di arricchimento illecito, la cui presenza era stata piu' volte evocata dal ricorrente nei dialoghi con i rappresentanti dell'impresa estorta e che, peraltro, aveva avuto una diretta estrinsecazione intimidatoria in un danneggiamento effettuato ai macchinari dell'impresa "a pacchetto lavorativo ormai perso" (fg. 43 della sentenza impugnata). Ogni altra argomentazione difensiva deve ritenersi assorbita, ivi compresa quella relativa alla mancanza di prova di una imposizione di imprese o altro a prezzi superiori a quelli operati dalle altre ditte, poiche' nel caso in esame, come si evince dalla sentenza, la natura estorsiva della pretesa consisteva nel decisivo fatto che venisse imposta alla ditta offesa una determinata impresa, cosi' elidendo la liberta' contrattuale della vittima in questo danneggiata, con ingiusto profitto per l'impresa favorita in quanto riveniente dalla imposizione e non da una normale scelta libera di mercato da parte del contraente. 1.3. E' infondato il terzo motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. Con esso si critica il giudizio di responsabilita' per i reati di illecita concorrenza ed estorsione, entrambi aggravati, di cui rispettivamente ai capi G ed H della imputazione. La Corte di appello tratta dei due reati ai fgg. 64-85 della sentenza impugnata. 1.3.1. Il ricorrente pretenderebbe una diversa ricostruzione di merito delle risultanze processuali, non effettuabile in questa sede alla luce della mancanza di vizi logico-ricostruttivi nella disamina della vicenda effettuata dalla Corte di appello, siccome volta a mettere in luce, con riguardo ad altro ma similare contesto e ad altra azienda estorta (la multinazionale (OMISSIS), incaricata della realizzazione di altro parco eolico, sito in localita' (OMISSIS)), l'identico ruolo del ricorrente gia' evidenziatosi in relazione alla vicenda di cui al capo A, circostanza gia' di per se' correttamente ritenuta dai giudici di merito fortemente significativa sul piano logico. La sentenza impugnata ha basato la sua decisione interpretando il contenuto di diverse intercettazioni che dimostravano come il ricorrente avesse minacciato un manager della (OMISSIS), (OMISSIS), finanche della mancata prosecuzione dei lavori relativi al parco eolico se la gestione di essi non fosse stata attribuita a lui quale "referente di quell'area", ruolo che l'interlocutore non stentava a riconoscergli espressamente in uno dei dialoghi richiamati (fg. 70 della sentenza). La Corte territoriale ha chiarito come il ricorrente non avesse titolo alcuno a ricoprire tale ruolo se non sotto l'ottica criminale, indipendentemente dal fatto di avere in gestione subappalti, non autorizzati peraltro dall'impresa madre, in ordine ad alcune commesse, circostanza che non gli impediva di esternare la sua intenzione di estromettere altra impresa subappaltatrice delle opere (la (OMISSIS), riconducibile alla parte civile (OMISSIS)) e di manifestare la sua condotta prevaricatrice anche nei confronti della ditta dalla quale riceveva i subappalti (la (OMISSIS)) e che aveva pagato allo stesso ricorrente anche lavori da lui mai effettuati. Pertanto, sulla base di una attenta ricostruzione di merito dei fatti, la Corte ha ritenuto la sussistenza di entrambi i reati contestati. Si ricordi che secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, cui anche il Collegio aderisce, in materia di intercettazioni l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimita' se motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Sez.3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337). 1.3.2. Anche con riguardo a tali capi di imputazione, come per il capo A, non era stata eccepita con l'atto di appello alcuna violazione dell'articolo 521 c.p.p., sicche' la relativa censura non e' consentita in questa sede, per quanto gia' esplicitato al paragrafo 1.2.3. della presente esposizione in diritto. 1.3.3. Del pari, non risulta conforme al vero che la Corte non si sia fatta carico di valutare le dichiarazioni rese dal manager (OMISSIS) ed acquisite nel procedimento di appello. Al contrario, attraverso una dettagliata analisi contenuta ai fgg. 22-28 della sentenza impugnata, la Corte territoriale - tenendo a mente il contenuto delle intercettazioni dei dialoghi tra il manager ed il ricorrente, invero di estrema chiarezza per le ragioni dell'accusa - ha ritenuto che il teste avesse voluto sminuire i fatti, trincerandosi, piu' volte, nei "non ricordo", cosi' non fornendo adeguata spiegazione neanche delle sue stesse parole oggetto di captazione. L'assunto difensivo ulteriore che il (OMISSIS) non avesse potesta' decisionali dirette, risulta superato dalla considerazione che la minaccia all'impresa (OMISSIS) era stata veicolata attraverso di lui, che era un manager della multinazionale ben addentro alle vicende degli appalti in Calabria e del ruolo del ricorrente, come dimostrato dalle intercettazioni. L'operazione ermeneutica effettuata dalla Corte attinge al merito del giudizio, qui non rivedibile in quanto esente da criticita' o travisamenti. Tanto supera ed assorbe ogni ulteriore argomentazione difensiva. 1.3.4. La sentenza impugnata ha anche messo a (OMISSIS), attraverso la descrizione dei fatti, la sussistenza di entrambi i reati, evidenziando, per un verso, il turbamento delle regole del mercato consistite nella estromissione di ogni soggetto imprenditoriale che non fosse gestito direttamente dall'imputato; per altro verso, rimarcando la realizzazione della condotta estorsiva nei confronti dell'impresa principale attraverso l'affidamento di lavori in subappalto non autorizzati ed ottenendo anche il pagamento di importi per lavori non effettuati (conversazione con esponente della ditta (OMISSIS) a nome (OMISSIS), fg. 71 della sentenza impugnata). Nessuna duplicazione di condotte punite si e', dunque avuta, cosi' come si sostiene in ricorso senza un adeguato confronto con le specificazioni tratte dal resoconto dei fatti offerto dalla sentenza impugnata. 1.3.5. Ed e' qui il caso di sottolineare, in punto di diritto e rispetto a censure contenute anche nel secondo ricorso depositato il 20 giugno 2022, che i due reati di illecita concorrenza e di estorsione possono concorrere tra loro e gli atti di minaccia e violenza di cui all'articolo 513-bis c.p. - compiuti dal ricorrente secondo quanto evidenziato dai passi delle intercettazioni riportate ai fgg. 70 e 71 della sentenza impugnata - non necessariamente devono essere rivolti al rappresentante dell'impresa in concorrenza. Sotto il primo profilo, deve evidenziarsi un decisivo passaggio motivazionale che esprime principi giuridici in questa sede condivisi - contenuto nella sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 13178 del 28/11/2019, dep. 2020, Guadagni, fgg. 27 e 28: "Le illecite forme di esercizio della concorrenza incriminate dalla richiamata disposizione minacciano di rimuovere le precondizioni necessarie all'esplicarsi della stessa liberta' di funzionamento del mercato, incidendo al contempo sulla liberta' delle persone di autodeterminarsi nello svolgimento delle attivita' produttive. E' dunque il libero svolgimento delle iniziative economiche ad essere tutelato, attraverso la sanzione di comportamenti costrittivi o induttivi che possono orientarsi anche sulla liberta' di iniziativa delle persone, non piu' solo sulle cose, come nella condotta contemplata dalla contigua previsione dell'articolo 513 c.p., che di contro richiede, in alternativa all'uso della violenza, il ricorso a mezzi fraudolenti con il fine di cagionare, in entrambi i casi, l'impedimento o il turbamento dell'esercizio di un'attivita' industriale o commerciale. L'idoneita' a recare un pregiudizio all'impresa concorrente, contrastandone od ostacolandone la liberta' di autodeterminazione, connota la fattispecie dell'articolo 513-bis nella sua materialita', poiche' costituisce un elemento oggettivo della condotta, a sua volta accompagnata dalla coscienza e volonta' di compiere un atto di concorrenza inficiato dal ricorso ai mezzi della violenza o della minaccia, ossia di determinare una situazione di concorrenzialita' illecita che rischia obiettivamente di alterare o compromettere l'ordine giuridico del mercato. Sotto altro profilo, infine, gli elementi che concorrono a descrivere la tipicita' del reato di illecita concorrenza impediscono di ritenerne assorbita la condotta nella piu' grave fattispecie della estorsione (consumata o tentata) in base al criterio di specialita'. I due reati, rientranti in una diversa collocazione sistematica, offendono beni giuridici diversi, incidendo nel secondo caso sul patrimonio del soggetto passivo (Sez. 6, n. 6055 del 24/06/2014, dep. 2015, Amato, cit.), con la previsione dell'elemento di fattispecie relativo all'ottenimento di un ingiusto profitto con altrui danno, senza tradursi in una violenta manipolazione dei meccanismi di funzionamento dell'attivita' economica concorrente (Sez. 2, n. 53139 del 08/11/2016, Cotardo, Rv. 268640). Ne discende, altresi', che il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia non puo' essere assorbito nel delitto di estorsione, trattandosi di norme con diversa collocazione sistematica e preordinate alla tutela di beni giuridici diversi, sicche', ove ricorrano gli elementi costitutivi di entrambi i delitti, si ha il concorso formale degli stessi (Sez. 2, n. 5793 del 24/10/2013, dep. 2014, Campolo, Rv. 258200; Sez. 1, n. 24172 del 31/03/2010, Vistolo, Rv. 247946)". Nello stesso senso, la piu' recente decisione di Sez. 5, n. 40803 del 15/07/2022, Mazzitelli, Rv. 283758. Sotto il secondo profilo e con particolare rilievo per il caso in esame, stante l'omologia delle vicende, va ribadito il principio secondo il quale, integra il reato di illecita concorrenza con violenza e minaccia, di cui all'articolo 513-bis c.p., l'occupazione da parte di un imprenditore colluso con i clan mafiosi di un certo mercato o di una zona "contrattualmente" stabilita, conseguente all'azione intimidatoria del gruppo criminale egemone sul territorio, determinando tale illecita concorrenza "ambientale" un forzoso boicottaggio ai danni degli altri operatori del settore, anche quando la condotta intimidatoria sia indirizzata a soggetti diversi dai concorrenti in senso stretto (fattispecie in cui, attraverso l'appoggio della cosca locale, veniva imposta agli esercenti commerciali la fornitura in via esclusiva di "slot machine" di un certo imprenditore) (Sez. 2, n. 34214 del 15/10/2020, Capriati, Rv. 280237, che richiama analogo orientamento gia' espresso da Sez. 6, n. 37520 del 18/04/2019, Rocca, Rv. 276725 a sua volta presa in considerazione dalla sentenza delle SS.UU. Guadagni, gia' richiamata, fg. 24). Inoltre, la stessa decisione della Seconda Sezione Penale di questa Corte, Capriati, prima citata, ha stabilito il principio secondo cui, integra il delitto di illecita concorrenza con violenza o minaccia, ex articolo 513-bis c.p., l'acquisizione di una posizione dominante in un determinato settore economico dovuta all'accordo con i clan di stampo mafioso che, attraverso condotte violente o intimidatorie, anche implicite o ambientali, precluda tanto l'accesso nel settore di altri concorrenti, quanto la liberta' dell'esercente al dettaglio di scegliere il contraente fornitore. 1.3.6. In ordine alla censura sulla sussistenza dell'aggravante dell'uso del metodo mafioso e della finalita' di agevolazione di cosche di quella tipologia, puo' rimandarsi a cio' che si e' osservato a proposito del reato di cui al capo A al paragrafo 1.2.6. delle presenti considerazioni in diritto, il ricorrente avendo assunto lo stesso ruolo criminale (indipendentemente dalle specifiche parole utilizzate nei singoli contesti) anche in relazione alle vicende descritte ai capi G ed H ed agli altri episodi ancora da esaminare, a dimostrazione della tenuta complessiva della accusa sotto il profilo logico-ricostruttivo, a volte con precise e chiare esternazioni del ricorrente volte ad individuarlo quale "referente" delle cosche di ÃÆ'Æ'ÃâEurošÃ‚¢ÃÆ'¢âââEurošÂ¬Ã…¡ÃâEurošÃ‚¬ÃÆ'‹ÃâEuro¦"ndrangheta interessate a gestire gli appalti nel settore di interesse. 1.4. E' infondato il quarto motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. Con esso si critica il giudizio di responsabilita' per i reati di illecita concorrenza ed estorsione aggravati, di cui ai capi L, M e M1 della imputazione. 1.4.1. La sentenza impugnata ha sottolineato la circostanza sempre piu' significativa in chiave logico-ricostruttiva per evidenziare l'esistenza di un radicato "sistema" di relazioni tra le cosche e le imprese e della quale il ricorso non tiene conto - che il ricorrente, in relazione alla costruzione di un by-pass stradale nel territorio di (OMISSIS) relativo a dei lavori affidati alla ditta (OMISSIS) per la costruzione di un parco eolico in (OMISSIS) (capi L ed M), aveva assunto lo stesso ruolo gia' evidenziatosi a proposito dei fatti gia' esaminati in relazione ai precedenti motivi, vale a dire di "referente mafioso" delle compagini criminali radicate nei luoghi di riferimento, che poteva decidere quale impresa doveva effettuare i lavori (in questo caso la ditta (OMISSIS) anche se formalmente l'esecutrice era la (OMISSIS)) - senza che la (OMISSIS) potesse scegliere liberamente tra quelle potenzialmente presenti sul mercato - ed anche la "tassa ambientale" che l'impresa avrebbe dovuto corrispondere per la "messa a posto", circostanza direttamente deducibile dalle intercettazioni citate in sentenza, a dispetto di ogni altra contraria deduzione. 1.4.2. Si richiama il paragrafo 1.3.3. delle presenti considerazioni in diritto quanto alle argomentazioni offerte dalla Corte in relazione alla valenza poco significativa delle dichiarazioni rese al processo dai manager della (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rispetto al contenuto delle intercettazioni dei dialoghi intrattenuti con il ricorrente e dimostrativi del timore da costoro nutrito verso quest'ultimo, nonche' del riconoscimento del suo ruolo criminale in quel contesto, ben ricostruito nel dettaglio dalla Corte, di nuovo ai fgg. 93 e seguenti della sentenza impugnata, dove si richiamano intercettazioni, dimenticate dal ricorrente, dimostrative di come egli fosse il soggetto che doveva risolvere la questione, che era presente pur non avendone titolo alla consegna dei lavori, che invitava (OMISSIS) a sovrafatturare i lavori alla (OMISSIS), che richiedeva a (OMISSIS) somme ulteriori quale tangente mafiosa, rapportandosi personalmente al soggetto mafioso che comandava in quel territorio (in questo caso (OMISSIS), con il quale il ricorrente commentava i fatti e dal quale riceveva disposizioni). Sulla configurabilita' di entrambi i reati contestati ai capi L ed M, avuto riguardo a tali specifiche condotte ben descritte e differenziate a fg. 97 della sentenza impugnata anche in relazione alle diverse fasi ed ai diversi delitti, si richiama quanto sottolineato in diritto ai precedenti paragrafi 1.3.5. e 1.3.6., in punto di sussistenza anche delle aggravanti contestate, con superamento di ogni ulteriore obiezione difensiva. 1.4.3. In ordine ai reati di estorsione e illecita concorrenza condensati nel capo M1, il ricorrente trascura del tutto la ricostruzione operata dalla Corte ai fgg. 136139 della sentenza impugnata, dove sono state citate le conversazioni dalle quali emergeva a chiare lettere che il ricorrente aveva imposto alla (OMISSIS), sempre assumendo l'oramai noto ruolo di portavoce degli interessi delle cosche del luogo, anche il servizio di guardiania relativo al parco eolico gia' interessato dai lavori di costruzione del by-pass di cui ai precedenti capi L ed M prima esaminati. Significative, tra le tante, la conversazione nella quale il ricorrente diceva espressamente che "se non c'e' guardianeria questo parco non si fa", quella nella quale (OMISSIS) della (OMISSIS) manifestava al ricorrente la difficolta' contabile a giustificare tale servizio in corso da mesi e la richiesta di pagamento del medesimo servizio sempre proveniente da (OMISSIS) ma inoltrata all'impresa da terzi (fgg. 136138 della sentenza impugnata). Rimane irrilevante e generico, rispetto a tale prospettiva basata su elementi di fatto dei quali il ricorso non tratta, l'assunto per cui dovrebbe avere un qualche significato a discarico l'intervenuta archiviazione della quale ha beneficiato altro originario coindagato del medesimo reato. Anche in relazione al reato estorsivo di cui si discute, vale il principio di diritto, gia' richiamato, secondo il quale, nel delitto di estorsione c.d. contrattuale, che si realizza quando al soggetto passivo sia imposto di porsi in rapporto negoziale di natura patrimoniale con l'agente o con altri soggetti, l'elemento dell'ingiusto profitto con altrui danno e' implicito nel fatto stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione della propria autonomia negoziale, essendogli impedito di perseguire i propri interessi economici nel modo da lui ritenuto piu' opportuno. (Fattispecie in cui la Corte ha evidenziato la compromissione dell'autonomia contrattuale della vittima, costretta ad assumere una persona non scelta da lei come "buttafuori" del locale di sua proprieta', senza la possibilita' di valutarne le qualita' personali, di particolare importanza in ragione della delicatezza delle mansioni) (Sez. 2, n. 12434 del 19/02/2020, Di Grazia, Rv. 278998). Tanto assorbe e supera ogni diversa argomentazione difensiva, anche in riferimento a quanto dedotto con il secondo ricorso. 1.5. E' infondato il quinto motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. Con esso si critica il giudizio di responsabilita' per i reati di illecita concorrenza ed estorsione, entrambi aggravati, di cui al capo O della imputazione. Anche in relazione a tali delitti, la Corte ha premesso che l'imputato aveva avuto il medesimo ruolo criminale svolto nelle precedenti occasioni, questa volta riferibili alla costruzione di un parco eolico indicato come parco (OMISSIS). Questo assunto rappresenta un primo elemento logico di valutazione avente, allo stato della trattazione delle vicende incriminate, una valenza significativa in punto di responsabilita' e di interpretazione delle emergenze processuali, che il ricorso trascura. Nella vicenda sussunta nel capo O, (OMISSIS) si era fatto tramite di imposizioni mafiose alla persona offesa (OMISSIS) che avrebbe dovuto fornire una gru alla (OMISSIS) ed eseguire i trasporti connessi. Le intercettazioni citate ai fgg. 182-184 della sentenza - sulle quali il ricorso sorvola - dimostravano che (OMISSIS) era stato intimidito e costretto a ridimensionare la portata dei lavori da fornire alla (OMISSIS) in favore della impresa ( (OMISSIS)) legata ad (OMISSIS) e che aveva effettuato i trasporti invece di quella, adibita al medesimo settore (la (OMISSIS)), riferibile ad (OMISSIS). Le diverse considerazioni difensive, oltre che inerenti al merito del giudizio, sono evasive rispetto al fulcro dell'accusa ricavato dalle intercettazioni non citate in ricorso. Sui profili giuridici, idonei a configurare entrambi i reati siccome contestati, bastera' rinviare ai paragrafi 1.3.5. e 1.3.6. delle presenti considerazioni in diritto. 1.6. E' infondato il sesto motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. Con esso si critica il giudizio di responsabilita' per i reati di illecita concorrenza ed estorsione aggravati, di cui ai capi P,Q ed R della imputazione. 1.6.1. Le vicende descritte nei capi di imputazione sono legate alla realizzazione del parco eolico di (OMISSIS), commissionato dalla (OMISSIS) alla societa' (OMISSIS). Le argomentazioni difensive ineriscono al merito del giudizio e sono generiche. La Corte di appello ha iniziato la disamina dalla vicenda di cui al capo R, inerente alla estorsione ai danni di (OMISSIS), imprenditore nel settore dei sollevamenti e dei trasporti, soggetto che aveva espressamente dichiarato di aver ricevuto personalmente dal ricorrente la minaccia estorsiva consistente nel fatto di dover accettare il subappalto dei lavori commissionatigli dalla (OMISSIS) ad imprese legate all'imputato, secondo quanto da questi preteso in virtu' di una funzione di comando in quel territorio ("qui e' zona nostra e comandiamo noi", fg. 228 della sentenza impugnata). In esecuzione di tale proposito, la persona offesa aveva raccontato di un incontro procuratogli dall'imputato con un soggetto malavitoso che comandava nella zona e che da lui veniva indicato come "l'ingegnere (OMISSIS)", che aveva rinnovato le richieste estorsive consistenti nell'affidare i trasporti al ricorrente, nell'assumere personale e nel fare alloggiare i dipendenti della vittima in una struttura determinata (fgg. 230 e 231 della sentenza impugnata). La persona offesa aveva accondisceso a tali richieste con riguardo alle prestazioni del ricorrente perche' impaurita dalle minacce ricevute. La Corte ha, poi, individuato una condotta estorsiva e di illecita concorrenza, non portata a piena consumazione, prodromica a quella di cui al capo R e condensata nel capo Q, siccome volta a raffigurare il tentativo di far affidare ad (OMISSIS) il servizio di trasporto delle pale eoliche della (OMISSIS) dal porto di (OMISSIS), un "pacchetto completo" che avrebbe del tutto esautorato ogni ditta rivale e che non si era realizzato poi optandosi per l'imposizione del subappalto di cui al capo R. Altro episodio di concorrenza illecita ai sensi dell'articolo 513-bis c.p., infine, era quello descritto al capo P, avendo il ricorrente interceduto presso la (OMISSIS) affinche' affidasse alcuni lavori di sollevamento a persona con la quale egli era in contatto diretto ( (OMISSIS), presidente del consiglio di amministrazione della societa' (OMISSIS), cfr. fg. 236 della sentenza impugnata), senza che cio' si realizzasse e senza che la mancata realizzazione dell'evento avesse eliso la responsabilita' del ricorrente trattandosi di reato di pericolo. 1.6.2. Dopo le premesse descrittive, la Corte, con argomenti che i ricorsi solo genericamente contestano, ha indicato, quale primo elemento logico di valutazione, il fatto che il ricorrente avesse posto in essere ancora una volta una condotta analoga a quella tenuta con riferimento ad altri appalti riguardanti il settore eolico prima esaminati. In secondo luogo, la Corte ha messo in luce precise emergenze processuali relative all'interessamento delle cosche mafiose della zona affinche' il ricorrente ottenesse i lavori relativi ai trasporti del (OMISSIS), evidenziando dai fgg. 244 e segg., 18 precisi riscontri esterni alle dichiarazioni del (OMISSIS) idonei a giustificare il giudizio di attendibilita' criticato dal ricorrente. Tali riscontri, non richiamati in ricorso ed idonei a superare le obiezioni difensive piu' specifiche ma che non tengono conto di tali dati processuali, sono stati indicati in specifiche intercettazioni di dialoghi tra il ricorrente ed i suoi referenti criminali, aventi ad oggetto le modalita' della imposizione a (OMISSIS) in senso conforme alle dichiarazioni di quest'ultimo ed alle vicende pregresse di cui al capo Q ed ancora di quelle relative al capo P (fgg. 244 e segg. della sentenza impugnata). La Corte ha offerto una certosina ricostruzione delle vicende che non presenta vizi logici ed e' fondata su specifici dati processuali non richiamati nei ricorsi, a dimostrazione della loro genericita'. 1.7. E' infondato il settimo motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. Il ricorrente non e' stato ritenuto meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche per la molteplicita' e gravita' dei fatti commessi e per l'esistenza di un precedente penale specifico per tentata estorsione. Tali dati, hanno orientato la Corte a ritenere congrua una pena ben al di sotto della media edittale per il reato di estorsione consumata di cui al capo L, con giudizio che ha tenuto conto della elisione della recidiva, della sussistenza delle aggravanti e degli aumenti per la continuazione, invero assai contenuti ed ulteriormente ridotti dalla Corte rispetto alla statuizione di primo grado. La motivazione, contenuta a fg. 257 della sentenza impugnata, e' immune da vizi rilevabili in questa sede, dovendosi rammentare che ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche e' sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime. (da ultimo, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 4790 del 16.1.1996, Romeo, rv. 204768). Inoltre, nell'ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all'obbligo motivazionale di cui all'articolo 125 c.p., comma 3, anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", ovvero si richiami alla gravita' del reato o alla personalita' del reo (Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri, Rv. 237402). 1.8. E' infondato anche l'ultimo motivo del ricorso depositato il 23 giugno 2022. La Corte ha ampiamente motivato sulle ragioni della confisca della societa' di trasporti riferibile al ricorrente e da lui gestita attraverso l'uso delle modalita' criminali che ne hanno contraddistinto la condotta in tutte le vicende oggetto di scrutinio processuale e che avevano consentito a tale societa' di accaparrarsi lavori in forza della commissione di specifici reati. Le deduzioni del ricorrente sono generiche e non richiamano tali assunti condensati ai fgg. 258 e 259 della sentenza impugnata, mentre non si comprende il suo interesse ad eccepire la circostanza che la societa', in quanto non piu' operativa, non avrebbe dovuto subire il provvedimento ablativo. 2. Tutte le argomentazioni fin qui spese per ritenere infondati i motivi del ricorso depositato il 23 giugno 2022 assorbono ogni deduzione contenuta nel secondo ricorso proposto nell'interesse del ricorrente. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di quest'ultimo al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute nel grado dalle parti civili, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili: - (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 2000,00 oltre accessori di legge; - (OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. e (OMISSIS), che liquida per ciascuna in complessivi Euro 3686,00 oltre accessori di legge; - Regione Calabria, in persona del Presidente p.t., che liquida in complessivi Euro 3000,00 oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente Dott. BELMONTE T.Maria - rel. Consigliere Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere Dott. BORRELLI Paola - Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: - (OMISSIS) nato a (OMISSIS); - Procuratore generale preso la corte d'appello nel procedimento a carico di: - (OMISSIS) nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); inoltre: BANCA UNICREDIT, parte civile mìnoin rirorrente; ASSOCIAZIONE (OMISSIS)" parte civile non ricorrente; PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI - MINISTERO INTERNO, parte civile non ricorrente. avverso la sentenza del 29/09/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA BELMONTE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Il Procuratore generale in persona del Sostituto, Pasquale SERRAO D'AQUINO, conclude per l'inammissibilita' per carenza di interesse del ricorso proposto in difesa di (OMISSIS); con riferimento al ricorso del Procuratore Generale di Napoli, per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), e per il rigetto del ricorso nei confronti di (OMISSIS). L'avvocato (OMISSIS), in difesa della parte civile BANCA UNICREDIT, deposita nota spese e conclusioni alle quali si riporta. L'avvocato (OMISSIS), per l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, in difesa della parte civile PRESIDENZA CONSIGLIO MINISTRI - MINISTERO INTERNO, deposita conclusioni. Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), comuni difensori di (OMISSIS), chiedono l'inammissibilita' per carenza di interesse, in subordine il rigetto, del ricorso del Procuratore Generale della Corte d'Appello di Napoli. Gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), codifensori di (OMISSIS), chiedono il rigetto, in subordine, lainammissibilita', del ricorso del Procuratore Generale e la conferma della sentenza impugnata. L'avvocato (OMISSIS), anche quale sostituto processuale del codifensore (OMISSIS), nell' interesse di (OMISSIS), relativamente al primo motivo di ricorso, chiede l'accoglimento, in subordine la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto tra sezioni civili e penali sul punto; chiede il rigetto delle richieste delle costituite parti civili; si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; deposita copia della memoria inviata a mezzo pec il (OMISSIS). RITENUTO IN FATTO 1.II Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 21 aprile 2017, aveva dichiarato - (OMISSIS) colpevole del reato a lui ascritto al capo K1 (limitatamente alla fattispecie tentata di cui all' articolo 56 - articolo 648 ter c.p.), condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro tremila di multa, con le pene accessorie di legge, nonche' al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili - Banca Unicredit, "Associazione (OMISSIS), Associazione e sindacati insieme per la legalita' e lo sviluppo", e "Presidenza del Consiglio dei Ministri". - (OMISSIS) colpevole del reato a lui ascritto al capo U), riqualificando ai sensi dell'articolo 648 c.p. l'originaria imputazione di reimpiego di beni provenienza illecita (articolo 648 ter), in relazione a una polizza fidejussoria risultata falsa, altresi', escludendo la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro tremila di multa, con le pene accessorie di legge, nonche' al risarcimento del danno in favore della parte civile - Banca Unicredit. Rileva, altresi', ricordare che il Tribunale aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo S) (truffa aggravata ai danni di Unicredit), per intervenuta prescrizione, esclusa la circostanza aggravate di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, mentre lo aveva assolto, per non aver commesso il fatto, dal delitto sub Kl. - (OMISSIS) colpevole del delitto di cui al capo A), di cui agli articoli 110 - 416-bis c.p., cosi' riqualificata la originaria imputazione di partecipazione all'associazione di stampo mafioso denominata "clan dei casalesi", condannandolo, previa esclusione della circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 6, alla pena di ani nove di reclusione con le pene accessorie di legge. 1.1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione di prime cure, per quanto qui rileva: - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub K1) per non aver commesso il fatto, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.; - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub A), perche' il fatto non sussiste, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p.; - ha assolto (OMISSIS) dal delitto sub U) perche' il fatto non costituisce reato, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p., e ha confermato la decisione di prime cure quanto al delitto sub S) (proscioglimento per prescrizione), per cui l'imputato aveva proposto impugnazione per conseguire una statuizione piu' favorevole. 1.2. Secondo la ricostruzione di merito, i fatti in esame si inseriscono in un'ampia vicenda processuale, articolatasi in plurimi procedimenti, avente riguardo alle condotte poste in essere negli anni finali del decennio scorso da affiliati all'associazione camorristica denominata ‘clan dei casalesi', nella sua (OMISSIS) - in territorio di (OMISSIS) - le quali hanno disvelato anche contatti del contesto camorrista con ambiti politici e imprenditoriali. Dalle indagini condotte dalla Procura distrettuale di Napoli, e' emerso il sistematico inquinamento corruttivo - mafioso delle competizioni elettorali per il rinnovo dell'amministrazione comunale di (OMISSIS), sia nel 2007 che nel 2010, condotte funzionali al reimpiego di cospicui capitali illeciti da parte delle famiglie (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) nella grande speculazione urbanistica finanziaria costituita dalla realizzazione - in realta' poi fallita - del centro commerciale ‘Il (OMISSIS)' che sarebbe dovuto sorgere tra i comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS); erano emerse, inoltre, per quanto qui rileva, le condotte funzionali al controllo illecito del mercato della produzione e della distribuzione del calcestruzzo in provincia di Caserta, poste in essere da esponenti del predetto clan in accordo con un ristretto cartello di imprenditori collusi: a tale ultimo ambito attiene la posizione di (OMISSIS). 1.2.1. La vicenda giudiziaria di (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, si inquadra in quella del centro commerciale, per la cui realizzazione era stata presentata, in origine, domanda da parte di una societa' di Milano ( (OMISSIS)), che poco dopo, aveva ceduto un ramo di azienda in favore della societa' (OMISSIS) - in realta' risultata essere una scatola vuota, con un capitale di 10.000, del tutto inadeguata e priva di risorse rispetto alla progettata realizzazione del centro commerciale che richiedeva un impegno economico di svariati milioni di Euro. Inoltre, la (OMISSIS) faceva capo di fatto, attraverso i suoi legali rappresentanti (la moglie e il cognato del coimputato (OMISSIS), non ricorrente), a (OMISSIS), imprenditore colluso con il clan dei Casalesi, nelle more deceduto, il quale, nel tentativo di procurarsi un ingente finanziamento sia per l'acquisto dei terreni che per la costruzione del centro commerciale, aveva conosciuto il direttore della filiale di Unicredit di Roma Tiburtina - (OMISSIS) -, da cui aveva ricevuto nel 2006 la disponibilita' a un finanziamento dell'opera edilizia, a 15 anni, per 13 milioni di Euro, dietro presentazione di una fidejussione per la erogazione della tranche iniziale di 5.500.000 di Euro; fidejussione dell'importo di otto milioni di Euro che la (OMISSIS) ottenne nel (OMISSIS), apparentemente rilasciata da Monte Paschi di Siena e completa di autentica notarile, che, tuttavia, risulto', alcuni mesi dopo, integralmente contraffatta, in quanto mai rilasciata ne' autenticata, come da querela sporta dal notaio. Alla vicenda relativa alla contraffazione della polizza e al suo uso e' riconducibile quella giudiziaria di (OMISSIS) e di (OMISSIS). In particolare, la polizza contraffatta venne utilizzata dal coimputato (OMISSIS) per ottenere il finanziamento da Unicredit - filiale di Roma Tiburtina, senza essere preceduta dagli ordinari preventivi controlli bancari per operazioni di tal genere, e cio' - secondo l'ottica accusatoria - sarebbe dipeso dal fatto che il direttore della filiale, (OMISSIS), aveva ricevuto pressioni in tal senso dall'allora deputato di Forza Italia, (OMISSIS), che sarebbe stato il referente politico del clan dei casalesi. In relazione a tale operazione: - e' stato contestato il reato di truffa in danno di Unicredit al capo S) della rubrica (contestato a (OMISSIS)); - per l'impiego della polizza fidejussoria nella pratica di concessione del finanziamento in favore della (OMISSIS) s.r.l., la contestazione e' compendiata nel capo U (contestato al solo (OMISSIS) e derubricato dalla Corte di appello nel delitto di cui all'articolo 648 c.p.); - per il reimpiego di capitali illeciti e' stato contestato (tra gli altri, a (OMISSIS) e (OMISSIS)) il capo Kl, (ritenuto dal Tribunale nella sola fattispecie tentata). 1.2.2. La fattispecie associativa, oggetto del capo A), e' quella in cui si inserisce la posizione di (OMISSIS), al quale e' stata contestata la partecipazione al sodalizio denominato ‘clan dei Casalesi' poi derubricata in concorso esterno dal Tribunale). Secondo l'Accusa, (OMISSIS) era uno storico imprenditore del settore del calcestruzzo da sempre legato alla criminalita' organizzata e da questa protetto, nel senso che il sodalizio criminoso imponeva alle imprese edili impiegate nell'attivita' edilizia sul territorio di riferimento di rifornirsi presso la ditta di (OMISSIS) per la fornitura di calcestruzzo. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), assolti dalla Corte di appello, rispettivamente, il primo, dal reato sub K1), e (OMISSIS) dal reato sub A). Il ricorso e' affidato a sette motivi. I primi cinque motivi riguardano la posizione di (OMISSIS); con i primi quattro, vengono denunciati vizi della motivazione, anche per travisamento della prova. 2.1. Con il primo motivo, ci si duole del travisamento per omissione nella valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti strettamente legati a (OMISSIS), esponente di spicco del sodalizio, a sua volta, determinatosi alla collaborazione giudiziaria successivamente alla sentenza di primo grado, ed escusso dalla Corte di appello durante il giudizio di appello. Lamenta, in particolare, il P.G., una valutazione parcellizzata delle propalazioni dei collaboratori. Ha premesso il ricorrente che la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la colpevolezza di (OMISSIS), anche sulla base delle dichiarazioni dei predetti collaboranti, i quali avevano riferito che la realizzazione del centro commerciale era ‘affare' dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS) (tra loro parenti), di cui Di Canterino era un mero prestanome; che (OMISSIS) era intervenuto recandosi a Roma presso la filiale ‘Unicredit' di Tiburtina, diretta da (OMISSIS), per ottenere il finanziamento (poi effettivamente autorizzato dall'istituto bancario a distanza di breve tempo), cosi' risolvendo quello che si era presentato come l'unico vero problema che (OMISSIS), per la (OMISSIS) s.r.l., aveva dovuto affrontare, dal momento che la parte amministrativa non ne aveva dato (cosi' (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)); che il clan era direttamente interessato alla realizzazione del centro commerciale per tre ordini di ragioni: incassare le estorsioni ai danni degli esercizi commerciali del centro commerciale, beneficiare del ritorno di immagine ed economico derivante dalla presenza di un siffatto centro nel paese di (OMISSIS), conseguendone enorme profitto, assicurare posti di lavoro ai cittadini di (OMISSIS) nel centro ( (OMISSIS)- (OMISSIS)); che, della vicenda, si stava occupando, su delega di (OMISSIS) e Massimo (OMISSIS), il direttore dell'U.T.C. del Comune di (OMISSIS) ((OMISSIS)) per il tramite di (OMISSIS), (Sindaco di (OMISSIS)) e di (OMISSIS). Si duole che tali fonti siano state del tutto eluse dalla Corte di appello, pur riferendosi i collaboranti a fonti qualificate, come (OMISSIS) e (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS), cosi' come del tutto eluso risulterebbe lo scrutinio della convergenza del molteplice nelle dichiarazioni in atti - secondo le quali l'affare illecito del clan era affare della famiglia (OMISSIS), attuato per conto degli (OMISSIS), compiuto per mezzo dell'imprenditore (OMISSIS), con l'apporto di (OMISSIS), a tanto interessato, sia per ragioni politiche sia per i suoi legami con il clan che lo sosteneva elettoralmente e di cui era espressione. Inoltre, la Corte di appello avrebbe omesso di valutare le dichiarazioni dei predetti collaboratori sia ai fini del giudizio di attendibilita' intrinseca del narrato di (OMISSIS), che per conseguirne riscontri con riferimento alla posizione dell'imputato. 2.2. Il secondo motivo si muove nella medesima ottica, denunciando l'omesso scrutinio delle intercettazioni, che pure la Corte di appello ha posto alla base del ribaltamento assolutorio, tuttavia, senza considerare e valutare tutte le intercettazioni, nel loro dipanarsi cronologico e nel collegamento che le avvince. In tal senso, viene dedotto il vizio di contraddittorieta' della motivazione, giacche' la Corte di appello non si sarebbe attenuta alla regola di giudizio, che pure ha evocato, limitandosi a una delibazione solo parziale e orientata del compendio dimostrativo. Vengono, quindi, indicate le intercettazioni, successive all'incontro presso Unicredit Roma Tiburtina del febbraio 2007, che sarebbero dimostrative della partecipazione del (OMISSIS) all'affare illecito del centro commerciale, e circa il senso dell'incontro presso l'Istituto bancario, a differenza di quanto rilevato dalla Corte di appello che, sul punto, ha omesso ogni considerazione. Le intercettazioni individuate dal ricorrente darebbero, dunque, conto della non occasionalita' dell'intervento del (OMISSIS) presso Unicredit sia prima dell'incontro in banca, che successivamente. 2.3. Con il terzo motivo, si deduce che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un travisamento per omissione, laddove, nella sentenza impugnata, non e' stata compiuta alcuna valutazione delle intercettazioni, diverse da quelle che si riferiscono all'incontro presso Unicredit del (OMISSIS) che, invece, sono state considerate dal Tribunale per giungere alla affermazione di responsabilita', e che chiamano in causa il (OMISSIS), quale protagonista dell'affare del centro commerciale, sul quale poter fare affidamento, egli interessandosi costantemente e fungendo da garante. Anche tali intercettazioni sono trascritte nel ricorso. 2.4. Con il quarto motivo, vengono evidenziate le illogicita' che affliggono la motivazione della sentenza impugnata laddove espone, con motivazione che il ricorrente giudica estremamente sintetica, le ragioni dell'approdo assolutorio. In particolare, viene censurato l'assunto dal quale e' partita la Corte di appello, ovvero le carenze della fonte di prova costituita dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), in relazione al cui propalato, pur ritenendosi superato positivamente il vaglio di attendibilita', la Corte ha dato atto di "plurimi profili di perplessita' quanto alla esistenza di riscontri con riguardo alle dichiarazioni rese a carico del (OMISSIS) che - si ribadisce - sono le uniche che interessano in questa sede, dovendo rilevarsi che la ricostruzione dei fatti che si ricava dal compendio delle interazioni stride con il narrato del collaboratore". Il ricorrente procede, quindi, a evidenziare le aporie della motivazione con riguardo alle cinque circostanze, enunciate a pg. 25 e 26 della sentenza impugnata, su cui la Corte di appello ha fondato il ribaltamento, giacche', anche in tal caso, la valutazione e' frutto di travisamento: ci si riferisce alle affermazioni che: - (OMISSIS) non conoscesse (OMISSIS) e gli altri funzionari Unicredit Roma; - che "la patica di erogazione del finanziamento era gia' avviata e prossima alla chiusura gia' qualche giorno dell'incontro del 7 febbraio 2007 e che era stato lo (OMISSIS) a proporre che essa venisse anticipata a mezzo ‘telex' della fidejussione e non con la regolare procedura dello swift"; - che la riunione alla quale partecipo' il (OMISSIS) aveva una ragione esclusivamente politica (promuovere la candidatura del cognato dello (OMISSIS)), come si evince dalla circostanza che inizialmente si era parlato di un incontro presso sedi o segreterie politiche a Caserta; - che "dal tenore letterale delle conversazioni intercettate si desume una sorta di fastidio del (OMISSIS) per tale incontro e perle insistenze del (OMISSIS) e che addirittura, quando il (OMISSIS) pero' di incontrarlo di persona questi non gli consenti' neanche di interloquire". - che la scoperta della falsita' della fidejussione non provoco' alcuna reazione negativa di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), che "pure ci aveva messo la faccia". In realta', tutte tali affermazioni - che hanno portato alla assoluzione dell'imputato per insufficienza della prova, ai sensi dell'articolo 530 cpv. c.p. - sarebbero smentite - secondo il ricorrente - dal compendio probatorio, come specificamente evocato in ricorso, da cui si desume, piuttosto, l'interesse di (OMISSIS) a conoscere (OMISSIS), politico influente, anche perche' sollecitato dal cognato (avvocato (OMISSIS)), interessato a una candidatura nel partito di cui il (OMISSIS) era esponente; che (OMISSIS) era consapevole della capacita' di (OMISSIS) di potere influire in ambito bancario per sbloccare la pratica di finanziamento; che l'intervento di (OMISSIS) era necessario a garantire il buon esito della fidejussione della cui irregolarita', prima ancora della falsita', era ben consapevole (OMISSIS), che, per come emerge dalle intercettazioni, accetto' la procedura cartacea irregolare grazie all'intervento di (OMISSIS); che la riunione non ebbe un carattere esclusivamente politico, giacche', dalle prove acquisite nel processo e ignorate dalla Corte di merito, emerge l'interesse del (OMISSIS) alla sponsorizzazione della candidatura del (OMISSIS) come correlato al finanziamento al (OMISSIS); d'altro canto, le elezioni regionali a cui ci si riferisce, si sarebbero tenute tre anni dopo; non e' dato comprendere, inoltre, secondo il Procuratore impugnante, da quali intercettazioni la Corte di merito abbia tratto l'impressione del fastidio del (OMISSIS) per l'incontro del febbraio 2007; infine, (OMISSIS) non poteva avere alcuna reazione eclatante nei confronti di (OMISSIS), una volta scoperta la falsita' della fidejussione, dal momento che quest'ultimo garanti' con la banca il finanziamento in favore di imprenditori privi di mezzi propri. 2.5. Con il quinto motivo, viene denunciata violazione e falsa applicazione dell'articolo 648-ter c.p.p.. Premette il ricorrente che la Corte di appello e' pervenuta al verdetto assolutorio anche per la carenza dell'effetto dissimulatorio, che sarebbe tipico anche della fattispecie di reimpiego qui contestata, non risultando un particolare intento di occultamento delle condotte del (OMISSIS), cosicche', verrebbe a mancare, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, l'univocita' richiesta per la punibilita' del delitto nella forma tentata, sostiene il ricorrente che trattasi di interpretazione ingiustificatamente restrittiva, e, comunque, di motivazione illogica e contraddittoria, dal momento che la stessa Corte di appello da' per scontato che la realizzazione del centro commerciale rappresentasse una "ghiotta occasione per realizzare gli affari del clan dei casalesi". 2.6. Con il sesto motivo, relativo alla posizione di (OMISSIS), viene denunciata illogicita' manifesta della motivazione e travisamento della prova, con riguardo all'assoluzione dell'imputato dal reato di cui al capo A). Posto che il Tribunale aveva ritenuto dimostrato l'inserimento dello (OMISSIS) nel sistema di controllo delle attivita' economiche e, in specie, del nevralgico settore della fornitura di calcestruzzo, in cui il contributo rafforzativo dello (OMISSIS) veniva individuato nell'elargizione di somme di danaro che l'imprenditore versava al clan quale quota delle forniture di calcestruzzo che lo stesso clan gli consentiva di acquisire, e che la assoluzione si e' fondata sulla ritenuta genericita' delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), si duole il Procuratore ricorrente del travisamento nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello nella valutazione delle dichiarazioni collaborative. In particolare, lamenta che la Corte di appello ha ritenuto (OMISSIS) inattendibile perche' non aveva saputo riconoscere lo (OMISSIS), senza considerare che con lui l'imputato non si era mai incontrato, avendo avuto solo contatti telefonici; tautologica, invece, la motivazione con la quale la Corte di appello ha censurato la genericita' delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), invece, specifiche e dettagliate. 2.7. Con il settimo motivo, e' denunciata la inutilizzabilita' delle dichiarazioni apparentemente rese da (OMISSIS), e utilizzate dalla Corte di appello in violazione dell'articolo 513 c.p.p., nonche' vizi della motivazione anche per travisamento della prova, quanto alla valutazione delle dichiarazioni di (OMISSIS). Premesso che la Corte di appello ha sostenuto che le dichiarazioni di (OMISSIS) sarebbero smentite dal propalato di (OMISSIS), osserva il ricorrente he, tuttavia, le dichiarazioni in questione erano state allegate a una memoria conclusionale prodotta alla Corte di appello con PEC del (OMISSIS) dai difensori di (OMISSIS), quando era gia' terminata l'istruttoria dibattimentale, e, quindi, del tutto inutilizzabili, in quanto sottratte al contraddittorio. Inoltre, il verbale cosi' acquisito dalla Corte di appello risulta essere, in realta', il frutto dell'assemblaggio di due diversi interrogatori, in cui risultano mancanti le parti in cui il collaboratore (OMISSIS) fa riferimento a (OMISSIS), confermando, quanto riferito dal (OMISSIS), ovvero che (OMISSIS) fosse un fornitore di cemento, legato al clan dei casalesi. Quindi, in sintesi, la Corte di appello, nel definire la posizione di (OMISSIS), ha utilizzato una fonte di prova mai acquisita ritualmente agli atti del processo; ha utilizzato un verbale assemblato arbitrariamente; ha fatto un uso parziale del propalato dello (OMISSIS). 3. Il ricorso di (OMISSIS), affidato al difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), e' articolato in 4 motivi. 3.1. Il primo motivo attiene alla ricettazione contestata al capo U), e denuncia erronea applicazione dell'articolo 530 c.p.p. e correlati vizi della motivazione. Premette che sussiste l'interesse ai fini civilistici al ricorso avverso sentenza non pienamente liberatoria quanto all'accertamento della sussistenza del fatto e della responsabilita'; che l'imputazione afferisce alla ricezione e al successivo reimpiego della fidejussione poi risultata contraffatta, apparentemente rilasciata dal M.P.S. per un importo di 8 milioni di Euro, a garanzia del finanziamento richiesto da (OMISSIS) s.r.l. a Unicredit per 5,5 milioni di Euro. Tanto premesso, si duole il ricorrente dell'illogicita' del ragionamento giustificativo offerto dalla Corte di appello a sostegno di un verdetto assolutorio reso ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, giacche' la stessa sentenza ammette che (OMISSIS) ignorava, al momento della ricezione del documento - il 19 febbraio 2007 -che si trattasse di una polizza interamente falsificata e, addirittura, recante una falsa autenticazione notarile, concludendo nel senso della "assenza di prova della colpevolezza della sussistenza del cd. reato presupposto". L'acclarata assenza dell'elemento soggettivo rende inadeguata la pronuncia assolutoria con la formula individuata dalla Corte di appello. 3.2. Con il secondo motivo - che attiene alla truffa ai danni di Unicredit contestata al capo S) lamenta la Difesa che la Corte di appello ha escluso il pronunciamento assolutorio invocato con il gravame, sul rilievo della mancata rinuncia alla prescrizione, con motivazione contraddittoria, giacche' la stessa Corte, per il capo U, pure esso da tempo prescritto, ha, invece, ritenuto di pronunciare assoluzione nel merito. D'altro canto, si osserva come gli artifici e i raggiri descritti nel capo di imputazione non abbiano trovato conferma nel dibattimento, giacche' l'unica condotta artificiosa che gli e' imputata e' quella di avere ricevuto la polizza, ovvero la condotta contestata sub U), da cui e' stato pero' assolto. In ogni caso, "la gestione disinvolta della pratica" e le "plurime irregolarita' amministrative" sarebbero imputabili allo (OMISSIS), quali rilievi meramente disciplinari, e, in ultima analisi, la contestata truffa non potrebbe essere ascritta al ricorrente quantomeno sotto il profilo soggettivo, stante l'acclarata mancanza di consapevolezza in capo a (OMISSIS), della falsita' della polizza fidejussoria, che porta a escludere che l'imputato si sia potuto rappresentare, anche solo in termini ipotetici, il rischio di danno patrimoniale per la banca. 3.3. Con il terzo motivo - che attinge le statuizioni civili - vengono svolte quattro doglianze, denunciandosi inosservanza degli articoli 535 - 538 - 578 c.p.p.. 3.3.1. La Corte di appello non avrebbe potuto confermare le statuizioni risarcitorie in relazione al capo S), per cui gia' in primo grado era stato pronunciato il proscioglimento per intervenuta prescrizione. Infatti la Corte di appello, pur avendo assolto l'imputato dal delitto di ricettazione sub U), ha confermato le statuizioni risarcitorie di primo grado, in favore di Unicredit, "limitatamente al danno derivante dal reato di cui al capo 5", laddove nel caso di specie e' mancata una condanna, neppure genericamente intervenuta, alle restituzioni o al risarcimento che, in primo grado, non poteva che avere riferimento al solo delitto, per cui vi fu condanna, di cui al capo U). La conferma da parte della sentenza impugnata afferisce, dunque, a statuizioni civili che il Tribunale non ha mai pronunciato. 3.3.2. Analoghe considerazioni valgono per la condanna alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nei due gradi di giudizio. 3.3.3. Viene evocata la questione recentemente rimessa al vaglio (OMISSIS) costituzionale quanto alla legittimita' costituzionale dell'articolo 578 c.p., che, nell'interpretazione avallata dalle Sezioni Unite ‘Milanesi', consente che la sentenza dichiarativa della prescrizione pronunciata solo in grado di appello - a differenza di quella pronunciata in primo grado - sia di fatto equiparata alla condanna, con potenziale contrasto con la presunzione di innocenza di cui all'articolo 6 CEDU. 3.4. Infine, ci si duole dell'omessa revoca della condanna al pagamento delle spese processuali, comminate in primo grado in relazione al capo U, per cui (OMISSIS), subi' condanna, che avrebbe dovuto seguire il pronunciamento assolutorio per tale imputazione, da parte (OMISSIS) di appello. 4. Hanno depositato memoria i difensori di (OMISSIS), avvocati prof. (OMISSIS) e (OMISSIS) i quali eccepiscono, in primo luogo, la sopravvenuta carenza di interesse del Procuratore impugnante per essere maturata, alla data del (OMISSIS), la prescrizione del reato di cui al capo Kl, considerate le sospensioni del termine, che assommano a giorni 281 (mesi nove giorni undici). 4.1. A confutazione del primo motivo di ricorso, deducono la non decisivita' del portato dichiarativo dei collaboratori di giustizia, che si assume pretermesso nella sentenza impugnata: quanto a (OMISSIS) e (OMISSIS) perche' lo ha escluso questa Corte di legittimita' nella sentenza che ha definito il giudizio abbreviato nei confronti dei coimputati, e che e' espressamente richiamata a costituirne parte integrante nella sentenza impugnata; per (OMISSIS) e (OMISSIS), il cui contributo collaborativo e' successivo, giacche' il loro portato conoscitivo si arresta al 2005; viene, in ogni caso, eccepito il difetto di autosufficienza per omessa allegazione o trasposizione grafica nel testo del ricorso, dei verbali dichiarativi che si assumono pretermessi. 4.2. Viene, poi, analogamente, eccepita la non dimostrata decisivita' delle intercettazioni valorizzate dal P.G. nel secondo motivo, che vengono passate in rassegna e di volta confutate nell'interpretazione che ne e' fornita dal P.G.. 4.3. Si censura la inammissibile istanza rivalutativa formulata con il terzo motivo, che pretende di porre in discussione la ricostruzione in fatto dei giudici di merito, e si confutano punto per punto le deduzioni del ricorrente formulate nel quarto motivo, circa le aporie argomentative dalle quali sarebbe afflitta la sentenza impugnata, cosi' come si sottolinea, con riguardo al delitto di cui all'articolo 648 ter c.p., di cui il ricorrente denuncia l'erronea applicazione, che il clan dei casalesi - per quanto riferito dal suo esponente di vertice, (OMISSIS)- non forni' alcun apporto economico, avendo, anzi, concordato, e in parte ricevuto, una tangente dagli imprenditori interessati; in ogni caso, non v'e' traccia del contributo concorsuale del (OMISSIS). 5. I difensori di (OMISSIS)- avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) - hanno depositato memoria integrativa. In primo luogo, premettono come il loro assistito, all'attuale eta' di 81 anni, risulti immune da precedenti, ovvero incensurato, per contestare la affermazione contenuta nella sentenza impugnata, che egli fosse soggetto che - anche in virtu' di una precedente condanna-risultava vicino al clan dei casalesi: egli, infatti, nel processo Spartacus I, e' stato assolto dalla imputazione associativa, dalla Corte di appello, nel processo bis celebrato in sede di rinvio. Viene richiamata la testimonianza di un ufficiale di polizia giudiziaria che ha riferito del ruolo di agente provocatore svolto dallo (OMISSIS), per sventare una attivita' estorsiva ai danni del figlio da parte di esponenti del clan dei casalesi; inoltre, si sottolinea come nel periodo di interesse lo (OMISSIS), non era titolare di alcuna attivita' imprenditoriale. Vengono poi ripercorse le singole doglianze formulate in ricorso con riguardo alla valenza dichiarativa dei collaboratori giustizia, smentite, nell'ottica difensiva, dalle argomentazioni svolte dalla Corte di appello a fondamento del verdetto assolutorio, da cui emerge la carenza di contributo decisivo proveniente da quelle propalazioni. Con riguardo ai verbali delle dichiarazioni di (OMISSIS) -depositati in uno alla memoria conclusiva della Difesa - si premette l'errore materiale in cui e' incorsa la Difesa, e di cui e' fatta emenda, quanto alla indicazione della data dei verbali stessi, per poi chiarire che il verbale in questione e' quello del (OMISSIS) e non quello del (OMISSIS) come erroneamente indicato all'atto del deposito, e, che esso era stato gia' allegato alla memoria del (OMISSIS); in ogni caso, non vi fu alcun assemblaggio arbitrario di verbali dichiarativi. Quanto al merito, da tali dichiarazioni emergerebbe la mancata conferma da parte di (OMISSIS) della versione sostenuta da (OMISSIS), circa il coinvolgimento dello (OMISSIS) nella fornitura del calcestruzzo, avendo il collaboratore fatto riferimento a un altro imprenditore. E, comunque, come si e' detto, il contrasto tra le dichiarazioni dei due collaboratori e' emerso, non dal deposito difensivo del luglio 2020, ma in virtu' della produzione avvenuta il (OMISSIS). Concludono per il rigetto del ricorso, anche per mancata prospettazione della decisivita' della eventuale necessaria nuova escussione del collaboratore (OMISSIS), in caso di annullamento. 6. Ha depositato memoria integrativa il difensore di (OMISSIS), in data 27 febbraio 2023, con la quale e' posta la questione dell'interesse a impugnare una sentenza assolutoria con la formula di cui all'articolo 530 c.p.p., comma 2, al fine di tutelarsi dagli eventuali riflessi giuridici negativi che potrebbero derivarne, nei contenziosi extrapenali con l'istituto di credito, e, in particolare, quelli concernenti la sua responsabilita' in ambito disciplinare e nelle controversie di lavoro, dall'adozione d'una formula decisoria meno ampia in ordine alla prova della sussistenza del dolo (anche nella sua forma eventuale). In tal senso, osserva che si sono espresse, da tempo, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, affermando che: "la concretezza dell'interesse puo' ravvisarsi (...)non solo quando l'imputato, attraverso l'impugnazione, si riprometta di conseguire effetti penali piu' vantaggiosi (come, ad esempio, l'assoluzione o la mitigazione del trattamento sanzionato-rio), ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali piu' favorevoli, come quelli che l'ordinamento rispettivamente fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione nei giudizi di danno (articoli 651 e 652 c.p.p.) o in altri giudizi civili o amministrativi (articolo 654 c.p.p.) e dal giudicato di assoluzione nei giudizi disciplinari (articolo 653 c.p.p.)(SS.UU. 29 maggio 2008, n40049, Guerra.; conf. Sez. 6, 30 marzo 1995, n. 6989, Stella, m. 201953)". Tuttavia, osserva il ricorrente, in varie circostanze le sezioni semplici si sono espresse (ancorche' riferendosi principalmente all'ipotesi di assoluzione perche' "il fatto non sussiste" o "per non aver commesso il fatto"), in dissenso con tale orientamento, dichiarando tout court l'inammissibilita' "per carenza di concreto interesse" del ricorso proposto avverso la sentenza emessa ex articolo 530 c.p.p., 2 comma, "in quanto tale formula non comporta una minore pregnanza della pronuncia assolutoria ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1, anche in ordine agli effetti extrapenali". Senonche' tali conclusioni sono state reiteratamente sconfessate dalle sezioni civili del Supremo Collegio, le quali hanno piu' volte ribadito, anche di recente, nell'ambito di diversi contenziosi attivati all'esito di decisioni assolutorie ex articolo 530 c.p.p., comma 2, che "il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilita' di esso all'imputato e,cioe', quando l'assoluzione sia stata pro-nunziata a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2" Alla luce di tali contrastanti orientamenti giurisprudenziali, la Difesa di (OMISSIS), chiede rimettersi alle Sezioni Unite la relativa questione: ove il Collegio ritenga di non poter prendere in esame, in via pregiudiziale, il ricorso sullo specifico punto postulando un'eventuale carenza d'interesse, appaiono sussistere le condizioni che impongono, sullo specifico punto, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 618, commi 1 el-bis, c.p.p., la rimessione della relativa decisione alle Sezioni Unite. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso del Procuratore Generale nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) non e' fondato e va rigettato. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato, limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere eliminate; nel resto, risulta inammissibile. 2. Ricorso c/ (OMISSIS). 2.1.Come si e' premesso, il ricorrente ha dedotto, con i primi quattro motivi del proprio ricorso, dedicati alla posizione di (OMISSIS), il vizio di travisamento della prova, in specie, delle fonti dichiarative. 2.2. Giova, dunque, ricordare, in via del tutto preliminare, che il vizio di travisamento della prova, deducibile dinanzi al Giudice di legittimita', ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lettera e), concerne esclusivamente l'errore cosiddetto revocatorio, che, cadendo sul significante e non sul significato della prova, si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168). L'innovazione legislativa e' orientata, infatti, ad evitare il rischio di una condanna fondata su prove inesistenti o su elementi il cui risultato probatorio e' inequivocabilmente e incontestabilmente diverso da quello ritenuto dal giudice di merito. Sono i casi classici della "prova inventata" (il giudice utilizza come prova decisiva le dichiarazioni di un teste che non e' mai stato esaminato) o della prova che il giudice interpreta erroneamente (il teste ha detto "nero" e il giudice afferma che ha detto "bianco"). Il concetto di "travisamento della prova" e' ben distinto dal "travisamento del fatto", perche' non richiede una rivalutazione del compendio probatorio, ma si limita a prendere atto di una indiscutibile difformita' tra decisione, esistenza delle prove e risultato di prova. Come e' stato affermato in dottrina, "nel travisamento del fatto il giudice di legittimita' deve conoscere il contesto processuale, laddove nel travisamento della prova deve conoscere solo l'atto che veicola la prova". La nuova disciplina prevista dalla L. n. 46 del 2006 ha avuto l'effetto, quindi, di riportare nell'ambito del vizio di motivazione anche il cd. "travisamento della prova" nei casi in cui, dal solo esame dell'atto specificamente indicato, emerga il vizio di motivazione che, ovviamente, deve avere carattere di decisivita' (in questo senso gia' subito dopo l'entrata in vigore della legge si e' espresso, in piu' occasioni, il giudice di legittimita': Cass., sez. 1, 14 luglio 2006 n. 25117, rv. 234167; sez. 2, 24 maggio 2006 n. 19850, rv. 234163; sez. 4, 28 aprile 2006 n. 20245, rv. 234099; sez. 2, 23 marzo 2006 n. 13994, rv. 233460.) Il principio affermato e', dunque, che la Corte di cassazione - investita di un ricorso che indichi in modo specifico come il giudice di merito abbia (non erroneamente interpretato ma) indiscutibilmente travisato una prova decisiva acquisita al processo ovvero omesso di considerare circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati - possa, negli stretti limiti della censura dedotta, verificare l'eventuale esistenza di una palese e non controvertibile difformita' tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto ovvero verificare l'esistenza della decisiva difformita' (Sez. 4, n. 14732 del 01/03/2011 Rv. 250133; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017 (dep. 2018) Rv. 271702; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 (dep. 2018) Rv. 272406), ed e', pertanto, da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 (dep. 2013) Rv. 255087). E' chiaro, allora, che non e' prospettabile nel giudizio di legittimita' un'interpretazione del significato di una fonte di prova diversa da quella proposta dal giudice di merito, salvo che ricorra l'ipotesi del travisamento della prova, cioe' si versi nel caso in cui il giudice di merito indichi il contenuto di un atto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva e incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013 (dep. 2014) Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Rv. 252190). Il vizio di travisamento della prova deducibile in cassazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), puo' essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato ma anche da altri atti del processo specificamente indicati ed e' configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. (Sez. 2 n. 27929 del 12/06/2019, Rv. 276567 in una fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di assoluzione dal reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un liquidatore del Fondo di garanzia per le vittime della strada, per omessa valutazione di prove a carico astrattamente idonee a confermare l'ipotesi accusatoria, desumibili dall'intercettazione di conversazioni tra l'imputato, collega della persona offesa, ed i correi e dal rinvenimento presso l'abitazione di un coimputato di documenti al primo ricollegabili). 2.3. Fatta tale premessa, va ricordato che (OMISSIS) e' chiamato a rispondere, "quale referente politico nazionale del clan dei casalesi nonche' sostenitore attraverso le attivita' illecite descritte nei precedenti capi di imputazione", di avere "compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a consentire al clan dei casalesi, alle sue articolazioni imprenditoriali e alle famiglie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l'impiego di capitali di illecita provenienza ex articolo 416-bis c.p. - in quanto provento delle attivita' criminali svolte dal clan dei casalesi e dalle citate famiglie camorristiche - sia nella realizzazione delle opere necessarie per la costruzione del centro commerciale, sia nella acquisizione della totalita' o di parte delle attivita' commerciali e dei servizi (ristorazione, parcheggi, pulizia ecc.) relativi a detto centro commerciale". Va altresi' considerato che le attivita' illecite descritte nei capi di imputazione P) e R), originariamente contestati anche al (OMISSIS), avevano riguardo alle condotte di falso ideologico, corruzione e abuso di ufficio(capo P) e violazione del Testo Unico bancario(capo R), e da esse il ricorrente venne prosciolto per non aver commesso il fatto gia' in sede di udienza preliminare (quanto al capo R e alla contestazione di falso con sentenza n. 3020 del 20/11/2012), e poi dal Tribunale di Santa Maria C.V. dai restanti reati di corruzione, in esso assorbito l'abuso di ufficio, sempre contestati sub P). Si tratta della contestazione di plurime condotte illecite finalizzate a condizionare le scelte amministrative e urbanistiche del Comune di (OMISSIS) inducendolo ad approvare il progetto di realizzazione del centro commerciale, nonche' della violazione del Testo Unico bancario onde condizionare l'iter di rilascio del finanziamento da parte di Unicredit, nonostante le difficolta' economiche e finanziarie della societa' richiedente (OMISSIS) s.r.l.. 2.4. Venendo ai fatti di cui al capo K1, a cui si riferisce il ricorso in esame - per il quale, si ricorda, il Tribunale aveva ritenuto sussistente esclusivamente la fattispecie tentata di cui agli articoli 56-648-ter c.p., aggravata ai sensi dell'articolo 7 L. n. 203 del 1991, pervenendo alla affermazione di responsabilita' per tale reato nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), poi, tutti assolti dalla Corte di appello con la sentenza impugnata va considerato che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimita' le censure che, pur ponendo in luce alcune aporie della sentenza impugnata - la quale, seppur sinteticamente, ha illustrato le ragioni del proprio diverso convincimento, rispetto alla sentenza di primo grado - si sviluppino tendenzialmente sul piano del fatto e sono tese a sovrapporre un'interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dal decidente di merito, piu' che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati nell'articolo 606 c.p.p.: il che fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso a questo giudice di legittimita'. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata, infatti, l'epilogo decisorio non puo' essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). 2.4.1. Allo stesso modo non potra' tenersi conto degli argomenti spesi nella sede cautelare, sia dai giudici di merito che in sede di legittimita', nella fase cautelare, a cui pure il ricorrente fa richiamo per trarne argomenti di supporto al prospettato travisamento della prova da parte (OMISSIS) di appello. Si tratta, tuttavia, di un modus procedendi che, oltre a sorvolare sulle regole di giudizio che governano la formazione della prova, oblitera le concrete dinamiche evolutive del processo che, va evidenziato, ha condotto, finora, alla assoluzione dei coimputati del (OMISSIS) nel capo K1, nonche' alla piena assoluzione del ricorrente per gli altri due reati per i quali era imputato nel processo (capi P e R), condotte che, pure, secondo l'editto accusatorio qui in esame, costituirebbero il presupposto del tentativo di reimpiego contestato sub K1 (in tal senso la locuzione "attraverso le attivita' illecite descritte nei precedenti capi di imputazione"). Ancora, nel giudizio di secondo grado, e' sopravvenuto il pentimento di (OMISSIS), tant'e' che la Corte di appello ha rinnovato l'istruttoria assumendo le dichiarazioni del collaboratore, che formano oggetto del vaglio (OMISSIS) di appello. 2.4.2. Deve essere anche evidenziato, anche ai fini sella autosufficienza del ricorso, che non risultano allegati al ricorso i verbali delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che si assumono non valutate dalla Corte di appello, (sez. 5 n. 8188 del 04/12/2017; sez. 3 n. 19957 del 21/09/2016). Infatti, nel ricorso, sono riportati solo stralci della sentenza di primo grado riassuntivi delle dichiarazioni dei collaboratori, ritenute rilevanti nell'ottica argomentativa del Tribunale, peraltro arbitrariamente selezionati dal Procuratore impugnante. 2.4.3. Ancora, poiche' nella vicenda processuale in esame viene in rilievo la tematica della valutazione della prova indiziaria, in primo luogo, il Collegio ricorda che vi e' ontologica differenza tra prova e indizio, costituita dal fatto che, mentre la prima, in quanto si ricollega direttamente al fatto storico oggetto di accertamento, e' idonea ad attribuire carattere di certezza allo stesso, l'indizio, isolatamente considerato, fornisce solo una traccia indicativa di un percorso logico argomentativo, suscettibile di avere diversi possibili scenari, e, come tale, non puo' mai essere qualificato in termini di certezza con riferimento al fatto da provare. La differenza tra indizio e prova non risiede nella tipologia del mezzo da cui deriva l'inferenza logica che costituisce il loro carattere comune, ma nei contenuti che essi esprimono e rappresentano (Sez. 2, n. 14704 del 22/4/2020, Bekaj, Rv. 279408; Sez. 5, n. 16397 del 21/2/2014, Maggi, Rv. 259551). Sin dalla pronuncia delle Sezioni Unite Mannino (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Rv. 231678), la giurisprudenza di legittimita' ha focalizzato la sua attenzione sulla necessita', in tema di valutazione della prova indiziaria, che il metodo ermeneutico da adottare debba essere quello che ruota intorno ad una lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio; una lettura unitaria, pero', che non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non puo' percio' prescindere dall'operazione propedeutica, costituita dal valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravita', per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (sulla natura bifasica della verifica sulla valenza della prova indiziaria, cfr. Sez. 1, n. 1790 del 30/11/2017, dep. 2018, Mangafic, Rv. 272026). Viene bandita, pertanto, qualsiasi valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, che, valutati dapprima nella loro individualita' per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica), successivamente vanno raccolti in senso logico attraverso un esame globale degli elementi certi, risolvendo eventuali ambiguita' e consentendo di attribuire il reato all'imputato "al di la' di ogni ragionevole dubbio" e, cioe', con un alto grado di credibilita' razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (cfr. Sez. 1, n. 20461 del 12/4/2016, Graziadei, Rv. 266941; Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605). Rileva, quindi, anche nella ricerca del canone valutativo della prova indiziaria, il richiamo al principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, che costituisce un modello ermeneutico non solo per la motivazione della decisione, ma anche in prospettiva probatoria. Ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 2 gli indizi devono essere: - gravi, ossia consistenti, resistenti alle obiezioni e dotati di capacita' dimostrativa in relazione al "thema probandum"; - precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o piu' verosimile; - concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati ed elementi certi (per tali definizioni consolidate, cfr. tra le piu' recenti, Sez. 5, n. 1987 del 11/12/2020, dep. 2021, Piras, Rv. 280414). La concordanza presuppone, ovviamente, una qualche molteplicita' di indizi. E tuttavia, il requisito della molteplicita' e quello della gravita' sono tra loro collegati e si completano a vicenda, nel senso che, in presenza di indizi poco significativi, puo' assumere rilievo l'elevato numero degli stessi, quando una sola possibile e' la ricostruzione comune a tutti; mentre, in presenza di indizi particolarmente gravi, puo' essere sufficiente un loro numero ridotto per il raggiungimento della prova del fatto (Sez. 2, n. 35827 del 12/7/2019, Matasaru, Rv.276743; Sez. 5, n. 36152 del 30/4/2019, Barone, Rv. 277529). Tra le due estreme ipotesi logiche suddette, tuttavia, vi e' un'ampia "terra di mezzo", in cui si muovono piu' frequentemente i processi a prova indiziaria, nella quale la molteplicita' non raggiunge la soglia di tranquillita' probatoria dell'elevato numero di indizi non molto significativi, fermandosi ad un numero multiplo, ma non cosi' consistente e soprattutto, spesso, non perfettamente collimante, e la gravita' non connota i pochi indizi eventualmente piu' significativi presenti (Sez. 5 n. 25272 del 19/04/2021, Rv. 28146802). In questa dimensione fenomenica e logica si inserisce anche il quadro indiziario che caratterizza il processo a carico di (OMISSIS): indizi suggestivi, ben valorizzati dal Giudice di primo grado, ma non ritenuti dalla Corte di appello gravi nel senso di univocamente diretti alla dimostrazione del thema probandum, invece, necessariamente da collegare tra loro, e ad eventuali ulteriori fattori di valenza logico- fattuale utile alla prova inferenziale che da un fatto noto muove per la ricostruzione del fatto ignoto, in cui si concretizza ontologicamente l'indizio. 2.5. Poste tali necessarie coordinate ermeneutiche, e procedendo alla valutazione dei motivi di ricorso, si ricorda che la Corte di appello, dopo la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con l'esame del neo collaboratore di giustizia (OMISSIS), ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), deceduto nelle more del giudizio di secondo grado, e ha assolto gli altri tre imputati (residuati dalle precedenti decisioni del GUP di Napoli e del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, le quali avevano molto ridimensionato sotto il profilo soggettivo la contestazione della fattispecie concorsuale in esame), per non aver commesso il fatto ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Quanto agli altri originari coimputati del reato contestato sub K1, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sono stati definitivamente assolti, nel rito abbreviato per il quale avevano optato, dalla Corte di cassazione (sentenza n. 44522/2018), per non aver commesso il fatto, non essendo emerso il loro concreto contributo alla realizzazione dell'operazione di reimpiego di capitali illeciti del clan. Analogamente, era stata gia' esclusa la responsabilita' degli altri numerosi coimputati: per alcuni, dal G.U.P. di Napoli, per altri, dal Tribunale in primo grado (salvo che per (OMISSIS), per cui la Corte di cassazione con la predetta sentenza ha disposto l'annullamento con rinvio con riguardo alla prova della provenienza illecita del denaro utilizzato e alla prova del contributo soggettivo; per (OMISSIS), che ha rinunciato ai motivi di appello). 2.5.1. Con riguardo alla posizione di (OMISSIS), come ha osservato la Corte di appello, la affermazione di responsabilita' del (OMISSIS), da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, era stata fondata sulle seguenti fonti di prova: - intercettazione del marzo 2006 in cui (OMISSIS) parlando con i suoi familiari fa riferimento al coinvolgimento del ricorrente nell'operazione commerciale, affermando che la spartizione delle future attivita' commerciali era stata gia' decisa tra gli esponenti della criminalita' locale; - conversazioni intercettate sull'utenza in uso al (OMISSIS) nel mese di febbraio 2007, da cui emerge che il (OMISSIS) si reco', il (OMISSIS), presso la sede della filiale di Roma Tiburtina di Unicredit diretta da (OMISSIS) per incontrare, su sollecitazione di quest'ultimo, (OMISSIS), anch'egli parlamentare e cognato dello (OMISSIS)., avendo escluso la matrice esclusivamente politica di quell'incontro, sostenuta dalla Difesa, concorrendo il vero motivo dell'incontro costituito dalla necessita' di ottenere il finanziamento, poi effettivamente erogato pochi giorni dopo dalla banca Unicredit, a testimonianza del decisivo intervento del (OMISSIS) per la progressione nella realizzazione della operazione illecita programmata. - dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. 2.5.2. Ha, poi, premesso la Corte di appello che il clan era interessato alla realizzazione del centro commerciale, operazione voluta e perseguita dal (OMISSIS), che si era speso personalmente per ottenere il finanziamento bancario, ma l'interesse dell'organizzazione criminale non riguardava la fase iniziale del progetto - essendo pacifico che, per l'acquisto del terreno, non furono impiegati capitali del clan, che venne affrontato con il finanziamento erogato da Unicredit - quanto quello successivo dell'affidamento dei lavori in subappalto a imprese del clan e quello finale in cui tutte le attivita' ivi svolte sarebbero state di esclusiva pertinenza del sodalizio che in tal modo avrebbe riciclato i propri proventi illeciti (in tal senso le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia a riscontro della conversazione del marzo 2006). Nel delineare il thema probandum, afferente al contributo causalmente e soggettivamente rilevante e univocamente rivolto alla realizzazione del programmato reimpiego di capitali illeciti, offerto dal (OMISSIS), la Corte di appello ha valutato il sopravvenuto apporto dichiarativo di (OMISSIS), il quale, si legge in sentenza, ha dichiarato di avere assunto la reggenza del clan dopo la carcerazione dello zio (OMISSIS), e di essere stato informato dai suoi sodali del progetto di realizzazione del centro commerciale e dell'interesse nel progetto della famiglia (OMISSIS), e di avere anche appreso che il referente politico dell'operazione era il (OMISSIS), interessatosi sin dall'inizio dell'operazione, anche procurando l'istituto bancario che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, tant'e' che, quando insorsero delle difficolta', (OMISSIS) si rivolse al (OMISSIS), affinche' chiedesse a (OMISSIS) di intervenire presso la banca e ottenere la effettiva erogazione del finanziamento. Cio' posto, la Corte di appello ha osservato che "la ricostruzione dei fatti che si ricava dal compendio delle intercettazioni stride con il narrato del collaboratore". Infatti, contrariamente a quanto riferito dal collaboratore, il Giudice a quo rileva che, dalle intercettazioni, emerge che: - (OMISSIS) non conosceva ne' (OMISSIS) ne' il direttore della sede centrale Unicredit ne' altri funzionari di quella banca; - la pratica di erogazione del finanziamento era gia' avviata e prossima alla chiusura gia' qualche giorno prima del 7 febbraio 2007, e che era stato (OMISSIS) a proporre che essa venisse anticipata a mezzo telex della fidejussione, superando la regolare procedura dello " swift"; - che l'erogazione del finanziamento dipese da lungaggini correlate proprio alla trasmissione del documento cartaceo e all'elusione del sistema "swift"; - l'unico intoppo proveniente da Unicredit insorse solo la sera del 19 febbraio 2007, quando il funzionario bancario deputato ad esprimersi sulla fattibilita' del finanziamento, espresse parere negativo per le criticita' dell'operazione dovute a dubbi sulla fidejussione cartacea allegata alla e. pratica, parere (non vincolante) che, pure, non sorti' alcun effetto, dal momento che il finanziamento venne erogato su parere favorevole del direttore, il giorno seguente, pur corredato di clausola di verifica della fidejussione. Quanto alle motivazioni dell'incontro, lo stesso Tribunale - continua la Corte di appello - aveva dato atto che almeno inizialmente, come emerge dalle intercettazioni (pg. 30 e ss. della sentenza impugnata), esse erano esclusivamente politiche, in quanto l'incontro era finalizzato a fare incontrare (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), anche se il Giudice di primo grado aveva ritenuto concorrente anche l'interesse a favorire la erogazione del finanziamento, stante l'inverosimiglianza di un incontro di natura politica presso una filiale di banca, oltretutto con il coinvolgimento di un soggetto del tutto estraneo alla politica quale era lo (OMISSIS). La Corte di appello ha, sul punto, osservato che le intercettazioni: - danno conto dell'originario motivo dell'incontro, appunto di natura politica, tanto che inizialmente esso doveva tenersi a Caserta presso la sede del partito, poi essendo stato concordato lo spostamento su Roma su espressa richiesta di (OMISSIS), interessato, anche lui, come il cognato (OMISSIS), a conoscere il parlamentare e a mostrarsi disponibile per futuri finanziamenti analoghi a quelli gia' in corso per il (OMISSIS); - rimandano una sorta di fastidio di (OMISSIS) per tale incontro e per le insistenze del (OMISSIS) e che egli rifiuto' immediatamente la richiesta di (OMISSIS) di incontrarlo di persona; - fanno emergere il personale interesse del (OMISSIS) alla partecipazione del (OMISSIS) all'incontro; - fanno emergere che, quando si rese palese a tutti la falsita' della polizza fidejussoria, nell'estate del 2007, e l'operazione falli', non vi fu alcun intervento dell'imputato ne' si sono registrate recriminazioni di sorta nei suoi confronti da parte dello (OMISSIS) che, nell'ottica accusatoria, sarebbe colui che si sarebbe indotto a erogare il finanziamento per le pressioni del (OMISSIS), erogando una polizza cartacea, e che avrebbe avuto ragione di manifestare il suo disappunto invece mai emerso nelle tante conversazioni intercettate con il (OMISSIS) e il (OMISSIS). In definitiva, secondo la Corte di appello, in occasione di quell'incontro del (OMISSIS): - (OMISSIS) si rese disponibile ad accontentare il cognato, (OMISSIS), esponente politico del suo stesso partito, che era particolarmente interessato alla realizzazione del centro commerciale, in quanto, impegnato nella campagna elettorale per l'elezione a Sindaco, aveva promesso posti di lavoro presso il centro commerciale; - l'incontro aveva motivazioni politiche, in quanto, in particolare, mirava a soddisfare sia la richiesta di (OMISSIS) di avvicinarsi al (OMISSIS), che l'interesse di (OMISSIS) a prendere diretto contatto con il parlamentare, per mettersi in mostra spendendo l'impegno profuso per il finanziamento e anche in vista di future iniziative che avrebbero potuto agevolare la sua carriera; - non vi e' alcun elemento di prova che consenta di affermare che, alla data del (OMISSIS), fossero stati frapposti ostacoli al finanziamento da parte della Banca, tali da rendere necessario l'intervento del (OMISSIS), anzi essendosi dimostrato lo (OMISSIS), fin dall'inizio, disponibile a favorire l'operazione; - quando emerse a distanza di qualche mese la falsita' della polizza fidejussoria apparentemente rilasciata da MPS, di cui (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS) erano all'oscuro, (OMISSIS) ebbe modo di esprimere la sua rabbia nei confronti del (OMISSIS), mai facendo riferimento, nelle conversazioni intercettate, al (OMISSIS). 2.5.3. Alla luce di tali elementi, il Giudice a quo ha escluso che possano ravvisarsi nella condotta dell'imputato i necessari requisiti di idoneita' causale e di univocita' previsti dall'articolo 56 c.p., dal momento che, operando la dovuta valutazione ex ante, e, quindi, rapportando la condotta dell'imputato all'incontro del 07 febbraio 2007, a Roma presso Unicredit, la Corte ha escluso che, a quel tempo, potesse concretamente ipotizzarsi che il finanziamento non sarebbe stato erogato a causa della falsita' della polizza fidejussoria, circostanza di cui lo stesso (OMISSIS) ha avuto cognizione solo successivamente. E, comunque, sul versante della univocita', ha osservato come la concorrenza pacifica della motivazione politica alla base dell'incontro non consenta di ravvisare in capo al prevenuto il contributo univocamente rivolto a un risultato illecito di cui fosse consapevole, conformemente al giudizio espresso da questa Corte nella sentenza assolutoria emessa nei confronti del coimputato (OMISSIS), che fu uno degli organizzatori di quell'incontro. Infine - a conforto ulteriore della statuizione assolutoria - la Corte di appello ha osservato come l'effetto dissimulatorio, che connota specificamente la condotta di cui all'articolo 648 ter c.p., finalizzata a ostacolare l'accertamento o l'astratta individuabilita' dell'origine delittuosa del denaro od egli altri beni e utilita' che si intendono occultare, debba essere ricercato attraverso l'impiego di denaro o di altri beni in attivita' economiche e finanziarie con la consapevolezza della illiceita' della suddetta provenienza e dell'intento di occultamento, rilevando l'insussistenza di elementi che consentano di ritenere che (OMISSIS) fosse consapevole di consentire alla criminalita' il reimpiego di capitali illeciti, ritraibile alla fine, secondo la sentenza impugnata, in assenza di altri dati concreti, solo dai rapporti di parentela della sua famiglia con il capoclan (OMISSIS), nonche' dalle parole dei collaboratori che hanno riferito di strette cointeressenze economiche della famiglia (OMISSIS) con quella dei (OMISSIS). Come si e' premesso tale ultimo aspetto e' fatto oggetto del quinto motivo di ricorso. 2.6. E' con riferimento a tale motivazione e al suo specifico esito decisorio che va condotto il vaglio dei motivi di ricorso, in relazione ai quali va valutato se essi - denunciando, come si e' premesso, vizi della motivazione anche per travisamento - risultino scardinanti rispetto alla trama argomentativa sviluppata dalla Corte di appello, con riguardo all'unica, residuale, ipotesi di reato sub kl, con cui si contesta al (OMISSIS) di avere esercitato la sua influenza per il rilascio del finanziamento bancario necessario alla societa' (OMISSIS) s.r.l. per l'acquisto dei terreni da destinare alla realizzazione del centro commerciale "Il (OMISSIS)", in tal modo offrendo il proprio contributo causale e consapevole idoneo alla realizzazione del programmato reimpiego di capitali illeciti. 2.6.1. Con il primo motivo di ricorso, il Procuratore impugnante si duole dell'omessa valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), richiamando, sul punto, le valutazioni operate dal Tribunale. Posto che il primo e' stato uno dei reggenti del clan, lasciando le consegne a (OMISSIS) che (OMISSIS) ha sempre avuto un ruolo di rilievo nell'organizzazione, e che (OMISSIS) e (OMISSIS) erano fidati collaboratori di (OMISSIS), il ricorrente si concentra, infatti, sulla motivazione della sentenza di primo grado che, appunto, aveva valorizzato tali contributi dichiarativi, avendo essi, in modo convergente, in particolare (OMISSIS) e (OMISSIS), indicato il Centro commerciale come "affare del clan", anche individuando specificamente il contributo di (OMISSIS). E' bene brevemente ricordare che, (OMISSIS) ha riferito di essere a conoscenza, per quanto riferitogli da (OMISSIS) e (OMISSIS), che il centro, nato da un'idea di (OMISSIS), era un affare pure delle famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS), tra loro imparentate, di cui il (OMISSIS) era un mero prestanome, secondo opinione diffusa tra i sodali (" e comunque noi ce lo dicevamo") e che il ricorrente aveva rapporti con una banca sita a Roma, che doveva agevolare i necessari finanziamenti e che di tanto egli si stava occupando in prima persona, partecipando anche a incontri svoltisi a Roma. (OMISSIS), che indica ugualmente quale sua fonte di conoscenza (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali avevano riferito notizie analoghe a quelle di cui parla (OMISSIS), quanto alla genesi del centro e all'interesse dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS), e al coinvolgimento diretto dell'imputato nella fase di gestione del finanziamento, ha, altresi', ricordato come il Dott. (OMISSIS) gia' nell'autunno del 2003 gli avesse chiaramente detto, a fronte di sue preoccupazioni sulla realizzazione del Centro, di stare tranquillo perche' "abbiamo (OMISSIS) alle spalle", intendendo riferirsi al (OMISSIS); che, quando si era verificato un intoppo nella pratica del finanziamento, nel 2004 - 2005, (OMISSIS) gli aveva riferito dell'intervento del (OMISSIS) presso una sede romana di Unicredit o Credem. (OMISSIS), come riporta sempre la sentenza di primo grado, ha indicato in (OMISSIS) la fonte che gli aveva descritto il Cacciapuoti come il soggetto che si era occupato di assicurare il buon andamento della pratica amministrativa, altresi' ricordando di avere parlato con il capoclan del coinvolgimento del (OMISSIS). (OMISSIS), invece, ha indicato in (OMISSIS) e (OMISSIS) le sue fonti di conoscenza e ha riferito che, del centro, si stava interessando un ingegnere, a tanto delegato da Cristiano e (OMISSIS). Come si e' detto, il ricorrente si duole che, di tali fonti probatorie, decisive nella ricostruzione del quadro probatorio relativamente alla realizzazione del centro commerciale e al coinvolgimento nelle condotte illecite del (OMISSIS), la Corte territoriale non abbia tenuto conto, concentrandosi sulle propalazioni di (OMISSIS), che, sempre nell'ottica del ricorrente, sarebbero state anche valutate in maniera incompleta dalla Corte di appello, obliterando le dichiarazioni, tutte convergenti quanto al coinvolgimento e al ruolo del (OMISSIS) nell'affare illecito di quattro collaboratori di giustizia, in tal modo privandosi anche di elementi di riscontro alle dichiarazioni dello (OMISSIS). Le osservazioni del ricorrente, tuttavia, non colgono nel segno. Anche se, come dice il ricorrente, "la Corte di appello ha inspiegabilmente omesso di valutare fonti di prova", concentrando la propria valutazione sul narrato di (OMISSIS),effettivamente omettendo qualsiasi riferimento al contributo dichiarativo degli altri quattro collaboratori, con cui si era misurato, invece, il Giudice di primo grado, nondimeno, nel ricorso, non si spiega sotto quale profilo il piu' attento esame invocato delle propalazioni dei collaboratori avrebbero potuto condurre a un esito decisorio differente che, va ricordato, e' stato assunto dalla Corte di appello ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., , dal momento che la sentenza impugnata ha rilevato elementi di contraddittorieta' tra le fonti di prova dichiarativa e il compendio intercettivo, nel senso che, a fronte della narrazione sostanzialmente concorde dei collaboratori di giustizia circa la sponsorizzazione da parte della famiglia (OMISSIS) alla realizzazione del progetto imprenditoriale, e il diretto coinvolgimento del ricorrente presso l'istituto bancario che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, le intercettazioni - puntualmente indicate nella sentenza impugnata - rimandano a uno scenario alternativo, che: porta a escludere che il (OMISSIS) avesse conoscenze all'interno dell'istituto bancario Unicredit a cui era stato chiesto il finanziamento (in effetti, dalle intercettazioni riportate nella sentenza impugnata, emerge che egli non abbia neppure cognizione dell'ubicazione della filiale presso cui dovra' recarsi); fa emergere, sotto il profilo cronologico, che l'intervento del (OMISSIS) si sarebbe registrato in un momento in cui neppure si prospettavano difficolta' nel rilascio del finanziamento da parte di (OMISSIS), che era l'interlocutore di (OMISSIS) e di (OMISSIS) all'interno dell'istituto bancario e che stava seguendo la pratica, e quindi, senza che ne emergesse la reale necessita'; pone in luce, quanto alla causale, una originaria ragione del tutto diversa dalla prospettata illecita interferenza nelle dinamiche bancarie, alla base di quell'incontro, invece, di natura politica, tanto che fino a due giorni primo si era concordato di incontrarsi presso la sede del partito di (OMISSIS), a Caserta. In un tale contesto, del quale e' stata evidenziata, nella sentenza impugnata, la non rassicurante tenuta logica della ricostruzione proveniente dalla sentenza di primo grado, il tema della convergenza del molteplice, che il Procuratore ricorrente assume essere stato obliterato dalla Corte di appello, non ha ragion d'essere, proprio perche' il Giudice territoriale ha ravvisato un quadro probatoriomroulla univoco con riguardo alla posizione del (OMISSIS), e, alla fine, ha ritenuto non confortate dalle intercettazioni le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia con riferimento al ruolo da loro attribuito al (OMISSIS), quanto alla sua affermata interferenza nel rilascio del finanziamento. Come e' noto, nella giurisprudenza di questa Corte, si e' affermato che la credibilita' di un collaboratore di giustizia, anche non coimputato o non indagato nello stesso procedimento, puo' essere affermata anche quando ha acquisito le notizie propalate nell'ambito della sfera di criminalita' organizzata in cui sia inserito, purche' venga accertata l'intrinseca attendibilita' delle sue dichiarazioni, nonche' la sussistenza di riscontri esterni, i quali, in caso di piu' chiamate convergenti, possono anche consistere nella circostanza che le dichiarazioni riconducano, anche se in modo non sovrapponibile, il fatto all'imputato, essendo sufficiente la confluenza su comportamenti riferiti alla sua persona e alle imputazioni a lui attribuite, cioe' l'idoneita' delle dichiarazioni a riscontrarsi reciprocamente nell'ambito della cosiddetta " convergenza del molteplice". (Sez. 1, n. 31695 del 23/06/2010 Rv. 248013). Ed e' stata ritenuta rispettosa dei principi normativi di cui all'articolo 192 c.p.p., l'utilizzazione di convergenti dichiarazioni accusatorie "de relato", purche' le stesse si inseriscano in un quadro probatorio ovvero indiziario comunque apprezzabile, si caratterizzino nello specifico per credibilita' ed affidabilita' e purche' il rigoroso controllo del sapere dei dichiaranti investa tutti i momenti dell'acquisizione conoscitiva e tutti i personaggi che l'hanno resa possibile. (In motivazione, la Corte ha precisato che negare rilevanza probatoria alla chiamata indiretta riscontrata da chiamata della medesima natura darebbe luogo ad una sorta di valutazione legale della portata probatoria di un fatto comunque rilevante, in contrasto al principio del libero convincimento del giudice- (Sez. 1, n. 34525 del 28/02/2012 Rv. 252937). Si tratta di principi accreditati anche dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nella sentenza ‘Aquilina', hanno affermato come "La chiamata in correita' o in reita' "de relato", anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, puo' avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilita' penale dell'accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purche' siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilita' soggettiva di ciascun dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificita', della coerenza, della costanza, della spontaneita'; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del "thema probandum"; d) vi sia l'indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l'autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012 Ud. (dep. 14/05/2013) Rv. 255143). E', invece, proprio per la non ravvisata convergenza delle varie chiamate sul fondamentale thema del ruolo dell'imputato, esse non riscontrandosi reciprocamente in maniera individualizzante, che la Corte di appello e' pervenuta all'approdo assolutorio, dopo avere preso atto della contraddittorieta' delle fonti di prova. Legittimo, allora, il dubbio (OMISSIS) di appello che, chiamata a valutare le informazioni provenienti dalle diverse fonti di prova, ne ha lumeggiato adeguatamente le contraddizioni registratesi su alcuni elementi oggettivamente dirimenti, pervenendo al verdetto assolutorio, in applicazione della regola di giudizio dell'al di la' del ragionevole dubbio. Tanto piu' che, come ha segnalato la stessa sentenza impugnata, (OMISSIS), era stato gia' assolto da ogni altra imputazione, anche da quelle le cui condotte apparivano propedeutiche rispetto all'ipotizzato suo coinvolgimento nella finalita' di reinvestimento di proventi illeciti qui in discussione, e che anche tutti gli altri attori della vicenda del finanziamento erano stati gia' raggiunti da analogo esito liberatorio. 2.6.2. Analoghe considerazioni possono svolgersi anche con riguardo al secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole del travisamento per omissione nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello, mancando di valutare le conversazioni intercettate successivamente all'incontro del 07 febbraio 2007, presso Unicredit Roma, aventi riferimento alle motivazioni che l'avevano determinato. Va qui ricordato che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni, la censura di diritto puo' riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa (Sez. 5, n. 3643 del 14/07/1997, Rv. 209620), pertanto, l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimita' se tale valutazione e' motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza. Si tratta di un principio ormai consolidato, accreditato anche dall'approdo delle Sezioni Unite ‘Sebbar' (sez. un. 22471 del 26/02/2015 Ud. (dep. 28/05/2015), Rv. 263715, cosi' massimata: "In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita'" - Conforme la successiva giurisprudenza, cfr. Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650, Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. 3 n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337). Nel ribadire tale principio, e' stato chiarito (Sez. 6, n. 35680 del 10/06/2005 Rv. 23257601), che il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilita' dei significati, assenza di ambiguita', in modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo dei colloqui intercettati (conf. Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007 (dep. 2008) Rv. 239636). Ed e' proprio una rilettura del contenuto delle conversazioni intercettate che il Procuratore impugnante propugna con il secondo motivo di ricorso, al fine di trarne il significato dell'interessamento del (OMISSIS) al buon esito della pratica bancaria di finanziamento, che e' un tema che la Corte di appello non ha affatto tralasciato, giacche', indipendentemente da un esplicito confronto con le conversazioni segnalate nel ricorso, successive all'incontro del 7 febbraio 2007, ha, pero', posto in evidenza come non fosse stata raggiunta la prova rassicurante in ordine alla circostanza che, effettivamente, il (OMISSIS) si fosse speso per favorire il finanziamento, non essendosene, in realta', neppure verificata la necessita', stante la dimostrata disponibilita' della banca ad erogarlo, e comunque, "non essendo emersa la possibilita' di ravvisare in capo al prevenuto la ricorrenza di un contributo univocamente rivolto alla realizzazione di un risultato illecito di cui fosse consapevole", anche sottolineando come anche (OMISSIS) i,--- e (OMISSIS) fossero stati gia' assolti dallo stesso reato, rilievi con i quali il ricorrente neppure si misura, pretendendo una rivalutazione del quadro probatorio, anche riguardo a profili gia' coperti da giudicato assolutorio, senza pero' spiegare quale decisivo contributo provenga dalle evocate conversazioni capace di sovvertire l'esito assolutorio cosi' come giustificato dalla sentenza impugnata,. 2.6.3. Non coglie nel segno neppure il terzo motivo, sia per la sua genericita', sia perche' si rivolge al Giudice di legittimita' una non consentita istanza rivalutativa, laddove esso prospetta una diversa interpretazione delle intercettazioni telefoniche, ma, soprattutto, perche' vorrebbe introdurre una non consentita interferenza con il giudicato formatosi sulle condotte convogliate nel capo P), per cui (OMISSIS) ha riportato piena assoluzione. 2.6.4. Infondato anche il quarto motivo, con il quale il ricorrente si prova a smentire le affermazioni (OMISSIS) di appello, relativamente a cinque circostanze specifiche che hanno condotto il Giudice di secondo grado al pronunciamento assolutorio. Ancora una volta, il motivo presenta accenti precipuamente rivalutativi, laddove richiede al Giudice di legittimita' di rileggere il testo delle intercettazioni onde smentire la ricostruzione, non manifestamente illogica, che ne ha operato il Giudice di merito, propugnandone una alternativa. In particolare, si sostiene che: - e' vero che (OMISSIS) non conoscesse (OMISSIS), ma quest'ultimo conosceva l'imputato, affermazione che, oltre all'intrinseco limite logico, plasticamente rappresentato nella memoria difensiva depositata nell'interesse del ricorrente, mira, inammissibilmente, a ridiscutere la valutazione (OMISSIS) di appello, circa la totale, reciproca, estraneita' di (OMISSIS) e (OMISSIS), incontratisi per la prima volta il (OMISSIS); - non e' vero che non fossero stati frapposti ostacoli al finanziamento, perche', invece, (OMISSIS) era consapevole che la trasmissione in via cartacea della fidejussione rilasciata da altra banca era incompatibile con le prassi bancarie basate sul circuito "swift", tanto desumendosi sia dalle intercettazioni, neglette dalla Corte di appello, che dalla relazione del consulente bancario: da qui, secondo il ricorrente, la rilevanza causale dell'intervento di (OMISSIS) sul finanziamento a beneficio della societa' nell'orbita del clan e circa il tema della mancanza di garanzie alla data del 07 febbraio 2007. L'osservazione - anch' essa afferente al merito della valutazione - risulta alla fine anche generica, giacche' il ricorrente non specifica da quale passaggio delle conversazioni richiamate nel ricorso si desumerebbe che l'aggiramento della pratica ordinaria mediante circuito "swift" sarebbe stato favorito dall'intervento di (OMISSIS): - non e' vero che l'incontro del (OMISSIS) ebbe una motivazione politica, ricostruzione che sarebbe smentita dai commenti successivi all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), afferenti al buon esito del finanziamento che sarebbe stato emesso il giorno successivo, a cui aveva condotto la presenza di (OMISSIS). Anche in tal caso, si mira, evidentemente, a sconfessare con alternative valutazioni, il ragionamento probatorio (OMISSIS) di appello che trova solido aggancio nelle conversazioni propedeutiche a quell'incontro specificamente richiamate) on si comprende da quali conversazioni la Corte di appello abbia tratto il ‘fastidio' dimostrato da (OMISSIS) per l'incontro del (OMISSIS); anche questa e' un' osservazione non certo decisiva, di cui e', invece, evidente la assoluta genericita', e comunque, emerge anche in questo caso un tentativo di infiltrarsi nelle maglie della valutazione di merito) del tutto illogica la considerazione (OMISSIS) di appello circa l'assenza di reazioni da parte di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), una volta acquisita la falsita' della polizza, illogicita' che, tuttavia, la parte ricorrente, anche in questo caso, fonda su una spiegazione alternativa dei fatti. 2.7. I quattro motivi di ricorso con i quali viene denunciato il travisamento della prova, per quanto si e' osservato, risultano, in conclusione, infondati non essendo stato individuato un argomento, o comunque un ragionamento probatorio effettivamente disarticolante rispetto alla ricostruzione operata dalla Corte di appello, che l'ha condotta, con argomenti che non evidenziano i limiti logici denunciati dal ricorrente, a ritenere non raggiunto il necessario, rassicurante, grado di certezza processuale che puo' fondare un'affermazione di responsabilita'. 2.8. Infondato, infine, anche il quinto motivo di ricorso, dal momento che la Corte di appello ha ulteriormente argomentato le ragioni del proprio convincimento in merito alla mancata dimostrazione della consapevolezza del (OMISSIS) di favorire il reinvestimento di capitali illeciti, facendo corretta applicazione del principio di diritto a tenore del quale il reato di reimpiego di denaro, beni o utilita' di provenienza delittuosa, previsto dall'articolo 648-ter c.p., e' un delitto a forma libera realizzabile attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio, in quanto dirette ad ostacolare l'accertamento sull'origine delittuosa di denaro, beni o altre utilita', o l'astratta individuabilita' della loro origine delittuosa (Sez. 2 n. 26796 del 10/06/2021 Rv. 281552; Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013 (dep. 2014) Rv. 259477), essendo costituito, sotto il profilo soggettivo, il dolo del delitto di cui all'articolo 648-ter c.p. dalla coscienza e volonta' di destinare ad un impiego economicamente utile i capitali illeciti, unitamente alla consapevolezza, anche solo generica, della loro provenienza delittuosa. (Sez. 2 n. 43387 del 08/10/2019, Rv. 27799703). La Corte di appello, tuttavia, ha escluso che, dal compendio probatorio, fosse desumibile, nell'intervento del (OMISSIS), la consapevolezza di consentire alla criminalita' organizzata il reimpiego di capitali illeciti, con argomenti (pg. 70) che non evidenziano le illogicita' denunciate in ricorso. 2.9. Va, infine, dato atto della infondatezza dell'eccezione di prescrizione del reato veicolata con la memoria depositata dai difensori di (OMISSIS). Il delitto contestato sub K1, come commesso fino al 2010, nella sua versione tentata (articoli 56 - 648 ter c.p.: e' punito con la detenzione fino a otto anni (operata la riduzione di un terzo sulla pena massima per il delitto consumato, pari a 12 anni); aumentata della meta' per la circostanza aggravante a effetto speciale di cui Alla L. n. 203 del 1991, articolo 7: 12 anni; aumentata ancora ai sensi dell'articolo 161 c.p., aggiunte le sospensioni verificatesi nel giudizio di merito, pari a gg. 281. La prescrizione non e', 3. Ricorso (OMISSIS). 3.1. (OMISSIS) e' stato assolto, dalla Corte di appello di Napoli, dal reato di cui all' articolo 110 - articolo 416 bis c.p., quale concorrente esterno, nella sua veste di imprenditore colluso, con il clan "dei casalesi", come da contestazione sub A). Il suo contributo era stato individuato nell'avere consentito al clan il controllo delle attivita' economiche del nevralgico settore delle forniture di calcestruzzo, avendo rafforzato l'attivita' del sodalizio versando somme di danaro, quali quote delle forniture di calcestruzzo che il gruppo gli consentiva di acquisire. Le fonti di prova a suo carico sono costituite dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ritenute convergenti dal Giudice di primo grado, che valorizzava, in specie, quelle di (OMISSIS) e di (OMISSIS), confortate da quanto riferito da (OMISSIS). Secondo il giudizio (OMISSIS) di appello, tali fonti dichiarative, "pur coincidendo su alcuni aspetti, e, in particolare, sulla circostanza che "l'impresa della "famiglia (OMISSIS)" fosse collusa con il suddetto clan e che egli rivestisse tale qualita'", non appaiono sufficientemente specifiche "sia con riguardo ai profili temporali, che come e' intuibile nel presente procedimento richiedono un rigoroso accertamento - sia con riguardo alla esatta identificazione dell'odierno imputato e del ruolo da lui svolto - atteso che in alcuni casi essi si riferiscono al di lui figlio e alla sua attivita' imprenditoriale", risentendo della risalente conoscenza personale con alcuni esponenti storici del clan e dell'essere stato titolare in passato di un'impresa edile (pg. 87). Tale preliminare valutazione trova, nel prosieguo della trama argomentativa sviluppata dalla sentenza impugnata, una specifica indicazione dei punti critici ravvisati dalla Corte di appello in ciascuna delle dichiarazioni valorizzate dal Giudice di primo grado. E' stata, inoltre, evidenziata l'incongruenza logica della circostanza, documentata dalla Difesa e giudizialmente acclarata, di essersi - (OMISSIS) - reso disponibile nel 2009 a collaborare con le Forze dell'ordine per sventare un'attivita' estorsiva ai danni del proprio figlio, posta in atto da un esponente della fazione (OMISSIS) del medesimo clan "dei casalesi", fungendo da agente provocatore e contribuendo all'affermazione di responsabilita', con il ruolo, dell'imputato, di soggetto protetto dalla criminalita'. Infine, in sintesi, secondo la Corte di appello, la mancanza di formale titolarita' di impresa edile in capo all'imputato avrebbe richiesto una precisa individuazione delle condotte a lui ascritte, onde estrapolarne il ruolo rivestito, in tal senso, reputandosi insufficiente la mera circostanza, concordemente riferita dai collaboratori, della collusione con il clan della famiglia (OMISSIS), laddove, invece, non risulta indicata alcuna utilita' che lo (OMISSIS) avrebbe ricevuto dalla mediazione camorristica. Sul punto, va evidenziata che risulta allegata la sentenza resa nel processo Spartacus I, conclusosi con piena assoluzione del ricorrente dal delitto di concorso esterno in quella sede contestatogli sempre in correlazione alle forniture di calcestruzzo; d'altro canto, come dedotto dalla Difesa, il ricorrente e' stato assolto anche in altri processi che pure lo avevano visto coinvolto in analoghe vesti, tant'e' che, appunto, egli risulta incensurato. 3.2. Secondo il Procuratore generale ricorrente, la Corte di appello avrebbe travisato le prove dichiarative, utilizzando una fonte dichiarativa mai acquisita ritualmente al processo (dichiarazioni rese da (OMISSIS) al P.M. di Napoli). La valutazione del ricorrente non e' corretta. Preme rilevare che e' dirimente, ai fini del rigetto del ricorso con riguardo alla posizione di (OMISSIS), la constatazione che il P.G. non aggredisce il punto nodale dell'assoluzione, che e' quello della genericita' delle accuse formulate dai collaboratori di giustizia, rispetto al quale il ricorrente non obietta nulla di cosi' decisivo da risultare capace di sovvertire la valutazione della sentenza impugnata. 3.2.1. Non per (OMISSIS), il cui propalato nei confronti dello (OMISSIS) la sentenza impugnata ha ritenuto generico per mancata specificazione temporale dell'epoca degli incontri e perche' "con tali dichiarazioni stride la circostanza che egli non ha riconosciuto l'imputato in sede di ricognizione fotografica". Quanto a tale ultimo profilo - su cui si sono appuntate in particolare le censure del ricorrente, che lamenta un vizio argomentativo nella parte della sentenza che non avrebbe considerato che il mancato riconoscimento fotografico dello (OMISSIS) da parte del collaboratore era dipeso dalla circostanza della mancanza di conoscenza fisica tra i due - si osserva, tuttavia, che la sentenza di primo grado, riportando la sintesi delle dichiarazioni del (OMISSIS), ha fatto riferimento a plurimi incontri che il collaboratore ha riferito di avere avuto personalmente con (OMISSIS), e cio' priva di consistenza l'obiezione del ricorrente. D'altro canto, la Corte di appello ha osservato come (OMISSIS) non sia stato piu' titolare di imprese edili dal 1997, a seguito della misura di prevenzione disposta nei suoi confronti, e che il soggetto titolare dell'azienda era a quel tempo il figlio, al quale vennero affidati dal collaboratore i lavori per la realizzazione di un appartamento in (OMISSIS), di proprieta' del padre dello stesso (OMISSIS), mentre non appare dirimente la circostanza, sottolineata nel ricorso, che, per quanto riferito dal collaboratore, questi venne contattato da (OMISSIS) che l'avrebbe rassicurato sulla fornitura del cemento, mancando elementi di prova dimostrativi di un diretto coinvolgimento dell'imputato e, comunque, della esistenza di un rapporto sinallagmatico con il clan, che, alla fine, resterebbe affidato alla mera disponibilita' assicurata dallo (OMISSIS) per la fornitura di calcestruzzo per la realizzazione dell'abitazione del (OMISSIS). Correttamente, dunque, la Corte di appello ha escluso che il propalato del (OMISSIS) fosse dotato di specifica tenuta dimostrativa del diretto e personale coinvolgimento dello (OMISSIS) nelle attivita' gestite oramai da anni dai suoi figli, mancando un apporto efficace nell'enucieare il contributo effettivo fornito dal ricorrente, piuttosto, venendo in rilievo, dal racconto del collaborante, per quanto qui interessa, meri e generici riferimenti al coinvolgimento della azienda di famiglia nell'affare del calcestruzzo gestito dal clan. 3.2.2. Neppure colgono nel segno le censure alla valutazione probatoria delle dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). Quanto al primo, il ricorrente si limita a richiamare, per contrastare le affermazioni (OMISSIS) di appello, le dichiarazioni, riportate nella sentenza di primo grado, che avrebbero dato vita a un narrato dettagliato e specifico, con riferimento alla vicenda della realizzazione degli appartamenti in zona Casaluce. Ancor piu' genericamente, viene esposta la censura alla valutazione probatoria delle propalazioni del (OMISSIS). Osserva il Collegio che, in entrambi i casi, manca una effettiva argomentazione critica della decisione, che viene censurata facendo ricorso al raffronto con la sentenza di primo grado, dalla quale la Corte di appello si e' dissociata in modo argomentato, senza, tuttavia, formulare obiezioni specifiche e capaci di scardinare l'impianto decisorio della sentenza impugnata, che, va sempre tenuto a mente, e' giunta all'approdo assolutorio con la formula di cui al dell'articolo 530 c.p.p., comma 2, ovvero facendo applicazione criterio di giudizio dell'al di la' del ragionevole dubbio. Invero, con riguardo alle dichiarazioni di (OMISSIS), le deduzioni del ricorrente non si misurano con l'osservazione della sentenza impugnata che gli appartamenti da realizzare a (OMISSIS) "non vennero realizzati e che nessun elemento proviene dai soggetti che sarebbero stati vittima di tale estorsione", quest'ultima riferita a quanto dichiarato da entrambi i collaboratori sul fatto che fosse stato "imposto agli imprenditori - i fratelli (OMISSIS) di (OMISSIS) - il pagamento di una tangente estorsiva nonche' l'obbligo di rifornirsi presso la ditta dello (OMISSIS) per l'acquisto del calcestruzzo". Dunque, la Corte di appello, non solo ha rilevato come gli appartamenti non vennero mai realizzati, ma ha anche sottolineato come neppure gli imprenditori estorti avessero reso dichiarazioni significative, nell'ottica accusatoria, a carico dello (OMISSIS). 3.2.3. Un ulteriore elemento di perplessita' e' stato evidenziato dalla sentenza impugnata facendo riferimento alle dichiarazioni di (OMISSIS) - che si e' determinato alla collaborazione giudiziaria durante il giudizio di merito ed e' stato escusso dalla Corte di appello. Questi, ha osservato la Corte territoriale, pur essendo il reggente del tempo, non ha reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dello (OMISSIS), avendo, piuttosto, ricordato che, per la realizzazione dei predetti appartamenti, era stata proposta un'altra ditta. Diversamente, quindi, da quanto dichiarato da (OMISSIS), il quale aveva riferito di un rapporto diretto di tipo collusivo dello (OMISSIS) con lo (OMISSIS), citando proprio la vicenda la programmata fornitura di calcestruzzo per l'intervento edilizio in Casaluce. Come si e' detto, secondo il ricorrente, le dichiarazioni rese da (OMISSIS) sarebbero state acquisite agli atti in violazione dell'articolo 513 c.p.p. Osserva, innanzi tutto, il Collegio che, nel giudizio di appello, l'acquisizione di documenti e' senz'altro rituale senza che sia necessaria un'apposita ordinanza che disponga a tal fine la rinnovazione parziale del dibattimento (Cass., Sez. 6, 24/11/1993, De Carolis, rv. 197263; Sez. 1, 23/9/1998,Cassandra, rv. 212121; Sez. 6, 10/7/2000, D'Ambrosio, rv. 217993; Sez. 6, 2/2/2004, Agate, rv. 228657), purche' il documento venga legittimamente acquisito al fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio fra le parti, derivandone ex adverso, in caso di privata conoscenza del giudice non mediata dalla partecipazione dialettica delle parti alla formazione della prova, l'inutilizzabilita' probatoria dello stesso ai fini della deliberazione secondo il chiaro disposto dell'articolo 526 comma 1 c.p.p. (Sez. Un. Mannino cit., in motivazione). Nel merito, tuttavia, l'eccezione risulta smentita dalle deduzioni difensive che hanno chiarito, con la memoria depositata in atti, come, in realta', il verbale delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) in data (OMISSIS) fosse stato gia' allegato alla memoria depositata il (OMISSIS) e come erroneamente la Difesa avesse indicato, nella successiva memoria del luglio 2020, un verbale del (OMISSIS), in luogo di quello, effettivamente allegato, del (OMISSIS). In sostanza, il verbale delle dichiarazioni di (OMISSIS) rese in altro procedimento era stato gia' acquisito all'incarto processuale fin dal novembre 2019. Tanto chiarito, si osserva come, effettivamente, le dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) in merito alla circostanza che, in relazione agli appartamenti di Casaluce - contrariamente a quanto affermato da (OMISSIS) - la fornitura di calcestruzzo sarebbe stata assicurata da altra ditta, lungi dal convergere con quelle del (OMISSIS), le smentiscono proprio con riguardo al ruolo da questi assegnato allo lodo. Dal canto suo, il Procuratore impugnante, che sostiene esservi stata una produzione parziale, da parte della Difesa, delle dichiarazioni rese dallo (OMISSIS) con riferimento alla posizione di (OMISSIS), non si e' curato di allegare la versione integrale del verbale delle dichiarazioni rese dal collaboratore sul profilo in esame, e neppure ha specificamente allegato le ragioni del decisivo contributo proveniente dalle parti obliterate dalla Corte territoriale. 3.3. In conclusione, cio' che ha indotto la Corte di appello alla pronuncia assolutoria e', come si legge in sentenza, la contraddittorieta' delle fonti di prova dichiarativa, e, dunque, l'impossibilita' di ravvisare una oggettiva e apprezzabile convergenza di tali dichiarazioni. Nel caso di specie, cioe', non puo' parlarsi di concordanza delle fonti sulla figura dello (OMISSIS): non sui suoi rapporti con il clan, con cui contrasta oggettivamente la vicenda che lo ha visto protagonista di una collaborazione con le forze dell'ordine, cosi' come le assoluzioni conseguite nel corso degli anni per analoghi fatti e il formale allontanamento, da tempo, dall'attivita' imprenditoriale; non in merito al ruolo avuto dallo (OMISSIS) nel progetto di realizzazione degli appartamenti in Casaluce, per cui viene in rilievo la mancata realizzazione degli appartamenti, il mancato riconoscimento fotografico da parte di chi lo accusava assumendo di averlo piu' volte incontrato, la genericita' dei riferimenti alla famiglia (OMISSIS). 4. Per concludere la parte dedicata alla valutazione del ricorso del Procuratore generale di Napoli, vale la pena sottolineare che il sindacato di legittimita' non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensi' la verifica della struttura logica del provvedimento e non puo', quindi, estendersi all'esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa. Ne' la Suprema Corte puo' trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato. Invero, solo l'argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato puo' essere sottoposto al controllo del giudice di legittimita', al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all'esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, Ciavarella, Rv. 241214). Non e' dunque sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente "contrastanti" con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante e con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilita' ne' che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione piu' persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l'analisi di un complesso di elementi di segno non univoco e l'individuazione, nel loro ambito, di quei dati che - per essere obiettivamente piu' significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un'unica spiegazione - sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento. E', invece, necessario che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l'esistenza di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilita', cosi' da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta', elementi che consentono alla sentenza impugnata di superare il vaglio di legittimita' nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). 5. Ricorso di (OMISSIS). 5.1.Preliminarmente deve essere dato atto della tardivita' della memoria depositata dalla Difesa nell'interesse dell'imputato, in data 27 febbraio 2023, circostanza che esime la Corte di cassazione dal prenderla in considerazione. Infatti, posto che i termini di cui all'articolo 611 c.p.p. relativamente al procedimento in camera di consiglio sono applicabili anche ai procedimenti in udienza pubblica (Sez. 2 - n. 10255 del 29/11/2019 Ud. (dep. 16/03/2020) Rv. 27874506), nel caso in cui le memorie e le produzioni difensive siano depositate in violazione dei termini di quindici e cinque giorni "liberi" prima dell'udienza, esse risultano inutilizzabili, non potendo essere esaminate dalla Corte di cassazione ai fini della decisione (Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv. 274040; Sez. 1, n. 13597 del 22/11/2016 (dep. 2017) Rv. 269673), 5.2. Con riguardo al reato di cui al capo U, il ricorrente invoca la piu' favorevole formula assolutoria ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1, deducendo un interesse civilistico; sostiene, infatti, che, in presenza della costituzione di parte civile, sussisterebbe la condizione affinche' la sentenza penale di assoluzione produca gli effetti extrapenali che gli sono propri, alla luce del principio giurisprudenziale secondo cui, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 652 (nell'ambito del giudizio civile di danno) e 654 (nell'ambito degli altri giudizi civili) "il giudicato di assoluzione fa stato solo quando contenga un effettivo accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilita' di esso all'imputato e cioe' l'assoluzione sia stata pronunciata a norma dell'articolo 530 c.p.p., comma 2". 5.2.1. La deduzione e' del tutto infondata. Il presupposto di ogni impugnazione e' l'interesse richiesto dall'articolo 568 c.p.p., comma 4, che sussiste solo se il gravame sia idoneo a determinare, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica piu' vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, Timpani, Rv. 203093). Come chiarito dalle sezioni Unite Massaria, la valutazione dell'interesse ad impugnare, sussistente allorche' il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l'eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica piu' favorevole per l'impugnante, va operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019 Ud. (dep. 03/07/2019) Rv. 27595302). Nel caso di specie si tratta di valutare la sussistenza, o meno, dell'interesse dell'imputato a impugnare la sentenza di proscioglimento pronunciata con la formula "perche' il fatto non costituisce reato" al fine di ottenere l'assoluzione ai sensi dell'articolo 530 c.p.p., comma 1. Ora, con riguardo alla questione della riconoscibilita', al ricorrente, dell'intesse ad impugnare la sentenza con le piu' favorevoli formule "perche' il fatto non sussiste" o "perche' l'imputato non ha commesso il fatto", di gran lunga maggioritario e' l'orientamento secondo cui sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perche' il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere la piu' ampia formula liberatoria "perche' il fatto non sussiste", considerato che, a parte le conseguenze di natura morale, l'interesse giuridico risiede nei diversi e piu' favorevoli effetti che gli articoli 652 e 653 c.p.p., connettono alla seconda nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno e nel giudizio disciplinare (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008 Ud. (dep. 28/10/2008), P.G. in proc. Guerra, Rv. 240814; conf. Sez. 5 n. 29377 del 29/05/2019 Rv. 276524; conf. Sez. 6, n. 49831 del 19/04/2018, Annese, Rv. 274285; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 16843 del 01/03/2018, Acquavella, Rv. 273178; Sez. 4, n. 26109 del 05/05/2016, Delle Foglie, Rv. 268996; Sez. 6, n. 41706 del 27/09/2013 Presutto, Rv. 256921; Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv. 252150; Sez. 2, n. 33847 del 18/05/2010, De Filippis, Rv. 248127). Tale principio non e' tuttavia applicabile al caso di specie. Nell'interesse di (OMISSIS), infatti, il ricorso, come si e' detto, mira a conseguire, non gia' una diversa e' piu' favorevole formula assolutoria, ovvero la sostituzione della formula "perche' il fatto non sussiste" con quella pronunciata dalla Corte di appello "perche' il fatto non costituisce reato", ma- ferma la medesima formula - l'interesse rappresentato con il ricorso e' quello di conseguire la pronuncia ai sensi del comma 1, invece dell'articolo 530 c.p.p., comma 2. Tale prospettazione non integra, pero', un concreto interesse all'impugnazione, giacche', a prescindere dall'ampiezza liberatoria della formula assolutoria, vi e' che, quella con la quale (OMISSIS) e' stato assolto dal reato di cui al capo U - "perche' il fatto non costituisce reato", che la Difesa ricorrente neppure contesta -, consentirebbe, in ogni caso, alla parte civile di far valere le proprie ragioni, anche nel caso in cui si addivenisse alla assoluzione nei termini invocati nel ricorso. Costituisce, invero, jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte, dopo l'arresto delle Sezioni Unite Negri, che la parte civile e' legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell'imputato perche' il fatto non sussiste, al fine di chiedere al giudice dell'impugnazione di affermare la responsabilita' dell'imputato, sia pure incidentalmente, e ai soli fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorche' in mancanza di precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l'intangibilita' delle statuizioni penali (Sez. U. n. 25083 del 2006, Negri, Rv. 233918; Sez. 3 n. 3083 del 18/10/2016, Rv. 268894). Per quanto riguarda, invece, la impugnabilita' della sentenza di proscioglimento intervenuta con la formula "perche' il fatto non costituisce reato" (come nel caso di specie), la piu' recente giurisprudenza di legittimita' ritiene sussistente l'interesse della parte civile a impugnare la decisione assolutoria pronunciata con detta formula, in quanto le limitazioni all'efficacia del giudicato previste dall'articolo 652 c.p.p. non incidono sulla estensione del diritto all'impugnazione ad essa riconosciuto in termini generali nel processo penale dall'articolo 576 c.p.p., imponendosi, altrimenti, alla stessa di rinunciare agli esiti dell'accertamento compiuto nel processo penale e di riavviare ab initio l'accertamento in sede civile, con conseguente allungamento dei tempi processuali (Sez. 4, n. 14194 del 18/03/2021, Sisti, Rv. 281016-01; Sez. 6, n. 36526 del 28/10/2020, Pilato, Rv. 280182-02; Sez. 2, n. 10638 del 30/01/2020 Enderlin, Rv. 278519-01; Sez. 4, n. 10114 del 21/11/2019, dep. 2020, Zanini, Rv. 278643-01; Sez. 5, n. 27318 del 07/03/2019, Marzuoli, Rv. 276640-01). L'orientamento e' aderente anche ai principi di recente espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza ‘Massaria' (Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, Rv. 275953-01), che ha ribadito il principio gia' affermato in altra precedente pronunzia del medesimo Consesso (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815, non mass. sul punto), secondo il quale il danneggiato, avendo con la costituzione di parte civile inteso trasferire in sede penale l'azione civile di danno, ha "interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto puo' essergli riconosciuto", cosicche', non gli si puo' negare l'interesse a impugnare la decisione di proscioglimento, anche quando questa manchi di efficacia preclusiva. Ne consegue - a fronte dell'impossibilita' di conseguire un risultato pratico piu' favorevole, in ragione della prospettazione data nel ricorso dalla parte, - la insussistenza dell'interesse a impugnare, che rende il motivo inammissibile. 5.3. Il secondo motivo - relativo alla truffa ai danni Unicredit, reato per il quale vi e' stata declaratoria di prescrizione gia' in primo grado, confermata dalla Corte di appello, e per cui la Difesa di (OMISSIS) invoca l'assoluzione - risulta inammissibile. 5.3.1. Secondo l'orientamento affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita' vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275), peraltro, nel caso in scrutinio, gia' dichiarata fin dalla sentenza di primo grado. Nella medesima pronuncia, il massimo consesso nomofilattico ha, altresi', affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice e' legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei caso in cui le circostanze idonee a escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato, e la sua rilevanza penale, emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi' che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga piu' al concetto di "contestazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia, quindi, incompatibile con qualsiasi necessita' di accertamento o di approfondimento (Sez. U. Tettamanti). Cio' che e' riscontrabile nel caso di specie, in cui la Corte di Appello, con argomenti logici e giuridicamente corretti, ha desunto la responsabilita' dell'imputato rimarcando il dato delle plurime irregolarita', di cui si e' dato conto nella sentenza di primo grado, che condussero, di fatto, la banca ad erogare la prima tranche di un finanziamento per un'operazione commerciale caratterizzata da plurime criticita' (ben evidenziate dal funzionario deputato a esprimere il parere di fattibilita', Conteduca) e senza concrete e adeguate garanzie per la banca Unicredit (pg. 80). Tanto e' sufficiente per la declaratoria di inammissibilita' del ricorso, in quanto si limita a riproporre vizi gia' denunciati in sede di appello e adeguatamente vagliati dalla Corte di merito, che ha motivato, non solo facendo riferimento alla mancata rinuncia alla prescrizione, come sembra sostenere la Difesa ricorrente, ma anche con il richiamo ad argomenti di merito. Poiche' la decisione (OMISSIS) di appello non e' aggredita con la prospettazione di vizi che facciano emergere l'innocenza dell'imputato, limitandosi il ricorrente a una generica contestazione circa il richiamo per relationem effettuato dalla Corte di appello alla sentenza di primo grado, la decisione (OMISSIS), di appello non si rivela affatto erronea. 5.4. E' invece fondato il terzo motivo di ricorso. 4.4.1. Invero, come si e' detto, in relazione al reato rubricato sub S), gia' in primo grado era stata dichiarata la prescrizione, poi confermata dalla Corte di appello. Questo vuol dire che ne' il primo giudice ne' la Corte di appello hanno mai pronunciato le statuizioni civili in favore di Unicredit, cosicche', erroneamente, la sentenza impugnata ha ritenuto di confermare le "statuizioni civili della sentenza di primo grado limitatamente al danno derivante dal reato di cui al capo S)" (pg. 81). Detta affermazione risulta erronea, cosi' come, in parte qua, la relativa statuizione, espressa con la generica formula "conferma nel resto" contenuta nel dispositivo. La condanna al risarcimento dei danni in favore di Unicredit, correlata al reato di cui al capo S, deve essere, dunque, eliminata. 4.4.2. Analogo discorso vale per il capo U, per il quale (OMISSIS) era stato condannato in primo grado, anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile Unicredit, nonche' alla rifusione delle spese di quel giudizio, venendo poi assolto nel giudizio di appello; conseguentemente, le statuizioni civili relative a tale capo devono intendersi revocate, cosi' come la "condanna alle spese sostenute dalla parte civile Banca "Unicredit" per il presente grado di giudizio" (pg. 81), dal momento che, ai sensi dell'articolo 535 c.p.p., la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile presuppone la pronuncia della sentenza di condanna che, appunto, nel giudizio di appello e' venuta meno. Dunque, le statuizioni civili connesse alla condanna in primo grado per il delitto sub U (sia la condanna risarcitoria che quella al rimborso delle spese di assistenza e costituzione nel giudizio di primo grado della parte civile Unicredit), cosi' come la condanna alle spese sostenute dalla parte civile Banca Unicredit per il giudizio di appello (pg. 81 della sentenza impugnata), venendo meno le prime a seguito dell'assoluzione, e mancando il presupposto della condanna per le seconde, devono essere eliminate. 6. L'epilogo del presente scrutinio di legittimita' e' l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alle statuizioni civili, che devono essere eliminate; nel resto il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile, mentre deve essere rigettato il ricorso del Procuratore generale di Napoli nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS). P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alle statuizioni civili, che elimina. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Rigetta il ricorso del P.G.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MOGINI Stefano - Presidente Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere Dott. MASI Paola - rel. Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAOLA MASI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. COCOMELLO ASSUNTA, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: L'avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA, in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA come da nomina depositata all'odierna udienza, in difesa di (OMISSIS), anche per l'avvocato (OMISSIS), del foro di RAVENNA, come da nomina depositata all'udienza udienza, in difesa di (OMISSIS), e (OMISSIS), chiede il rigetto dei ricorsi e si riporta alle conclusioni scritte che deposita all'odierna udienza unitamente alla nota spesa. L'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA, in difesa di (OMISSIS), conclude riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento. L'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA, in difesa di (OMISSIS), conclude insistendo nell'accoglimento del ricorso. L'avvocato (OMISSIS), del foro di BOLOGNA, in difesa di (OMISSIS), conclude insistendo nell'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 21 gennaio 2022 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza emessa in data 20 luglio 2021 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, che ha condannato (OMISSIS) alla pena di quattro anni e sette mesi di reclusione per i reati di cui agli articoli 56, 605 c.p., 56, 575 c.p., articolo 612-bis c.p., commi 1 e 3 e L. n. 110 del 1975, articolo 4 commessi tra il (OMISSIS), con l'attenuante di cui all'articolo 89 c.p. prevalente sull'aggravante della premeditazione; (OMISSIS) e (OMISSIS) ciascuno alla pena di due anni e undici mesi di reclusione per i reati di cui agli articoli 56, 605 c.p., 56, 575 c.p. e L. n. 110 del 1975, articolo 4 commessi tra il (OMISSIS), per entrambi con l'attenuante di cui all'articolo 89 c.p. e con le attenuanti generiche, prevalenti sull'aggravante della premeditazione. Essi sono stati anche condannati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili (OMISSIS) e i suoi genitori (OMISSIS) e (OMISSIS). I tre imputati sono stati ritenuti responsabili di avere, in concorso tra loro, compiuto atti idonei a privare della liberta' personale (OMISSIS), ragazza con cui l'imputato (OMISSIS) aveva avuto una relazione affettiva; di avere compiuto atti idonei ad uccidere i genitori conviventi di lei; di avere portato fuori dall'abitazione, per commettere tali delitti, un coltello con lama appuntita, un paio di forbici e un bastone in metallo dotato di una punta. Il (OMISSIS) e' stato ritenuto responsabile anche di avere provocato alla giovane (OMISSIS), affetta da disabilita' certificata del 40%, uno stato di grave ansia e paura, molestandola per telefono e appostandosi presso la sua abitazione. 1.1. La Corte di appello ha richiamato la ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza di primo grado. Nella notte del (OMISSIS) i Carabinieri notarono un'auto Fiat Panda ferma all'ingresso di un condominio sito in (OMISSIS), col motore acceso, e ne identificarono i tre occupanti negli imputati indicati, i quali non giustificarono la loro presenza in quel luogo, dando il (OMISSIS) tre versioni discordanti. Perquisita l'auto, i Carabinieri rinvennero nel bagagliaio un borsone contenente un passamontagna, due paia di guanti, altri quattro guanti spaiati, un coltello da cucina con lama lunga cm. 13, un paio di forbici, un paio di manette, e, sul sedile occupato dal (OMISSIS), un bastone di metallo con punta in plastica. I tre imputati negarono il possesso del borsone, dicendo che era stato affidato al (OMISSIS) da un amico e che essi ne ignoravano il contenuto; il (OMISSIS), pero', decise di collaborare e confido' ai Carabinieri che il (OMISSIS), con l'aiuto del (OMISSIS), voleva rapire la giovane (OMISSIS) e uccidere i suoi genitori. La giovane venne contattata dai Carabinieri, e nella mattina del (OMISSIS) sporse denuncia-querela descrivendo il rapporto sentimentale che aveva avuto con il (OMISSIS) per circa tre anni, convivendo con lui per un anno, relazione che ella aveva interrotto nel (OMISSIS), tornando a vivere con i genitori, per le violenze abitualmente perpetrate dall'uomo in suo danno. Da quel momento il (OMISSIS) aveva iniziato a cercarla, riuscendo ad incontrarla nel (OMISSIS), e, nonostante il suo rifiuto di riprendere la relazione sentimentale con lui, aveva continuato a cercarla e a telefonarle, in particolare dopo che ella si era fidanzata con un altro ragazzo. Un suo conoscente, (OMISSIS), le aveva riferito che il (OMISSIS) si recava spesso a Imola nella speranza di incontrarla, essendo da lei ossessionato, e che circa venti giorni prima del fatto lo aveva sentito dire al (OMISSIS) che intendeva rapirla e convincerla a tornare a Bologna, dove egli abitava. Il (OMISSIS), in un manoscritto redatto spontaneamente presso i Carabinieri, ha descritto le modalita' del "colpo" organizzato dal (OMISSIS), precisando che questi aveva ricevuto un'arma appuntita con cui intendeva uccidere i genitori della ragazza, e ne ha confermato il contenuto nelle dichiarazioni rese all'udienza di convalida dell'arresto, con le quali ha negato, pero', di avere inteso partecipare all'azione criminosa, e ha sostenuto di avere accompagnato il (OMISSIS) solo per cercare di fermarlo. Il proposito di sequestrare la (OMISSIS) ed uccidere i suoi genitori e' emerso anche da varie comunicazioni intercorse tramite Whatsapp tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) e tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), relative ai dettagli delle azioni criminose e alla predisposizione dei mezzi necessari. Anche il (OMISSIS) ha confermato l'esistenza di tale progetto criminoso, ma ha attribuito al (OMISSIS) il proposito di uccidere i genitori della ragazza. Il (OMISSIS) ha negato invece ogni responsabilita', e ha detto di avere solo chiesto ai due amici un passaggio per casa e di essersi addormentato sull'auto, fino all'intervento dei Carabinieri. Apposita consulenza disposta dal pubblico ministero ha accertato le disabilita' intellettive di tutti e tre gli imputati, tali da comportare un loro vizio parziale di mente, ma ha accertato anche la loro pericolosita' sociale. 1.2. La Corte di appello, con motivazione che rinvia esplicitamente a quella del giudice di primo grado, ha respinto tutti i motivi di impugnazione proposti dagli imputati. In particolare ha ritenuto sussistente l'idoneita' degli atti per i reati di sequestro di persona e di tentato omicidio, negata dagli appellanti, perche' le modalita' dell'azione, benche' rudimentali, esaminate con valutazione ex ante non escludono la possibilita' di raggiungere lo scopo, essendosi i tre imputati dotati di attrezzi e strumenti adeguati ed avendo quindi concretizzato i progetti delittuosi in azioni logicamente coordinate, e dirette in modo univoco al risultato desiderato. Ha ritenuto dimostrato il reato di "stalking", per il quale e' stato condannato il solo (OMISSIS), dalle dichiarazioni della vittima (OMISSIS), ritenute attendibili perche' coerenti e circostanziate, e perche' riscontrate da alcuni referti ospedalieri quanto alle lamentate violenze fisiche, e dalla testimonianza del (OMISSIS) quanto ai continui viaggi del (OMISSIS) ad Imola per incontrare la ragazza. Ha ritenuto provata la responsabilita' del (OMISSIS), per i reati a lui ascritti, dalle comunicazioni intercorse tra lui e il (OMISSIS), in base alle quali addirittura egli stesso e il (OMISSIS) avrebbero dovuto uccidere i genitori della ragazza, e dalla presenza del bastone di metallo sul sedile da lui occupato. Infine ha respinto tutti i motivi relativi alla mancata concessione delle attenuanti generiche al (OMISSIS), all'entita' delle pene inflitte, alla sussistenza della pericolosita' sociale, contestata dal (OMISSIS), e quelli relativi alle statuizioni civili, appellate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS). 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS) per mezzo del proprio difensore Avv. (OMISSIS). 2.1. Il ricorrente (OMISSIS) ha articolato tre motivi di ricorso. Con il primo motivo ha eccepito la violazione di legge penale, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) nella valutazione della idoneita' degli atti posti in essere per la commissione dei reati di tentato sequestro di persona e di tentato omicidio. Secondo i consolidati principi della Corte di cassazione, l'idoneita' degli atti deve essere valutata non in base ad un criterio probabilistico, bensi' in relazione alle concrete possibilita' che alla condotta consegua lo scopo perseguito. In questo caso, le armi ritrovate erano inidonee a raggiungere lo scopo, trattandosi di un coltello con lama poco affilata, delle manette, un bastone con una punta in plastica, e vi era l'impossibilita' materiale di accedere nella casa delle vittime, penetrando di notte in un condominio, in regime di restrizione per l'emergenza pandemica, superando una porta blindata, circostanze tutte note agli agenti, affetti pero' da un vizio di mente. Considerando quindi le concrete circostanze di tempo e luogo e i mezzi a disposizione, si evince come la realizzazione dei reati ipotizzati fosse non solo inverosimile ma, in concreto, oggettivamente impossibile. Quanto al reato di "stalking", invece, la Corte di appello ha errato nel non rilevare la mancanza dell'elemento costitutivo del reato. E' mancata la prova di una serie di condotte reiterate, minacciose e persecutorie, ed anche di violenze fisiche e morali, tali da indurre nella vittima un perdurante stato di ansia e la necessita' di cambiare le abitudini di vita. Le reali dinamiche della relazione tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) sono state evidenziate dal teste (OMISSIS), non sono stati acquisiti i tabulati da cui accertare la qualita' o il tenore delle telefonate asseritamente moleste, e la prova del reato consiste solo nella denuncia che la (OMISSIS) ha sporto dopo i fatti contestati ai primi due capi di imputazione ma mai in precedenza, evidentemente perche' ella non aveva sentito la necessita' di avvisare le autorita'. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente (OMISSIS) ha eccepito la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per la "carenza di connessione logica tra le prove esaminate dal giudicante e le conclusioni a cui lo stesso e' addivenuto". Sempre in relazione alla idoneita' degli atti per la commissione dei reati di sequestro di persona e tentato omicidio, la sentenza, pur affermando che le conversazioni dei tre imputati avevano ad oggetto "progetti inverosimili" palesanti la loro patologia, ha ritenuto esistente la concreta possibilita' di realizzare il piano criminoso, che quindi sarebbe fallito solo per l'intervento dei Carabinieri. Invece tale piano, secondo le dichiarazioni rese negli interrogatori, prevedeva di entrare nell'abitazione, a notte fonda, durante le restrizioni per la pandemia, in un condominio abitato e superando una porta blindata, e di agire avendo come armi un solo coltello e un bastone con una punta di plastica: la sentenza non motiva ne' come tali rudimentali oggetti potessero essere idonei a produrre l'evento, ne' come gli imputati avrebbero potuto anche solo accedere nell'abitazione delle presunte vittime. Quanto poi al reato di "stalking", la sentenza ritiene irrilevante la testimonianza del (OMISSIS) laddove afferma che la (OMISSIS) era incerta se continuare o no la relazione con il (OMISSIS), mentre essa dimostra che tale relazione non era ancora cessata ed il (OMISSIS) cercava lecitamente di parlare con la sua ex-fidanzata, recandosi ad Imola e telefonandole, al fine di salvare il loro rapporto. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso il (OMISSIS) ha eccepito la violazione di legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), con riferimento al trattamento sanzionatorio. Non sono stati adeguatamente motivati il discostarsi dal minimo edittale, ritenendolo congruo pur avendo definito "inverosimile" il piano criminoso, e il diniego delle attenuanti generiche, motivato attribuendo al (OMISSIS) il ruolo di "leader" nel piano criminoso stesso, senza avere mai affermato ne' motivato tale ruolo e trascurando il suo comportamento processuale, ammissivo gia' in sede di primo interrogatorio. Nessun rilievo si attribuisce, poi, alla personalita' dell'imputato, incensurato, e all'intervenuto soddisfacimento della parte civile dopo la sentenza di primo grado, mentre le attenuanti generiche sono state concesse ad un coimputato gravato da precedenti penali. 3. Il ricorrente (OMISSIS) ha articolato otto motivi di ricorso. 3.1. Con il primo motivo ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.c., comma 1, lettera b) ed e), nella valutazione della idoneita' degli atti posti in essere per la commissione del reato di tentato omicidio. La motivazione e' contraddittoria laddove, dopo avere affermato che le comunicazioni intercorse tra gli imputati comprendono progetti inverosimili e fantasiose ideazioni, ha ritenuto gli atti concretamente posti in essere idonei e univoci per raggiungere lo scopo, senza valutare l'insussistenza di una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto dalla norma, e la presumibile impossibilita' di realizzare il piano stesso per le modalita' dell'azione, essendo stati gli imputati fermati in una notte in cui vigeva il coprifuoco, mentre erano ben visibili e con un'arma a portata di mano, arma che peraltro era un semplice bastone appendiabiti a cui era stata apposta una piccola punta in plastica. La sentenza non affronta il problema di come gli imputati avrebbero potuto entrare nell'abitazione delle vittime designate, limitandosi a valorizzare l'appostamento sotto la loro casa ma senza considerare che, in questo caso, non solo l'ora notturna e l'inefficacia dei mezzi ma anche la conoscenza, da parte dei genitori della (OMISSIS), delle manie persecutorie del (OMISSIS), rendeva ragionevolmente impossibile tale accesso. Anche l'univocita' degli atti non e' stata adeguatamente motivata, non essendo emerso con certezza il fine perseguito dagli imputati: i messaggi telefonici tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non forniscono la prova di un intento omicidiario, al di la' di mere farneticazioni, ed anche il viaggio ad Imola la notte dell'arresto era motivato non da una univoca volonta' omicida ma dall'ossessivita' tipica della patologia del (OMISSIS). 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) nella valutazione del necessario dolo nel reato di tentato omicidio. La motivazione e' del tutto priva di un accertamento circa l'animus necandi degli imputati e ne fa discendere la prova dai loro scambi telefonici, prova che viene inoltre travisata. In primo luogo il (OMISSIS) era consapevole solo della detenzione del bastone ma ignorava la presenza delle altre armi. La lettura delle chat intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), poi, evidenzia un quadro delirante, dove anche i soggetti da uccidere variano a seconda dello stato di salute mentale del (OMISSIS). Se la accertata deficienza psichica del (OMISSIS) non esclude di per se' il dolo, essa doveva essere valorizzata per valutare le sue intenzioni e la sua capacita' di comprendere le azioni dei coimputati: anche gli amici del (OMISSIS), tra cui il teste (OMISSIS), non avevano preso sul serio le sue esternazioni su omicidi e rapimenti. Inoltre, in un'unica chat il (OMISSIS) assegna al (OMISSIS) il compito di uccidere i genitori della ragazza, ma il (OMISSIS) non risponde e percio' non si dichiara disponibile a farlo: questa prova e' stata quindi travisata proprio in ordine alla sua accettazione dell'incarico. 3.3. Con il terzo motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), nella valutazione della univocita' e idoneita' degli atti posti in essere per la commissione del reato di tentato sequestro di persona. La motivazione e' contraddittoria perche', come gia' esposto nel primo motivo di ricorso, dopo avere descritto i progetti degli imputati come "inverosimili" e dimostrativi delle loro patologie psichiche, ha ritenuto idonei i comportamenti accertati, consistenti unicamente nell'appostamento sotto la casa della (OMISSIS) e nel possesso delle poche e rudimentali armi gia' descritte. I giudici non spiegano come gli imputati avrebbero potuto accedere all'interno dell'abitazione della ragazza e portarla via, di notte e in pieno coprifuoco, essendo ella a conoscenza del proposito di rapimento e quindi sicuramente non intenzionata a far entrare in casa il (OMISSIS). I mezzi predisposti erano quindi del tutto inidonei a compiere un sequestro di persona, e in ordine alla univocita' degli atti le chat scambiate tra gli imputati non contengono una seria predisposizione di un piano ma solo vaghe farneticazioni. 3.4. Con il quarto motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), anche in relazione alla sussistenza del dolo nel reato di tentato sequestro di persona. Come gia' esposto nel secondo motivo di ricorso, la motivazione e' manifestamente illogica e i messaggi scambiati con il (OMISSIS) sono inattendibili, per il loro contenuto palesemente delirante. La comprovata riduzione della capacita' di intendere e volere del (OMISSIS) doveva essere valorizzata per valutare la sua comprensione-circa le reali intenzioni dei coimputati, atteso che anche i vari amici del (OMISSIS), come detto, non avevano preso sul serio le sue esternazioni. La sentenza ha invece riconosciuto la sussistenza del dolo solo con espressioni tautologiche, senza procedere allo stringente vaglio necessario per una pronuncia di condanna. 3.5. Con il quinto motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione della legge penale e la mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti e all'ipotesi di non punibilita' ai sensi dell'articolo 115 c.p.. Gli atti preparatori di un reato possono integrare il tentativo punibile solo se inequivoci e potenzialmente idonei a realizzare l'evento, e se evolutisi in atti esecutivi, cioe' corrispondenti anche solo in minima parte alla descrizione legale di una fattispecie criminosa. Nel caso di specie il progetto criminoso era inverosimile e gli imputati non possedevano neppure tutti i mezzi necessari per commettere i reati, ed e' illogica e contraddittoria la motivazione laddove non qualifica gli atti compiuti come meramente preparatori e percio' non punibili ai sensi dell'articolo 115 c.p. Non sussistono infatti gli elementi tipici del delitto tentato, cioe' un piano particolareggiato e una predisposizione dei mezzi idonei, elementi da cui desumere il passaggio dalla fase ideativa a quella esecutiva, per cui poteva al massimo configurarsi l'ipotesi del tentativo di un accordo criminoso, non tradottosi pero' in un delitto tentato. 3.6. Con il sesto motivo il (OMISSIS) ha eccepito la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4. La sentenza, con motivazione carente e contraddittoria, ha del tutto omesso di valutarne la sussistenza: non vi e' prova che il (OMISSIS) fosse a conoscenza delle armi riposte nel borsone, e quanto al bastone si trattava di un oggetto artigianale, reso inoffensivo dall'aggiunta di una punta in plastica. 3.7. Con il settimo motivo il (OMISSIS) ha eccepito la mancanza e manifesta illogicita' della motivazione, in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha infatti giustificato lo scostamento dal minimo edittale con un'affermazione apodittica e tautologica, richiamando la gravita' del fatto e l'avvio della fase esecutiva, valutando quindi solo le ipotesi di reato e non i fatti compiuti, e menzionando un inizio di fase esecutiva che invece non vi era stata. La motivazione e' inoltre contraddittoria perche' ha descritto il contributo del (OMISSIS) come di minima importanza, senza poi valorizzare tale dato. 3.8. Con l'ottavo motivo il (OMISSIS) ha eccepito la mancanza e manifesta illogicita' della motivazione, in violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all'aumento stabilito per i vari reati uniti in continuazione. Anche in questo caso non e' stata motivata l'entita' dell'aumento, superiore al minimo, limitandosi ad ancorarlo al numero delle armi e al pericolo cagionato. Anche queste affermazioni sono apodittiche e tautologiche, e non tengono conto del fatto che al (OMISSIS) e' attribuibile la detenzione di una sola arma. La motivazione e' quindi apparente, e del tutto illogica. 4. Il ricorrente (OMISSIS) ha articolato tre motivi di ricorso, dopo un preambolo in cui descrive il caso come "di scuola" circa il classico soggetto agente sorpreso durante gli atti preparatori di un delitto ma che non ha ancora avviato la fase esecutiva. 4.1. Con il primo motivo ha sostenuto l'erroneita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), nella valutazione della idoneita' degli atti compiuti ad integrare i reati di cui agli articoli 56, 605 c.p. e 56, 575 c.p. Dopo un ampio richiamo alla definizione di idoneita' degli atti secondo la dottrina e la giurisprudenza, il ricorrente afferma che la verifica da effettuare e' la risposta alle domande su che cosa sarebbe successo senza l'intervento del fattore ostativo e quale fosse la probabilita' di realizzazione dell'obiettivo, mentre e' irrilevante valutare, come hanno fatto i giudici di merito, solo la astratta efficienza di mezzi e modalita' senza valutare anche, in concreto, la probabilita' di realizzazione dell'evento. Nel caso di specie le circostanze di tempo e luogo e la natura rudimentale dei mezzi a disposizione rendevano improbabile o addirittura impossibile la realizzazione dell'evento: mancava pertanto la "rilevante probabilita' di conseguire l'obiettivo programmato" che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, consente di ritenere idonei gli atti di cui si compone il tentativo. 4.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha eccepito che la motivazione della sentenza di appello e' carente in merito alla valutazione della idoneita' degli atti in relazione ai delitti tentati, limitandosi a rinviare alla sentenza di primo grado e fornendo quindi una motivazione solo apparente. Inoltre essa e' illogica e contraddittoria perche', dopo avere descritto come "inverosimili" i progetti esternati nei messaggi scambiatisi dagli imputati, ed espressione della loro patologia psichica, valuta come possibile il raggiungimento dello scopo. Omette la Corte di appello di valutare come i tre imputati avrebbero potuto entrare nell'abitazione delle presunte vittime, non possedendo gli strumenti adatti e non essendo plausibile che essi sfondassero la porta, secondo le modalita' previste dal piano riferito dallo stesso imputato (OMISSIS). Questo aspetto e' stato oggetto di una specifica censura nell'atto di appello, alla quale i giudici di secondo grado non hanno dato alcuna risposta; la carenza motivazionale non e' superata neppure dal rinvio alla sentenza di primo grado, trattandosi di un aspetto non valutato neppure da questa. 4.3 Con il terzo motivo ha eccepito la mancanza e contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione al trattamento sanzionatorio, non essendo stata data una adeguata motivazione allo scostamento dal minimo edittale. 5. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi. 6. Le parti civili si sono associate alle conclusioni del Procuratore generale, depositando le proprie conclusioni e chiedendo la liquidazione delle proprie spese processuali. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati. 1.1 Sono infondati tutti i motivi relativi alla asserita inidoneita' degli atti compiuti, con riferimento alla commissione dei delitti di tentato omicidio e di tentato sequestro di persona. La sentenza della Corte di appello, la cui motivazione si salda ed integra con quella del giudice di primo grado, escludendo che essa possa essere qualificata come apparente, ha infatti fornito adeguata risposta a tali censure, esposte gia' negli atti di appello, con una valutazione conforme a quella resa dal primo giudice e, come quella, non manifestamente illogica. La Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che "in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento". Nei ricorsi si sollecita, invece, la rivalutazione degli elementi di prova gia' esaminati, nelle due sentenze di merito, con motivazioni complete e non illogiche ne' apparenti in ordine alla idoneita' del progetto elaborato dagli imputati, e degli atti da loro compiuti, per raggiungere gli obiettivi criminosi che si erano prefigurati. 1.2. La Corte di appello ha infatti evidenziato che il progetto di sequestrare la giovane (OMISSIS) e di ucciderne i genitori, diversamente da altri progetti di azioni criminose contro varie persone contenuti nelle chat scambiate dal (OMISSIS) con i coimputati, quelli si' "inverosimili" ed espressivi della loro patologia ma rimasti generici e "confinati in fantasiose ideazioni", si e' tradotto in una serie di condotte concrete, logicamente coordinate tra loro, univocamente dirette e potenzialmente idonee, con valutazione ex ante, a raggiungere l'obiettivo programmato. In particolare la Corte di appello, alle pagine 9 e 10 della sentenza, ha sottolineato, sia pure in modo sommario, che i tre imputati nella notte del fatto, e dopo avere effettuato un sopralluogo nella notte precedente, si sono recati presso l'abitazione delle vittime portando con se' delle armi, tra cui un lungo coltello con lama seghettata, un bastone appuntito, delle manette, guanti e laccio emostatico, avendo elaborato un piano preciso ed avendo valutato piu' modalita' per contattare e colpire le vittime. La sentenza di primo grado, che i giudici di appello richiamano integralmente, ha valutato ancora piu' approfonditamente la sussistenza della "idoneita' e non equivoca direzione degli atti" compiuti dagli imputati, riportando per intero le dichiarazioni rese dal (OMISSIS), il quale ha descritto l'avvenuta predisposizione di un piano completo in ogni dettaglio, ed ha quindi ritenuto, con motivazione non illogica a cui i giudici di secondo grado si sono conformati, che essi "avevano la materiale possibilita'" di porlo in atto, trattandosi di "tre uomini adulti con capacita' di movimento e di non esile stazza, colti armati con coltello e bastone sotto casa delle vittime (presenti in casa)". Secondo il costante principio della Corte di cassazione, "In tema di delitto tentato, l'accertamento della idoneita' degli atti deve essere compiuto dal giudice di merito secondo il criterio di prognosi postuma, con riferimento alla situazione che si presentava all'imputato al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni prevedibili del caso" (Sez. 2, n. 36311 del 12/07/2019, Rv. 277032), e "Ai fini della configurabilita' del reato impossibile, l'inidoneita' dell'azione deve essere assoluta per inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato cosi' da non consentire neppure in via eccezionale l'attuazione del proposito criminoso". (Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014, Rv. 263058). La Corte di appello ha applicato correttamente questo principio, affermando che le modalita' dell'azione preordinata dagli imputati, benche' "rudimentali", erano potenzialmente idonee a raggiungere lo scopo, non essendo i mezzi predisposti strutturalmente inefficaci o insufficienti, e non apparendo impossibile la loro introduzione con violenza nell'abitazione delle vittime; anche l'effettuazione di un sopralluogo, la notte precedente a quella nella quale era prevista l'operazione, dimostra la serieta' dell'intento criminoso e l'attenta programmazione del crimine. 1.3. Le obiezioni avanzate dai ricorrenti, circa la fattibilita' del piano criminoso, non presentano il carattere della decisivita', tale da superare la valutazione della sua idoneita' contenuta nella sentenza impugnata. Questa, richiamando anche la sentenza di primo grado, pur senza esaminare nel dettaglio tali obiezioni, ha sottolineato come il piano criminale nei confronti della famiglia (OMISSIS) fosse stato programmato accuratamente, fossero state predisposte delle armi astrattamente idonee a sopraffare le vittime e persino ad ucciderle, fossero stati suddivisi i compiti tra i tre complici, fosse stato compiuto anche un sopralluogo, nella notte precedente, al fine di verificare l'astratta eseguibilita' del piano. L'obiezione circa l'asserita impossibilita' di accedere all'appartamento delle vittime perche' ubicato in un condominio e munito di porta blindata e' un'affermazione apodittica e non fondata sulle prove raccolte, dal momento che nelle sentenze e negli atti allegati ai ricorsi non sono descritte le caratteristiche del palazzo e della porta di accesso all'abitazione, che anzi nell'atto di appello del (OMISSIS) viene definita come "una porta magari blindata", senza riferire quest'ultima circostanza come certa e dimostrata. Peraltro la Corte di appello ha risposto a detta obiezione affermando, alla pagina 10 della sentenza, che "gli imputati avevano valutato piu' modalita' per contattare ed attingere" le vittime, e concludendo, con valutazione non illogica, che non si puo' escludere che il (OMISSIS), modificando l'originario progetto, sarebbe riuscito a convincere la giovane (OMISSIS) ad uscire da casa, come gia' avvenuto in una precedente occasione, o che le vittime mettessero in atto delle "imprevedibili reazioni". E' corretta anche la valutazione dei giudici di merito, secondo cui la riconosciuta deficienza psichica dei tre imputati non esclude la loro capacita' di portare a termine il progetto: come riportato nella sentenza impugnata, il perito ha qualificato i tre soggetti come socialmente pericolosi proprio perche' capaci di programmare azioni molto violente e incapaci di autocontenersi, e quindi capaci di tenere comportamenti impulsivi e poco controllati, percio' particolarmente pericolosi. Devono pertanto essere respinti, perche' infondati, il primo e il secondo motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS) nelle loro prime parti, il primo e il terzo motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS), il primo e il secondo motivo del ricorso del (OMISSIS). 2. Sono infondati anche i motivi, contenuti nei ricorsi dei tre imputati, circa l'insussistenza dei due delitti di sequestro di persona e di omicidio volontario tentati, perche' gli atti compiuti sarebbero meramente preparatori e non avrebbero raggiunto il grado di esecutivita' necessario per qualificarli come condotte penalmente rilevanti, imponendo quindi l'applicazione dell'articolo 115 c.p.. 2.1. La questione e' stata ampiamente esaminata nella sentenza di primo grado, a cui la Corte di appello rinvia esplicitamente dichiarando, come gia' sottolineato, di redigere una motivazione "per relazione". E' corretta l'affermazione del giudice di primo grado, secondo cui "anche i c.d. atti preparatori possono integrare gli estremi del delitto tentato, purche' idonei e diretti in modo non equivoco alla consumazione di un reato". Deve infatti applicarsi il principio, piu' volte sostenuto dalla Corte di cassazione, secondo cui "In tema di delitto tentato, anche gli atti preparatori possono integrare gli estremi del tentativo punibile, purche' in se' univoci, ossia oggettivamente rivelatori, per il contesto nel quale si inseriscono e per la loro natura ed essenza, secondo le norme di esperienza e l'id quod plerumque accidit, del fine perseguito dall'agente" (Sez. 5, n. 18891 del 22/02/2017, Rv. 269932) e "Per la configurabilita' del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilita' di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sara' commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volonta' del reo." (Sez. 2, n. 24301 del 04/05/2017, Rv, 269963; conformi: Sez. 5, n. 18981 del 22/02/2017, Rv. 269931, Sez. 2, n. 52189 del 14/09/2016, Rv.268644, ed altre). 2.2. Sulla base di questo principio le due sentenze hanno concluso, in modo logico e non contraddittorio, che gli atti concretamente compiuti dai tre imputati, consistenti, come detto, non solo nel programmare in modo dettagliato i due delitti, ma anche nel dotarsi degli strumenti ritenuti necessari per la loro consumazione, nel compiere un sopralluogo per verificarne la fattibilita', e infine nell'appostarsi presso la casa delle vittime in attesa del momento opportuno per entrare in azione, costituiscono degli atti idonei ed univocamente diretti alla commissione dei delitti stessi. In particolare e' corretta la valutazione circa la sussistenza, oltre alla idoneita' degli atti, anche della loro univocita', con il superamento della fase meramente preparatoria dei due delitti, il cui obiettivo era stato indicato con certezza dai tre imputati nei messaggi telefonici scambiati nei giorni precedenti, avendo essi dato inizio alla loro esecuzione nella notte del loro arresto. 2.3. E' infine logica e corretta l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, fondata sui medesimi elementi, della sussistenza in tutti gli imputati del dolo di entrambi i delitti, in quanto la volonta' di rapire la ragazza e quella di ucciderne i genitori era stata manifestata apertamente nei predetti messaggi telefonici. 3. Sono infondati i motivi proposti dal ricorrente (OMISSIS) relativamente alla sussistenza, in lui, del necessario dolo. Come sottolineato alle pagine 13 e 14 della sentenza impugnata, i messaggi telefonici rinvenuti sul suo telefono e su quello del (OMISSIS) dimostrano che egli era a conoscenza del progetto di commettere i delitti di sequestro di persona e di omicidio in danno della famiglia (OMISSIS), era a conoscenza del piano nei suoi particolari, compreso il fatto che il suo compito era quello di uccidere i genitori della ragazza, e non ha mai fatto venir meno la sua adesione, recandosi anzi sul luogo previsto sia nella notte del (OMISSIS) sia nella notte precedente. E' quindi corretta la conclusione dei giudici di appello, secondo cui egli ha partecipato all'azione con il grado di consapevolezza consentito dal suo vizio parziale di mente, che secondo il perito non ha eliminato la sua coscienza e la sua volonta'. Infatti le sue giustificazioni in merito alla presenza sull'auto, nella notte dell'arresto, sono risultate del tutto false, come sottolineato nella sentenza di primo grado, e quindi egli non ha fornito alcuna credibile versione alternativa che spiegasse per quale motivo si trovasse in compagnia dei due complici, di notte, in una citta' distante da quella di sua residenza. E' manifestamente infondata l'affermazione, contenuta nel secondo motivo del suo ricorso, secondo cui il piano elaborato dal (OMISSIS) era cosi' improbabile e fantasioso che potrebbe non essere stato preso sul serio dal (OMISSIS): l'imputato non ha mai fornito una simile tesi difensiva, come risulta dalle sue dichiarazioni riportate nella sentenza di primo grado, e peraltro gli amici del (OMISSIS) avevano creduto alla serieta' del suo proposito, dal momento che il (OMISSIS) avverti' la giovane (OMISSIS) dell'intenzione dell'imputato di rapirla, evidentemente perche' aveva ritenuto concreto tale pericolo. 4. Il sesto motivo del ricorso proposto dal (OMISSIS) e' inammissibile perche' manifestamente infondato. La sussistenza anche a suo carico dell'elemento soggettivo della contravvenzione di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4 e' stata adeguatamente valutata nella sentenza impugnata, e ritenuta dimostrata dal rinvenimento del bastone con punta acuminata sul sedile da lui occupato. Tale circostanza dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che egli era consapevole di portare con se' quell'arma, la cui astratta idoneita' per cagionare la morte, ritenuta dai giudici di merito, e' stata gia' sopra confermata. La sentenza ha anche dedotto che egli, avendo aderito al piano criminoso del (OMISSIS), ed avendo da lui ricevuto il compito di uccidere i genitori della ragazza, aveva motivo di ritenere che questi avesse procurato tutti gli strumenti necessari per attuarlo: tale deduzione e' logica e corretta in quanto fondata su elementi oggettivi, che dimostrano sufficientemente la sussistenza della responsabilita' di questo imputato anche per il reato di cui alla L. n. 110 del 1975, articolo 4. 5. Il primo e il secondo motivo del ricorso dell'imputato (OMISSIS) sono infondati anche nella parte in cui egli ha negato la sussistenza del reato di cui all'articolo 612-bis c.p., nei suoi elementi oggettivo e soggettivo. La sentenza impugnata e' adeguatamente motivata in ordine ad entrambi gli elementi, avendo valutato credibile la denuncia della vittima, che ha descritto sia il proprio stato di timore nei confronti del (OMISSIS), per le sue persecuzioni e per le intenzioni criminose che gli erano state riferite dal (OMISSIS), sia il cambiamento delle proprie abitudini di vita, indotto dalla condotta dell'ex-fidanzato. Ha sottolineato che tale denuncia e' stata riscontrata dal teste (OMISSIS), sia in merito alle intenzioni delittuose manifestate dal (OMISSIS), sia in merito alla sua condotta ossessiva, finalizzata ad imporre alla ragazza la ripresa del rapporto affettivo, anche dopo che ella aveva iniziato una relazione con un altro ragazzo. La Corte di appello, alla pag. 11 della sentenza, ha risposto in maniera logica anche alla obiezione, formulata nell'atto di appello, circa l'apparente permanenza di una relazione affettiva tra l'imputato e la vittima, desunta da un'affermazione del predetto testimone. Il ricorrente ha riproposto la medesima obiezione nel presente ricorso, senza confrontarsi con tale motivazione laddove questa ha valutato vessatorie, e percio' illecite, le condotte del (OMISSIS), anche qualora egli "avesse dovuto confrontarsi con le indecisioni della ragazza". 6. Sono infine infondati tutti i motivi relativi al trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha adeguatamente e non illogicamente motivato le ragioni dell'applicazione di una pena-base di poco superiore al minimo edittale e degli aumenti per i reati uniti in continuazione: tutte le pene sono molto contenute e congrue alla luce della gravita' dei delitti progettati, della pluralita' delle vittime, del grado di inizio di esecuzione di tali reati, della pericolosita' degli imputati. E' adeguatamente motivata anche l'omessa concessione delle attenuanti generiche al (OMISSIS), il cui ruolo di leader del gruppo criminale viene correttamente dedotto, dai giudici di merito, dalle chat: infatti proviene da lui sia l'ideazione del complessivo progetto criminoso, sia il mantenimento dei contatti con i complici, sia l'assegnazione a costoro di distinti ruoli, sia la individuazione della data in cui agire. Questo ricorrente contesta l'affermazione della Corte di appello circa la insussistenza di elementi positivamente valutabili ai fini della concessione di tali attenuanti, ma nel ricorso prospetta elementi non provati o gia' esclusi dai giudici di merito: la sua condotta processuale non e' stata pienamente collaborativa, avendo egli cercato di sminuire la propria responsabilita' attribuendo al (OMISSIS) il progetto di uccidere i genitori; la sua incensuratezza non e' idonea per dimostrare una personalita' aliena da inclinazioni delinquenziali, alla luce della valutazione di pericolosita' sociale espressa dal perito; l'asserito soddisfacimento della parte civile e' del tutto indimostrato, ed appare smentito dalla permanenza di questa nel processo. Il diverso trattamento riservato, sul punto, ai due coimputati e' stato poi motivato in modo non illogico, indicando la ben maggiore collaborazione fornita dal (OMISSIS) e il ruolo "piu' defilato" del (OMISSIS). Quest'ultima affermazione, contenuta alla pag. 19 della sentenza di primo grado, dimostra anche la infondatezza del settimo motivo di ricorso di quest'ultimo imputato, laddove egli ha censurato l'omessa valorizzazione della minima importanza del suo contributo, essendo stata tale circostanza riconosciuta con la concessione delle predette attenuanti. 7. Sulla base delle considerazioni che precedono, tutti i ricorsi devono pertanto essere respinti. Al loro rigetto fa seguito la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle proprie spese processuali e al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili, liquidate, per questa fase, come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), difesi dall'avvocato (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4.800,00, oltre accessori di legge, e dalla parte civile (OMISSIS), difesa dall'avvocato (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ZAZA Carlo - Presidente Dott. MICCOLI Grazia R.A. - Consigliere Dott. ROMANO Michele - rel. Consigliere Dott. BRANCACCIO Matilde - rel. Consigliere Dott. CARUSILLO Elena - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: 1. Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Reggio Calabria; 2. (OMISSIS) , nato ad (OMISSIS); 3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 9. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 10. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); nel procedimento a carico di questi ultimi nove e di: 10. (OMISSIS) , nato a (OMISSIS); 11. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 12. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 13. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 14. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 15. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 16. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 17. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); 18. (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 09/07/2021 della Corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere Michele Romano; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al trattamento sanzionatorio, e per l'inammissibilita' del ricorso nel resto, per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 septies), nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 sexies), nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 bis), nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai capi 14 quater) e 14 novies), nei confronti di (OMISSIS) in relazione al capo 14 novies) e per il rigetto del ricorso del Procuratore generale nel resto, nonche' per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), per l'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS); udito il difensore della parte civile Comune di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che si e' associata alle conclusioni del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale e l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS) cl. (OMISSIS), avv. Armando Gerace, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi dei suoi assistiti; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso del Procuratore generale e l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), in sostituzione dell'avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'accoglimento del ricorso del suo assistito; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS) , avv. (OMISSIS), che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso del Procuratore generale; udito il difensore di (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore generale. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria ha parzialmente riformato la sentenza del 25 luglio 2019 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria che, all'esito del giudizio abbreviato, per quanto di interesse in questa sede, aveva affermato la penale responsabilita' di: - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' dei delitti di cui ai capi 19), 22), 28) e 39); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. a lui ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 18), 19), 31), 33), 35), 36), 37) e 44); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 21), 23), 24), 25), 26), 27), 29), 30), 34), 37), 45), 48), 50), 51), 52), 53), 54), 55), 56) e 57); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 5), 6), 13) 14 quater), 14 quinquies), 14 septies) e 14 novies); - (OMISSIS) per i delitti allo stesso ascritti ai capi 74) e 76), quest'ultimo riqualificato nel diverso reato di cui all'articolo 610 aggravato ex articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 74) e 76), quest'ultimo riqualificato nel diverso reato di cui all'articolo 610 cod. pen., circostanziato ex articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) per il delitto allo stesso ascritto al capo 14 sexies), previa esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) per il delitto allo stesso ascritto al capo 14); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma; - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, e per il delitto di cui al capo 14 novies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 4), 5), 8), 10) e 14 septies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, nonche' per i delitti di cui ai capi 14 septies) e 14 novies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma, nonche' del delitto di cui al capo 14 septies); - (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione della circostanza aggravante di cui al sesto comma; - (OMISSIS) per il delitto allo stesso ascritto al capo 14 bis), previa esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' per il delitto di cui al capo 76) riqualificato nel diverso reato di cui agli articoli 610 e 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1), con esclusione dell'aggravante di cui al sesto comma, nonche' dei delitti di cui ai capi 74) e 76), quest'ultimo riqualificato nel diverso reato di cui agli articoli 610 e 416-bis.1 cod. pen.; - (OMISSIS) cl. (OMISSIS) per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen. allo stesso ascritto al capo 1). Con la sentenza di primo grado e' stata accertata la responsabilita' per il reato di partecipazione alla âEuroËœndrangheta (capo 1) di diversi soggetti appartenenti alle cosche gia' radicate nei comuni di (OMISSIS) e (OMISSIS) e che controllavano il settore degli appalti pubblici nel territorio del Comune di (OMISSIS). Inoltre, la sentenza ha affermato la penale responsabilita' di diversi imputati per reati di estorsione ai danni di imprenditori operanti nel settore degli appalti pubblici o comunque collegati a tale attivita' imprenditoriale. Oltre ai soggetti gia' storicamente inseriti nelle cosche di (OMISSIS) e (OMISSIS) e che risultavano egemoni anche nel territorio di (OMISSIS), quali i fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) detti bruciati, i (OMISSIS) ramati ed i (OMISSIS) lare' ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), la sentenza di primo grado ha accertato che a (OMISSIS) esistevano anche alcuni esponenti della âEuroËœndrangheta che erano intenzionati a costituire a (OMISSIS) un nuovo locale, cosi' da limitare l'ingerenza dei forestieri, nonche' un'ulteriore realta' criminale di nuova formazione, composta da soggetti che tra loro si chiamavano con l'appellativo di "Cumps" (versione "moderna" del termine compari) ed operante sempre sul territorio di (OMISSIS) e a questo nuovo gruppo criminale appartenevano, secondo la sentenza di primo grado, tra gli altri, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Infine, il Giudice dell'udienza preliminare ha ritenuto l'esistenza un altro sodalizio criminale avente connotazioni mafiose ed operante nel Comune di (OMISSIS), sotto le direttive di un capo storico della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS) quale (OMISSIS) e composto da (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), anche loro raggiunti da statuizione di condanna per il capo associativo mafioso. 2. La Corte d'Appello ha, invece, per quanto rileva in questa sede: - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1) e 19) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per gli altri reati perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1), 18), 19), 36) e 37) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per gli altri reati perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1), 37), 48), 50) e 51) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per gli altri reati, perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 13), perche' il fatto non sussiste, e 14 novies), per non aver commesso il fatto e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per il reato di cui al capo 14 quater) perche' estinto per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni a lui ascritte perche' il fatto non sussiste; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione a lui ascritta al capo 74) perche' il fatto non sussiste; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 sexies) perche' il fatto non costituisce reato; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 novies) per non avere commesso il fatto; - assolto (OMISSIS) dalle imputazioni di cui ai capi 1) e 14 septies) perche' il fatto non sussiste e dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in relazione ai reati di cui ai capi 4), 5), 8) e 10) perche' estinti per prescrizione; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 1) perche' il fatto non sussiste; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione ascrittagli al capo 14 bis) perche' il fatto non costituisce reato; - assolto (OMISSIS) dall'imputazione a lui contestata al capo 74) perche' il fatto non sussiste. Ha pure rideterminato la pena per gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) cl. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria chiedendone l'annullamento in relazione alle posizioni di (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ed articolando undici motivi. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato associativo contestato al capo 1), della mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione. Sostiene che l'assoluzione dell'imputato si fonda sull'omessa considerazione della circostanza che egli era invitato a prendere parte ai "tavoli" ove si decidevano le spartizioni degli appalti. Tale circostanza emergeva in particolare dall'intercettazione ambientale 13003 del 27 gennaio 2011 riportata alle pagg. 339 e segg. della sentenza di primo grado. La presenza a detti "tavoli" era concepibile solo in virtu' della partecipazione di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta, ne' altrimenti l'imputato avrebbe avuto motivo di dolersi se associati del calibro di (OMISSIS), gia' condannato con altra sentenza per la partecipazione al sodalizio mafioso, non gli "avessero passato parola", essendosi il (OMISSIS) limitato ad interloquire con il capo locale, violando un dovere di comunicazione nei confronti degli altri sodali. La motivazione, sostiene il ricorrente, e' errata laddove fonda il convincimento della estraneita' di (OMISSIS) dalla sua affermazione, oggetto di intercettazione in data 28 luglio 2009 e riportata alla pag. 479 della sentenza di appello, che nel caso fosse scoppiata una guerra di mafia egli non avrebbe avuto da temere alcunche', potendo permettersi di camminare per strada anche a mezzanotte senza essere toccato da alcuno. In realta', secondo il ricorrente, (OMISSIS) era tranquillo non perche' estraneo al sodalizio criminale, ma perche' intratteneva buoni rapporti sia con i (OMISSIS) "bruciati" della locale di (OMISSIS), sia con (OMISSIS), capo della âEuroËœndrina distaccata di (OMISSIS), come si comprende da altre intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado alle pagg. 224 e segg. ed in particolare dalla intercettazione ambientale progressivo n. 923 del 29 agosto 2000 riportata alle pagine 230 e segg. della sentenza di primo grado in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) affermano di stare con i (OMISSIS) "bruciati" e con i (OMISSIS) "lari'", ma non per questo di stare contro (OMISSIS). Il ricorrente sostiene che la motivazione e' errata anche laddove fonda l'assoluzione sul proposito, espresso da (OMISSIS) , di elargire qualcosa alla famiglia (OMISSIS) laddove egli si fosse aggiudicato l'appalto dei lavori del cimitero, atteso che non e' inconciliabile con lo status di associato alla âEuroËœndrangheta il pagamento di mazzette ad altri appartenenti al sodalizio criminale, come riconosciuto in molte altre sentenze e anche nella sentenza di appello, che aveva riconosciuto (OMISSIS) "bruciato" colpevole di un'estorsione ai danni di un imprenditore che era protetto dalla cosca (OMISSIS) di (OMISSIS) (capo 14 novies). Peraltro, detta elargizione non era una tangente calcolata in proporzione al valore dei lavori appaltati, ma una somma minore, spontaneamente corrisposta in segno di rispetto nei confronti del capo della ndrina di riferimento. Infine, per le ragioni svolte con il secondo motivo di ricorso, era errata l'assoluzione di (OMISSIS) dal delitto di estorsione contestato al capo 14 septies), che costituiva un reato fine dell'associazione mafiosa e la cui commissione da parte dell'imputato avvalorava il suo inserimento nella stessa. 3.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato di estorsione contestato al capo 14 septies), la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 192 cod. proc. pen. e degli articoli 110 e 629 cod. pen. Il ricorrente evidenzia che la Corte d'Appello ha ammesso che (OMISSIS) avesse svolto il ruolo di tramite tra i (OMISSIS) "bruciati", che avevano attuato l'estorsione, e (OMISSIS), che l'aveva subita, e tuttavia ha escluso la partecipazione di (OMISSIS) al delitto. La Corte di merito, segnala il ricorrente, ha affermato che la circostanza che (OMISSIS) , su richiesta dei (OMISSIS) "bruciati" o nell'interesse dei (OMISSIS), avesse fatto da tramite con il (OMISSIS) per il pagamento di alcune somme che dovevano essere date a (OMISSIS) per i lavori eseguiti non dimostrerebbe che egli controllasse i lavori o fungesse da tramite tra le cosche e l'imprenditore. Sostiene, allora, il ricorrente che tale conclusione e' frutto di un evidente travisamento, poiche' non emergerebbe da alcun elemento che i (OMISSIS) "bruciati" abbiano chiesto a (OMISSIS) di intercedere per far ottenere i soldi a (OMISSIS). Risulterebbe, invece, che i (OMISSIS) avevano chiesto a (OMISSIS) di intercedere per ottenere il pagamento delle somme loro dovute. A sostegno di tale conclusione il Procuratore generale invoca l'intercettazione del 22 settembre 2009 riportata alla pag. 446 della sentenza di appello, avente ad oggetto una conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo riportava al secondo il contenuto di una conversazione con (OMISSIS)"bruciato" asserendo che essa aveva ad oggetto la quantificazione dei soldi dell'estorsione, precisando che al termine della stessa (OMISSIS)l'aveva invitato a richiedere la consegna dei soldi per il giorno seguente, ma egli aveva rifiutato poiche' i termini dell'accordo raggiunto erano diversi e bisognava aspettare. Da detta conversazione emergerebbe, quindi, che (OMISSIS) fungeva da tramite alle richieste di tangenti rivolte dai (OMISSIS) "bruciati" a (OMISSIS) e sovrintendeva ai conti dei lavori che il (OMISSIS) doveva presentare ai predetti onde calcolare la percentuale loro dovuta, come affermato dalla sentenza di primo grado alle pagine 529 e segg. Il Procuratore generale ha anche riportato nel suo ricorso il testo delle conversazioni intercettate che avallerebbero tale conclusione, esaminate dal giudice di primo grado e pretermesse dalla Corte di appello. Il ricorrente sostiene pure che sono stati violati gli articoli 110 e 629 cod. pen., alla luce del principio reiteratamente affermato da questa Corte di cassazione per cui ai fini dell'integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione e' sufficiente la coscienza e volonta' di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita, cosicche' anche l'intermediario, nelle trattative per la individuazione della persona alla quale versare la somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalita' di perseguire l'interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarieta' umana (Sez. 2, n. 6824 del 18/01/2017, Bonapitacola, Rv. 269117). Nel caso di specie (OMISSIS) ha agito allo scopo di favorire gli estorsori e non la vittima. 3.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato di cui all'articolo 378 cod. pen. contestato al capo 14 sexies), la violazione degli articoli 378 e 384 cod. pen. La Corte d'Appello, evidenzia il ricorrente, ha riconosciuto che l'imputato e' stato reticente quando e' stato sentito a sommarie informazioni da parte delle forze dell'ordine e tuttavia ha applicato l'esimente di cui all'articolo 384 cod. pen., ritenendo che l'imputato avesse taciuto a causa del timore di ritorsioni. Sostiene allora il Procuratore generale che tale disposizione e' stata erroneamente applicata in modo eccessivamente estensivo, dovendo invece operare il principio, affermato da questa Corte di cassazione, per cui, in tema di reati contro l'amministrazione della giustizia, l'esimente prevista dall'articolo 384, primo comma, cod. pen. non puo' essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla liberta' o all'onore, implicando essa non solo un rapporto di derivazione del fatto commesso dalla esigenza di tutela di detti beni, ma, soprattutto, che detto rapporto sia rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialita' e non di semplice supposizione, per cui il pericolo deve essere collegato a circostanze obiettive ed attuali e risultare evitabile soltanto con la commissione di uno dei reati in relazione ai quali l'esimente opera (Sez. 2, n. 7264 del 14/01/2020, Spini, Rv. 278424). Il timore invocato dalla Corte di appello era solo ipotetico e presunto e, comunque, mai era stato invocato dall'imputato. L'interpretazione estensiva adottata dalla Corte di appello avrebbe condotto all'abrogazione implicita dell'articolo 378 cod. pen. nei territori controllati dalla criminalita' organizzata, potendo sempre ipotizzarsi che le false dichiarazioni siano state ingenerate da paura e non dalla volonta' di proteggere gli autori dei fatti oggetto di indagine. 3.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione per il reato di cui all'articolo 378 cod. pen. contestato al capo 14 bis), della violazione degli articoli 378 e 384 cod. pen., richiamando gli argomenti gia' posti a base del terzo motivo di ricorso. 3.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla dichiarazione di non doversi procedere a carico di (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 353 cod. pen. contestato al capo 14 quater) perche' estinto per prescrizione, la erroneita' e contraddittorieta' della motivazione. La Corte territoriale ha accertato la sussistenza del reato, ma ha escluso l'aggravante ex articolo 416-bis.1 cod. pen. e ha dichiarato che esso si era estinto per prescrizione; ha motivato l'esclusione dell'aggravante affermando che il (OMISSIS), pur essendo inserito nel sodalizio mafioso, non aveva agito per agevolare lo stesso, ma nel proprio esclusivo interesse. Sostiene, allora, il Procuratore generale che la motivazione e' contraddittoria perche' l'aggravante e' stata ritenuta sussistente in relazione al delitto contestato al capo 14 quinquies), sebbene questo riguardi il medesimo appalto cui si riferisce il delitto di cui al capo 14 quater). Dapprima il (OMISSIS) ha turbato la regolarita' dell'appalto contattando diversi imprenditori per farli desistere dalla gara e poi, non essendo riuscito a far desistere tutti i concorrenti, si era presentato all'aggiudicatario per conto della cosca (OMISSIS) , ottenendo cosi' la cessione di parte dei lavori appaltati. Poiche' il (OMISSIS) non aveva una sua impresa edile, non poteva sostenersi, come aveva fatto la Corte di appello, che egli avesse agito per un suo personale interesse, e proprio i giudici di secondo grado, nell'affermare la sua penale responsabilita' per il delitto associativo, avevano evidenziato che egli partecipava all'esecuzione di tutti i lavori appaltati solo in virtu' della sua partecipazione alla âEuroËœndrangheta e dell'appoggio che gli veniva assicurato dalla famiglia dei (OMISSIS) "bruciati" di (OMISSIS). Era, quindi, contraddittorio affermare che egli avesse turbato la regolarita' dell'appalto per motivi personali e poi avesse costretto l'aggiudicatario a cedergli parte dei lavori agendo nell'interesse della cosca. 3.6. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla imputazione di tentata estorsione ai danni di (OMISSIS) contestata al capo 14 novies), la erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione degli articoli 110, 56, 629, secondo comma, e 628, terzo comma n. 1, cod. pen. La Corte d'Appello ha pronunciato nei confronti dei predetti una sentenza assolutoria, ritenendo isolato il riferimento agli stessi contenuto nelle intercettazioni ambientali e il loro ruolo, in relazione a detto episodio estorsivo, del tutto marginale e privo di efficienza causale; l'estorsione era condotta da (OMISSIS) "bruciato" e la mera presenza del (OMISSIS) e del (OMISSIS) ad un incontro tra estorsore e vittima era troppo isolata e marginale per fondare una pronuncia di condanna. Evidenzia il ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte di cassazione afferma che ai fini della configurabilita' del concorso di persone nel delitto di estorsione e' sufficiente anche la semplice presenza, purche' non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 2, n. 28895 del 13/07/2020, Massaro, Rv. 279807) o esercitare una maggiore pressione sulla vittima, riducendone la forza di reazione (Sez. 2, n. 671 del 23/10/2019, dep. 2020, Pignataro, Rv. 277817) e che dalle intercettazioni e' emerso che lo stesso (OMISSIS) ha riferito a (OMISSIS) di avere preso parte con (OMISSIS) e (OMISSIS) alla riunione svoltasi a (OMISSIS) in cui i tre avevano preteso da (OMISSIS) " (OMISSIS)", che aveva svolto il ruolo di garante, il rispetto dell'impegno assunto dall'imprenditore (OMISSIS) che, eseguendo lavori in un territorio controllato dalle cosche di (OMISSIS), era tenuto a pagare a queste una percentuale. Non e', quindi, possibile ritenere casuale ed insignificante la presenza dei due imputati all'incontro tenutosi a (OMISSIS). Le intercettazioni, utilizzate anche per affermare la penale responsabilita' del (OMISSIS) e del (OMISSIS) per il reato associativo, dimostravano che essi avevano preso parte anche ad altre vicende di analoga natura, cosicche' era illogico ritenere che in questa occasione la loro presenza fosse priva di efficienza causale. 3.7. Con il settimo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla imputazione di estorsione contestata al capo 74), della erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., della violazione degli articoli 192 e 533 cod. proc. pen. e dell'articolo 353 cod. pen. In relazione ai lavori della chiesa di (OMISSIS) nel Comune di (OMISSIS) la Corte di appello ha assolto gli imputati per mancanza di prova della natura estorsiva della fornitura. Segnala il ricorrente che la persona offesa ha sempre affermato che la sua liberta' di autodeterminazione in relazione alla scelta dei soggetti da quali rifornirsi era stata lesa e che, dopo essersi rivolta per la sabbia ad (OMISSIS), era stata contattata da un altro soggetto interessato a fornire lo stesso materiale, ma era stata redarguita dallo (OMISSIS), che con tono minaccioso gli aveva dichiarato che una volta che egli si era rivolto a lui non avrebbe potuto accettare sabbia da altri; nemmeno la persona offesa aveva potuto contrattare il prezzo, determinato unilateralmente dallo (OMISSIS) in misura giudicata esorbitante dal teste. La Corte ha, quindi, errato nell'affermare che dal racconto della persona offesa non si ricavava l'esistenza di imposizioni. Inoltre, sostiene il ricorrente, la Corte d'Appello avrebbe errato nel ritenere non sufficienti a provare le responsabilita' le dichiarazioni della persona offesa per mancanza di riscontri in ordine al numero delle forniture ed al prezzo fuori mercato che le era stato praticato, dovendo invece trovare applicazione il principio per il quale le dichiarazioni testimoniali della persona offesa sono sufficienti a provare i fatti purche' sia stata accertata la loro attendibilita'. Ne' si chiarisce perche' la stessa persona offesa, ritenuta attendibile in relazione al reato contestato al capo 76), sarebbe inattendibile in relazione al capo 74). Peraltro, le dichiarazioni della persona offesa sono riscontrate dal contenuto delle intercettazioni riportate alle pagine 715 e 716 della sentenza di primo grado, non prese in considerazione dalla sentenza di appello, in cui il (OMISSIS) dichiarava che avrebbe pagato solo un prezzo giusto e non quello che gli era stato richiesto, che considerava esorbitante. Infine, il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 629 cod. pen., sostenendo che la Corte di appello ha omesso di prendere in considerazione il profilo della estorsione contrattuale, evidenziato nella sentenza di primo grado: la sproporzione tra il prezzo praticato e quello di mercato era irrilevante, poiche' comunque la persona offesa era stata costretta al rapporto contrattuale in violazione della propria autonomia negoziale. 3.8. Con l'ottavo motivo il ricorrente, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dall'imputazione per il reato associativo contestato al capo 1), lamenta la mancanza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione. Il ricorrente sottolinea che la Corte d'Appello ha confermato che gli imputati si sono resi colpevoli di numerosi reati in materia di droga ed armi, dichiarati estinti per prescrizione solo in conseguenza della ritenuta insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen., e piu' volte hanno tentato di ingerirsi nei lavori pubblici eseguiti nel territorio, esercitando pressioni per ottenere richieste di forniture o rivolgendo richieste di denaro ai vari imprenditori e, tuttavia, ha ritenuto che tali condotte non consentissero loro di esercitare un controllo sul territorio o di esercitare un potere di intimidazione tale da integrare il reato associativo di cui all'articolo 416-bis cod. pen. Sostiene che tale conclusione deriva dall'omessa considerazione di taluni elementi di prova che, invece, dimostravano che l'associazione aveva gia' conseguito, grazie alla sua forza di intimidazione, il rispetto della popolazione che la considerava quale struttura in grado di assicurare protezione. Tale circostanza emergeva dalla conversazione intercettata in data 24 marzo 2012 tra (OMISSIS) ed un uomo di etnia rom di nome Patrizio ed avente ad oggetto il furto di uova pasquali all'interno di un supermercato di (OMISSIS) il cui proprietario aveva preferito rivolgersi al (OMISSIS) piuttosto che alle forze dell'ordine o agli esponenti della locale di (OMISSIS) o della ndrina di (OMISSIS). Nella conversazione il (OMISSIS) minacciava di uccidere gli autori del furto e il suo interlocutore, manifestandosi intimidito, si dichiarava disposto a collaborare; l'intervento del (OMISSIS) non era dovuto alla entita' del furto, ma alla circostanza che esso fosse avvenuto senza la previa autorizzazione. Il ricorrente riporta nel ricorso il testo della conversazione intercettata. Il Procuratore generale sostiene pure che sono state travisate le intercettazioni dalle quali risulta che il gruppo capeggiato dal (OMISSIS) era entrato in fibrillazione quando i componenti della famiglia (OMISSIS) erano stati arrestati per detenzione di armi. L'interesse di (OMISSIS) non era dettato da mera curiosita' o da spirito di solidarieta', ma dal timore di un suo coinvolgimento nelle indagini, avendo (OMISSIS) sotterrato in un terreno molte armi appartenenti al gruppo, come risulta dal contenuto di una intercettazione trascritta nel ricorso. L'errata considerazione della conversazione intercettata aveva poi condotto ad una sottovalutazione delle conversazioni intercettate relative alla raccolta di fondi per sostenere il (OMISSIS) durante la carcerazione, che era stata erroneamente interpretata come un mero gesto ispirato a solidarieta' tra amici, mentre costituiva adempimento di un obbligo della associazione nei confronti del singolo associato che rispondeva penalmente per la detenzione di armi che in realta' appartenevano all'associazione. Errata o comunque incompleta era anche la ricostruzione del danneggiamento con colpi di pistola della motopala del (OMISSIS), sminuita dalla Corte di appello che l'aveva ritenuta una ragazzata, travisandone il vero movente, ossia compiere un attentato ai mezzi di (OMISSIS), cognato degli (OMISSIS), onde affermare la loro supremazia sul territorio; essi avevano colpito il veicolo del (OMISSIS) confondendolo con quello del (OMISSIS). Il ricorrente riporta nel ricorso il testo della conversazione intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui viene ricostruito l'episodio. Neppure, si duole il ricorrente, e' stata considerata la conversazione intercettata il 14 giugno 2011 tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e tale (OMISSIS) in cui il (OMISSIS) aveva affermato l'esistenza di un programma delinquenziale finalizzato ad ottenere il controllo sui lavori edili eseguiti nel loro paese. Dalle prove pretermesse e da quelle erroneamente valutate si desumono ulteriori elementi che, uniti a quelli gia' valutati dalla Corte di appello, consentono di affermare la penale responsabilita' degli imputati per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui ricorrono tutti gli elementi costitutivi. 3.9. Con il nono motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla imputazione per il reato associativo contestato al capo 1), la mancanza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 521 cod. proc. pen. e dell'articolo 416, primo, secondo e terzo comma, cod. pen. La Corte di appello, pur escludendo la sussistenza di un'associazione di tipo mafioso, ammette la esistenza di un gruppo criminale genericamente dedito alla commissione di reati e difatti risulta accertato che gli imputati hanno commesso molteplici delitti in materia di armi e stupefacenti, danneggiamenti, cosicche' non risultano indicate le ragioni per le quali non ha ritenuto di sussumere il reato associativo, esclusa la sua natura mafiosa del gruppo criminale, nella fattispecie prevista dall'articolo 416 cod. pen. Per il reato previsto dal primo comma della disposizione appena citata, ascrivibile a (OMISSIS) e (OMISSIS), ai quali al capo 1 veniva attribuita la qualifica di capo, il termine di prescrizione non risulta ancora decorso. Inoltre, il termine non sarebbe decorso per tutti gli imputati laddove fosse stata ritenuta sussistente l'aggravante della "scorreria in armi", applicabile nel caso di specie, avendo gli imputati in piu' occasioni portato con loro armi nelle pubbliche vie ed utilizzato le stesse per commettere delitti di danneggiamento volti ad accrescere la forza di intimidazione del gruppo criminale. 3.10. Con il decimo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla esclusione dell'aggravante ex articolo 416-bis.1 cod. pen. ed alla conseguente dichiarazione di prescrizione per i reati di cui ai capi 21), 22), 23), 24), 27), 29), 30), 31), 33), 34) e 35) contestati a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la assenza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione. Sostiene, in particolare, che gli errori di motivazione lamentati in ordine al reato associativo si riverberano sugli altri reati conducendo alla esclusione dell'aggravante sopra indicata e sul termine di prescrizione. L'accoglimento dell'ottavo motivo di ricorso dovrebbe, invece, condurre a ritenere sussistente l'aggravante in relazione agli altri reati, da considerarsi quindi non prescritti. 3.11. Con l'undicesimo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., in relazione alla assoluzione di (OMISSIS) dalla imputazione di rapina contestata al capo 36), mancanza, erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, nonche', ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., della violazione dell'articolo 521 cod. proc. pen. e degli articoli 110, 624, 625, primo comma, nn. 5 e 7 cod. pen. Sostiene il ricorrente che l'assoluzione dipende dal travisamento del fatto e che in una parte della motivazione (a pag. 472 della sentenza di appello) la assoluzione sembra dipendere dalla circostanza che la condotta e' stata tenuta da altri e precisamente da Antonino (OMISSIS) ed in altra parte della sentenza sembra che l'assoluzione dipenda dalla circostanza che la appropriazione delle merci non sia collegata alle minacce rivolte al titolare dell'esercizio commerciale. Quanto alla partecipazione di (OMISSIS) al delitto, esso emerge da una conversazione intercettata in data 21 gennaio 2012 tra Nicola ed (OMISSIS). Non rileva che la condotta "principale" sia stata attuata dal (OMISSIS), se poi anche altri, e tra questi (OMISSIS), hanno contribuito moralmente o materialmente alla esecuzione del delitto. Inoltre, laddove fosse stato ritenuto insussistente il collegamento tra la sottrazione della merce e la minaccia, il fatto avrebbe dovuto essere riqualificato quale minaccia e furto aggravato perche' commesso da almeno tre persone e su cose esposte alla pubblica fede; quest'ultimo reato, in virtu' delle aggravanti contestate, non sarebbe ancora prescritto. 4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso anche (OMISSIS), a mezzo dei suoi difensori, ciascuno con un proprio atto introduttivo, chiedendone l'annullamento ed articolando complessivamente ventisei motivi. All'esito del giudizio di appello (OMISSIS) risulta condannato sia per il delitto associativo mafioso contestato al capo 1) quale promotore ed organizzatore dal marzo 2009 al mese di aprile 2013, sia per il delitto di estorsione aggravata ai danni di (OMISSIS) contestato al capo 14 septies) e quello di tentata estorsione aggravata ai danni di (OMISSIS) di cui al capo 14 novies). 4.1. Con il primo motivo - corrispondente al primo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine ai criteri di valutazione adottati in ordine alle conversazioni intercettate a bordo dell'autovettura utilizzata da (OMISSIS) . Evidenzia il ricorrente che l'affermazione della sua penale responsabilita' poggia principalmente, avendo la Corte di appello ritenuto di scarso rilievo le propalazioni del collaborante (OMISSIS), sul contenuto delle conversazioni intercettate e sulla sentenza emessa all'esito del processo c.d. Touaerg, che tuttavia veniva travisata poiche' con essa gli era stata attribuito il ruolo di mero partecipe al sodalizio mafioso dal 1983 al 20 maggio 1998, mentre nella sentenza qui impugnata si afferma che con essa sarebbe stato accertato il suo ruolo apicale. Il ricorrente segnala in primo luogo che non sono emersi elementi di prova a suo carico per reati di criminalita' di tipo mafioso nei vari procedimenti penali che dal 1998 al 2009 hanno anche interessato il territorio di (OMISSIS), cosicche' e' illogico far derivare dalla sentenza Touareg la sua permanenza nella associazione e finanche un suo ruolo apicale. La stessa Corte di appello ammette alla pag. 484 della sentenza qui impugnata che la principale prova a suo carico e' rappresentata dal contenuto delle conversazioni intercettate. Alle conversazioni prendono parte, oltre a (OMISSIS) , anche altri soggetti e tra questi soprattutto il suo amico (OMISSIS); in esse (OMISSIS) o altri espongono fatti ai quali hanno direttamente assistito, mentre in altre vengono espresse mere ipotesi o congetture su chi e perche' era interessato agli appalti ed alla loro spartizione; in alcune occasioni (OMISSIS) riferiva ai suoi interlocutori circostanze apprese da altri soggetti nominativamente indicati, che poi, quando erano stati intercettati a bordo dell'autovettura di (OMISSIS) , avevano smentito il narrato di quest'ultimo. Tali "smentite" erano state segnalate dalla difesa del ricorrente alla Corte di appello sia nell'atto di impugnazione, sia in una memoria difensiva, atteso che l'attendibilita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) nel corso delle conversazioni intercettate costituiva un tema cruciale del processo. A tale proposito il ricorrente sottolinea che (OMISSIS) e' stato assolto dall'imputazione di partecipazione alla âEuroËœndrangheta per insussistenza del fatto, cosicche' la attendibilita' non poteva basarsi sulla sua intraneita' al sodalizio criminale e difatti la Corte di appello, ben consapevole di cio', afferma che la attendibilita' di (OMISSIS) poggia sulla sua qualita' di imprenditore edile operante nel territorio del Comune di (OMISSIS), costretto a confrontarsi con un sistema di spartizione degli appalti organizzato dalle locali cosche di âEuroËœndrangheta che lo estrometteva costantemente dall'aggiudicazione di lavori pubblici, inclusi quelli sotto soglia che, secondo le regole fissate dal sodalizio criminale, dovevano essere eseguiti dalle imprese locali di (OMISSIS). Egli, appartenendo a tale contesto imprenditoriale, era prossimo ai fatti raccontati. Evidenzia il ricorrente che, tuttavia, (OMISSIS) deve essere ritenuto estraneo alle dinamiche associative mafiose e non puo', quindi, riferire in ordine alle stesse, essendo una rigida regola associativa quella che vieta ai sodali di divulgare all'esterno le vicende interne all'organizzazione criminale. Inoltre, la difesa del ricorrente aveva segnalato alla Corte di appello due occasioni in cui il contenuto delle conversazioni intercettate si era rivelato scientemente falso. Precisamente, in una conversazione avvenuta in data (OMISSIS) (OMISSIS) aveva riferito a (OMISSIS) di avere casualmente incontrato (OMISSIS) che lo aveva invitato a rimanere a casa quella sera per festeggiare il compleanno del figlio, mentre nessuno dei figli di (OMISSIS) e' nato in quella data o in date ad essa vicine e, pertanto, deve concludersi che si tratti di circostanza frutto di invenzione. Altro episodio riguarda la conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data (OMISSIS) in cui il primo aveva riferito al secondo che tale (OMISSIS), identificato in (OMISSIS), gli aveva detto che nei lavori delle fogne erano coinvolti anche i (OMISSIS) "bruciati", mentre fino a quel momento (OMISSIS) aveva creduto che fossero coinvolti solo i (OMISSIS) "ramati". Anche il contenuto di questa conversazione viene smentito dalla conversazione avvenuta in data 3 febbraio 2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) , nel corso della quale, mentre i due stavano transitando davanti al cantiere dei lavori delle fogne, il primo aveva chiesto al secondo quali lavori stessero realizzando all'interno del cantiere e (OMISSIS) aveva risposto che si trattava dei lavori delle fogne e che essi erano di interesse esclusivo dei (OMISSIS) "ramati". Dagli episodi sopra descritti emerge che (OMISSIS) era solito mentire e la Corte di appello non si e' affatto confrontata con tali evidenze, sebbene segnalate dalla difesa, cosicche' sussiste sul punto un'evidente carenza di motivazione. La Corte di appello, in talune ipotesi, ha ritenuto non attendibile quanto riferito da (OMISSIS) a (OMISSIS) a causa della inattendibilita' della fonte di conoscenza di (OMISSIS) , in ordine alla quale pure quest'ultimo aveva espresso dubbi e perplessita' al suo amico (OMISSIS). Cosi' era avvenuto in relazione alla veridicita' delle dichiarazioni autoaccusatorie che (OMISSIS) aveva rivolto a (OMISSIS) asserendo di avere compiuto un grave atto di danneggiamento seguito da incendio per un valore di Euro 700.000,00. Avendo lo stesso (OMISSIS) espresso dubbi in ordine alla veridicita' di quanto appreso dal (OMISSIS), quest'ultimo era stato assolto dalla relativa imputazione (capo 13) per insussistenza del fatto, in mancanza di ulteriori riscontri. Il ricorrente evidenzia che, tuttavia, la Corte di appello non ha costantemente applicato tale criterio di giudizio. (OMISSIS) , nel corso delle conversazioni intercettate, aveva dichiarato di avere appreso da (OMISSIS) di un incontro, avvenuto all'interno di un bar a (OMISSIS) durante le festivita' natalizie del (OMISSIS), tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione del quale (OMISSIS) aveva tentato di estromettere il (OMISSIS) dalla gestione dei "lavori delle coste". Il (OMISSIS) aveva affermato di avere partecipato all'incontro, ma (OMISSIS) aveva espresso a (OMISSIS) il dubbio che quanto il (OMISSIS) gli aveva detto fosse vero. Pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto verificare la presenza di ulteriori riscontri prima di considerare come realmente accaduto l'episodio riferito dal (OMISSIS). La applicazione di due diversi criteri di giudizio a vicende analoghe rendeva manifestamente illogica la motivazione. Peraltro, dalle indagini e' emerso che non solo (OMISSIS) , ma anche (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed altri aveva espresso giudizi di scarsa affidabilita' sul (OMISSIS), affermando che egli era solito riferire fatti e circostanze false. Il (OMISSIS) aveva anche riferito a (OMISSIS) , in data 15 dicembre 2010, di avere personalmente aggredito (OMISSIS) per costringerlo a. pagare un debito verso (OMISSIS), ma il giorno seguente (OMISSIS) aveva raccontato a (OMISSIS) che quanto il (OMISSIS) gli aveva detto era falso, come aveva accertato anche 7Pasquale Maurizio Talia. Il ricorrente cita nel suo ricorso numerose occasioni in cui il (OMISSIS) viene indicato quale imbroglione aduso a raccontare fatti inventati a dimostrazione che la Corte di appello non ha adeguatamente valutato la sua attendibilita'. 4.2. Con il secondo motivo - corrispondente al secondo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'affermazione di penale responsabilita' per il reato associativo. La Corte di appello ha attribuito a (OMISSIS) una posizione di vertice in seno alla cosca osservando che egli e suo fratello (OMISSIS) compaiono in quasi tutti gli appalti come figure di riferimento alle quali compete ogni decisione sulla attribuzione dei lavori, sulla imposizione di imprese o di sodali, sulla divisione dei proventi delle estorsioni e sull'attribuzione di zone. In particolare la figura di (OMISSIS) emerge nei lavori del cimitero, nei lavori delle coste, nei lavori di sistemazione idrogeologica e di consolidamento della zona costiera di (OMISSIS) e nei lavori del sottopassaggio pedonale della stazione di (OMISSIS). I lavori del cimitero del valore di circa Euro 50.000,00 erano stati consegnati all'aggiudicatario (OMISSIS) il 3 dicembre 2010 e completati il 25 febbraio 2011. (OMISSIS) aveva partecipato alla gara di appalto e provava risentimento nei confronti di (OMISSIS) che, pur non avendo partecipato, voleva comunque inserirsi nell'esecuzione dei lavori; (OMISSIS) era amareggiato perche' era stato estromesso dai lavori in favore del (OMISSIS), che si era imposto accreditando legami con gli (OMISSIS) ed in particolare con i (OMISSIS) "bruciati". Dalla vicenda relativa ai lavori del cimitero emerge che vi era un patto tra gli imprenditori locali e le cosche di (OMISSIS) in base al quale gli appalti pubblici di importo inferiore alla soglia di Euro 140.000,00 erano riservati agli imprenditori di (OMISSIS), mentre quelli di valore superiore erano riservati alle cosche di (OMISSIS). (OMISSIS) si doleva perche' l'ingerenza di (OMISSIS) nell'esecuzione dei lavori del cimitero integrava una violazione di detta regola. In realta', sottolinea il ricorrente, in relazione al delitto associativo (capo 1) e ai delitti connessi ai lavori del cimitero contestati al solo (OMISSIS) (capi 14 quater e 14 quinquies), quest'ultimo viene presentato come imprenditore (OMISSIS) alla famiglia dei (OMISSIS) "ramati". La Corte di appello afferma pure che lo stesso (OMISSIS) , nella conversazione intercettata in data 12 novembre 2010, quando la gara per l'aggiudicazione non era stata ancora espletata, si prefigurava, nel caso i lavori del cimitero fossero rimasti a lui, di dover elargire un pensiero alla famiglia (OMISSIS) "lare'" ed a (OMISSIS) in particolare. Dalla conversazione intercettata emerge, quindi, che i lavori non erano controllati da (OMISSIS) ed in genere dai (OMISSIS) "bruciati", cosicche' la motivazione della sentenza di secondo grado appare illogica. La conclusione alla quale e' pervenuta la Corte di appello poggia su una lettura isolata di alcuni passaggi di una singola conversazione intercettata il 21 dicembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui (OMISSIS) si lamentava con (OMISSIS) del mancato rispetto della regola relativa ai lavori sotto soglia, ritenendolo garante del rispetto di tale regola, e (OMISSIS) affermava di avere invano invitato il (OMISSIS) a non intromettersi nei lavori ed esprimeva una critica al suo comportamento. In realta', la conversazione intercettata - il cui testo viene riportato nel ricorso - e' ben piu' ampia e dal suo tenore emerge che (OMISSIS) e' estraneo alla vicenda contestata al (OMISSIS), che si sarebbe illecitamente inserito nella fase esecutiva dell'appalto aggiudicato a (OMISSIS); l'intervento del (OMISSIS) era stato autonomamente deciso dal (OMISSIS) e non su mandato di (OMISSIS), che invece l'aveva invitato a desistere. Il (OMISSIS), al fine di convincere i suoi interlocutori, aveva pero' speso il nome dei (OMISSIS) "bruciati" nonostante fosse stato redarguito da (OMISSIS), il che contraddice il ruolo apicale di quest'ultimo. Il (OMISSIS) spendeva il nome dei (OMISSIS) per sfruttarne la forza di intimidazione legata alle passate vicende relative alla c.d. faida di (OMISSIS) e non ad una attuale operosita' criminale. Nella conversazione intercettata mentre (OMISSIS) allude all'esistenza di una regola per la quale i lavori di importo inferiore ad Euro 140.000,00 sono riservati agli imprenditori locali, (OMISSIS) mostra di non conoscerla e (OMISSIS) afferma che (OMISSIS), per indurre (OMISSIS) a ritirarsi dalla gara ha fatto anche il nome dello stesso (OMISSIS) , asserendo che entrambi avevano discusso e deciso che il (OMISSIS) avrebbe dovuto ritirarsi. Anche nella conversazione intercettata in data 1 gennaio 2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il primo riferisce al secondo che (OMISSIS) ha usato i nomi dei (OMISSIS) "bruciati" mentre "quelli non c'entrano niente". Le suddette conversazioni intercettate erano state illustrate sia nell'atto di appello che nella memoria difensiva depositata a corredo della discussione in appello e l'omessa loro considerazione integra una carenza di motivazione ed una manifesta sua illogicita', se raffrontata al compendio probatorio in atti. Quanto alla sussistenza di un accordo tra le cosche di (OMISSIS) e gli imprenditori operanti nel Comune di (OMISSIS), essa e' smentita dalla vicenda relativa ai lavori del palazzetto-palestra, il cui importo era superiore alla soglia di Euro 140.000,00 e che erano stati aggiudicati alla (OMISSIS) s.r.l. di (OMISSIS). Tali lavori, per il loro importo di circa Euro 314.000,00, avrebbero dovuto essere gestiti dalle cosche di (OMISSIS) ed invece erano stati eseguiti in subappalto da (OMISSIS) , imprenditore operante a (OMISSIS), senza alcuna intromissione o coinvolgimento di soggetti appartenenti alle cosche di (OMISSIS). Lo stesso (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate in data 18 e 19 novembre 2010 aveva escluso il pagamento di tangenti. L'unico episodio nel quale emerge la figura di (OMISSIS) in relazione ai lavori delle coste riguarda l'incontro, del quale ha riferito a (OMISSIS) (OMISSIS), tenutosi in un bar di (OMISSIS) durante le festivita' natalizie del (OMISSIS) durante il quale (OMISSIS) avrebbe tentato di estromettere (OMISSIS) dalla gestione dei lavori e sul punto il ricorrente richiama gli argomenti gia' sviluppati nel primo motivo di ricorso e sottolinea l'inattendibilita' del (OMISSIS) e l'assenza di riscontri e evidenzia che comunque il tentativo di estromissione non era riuscito, tanto che nella conversazione intercettata in data 21 gennaio 2010 (OMISSIS) asseriva di essere stato contattato proprio dal (OMISSIS) per l'esecuzione di opere connesse ai "lavori delle coste". 4.3. Con il terzo motivo - corrispondente al terzo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., della attribuzione del ruolo di promotore in relazione al reato associativo contestato al capo 1) e della esclusione del vincolo della continuazione tra i fatti giudicati con la sentenza qui impugnata e quelli per i quali e' stata emessa sentenza irrevocabile all'esito del processo c.d. Touareg. Nella sentenza emessa all'esito del processo c.d. Touareg all'imputato era stato riconosciuto il ruolo di componente della cosca capeggiata da (OMISSIS), mentre in questo processo a (OMISSIS) viene contestato un ruolo direttivo ed organizzativo in seno alla cosca. La sentenza qui impugnata, segnala il ricorrente, non individua il momento in cui egli avrebbe assunto un ruolo direttivo e neppure indica le condotte dalle quali emergerebbe l'assunzione di un simile ruolo, limitandosi ad affermare laconicamente che "Le intercettazioni provano poi la posizione di gerarchia in seno al gruppo". Il ricorrente si duole pure della esclusione del vincolo della continuazione, motivata dalla Corte territoriale sulla base della notevole distanza temporale tra le due condotte associative (quindici anni) e del diverso ruolo a lui ascritto. Sostiene che il lungo lasso di tempo tra le due condotte associative non vale ad escludere l'unicita' del disegno criminoso, considerato che trattasi in entrambe le sentenze della partecipazione alla medesima compagine composta e diretta dal medesimo nucleo di soggetti e che ha avuto perdurante e concreta operativita' e continuita' nel tempo. Per affermare la configurabilita' di diversi ed autonomi sodalizi, il giudice deve, invece, fornire espressa indicazione delle ragioni che l'hanno indotto ad escludere l'ipotesi di un unico gruppo criminale che operi in permanenza, con fisiologici adattamenti della propria composizione ed azione al trascorrere del tempo e delle condizioni esterne. La motivazione della sentenza qui impugnata risulta illogica su tale punto, in quanto o il ricorrente e suo fratello (OMISSIS)hanno continuato a far parte della medesima associazione mafiosa, ed allora deve ritenersi sussistente il vincolo della continuazione, o e' stata creata una nuova associazione ed allora la Corte di appello avrebbe dovuto motivare sulle ragioni per le quali questa nuova associazione avrebbe i caratteri dell'associazione di tipo mafioso, non potendo a tal fine essere utilizzata la sentenza Touareg. A sostegno della medesimezza della associazione e quindi della sussistenza del vincolo della continuazione, depone anche il carattere unitario della âEuroËœndrangheta, sancito con la sentenza c.d. Crimine, che aveva riconosciuto in favore di (OMISSIS) il vincolo della continuazione tra la condotta associativa giudicata con la sentenza stessa e quelle per le quali era stato condannato con la sentenza Touareg. 4.4. Con il quarto motivo - corrispondente al quarto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 14 septies). Il ricorrente segnala che la Corte di appello ha confermato la condanna di (OMISSIS), (OMISSIS)e (OMISSIS) per l'estorsione ai danni di (OMISSIS), la cui impresa si era aggiudicata i lavori di consolidamento delle strade della zona costiera in diverse contrade del Comune di (OMISSIS), mentre ha prosciolto (OMISSIS) . Era stato rappresentato alla Corte di appello che il latore della minaccia risultava essere (OMISSIS), ma non era possibile stabilire chi l'avesse incaricato di attuare l'estorsione. Per quanto emerge dalle conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il (OMISSIS) era stato incaricato di recarsi dal (OMISSIS) per riferirgli che l'appalto interessava a "gente di (OMISSIS)". Al (OMISSIS) non era mai stato contestato in precedenza il ruolo di associato alla âEuroËœndrangheta e nell'imputazione si asseriva che egli era soggetto a disposizione della famiglia dei (OMISSIS) "ramati" e non della famiglia dei (OMISSIS) "bruciati". In ogni caso, l'espressione sopra riportata non aveva alcuna portata minatoria ed il richiamo all'estorsione ambientale non valeva a superare la mancata dimostrazione della sussistenza della minaccia. Questa Suprema Corte, segnala il ricorrente, ha affermato che l'estorsione ambientale si intende quella particolare forma di estorsione, che viene perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali che spadroneggiano in un determinato territorio e che e' immediatamente percepita dagli abitanti di quella zona come concreta e di certa attuazione, stante la forza criminale dell'associazione di appartenenza del soggetto agente, quand'anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e a coartare la volonta' della vittima (Sez. 2, n. 53652 del 10/12/2014, Bonasorta, Rv. 261632), ma la Corte di appello non ha chiarito le ragioni per le quali quella espressione dovrebbe ritenersi minatoria, soprattutto ove si consideri che la stessa sentenza di appello esclude che (OMISSIS) avesse compreso a quali soggetti (OMISSIS) avesse inteso riferirsi, tanto da rivolgersi, tramite le conoscenze di un suo operaio, a (OMISSIS), che sarebbe stato poi coinvolto nell'esecuzione dei lavori, avendo egli fornito il cemento. La sentenza e', quindi, affetta da mancanza di motivazione. Quanto alla partecipazione di (OMISSIS) alla estorsione, egli si sarebbe rivolto a (OMISSIS) per rappresentargli la richiesta di (OMISSIS) di ottenere dal (OMISSIS) l'anticipazione di una somma di denaro a (OMISSIS) per il lavoro da questi svolto, somma da destinare a soggetti ristretti in carcere ed appartenenti alla cosca (OMISSIS) di (OMISSIS). Poiche', in relazione a tale vicenda non e' stata mossa alcuna contestazione a (OMISSIS), mentre (OMISSIS) e' stato assolto sia dal reato associativo, sia da quello di estorsione, risulta illogica la condanna di (OMISSIS) che, in relazione all'estorsione si sarebbe limitato a riportare a (OMISSIS) la richiesta di (OMISSIS); le somme ricavate dall'estorsione erano peraltro destinate a soggetti detenuti appartenenti alla cosca di (OMISSIS) e non a quella alla quale (OMISSIS) apparterrebbe secondo l'ipotesi accusatoria. La circostanza accertata dimostrerebbe semmai che i lavori appaltati interessavano alla famiglia (OMISSIS) e non ai (OMISSIS) . La Corte di appello afferma anche che (OMISSIS) ed il (OMISSIS) dovevano presentare a (OMISSIS) e (OMISSIS)i conteggi relativi ai lavori e da tale circostanza desume che i lavori appaltati erano controllati dalla famiglia dei (OMISSIS) "bruciati", i quali non solo avevano l'autorita' per stabilire a chi dovessero essere assegnati i lavori, ma avevano titolo anche per decidere come dovessero essere suddivisi gli utili derivanti dall'appalto ed i soggetti che a detta suddivisione dovevano partecipare, tra i quali vi erano gli stessi fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). Segnala, allora, il ricorrente che dalla conversazione intercettata in data 24 settembre (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) si apprende di una riunione che si sarebbe dovuta tenere il giorno successivo ed alla quale avrebbero dovuto partecipare tale " (OMISSIS)" fratello di " (OMISSIS)" e gli inquirenti hanno ritenuto che si trattasse di (OMISSIS) "bruciato", ma non vi e' stato alcun accertamento sulla circostanza che il giorno seguente quella riunione vi sia stata effettivamente e che ad essa abbia partecipato (OMISSIS), cosicche' tale conversazione non puo' da sola fondare l'affermazione di penale responsabilita' a carico del ricorrente. Peraltro, era provato che alla data del 24 settembre (OMISSIS) (OMISSIS) viveva fuori e tornava al suo paese di origine solo sporadicamente e non era a conoscenza delle vicende relative all'appalto, tanto che proprio in data 24 settembre (OMISSIS), alle ore 18,35, (OMISSIS) gli aveva preannunciato un "discorso" che riguardava anche suo fratello (OMISSIS)e che gli sarebbe stato spiegato dal "professore", ossia (OMISSIS). Dalla conversazione intercettata emergeva che (OMISSIS) era all'oscuro del "discorso" riguardante suo fratello e quindi non e' verosimile che il giorno successivo egli potesse partecipare ad una riunione avente ad oggetto la spartizione del provento di un'estorsione alla quale anch'egli aveva partecipato ai danni di (OMISSIS) per i "lavori del muro". Anche in questo caso la Corte di appello non si e' confrontata con tale deduzione difensiva, cosicche' anche su tale punto vi e' carenza di motivazione. 4.5. Con il quinto motivo - corrispondente al quinto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 14 novies). Anche âEuroËœin relazione alla tentata estorsione contestata al capo 14 novies) la Corte territoriale ha affermato la penale responsabilita' del ricorrente, pur assolvendo (OMISSIS) e (OMISSIS) dalla medesima imputazione. Questa riguarda un tentativo di estorsione che, in virtu' delle assoluzioni dei presunti concorrenti, risulterebbe commessa dal solo (OMISSIS) ai danni di (OMISSIS) per i lavori di adeguamento del sottopassaggio pedonale della stazione ferroviaria di (OMISSIS) per Euro 900.000,00 ed aggiudicati al (OMISSIS) grazie all'intervento di (OMISSIS), appartenente alla famiglia (OMISSIS) di (OMISSIS). Con l'atto di appello si era dedotto che la vicenda si poneva in contrasto con la ricostruzione operata in primo grado, secondo la quale, in base agli accordi spartitori tra le cosche di (OMISSIS) e gli imprenditori locali, gli appalti di valore superiore ad Euro 140.000,00 spettavano alle cosche (OMISSIS), essendo i lavori relativi al sottopassaggio stati affidati al (OMISSIS) che era sotto la protezione dei (OMISSIS) di (OMISSIS). La vicenda si poneva anche in contrasto con la massima di esperienza secondo la quale una cosca puo' occuparsi esclusivamente degli affari che riguardano il proprio territorio, massima che trovava conferma anche nel blocco dei lavori attuato dai cosiddetti " (OMISSIS)" ai danni di (OMISSIS) , quando quest'ultimo aveva operato nel territorio di (OMISSIS) da loro controllato. La Corte di appello non si e' confrontata con tali argomenti difensivi, omettendo di motivare in relazione ad essi, cosicche' anche su tale punto la sentenza di appello e' affetta da carenza di motivazione, oltre che illogicita' della motivazione, atteso che in un caso la validita' della massima di esperienza viene confermata e in un altro caso viene negata. In relazione a tale tentata estorsione, vi sono due conversazioni intercettate che riguardano la posizione di (OMISSIS). In una prima conversazione, intercettata il 26 gennaio 2010, (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di una lamentela di (OMISSIS), che, sfogandosi con lui, si doleva di non aver ancora ricevuto per tali lavori alcuna somma di denaro. Nella stessa conversazione (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) come i (OMISSIS) Bruciati avrebbero dovuto comportarsi se avessero inteso ottenere il pagamento di quanto loro dovuto. Quanto alla prima parte della conversazione, relativa allo sfogo di (OMISSIS), con l'atto di appello si era osservato che nella conversazione non si precisava quando e dove esso sarebbe avvenuto e non si comprendeva perche' (OMISSIS) avrebbe dovuto parlare della vicenda a (OMISSIS) , se questo non era un appartenente alla associazione mafiosa. Il racconto che (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) si pone in conflitto con la regola per la quale l'associato non puo' parlare di vicende attinenti all'associazione mafiosa con soggetti che non ne facciano parte. Peraltro, e' illogico ritenere attendibile una conversazione nella quale un soggetto estraneo al sodalizio mafioso, (OMISSIS) , spiega ad altro estraneo, (OMISSIS), come una cosca avrebbe dovuto operare allo scopo di imporre il pagamento dell'estorsione relativa ai lavori del sottopassaggio. Laddove si ritenga credibile tale conversazione, dovrebbe semmai concludersi che la pretesa estorsiva non sia poi stata attuata. La Corte di appello avrebbe semmai dovuto precisare chi, quando, in quali circostanze e con quali mezzi avesse posto in essere una condotta idonea ad integrare una minaccia o una violenza con finalita' estorsive. La seconda conversazione e' quella del 31 gennaio 2010 in cui (OMISSIS) afferma di avere appreso da (OMISSIS) dell'incontro al quale avrebbero partecipato a (OMISSIS), oltre al (OMISSIS), (OMISSIS) "bruciatu" e (OMISSIS) "u gnomu" ed esponenti della famiglia (OMISSIS), i quali, a seguito dell'incontro, avevano promesso che in pochi giorni sarebbe stata consegnata una somma di denaro di Euro 30.000,00. Dalla conversazione emerge che l'appalto dei lavori e' controllato dai (OMISSIS), eppure non viene mossa alcuna contestazione a carico dei (OMISSIS) o del (OMISSIS). La Corte di appello si discosta dalla sentenza di primo grado quando assolve (OMISSIS) e (OMISSIS) ed invece la conferma laddove condanna (OMISSIS) per il tentativo di estorsione. Nella motivazione della sentenza di appello si afferma che il riferimento a (OMISSIS) e' troppo isolato e che il ruolo svolto dal (OMISSIS) in quella riunione e' marginale e la sua condotta non appare causalmente efficiente in relazione alla specifica vicenda estorsiva. Segnala allora il ricorrente che se isolati e marginali sono i riferimenti alle figure del (OMISSIS) e del (OMISSIS), alla medesima conclusione doveva pervenirsi in relazione alla sua posizione, essendo medesimi i riferimenti probatori. La differenza tra le posizioni del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) viene illustrata nell'ultima parte della motivazione dedicata a tale vicenda, in cui si fa riferimento all'accertato ruolo del ricorrente in seno all'associazione mafiosa quale riscontro alla sua partecipazione alla tentata estorsione. In tal modo, tuttavia, si viene a creare un "corto circuito" motivazionale in cui la partecipazione al sodalizio criminale funge da riscontro in ordine alla partecipazione di (OMISSIS) alla tentata estorsione e il suo concorso nella tentata estorsione, essendo questo un reato fine dell'associazione mafiosa, dimostrerebbe la sua partecipazione all'associazione mafiosa. 4.6. Con il sesto motivo - corrispondente al sesto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante della finalita' di agevolare l'associazione mafiosa in relazione ai reati contestati ai capi 14 septies) e 14 novies). Sostiene il ricorrente che l'aggravante non puo' discendere dalla mera appartenenza dell'imputato alla âEuroËœndrangheta, mentre occorre motivare in ordine alle ragioni per cui deve ritenersi che tali reati siano stati commessi per agevolare o rafforzare l'associazione mafiosa e non per finalita' di arricchimento o rafforzamento personale dell'imputato e nel caso di specie la Corte di appello non ha fornito in proposito alcuna motivazione. 4.7. Con il settimo motivo - corrispondente al settimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante prevista dai commi quarto e quinto dell'articolo 416-bis cod. pen. La Corte di appello ha ritenuto sussistente l'aggravante in quanto e' risultato che (OMISSIS) aveva la disponibilita' di armi di diverso tipo ed anche il danneggiamento della motopala del (OMISSIS) era avvenuta esplodendo colpi di arma da fuoco. Inoltre, anche (OMISSIS) aveva ritenuto possibile lo scoppio di una guerra di mafia. Il ricorrente sostiene che tale ragionamento e' illogico. Non si spiega sulla base di quali elementi si e' ritenuto che il (OMISSIS) detenesse le armi non nel suo esclusivo interesse, ma per tenerle a disposizione dell'associazione, cosicche' in relazione a tale punto vi e' mancanza di motivazione. L'episodio del danneggiamento dell'automezzo del (OMISSIS) e' stato attuato dal gruppo dei "(OMISSIS)", che era sotto il controllo di (OMISSIS) e che la Corte di appello ha ritenuto non integrasse un'associazione di tipo mafioso. Non e' quindi possibile riferire la detenzione di armi da parte del gruppo dei "(OMISSIS)" alla associazione di tipo mafioso alla quale apparterrebbe l'odierno ricorrente. Ne', nel periodo temporale oggetto della contestazione di cui al capo 1), erano scoppiate guerre di mafia attuate utilizzando armi, cosicche' quella evocata da (OMISSIS) nella conversazione intercettata alla quale si e' fatto sopra riferimento resta una mera congettura priva di riscontro. 4.8. Con l'ottavo motivo - corrispondente all'ottavo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio ed in particolare in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello non ha illustrato le ragioni per le quali si e' discostata dal minimo edittale e nemmeno ha spiegato le ragioni del diniego delle circostanze attenuanti generiche, limitandosi ad affermare l'insussistenza di elementi valutabili a tal fine e senza spiegare le ragioni per le quali esse non potrebbero trovare applicazione, se non facendo riferimento ai precedenti penali dell'imputato. 4.9. Con il nono motivo - corrispondente al primo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la inutilizzabilita' degli atti di indagine acquisiti successivamente al 22 gennaio 2012, data di scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari ed in particolare delle informative redatte dalla polizia giudiziaria depositate il 12 maggio 2012 ed il 12 aprile 2013, che non avevano natura riepilogativa, nonche' le informative redatte dai Carabinieri del Gruppo di (OMISSIS) datate 23 febbraio 2018, 31 maggio 2018 e 1 giugno 2018, relative ai c.d. "lavori delle coste", ai "lavori del muro" e ai lavori del sottopassaggio della stazione ferroviaria di (OMISSIS). L'eccezione di inutilizzabilita' e' stata rigettata dal Giudice dell'udienza preliminare, osservando che tali atti riguardavano reati che non emergevano dagli atti e neppure erano stati ipotizzati nella prima fase della indagine, che riguardava il solo delitto associativo, ed avevano costituito oggetto di iscrizione successiva. La Corte di appello ha invece affermato che, avendo gli imputati optato per il rito abbreviato, essi non potrebbero far valere l'inutilizzabilita' degli atti di indagine. Il ricorrente sostiene che tale assunto non e' condivisibile, in quanto tale forma di inutilizzabilita' puo' essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo e anche l'articolo 438, comma 5, cod. proc. pen. impone al giudice di tenere conto, ai fini della decisione, degli atti "acquisiti ed utilizzabili", mostrando in tal modo di non consentire al giudice di porre a base della decisione atti inutilizzabili. Ne' l'inutilizzabilita' e' suscettibile di sanatoria alcuna. Per effetto di tale inutilizzabilita', il ricorrente non dovrebbe essere condannato per tutte le imputazioni per le quali e' stata affermata la sua penale responsabilita'. Anche la motivazione addotta dal Giudice per le indagini preliminari e' errata, poiche' tutti gli elementi di fatto relativi alle vicende di cui ai capi 14 septies) e 14 novies) dai quali sono sca (OMISSIS)te nel 2018 le iscrizioni a carico del (OMISSIS) erano gia' a disposizione del Pubblico ministero all'epoca del deposito dell'informativa del 12 maggio 2012. A tal fine era sufficiente esaminare la informativa del 14 maggio 2012 e la delega di indagine emessa dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria del 7 dicembre 2017 che a quella informativa faceva riferimento per constatare che alla data del 22 gennaio 2012 il Pubblico ministero gia' disponeva di tutti gli elementi per iscrivere a carico di (OMISSIS) i reati di cui ai capi di imputazione sopra menzionati. In ogni caso il Pubblico ministero avrebbe potuto al massimo aggiornare le precedenti iscrizioni, non iscrivere ex novo i delitti di estorsione facendo decorrere nuovamente i termini di durata delle indagini preliminari allo scopo di rendere legittima l'utilizzazione delle successive acquisizioni. Non ricorre, quindi, l'ipotesi dell'iscrizione di nuove notizie di reato. In relazione ad entrambe le imputazioni il Giudice dell'udienza preliminare ha utilizzato gli atti di cui si lamenta l'inutilizzabilita' ai fini dell'affermazione di penale responsabilita'. 4.10. Con il decimo motivo - corrispondente al secondo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente deduce la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione quanto alla valutazione delle conversazioni ambientali registrate all'interno della vettura di (OMISSIS) , utilizzate quale prova a carico dello stesso ricorrente, nonche' la violazione dell'articolo 416-bis cod. pen. La Corte di appello ha fondato l'affermazione di penale responsabilita' del ricorrente per il reato associativo soprattutto sulle conversazioni intercettate all'interno dell'autovettura di (OMISSIS) , ritenute attendibili nonostante quest'ultimo non appartenesse ad alcuna cosca e non fosse un referente delle cosche operanti sul territorio, ma fosse addirittura sottomesso a queste, venendo costantemente estromesso dagli appalti pubblici; la Corte di appello ha ritenuto (OMISSIS) attendibile perche' imprenditore edile come tale costretto a confrontarsi con le cosche che dominavano il settore degli appalti pubblici e comunque conoscitore, in virtu' del suo passato, di persone e situazioni ed in genere di tale ambiente. Egli doveva, quindi, ritenersi, per tali sue qualita' e per la sua prossimita' ai fatti oggetto di narrazione, altamente credibile. In tal modo, pero', segnala il ricorrente, la Corte di appello non ha rispettato i principi che disciplinano la valutazione delle conversazioni intercettate quale fonte diretta di prova e ha evitato di confrontarsi con le doglianze sollevate in relazione a tale punto con l'atto di appello, neppure da essa comprese, incorrendo nel vizio di mancanza di motivazione. Con il gravame si era dedotto che (OMISSIS) , nelle conversazioni intercettate, non avesse raccontato fatti realmente accaduti, ma avesse formulato ipotesi e congetture su fatti da lui non conosciuti. Quanto alla qualita' dei conversanti intercettati, mentre la sentenza di primo grado aveva affermato che (OMISSIS) era un appartenente alla âEuroËœndrangheta, la Corte territoriale ha escluso detta appartenenza, asserendo che egli, anche per ragioni familiari, era contiguo alle cosche, ma non ha poi valutato le sue dichiarazioni con quel rigore che e' necessario laddove esse provengano da soggetti estranei all'associazione di tipo mafioso. Le conversazioni intercettate, in quanto intervenute tra soggetti estranei all'associazione di tipo mafioso, non possono avere valore di prova diretta, cosicche' la motivazione appare illogica. Quanto alla prossimita' di (OMISSIS) ai fatti oggetto di narrazione, tale criterio, oltre ad essere "evanescente", non fornisce alcuna garanzia di veridicita' dei fatti narrati, considerato che egli non riferisce fatti ai quali ha assistito, ma si limita ad immaginare scenari sulla base di mere congetture. Anche volendo tenere conto della riservatezza del luogo in cui erano state tenute le conversazioni, essa non valeva a rendere di per se' veritiere le narrazioni. In ogni caso la Corte di appello non ha risposto alle censure formulate con l'atto di appello in relazione a ciascuna delle vicende dalle quali dovrebbe evincersi il controllo, da parte della âEuroËœndrangheta, degli appalti pubblici ed e' addirittura incorsa in contraddizione, laddove, pur ammettendo che (OMISSIS) aveva in talune occasioni espresso millanterie, aveva escluso che egli avesse mentito a (OMISSIS), sebbene fosse stato provato il contrario in relazione ai c.d. "lavori delle fogne" e la stessa Corte di appello avesse riconosciuto, in relazione al capo di imputazione n. 4), che la prova della collusione dei pubblici ufficiali non poteva essere tratta dalle sue dichiarazioni. In tal modo la Corte territoriale ha operato una inammissibile selezione del materiale probatorio, valorizzando talune conversazioni e trascurandone altre ed esprimendo un giudizio onnicomprensivo avulso dalla concreta analisi critica di quanto attinente alle singole vicende che si pretendono essere state oggetto di condizionamento mafioso, necessaria laddove si fosse voluto dare risposta alle doglianze difensive. I risultati ai quali e' pervenuta la Corte di appello contrastano anche con le massime di esperienza relative alla âEuroËœndrangheta e tra queste quella secondo la quale una locale non puo' invadere il territorio di competenza di altra locale. Anche l'ipotesi della conclusione di un accordo tra la âEuroËœndrangheta e gli imprenditori locali al fine di lasciare a questi ultimi gli appalti di importo inferiore ad Euro 150.000,00 non appare verosimile, dovendo ipotizzarsi che le cosche mafiose siano disponibili a venire a patti con indeterminati soggetti imprenditoriali. La affermazione della penale responsabilita' del ricorrente e' quindi il frutto di errori nella valutazione del materiale istruttorio che rendono la motivazione mancante, illogica e comunque contraddittoria, anche per effetto del travisamento delle prove. 4.11. Con l'undicesimo motivo - corrispondente al secondo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono specificati gli estremi, relative ai c.d. "lavori delle coste". Il ricorrente sostiene che dalle conversazioni intercettate emerge solo che i due interlocutori parlano di scenari meramente immaginati sulla base di mere congetture che neppure consentono di individuare con esattezza i soggetti cui esse si riferiscono e che per cio' stesso risultano non utilizzabili. Laddove poi la Corte territoriale afferma che le conversazioni sono riscontrate da servizi di accertamenti della polizia giudiziaria, il ricorrente sostiene che tali riscontri sono in realta' dati del tutto neutri in quanto a conoscenza di chiunque avesse operato quale imprenditore edile in un piccolo Comune quale quello di (OMISSIS) e che in un'occasione, in relazione alla presenza di due escavatori sulla marina interessata dai lavori che (OMISSIS) attribuiva a tale (OMISSIS) ed ad un "(OMISSIS)", i carabinieri avevano accertato che essi appartenevano a (OMISSIS) e a (OMISSIS), ossia a persone non collegate a (OMISSIS) o a (OMISSIS), cosicche' non e' dimostrato che i (OMISSIS) "bruciati" abbiano imposto l'utilizzo di propri mezzi in relazione all'appalto dei "lavori delle coste". Nemmeno e' mai accaduto l'episodio che (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) per averlo appreso da (OMISSIS), ossia che (OMISSIS) avesse pesantemente redarguito (OMISSIS) invitandolo a non interessarsi ai predetti lavori; lo stesso (OMISSIS) , conversando con il (OMISSIS), mostra di non dare credito a quanto il (OMISSIS) gli aveva riferito. In altre occasioni la Corte territoriale ha ritenuto il (OMISSIS) un millantatore e non ha dato credito a quanto da lui dichiarato a (OMISSIS) proprio in virtu' dei dubbi espressi da quest'ultimo in ordine alla veridicita' del suo racconto e, tuttavia, nel caso sopra riportato la Corte di appello ha ritenuto veritiero il racconto, del (OMISSIS), nonostante i dubbi espressi da (OMISSIS) . 4.12. Con il dodicesimo motivo - corrispondente al quarto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono specificati gli estremi, relative ai c.d. "lavori delle fiumare", nonche' il travisamento del fatto per l'omessa valutazione di talune conversazioni intercettate, da intendersi quali prove decisive. Con l'atto di appello si era dedotto che non vi erano elementi per identificare in (OMISSIS) il " (OMISSIS)" al quale aveva fatto riferimento (OMISSIS) nella conversazione intercettata il 30 agosto (OMISSIS) e la conclusione in tal senso formulata dal Giudice di primo grado era fondata su mere congetture; ne' aveva pregio la considerazione espressa dal Giudice dell'udienza preliminare alla pagina 507 della sentenza di primo grado e basata sulla conversazione del 21 gennaio 2010 ove si afferma che il Miceli si era accordato con gli "(OMISSIS)", essendo questa un'espressione del tutto generica. 4.13. Con il tredicesimo motivo - corrispondente al quinto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono specificati gli estremi, relative ai c.d. "lavori della scuola elementare di (OMISSIS)", nonche' il travisamento del fatto per l'omessa valutazione di talune conversazioni intercettate, da intendersi quali prove decisive. Con l'atto di appello era stata dedotta l'erronea valutazione di talune delle conversazioni intercettate e l'omessa valutazione di altre e, tra queste, in particolare della conversazione del 31 gennaio 2010 dalla quale risultava che l'effettivo esecutore dei lavori era (OMISSIS), che stava completando i lavori prendendo a prestito attrezzi di proprieta' di (OMISSIS) . Quest'ultimo, nella conversazione del 24 marzo 2010, stigmatizzava le millanterie del (OMISSIS), che si vantava di ingerirsi negli appalti pubblici. Nella conversazione del 16 ottobre 2010 (OMISSIS) e (OMISSIS), parlando tra loro, affermano che i lavori sono svolti, sotto la protezione dei (OMISSIS) "ramati", dal (OMISSIS) che essi definiscono un imbroglione e che, non disponendo egli di una impresa, ha acquisito l'appalto per il tramite di tale (OMISSIS). In questa conversazione ed in quella del 23 novembre 2010 (OMISSIS) non viene in alcun modo menzionato, ne' vengono menzionati i (OMISSIS) "bruciati". 4.14. Con il quattordicesimo motivo - corrispondente al sesto motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) -- il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate relative ai c.d. "lavori del villaggio Gioiello del mare", nonche' il travisamento del fatto per l'omessa valutazione di talune conversazioni intercettate, di cui vengono indicati gli estremi, da intendersi quali prove decisive. Anche in relazione a tali lavori, non veniva operato alcun riferimento specifico alla persona di (OMISSIS), che non era annoverato tra le persone che avevano incontrato il Cuppari o con lui avevano interloquito o comunque avevano preso parte alla vicenda. Il " (OMISSIS)" al quale aveva fatto riferimento (OMISSIS) nella conversazione intercettata il 27 gennaio 2011 era (OMISSIS) (OMISSIS). Anche in relazione a tale vicenda (OMISSIS) , conversando con (OMISSIS), si limita a formulare delle mere ipotesi, come emerge chiaramente dalle conversazioni del 5 gennaio 2010 e del 3 dicembre 2010. La decisione dei giudici del merito poggia sul racconto, riferito a (OMISSIS) da (OMISSIS), secondo il quale quest'ultimo avrebbe convocato il Cuppari innanzi ai "lare'", ai "bruciati" e ai "ramati", ma essa appare illogica poiche' pur ammettendo che il (OMISSIS) era solito mentire, non spiega perche' in tale occasione egli avrebbe detto la verita'. Anche (OMISSIS) ed il (OMISSIS) mostrano di non credere al suo racconto nella conversazione intercettata il 5 dicembre 2010. La stessa Corte di appello ha ritenuto il (OMISSIS) non credibile anche quando si era autoaccusato del reato di incendio di cui al capo 13). Dalle conversazioni intercettate risulta che, in realta', (OMISSIS) ed il (OMISSIS) si limitano ad esprimere proprie personali opinioni, senza essere a conoscenza delle dinamiche delinquenziali della zona. 4.15. Con il quindicesimo motivo - corrispondente al settimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate relative ai c.d. "lavori delle fogne", di cui vengono indicati gli estremi, da intendersi quali prove decisive. Il ricorrente segnala che confrontando la conversazione intercettata il 15 novembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui il primo riferisce al secondo che (OMISSIS) gli aveva rivelato che anche i (OMISSIS) "bruciati" erano interessati ai predetti lavori, e la conversazione del 3 febbraio 2011 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui quest'ultimo chiede a (OMISSIS) informazioni su cosa abbiano ad oggetto e chi stia eseguendo tali lavori, si comprende agevolmente che (OMISSIS) ha mentito al (OMISSIS) in occasione della prima conversazione. Pertanto, (OMISSIS) non puo' essere ritenuto credibile quando conversa con il (OMISSIS). 4.16. Con il sedicesimo motivo - corrispondente all'ottavo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della conversazioni intercettata il 21 luglio 2010, da intendersi quale prova decisiva, in relazione ai c.d. "lavori della Chiesa e della (OMISSIS)", ai lavori del palazzetto dello sport, ai c.d. "lavori del taglio dell'erba" e ai lavori della caserma dei carabinieri di (OMISSIS). I lavori della chiesa e della (OMISSIS) ed i lavori del palazzetto dello sport erano stati subappaltati a (OMISSIS) dalla (OMISSIS) s.r.l. senza alcun intervento di (OMISSIS), come riconosciuto dalla stessa Corte di appello e come emergeva dalla conversazione intercettata sopra citata. Tale circostanza dimostrava l'insussistenza di un gruppo di potere mafioso deputato alla spartizione degli appalti e comunque l'estraneita' ad esso del ricorrente. Diversamente ragionando, non si comprenderebbe come (OMISSIS) abbia potuto acquisire tali lavori senza doverne rendere conto a tale gruppo di potere, ne' potrebbe trovare spiegazione il blocco dei "lavori del taglio dell'erba" subito da (OMISSIS) ; laddove egli fosse stato "sponsorizzato" da (OMISSIS), egli non avrebbe dovuto subire alcun intoppo. Anche in relazione ai lavori della caserma dei carabinieri, (OMISSIS) non aveva subito alcun condizionamento e solo per ragioni di cortesia aveva consentito a (OMISSIS) di utilizzare la propria ditta per l'esecuzione delle opere. 4.17. Con il diciassettesimo motivo - corrispondente al nono motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle conversazioni intercettate, di cui vengono indicati gli estremi, relative ai c.d. "lavori del cimitero", anche per effetto del travisamento di altre conversazioni, di cui vengono indicati gli estremi, da intendersi quali prove decisive. Si segnala che la vicenda dei lavori del cimitero assume particolare rilievo in relazione alla posizione di (OMISSIS), in quanto quest'ultimo avrebbe avvicinato (OMISSIS) assieme a (OMISSIS) ed avrebbe ammesso, nella conversazione con (OMISSIS) intercettata in data 21 dicembre 2010, che vi era un patto tra le cosche e gli imprenditori locali che riservava a questi gli appalti relativi ai lavori di importo inferiore ad Euro 140.000,00. Sostiene il ricorrente che e' stata travisata la conversazione del 21 dicembre 2010 in cui (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di avere appreso dal (OMISSIS) che (OMISSIS) aveva chiesto a quest'ultimo le ragioni per le quali (OMISSIS) era stato escluso dalla partecipazione alla gara per l'aggiudicazione dei lavori ed il (OMISSIS) aveva risposto che l'invito a partecipare alla gara era stato inviato anche al (OMISSIS), che, pero', si era dimenticato di concorrere. In realta', evidenzia il ricorrente, la veridicita' del racconto del (OMISSIS) era esclusa dalle indagini della polizia giudiziaria che avevano permesso di accertare che la impresa del (OMISSIS) non era mai stata invitata a partecipare alla gara dal Comune di (OMISSIS) e tanto faceva ritenere non credibile l'intero racconto del (OMISSIS), poiche' il (OMISSIS) non aveva, quale progettista dei lavori, alcun interesse a riferire il falso. In ogni caso, dalla circostanza che (OMISSIS) avesse cercato di attingere notizie dal progettista dei lavori, che non aveva alcun potere decisionale in ordine alla loro aggiudicazione, non poteva evincersi un suo intervento illecito nella procedura di aggiudicazione. Inoltre, la Corte territoriale aveva mal interpretato la conversazione intercettata in data 21 dicembre 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) senza coglierne il reale significato. In essa (OMISSIS) prende le distanze dal condizionamento illecito degli appalti e disconosce le condotte del (OMISSIS), che utilizzava indebitamente il nome suo e quello di suo fratello (OMISSIS)per sfruttarne abusivamente il potere intimidatorio, e mostra la sua intenzione di redarguirlo. Ne' puo' trarsi alcun elemento di prova dalla conversazione del 22 dicembre 2010 tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS), che pure ha un significato diverso da quello che gli viene attribuito, o la conversazione intervenuta tra gli stessi il 19 novembre 2010, sia per la genericita' del riferimento ai "bruciati" in essa contenuto, sia perche' gli stessi interlocutori definiscono in essa il (OMISSIS) quale un imbroglione e millantatore. 4.18. Con il diciottesimo motivo - corrispondente al decimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della conversazione intercettata il 2 ottobre (OMISSIS) tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS), da intendersi quale prova decisiva. Nella conversazione (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di avere appreso, da un colloquio con Francesco (OMISSIS), che quest'ultimo non e' a conoscenza del presunto patto tra imprenditori locali e âEuroËœndrangheta. La Corte di appello ha affermato che la vicenda relativa all'estorsione ai danni del (OMISSIS) non contraddice l'esistenza del patto spartitorio poiche' essa si colloca al di fuori del sistema imposto dalle cosche di (OMISSIS). Sostiene, allora, il ricorrente che tale motivazione e' eccentrica rispetto al motivo di appello con il quale si era evidenziato che il (OMISSIS), pur operando quale imprenditore edile nel territorio del Comune di (OMISSIS), non aveva avvertito alcun condizionamento, tanto da proporre a (OMISSIS) di organizzarsi economicamente allo scopo di acquisire gli appalti banditi dal Comune di (OMISSIS). Non vi era stata alcuna estorsione attuata ai danni del (OMISSIS). 4.19. Con il diciannovesimo motivo - corrispondente all'undicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della conversazione intercettata il 21 dicembre 2010, da intendersi quale prova decisiva, in relazione alle difficolta' economiche di (OMISSIS). I Giudici del merito non hanno considerato che (OMISSIS) viveva lontano dalla Calabria dal giugno 2007 e per tale motivo non e' rimasto coinvolto in alcuna altra indagine riguardante la gestione da parte della âEuroËœndrangheta degli appalti pubblici. Peraltro, la Corte di appello ha omesso di considerare la conversazione intercettata sopra indicata, nel corso della quale (OMISSIS) evidenzia che le condizioni economiche dell'odierno ricorrente non sono buone, il che contrasta con la spartizione delle grandi somme di denaro che allo stesso sarebbero dovute derivare laddove egli effettivamente avesse avuto il controllo degli appalti banditi dal Comune di (OMISSIS). 4.20. Con il ventesimo motivo - corrispondente al dodicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione di talune conversazioni intercettate, i cui estremi vengono indicati nel motivo di ricorso e da intendersi quali prove decisive, e relative alla partecipazione di (OMISSIS) all'incontro con (OMISSIS) e altri esponenti di âEuroËœndrangheta presso un bar nel periodo delle feste natalizie del (OMISSIS). Secondo l'ipotesi accusatoria, (OMISSIS) avrebbe partecipato a detto incontro ed avrebbe pesantemente redarguito (OMISSIS), esponente di spicco della criminalita' organizzata operante sul territorio. La circostanza emergerebbe dalla conversazione del 31 gennaio 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che l'avrebbe riferita al primo. Con l'appello era stato dedotta l'inesistenza di alcuna prova che l'incontro fosse avvenuto e comunque era stata evidenziata l'inattendibilita' del (OMISSIS), tanto che pure (OMISSIS) , pochi minuti dopo aver ascoltato il racconto del (OMISSIS), aveva espresso al (OMISSIS) i suoi dubbi sulla veridicita' del racconto. La Corte di appello, in relazione ad altre circostanze di fatto, aveva ritenuto inattendibile quanto riferito dal (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate proprio in virtu' dei dubbi espressi da (OMISSIS) e, tuttavia, del tutto contraddittoriamente, non aveva applicato il medesimo criterio di giudizio in relazione all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Anche in numerose altre conversazioni (OMISSIS) ed il (OMISSIS) mostrano di considerare il (OMISSIS) quale un imbroglione. Ciononostante, la Corte territoriale ha ritenuto attendibile il suo racconto, che, peraltro, non risulta in alcun modo riscontrato. 4.21. Con il ventunesimo motivo - corrispondente al tredicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia (OMISSIS). La Corte di appello ha considerato generiche le dichiarazioni del collaborante, mentre avrebbe dovuto ritenerle inattendibili e non riscontrate. 4.22. Con il ventiduesimo motivo - corrispondente al quattordicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al delitto di estorsione di cui al capo 14 septies), la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione di talune conversazioni intercettate, i cui estremi vengono indicati nel motivo di ricorso e relative ai c.d. "lavori del muro", nonche' l'erronea qualificazione giuridica del fatto, in realta' integrante un mero tentativo di estorsione. Il ricorrente evidenzia che mentre nella sentenza di primo grado (OMISSIS) viene indicato quale uno dei concorrenti nell'estorsione, la sentenza di secondo grado gli attribuisce la posizione di vittima, avendo egli partecipato alla esecuzione dei lavori, e segnala che la motivazione e' illogica perche' non e' dimostrato che (OMISSIS) abbia in alcun modo collaborato alla commissione del delitto. In particolare, non puo' sostenersi che il (OMISSIS) sia stato inviato dal ricorrente a rappresentare al (OMISSIS) la richiesta estorsiva sol perche' il (OMISSIS) ha, in tale frangente, affermato che il lavoro "lo fanno i paesani miei" e che il lavoro interessava "a gente di (OMISSIS)" e la Corte di appello non ha dato risposta al motivo di gravame con il quale si sosteneva che le persone indicate dal (OMISSIS) non potevano essere identificate con certezza nei (OMISSIS) "bruciati" potendo i mandanti essere individuati in soggetti diversi, come (OMISSIS), che pure era di (OMISSIS). Difatti, non avendo il (OMISSIS) menzionato i "bruciati", il (OMISSIS) non era stato in grado di comprendere a chi egli avesse voluto riferirsi, tanto che egli aveva chiesto ad altri soggetti di scoprire chi fossero coloro che, tramite il (OMISSIS), avevano avanzato le loro pretese e poi, tramite un suo operaio, si era rivolto a (OMISSIS) per chiedere protezione. In ogni caso, anche laddove si ritenesse che il (OMISSIS) fosse stato incaricato dai "bruciati", non era dimostrato che tutti i componenti della famiglia indicata con quel soprannome fossero coinvolti nella vicenda estorsiva. Neppure era dato comprendere a vantaggio di chi i "bruciati" avessero esercitato le loro pressioni, atteso che il (OMISSIS) non aveva eseguito lavori in relazione ai c.d. "lavori del muro" ed essendo intervenuto un patto chiaro ed esplicito tra (OMISSIS) e (OMISSIS) per gestire insieme i lavori ed i subappalti sin dal maggio (OMISSIS), come risultava da molte delle conversazioni intercettate. In particolare, dalla conversazione intercettata in data 18 maggio (OMISSIS) tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS) risulta che quest'ultimo era in grado di scegliere autonomamente i subappaltatori e quindi l'assenza del condizionamento degli (OMISSIS) e nella stessa sentenza di appello si riconosce che anche (OMISSIS) era in condizione di scegliersi i subappaltatori. Se vi sono state pressioni su (OMISSIS) e su (OMISSIS) , esse sono state esercitate dallo (OMISSIS), che pretendeva di partecipare all'esecuzione dei lavori. Il ricorrente segnala che i giudici del merito hanno tratto la convizione che (OMISSIS) abbia chiesto a (OMISSIS) di intervenire sul (OMISSIS) da due conversazioni tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS) intercettate il 10 settembre (OMISSIS), il cui significato e' stato travisato. Il " (OMISSIS)" al quale in esse si faceva riferimento andava identificato in (OMISSIS) (OMISSIS), che pure aveva partecipato all'esecuzione dei "lavori del muro", come risultava da altra conversazione intercettata il 14 ottobre (OMISSIS). In ogni caso, anche volendo individuare in (OMISSIS) il soggetto al quale (OMISSIS) aveva parlato, dal tenore della conversazione del 10 settembre (OMISSIS) emergeva che l'intervento del (OMISSIS) era volto esclusivamente ad ottenere notizie da (OMISSIS) tramite (OMISSIS) circa l'eventuale avvenuto pagamento da parte del (OMISSIS) allo (OMISSIS) del prezzo del subappalto; (OMISSIS) non aveva affidato a (OMISSIS) alcuna richiesta da rivolgere al (OMISSIS) e comunque (OMISSIS) non aveva rivolto alcuna richiesta di notizie o di pagamenti al (OMISSIS) valendosi di (OMISSIS) , non avendo egli mai incontrato il (OMISSIS) e non volendo che l'oggetto della richiesta del (OMISSIS) fosse conosciuta. Neppure vi e' prova che la riunione in cui si sarebbe dovuto discorrere dei conteggi relativi ai "lavori del muro" sia stata effettivamente tenuta e se le somme siano state corrisposte, cosicche' il fatto andrebbe semmai qualificato come tentata estorsione. 4.23. Con il ventitreesimo motivo - corrispondente al quindicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente denuncia, in relazione al delitto di estorsione di cui al capo 14 septies), la nullita' della sentenza ai sensi dell'articolo 522 cod. proc. pen. per difetto di correlazione tra accusa e sentenza, poiche', come sopra gia' esposto, mentre nella sentenza di primo grado il destinatario dell'estorsione e' il (OMISSIS), nella sentenza di appello viene indicato come tale (OMISSIS) , senza che sul mutamento del fatto, mai formalizzato nel corso del giudizio di primo grado, sia stata attivata alcuna forma di contraddittorio, con conseguente lesione del diritto di difesa dell'imputato. 4.24. Con il ventiquattresimo motivo - corrispondente al sedicesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al delitto di estorsione di cui al capo 14 novies), la mancanza, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione di talune conversazioni intercettate, i cui estremi vengono indicati nel motivo di ricorso e relative ai c.d. "lavori del sottopassaggio", nonche' la violazione degli articoli 56 e 629 cod. pen. La Corte territoriale, alla quale era stato segnalato che in nessuna delle conversazioni intercettate era stato collegato il nome di tale " (OMISSIS)" ed il nome di " (OMISSIS)" ai lavori del sottopassaggio della stazione ferroviaria di (OMISSIS), ha rigettato il motivo osservando che attraverso l'impresa aggiudicataria indicata nelle conversazioni era certo che l'appalto oggetto della vicenda estorsiva andasse identificato in quello relativo ai suddetti lavori. Osserva, allora, il ricorrente che il ragionamento e' illogico perche' presuppone che l'impresa aggiudicataria si sia occupata esclusivamente dei lavori del sottopassaggio, mentre tale circostanza non emerge dalle conversazioni intercettate. Peraltro, le conversazioni intercettate sono di sei mesi successive al completamento dei lavori del sottopassaggio, il che porta ad escludere che il relativo appalto sia stato controllato dalle cosche di (OMISSIS). Nella conversazione del 26 gennaio 2010 si fa riferimento a tale " (OMISSIS)" che viene immotivatamente identificato in (OMISSIS), mentre potrebbe trattarsi di (OMISSIS) o di (OMISSIS), che pure erano coinvolti nell'esecuzione dei lavori pubblici. Ne' dalla conversazione emerge alcuna condotta estorsiva. In essa si fa riferimento a "viaggi" ed "assegni", termini che non escludono interpretazioni alternative; ne' e' possibile comprendere la natura ed il contenuto delle eventuali minacce esercitate, onde poterne apprezzare la serieta' e la idoneita'. 4.25. Con il venticinquesimo motivo - corrispondente al diciassettesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al trattamento sanzionatorio, la violazione dell'articolo 81, cod. pen. per avere la Corte di appello negato il vincolo della continuazione tra i reati per i quali si procede in questa sede e quello di cui all'articolo 416-bis cod. pen. per il quale egli e' stato condannato con la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria datata 11 giugno 1999 che ha parzialmente riformato quella del Tribunale di (OMISSIS) del 23 maggio 1998. Sostiene il ricorrente che le vicende criminali oggetto del presente giudizio sono collegate a quelle per le quali egli e' stato gia' giudicato e ne costituiscono lo sviluppo e sono quindi tutte oggetto, quanto meno nelle loro linee essenziali, di un solo momento ideativo collocato anteriormente alla adesione del ricorrente alla âEuroËœndrangheta e diretto al conseguimento del controllo totale del territorio in cui operava la cosca. La associazione di tipo mafioso e' sempre la stessa e le estorsioni ed il controllo degli appalti pubblici rientrano nel programma dell'associazione criminale. La Corte di appello ha, invece, rigettato l'istanza di applicazione della disciplina del reato continuato con una motivazione inconsistente e viziata, che non considera le ragioni poste a sostegno della richiesta e trascura che proprio la forza di intimidazione delle cosche consentiva la realizzazione delle estorsioni ed il controllo degli appalti pubblici. La distanza temporale tra le due condotte associative non era dirimente, rispondendo essa solo all'esigenza pratica di accertamento e definizione processuale delle vicende giudicate. In ogni caso, l'imputazione per la quale (OMISSIS) e' stato gia' condannato si estende "dal 1983 ad oggi" e non e' chiusa al 1995. 4.26. Con il ventiseiesimo motivo - corrispondente al diciottesimo motivo dell'atto sottoscritto dall'avv. (OMISSIS) - il ricorrente lamenta, in relazione al trattamento sanzionatorio, la violazione degli articoli 133 e 62-bis cod. pen., quanto all'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti, e dell'articolo 114 cod. pen., quanto all'omessa applicazione dell'attenuante al reato di cui al capo 14 septies), la violazione degli articoli 416-bis.1 e 416-bis, quarto e quinto comma, cod. pen., la violazione dell'articolo 81 cod. pen., quanto alla determinazione dell'aumento di pena per la continuazione, nonche' la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine a tali punti della decisione. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello ha motivato collettivamente per tutti gli imputati, senza differenziare le varie posizioni. L'intervento di (OMISSIS) nella vicenda estorsiva di cui al capo 14 septies) era stato secondario e quasi irrilevante e dalle conversazioni intercettate risulta che egli era estraneo alle richieste rivolte al (OMISSIS) da altri e quindi l'efficienza causale della sua condotta era stata minima. La somma versata, Euro 6000,00, da dividere con il fratello, estremamente modesta, tenuto conto anche del valore dell'appalto, pari ad Euro 160.000,00. I fatti risalgono al (OMISSIS) e successivamente egli non ha commesso altri reati di estorsione, mentre la sua partecipazione all'associazione si e' arrestata nel 2010; anche gli altri elementi indicati dall'articolo 133 cod. pen. militano a favore dell'applicazione delle attenuanti generiche. Inoltre, puo' trovare applicazione l'attenuante di cui all'articolo 114 cod. pen. Doveva anche escludersi l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen., in quanto l'estorsione era stata attuata al fine di aiutare il fratello (OMISSIS) e non per agevolare l'associazione criminale. Neppure (OMISSIS) aveva parlato con (OMISSIS) e non poteva, quindi, essergli applicata l'aggravante delle piu' persone riunite. L'associazione mafiosa non poteva ritenersi armata sol perche' (OMISSIS) disponeva di armi e (OMISSIS) aveva espresso il timore che scoppiasse una guerra di mafia. In ogni caso l'aumento di pena per la continuazione risulta eccessivo rispetto alla gravita' del reato associativo e tale da negare al beneficio della continuazione la sua ratio. 5. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso anche (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed articolando dieci motivi. 5.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., la inutilizzabilita' degli atti indagine acquisiti dopo la scadenza dei termini massimi di durata delle indagini preliminari ai sensi degli articoli 191 e 407, comma 3, cod. proc. pen. La Corte di appello ha affermato che le informative di polizia giudiziaria compiute dal 23 gennaio 2012, giorno successivo alla scadenza del termine massimo per le indagini preliminari, sino al 1 giugno 2018 sarebbero utilizzabili in quanto non compiute in violazione di legge e che il vizio sarebbe sanato per effetto della scelta del rito abbreviato ai sensi dell'articolo 438, comma 6-bis, cod. proc. pen. secondo il quale tale scelta comporta la non rilevabilita' delle inutilizzabilita', salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Il ricorrente sostiene che tale assunto e' errato, in quanto l'articolo 191, comma 2, cod. proc. pen. prevede che l'inutilizzabilita' puo' essere rilevata anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento e comunque la norma fa salve le inutilizzabilita' conseguenti alla violazione di un divieto probatorio quale e' appunto la violazione del termine di durata massima delle indagini preliminari. Anche gli atti di indagine successivi alla scadenza di detto termine sarebbero affetti dalla c.d. inutilizzabilita' patologica e sarebbero inutilizzabili pure in sede di giudizio abbreviato, sulla base dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza Tammaro (Sez. U, n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216246). 5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis, primo e terzo comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 1). Sostiene il ricorrente che manca la motivazione in relazione ad alcuni punti che avevano costituito oggetto di impugnazione, mentre in relazione ad altri la motivazione e' illogica a causa dell'omessa valutazione di numerosi elementi di prova; la mancata valutazione delle prove ha poi condotto alla violazione dell'articolo 416-bis cod. pen., essendo stato ritenuto sussistente il reato previsto da questa disposizione in mancanza dei suoi elementi oggettivi. Mentre il Giudice di primo grado ha utilizzato a fini di prova sia le intercettazioni di conversazioni intercorse tra soggetti diversi da (OMISSIS)e le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), la Corte di appello ha ritenuto queste ultime eccessivamente generiche ed incapaci di fornire elementi utili in quanto relative a circostanze accadute molto tempo prima rispetto alle condotte oggetto di contestazione. Tuttavia, segnala il ricorrente, le conversazioni di (OMISSIS) oggetto di intercettazione non hanno ad oggetto fatti storici, ma considerazioni e deduzioni. Per valere come prova esclusiva della penale responsabilita' dell'imputato, gli elementi di prova da esse ricavati devono essere gravi e l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni intercettate costituisce una questione di fatto insindacabile in sede di legittimita', purche' motivata in conformita' ai criteri della logica e delle massime di esperienza, mentre nel caso di specie la motivazione e' illogica a causa del travisamento probatorio, dovuto alla circostanza che la Corte di appello ha analizzato solo una parte del compendio probatorio, senza considerare le conversazioni intercettate dalle quali emerge l'inattendibilita' di quanto dichiarato da (OMISSIS) che, nelle sue conversazioni, riferisce considerazioni personali ed avvenimenti mai riscontrati nella loro effettiva verificazione e spesso riporta quanto appreso da (OMISSIS), anch'egli palesemente non credibile, oltre che inattendibile, tanto che che anche (OMISSIS) ed il (OMISSIS) lo ritengono un millantatore, che era solito utilizzare il nome dei (OMISSIS) "bruciati" in modo sconsiderato, tanto da far adirare (OMISSIS), come risulta in una delle conversazioni intercettate. Evidenzia il ricorrente che la sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del (OMISSIS), che si e' pronunciata nei confronti degli imputati che non avevano optato per il giudizio abbreviato, ha assolto tutti i coimputati in relazione allo stesso reato, applicando il principio secondo il quale, in caso di generiche affermazioni fatte da terze persone nel corso di conversazioni alle quali non ha partecipato l'indagato, e' necessario che esse trovino riscontro in altri elementi di supporto che integrino con riferimenti specifici la genericita' dell'accusa. La Corte di appello neppure si e' curata di verificare la qualita' dei conversanti, occorrendo invece valutare il loro grado di inserimento in seno al sodalizio criminale. Gli indizi raccolti nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l'imputato, possono costituire fonte diretta di prova, senza necessita' di reperire riscontri esterni, a condizione che il contenuto della conversazione sia chiaro e che, per il ruolo ricoperto dagli interlocutori nell'ambito dell'associazione di cui fanno parte, siano portatori di conoscenze qualificate e non vi sia motivo per ritenere che essi esprimano mere opinioni personali o semplici congetture. Peraltro, la Corte di appello ha illogicamente affermato che (OMISSIS)deve essere ritenuto un associato al locale di âEuroËœndrangheta di (OMISSIS), finanche in posizione apicale, sol perche' aveva gia' riportato condanna per il reato associativo mafioso, senza considerare che tale condanna si riferisce ad un periodo di tempo molto risalente nel tempo rispetto ai fatti contestati in questa sede, sostenendo che un soggetto condannato per associazione di tipo mafioso molti anni fa deve necessariamente continuare a far parte dell'associazione, non considerando la funzione rieducativa della pena gia' espiata e senza porre a base di tale conclusione alcuna prova. Per quanto concerne la vicenda dei cosiddetti "lavori del muro", in data 12 ottobre (OMISSIS) (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) che " (OMISSIS)", ossia (OMISSIS), in quanto mandato da gente di (OMISSIS), sarebbe andato da (OMISSIS), aggiudicatario dell'appalto, per intimidirlo e far si' che potessero intromettersi nei lavori alcune famiglie (OMISSIS), tra le quali quella dei (OMISSIS) "bruciati" e quindi anche (OMISSIS). Dalla conversazione, secondo la Corte di appello, si ricaverebbe il coinvolgimento di (OMISSIS)nella vicenda, in quanto egli si sarebbe avvalso del (OMISSIS) per intimidire il (OMISSIS). Dalla conversazione, tuttavia, non si capisce da chi avrebbe appreso tale informazione (OMISSIS) , che nel corso della conversazione la riporta al (OMISSIS). Nonostante le doglianze sollevate in proposito con l'atto di appello, nessuna risposta e' stata fornita dalla Corte territoriale. In realta', (OMISSIS) si limita ad esplicitare al (OMISSIS) il risultato di una sua congettura. - In ogni caso, anche laddove si ritenesse che sia stato il (OMISSIS) a riferire la circostanza a (OMISSIS) , dovrebbe osservarsi che laddove la Corte territoriale afferma che il primo e' soggetto attendibile, la motivazione risulta assolutamente illogica, atteso che nel corso delle conversazioni intercettate piu' volte, ed in particolare nella conversazione del 3 novembre 2010, (OMISSIS) ed il (OMISSIS) affermano che il (OMISSIS) e' un imbroglione ed un millantatore, aduso a spendere il nome di persone senza avere con queste alcun rapporto o accordo. La sentenza di appello afferma che non appaiono scriminanti le conversazioni nelle quali si fa riferimento a "cazziate" fatte dai (OMISSIS) al (OMISSIS), poiche' tale circostanza sarebbe al contrario una conferma del loro legame e, sebbene in piu' occasioni i conversanti abbiano screditato la figura del (OMISSIS), in numerosissime occasioni i dati probatori hanno confermato che l'imputato era imposto dalle cosche (OMISSIS). In realta', neppure era dimostrato che i (OMISSIS) avessero rimproverato il (OMISSIS) e comunque non era dimostrato il preteso legame dei (OMISSIS) con il (OMISSIS). La circostanza dimostrava, invece, che (OMISSIS), avendo appreso che il (OMISSIS) aveva indebitamente utilizzato il suo nome per intimidire il (OMISSIS), non aveva tollerato tale comportamento, non volendo essere accostato ad un imbroglione quale era il (OMISSIS). Proprio l'impossibilita' di stabilire da chi (OMISSIS) avesse appreso le circostanze da lui riferite al (OMISSIS) aveva indotto il Tribunale di (OMISSIS), all'esito del giudizio ordinario celebrato a carico di coloro che non avevano scelto il rito abbreviato, a svalutare la rilevanza probatoria della conversazione intercettata, che ben poteva avere ad oggetto mere congetture e supposizioni di (OMISSIS). Quanto ai "lavori dell'asilo di (OMISSIS)", che secondo l'ipotesi accusatoria sarebbero stati eseguiti dal (OMISSIS) quale socio di (OMISSIS), la Corte di appello si limita a dare per scontata la veridicita' di quanto da (OMISSIS) riferito al (OMISSIS), senza tenere conto della genericita' delle dichiarazioni e della inattendibilita' di (OMISSIS) , aspetti sui quali la Corte di appello omette di motivare poiche' non vi sono elementi di prova in grado di riscontrare la circostanza. Da quanto sopra esposto in relazione ai "lavori del muro" emerge, invece, che (OMISSIS)non apprezzava la persona del (OMISSIS) ed e' quindi inverosimile che i due fossero soci. Analoghe considerazioni valgono in relazione ai "lavori della caserma e della scuola elementare". Il Tribunale di (OMISSIS), nella sentenza resa all'esito del giudizio ordinario, afferma che la abitudine del (OMISSIS) di millantare un suo legame con i (OMISSIS) "bruciati" preoccupa (OMISSIS) che, avendo prestato la sua azienda al (OMISSIS), teme che la stessa possa essere colpita da una misura interdittiva antimafia. La circostanza che il (OMISSIS) spendesse indebitamente il nome di (OMISSIS)emerge anche dalla conversazione intercettata in data 23 novembre 2010 in cui (OMISSIS) riferiva al (OMISSIS) che lo stesso (OMISSIS)gli aveva detto che il (OMISSIS) aveva utilizzato a sproposito il nome dei "bruciati", motivo per il quale il (OMISSIS), rifiutato dal "bruciato", aveva poi richiesto l'appoggio di (OMISSIS) "(OMISSIS)". Questa intercettazione non e' stata affatto presa in considerazione dalla Corte di appello, che e' incorsa in un vero e proprio travisamento probatorio. La motivazione della Corte di appello risulta, quindi, illogica perche' le conversazioni intercettate, alle quali (OMISSIS)non ha partecipato, sono generiche e non riscontrate e finanche contraddette da riscontri negativi. La motivazione e' quindi mancante, poiche' manca l'esposizione delle prove poste a base della decisione e delle ragioni per le quali non si ritengono attendibili le prove contrarie, come invece prescritto dall'articolo 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. Analoghe considerazioni vengono spese dal ricorrente in relazione ai lavori del "Gioiello del mare". Dalle convinzioni, puramente congetturali, espresse dal (OMISSIS) in ordine ad un inserimento di (OMISSIS)in tali lavori, i giudici di appello hanno desunto la partecipazione dell'imputato ad un sodalizio criminoso. Il ricorrente segnala che la vicenda relativa ai suddetti lavori riguarda un'estorsione attuata ai danni del Cuppari, cosicche' se davvero (OMISSIS)fosse stato implicato in detta vicenda, avrebbero dovuto contestargli il concorso nell'estorsione, che invece non gli era stato addebitato. Laddove, a pag. 484 della sentenza qui impugnata, si afferma che sulla base di tutte le vicende relative ai lavori (OMISSIS) rappresenta fondatamente a (OMISSIS) che su (OMISSIS) comandano gli (OMISSIS), tra i quali spiccano (OMISSIS) e (OMISSIS), in realta', dal complesso delle conversazioni intercettate, risulta che (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) fatti appresi da terzi non identificati, come emerge dalla conversazione del 27 gennaio 2011 in cui si parla di un incontro al quale, secondo la Corte di appello, (OMISSIS)avrebbe partecipato, mentre la sua partecipazione non e' affatto riscontrata. Il ricorrente precisa che egli non intende chiedere a questa Corte di cassazione una rivalutazione delle prove ed in particolare delle conversazioni intercettate, ma evidenziare la illogicita' della motivazione, che poggia esclusivamente su parte delle conversazioni captate, e la mancanza della motivazione, non avendo la Corte di appello illustrato le ragioni per le quali devono essere disattesi i motivi di gravame che si basavano proprio sulle conversazioni che non sono state oggetto di valutazione. Aggiunge il ricorrente che, peraltro, laddove i conversanti si riferiscono a tale " (OMISSIS)" non e' affatto detto che essi facciano riferimento a (OMISSIS), in quanto anche altri si chiamano (OMISSIS), come (OMISSIS), ed in un'occasione, quella della conversazione del 21 gennaio 2010 relativa ai "lavori del muro", risulta che essi fanno riferimento proprio a (OMISSIS), cosicche' risulta illogica l'affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza di appello, secondo la quale non vi sono dubbi che quando i conversanti menzionavano " (OMISSIS)" essi intendessero riferirsi a (OMISSIS). Anche in relazione alla vicenda relativa ai lavori del cimitero di (OMISSIS), la Corte di appello omette di valutare la conversazione del 21 dicembre 2020 dalla quale emerge che l'intervento dei (OMISSIS) "bruciati" e dei "(OMISSIS)" era solo apparente e che in realta' il (OMISSIS) spendeva indebitamente i loro nomi. Dalle conversazioni intercettate la cui valutazione e' stata omessa dalla Corte di appello emerge che non e' possibile sostenere la partecipazione di (OMISSIS)alla âEuroËœndrangheta e che pertanto la Corte di appello ha erroneamente applicato l'articolo 416-bis cod. pen., come interpretato dalle Sezioni Unite con la sentenza Modafferi che afferma che va riscontrato in concreto il fattivo inserimento nell'organizzazione criminale. Quand'anche fosse dimostrata la esistenza di un gruppo di persone che si interessavano ai lavori appaltati ed avevano stabilito alcune regole da rispettare in ordine alla loro spartizione, non si tratterebbe di un'associazione di tipo mafioso, non risultando in alcun modo che essa utilizzasse alcun potere di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e di omerta' che ne deriva. La motivazione e' illogica laddove, per affermare che (OMISSIS) e' attendibile, la Corte di appello sostiene che egli e' intraneo al circuito dei subappalti illeciti, avendo ampie conoscenze in ordine alle famiglie mafiose operanti sul territorio, e poi sostiene che egli non faccia parte di alcuna cosca. 5.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis, secondo comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 1). Sostiene il ricorrente che anche l'attribuzione a suo carico di una posizione apicale in seno al sodalizio mafioso e' stata motivata in modo illogico ed e' il risultato di una valutazione solo parziale del quadro probatorio. L'attribuzione di una posizione di vertice in seno alla cosca discenderebbe da una conversazione captata in data 24 settembre (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui il primo racconta al secondo che il giorno seguente si sarebbero dovuti recare assieme presso il bar (OMISSIS) di (OMISSIS) per incontrarsi anche con " (OMISSIS)" bruciato onde stabilire come dovessero essere spartiti i soldi ricavati dai "lavori del muro" di (OMISSIS). Dalla attribuzione a (OMISSIS)dell'autorita' di stabilire tra chi e come i soldi andassero spartiti, si e' desunto che egli occupasse una posizione di supremazia. Tuttavia, anche in questo caso la conversazione intercettata, per la sua genericita', avrebbe dovuto essere corroborata da riscontri estrinseci, che nel caso di specie mancano, in quanto, sebbene gli inquirenti conoscessero preventivamente il giorno, l'ora ed il luogo dell'incontro, non e' stato effettuato alcun accertamento onde controllare se esso si fosse effettivamente tenuto e chi vi avesse partecipato, cosicche' non si puo' nemmeno affermare con certezza che esso vi sia stato. E difatti, nella sentenza emessa dal Tribunale di (OMISSIS) all'esito del giudizio ordinario si afferma appunto che, mancando alcun riscontro, non si puo' ritenere accertato l'incontro. In relazione a detta conversazione del 24 settembre (OMISSIS), inoltre, la Corte di appello, segnala il ricorrente, si contraddice perche' sostiene che (OMISSIS) avrebbe riferito al (OMISSIS) che loro due, il (OMISSIS) e lo (OMISSIS) il giorno seguente avrebbero dovuto recarsi da " (OMISSIS)" per portargli i conteggi relativi ai lavori, mentre nella conversazione riportata nella sentenza di appello emerge chiaramente che laddove i conti non fossero tornati, la persona che si sarebbe potuta arrabbiare non era (OMISSIS), ma un diverso soggetto, tanto che essi affermano che, laddove tale ipotesi si fosse concretizzata, della questione avrebbero discusso tra loro " (OMISSIS)" e questa terza persona. Ne consegue che non e' logico desumere da tale conversazione un ruolo di vertice in capo a (OMISSIS). Anche in relazione alla conversazione del 7 ottobre (OMISSIS), in cui secondo la Corte di appello (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) come il (OMISSIS) si sarebbe dovuto comportare con (OMISSIS)in ordine alla spartizione del denaro e che pure e' stata valorizzata dalla Corte di appello per desumerne un ruolo direttivo in capo al ricorrente, quest'ultimo sostiene che la motivazione e' illogica perche' in realta' (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) come quest'ultimo si sarebbe dovuto comportare, senza menzionare il (OMISSIS) o fare riferimento a suoi comportamenti. Dalla conversazione emerge che (OMISSIS) e (OMISSIS)occupano posizioni paritarie tra loro. Peraltro, segnala il ricorrente, le conversazioni sono tutte anteriori al 26 ottobre (OMISSIS), data di chiusura dei lavori, e quindi non si puo' affermare con certezza che gli accordi spartitori siano stati rispettati. 5.4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis, quarto e quinto comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione, per il reato contestato al capo 1), dell'aggravante della disponibilita' di armi in capo all'associazione mafiosa. Anche in relazione a detta aggravante la Corte di appello poggia la sua decisione sull'attendibilita' di quanto dal (OMISSIS) riferito a (OMISSIS) . L'illogicita' della motivazione, per le ragioni sopra gia' esposte, nella parte in cui afferma la attendibilita' del (OMISSIS) porta a ritenere illogica detta motivazione anche nella parte relativa all'applicazione dell'aggravante. Peraltro, laddove la decisione poggia sulla affermazione, rivolta da (OMISSIS) al (OMISSIS), che presto le cosche locali sarebbero entrate in conflitto tra loro e sarebbe scoppiata una guerra di mafia, essa non considera che trattasi di una ipotesi meramente congetturale basata su valutazioni soggettive dello stesso (OMISSIS) , inidonea a dimostrare l'effettivo possesso di armi in capo alla associazione. 5.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e degli articoli 110 e 629, primo comma, cod. pen. e mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla affermazione della sua penale responsabilita' per il reato contestato al capo 14 septies). Anche in relazione alla vicenda estorsiva contestata al capo 14 septies), le conversazioni intercettate risultano generiche e necessitano, per valere come prova, di ulteriori riscontri. Durante la conversazione del 12 ottobre (OMISSIS) (OMISSIS) racconta al (OMISSIS) che il (OMISSIS), in quanto mandato da gente di (OMISSIS), avrebbe cercato di intimidire il (OMISSIS), aggiudicatario dell'appalto, onde consentire ad alcune famiglie di (OMISSIS) di ingerirsi nei lavori e tra queste anche quella dei (OMISSIS) "bruciati", di cui fa parte (OMISSIS). Da questa conversazione dovrebbe ricavarsi che (OMISSIS)e' direttamente coinvolto nella vicenda, per avere attraverso il (OMISSIS) intimidito il (OMISSIS) onde ingerirsi nell'appalto. Anche in questo caso, segnala il ricorrente, non si comprende da chi (OMISSIS) avrebbe appreso tale circostanza e nemmeno chi sarebbero gli (OMISSIS) che avrebbero agito quali mandanti del (OMISSIS). Nonostante le doglianze segnalate con l'atto di appello, la Corte territoriale non chiarisce tale punto. E' peraltro evidente che (OMISSIS) formula una ipotesi, una sua congettura e, comunque, anche ipotizzando che la circostanza sia stata riferita a (OMISSIS) dal (OMISSIS), la motivazione della sentenza di secondo grado e' contraddittoria perche' omette di rilevare che dalla conversazione medesima risulta la inattendibilita' del (OMISSIS) per le ragioni sopra esposte. Anche in riferimento all'incontro che si sarebbe dovuto tenere il giorno seguente, 25 ottobre (OMISSIS), presso il bar (OMISSIS) di (OMISSIS) ed al quale avrebbe dovuto partecipare anche (OMISSIS)onde concordare la divisione delle somme derivanti dal lavoro appaltato al (OMISSIS), le conversazioni intercettate sono non riscontrate poiche' non vi e' alcun elemento di prova che poi l'incontro sia avvenuto e che (OMISSIS)vi abbia partecipato, atteso che gli inquirenti neppure, pur potendolo, hanno svolto un servizio di appostamento onde controllare se l'incontro si fosse realmente tenuto. Difatti, anche il Tribunale di (OMISSIS), all'esito del giudizio ordinario, aveva ritenuto la conversazione priva di rilevanza probatoria perche' non riscontrata. Neppure da tale conversazione puo' desumersi un ruolo direttivo o apicale in capo all'imputato. Anche laddove si sostiene che da detta conversazione dovrebbe ricavarsi che (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) il giorno successivo avrebbero dovuto portare a (OMISSIS)i conteggi dei lavori appaltati affinche' egli stabilisse la percentuale dovuta dal (OMISSIS) e che da tale circostanza dovrebbe ricavarsi la posizione di supremazia di (OMISSIS), la motivazione risulta illogica perche' nella conversazione intercettata si fa riferimento ad un terzo soggetto che avrebbe dovuto stabilire la percentuale e, laddove questo avesse avanzato rivendicazioni non gradite, con lo stesso se la sarebbe "sbrigata" (OMISSIS). Il ricorrente ribadisce anche quanto gia' esposto, con il terzo motivo di ricorso, in relazione alla conversazione del 7 ottobre (OMISSIS) per evidenziare la illogicita' della motivazione addotta per sostenere che il mandante del (OMISSIS), quale autore dell'intimidazione nei confronti del (OMISSIS), fosse (OMISSIS)e torna a segnalare che le conversazioni poste a sostegno dell'affermazione di penale responsabilita' sono tutte antecedenti alla chiusura dei lavori appaltati, avvenuta in data 26 ottobre (OMISSIS), cosicche' non puo' affermarsi che gli accordi spartitori siano stati rispettati. Ne' si chiarisce perche' non possa essere accolta la tesi difensiva volta a sostenere che quando (OMISSIS) menziona tale " (OMISSIS)" egli non sempre faccia riferimento a (OMISSIS), come confermato dalla conversazione intercettata in data 21 gennaio 2010 tra (OMISSIS) ed il (OMISSIS), in cui, dopo aver fatto piu' volte a tale " (OMISSIS)", se ne menziona il cognome " (OMISSIS)", cosicche' si comprende che egli si riferisce a (OMISSIS), anch'egli di (OMISSIS). E' quindi ben possibile che anche nelle altre conversazioni intercettate (OMISSIS) , menzionando tale " (OMISSIS)", si riferisse a quest'ultimo. Infine, il ricorrente sostiene che anche laddove il (OMISSIS) avesse intimidito il (OMISSIS) affermando che vi erano persone di (OMISSIS) interessate all'appalto, non risulta che a tale condotta il (OMISSIS) sia stato istigato da (OMISSIS); dalla motivazione della sentenza di appello sembra che "tutti quelli di (OMISSIS)" abbiano inviato il (OMISSIS) a minacciare il (OMISSIS), ma tale conclusione e' illogica, poiche' neppure si comprende da chi (OMISSIS) avrebbe appreso simile circostanza. Anche il Tribunale di (OMISSIS) ha ritenuto la conversazione intercettata non riscontrata e quindi espressiva di una mera supposizione o congettura personale di (OMISSIS) . Mancando il delitto di estorsione, il Tribunale di (OMISSIS) ha anche assoto il (OMISSIS) dal delitto di favoreggiamento. 5.6. Con il sesto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., della violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e degli articoli 629, secondo comma, e 628, terzo comma nn. 1 e 3, cod. pen. e della mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante prevista dalle disposizioni appena citate al reato contestato al capo 14 septies). Sostiene che il (OMISSIS), se effettivamente ha intimidito il (OMISSIS) su istigazione di (OMISSIS), ha agito da solo e non riunito a tutti gli altri concorrenti nel reato, dovendosi distinguere la aggravante di cui al n. 1 del terzo comma dell'articolo 628 cod. pen., applicabile solo se piu' persone riunite abbiano attuato la minaccia, ed il mero concorso di persone come affermato anche dalle Sezioni Unite, secondo le quali, nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle piu' persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Alberti, Rv. 252518). Anche l'aggravante di cui al n. 3 del terzo comma dell'articolo 628 cod. pen. non e' applicabile, dovendo escludersi, per le ragioni esposte in precedenza, la partecipazione del ricorrente alla âEuroËœndrangheta. 5.7. Con il settimo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli articoli 192, 530, 533, 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. e dell'articolo 416-bis.1 cod. pen. e la mancanza, contraddittorieta' e manifesta illogicita' della motivazione in ordine all'applicazione dell'aggravante prevista dalla disposizione appena citata in relazione al reato contestato al capo 14 septies). Sostiene che la aggravante non puo' farsi discendere dalla mera circostanza che (OMISSIS)sia un associato alla âEuroËœndrangheta e nel caso di specie, non potendo prestarsi fede alle affermazioni di (OMISSIS) , neppure puo' ritenersi dimostrato che il reato sia stato commesso al fine di agevolare una qualche associazione mafiosa e comunque non e' dato sapere quale destinazione sarebbe stata data al ricavato dall'estorsione. Peraltro, gia' all'esito del primo grado l'aggravante non era stata applicata. 5.8. Con l'ottavo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 99 cod. pen. in relazione all'applicazione della recidiva specifica in relazione ai reati contestati ai capi 1) e 14 septies). Sostiene che la Corte territoriale non ha in alcun modo motivato sull'applicazione della recidiva, sebbene questa avesse costituito oggetto di un motivo di appello. 5.9. Con il nono motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la violazione dell'articolo 62-bis cod. pen. in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche in relazione ai reati contestati ai capi 1) e 14 septies). Sostiene che le circostanze attenuanti non possono essere negate in virtu' della gravita' del reato e della sua pericolosita', discendente dall'essere egli gia' stato condannato per il delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen., mentre la pericolosita' deve essere valutata sulla base del reato oggetto di questo processo. Ne' la Corte di appello ha spiegato perche' l'imputato sarebbe "estremamente pericoloso". La motivazione risulta meramente apparente. 5.10. Con il decimo motivo il ricorrente si duole della misura eccessiva della pena, sostenendo che essa contrasta con gli articoli 132 e 133 cod. pen., con l'articolo 27 Cost. e con l'articolo 49 della Carta di Nizza, giacche' una pena eccessiva e' di ostacolo alla sua funzione rieducativa e sostiene che la Corte di appello neppure ha motivato indicando a quali tra i criteri di cui all'articolo 133 cod. pen. avrebbe inteso fare riferimento nella concreta quantificazione del trattamento sanzionatorio. 6. Ha proposto ricorso (OMISSIS), classe (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo tre diversi motivi di censura correlati alla sua condanna per il delitto di partecipazione mafiosa di cui al capo 1. 6.1. Il primo argomento difensivo si snoda lungo la direttrice del vizio di travisamento della prova e della motivazione apparente, denunciando che il provvedimento impugnato non avrebbe dato risposta alcuna alle obiezioni difensive rappresentate nei motivi d'appello e nella memoria successiva; in particolare ci si duole anche della violazione di legge in relazione all'errata valorizzazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia prive di riscontro ed assunte in maniera apodittica dai giudici d'appello. Si eccepisce che gli elementi utilizzati per attribuire al ricorrente la partecipazione all'associazione mafiosa - precisamente collaborando nel settore del controllo criminale di tutte le attivita' edilizie, private e pubbliche in appalto, nel territorio del comune di (OMISSIS) (locale di (OMISSIS)), con imposizione di forniture dei materiali e del pagamento di danaro per i lavori - sarebbero incoerenti con il ruolo di "santista" dunque erroneamente attribuitogli: non e' possibile che un soggetto di tale caratura criminale sia stato impiegato in quei lavori di manovalanza cantieristica nei quali si innesta il contesto delle intimidazioni ritenute provate dalla Corte d'Appello; non vi sono dati di appartenenze familiari che possano fondare un tale ruolo primario nell'organizzazione del "locale". Vengono poi evocate alcune imprecisioni contenute nella sentenza, a riprova della confusione nella ricostruzione degli elementi di fatto dai quali e' stata tratta la prova indiziaria della partecipazione mafiosa del ricorrente (tra questi, le dichiarazioni di un collaboratore, non meglio precisato nel ricorso, che avrebbe riferito di un fratello del ricorrente, il quale tuttavia non ha fratelli). Si lamenta la genericita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), peraltro anche prive di riscontri. 6.2. Il secondo motivo di ricorso (erroneamente rubricato al n. 3) denuncia violazione di legge per vizio di mancanza assoluta di motivazione quanto alla ricostruzione del ruolo associativo del ricorrente, inserito in un gruppo denominato degli " (OMISSIS)", in ipotesi radicato nel comune di (OMISSIS), di cui mancano i cardini essenziali di struttura, vale a dire: un leader (che sarebbe, secondo la sentenza impugnata, (OMISSIS), il quale, tuttavia, non e' neppure imputato nel processo ed e' stato condannato in precedente giudizio solo quale mero partecipe, senza ruoli di "capo" in qualsivoglia territorio; una dimensione operativa chiara. Anche le funzioni del ricorrente all'interno della compagine mafiosa non sono state determinate ed anzi, nonostante i controlli di polizia frequenti, risulta che il ricorrente non sia mai stato ritrovato in compagnia di pregiudicati, ovvero di (OMISSIS) e che si sia sempre mostrato rispettoso degli obblighi imposti dalla liberta' vigilata cui era sottoposto e che, successivamente, gli e' stata revocata. 6.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione al difetto assoluto di motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, basato sulla sola constatazione dei precedenti penali dell'imputato, senza tener conto del limitato apporto associativo, riconosciuto dalla stessa circoscritta durata della partecipazione, e del suo impiego in lavori umilissimi quali la ripulitura della strada provinciale (OMISSIS)-(OMISSIS). Si contesta, altresi', la sussistenza dell'aggravante della recidiva, riconosciuta in controtendenza rispetto al positivo accertamento sull'assenza di pericolosita' sociale che ha fondato, nel 2013, la revoca della liberta' vigilata nei suoi confronti. 6.4. Sono stati depositati motivi nuovi dal ricorrente con i quali si ribadiscono e precisano le ragioni del ricorso principale. In particolare, si evidenzia come, nelle intercettazioni, siano state formulate dagli interlocutori (OMISSIS) e (OMISSIS) semplicemente delle ipotesi, non confortate da alcun elemento certo che possa ricondurre i fatti della mattina del (OMISSIS) - allorquando taluni soggetti avrebbero imposto agli operai del (OMISSIS) la non prosecuzione dei lavori relativi al taglio dell'erba - all'odierno ricorrente; anzi vi sarebbe prova della impossibilita' di provare la sua presenza a (OMISSIS), stanti gli obblighi derivanti dall'essere sottoposto al regime di sorveglianza speciale. Si evidenzia, inoltre, l'errore motivazionale contenuto a pag. 496 della sentenza impugnata, la' dove si ritengono altamente significative del controllo totalizzante del territorio esercitato dagli imputati, tra i quali il ricorrente, vicende criminali (quelle "estorsive" di cui ai capi 74 e 76) in relazione alle quali l'imputato non solo non e' stato condannato ma neppure e' stato mai accusato nelle imputazioni. Si mettono nuovamente in risalto alcune incongruenze motivazionali rispetto a dati documentali di contesto e si ribadisce che l'unico elemento diretto indiziario nei confronti del ricorrente e' il servizio di identificazione del 04.10.2010, ove egli viene identificato dalla polizia giudiziaria mentre unitamente a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), gli ultimi due neanche mai iscritti nel registro degli indagati per nessuna delle vicende costituenti il complesso compendio investigativo posto a base del presente procedimento, e' intento ad effettuare i lavori di taglio dell'erba lungo i margini della (OMISSIS). 7. Ha proposto ricorso (OMISSIS), tramite il suo difensore, eccependo due motivi di censura. 7.1. La prima ragione difensiva si incentra sul vizio di violazione di legge e di motivazione con riguardo all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa di cui al capo 1 (precisamente collaborando nel settore del controllo criminale di tutte le attivita' edilizie, private e pubbliche in appalto, nel territorio del comune di (OMISSIS), sottoposto al locale di (OMISSIS), con imposizione di forniture dei materiali e del pagamento di danaro per i lavori). Si contesta il mancato raggiungimento della soglia necessaria di colpevolezza "oltre ogni ragionevole dubbio", la mancanza di prova dell'apporto causale delle condotte contestate al ricorrente rispetto al delitto associativo, la scarsa robustezza degli elementi di prova con riguardo alla stessa sussistenza di una compagine mafiosa di âEuroËœndrangheta, autonoma o meno, denominata "degli (OMISSIS)" di cui non si comprende neppure la composizione soggettiva. La sentenza sarebbe apodittica e congetturale nelle sue affermazioni e non avrebbe tenuto conto dei motivi d'appello. Il ricorrente non e' stato mai chiamato in causa direttamente dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia utilizzabili nel processo (in particolare da quelle di (OMISSIS)), tanto che non si ricostruisce il suo ruolo specifico; si dubita, altresi', della capacita' dimostrativa delle due uniche condotte contestategli rispetto al reato di partecipazione mafiosa, relative entrambe alle condotte realizzate ai danni dell'imprenditore (OMISSIS); tanto piu' che per l'estorsione di cui al capo 74 l'imputato e' stato assolto (mentre si denuncia la scarsa rilevanza di intraneita' della violenza privata aggravata dal metodo mafioso contestatagli al capo 76). Ripercorrendo la giurisprudenza di legittimita' in tema di partecipazione mafiosa, il ricorso lamenta che non sia stata raggiunta la prova nei confronti del ricorrente di un suo contributo causale effettivo al sodalizio ed in proposito la Corte territoriale non avrebbe risposto alle specifiche censure dell'atto di appello. 7.2. Il secondo argomento del ricorso evoca il vizio di violazione di legge e quello di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso rispetto alla contestazione di violenza privata ascritta all'imputato al capo 76 (violenza privata avente ad oggetto la consegna di vecchie lamiere prive di valore economico). Secondo la ricostruzione difensiva, la persona offesa ha negato, nel corso del suo esame, di aver subito violenza o minacce dal ricorrente capaci di fondare l'aggravante del metodo mafioso, poiche' questi non si era mai proposto come esponente di una consorteria mafiosa; inoltre, dalle intercettazioni pur utilizzate in sentenza non emerge l'esistenza di un interesse di qualche associazione criminale a ricevere le lamiere al centro della vicenda contestata. In ultima analisi, secondo la difesa, al piu' vi sarebbe prova di un litigio tra il ricorrente e la presunta vittima, litigio svincolato da logiche mafiose. 8. Il ricorso di (OMISSIS), presentato dal suo difensore di fiducia, si compone di due motivi. 8.1. Il primo e' dedicato ad eccepire vizio di violazione di legge e di motivazione in merito alla condanna del ricorrente per il reato di tentata estorsione in danno della ditta (OMISSIS): la prova della colpevolezza sarebbe stata desunta da tre intercettazioni, che non vedono mai protagonista il ricorrente, il contenuto delle quali non e' univoco e comunque non e' sufficiente; a parlare sono (OMISSIS) e (OMISSIS), ma il primo e' soggetto assolto dal reato di partecipazione mafiosa dalla stessa Corte d'Appello, sicche' il suo contributo conoscitivo - seguendo la giurisprudenza di legittimita' - anche se riferito ad intercettazioni, necessita di un rigoroso vaglio e di riscontri, in quanto si tratta di fonte che non e' inserita nel sodalizio e, quindi, non ha un canale privilegiato di acquisizione del patrimonio cognitivo criminale da "intraneo". Ne' puo' essere sufficiente, al fine di offrire pregnanza alle parole captate, il fatto che (OMISSIS) sia inserito nel settore dell'edilizia, come invece sostiene la Corte d'Appello, ovvero il riscontro offerto dalla testimonianza dell'operaio (OMISSIS), che ha solo visto il ricorrente al cantiere, intento a parlare con un dipendente della ditta di lavori ma non ha contezza del contenuto del dialogo, ed e' stato smentito da altri testi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), oltre che dalle stesse persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS) ( (OMISSIS) ha anche escluso di conoscere (OMISSIS) o di averlo mai incontrato); il sacerdote committente dei lavori, (OMISSIS), ha riferito, poi, soltanto di aver appreso da un operaio della possibile richiesta estorsiva portata al cantiere durante le festivita' natalizie, ma non ha potuto fornire elementi per individuare gli autori. In sintesi, il ricorrente eccepisce che le intercettazioni, pur costituendo prova diretta di per se' nel loro contenuto, tuttavia, nel caso di specie, poiche' non univoche nell'interpretazione, rivestono la natura di indizi, che hanno necessita' di essere valutati come gravi, precisi e concordanti per fondare l'accusa, mentre non hanno tali caratteristiche nella vicenda processuale in esame. 8.2. Il secondo motivo di censura denuncia vizio di violazione di legge e di motivazione manifestamente illogica e carente in relazione alla dosimetria sanzionatoria, che andrebbe rimodulata, una volta esclusa l'aggravante del metodo mafioso dal delitto di cui al capo 14, come fatto dalla Corte d'Appello, e quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non concesse nonostante il buon comportamento processuale dell'imputato, che ha scelto il rito abbreviato, e senza tener conto della sua giovane eta' all'epoca dei delitti ((OMISSIS)). La motivazione della sentenza impugnata, poi, e' deficitaria rispetto alla necessita' di un'analisi individualizzante dei parametri normativi previsti dall'articolo 133 cod. pen., poiche' si e' focalizzata sulla sola intensita' del dolo ed ha determinato la pena per il delitto tentato di estorsione discostandosi di poco dalla misura indicata dal giudice di primo grado, che aveva ritenuto, invece, sussistente l'aggravante mafiosa (passando da quattro anni ed 8 mesi di reclusione, nonche' 4.000 Euro di multa, a quattro anni di reclusione e 1.000 Euro di multa). 9. Ha proposto ricorso anche (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo sei distinti motivi di censura. 9.1. Il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di carenza di motivazione quanto alla ritenuta affermazione di colpevolezza del ricorrente per il reato di partecipazione mafiosa, stante la mancanza assoluta di individuazione di specifiche ed apprezzabili condotte sintomatiche di contributo associativo. Si denuncia, altresi', omessa risposta alle obiezioni dell'atto di appello e della memoria difensiva, nonche' travisamento delle risultanze processuali; si rappresenta che la Corte d'Appello ha basato la condanna dell'imputato solo su intercettazioni che non lo coinvolgono direttamente ne' indirettamente, senza neppure un riscontro dato da servizi di osservazione con altri coimputati. Il ricorso mette in evidenza: - alcune incoerenze tra i risultati delle intercettazioni, non chiare ed anzi ambigue, e le conclusioni della Corte di merito, che ha creduto di ritrovarvi la prova della partecipazione del ricorrente, in posizione di vertice, alle trattative finalizzate alla spartizione dei lavori nel territorio di riferimento - e dunque al sodalizio di âEuroËœndrangheta - laddove invece vi e' la certezza che il soggetto cui si riferiscono i due interlocutori (OMISSIS) e (OMISSIS) non e' il ricorrente. Si sottolinea, altresi', come nelle conversazioni intercettate i due riferiscano soltanto di notizie apprese da altri, sicche' si dubita anche della loro attendibilita', visto che non hanno ruoli associativi ( (OMISSIS) e' stato assolto dall'imputazione di associazione mafiosa) e loro stessi, peraltro, indicano nella fonte un soggetto di scarsa credibilita'. La maggior parte dei dati riferiti nelle intercettazioni da (OMISSIS) sono frutto, secondo la difesa, di valutazioni personali, pronostici, voci correnti o notizie apprese da fonti sconosciute o inattendibili; - l'assoluzione per l'unica contestazione estorsiva riferita al capo 14-novies, unico reato fine attribuitogli, mentre l'estorsione nella quale viene coinvolto dalla ricostruzione dei giudici di merito non gli e' stata imputata (capi 14-quater e 14-quinquies); - l'assenza di elementi gravi e precisi della partecipazione del ricorrente al gruppo dei (OMISSIS) "(OMISSIS)" cui viene accostato nelle intercettazioni o ad altri gruppi mafiosi operanti sul territorio. 9.2. La seconda censura difensiva denuncia violazione di legge e carenza assoluta di motivazione nell'individuazione, da parte del provvedimento impugnato, dei presupposti per ritenere sussistente la posizione apicale del ricorrente all'interno del sodalizio oggetto dell'imputazione: non sono stati addotti elementi concreti dalla sentenza impugnata per ritenere provato il ruolo di vertice attribuitogli. 9.3. Il terzo motivo di ricorso denuncia nullita' della sentenza d'appello (ai sensi degli articoli 521 e 522, 178, comma primo, lettera b e c, cod. proc. pen.), poiche' ha ritenuto sussistente ed applicato l'aggravamento di pena per un'aggravante non contestata, vale a dire quella prevista per gli organizzatori e capi dell'associazione mafiosa di cui al comma secondo dell'articolo 416-bis cod. pen. Nell'imputazione non e' richiamato il nominativo del ricorrente tra quelli ai quali e' contestata esplicitamente detta disposizione aggravatrice, come aveva fatto notare anche il pubblico ministero nella sua requisitoria, chiedendone prudentemente l'esclusione; tuttavia, la Corte d'Appello ha ritenuto una pena eccessiva, frutto o di una svista riguardo all'editto vigente all'epoca dei fatti ovvero dell'aver ritenuto contestata "in fatto" l'aggravante predetta. 9.4. La quarta censura eccepisce difetto assoluto di motivazione riguardo all'aggravante del quarto comma dell'articolo 416-bis cod. pen.: le ragioni di sussistenza dell'aggravante sono tautologiche ed insufficienti, quanto al riferimento alla disponibilita' di armi da parte di (OMISSIS), contestatagli ai capi 5 e 6. Inoltre, non risulta alcuna motivazione circa la consapevolezza o l'ignoranza per colpa, in capo al ricorrente, della disponibilita' di armi da parte del sodalizio di appartenenza, condizioni giurisprudenziali per l'attribuibilita' dell'aggravante in esame ad un partecipe. 9.5. Il quinto motivo di ricorso eccepisce omessa motivazione della sentenza d'appello quanto alla denunciata contraddittorieta' della pronuncia di primo grado che ha applicato l'aumento di pena per la recidiva, nonostante in parte motiva fosse stata esclusa l'applicazione dell'aggravante. I giudici d'appello si sono limitati a ritenere sussistente la recidiva specifica in luogo di quella contestata come anche reiterata, senza alcuna argomentazione riguardo alle ragioni di piu' accentuata pericolosita' del ricorrente, richieste dalla giurisprudenza di legittimita' e dalla Corte costituziónale, tanto piu' che la condotta oggetto della precedente condanna e' risalente al 1983, vale a dire ben oltre dieci anni prima della contestazione al centro del presente processo. 9.6. Il sesto motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, il cui mancato riconoscimento da parte della Corte d'Appello non tiene conto della richiesta di ritenere insussistente l'aggravante della posizione di vertice in capo all'imputato e l'assenza di reati fine contestatigli, esattamente come per le posizioni dei coimputati ritenuti in sentenza, viceversa, meritevoli del beneficio. Inoltre, anche la condanna precedente per associazione mafiosa, ritenuta anch'essa ostacolo alla concessione delle circostanze attenuanti ex articolo 62-bis cod. pen., si riferisce a fatti risalenti al 1998, dunque molto lontani nel tempo. 10. Il ricorso di (OMISSIS), classe (OMISSIS), proposto tramite il difensore di fiducia, si compone di quattro motivi diversi, ciascuno con precisazioni interne. 10.1. Il primo argomento difensivo censura violazione di legge e vizio di motivazione quanto all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto associativo. Si contesta, in particolare: - la carenza di elementi per sostenere che sussista la stessa compagine mafiosa del cd. Gruppo (OMISSIS), contiguo a (OMISSIS), che la Corte d'Appello ha derivato solo da altre sentenze emesse in diversi procedimenti, irrilevanti, nonche' da un'intercettazione ambientale del 13.8.(OMISSIS) captata tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relativa all'inserimento del ricorrente e di altri ragazzi nel "locale" di (OMISSIS); - la carenza di elementi indizianti della condotta di partecipazione mafiosa a carico del ricorrente e la mancata risposta ai relativi motivi d'appello, che tra l'altro contestavano la valenza delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), non convergenti e non attendibili, invece, oltre che generiche e imprecise (e se ne elencano le non corrispondenze a dati reali): il dichiarante, infatti, non ha rapporti con soggetti legati a sodalizi criminali ne' tantomeno con (OMISSIS), di cui pure ha accusato il ricorrente di essere uno "scagnozzo"; neppure esistono riscontri individualizzanti rispetto alle sue propalazioni; infine, non sussistono elementi di coinvolgimento del ricorrente nella vicenda del "blocco lavori" che la sentenza d'appello (alle pagine 490 e seguenti) ha ritenuto sintomatica delle frizioni tra i gruppi degli " (OMISSIS)" e di (OMISSIS) per la spartizione territoriale dell'esecuzione dei lavori e della ripartizione dei relativi guadagni. L'intera ricostruzione e' priva di prova e congetturale, mentre i due interlocutori delle conversazioni intercettate che fondano la prova, secondo i giudici d'appello, non raccontano di fatti ai quali avevano direttamente assistito; inoltre, il riscontro costituito dalla riferibilita' al ricorrente di un'autovettura Golf grigia, mai precisamente individuata con la targa, non e' elemento certo della sua presenza sul luogo teatro dell'episodio del "blocco lavori". Infine, sarebbe insufficiente anche l'elemento di intraneita' del ricorrente desunto dalla ritenuta sua colpevolezza per il reato di violenza privata (capo 76, inizialmente qualificato come estorsione), con vittima (OMISSIS); invero, non e' stato provato il vantaggio dell'associazione mafiosa nell'appropriarsi delle lamiere, materiali di risulta dei lavori edili in corso per la ristrutturazione della chiesa di (OMISSIS), al centro delle condotte criminali; inoltre, non vi e' prova che l'imputato abbia mai intrattenuto rapporti con (OMISSIS) nel corso della durata dei lavori suddetti, ne' che si sia recato sul cantiere. 10.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di violenza privata, riproponendo parte degli argomenti che criticano la ritenuta sussistenza del reato a suo carico, sia per la vaghezza della "costrizione collettiva" subita dal piccolo imprenditore edile, sia per la scarsa valenza economica di lamiere smontate dal tetto della chiesa in rifacimento, sia per l'assenza di un contributo concorsuale effettivo dell'imputato nel reato. 10.3. Il terzo motivo contesta, invece, la sussistenza dell'aggravante del metodo e della finalita' mafiosi in relazione alla condanna del ricorrente per il reato di violenza privata predetto, sia sotto il profilo dell'omessa motivazione rispetto ai motivi d'appello formulati, sia della violazione di legge: a suo carico non vi e' prova di alcun rapporto diretto con la vittima del reato ne' della consapevolezza dell'utilizzo, eventualmente, di metodologie mafiose da parte dei concorrenti nel reato; si rammenta che e' necessario il dolo specifico per l'attribuibilita' dell'aggravante in parola; quanto alla finalita' di agevolazione mafiosa, appare evidente che essa non sia stata minimamente provata. 10.4. Un quarto motivo evidenzia vizi di violazione di legge e di manifesta illogicita' della motivazione quanto alla sussistenza dell'aggravante dell'essere l'associazione mafiosa, di cui si e' ritenuto partecipe il ricorrente, "armata": non vi sarebbe prova che il sodalizio avesse effettivamente armi a sua disposizione, ne' che siano stati commessi delitti fine utilizzando armi. 10.5. Un ultimo motivo di ricorso si lamenta della violazione degli articoli 133 e 81 cpv. cod. pen., in relazione alla dosimetria sanzionatoria: non sono stati enunciati in sentenza i parametri normativi individualizzati ai quali si e' fatto riferimento per il calcolo della pena. 11. Ha proposto ricorso (OMISSIS), tramite il difensore di fiducia, deducendo un unico complesso motivo con cui, premessa una lunga disamina degli orientamenti di legittimita' e dottrinari in tema di standard probatori e reato di partecipazione mafiosa con ruolo verticistico - reato in relazione al quale e' stato condannato il ricorrente -, ha contestato la valenza probatoria delle intercettazioni datate 23.8.(OMISSIS) e 31.1.2010 per individuare il ruolo dinamico dell'imputato all'interno del sodalizio; intercettazioni che, oltre a non avere un contenuto che marchi la metodologia mafiosa delle condotte di reato ascritte ai coimputati, costituiscono l'unico, insufficiente caposaldo di prova, in mancanza di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di riscontri. Tali elementi si rivelano ancor piu' carenti quanto alla prova del ruolo di vertice attribuito al ricorrente (non costituirebbe sufficiente riscontro la conversazione n. 875 del 23.8.(OMISSIS) e le dichiarazioni di (OMISSIS) in essa registrate, valorizzate invece dalla Corte d'Appello, a differenza che in altra sentenza del Tribunale di (OMISSIS) del 5.11.2020, dep. 2021, n. 305, in cui si e' ritenuto non credibile il portato informativo di costui). Si tratta di due sole intercettazioni indirette, in conclusione, caratterizzate dall'inattendibilita' del contenuto e dal deficit di elementi di riscontro, oltre che da affermazioni valutative e da pronostici, prive di reale valenza accusatoria. Il ricorso evidenzia, altresi', la maggior necessita' di attenta verifica dei contenuti di intercettazioni solo eteroaccusatorie, provenienti da soggetti non portatori di informazioni qualificate (poiche' non apprese in prima persona ma da altri - nel caso di specie da (OMISSIS), ritenuto un millantatore e neppure acquisite nel circuito associativo di appartenenza, di cui gli interlocutori non fanno parte: (OMISSIS) e' stato assolto dal reato associativo di cui al capo 1). Infine, mancherebbe in ogni caso qualsiasi valenza dimostrativa, nelle suddette intercettazioni, del ruolo operativo addirittura di "promotore" svolto dal ricorrente nel sodalizio ed in suo favore, ne' tantomeno vi e' prova della stabilita' ed organicita' di un eventuale contributo prestato e neppure della certa riferibilita' della conversazione registrata al n. 875 del 23.8.(OMISSIS) all'imputato quale soggetto di cui discorrono i due interlocutori, identificandolo con il mero nome di battesimo, senza altra specificazione. Non vi sono, in ultima analisi, elementi sintomatici della esteriorizzazione della funzione direttiva nel sodalizio esercitata dal ricorrente, anzi vi e' prova del disinteresse di questi verso i lavori e gli appalti al centro dell'indagine che ha dato inizio al processo. 12. Ha proposto ricorso anche (OMISSIS), tramite il difensore, che e' stato condannato per i reati di cui ai capi 1 e 76, quest'ultimo riqualificato in violenza privata aggravata ai sensi dell'articolo 416-bis.1. 12.2. Il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo 1 della contestazione, per l'omessa considerazione delle ragioni difensive proposte nell'atto di appello, in particolare volte a dimostrare l'incerta individuazione del ricorrente come partecipe del sodalizio in contestazione, che emerge dalle prove raccolte, se fossero state correttamente analizzate. Si evidenzia un corto circuito motivazionale, in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, ricavando la prova dell'un reato dall'altro, non separando i piani di indagine fattuale e giuridica. Gli elementi concreti alla base delle condanne (il cd. "blocco lavori", la consegna del materiale di risulta dai lavori della chiesa di (OMISSIS) e le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS)) sono contestati nel loro significato probatorio, soprattutto per la qualita' degli interlocutori delle conversazioni intercettate, che non appartengono alla compagine associativa in esame (gli (OMISSIS)) e parlano per asserzioni e supposizioni personali, senza che sia stato individuato con certezza neppure il riferimento personale al ricorrente (indicato solo con il cognome, dato insufficiente). Altrettanto apodittiche sarebbero le affermazioni della sentenza d'appello. Dubitative ed incerte appaiono, poi, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, quanto all'inserimento del ricorrente nel sodalizio, per quanto a sua conoscenza, tanto piu' che sono state valorizzate solo quelle da lui rese in fase investigativa e non gia' anche i verbali contenenti altre sue dichiarazioni rese in diversi processi e acquisite nel corso del giudizio d'appello. Il ricorso contesta la complessiva inattendibilita' del collaboratore e la carente verifica operata dai giudici di secondo grado della sua credibilita' intrinseca. In conclusione, si ribadisce che il complesso degli elementi di prova e' stato travisato dalla Corte d'Appello mentre i canoni valutativi non sono stati rispettosi della giurisprudenza di legittimita' consolidata in tema di partecipazione mafiosa e contributo causale in favore dell'associazione da parte del presunto associato, oltre che di quella sedimentatasi in relazione al peso probatorio dei contenuti delle intercettazioni che non coinvolgano direttamente il soggetto condannato sulla loro base. Nel caso di specie, la difesa evidenzia il limitato periodo temporale in cui si sarebbe manifestata l'intraneita' del ricorrente al sodalizio (le intercettazioni vanno da maggio ad agosto del 2010 e lui stesso e' stato intercettato solo per pochi giorni) che meritava uno speciale approfondimento dei dati probatori acquisiti al processo, al fine di provare lo "stabile inserimento" nella compagine: tale precipua verifica degli elementi di prova non e' stata svolta dai giudici di secondo grado, tanto piu' dinanzi ad una scarsa chiarezza ed univocita' del dato contenutistico derivato dalle intercettazioni. 12.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla condanna per il capo 76 dell'imputazione; anche in relazione a tale imputazione vi sarebbe stata un'omessa verifica dei motivi d'appello da parte del provvedimento impugnato ed un'errata valutazione del materiale probatorio, che conduce a ricostruire, invece, la vicenda della violenza privata commessa per ottenere la consegna dei materiali di risulta dei lavori edili presso la chiesa di (OMISSIS), scevra da connotazioni mafiose alla sua radice (tanto che e' stata ridimensionata da estorsione nel reato di cui all'articolo 610 cod. pen.). Anzi, non vi sarebbe prova neppure della condotta di violenza o minaccia con effetto costrittivo, che configura l'elemento oggettivo del reato. La difesa sottolinea di non proporre una inammissibile lettura alternativa del contenuto delle intercettazioni o delle prove, ma che intende, invece, evidenziare l'erroneita' della lettura della Corte di merito, appiattitasi sulla sentenza di primo grado, senza rendersi conto di come non vi sia prova del coinvolgimento del ricorrente in alcuna condotta minacciosa o violenta, poiche' la stessa vittima (OMISSIS) ha ritenuto la vicenda "una questione di principio" tra i protagonisti (si cita l'intercettazione n. 354 del 8.8.2013). 12.3. La terza censura denuncia analoghi vizi del provvedimento impugnato in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante mafiosa, sia perche' mancherebbe prova dello stesso reato cui la circostanza si riferisce, sia perche' non e' sufficiente un mero collegamento dei soggetti accusati con contesti di criminalita' organizzata o la loro caratura mafiosa, ma vi e' necessita' dell'effettivo utilizzo del metodo mafioso nel reato; la sentenza d'appello invece si incentra su un automatismo di contesto di accadimento del reato per ritenere configurata l'aggravante che confligge con i dati concreti di prova: l'atteggiamento non coartato della vittima nella gestione dell'appalto; la mancanza di esplicite od oggettive condotte di intimidazione da parte degli imputati. 12.4. Un quarto motivo di censura e' dedicato a contestare la dosimetria sanzionatoria, ritenuta eccessiva, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 12.5. II difensore del ricorrente ha anche depositato memoria ex articolo 611 cod. proc. pen. con cui chiede che venga dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero in relazione alla posizione di (OMISSIS) per il capo 74 dell'imputazione, da cui e' stato assolto. Si tratterebbe di ragioni in fatto e rivalutative; mancherebbe il travisamento della prova denunciato e si proporrebbe una lettura parcellizzata delle dichiarazioni della persona offesa. La difesa di (OMISSIS) lamenta anche l'erroneita' della prospettiva giuridica con cui si e' proposta la riforma della sentenza nel senso di configurare una estorsione cd. contrattuale. In sintesi, le censure alla sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, nella sua quota assolutoria, omettono di svolgere alcun ragionato confronto con le specifiche argomentazioni spese in motivazione, senza cioe' indicare le ragioni delle pretese illogicita'. 13. Anche altri difensori degli imputati hanno depositato memorie difensive per opporsi all'accoglimento del ricorso del Procuratore generale. 13.1. Il difensore di (OMISSIS) ha depositato una memoria con la quale ha sostenuto che l'ottavo, il nono ed il decimo motivo del ricorso del Procuratore generale sono inammissibili, in quanto generici o volti ad invocare una diversa valutazione del fatto o delle prove poste a base della sua ricostruzione, senza attaccare in modo critico le ragioni poste dalla Corte territoriale a base della sua decisione. 13.2. Pure il difensore di (OMISSIS) ha depositato una memoria onde eccepire l'inammissibilita' della impugnazione del Procuratore generale, in quanto diretta a sollecitare una rivalutazione del merito del processo, ed in ogni caso la sua manifesta infondatezza, fondandosi la decisione della Corte territoriale su una valutazione globale e non parcellizzata del materiale istruttorio. 13.3. Il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) ha depositato memoria difensiva con la quale deduce che l'undicesimo motivo del ricorso del Procuratore generale riguarda il capo 36 che non e' contestato a (OMISSIS) e che in ogni caso i motivi di ricorso concernenti le posizioni dei suoi assistiti sono inammissibili perche' generici e volti ad invocare valutazioni di merito o a denunciare travisamenti di prove che, dalla motivazione della sentenza qui impugnata, risultano invece essere state valutate e la cui rilevanza probatoria e' stata ritenuta inidonea a dimostrare i fatti contestati ai due imputati. 14. La parte civile, Comune di (OMISSIS), ha depositato conclusioni con le quali chiede che venga accolto il ricorso del pubblico ministero, con nota spese del giudizio (per la somma di 13.175,55) nei confronti di Paolo Benevoli, Alessio e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO Premessa. Appare opportuno chiarire in premessa, per la linearita' della successiva esposizione delle posizioni processuali dei ricorrenti, due linee interpretative generali, alle quali ci si atterra' nell'esame dei ricorsi, di talche' successivamente bastera' un rapido richiamo alla premessa per risolvere le questioni proposte. Quanto alla partecipazione mafiosa, il Collegio e' ben consapevole della complessita' dei paradigmi ermeneutici che sovrintendono alla configurazione concreta del delitto di associazione mafiosa, complessita' che ha dato vita ad un incessante lavoro di forgiatura della struttura del reato previsto dall'articolo 416-bis cod. pen., partendo da quella che e' stata definita da piu' parti la sua "tipicita' incompiuta" - l'espressione si ritrova, da ultimo, nella piu' recente pronuncia delle Sezioni Unite in tema: Sez. U, n. 36958 del 27/5/2021, Modaffari, Rv. 281889-01 - per arrivare a selezionare la natura del reato, i suoi elementi essenziali, i confini della condotta di "partecipazione" penalmente rilevante. Proprio su tale ultimo fronte sono dovute nuovamente e recentemente intervenire le Sezioni Unite, con la citata pronuncia Modaffari, con cui, nel risolvere il contrasto relativo alla sufficienza o meno della affiliazione formale al sodalizio mafioso ai fini della sussistenza della condotta di partecipazione, si sono evidenziate le oscillazioni giurisprudenziali presenti storicamente nella ricostruzione dei caratteri della fattispecie di associazione mafiosa, sottolineando la complessita' dell'attivita' interpretativa volta a chiarire i presupposti di rilevanza penale della condotta punibile, specificamente quanto alla condotta partecipativa, in ragione dell'oggettiva carenza definitoria del disposto normativo di cui al primo comma dell'articolo 416-bis cod. pen., per l'intrinseca valenza polise (OMISSIS)ca dell'espressione "far parte". Viceversa - sottolineano le Sezioni Unite -, le attivita' di direzione, promozione e organizzazione, incriminate al secondo comma 416-bis, sono capaci di manifestare, sul piano descrittivo, di per se', una maggiore attitudine connotativa della condotta punibile. La pronuncia Modaffari, all'esito di un'ampia ricostruzione della fattispecie prevista dall'articolo 416-bis cod. pen., nella scia della sentenza Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231670, ha espresso il principio di diritto secondo cui la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua âEuroËœmessa a disposizione' in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (per un'ultima ricostruzione sul tema, cfr. Sez. 5, n. 18020 del 10/2/2022, Laudani, Rv. 283371, in motivazione). Quanto all'aggravante dell'essere l'associazione armata - prevista dall'articolo 416-bis, commi quarto e quinto, cod. pen. - il Collegio rammenta che, in tema di associazione di stampo mafioso, ai fini della configurabilita' della circostanza aggravante della disponibilita' delle armi non e' richiesta l'esatta individuazione delle armi stesse, ma e' sufficiente l'accertamento, in fatto, della disponibilita' di un armamento, desumibile, ad esempio, dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale o dal contenuto delle intercettazioni, come avviene nel caso della prova del presente processo (cfr. Sez. 6, n. 55748 del 14/9/2017, Macri', Rv. 271743; Sez. 1, n. 14255 del 14/6/2016, dep. 2017, Ardizzone, Rv. 269839). A prescindere dalle considerazioni, pur rilevanti, sul fatto che la dotazione di strumenti di offesa e' ritenuta, con ricadute in punto di consapevolezza da parte degli associati, connaturata al perseguimento degli scopi di un sodalizio di tipo mafioso (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 36198 del 3/7/2014, Ancora, Rv. 260272), la giurisprudenza di legittimita' si e' attestata da tempo nel ritenere che, proprio in ragione delle peculiarita' strutturali dei sodalizi mafiosi, l'aggravante della disponibilita' di armi, prevista dai commi quarto e quinto dell'articolo 416-bis cod. pen., e' configurabile a carico degli associati che siano consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che per colpa lo ignorino (Sez. 6, n. 44667 del 12/5/2016, Camarda, Rv. 268677), rilevando a tal fine anche il fatto notorio della detenzione di strumenti di offesa in capo ad un determinato sodalizio mafioso, a condizione che detta detenzione sia desumibile da indicatori concreti quali fatti di sangue ascrivibili al sodalizio o risultanze di titoli giudiziari, intercettazioni, dichiarazioni od altre fonti - di cui il giudice deve specificamente dare conto nella motivazione del provvedimento (Sez. 1, n.7392 del 12/9/2017, dep. 2018, Di Majo, Rv. 272403; cfr. Sez. 2, n. 31920 del 4/6/2021, Alampi, Rv. 281811). Nella sentenza impugnata, il giudice di secondo grado, invero, ha ritenuto con motivazione logica, ben innestata sulle argomentazioni gia' svolte dal GUP in primo grado, che il sodalizio mafioso contestato al capo 1 avesse disponibilita' di armi per le finalita' delle âEuroËœndrine di supremazia sul territorio; e cio' ha concluso sulla base di attivita' di intercettazione, nonche' facendo leva sulla specifica presenza di episodi intimidatori commessi con armi, ad esempio il danneggiamento di un veicolo sul cantiere "Il gioiello del mare"; le conversazioni intercettate, poi, hanno un contenuto inequivoco della pericolosa disponibilita' di armi da parte del sodalizio (si citano i riferimenti di (OMISSIS) a vere e proprie possibili "guerre di mafia"). Infine, si sottolinea la disponibilita' di armi da parte di soggetti anche non apicali, come l'imprenditore complice (OMISSIS), condannato per il delitto associativo, quale partecipe, ancorche' nei suoi confronti, come nei confronti di (OMISSIS) (cfr. i capi da 5 a 10 della contestazione), sia stata esclusa l'aggravante dell'agevolazione mafiosa riferita a tali ipotesi delittuose: la disponibilita' "facile" di armi trova comunque, da tali circostanze, un ulteriore elemento di riscontro. L'evidenza dei dati di prova richiamati configura il supporto logico-fattuale utile alla configurabilita' dell'aggravante quale caratteristica epifenomenica dell'associazione mafiosa in esame. E tali conclusioni corrispondono pienamente al paradigma interpretativo disegnato negli anni da questa Corte regolatrice. 1. I primi due motivi del ricorso del Procuratore generale, entrambi attinenti alla posizione di (OMISSIS) , possono essere trattati unitariamente e sono inammissibili. 1.1. Quanto al secondo motivo, relativo al proscioglimento di (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 septies), deve osservarsi che in sede di legittimita' e' possibile prospettare un'interpretazione del significato di un'intercettazione diverso da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita' risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190; Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Donno, Rv. 237994). Nel caso di specie, il Procuratore generale invoca piuttosto una rivalutazione del contenuto delle conversazioni intercettate dallo stesso segnalate, operazione non consentita in questa sede di legittimita'. Infatti, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715). Peraltro, il Procuratore generale, laddove lamenta la violazione degli articoli 110 e 629 cod. pen., mostra di non avere compreso la ratio decidendi. La vicenda estorsiva di cui al capo 14 septies) riguarda i c.d. "lavori del muro", ossia lavori di consolidamento di talune strade pubbliche comprese nel territorio comunale di (OMISSIS) che erano stati aggiudicati alla impresa di (OMISSIS); i lavori, nonostante il divieto di subappalto, era stato cogestito da (OMISSIS) e da (OMISSIS) , che aveva realizzato alcuni muri di sostegno. Nelle conversazioni intercettate, secondo quanto affermato dal Giudice dell'udienza preliminare e dalla Corte di appello, (OMISSIS) afferma di essere stato costretto a rifornirsi per i materiali edili da (OMISSIS), appartenente alla cosca (OMISSIS) di (OMISSIS), il quale a tal fine si era avvalso della intercessione di (OMISSIS)"bruciato". (OMISSIS), su incarico dei (OMISSIS) "bruciati", si era recato presso (OMISSIS) e gli aveva detto che i lavOri interessavano a "gente di (OMISSIS)" e proprio a (OMISSIS); non sapendo a chi quello avesse inteso riferirsi con tale espressione, tramite un suo dipendente, (OMISSIS), si era rivolto a (OMISSIS), che, approfittando della circostanza ed avendo capito che all'appalto era interessato (OMISSIS), aveva chiesto a quest'ultimo il permesso di ingerirsi nei lavori e, ottenuto il suo assenso, si era poi presentato a (OMISSIS) per chiedergli se poteva essere lui il fornitore del calcestruzzo necessario all'esecuzione delle opere. Per il giudice di primo grado, (OMISSIS) aveva proceduto alla gestione dell'appalto ed aveva svolto anche il ruolo di referente dei (OMISSIS) "bruciati", ai quali (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano rendere conto in relazione ai prezzi dei materiali utilizzati e ai conteggi relativi ai lavori eseguiti. Inoltre, (OMISSIS)si era rivolto a (OMISSIS) per ottenere da (OMISSIS) la corresponsione di una somma di Euro 6.000,00, che il primo avrebbe poi destinato al mantenimento del fratello (OMISSIS) , ristretto in carcere. Emergeva pure che (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero dovuto recarsi dai fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di presentare i conteggi relativi ai lavori effettuati, onde quantificare la quota di utili loro spettante, e che proprio (OMISSIS) aveva spiegato al (OMISSIS) come comportarsi in tale occasione, consigliandogli di presentarsi con i conteggi gia' predisposti e con l'indicazione dell'importo loro dovuto. Per il giudice di primo grado (OMISSIS) era intervenuto nella gestione dei lavori appaltati quale referente dei (OMISSIS) "bruciati", ottenendo vantaggi personali, come l'assegnazione di parte dei lavori, in violazione del divieto di subappalto, nonche' la corresponsione dal (OMISSIS) di una somma di denaro quale "mazzetta" da dividere con il (OMISSIS), in aggiunta al prezzo per i lavori da lui eseguiti. Per la Corte di appello, invece, dal complesso delle conversazioni intercettate (OMISSIS) non appare quale un referente delle cosche, ma piuttosto risulta essere un imprenditore costretto a sopportare una condizione di sottomissione alle stesse, venendo costantemente estromesso dagli appalti pubblici e finanche da quelli "sotto soglia", ossia di importo inferiore ad Euro 140.000,00, che secondo gli accordi tra le cosche dovevano rimanere agli imprenditori locali di (OMISSIS). In particolare, emergerebbe un rapporto fiduciario tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) che renderebbe verosimile l'assegnazione a quest'ultimo di lavori in subappalto, senza che questa fosse il risultato di una imposizione mafiosa. Inoltre, (OMISSIS) , evidenzia la Corte territoriale, si e' trovato a subire la imposizione di (OMISSIS) da parte di (OMISSIS)e non vi e' prova che le somme versate dal (OMISSIS) a (OMISSIS) integrino una "mazzetta", anziche' costituire il prezzo pattuito per le opere da lui eseguite. Ne' la circostanza che (OMISSIS) si sia prestato, su invito dei "bruciati", a sollecitare al (OMISSIS) il pagamento a (OMISSIS) di somme a quest'ultimo dovute per i lavori eseguiti vale a renderlo concorrente nella estorsione. Quanto alla partecipazione di (OMISSIS) all'incontro con i fratelli (OMISSIS) in cui, unitamente a (OMISSIS), si doveva discutere dei conteggi relativi ai lavori e della quota degli utili ad essi spettante, secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, gli utili derivanti dalla esecuzione delle opere sarebbero stati divisi tra (OMISSIS), (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) "bruciati", ma, mentre questi ultimi non avevano partecipato alla esecuzione delle opere e quindi le somme venivano dagli stessi ricevute a titolo di estorsione, la partecipazione di (OMISSIS) ai lavori non consente di equiparare la sua posizione a quella dei "bruciati"; l'utile derivante dai lavori, in assenza della condotta estorsiva dei fratelli (OMISSIS) , sarebbe stato diviso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) , cosicche' la necessita' di corrispondere ai "bruciati" la quota da loro pretesa vale a ridurre l'ammontare a disposizione di (OMISSIS) e (OMISSIS) e quest'ultimo, anziche' svolgere il ruolo di intermediario tra estorsori e vittima, viene anch'egli ad assumere la posizione di estorto al pari del (OMISSIS) e, in quanto tale, non concorre nel reato. Il secondo motivo di ricorso risulta, quindi, manifestamente infondato anche laddove si lamenta la violazione degli articoli 110 e 629 cod. pen. 1.2. Quanto al primo motivo di ricorso, alla luce di quanto appena esposto, emerge chiaramente la sua inammissibilita'. La manifesta inammissibilita' del motivo di ricorso relativo alla vicenda estorsiva di cui al capo 14 septies) neutralizza uno degli argomenti di maggior rilievo a sostegno della partecipazione di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta. Quanto, poi, all'intercettazione ambientale che il ricorrente afferma essere stata trascurata, si sostiene che la stessa andrebbe interpretata come dimostrativa della appartenenza di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta, sia perche' da essa emergerebbe che egli era stato invitato a partecipare ad un "tavolo" ove si sarebbe discusso della spartizione dei lavori collegati alla realizzazione del villaggio "(OMISSIS)", sia perche' in relazione a tali lavori (OMISSIS) nella conversazione intercettata si era lamentato del comportamento di (OMISSIS), che aveva tenuto nascosta a tutti la sua ingerenza in detti lavori. Secondo il ricorrente, l'invito manifesterebbe che (OMISSIS) , in quanto appartenente alla âEuroËœndrangheta, ha titolo per partecipare a simili spartizioni e la sua lamentela per il comportamento omissivo di (OMISSIS), esponente di spicco dell'associazione mafiosa, tradirebbe la violazione da parte dello stesso dell'obbligo derivante dal rapporto associativo di comunicare a (OMISSIS) , anch'egli appartenente al sodalizio criminale, quanto a sua conoscenza. Deve, allora, ribadirsi che in realta' il motivo di ricorso poggia su una interpretazione del contenuto e soprattutto su una valutazione della rilevanza probatoria della conversazione intercettata che non puo' ritenersi certa ed incontestabile. Anche in questo caso si chiede una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita nel giudizio innanzi a questa Corte di cassazione. Peraltro, resta il fatto che (OMISSIS) , secondo quanto accertato dalla Corte d'Appello, non ha partecipato alla spartizione dei lavori ai quali si riferisce la suddetta conversazione ed i giudici, sulla base del complesso dei colloqui oggetto di intercettazione e del materiale istruttorio raccolto nel corso delle indagini, hanno affermato che l'imputato veniva sistematicamente escluso da tutte le opere che costituivano oggetto di spartizione tra le cosche e finanche da quelle il cui valore era inferiore ad Euro 140.000,00, che, secondo l'ipotesi accusatoria, sulla base degli accordi trai diversi gruppi, dovevano essere assegnati alle imprese locali di (OMISSIS), tra le quali era compresa quella di (OMISSIS) . Sulla base di tale circostanza di fatto, la Corte ha concluso che (OMISSIS) non partecipava alla spartizione degli appalti e non aveva influenza sulla loro assegnazione e, quindi, ha escluso la sua partecipazione al sodalizio criminale. Ne consegue che neppure la conversazione intercettata che il ricorrente lamenta essere stata trascurata appare avere un rilievo decisivo, tale da scardinare il ragionamento posto a base dell'assoluzione di (OMISSIS) pronunciata dai giudici di appello. Peraltro, lo stesso (OMISSIS) , nella conversazione, afferma di avere declinato l'invito. Analoghe considerazioni valgono in relazione alla conversazione del 28 luglio (OMISSIS), in relazione alla quale il ricorrente deduce che la Corte di appello ne avrebbe mal interpretato il significato, ed alla conclusione che dovrebbe trarsi dal collegamento tra vari elementi di prova o, ancora, dalla intenzione, manifestata da (OMISSIS) , di elargire un "pensiero" alla famiglia (OMISSIS) laddove si fosse aggiudicato i lavori del cimitero, che il ricorrente afferma non essere incompatibile con la appartenenza dell'imputato alla âEuroËœndrangheta. Pure in questi casi il ricorrente invoca a questa Corte di cassazione una rivalutazione del significato delle conversazioni o degli altri elementi di prova per poi giungere ad una diversa ricostruzione del fatto, operazione che non e' consentita in questa sede di legittimita'. 2. Il terzo ed il quarto motivo del ricorso del Procuratore generale, con i quali quest'ultimo lamenta la violazione degli articoli 378 e 384 cod. pen. in relazione all'assoluzione di (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 sexies) e di (OMISSIS) dall'imputazione di cui al capo 14 bis) - che pure possono essere trattati unitariamente in quanto a base degli stessi vengono posti i medesimi argomenti - sono inammissibili. E' ben vero che, come segnalato dal ricorrente, questa Corte di cassazione ha piu' volte affermato, in tema di reati contro l'amministrazione della giustizia, che l'esimente prevista dall'articolo 384, primo comma, cod. pen. non puo' essere invocata sulla base del mero timore, anche solo presunto o ipotetico, di un danno alla liberta' o all'onore, implicando essa non solo un rapporto di derivazione del fatto commesso dall'esigenza di tutela di detti beni, ma, soprattutto, che detto rapporto sia rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialita' e non di semplice supposizione, per cui il pericolo deve essere collegato a circostanze obiettive ed attuali e risultare evitabile soltanto con la commissione di uno dei reati in relazione ai quali l'esimente opera (Sez. 2, n. 7264 del 14/01/2020, Spini, Rv. 278424). Tuttavia, la Corte di appello, pur citando l'articolo 384 cod. pen., non ha ritenuto operante l'esimente prevista da detta disposizione - che, del resto, non avrebbe potuto essere invocata in relazione al pericolo di un nocumento alla vita o all'incolumita' personale (vedi Sez. 6, n. 7006 del 08/01/2021, Di Sanzo, Rv. 280840) -, ma ha espressamente dichiarato di ritenere insussistente il dolo del delitto di favoreggiamento, in quanto gli imputati non avevano agito allo scopo di aiutare gli autori dei delitti, sui quali essi erano chiamati a rendere dichiarazioni, ad eludere le indagini, quanto piuttosto per evitare il pericolo di ritorsioni da parte delle cosche; la Corte d'Appello ha ritenuto che sussistessero circostanze obiettive ed attuali, nel momento in cui le false dichiarazioni erano state rese, che facevano ritenere sussistente un concreto pericolo all'incolumita' personale dei dichiaranti, evitabile solo attraverso le false dichiarazioni, ed ha quindi ritenuto che le false dichiarazioni trovassero causa esclusiva nel timore di ritorsioni. In sostanza, la Corte territoriale, sulla base della motivazione della sentenza di secondo grado, ha ritenuto necessario, per la sussistenza del reato di favoreggiamento, il dolo specifico di aiutare gli autori delle estorsioni ad eludere le investigazioni e, sulla base delle considerazioni sopra esposte, ha escluso che esso ricorresse. Il Procuratore generale non ha colto la ratio decidendi e pertanto, in relazione alla esclusione dell'elemento soggettivo, non ha mosso una critica argomentata alle ragioni poste a fondamento delle due assoluzioni, cosicche' il motivo di ricorso risulta inammissibile. Ad identiche conclusioni si perverrebbe anche laddove dovesse ritenersi che la Corte di appello abbia, al contempo, ritenuto insussistente il dolo ed operante l'esimente di cui all'articolo 384 cod. pen. Difatti, ove la decisione si fondi su distinte ed autonome rationes decidendi, ciascuna di per se' sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, e' inammissibile, per difetto di specificita', il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola di esse, poiche' anche laddove una di esse venisse meno, basterebbe l'altra a giustificare la decisione (vedi Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, dep. 2018, Bimonte, Rv. 272448). 3. E', invece, fondato il quinto motivo di ricorso. La Corte d'Appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo 14 quater) perche' estinto per prescrizione, in conseguenza dell'esclusione dell'aggravante prevista dall'articolo 416-bis.1 cod. pen. Secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, l'imputato avrebbe cercato di ottenere l'affidamento dei lavori di consolidamento dell'area cimiteriale e di sistemazione idraulica del fosso Ettaro del Comune di (OMISSIS), oggetto di licitazione privata, dapprima contattando le imprese invitate alla gara per convincerle ad astenersi dal partecipare - condotta in relazione alla quale all'imputato e' stato contestato il reato di cui all'articolo 353 cod. pen. (capo 14 quater) - e poi, non essendo riuscito a contattarle tutte ed avendo quattro di esse presentato le loro offerte, si era presentato all'aggiudicatario, (OMISSIS), quale emissario dei (OMISSIS) "bruciati" e facendo valere la forza di intimidazione di questi ultimi era riuscito ad ottenere la cessione in subappalto di parte dei lavori (condotta in relazione alla quale all'imputato e' stato contestato il reato di concorso in estorsione: capo 14 quinquies). Mentre, tuttavia, in relazione al reato contestato al capo 14 quinquies), la sentenza d'appello ha ritenuto sussistente l'aggravante prevista dalla disposizione sopra citata nella forma della finalita' agevolatrice dell'associazione di tipo mafioso, la stessa aggravante e' stata esclusa in relazione al reato di cui all'articolo 353 cod. pen., sebbene entrambe le condotte fossero relative al medesimo appalto e finalizzate ad ottenere il controllo sui lavori oggetto della gara da parte del (OMISSIS), cosicche' la decisione, in mancanza di adeguata giustificazione in ordine alle ragioni di tale distinzione, appare manifestamente illogica. A tale proposito, la Corte d'Appello si e' limitata ad affermare che, mentre per il delitto di estorsione la finalita' di agevolare le cosche di (OMISSIS) emerge chiaramente dalle conversazioni intercettate, dalle quali risulta che ai lavori erano interessati i (OMISSIS) "(OMISSIS)" ed i (OMISSIS) "bruciati", la prova di tale finalita' non emerge in modo chiaro in relazione al diverso delitto di cui all'articolo 353 cod. pen. Eppure, la stessa Corte di appello ammette che anche la condotta di turbativa della gara e' stata attuata da (OMISSIS) con l'appoggio delle cosche (OMISSIS) dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS) (vedi pag. 435 della motivazione della sentenza di appello). Ne consegue che, in accoglimento del quinto motivo del ricorso del Procuratore generale, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) relativamente al capo 14 quater) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria. 4. Il sesto motivo del ricorso del Procuratore generale e' fondato limitatamente alla posizione di (OMISSIS). 4.1. In relazione ai lavori di realizzazione del sottopassaggio pedonale nella stazione ferroviaria di (OMISSIS), appaltati all'impresa di (OMISSIS), la Corte territoriale ha desunto da una conversazione intercettata il 26 gennaio 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) che erano stati raggiunti accordi tra (OMISSIS) "bruciato" e (OMISSIS) per il pagamento di una somma a titolo estorsione e che, tuttavia, l'accordo non era stato rispettato, tanto che (OMISSIS) se ne era lamentato con (OMISSIS) . Da altra conversazione del 31 gennaio 2010, (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) di avere appreso da (OMISSIS) che questi si era recato, assieme a (OMISSIS) "bruciato" e a (OMISSIS) "(OMISSIS)", a (OMISSIS) per incontrare alcuni esponenti della famiglia (OMISSIS), che, all'esito della riunione, avevano promesso che dopo alcuni giorni sarebbe stata versata la somma di Euro 30.000,00. La Corte di appello ha ritenuto provata la responsabilita' di (OMISSIS) per l'estorsione, ma, pur ritenendo provata la partecipazione di (OMISSIS) alla riunione, ha prosciolto quest'ultimó dalla imputazione, ritenendo il suo ruolo del tutto marginale e la sua condotta non causalmente efficiente in relazione alla vicenda estorsiva. Deve, allora, osservarsi che questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di concorso di persone nel reato, che anche la semplice presenza sul luogo dell'esecuzione del reato puo' essere sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa quando, palesando chiara adesione alla condotta dell'autore del fatto, sia servita a fornirgli stimolo all'azione e un maggiore senso di sicurezza (Sez. 2, n. 50323 del 22/10/2013, Aloia, Rv. 257979; Sez. 1, n. 4805 del 11/03/1997, Perfetto, Rv. 207582). Tale possibile aspetto della vicenda non viene in alcun modo scrutinato dalla Corte territoriale; ed anche laddove questa esclude che la condotta del (OMISSIS) abbia avuto una qualche efficienza causale nell'indurre gli esponenti della cosca (OMISSIS) ad assicurare l'imminente pagamento della somma richiesta a titolo di estorsione, la motivazione risulta apodittica e carente, in quanto trascura le numerose altre occasioni in cui la stessa Corte territoriale ha ritenuto provata la partecipazione di (OMISSIS) alle condotte estorsive attuate dalle cosche (OMISSIS), nonche' l'accertata partecipazione dell'imputato alla âEuroËœndrangheta. Ne consegue che, in accoglimento del sesto motivo del ricorso del Procuratore Generale, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di (OMISSIS) anche relativamente al capo 14 novies), con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Reggio Calabria. 4.2. E', invece, inammissibile il sesto motivo di ricorso in relazione alla posizione di (OMISSIS). Quanto a quest'ultimo imputato, il Procuratore generale non coglie la ratio decidendi della sua assoluzione, che risiede non nella mancanza di efficienza causale della sua partecipazione alla riunione, ma addirittura sulla mancata dimostrazione della sua partecipazione alla stessa. Dalla motivazione della sentenza di appello emerge che la Corte territoriale ha considerato che la prova della partecipazione del (OMISSIS) alla riunione dovrebbe trarsi esclusivamente dalla descrizione della stessa che il (OMISSIS) ha riferito a (OMISSIS) , ossia su un'unica fonte de relato e non riscontrata, e ha ritenuto "troppo isolato" tale riferimento per fondare su di esso l'affermazione della penale responsabilita' del (OMISSIS) a titolo di concorso nella tentata estorsione. Con il motivo di ricorso il Procuratore generale non attacca la ratio decidendi sopra descritta, cosicche' in relazione alla posizione del (OMISSIS) il motivo di impugnazione e' inammissibile per genericita'. 5. Manifestamente infondato e' il settimo motivo del ricorso del Procuratore generale. In relazione ai lavori di restauro della chiesa della frazione di (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), affidati a (OMISSIS), la Corte d'appello ha ritenuto non dimostrata la condotta estorsiva di cui al capo 74), ritenendo provato il solo reato di violenza privata contestato al capo 76). La Corte territoriale ha osservato che, sulla base delle dichiarazioni del (OMISSIS), quest'ultimo, proveniente da altra Regione, si era rivolto ad (OMISSIS) per la fornitura della sabbia occorrente alla esecuzione delle opere semplicemente perche' quest'ultimo gli era stato indicato come persona in grado di soddisfare la sua esigenza. I giudici d'appello, in particolare, hanno ritenuto non dimostrato il danno in capo alla persona offesa, osservando che, sulla base delle dichiarazioni del (OMISSIS), non puo' ritenersi accertato che il quantitativo di sabbia fornita fosse eccedente rispetto a quello necessario per l'esecuzione dei lavori o che il prezzo complessivamente richiesto, pari ad Euro 320, fosse esorbitante e fuori mercato rispetto ai quantitativi forniti, mentre ha correttamente ritenuto irrilevante la circostanza che (OMISSIS) riuscisse ad ottenere gratuitamente la sabbia da una terza persona. Non essendo stato dimostrato il danno, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente l'estorsione. Laddove il ricorrente afferma che la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere attendibili le dichiarazioni della persona offesa anche laddove la stessa considera esorbitanti le richieste economiche avanzate da (OMISSIS) per la sabbia fornita e non necessari ulteriori riscontri, egli invoca una rivalutazione delle dichiarazioni del (OMISSIS) non consentita in questa sede. Peraltro, la Corte territoriale non ha ritenuto (OMISSIS) inattendibile, ma ha affermato che dalle sue dichiarazioni, per il loro contenuto, non e' possibile affermare con certezza che sussista il danno del delitto ipotizzato. Essa, peraltro, ha pure escluso che (OMISSIS) abbia dovuto subire la imposizione del rapporto contrattuale, osservando che egli aveva liberamente scelto (OMISSIS) quale suo fornitore, cosicche' neppure appare aderente al caso concreto il riferimento alla c.d. estorsione contrattuale operato dal ricorrente. 6. Inammissibili sono anche l'ottavo, il nono ed il decimo motivo del ricorso del Procuratore generale. Il ricorrente, con l'ottavo motivo, richiama alcune conversazioni intercettate e sostiene che l'interpretazione della loro rilevanza probatoria e' stata mal valutata e che, sul punto, la motivazione fornita e' "errata", ma l'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. consente di far valere la motivazione contraddittoria o manifestamente illogica, anche nella forma del travisamento, laddove esso cada sul "significante" e non sul "significato" della prova. In tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di "contraddittorieta' processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimita' alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370). Nel caso di specie, dal tenore del motivo di ricorso, il Procuratore generale non si duole di una errata percezione delle conversazioni intercettate, ma del valore probatorio ad esse attribuito, cosicche' la sua censura attiene al merito, in quanto diretta ad invocare una rivalutazione del materiale istruttorio non consentita in questa sede di legittimita'. Peraltro, dalla motivazione della sentenza qui impugnata risulta che la Corte territoriale ha escluso non solo che il gruppo dei "(OMISSIS)" fosse dotato di alcun potere di intimidazione con il quale poter esercitare una qualche forma di controllo sul territorio (vedi pag. 497-499 della motivazione della sentenza di appello), ma ha pure ritenuto non accertata la sussistenza di un vincolo tra sodali in grado di dar vita ad una vera e propria associazione dotata di un minimo di organizzazione (vedi pag. 400-409 della motivazione), cosicche' neppure vi era spazio per procedere, ai sensi dell'articolo 521 cod. proc. pen., ad una riqualificazione del reato associativo contestato al capo 1), quale associazione per delinquere di cui all'articolo 416 cod. pen., non essendo a tal fine sufficiente, in mancanza dell'elemento organizzativo, la mera commissione di numerosi reati da parte dello stesso gruppo di persone (vedi Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, Ciaramitaro, Rv. 256054). Ne deriva che anche il nono motivo di ricorso e' manifestamente infondato. L'inammissibilita' dell'ottavo motivo di ricorso conduce alla inammissibilita' del decimo motivo, che poggia sulla possibilita' di ravvisare nel gruppo dei "(OMISSIS)" un'associazione di tipo mafioso. 7. Anche l'undicesimo motivo del ricorso del Procuratore generale non si sottrae alla sanzione dell'inammissibilita'. La Corte di appello ha affermato che il tenore della conversazione intercettata non e' chiaro e che non e' possibile stabilire con certezza cosa sia accaduto. In sostanza, si afferma che non e' neppure ben chiaro se (OMISSIS) abbia partecipato al reato e in che modo, mentre la condotta tipica del reato sarebbe stata verosimilmente commessa da (OMISSIS). Neppure e' certo che si tratti di una rapina, poiche' non e' possibile collegare le minacce rivolte al titolare del bar allo specifico episodio di sottrazione della merce. Esclusa la possibilita', pur invocata dal ricorrente, per questa Corte di cassazione di apprezzare direttamente il valore probatorio della conversazione intercettata, non emergendo dalla ricostruzione operata dalla Corte di appello le modalita' esecutive della sottrazione o la partecipazione di (OMISSIS) all'impossessamento di quanto sottratto, deve concludersi che non era possibile per la Corte territoriale procedere, ai sensi dell'articolo 521 cod. proc. pen., ad una riqualificazione del fatto come furto pluriaggravato ed affermare in relazione ad esso la penale responsabilita' di (OMISSIS). 8. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS)ed il nono motivo del ricorso di (OMISSIS), con i quali i ricorrenti si dolgono dell'utilizzazione degli atti di indagine acquisiti dopo la scadenza dei termini massimi di durata delle indagini preliminari, sono manifestamente infondati. A prescindere da ogni altra considerazione, deve rilevarsi che questa Corte di cassazione ha piu' volte affermato il principio, dal quale questo Collegio non intende discostarsi, secondo il quale la scelta del giudizio abbreviato preclude all'imputato la possibilita' di eccepire l'inutilizzabilita' degli atti d'indagine compiuti fuori dai termini ordinari di inizio e fine delle indagini preliminari in quanto, non essendo equiparabile alla inutilizzabilita' delle prove vietate dalla legge (di cui all'articolo 191 cod. proc. pen.), la stessa non e' rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte, sicche' essa non opera nel giudizio abbreviato (Sez. 6, n. 4694 del 24/10/2017, dep. 2018, Picone, Rv. 272196; Sez. 6, n. 12085 del 19/12/2011, dep. 2012, Inzitari, Rv. 252580; Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, dep. 2012, Milo, Rv. 252853). Anche in epoca piu' recente, questa Corte di cassazione ha ribadito che l'inutilizzabilita' degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini non e' rilevabile d'ufficio, ma soltanto su eccezione di parte immediatamente dopo il compimento dell'atto o nella prima occasione utile (Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, Caratelli, Rv. 274996), con la conseguenza che la predetta eccezione deve ritenersi rinunciata per effetto della scelta del rito abbreviato. 9. Il primo e il decimo motivo del ricorso di (OMISSIS) ed il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS)sono infondati. Sull'attendibilita' del contenuto delle conversazioni intercettate all'interno dell'autovettura in uso a (OMISSIS) la Corte d'Appello ha diffusamente motivato, spiegando le ragioni per le quali le informazioni che emergono dalle stesse devono ritenersi attendibili ed utili a dimostrare la fondatezza delle ipotesi accusatorie, nonostante (OMISSIS) , diversamente rispetto a quanto ritenuto dal Giudice dell'udienza preliminare, sia stato ritenuto estraneo al sodalizio mafioso e sostanzialmente una vittima del sistema spartitorio degli appalti dei lavori pubblici nel territorio di (OMISSIS) e sebbene non sempre (OMISSIS), nelle sue conversazioni, indichi quale sia la fonte delle sue conoscenze. Detta motivazione, riportata alle pagine da 391 a 398 e poi alle pagine da 473 a 477 della sentenza di secondo grado, non risulta affatto contraddittoria o illogica. Quanto alle due conversazioni del 5 e del 1(OMISSIS), che il ricorrente (OMISSIS) indica a dimostrazione della falsita' del contenuto delle conversazioni intrattenute da (OMISSIS) con (OMISSIS), deve osservarsi che la stessa Corte di appello in piu' occasioni ha ritenuto inattendibili i racconti di (OMISSIS) , come appunto avvenuto in relazione al reato di cui all'articolo 424 cod. pen. contestato al capo 13), per il quale (OMISSIS) e' stato prosciolto, e tuttavia ha escluso che singole conversazioni dalle quali emergono fatti rivelatisi insussistenti o comunque incongruenze o contraddizioni possano condurre ad un giudizio di inattendibilita' riferito all'intero complesso delle conversazioni intercettate. E di fatto la Corte territoriale ha del tutto correttamente esaminato le varie conversazioni intercettate per valutarne la attendibilita', la rilevanza e la concludenza in relazione a ciascuno dei capi di imputazione per valutare se da esse emergesse la prova dei fatti contestati, giungendo di volta in volta a risultati diversi, pur in genere adottando i medesimi criteri di valutazione. Del resto, neppure il ricorrente (OMISSIS) indica la rilevanza specifica delle conversazioni da lui segnalate in ordine alle singole imputazioni per le quali in questa sede si procede nei suoi confronti. In ogni caso, le Sezioni Unite hanno affermato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). Quanto, poi, al contrasto con le massime di esperienza secondo le quali una locale non puo' invadere il territorio di competenza di altra locale e un associato non puo' confidare circostanze attinenti al sodalizio con un estraneo all'associazione, o all'identificazione in (OMISSIS)del " (OMISSIS)" menzionato nelle conversazioni possono richiamarsi in questa sede gli argomenti che saranno esposti nei successivi §§ 10 e 11 del "considerato in diritto" della presente sentenza. Nel resto, le censure dei ricorrenti attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all'interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale probatorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all'esterno dei limiti del sindacato di legittimita'. La decisione del giudice di merito non puo' essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di motivi di ricorso per cassazione, che non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicche' sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747). Le doglianze dei ricorrenti, invero, si risolvono nel dissenso sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione vietata in sede di legittimita', attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per una presunta violazione di legge e per un vizio motivazionale con cui, in realta', si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimita' operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne' deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilita' di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 - dep. 2000, Moro, Rv. 215745). 10. Il quarto, il ventiduesimo ed il ventitreesimo motivo del ricorso di (OMISSIS) ed il quinto motivo del ricorso di (OMISSIS), che possono essere trattati unitariamente in quanto tutti relativi all'affermazione di penale responsabilita' dei due ricorrenti per l'estorsione di cui al capo 14 septies), sono infondati. Quanto alla portata minatoria della condotta di (OMISSIS), che si era recato presso il (OMISSIS) per riferirgli che i lavori a lui appaltati interessavano a "gente di (OMISSIS)", la Corte di appello ha adeguatamente motivato evidenziando che essa e' attestata dai successivi sviluppi della vicenda, quali emergono dalla conversazione intercettata; difatti il (OMISSIS), intimidito dalla visita del (OMISSIS), avendo compreso la sua natura estorsiva, tramite un suo dipendente si era rivolto a (OMISSIS), per avere la sua protezione, e lo stesso aveva approfittato dell'occasione per rivolgersi a (OMISSIS)ed ottenere da quest'ultimo il permesso di effettuare forniture di calcestruzzo ad un prezzo superiore a quello che (OMISSIS) , che aveva eseguito le opere appaltate unitamente al (OMISSIS), contava di poter spuntare rifornendosi da altra persona. Ne' la portata intimidatoria del messaggio recapitato da (OMISSIS) e' esclusa dalla circostanza che inizialmente il (OMISSIS) non avesse compreso chi fossero i soggetti di (OMISSIS) interessati ai suoi lavori. La circostanza che il destinatario dell'atto intimidatorio ignori chi ne sia l'autore non esclude la sussistenza della minaccia, altrimenti non sarebbe ipotizzabile la minaccia anonima, che invece integra una forma aggravata di minaccia, ai sensi degli articoli 612 e 339 cod. pen. Ne' sussiste illogicita' della motivazione dell'affermazione di penale responsabilita' di (OMISSIS) in conseguenza dell'assoluzione di (OMISSIS) dal reato di estorsione, atteso che, come si e' gia' sopra esposto in relazione al ricorso del Procuratore generale, secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello (OMISSIS) e' anch'egli, unitamente al (OMISSIS), una vittima dell'estorsione, come peraltro lo stesso ricorrente ammette nel suo ventiduesimo motivo di ricorso. La circostanza che la gente di (OMISSIS) menzionata da (OMISSIS) fossero i (OMISSIS) "bruciati" lo si ricava dalla partecipazione degli stessi alla riunione in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) dovevano presentare i conteggi relativi alle somme percepite dall'appalto, ai costi sostenuti ed all'utile ricavatone, onde poi attribuire loro la somma corrispondente alla quota di utili loro spettante a titolo di estorsione, non trovando l'attribuzione di detta somma in una qualche loro partecipazione all'esecuzione delle opere, e tale circostanza vale a dimostrare che essi, grazie al loro potere di intimidazione, avevano il controllo dei lavori appaltati, stabilendo chi poteva partecipare alla loro esecuzione e come dovesse essere spartito il ricavato. Laddove, poi, i ricorrenti sostengono che non e' stato accertato che la predetta riunione vi sia stata e che essi vi abbiano partecipato, essi trascurano che in ogni caso, sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, risulta la loro partecipazione alla complessiva condotta estorsiva, tanto che lo stesso (OMISSIS) nella conversazione intercettata il 24 settembre (OMISSIS) esprime il suo compiacimento per la partecipazione, alla riunione gia' programmata, di (OMISSIS), da lui preferito al fratello (OMISSIS). La circostanza che la riunione sia avvenuta viene desunta dalla Corte di appello da una successiva conversazione intercettata il 16 ottobre (OMISSIS) in cui (OMISSIS) si lamenta della circostanza che a seguito dei conteggi predisposti dal (OMISSIS) e detratte le somme spettanti ai (OMISSIS) il suo utile si e' ridotto ad un importo estremamente modesto. Ma la partecipazione dei due fratelli (OMISSIS) alla predetta riunione non e' comunque decisiva e da essa non dipende la consumazione del reato. La Corte di appello ha considerato come integranti il reato di estorsione condotte che sono anteriori alla riunione per discutere dei conteggi, e precisamente sia l'imposizione a (OMISSIS) ed a (OMISSIS) di rivolgersi a (OMISSIS) per la fornitura del calcestruzzo, che (OMISSIS) avrebbe poi fornito ad un prezzo superiore a quello praticato da altro soggetto, (OMISSIS), conosciuto da (OMISSIS) (imposizione resa possibile dall'intervento di (OMISSIS) su (OMISSIS) affinche' quest'ultimo ed il (OMISSIS) si rifornissero dallo (OMISSIS)), sia la corresponsione di somme a (OMISSIS)(vedi pag. 451 della motivazione della sentenza di appello). A tale ultimo proposito, la Corte di appello afferma (vedi pag. 446 in fondo della motivazione della sentenza di secondo grado) che (OMISSIS)aveva dapprima chiesto a (OMISSIS) , ottenendo un rifiuto, di farsi versare da (OMISSIS) la somma di Euro 6.000,00, di cui poi aveva ottenuto la corresponsione direttamente da (OMISSIS); nella sentenza di primo grado si precisa (vedi pag. 544 della motivazione della sentenza di primo grado) che, in una conversazione ambientale intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) il 22 settembre (OMISSIS), quest'ultimo riferisce al suo interlocutore di un incontro da lui avuto con (OMISSIS) che gli aveva detto: - "vede'te per quel fatto di (OMISSIS), per i soldi... vedete che ce li siamo presi, perche' c'era mio fratello...", espressione che e' stata intesa dai giudici del merito nei senso che i due fratelli (OMISSIS) si erano fatti consegnare dal (OMISSIS) la somma di Euro 6.000,00 per sostenere gli oneri economici connessi alla detenzione del loro fratello (OMISSIS), che effettivamente in quel periodo era ristretto in carcere. Sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, si e' quindi verificato l'evento del delitto di estorsione pure grazie all'intervento di (OMISSIS), anche a prescindere dal fatto che la riunione sia avvenuta e che (OMISSIS) vi abbia partecipato. Quanto, poi all'individuazione in (OMISSIS) e (OMISSIS)dei " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)" menzionati nelle conversazioni intercettate, deve osservarsi come, gia' nella sentenza di primo grado (a pag. 582), si affermi che, in occasione della conversazione intercettata il 21 gennaio 2010 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo riferisce al secondo che (OMISSIS), dopo essere stato contattato dal Silvestro, si era recato da (OMISSIS), da intendersi per (OMISSIS), mentre il termine (OMISSIS) e' riferito non a " (OMISSIS)", ma a (OMISSIS), nel senso dell'appartenenza di (OMISSIS) alla cosca dei (OMISSIS). Inoltre, secondo i giudici del merito, la circostanza che (OMISSIS) e (OMISSIS) siano i due ricorrenti emerge pure dalla circostanza che nelle conversazioni intercettate vengono indicati come fratelli e nella conversazione del 22 settembre (OMISSIS) si fa riferimento ad un terzo fratello detenuto ed e' stato accertato che (OMISSIS) , fratello dei due ricorrenti, era all'epoca detenuto. Manifestamente infondato e' pure il ventitreesimo motivo del ricorso di (OMISSIS). Deve in primo luogo osservarsi che la Corte di appello non ha sostituito (OMISSIS) a (OMISSIS) quale persona offesa dall'estorsione, ma ha ritenuto che anche (OMISSIS) fosse vittima del reato; in sostanza, a (OMISSIS) si e' aggiunto, quale persona offesa, (OMISSIS) . Deve allora osservarsi che le Sezioni Unite hanno affermato, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, che per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui sca (OMISSIS)sca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perche', vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione e' del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051). In particolare, la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e l'accertamento contenuto in sentenza si verifica solo quando il fatto accertato si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneita' o di incompatibilita' sostanziale tale da recare un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265946). Nel caso di specie, in cui a (OMISSIS) si e' aggiunto quale vittima dell'estorsione (OMISSIS) , non ricorre una trasformazione radicale della fattispecie concreta nei suoi elementi essenziali, atteso che le condotte e gli eventi oggetto di contestazione sono rimasti gli stessi, anche se si e' ritenuto che il pregiudizio economico conseguente all'estorsione sia andato a gravare anche su (OMISSIS) . Peraltro, il ricorrente (OMISSIS) neppure chiarisce in che modo la sua facolta' di difendersi sarebbe stata pregiudicata. Nel resto, con i motivi di ricorso sopra indicati i ricorrenti sollevano censure con le quali essi, in realta', invocano una rivalutazione delle prove, ed in particolare delle conversazioni oggetto di intercettazione, onde pervenire ad una diversa ricostruzione del fatto e che, essendo attinenti al merito, non possono essere scrutinate in questa sede. Ne' puo' essere invocata in questa sede la diversa ricostruzione fattuale operata dal Tribunale di (OMISSIS) nei confronti dei coimputati che hanno optato per il giudizio ordinario, trattandosi di sentenza pronunciata sulla base di un diverso compendio probatorio dopo la sentenza qui impugnata e che comunque non avrebbe potuto essere utilizzata ai sensi dell'articolo 238-bis cod. proc. pen., non essendo ancora irrevocabile. 11. Il quinto ed il ventiquattresimo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. Deve innanzitutto escludersi che la ricostruzione della vicenda della tentata estorsione ai danni di (OMISSIS) si ponga in contrasto con la regola, affermata da entrambi i giudici del merito, secondo la quale gli appalti di importo superiore ad Euro 140.000,00 erano riservati alle cosche (OMISSIS) o alla massima di esperienza secondo la quale una cosca non puo' ingerirsi negli affari che riguardano il territorio di altra cosca. Detta regola non comportava necessariamente che le cosche (OMISSIS) provvedessero direttamente con proprie imprese alla esecuzione dei lavori, ma solo che l'individuazione del soggetto deputato alla esecuzione delle opere incontrasse il loro placet e che tale soggetto provvedesse poi a "retribuire" le cosche mediante il versamento di somme di denaro o il loro coinvolgimento nelle opere attraverso subappalti o la fornitura di materiali o mezzi. La vicenda relativa ai lavori di realizzazione del sottopassaggio pedonale nella stazione ferroviaria di (OMISSIS) costituisce, quindi, attuazione di detta regola perche', secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, la cosca dei (OMISSIS), che sponsorizzava il (OMISSIS), ben consapevole della circostanza che l'appalto era pertinente al territorio controllato dai (OMISSIS) "bruciati" aveva raggiunto con questi un accordo che prevedeva il pagamento in loro favore di una somma di denaro da parte del (OMISSIS). La Corte territoriale, sulla base della prima delle conversazioni intercettate, quella del 26 gennaio 2010, afferma che la cosca dei (OMISSIS), anche grazie ad un potere intimidatorio superiore a quello dei (OMISSIS) "bruciati", era riuscita a patteggiare con questi l'assegnazione dei lavori al (OMISSIS) e tuttavia, consapevole della propria forza, aveva tardato nell'erogazione della somma, tanto che proprio (OMISSIS) si era sfogato con (OMISSIS) lamentandosi del mancato rispetto della regola sopra esposta da parte del (OMISSIS) sotto forma di ritardo nell'adempimento e anche (OMISSIS) , commentando con il suo amico (OMISSIS) il colloquio da lui avuto con (OMISSIS), aveva stigmatizzato il comportamento di (OMISSIS), che, approfittando della sponsorizzazione dei (OMISSIS), da (OMISSIS) si era spostato sino a (OMISSIS) per aggiudicarsi i lavori e pretendeva di sottrarsi al pagamento della somma dovuta alla cosca territorialmente competente. Nella seconda conversazione intercettata, quella del 31 gennaio 2010, (OMISSIS) afferma di avere appreso da (OMISSIS) che quest'ultimo, (OMISSIS) e (OMISSIS) "(OMISSIS)" si erano incontrati a (OMISSIS) con alcuni esponenti della cosca dei (OMISSIS), i quali, a seguito dell'incontro, si erano impegnati a consegnare entro pochi giorni la somma di Euro 30.000,00. Quanto alla lamentata genericita' del contenuto delle predette conversazioni ed alla circostanza che (OMISSIS), lamentandosi con (OMISSIS) del comportamento dei (OMISSIS) e di (OMISSIS), abbia violato le regole dell'associazione criminale che impongono di non parlare di vicende inerenti al sodalizio con coloro che sono estranei alla âEuroËœndrangheta, deve osservarsi che la Corte di appello ha motivato in modo approfondito ed esaustivo in ordine alla attendibilita' di quanto dichiarato da (OMISSIS) nelle conversazioni intercettate (vedi pag. 391-398 della motivazione della sentenza d'appello); si e' evidenziato come questi fosse a conoscenza degli ambienti di âEuroËœndrangheta, in quanto suo fratello era intraneo alla stessa ed era stato ucciso anni prima, in occasione della strage di (OMISSIS), sicche', pur non essendo intraneo, puo' dirsi "contiguo" a tali ambienti, anche per la sua attivita' imprenditoriale in un settore controllato dalle cosche, mostrando di conoscerne appieno le regole. Si spiegano in tal modo le confidenze che egli riceve da (OMISSIS), che trovano conferma anche in un colloquio intercettato direttamente tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 21 dicembre 2010, in cui discutono dei lavori del cimitero e del comportamento tenuto da (OMISSIS). Alla luce di quanto appena esposto, deve concludersi che la Corte territoriale ha chiarito le ragioni per le quali il contenuto delle conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in data 26 e 31 gennaio 2010 non e' inverosimile e deve ritenersi attendibile. Quanto alla circostanza che la Corte di appello ha affermato la penale responsabilita' di (OMISSIS) per la tentata estorsione, mentre ha prosciolto dalla medesima imputazione (OMISSIS) e (OMISSIS), la questione e' stata gia' affrontata al § 4. del "considerato in diritto", ove si e' evidenziato che la assoluzione di (OMISSIS) poggia sulla ritenuta assenza di prova della sua partecipazione alla riunione di (OMISSIS) con gli esponenti della cosca (OMISSIS). Il riferimento al (OMISSIS) emerge esclusivamente dalla narrazione dell'episodio che il (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) ; trattandosi di un riferimento isolato e de relato, in assenza di ulteriori riscontri la Corte di appello ha correttamente ritenuto tale elemento di prova insufficiente a fondare un'affermazione di penale responsabilita'. Quanto alle posizioni di (OMISSIS) e di (OMISSIS), le dichiarazioni di (OMISSIS) riportano quanto egli ha appreso direttamente dai coimputati e, quindi, hanno una rilevanza probatoria maggiore. In particolare, (OMISSIS) apprende della partecipazione di (OMISSIS) alla vicenda estorsiva sia dallo stesso imputato, sia dal (OMISSIS). Il protagonismo di (OMISSIS) nella condotta estorsiva e' reso manifesto proprio dal contenuto delle sue doglianze, lamentandosi egli del mancato incasso della somma dovutagli a titolo di estorsione. Quanto a (OMISSIS), egli si e' "limitato" ad accompagnare (OMISSIS) alla riunione e per tale motivo la Corte territoriale ha ritenuto il suo contributo piu' "sfumato", ma gia' si e' detto sopra, in relazione alla impugnazione del Procuratore generale, che la distinzione delle posizioni dei due imputati e' semmai illogica "per difetto", nel senso che la Corte di appello ha svalutato la rilevanza della partecipazione del (OMISSIS) alla riunione, trascurando la sua implicazione in altre vicende estorsive e la sua partecipazione alla âEuroËœndrangheta e fornendo una motivazione apodittica. Ne' appare illogico che la Corte di appello abbia considerato la accertata ingerenza di (OMISSIS) in relazione ad altri appalti come un ulteriore riscontro della sua partecipazione alla tentata estorsione di cui al capo 14 novies). Deve, invece escludersi che la Corte di appello abbia desunto dalla partecipazione dei ricorrenti ai reati di estorsione consumata e tentata la loro partecipazione al reato associativo, atteso che proprio la Corte territoriale (vedi pag. 474 della motivazione della sentenza di secondo grado) ha escluso di dover "ricorrere al modulo indiziario della prova dei reati fine verso la prova del reato associativo". Ne' la motivazione in ordine alla penale responsabilita' del ricorrente puo' essere ritenuta illogica per avere collegato la vicenda estorsiva ai lavori del sottopassaggio nella stazione ferroviaria di (OMISSIS). A tale proposito, la Corte territoriale ha affermato che, sulla base della indicazione dell'impresa aggiudicataria, ha potuto individuare i lavori cui si riferiva l'estorsione. E' ben vero che, come sostenuto nel ricorso, l'impresa di (OMISSIS) non avra' eseguito solo i lavori del sottopassaggio, ma deve anche considerarsi che i lavori erano relativi al territorio di (OMISSIS) e neppure il ricorrente ha saputo indicare altri lavori eseguiti dalla stessa impresa in quel territorio. Non ha rilevanza la distanza temporale tra la fine dei lavori e le conversazioni intercettate, ove si consideri che nella prima conversazione del 26 gennaio 2010 (OMISSIS) riferisce al (OMISSIS) che (OMISSIS) si era lamentato con lui proprio del ritardo nel pagamento della somma dovuta, cosicche', come correttamente osservato dalla Corte territoriale, vi e' compatibilita' tra il contenuto del colloquio intercettato e la fine dei lavori in data 14 luglio (OMISSIS). Quanto alla identificazione del " (OMISSIS)", menzionato nelle conversazioni intercettate, in (OMISSIS), oltre a richiamarsi quanto sopra gia' esposto, deve evidenziarsi che il ricorrente in sostanza si duole della valutazione del significato attribuito dalla Corte di appello alle conversazioni intercettate che e' questione di merito, non suscettibile di riesame in questa sede. Nel resto, anche in questo caso, le censure dei ricorrenti attengono esclusivamente al merito, in quanto dirette a sovrapporre all'interpretazione delle risultanze probatorie operata dal giudice una diversa valutazione dello stesso materiale istruttorio per arrivare ad una decisione diversa, e come tali si pongono all'esterno dei limiti del sindacato di legittimita'. La decisione del giudice di merito non puo' essere invalidata da ricostruzioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). 12. Sulla base dei principi esposti poco sopra e al § 9 del "considerato in diritto" e di quelli in tema di travisamento della prova che hanno condotto alla dichiarazione di inammissibilita' dell'ottavo, del nono e del decimo motivo del ricorso del Procuratore generale (vedi § 6 del "considerato in diritto"), deve affermarsi anche la inammissibilita' dei motivi undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo e ventesimo del ricorso di (OMISSIS). Anche con essi il ricorrente sostiene che le conversazioni intercettate sono state mal valutate e che in realta' ad esse doveva essere attribuito un diverso significato, piu' aderente al contesto, tale da consentire di pervenire ad una ricostruzione dei fatti piu' aderente alle esigenze difensive. Oppure denuncia l'insussistenza di riscontri alle conversazioni intercettate, in contrasto con il principio affermato dalle Sezioni Unite e richiamato al § 9 del "considerato in diritto" di questa sentenza o, ancora, solleva censure in fatto, sostenendo che la sua partecipazione alla spartizione degli appalti e dei relativi utili non e' compatibile con le conversazioni intercettate dalle quali risulta che egli versava in condizioni economiche assai precarie o che la esistenza di un sistema di spartizione degli appalti non e' compatibile con l'assegnazione di taluni lavori alla (OMISSIS) ed a (OMISSIS) senza alcun intervento o ingerenza del ricorrente. Laddove, poi, il ricorrente lamenta il travisamento di talune conversazioni intercettate, egli non allega al ricorso i verbali delle loro trascrizioni. Appare opportuno ricordare in questa sede che e' inammissibile il ricorso per cassazione che deduca vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, cosi' da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr., ex p/urimis, Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723); siffatta interpretazione va mantenuta ferma anche dopo l'entrata in vigore dell'articolo 165-bis, comma 2, d.lgs 28 luglio 1989, n. 271, inserito dall'articolo 7, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, secondo il cui disposto, in caso di ricorso per cassazione, copia degli atti "specificamente indicati da chi ha proposto l'impugnazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1 lettera e) del codice", e' inserita a cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricorso, prevedendosi che, nel caso in cui tali atti siano mancanti, ne sia fatta attestazione; sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, resta in capo al ricorrente l'onere di indicare nel ricorso gli atti da inserire nel fascicolo, che ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, organo amministrativo al quale non puo' essere de (OMISSIS) il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l'interpretazione del ricorso (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Talamanca, Rv. 276432). 13. Palesemente inammissibile e' il ventunesimo motivo del ricorso di (OMISSIS). L'interesse ad impugnare, previsto in via generale dall'articolo 568, comma 4, cod. proc. pen., non puo' risolversi in una pretesa, meramente teorica e formale, all'esattezza giuridica della decisione, senza riflessi in punto di utilita' concreta, dovendo l'impugnazione essere sempre diretta al conseguimento di un risultato favorevole, che sia anche indirettamente utile al proponente (Sez. 7, ord. n. 21809 del 18/12/2014, dep. 2015, Letorri, Rv. 263538). Nel caso di specie, lo stesso ricorrente ammette che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) non sono state utilizzate quale prova a suo carico, cosicche' nessun vantaggio sarebbe stato conseguito dall'imputato anche laddove il collaborante fosse stato ritenuto inattendibile. 14. Complessivamente infondato e' il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS). Dall'intenzione manifestata da (OMISSIS) di elargire un "pensiero" ai (OMISSIS) "(OMISSIS)", laddove egli avesse ottenuto l'assegnazione dei "lavori del cimitero", non puo' trarsi la conclusione che solo questi controllassero i lavori. Deve in primo luogo osservarsi che (OMISSIS) non e' riuscito a realizzare il suo proposito e, secondo la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, (OMISSIS), facendo valere la sua vicinanza ai (OMISSIS) "(OMISSIS)" e spendendo il nome dei (OMISSIS) "bruciati" e' riuscito ad imporsi venendo preferito a (OMISSIS) . Secondo quanto affermato dalla Corte di appello in relazione alla posizione di (OMISSIS) (vedi pag. 435 della motivazione della sentenza di secondo grado), quest'ultimo aveva potuto ingerirsi nei lavori grazie all'appoggio sia dei (OMISSIS) "bruciati", sia dei (OMISSIS) "(OMISSIS)", con la conseguenza che il controllo di una delle due cosche non escludeva l'ingerenza dell'altra. Non e' quindi ravvisabile il profilo di illogicita' denunciato dal ricorrente. Quanto alla conversazione intercettata tra (OMISSIS) e (OMISSIS) del 21 dicembre 2010, la Corte territoriale ha indicato le ragioni, che riposano anche su altre conversazioni intercettate, per le quali comunque emerge l'appoggio dei (OMISSIS) "bruciati" in favore del (OMISSIS) (vedi pagine da 433 a 442 della sentenza di appello), onde farlo partecipare ai lavori del cimitero, appoggio che traspare anche dalla conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui "quest'ultimo non rinnega la condotta del (OMISSIS) cercando blandamente di giustificarla nei confronti dell'interlocutore" (vedi pag. 441 della motivazione della sentenza di secondo grado). Anche in questo caso, quindi, la pretesa illogicita' della motivazione della sentenza qui impugnata poggia sull'attribuzione alle conversazioni intercettate di un significato diverso da quello ad esse assegnato dalla Corte territoriale e quindi sulla invocazione di una diversa rivalutazione del materiale istruttorio, non consentita in questa sede di legittimita'. Quanto alla sussistenza del patto spartitorio degli appalti, la circostanza che dall'istruttoria espletata non sia emersa un'ingerenza delle cosche (OMISSIS) in relazione all'appalto del palazzetto dello sport non appare decisiva ed in grado di superare le numerose prove di segno opposto indicate dalla Corte territoriale a sostegno della ingerenza delle cosche (OMISSIS) sia in relazione ad appalti di importo superiore ad Euro 140.000,00 Euro, sia in relazione a lavori di importo superiore a detta soglia, a dimostrazione che la regola suddetta e' stata fissata dai (OMISSIS) "bruciati" e che pertanto spetta a costoro garantirne il rispetto o anche il potere di violarla a favore di altri sodali, quale era il (OMISSIS) (vedi pag. 475 della motivazione della sentenza di appello). Non appare, quindi, ravvisabile l'illogicita' denunciata dal ricorrente. Nel resto, il motivo di ricorso e' volto a sollevare censure di merito e risulta, pertanto, inammissibile. 15. Il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), nella parte in cui si duole dell'attribuzione di un ruolo apicale all'interno del sodalizio mafioso, ed il terzo motivo del ricorso di (OMISSIS)sono infondati. Non rileva che mentre con la sentenza gia' passata in giudicato (OMISSIS) risulta condannato per una condotta di mera partecipazione alla âEuroËœndrangheta, la Corte di appello lo abbia condannato per avere partecipato con il ruolo di capo alla medesima organizzazione senza precisare quando e come egli abbia assunto detta qualifica, tenuto conto che tra la condotta gia' giudicata e quella di cui si discute in questa sede intercorre un periodo di tempo molto ampio e che trattasi di condotte tra loro distinte. Rileva, invece, che la Corte di appello ha desunto il ruolo apicale dell'imputato dal complesso delle conversazioni intercettate; e soprattutto da quelle in cui emerge il suo ruolo di partecipe alle decisioni in ordine alla individuazione dei soggetti ai quali dovevano essere assegnati i lavori o che a questi dovevano partecipare attraverso subappalti o forniture ed alla determinazione delle modalita' di distribuzione degli utili tra i vari soggetti implicati nelle vicende relative alle varie opere appaltate. Quest'ultima circostanza non puo' essere contestata sol perche' dal materiale istruttorio non emerge quando e perche' (OMISSIS) abbia assunto un ruolo di comando. Quanto al terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), deve richiamarsi in questa sede quanto gia' esposto al precedente § 10 ed osservarsi che la sua posizione apicale emerge anche da numerose circostanze di fatto accertate dalla Corte di appello, come la imposizione da parte sua di (OMISSIS) quale fornitore del calcestruzzo, in relazione alla estorsione relativa ai "lavori del muro", e dalla sua partecipazione, quale protagonista di primo piano, all'incontro tenutosi a (OMISSIS) con alcuni esponenti della cosca dei (OMISSIS). In sostanza, sebbene, come si e' gia' detto al § 10, secondo la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale, la circostanza che l'incontro finalizzato alla spartizione degli utili derivati da tali lavori sia realmente avvenuta deve ritenersi dimostrata, a prescindere dalla esistenza di ulteriori riscontri non necessari (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714), essa tuttavia non risulta avere un valore decisivo ai fini dell'attribuzione all'imputato di un ruolo verticistico all'interno della sua cosca, potendo questo essere desunto dal ruolo da assunto da (OMISSIS)in altri momenti della vicenda relativa ai "lavori del muro" o in occasione delle vicende relative ad altri lavori. Ne deriva in ogni caso la infondatezza del motivo di ricorso. Ne' sull'attribuzione ai due imputati di un ruolo di comando all'interno della cosca di appartenenza ha influito, sulla base di quanto emerge dalla motivazione della sentenza qui impugnata, la condanna irrevocabile pronunciata per la partecipazione alla âEuroËœndrangheta. Anche la circostanza indicata da (OMISSIS)in relazione alla conversazione del 24 settembre (OMISSIS) non contraddice, ma rafforza il suo ruolo di vertice, poiche' nella conversazione, per come interpretata dalla Corte territoriale, in sostanza, (OMISSIS) afferma che se qualcuno avesse voluto spuntare, in occasione della riunione finalizzata alla spartizione degli utili anche in favore di chi non aveva partecipato all'esecuzione dei lavori, una somma superiore rispetto a quella risultante dai criteri gia' fissati, avrebbe dovuto "vedersela" con (OMISSIS), con cio' attribuendo a quest'ultimo una maggiore autorita' in seno alla riunione. Nel resto, anche laddove il ricorrente attribuisce alla conversazione intercettata un diverso significato, il motivo, per le ragioni gia' esposte, risulta inammissibile. 16. Il terzo motivo, nella parte in cui si duole del diniego dell'applicazione della disciplina del reato continuato in relazione alla condanna gia' divenuta irrevocabile per altra condotta di partecipazione alla âEuroËœndrangheta, ed il venticinquesimo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. La motivazione addotta dalla Corte territoriale, che ha evidenziato il lungo periodo di tempo trascorso tra le due condotte ed il diverso ruolo assunto dall'imputato in seno al sodalizio criminale, non appare illogica o contraddittoria. Tra le due condotte di partecipazione alla âEuroËœndrangheta intercorre un periodo di tempo eccessivo (oltre quindici anni) perche' esse possano essere considerate espressione di un unico momento deliberativo e quindi essere considerate attuazione del medesimo disegno criminoso. Solo laddove la partecipazione dell'imputato alla âEuroËœndrangheta si fosse protratta ininterrottamente, senza alcuna soluzione di continuita', avrebbe potuto sostenersi la sussistenza del vincolo della continuazione, ma tale ipotesi non e' stata accertata e lo stesso ricorrente ha negato che la precedente condanna per il reato associativo possa valere quale indizio della nuova condotta di partecipazione alla âEuroËœndrangheta che gli e' stata contestata in questo processo. Ne' puo' sostenersi che, poiche' nel processo per il quale (OMISSIS) e' stato gia' condannato con sentenza irrevocabile gli si contestava la partecipazione alla âEuroËœndrangheta "dal 1983 ad oggi", il giudicato coprirebbe la condotta associativa anche oltre il 1995, in quanto questa Corte di cassazione ha piu' volte affermato che l'imputazione per un reato associativo, limitata temporalmente con l'espressione "dal... ad oggi", deve ritenersi estesa fino alla data del decreto che dispone il giudizio e, nel caso in cui questo manchi, trattandosi di rito abbreviato, fino alla data della richiesta di rinvio a giudizio (ex multis, Sez. 3, n. 2567 del 17/09/2018, dep. 2019, Ghiringhelli, Rv. 275829). 17. Il sesto ed il ventiseiesimo motivo - nella parte in cui il ricorrente si duole dell'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen. - di (OMISSIS) ed il settimo motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. I reati di cui ai capi 14 septies) e 14 novies), per quanto sopra gia' esposto, sono volti ad agevolare la realizzazione le finalita' delle cosche (OMISSIS) ed in particolare quella di assicurarsi il controllo del territorio e delle attivita' economiche ivi attuate attraverso la scelta di coloro che avrebbero dovuto partecipare all'esecuzione dei lavori imponendo persone loro gradite anche mediante l'imposizione di subappalti o forniture o il pagamento di somme di denaro e comunque costituiscono attuazione degli accordi raggiunti tra le cosche in relazione alla spartizione degli appalti. Ne' tale finalita' puo' dirsi venuta meno in conseguenza della destinazione al mantenimento di (OMISSIS) , all'epoca detenuto, di una somma di denaro che i (OMISSIS) "bruciati" hanno percepito da (OMISSIS) per i cosiddetti "lavori del muro", in quanto l'assistenza economica ai sodali detenuti costituisce proprio una regola generalmente attuata dalle associazioni di tipo mafioso (vedi Sez. I, 18 febbraio (OMISSIS) n. 13578, Autiero, non massimata). 18. Il settimo ed il ventiseiesimo motivo - nella parte in cui il ricorrente si duole dell'applicazione dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis, quarto e quinto comma, cod. pen. - di (OMISSIS) ed il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS)sono infondati. Sul punto, le ragioni del ricorso non hanno pregio, poiche' come sopra gia' esposto in premessa, la motivazione che si ricava dalle due sentenze di merito appare del tutto logica e coerente, in quanto dalla ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale emerge sia il compimento di atti delittuosi con armi da parte dell'associazione, sia la disponibilita' di armi in capo agli associati ed in particolare a (OMISSIS), cosicche' appaiono ampiamente rispettati i principi espressi dalla giurisprudenza precedentemente richiamata. 19. Il ventiseiesimo motivo del ricorso di (OMISSIS), nella parte in cui sostiene l'inapplicabilita' al delitto di estorsione di cui al capo delle aggravanti delle piu' persone riunite, ed il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS) sono infondati. L'infondatezza dei motivi del ricorso di (OMISSIS)relativi all'affermazione della sua penale responsabilita' per il reato associativo conduce necessariamente all'infondatezza del sesto motivo del suo ricorso con riguardo all'aggravante prevista dall'articolo 628, terzo comma, n. 3, cod. pen. Quanto alla aggravante dell'essere la estorsione stata commessa da piu' persone riunite, le censure dei ricorrenti risultano infondate, atteso che nel reato di estorsione commesso nell'interesse di un'associazione di tipo mafioso, la simultanea presenza di non meno di due persone, necessaria a configurare la circostanza aggravante delle piu' persone riunite, deve essere individuata in relazione ai plurimi momenti in cui viene effettuata la richiesta estorsiva ed alla pluralita' dei soggetti che interviene a contattare la persona offesa, esplicitando la natura collettiva della richiesta proveniente da piu' soggetti appartenenti al gruppo criminale (Sez. 2, n. 6272 del 19/01/2017, Corigliano, Rv. 269295), come appunto avvenuto, sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, in relazione all'estorsione contestata al capo 14 septies). Peraltro, l'aggravante delle piu' persone riunite ha natura oggettiva concernendo le modalita' dell'azione e, pertanto, si comunica ai correi non presenti nel luogo di consumazione del reato se gli stessi erano a conoscenza del fatto che il reato sarebbe stato consumato da piu' persone riunite o se per colpa ignoravano tale circostanza (Sez. 2, n. 36926 del 04/07/2018, Sabatino, Rv. 273521). E', quindi, priva di rilievo la circostanza che (OMISSIS) non abbia eventualmente parlato con il (OMISSIS). 20. Infondati sono l'ottavo motivo ed il ventiseiesimo motivo - nella parte in cui si duole del diniego dell'attenuante di cui all'articolo 114 cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche e della misura della pena, anche a titolo di aumento per la continuazione - di (OMISSIS). Quanto all'attenuante di cui all'articolo 114 cod. pen., questa Corte di cassazione ha affermato, in tema di concorso di persone nel reato, che ai fini dell'integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui alla citata disposizione, non e' sufficiente una minore efficacia causale dell'attivita' prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto e' necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell'assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale cosi' lieve rispetto all'evento da risultare trascurabile nell'economia generale dell'iter criminoso (Sez. 6 -, Sentenza n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857). Nel caso di specie siffatto ruolo marginale appare in contrasto sia con la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, avendo (OMISSIS) partecipato alla riunione finalizzata alla spartizione dell'utile derivato dai cosiddetti "lavori del muro" e comunque alle attivita' estorsive, sia con il ruolo di comando che egli rivestiva nell'associazione criminale e che valeva ad attribuire alla sua partecipazione al delitto una forte carica minatoria. Con riguardo alle attenuanti generiche, deve osservarsi che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). In particolare, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non e' necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899). Nel caso di specie la Corte territoriale ha adeguatamente motivato facendo riferimento ai precedenti penali dell'imputato ed al suo ruolo all'interno del sodalizio mafioso. Quanto al trattamento sanzionatorio ed all'aumento di pena per la continuazione, anch'esso e' stato adeguatamente motivato facendo riferimento alla gravita' dei fatti ed alla personalita' dell'imputato. 21. L'ottavo, il nono ed il decimo motivo del ricorso di (OMISSIS)sono inammissibili. Non e' censurabile, in sede di legittimita', la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096). Nel caso di specie, quanto alla recidiva applicata al ricorrente, dal complesso della motivazione della sentenza di secondo grado si comprendono le ragioni che hanno indotto la Corte di appello ad applicare a (OMISSIS)l'aumento per la recidiva contestata e a negargli le circostanze attenuanti generiche, avendo i giudici di secondo grado evidenziato sia che egli e' gia' stato condannato per il reato di partecipazione alla âEuroËœndrangheta, sia che il nuovo reato costituisce espressione di una maggiore pericolosita' del ricorrente, in considerazione del ruolo apicale in seno al sodalizio criminale che gli viene attribuito in esito al presente processo (vedi pag. 521 della motivazione della sentenza di appello). Le stesse considerazioni sono state utilizzate dalla Corte territoriale per il diniego delle circostanze attenuanti generiche cosicche', in applicazione del principio sopra gia' espresso (vedi § 20), deve concludersi che i giudici di appello, anche in relazione a questo punto della decisione, hanno fornito adeguata motivazione. Quanto all'entita' del trattamento sanzionatorio, la pena base ed i conseguenti aumenti per le aggravanti appaiono di entita' ridotta, cosi' come l'aumento per la continuazione con il reato associativo, tenuto conto della sua gravita', cosicche' puo' trovare applicazione il principio per il quale solo l'irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall'articolo 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, (OMISSIS), Rv. 276932), mentre per una pena base contenuta entro tale limite e' sufficiente un generico rinvio all'adeguatezza della pena (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283) e quindi agli elementi di cui all'articolo 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa Giorgio, Rv. 276288) e nel caso di specie la Corte territoriale ha fatto riferimento sia alla gravita' dei reati che alla personalita' dell'imputato. 22. Il ricorso di (OMISSIS), classe (OMISSIS), e' complessivamente inammissibile. Il ricorrente eccepisce questioni tutte collegate alla sua condanna per il delitto di partecipazione mafiosa di cui al capo 1, con una formulazione che e' diffusamente generica, priva di dati specifici di confronto con la motivazione della sentenza impugnata, riguardo al suo ruolo nel sodalizio di âEuroËœndrangheta oggetto della contestazione, apodittica nel sostenere la propria tesi difensiva ed i presunti vizi di travisamento della prova, non rilevati, invece, dal Collegio. Come noto, nel caso ci si trovi dinanzi ad una cosiddetta "doppia conforme", il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, puo' essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e' stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (cfr. ex multis, la recente Sez. 3, n. 45537 del 28/9/2022, M., Rv. 283777). Inoltre, come si e' gia' chiarito, il vizio di "contraddittorieta' processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimita' alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370). Invece, nel caso all'esame del Collegio, si sovrappongono ragioni gia' dedotte con i motivi d'appello, senza tener conto delle argomentazioni complessive che hanno portato la Corte territoriale a confermare la sentenza di primo grado e l'affermazione di responsabilita' del ricorrente. Costituisce orientamento consolidato e condiviso dal Collegio, invero, ritenere che la sentenza di merito non e' tenuta a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 26660 del 13/5/2011, (OMISSIS) e altro, Rv. 250900; Sez. 6, n. (OMISSIS)2 del 4/5/2011, Schowick, Rv. 250105). La conseguenza e' che, in sede di legittimita', non e' censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione del provvedimento complessivamente considerato (Sez. 1, n. 27825 del 22/5/2013, Caniello, Rv. 256340). 22.1. Il ricorrente non tiene conto, nel lamentare, all'interno del primo motivo di ricorso, alcune omesse risposte ai motivi di censura contenuti nell'atto di appello, degli' approdi consolidati della giurisprudenza di legittimita' sopra sintetizzati, formulando eccezioni, peraltro, diffusamente generiche, limitate a riproporre la propria versione difensiva degli elementi di prova a suo carico. In particolare, quanto ancora al primo motivo di ricorso, e' del tutto apodittica la censura riferita ad una sorta di incompatibilita' tra il ruolo concretamente ricostruito dai giudici di merito per configurare la partecipazione all'associazione mafiosa contestata al capo 1 - vale a dire la collaborazione nel settore del controllo criminale di tutte le attivita' edilizie, private e pubbliche in appalto, nel territorio del comune di (OMISSIS) Zejfirio (locale di (OMISSIS)), con imposizione di forniture dei materiali e del pagamento di danaro per i lavori, mediante l'esecuzione di ruolo anche di vera e propria manovalanza edile - ed il ruolo di "santista" a lui assegnato. Si tratta di un'affermazione priva di sostegno sia nella prassi criminale storicamente nota - che, a dispetto di quanto afferma il ricorrente, non prevede aprioristiche preclusioni tra ruoli di primo piano nei sodalizi mafiosi e l'esecuzione, magari occasionale o per necessita', di mansioni "umili" - sia nel tessuto di prova del presente processo, in cui si da' atto di una realta' sfumata tra imprenditoria e organizzazione criminale sul territorio, con interessi economici anche di piccolo e medio cabotaggio. Anche le censure riferite all'imprecisione delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia utilizzati nella ricostruzione del piano accusatorio nei suoi riguardi scontano diffuse aspecificita'. In un caso, relativamente alla circostanza imprecisa che il ricorrente avrebbe fratelli, non si indica neppure il nominativo del dichiarante che avrebbe riferito tale dato (cfr. pag. 6 del ricorso), ne' tantomeno se ne indica la decisivita' e neppure la rilevanza a scalfire il quadro accusatorio. Nel caso delle dichiarazioni del principale collaboratore di giustizia (OMISSIS), invece, poiche' il ricorso si limita a riproporre apoditticamente l'assenza di riscontri alle stesse, dimenticando che la sentenza impugnata ha evidenziato come gia' il GUP, nella decisione di primo grado, aveva rappresentato la precisione e specificita' del narrato del suddetto dichiarante, riguardo all'intraneita' alla locale di (OMISSIS) dei cd. (OMISSIS) (i cugini (OMISSIS), cl. (OMISSIS) e (OMISSIS), cl. (OMISSIS); nonche' (OMISSIS) e (OMISSIS)), tutti soggetti individuati con puntuale, personale indicazione come facenti parte di quel sottogruppo interno alla cosca, facente capo a (OMISSIS) (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata); le dichiarazioni del collaboratore sono state riscontrate dalle intercettazioni acquisite al processo, relative alla vicenda inerente al "blocco dei lavori" di manutenzione delle strade provinciali, emersa dalle conversazioni ambientali registrate all'interno dell'autovettura in uso a (OMISSIS) . Quanto alla sussistenza della gravita' degli elementi di prova nel senso della sussistenza del sodalizio mafioso contestato al capo 1, e delle sue propaggini microterritoriali, che costituisce l'ossatura del secondo motivo di ricorso, il Collegio richiama l'ampia sintesi della Corte d'Appello, contenuta alle pagine 243 e ss., in particolare, della sentenza impugnata, nelle quali si da' atto dell'operativita' esterna della cosca, dell'ampiezza degli obiettivi criminali, della pluralita' dei settori illeciti di intervento del sodalizio e, per quel che piu' rileva in questa sede, nel settore degli appalti (senza dimenticare il traffico degli stupefacenti e le estorsioni, tradizionali fonti di approvvigionamento economico della criminalita' organizzata di tipo mafioso), del compimento di reati-fine, della disponibilita' di uomini e mezzi per il perseguimento degli scopi illeciti del sodalizio, dell'approvvigionamento di armi da impiegare in azioni delittuose, l'utilizzo di scorte armate, del ricorso sistematico alla violenza per l'affermazione della supremazia criminale sul territorio, dell'esecuzione di spedizioni armate, anche esplodendo colpi d'arma da fuoco in luoghi pubblici, dell'instaurazione di un clima di assoggettamento ed omerta' tipico. Si tratta dei caratteri propri della fattispecie di cui all'articolo 416-bis cod. pen., come delineati nella giurisprudenza consolidata di legittimita', facendo ricorso proprio a indicatori sintomatici quali quelli gia' descritti (cfr. Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555, in motivazione, per una ricostruzione della tipicita' del delitto di cui all'articolo 416-bis cod. pen., nonche' Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231670, in motivazione). Di fronte alla imponente elaborazione giurisprudenziale, della quale si sono richiamati solo alcuni dei principali arresti, che la sentenza impugnata ha calato nella realta' fattuale sottoposta al suo giudizio, il ricorrente si limita a sostenere apoditticamente che mancherebbero elementi "indicatori" della configurabilita' del gruppo criminale in relazione al quale e' instaurato il processo come associazione mafiosa (una leadership unitaria; una dimensione operativa chiara), dimenticando qualsiasi confronto con la lunga ed ampia disamina delle prove condotte dalla Corte d'Appello (cfr. pag. 233 e seguenti, in particolare, 242 e 243), in cui si e' messo in risalto, tra l'altro, il contenuto inequivoco delle intercettazioni, nelle quali si fa chiaro riferimento all'esistenza del gruppo mafioso, alle relative posizioni apicali, all'omerta' diffusa, dedotta dall'incapacita' delle vittime dei reti di denunciarne gli autori, anzi "protetti", e, in ultima analisi, si allude chiaramente al concetto stesso di associazione mafiosa. Specificamente per la posizione del ricorrente, alle pag. 253-255 della sentenza impugnata, si sono messe in collegamento le dichiarazioni, come detto precise e puntuali di (OMISSIS), con vari elementi di riscontro (intercettazioni ambientali e telefoniche, della cui validita' probatoria la Corte motiva ampiamente alle pagine 393 e ss., in particolare pag. 399; riprese video; controlli dei Carabinieri; documenti provenienti dal rapporto di ispezione della (OMISSIS) s.p.a. del mese di ottobre 2010, con la foto scattata dal personale della ditta e che ritraeva il ricorrente sul luogo dell'episodio del cd. "blocco dei lavori", vale a dire lo coinvolgeva inequivocabilmente nelle condotte intimidatorie poste in essere su ordine di (OMISSIS), al fine di impedire lo svolgimento delle opere da parte di ditte riferibili a (OMISSIS) , (OMISSIS), (OMISSIS), in quanto il lavoro nel tratto di strada posto nel comune di (OMISSIS) sarebbe "spettato" al gruppo facente capo proprio a (OMISSIS), referente di quel territorio). Si e' convincentemente, poi, spiegato in sentenza perche' siano certi i riferimenti al ricorrente identificato come colui il quale nelle intercettazioni viene indicato come inviato per eseguire il "fermo dei lavori"; tra i dati piu' importanti: l'identificazione di (OMISSIS), cl. (OMISSIS), a mezzo del controllo di polizia giudiziaria sul luogo dei lavori, intento a svolgerli (di qui l'asserita, apodittica incoerenza delle prove denunciata dal ricorso), successivamente proprio all'intervento intimidatorio, in data 04.10.2010, a dimostrazione del "passaggio di consegne" tra le ditte precedenti e quella degli uomini di (OMISSIS) (vedi anche, sul punto, pag. 495-497 della sentenza impugnata). 22.2. Anche il terzo motivo di ricorso e' inammissibile, in quanto manifestamente infondato. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, basato sulla sola constatazione dei precedenti penali dell'imputato, che la Corte evidenzia essere "gravissimi", e' evidente che tale valutazione sia stata ritenuta preponderante e negativamente assorbente eventuali, diversi aspetti a lui favorevoli, quali quelli indicati nel ricorso. La decisione e' legittima, sulla base della condivisa e stabile giurisprudenza di legittimita', secondo cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Pettinelli, Rv. 271269: nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato, cfr. ancora Sez. 2, n. 23093 del 15/7/2020, Marigliano, Rv. 279549). Si contesta, altresi', la sussistenza dell'aggravante della recidiva, riconosciuta in controtendenza rispetto al positivo accertamento sull'assenza di pericolosita' sociale che ha fondato, nel 2013, la revoca della liberta' vigilata nei suoi confronti, ma i motivi oggi esposti, peraltro in modo confuso e non centrato rispetto alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale e di legittimita' consolidata in tema, non erano stati accennati nell'atto di appello, che non contesta in modo specifico la ritenuta recidiva; tale genericita' del motivo d'appello preclude l'esame della ragione difensiva, su cui la Corte territoriale si e' sostanzialmente espressa implicitamente, valutando in piu' punti la pericolosita' criminale del ricorrente. 22.3. Infine, i motivi nuovi sono, in parte, reiterativi del primo e del secondo motivo di ricorso, quanto alla critica al contenuto delle intercettazioni, inammissibile poiche' rientrante nel giudizio di merito, se non afflitta, come nel caso di specie, da evidenti illogicita', ovvero quanto alla valenza dell'elemento indiziario nei confronti del ricorrente costituito dal servizio di identificazione del 04.10.2010, obiezione che, come si e' gia' detto, e' manifestamente infondata, oltre che rivalutativa. In parte, si tratta di argomenti inammissibili poiche' generici: cosi' e' l'obiezione relativa all'errata indicazione contenuta nella motivazione della sentenza d'appello, a pag. 496, relativa a vicende in relazione alle quali l'imputato non e' stato condannato e che neppure gli sono state mai attribuite in ipotesi, che non costituisce certo l'unico elemento logico-fattuale a suo carico, posto quanto si riferisce nelle plurime indicazioni motivazionali precedenti al passaggio contestato e valutato il principio consolidato secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilita' di atti processuali indicare, pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi' la incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato (cfr. Sez. U, n. 23868 del 23/4/2009, Fruci, Rv. 243416). 23. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 23.1. Il primo motivo di censura e' formulato secondo direttrici di censura sottratte al sindacato di legittimita' e manifestamente infondate. Il ricorrente tenta di demolire il quadro di prova a suo carico in relazione al reato di partecipazione ad associazione mafiosa (capo 1), proponendo una rivalutazione della piattaforma probatoria in senso a lui piu' favorevole, in chiave, peraltro, soltanto destrutturante e negativa, oltre che apodittica ed assertiva. Si contesta il tasso qualitativo delle prove raccolte nei suoi confronti, cosi' manifestamente svelando l'erronea prospettiva su cui si muove il ricorso che, pur segnalando un deficit di accertamento "oltre ogni ragionevole dubbio" della sua colpevolezza, propone, sostanzialmente, una lettura a senso unico dei dati raccolti nell'istruttoria processuale. Come si e' gia' accennato nell'esame del ricorso precedente, la compagine associativa degli " (OMISSIS)", sottogruppo del locale di âEuroËœndrangheta dominante nel territorio del comune di (OMISSIS), facente capo a (OMISSIS), emerge dalle intercettazioni soprattutto (sul delitto associativo vedi pag. 393 e ss.) quale sodalizio di sicuro spessore criminale nella gestione degli appalti, spartiti nella zona con i gruppi dei (OMISSIS) Bruciati e dei (OMISSIS) (OMISSIS), avente, in particolare, l'assegnazione esclusiva della zona di (OMISSIS)-(OMISSIS) e composta da (OMISSIS), (OMISSIS), i due cugini (OMISSIS), classe (OMISSIS) e classe (OMISSIS), sotto la guida e direzione del citato (OMISSIS), il cui spessore criminale pure e' stato oggetto di ampi cenni in sentenza (vedi, tra l'altro, pag. 490 e ss.). L'apporto causale del ricorrente e' stato adeguatamente illustrato dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 495 e ss.), soprattutto con riferimento a-la complessiva vicenda criminale, sfociata poi nella condanna solo per il reato di violenza privata ai danni dell'imprenditore (OMISSIS) (capi 74 - estorsione ritenuta, poi, insussistente dalla Corte d'Appello - e 76: nei confronti del ricorrente e' stata raggiunta prova certa soltanto della condotta di violenza privata aggravata di cui al capo 76), altamente significativa del controllo totalizzante esercitato sul territorio dal gruppo criminale (vedi sopra per (OMISSIS)), che, al di la' del valore economico dei beni al centro della rivalita' tra cosche (lamiere provenienti da lavori edilizi), fa assurgere la questione a vera e propria affermazione di potere sul territorio. La Corte d'Appello sottolinea, in chiave di gravita' del quadro probatorio a carico del ricorrente per il delitto associativo, proprio il tenore inequivoco e particolarmente pregnante delle parole utilizzate dal ricorrente nei confronti della vittima (OMISSIS), "colpevole" di aver cedutole lamiere di risulta dei lavori di ristrutturazione di un cantiere di una chiesa in territorio di Monticella di (OMISSIS), "senza prima ottenere il suo permesso" (cfr. pag. 496 della sentenza impugnata), nonche' la conclusione della querelle criminale, con il ricorrente che, insieme al fratello (OMISSIS), cl. (OMISSIS), ed a (OMISSIS), prelevano le lamiere direttamente dal cantiere, secondo quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche. In aggiunta, si richiamano le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), gia' messe in risalto dalla sentenza di primo grado, resa all'esito del rito abbreviato. Anche secondo la giurisprudenza di legittimita' in tema di partecipazione mafiosa, i cui approdi invoca il ricorrente, non e' rilevante la quantita' del contributo partecipativo che emerge dagli indicatori/prove del reato, bensi' la sua qualita' e significativita', sicche' anche sotto tale aspetto il ricorso e' manifestamente infondato. 23.2. Egualmente inammissibile, perche' formulato in fatto, con obiettivi di rivalutazione e riscrittura dei risultati probatori, e' il secondo argomento del ricorso che evoca il vizio di violazione di legge e quello di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso rispetto alla contestazione di violenza privata ascritta all'imputato al capo 76. Le intercettazioni telefoniche sulle utenze dei coimputati e del ricorrente, nonche' le dichiarazioni di (OMISSIS) hanno condotto i giudici d'appello, diversamente che per il capo 74 (a dimostrazione del rigore nella valutazione delle prove dimostrato dalla Corte territoriale), a ritenere provata la grave intimidazione portata avanti a piu' riprese da Antonino e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), nonche' da (OMISSIS), in particolare, ai danni dell'imprenditore, con la finalita', centrata, di farsi consegnare le lamiere di risulta del tetto di copertura della chiesa in ristrutturazione, una volta smontate. La tesi difensiva si fonda sull'irrisorio valore delle lamiere e la mancanza di interesse del clan, ma - come e' evidente - la difesa tenta di far passare una diversa lettura di un "messaggio" criminale che del tutto logicamente, invece, la Corte d'Appello ha interpretato come espressivo ai massimo di un'affermazione di potere mafioso, che non si cura della banalita' dell'oggetto delle proprie pretese, ma soltanto della posizione di dominio e signoria da mantenere sul territorio di riferimento. Di qui la chiara sussistenza della metodologia mafiosa, leggibile nella rimostranza inequivoca fatta dal ricorrente alla vittima di aver operato "senza la sua autorizzazione", a riprova della capacita' intimidatoria tipicamente mafiosa del metodo utilizzato per commettere la violenza privata (nonche' del risultato di agevolazione mafiosa, che si configura, ancorche' non contestato espressamente, secondo le indicazioni di Sez. 3, n. 45536 del 15/9/2022, Coluccio, Rv. 284199; Sez. 3, n. 9142 del 13/1/2016, Basile, Rv. 266464). Nel caso di specie, non puo' esservi dubbio, seguendo la ricostruzione della sentenza, circa la carica rivelatrice della metodologia mafiosa che scaturisce proprio dalla pervicacia con cui si porta avanti la condotta criminale, a dispetto della minima rilevanza economica della vicenda, sopravvalutata dai coimputati proprio sul piano simbolico, evocativa, cosi' come le concrete parole utilizzate da (OMISSIS), della supposta capacita' dimostrativa di un simile episodio a rafforzare la condizione di assoggettamento o di condizionamento mafioso di fasce del territorio. Anche il tentativo di sminuire la portata delle dichiarazioni di (OMISSIS) sull'intimidazione subita (accreditandosi, nel ricorso, la tesi di un litigio tra lui e il ricorrente) e', di fondo, reiterativo di argomenti gia' risolti dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 457) sulla credibilita' della vittima, mediante l'evidenziazione della perfetta sovrapponibilita' del loro tenore con i contenuti delle intercettazioni. 24. Il ricorso di (OMISSIS) e' complessivamente inammissibile. 24.1. Il primo motivo, dedicato ad eccepire vizio di violazione di legge e di motivazione in merito alla condanna del ricorrente per il reato di tentata estorsione in danno della ditta (OMISSIS) (capo 14, in relazione al quale e' stata esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen.), e' manifestamente infondato e formulato in fatto, secondo direttrici di censura, come gia' evidenziatosi, non consentite in sede di legittimita'. Si contesta inammissibilmente il contenuto delle intercettazioni utilizzate come prova (cfr. Sez. U, Sebbar, Rv. 263715, cit.), senza enunciare manifeste distopie della lettura dei giudici di merito, ma proponendo una chiave interpretativa semplicemente rivalutativa e piu' favorevole al ricorrente; si contesta, altresi', il loro "peso" in termini di prova, attaccando la qualita' mafiosa dell'interlocutore (OMISSIS) , di cui gia' in altri richiami precedenti si e', invece, chiarita la capacita' di comprendere e conoscere i fenomeni mafiosi locali dei quali riferisce, nonostante sia stato assolto dal delitto associativo, e le cui dichiarazioni sono state ampiamente riscontrate da numerosi altri elementi esterni (cfr. pag. 393 e ss. della sentenza impugnata, in particolare). Infine, non rileva il fatto che il ricorrente non sia interlocutore diretto delle conversazioni. Come noto, gli indizi raccolti nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato l'imputato, possono costituire fonte diretta di prova, senza necessita' di reperire riscontri esterni, a condizione che siano gravi, precisi e concordanti (ex multis, cfr. Sez. 6, n. 5224 del 2/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611; le intercettazioni vanno valutate verificando che: a) il contenuto della conversazione sia chiaro; b) non vi sia dubbio che gli interlocutori si riferiscano all'imputato; c) per il ruolo ricoperto dagli interlocutori nell'ambito dell'associazione di cui fanno parte, non vi sia motivo per ritenere che parlino non seriamente degli affari illeciti trattati; d) non vi sia alcuna ragione per ritenere che un interlocutore riferisca il falso all'altro). Nella fattispecie in esame, la sentenza d'appello si e' lungamente diffusa nel rappresentare, in piu' punti, sia la chiarezza e genuinita' dell'interpretazione dei contenuti delle conversazioni, sia la credibilita' degli interlocutori intercettati, rispetto al ruolo di costoro, ancorche' non ritenuti "intranei" responsabili del delitto associativo, ma solo soggetti "molto vicini" al contesto mafioso di cui riferiscono; sia, infine, la presenza di diffusi riscontri alle intercettazioni (l'inserimento di (OMISSIS) nel settore dell'edilizia; alcune testimonianze: tra tutte, quella individualizzante nei confronti del ricorrente, dell'operaio (OMISSIS), che lo ha visto al cantiere, intento a parlare con un dipendente della ditta di lavori al centro della vicenda estorsiva contestatagli; il clima di omerta', che supera anche le obiezioni difensive riferite alla valenza di altre testimonianze, ritenute favorevoli al ricorrente). Del resto, la Corte d'Appello ha escluso l'aggravante mafiosa, proprio operando una rigorosa disamina del quadro di prova a carico del ricorrente per il delitto a lui ascritto. 24.2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia l'eccessiva dosimetria sanzionatoria ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche, e' manifestamente infondato. La sentenza impugnata resiste alle obiezioni difensive, avendo sinteticamente motivato le ragioni in base alle quali ha ritenuto di non concedere le circostanze attenuanti ex articolo 62-bis cod. pen., valorizzando legittimamente, in chiave negativa, l'intensita' del dolo leggibile dalla condotta delittuosa ascrittagli. D'altro canto, relativamente alla censura riferita alla mancata riduzione della pena corrispondente all'abbattimento per il rito abbreviato, una volta esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 cod. pen., vi e' da rilevare l'estrema vaghezza dell'obiezione difensiva, che non si confronta con una scansione dosimetrica non puntualmente determinata nella sua quantificazione dal giudice di primo grado, con metodo sintetico riproposto dalla Corte d'Appello; la compatibilita' astratta, dunque, della pena inflitta, peraltro in misura comunque sensibilmente ridotta rispetto a quella stabilita dal GUP (da 4 anni e 8 mesi, a 4 anni di reclusione), giustificata dalla ritenuta gravita' del fatto, affermata espressamente anche attraverso il diniego delle circostanze attenuanti generiche. 25. Il ricorso di (OMISSIS) e' complessivamente infondato e deve essere rigettato. 25.1. Il primo ed il secondo motivo di censura sono inammissibili, rivalutativi delle prove, in particolare delle intercettazioni e dei loro contenuti, invece, interpretati in modo logico e plausibile dalla Corte d'Appello: si e' gia' detto in precedenza di come simili doglianze non siano ammesse in sede di legittimita', senza che si adducano specifici o precisi travisamenti della prova, sottolineando la valenza di prova piena ed autonoma delle intercettazioni, una volta validate nell'affidabilita' dei loro contenuti, secondo i canoni di verifica dettati da questa Corte regolatrice. Nella specie, il ruolo apicale del ricorrente all'interno della compagine mafiosa descritta al capo 1 e' stato ampiamente argomentato dalla sentenza impugnata (cfr. pagg. 488 e ss., tra le altre) e da quella di primo grado - doppia pronuncia conforme -, con puntuali riferimenti alle chiare conversazioni intercettate, nelle quali si fa riferimento a "compare (OMISSIS)" ovvero a (OMISSIS) "(OMISSIS)", soggetto individuato senza dubbio in (OMISSIS), descrivendolo come al centro di vicende criminali collegate a lavori acquisiti in appalto, ad esempio quelli per il sottopassaggio ferroviario di (OMISSIS), ovvero ai contatti con altre cosche di âEuroËœndrangheta (quale il gruppo (OMISSIS) di (OMISSIS)) sempre finalizzati alla spartizione degli appalti; ovvero ancora indicandolo tra i leader del sodalizio che partecipano ai tavoli delle trattative per appalti importanti, da spartirsi tra le âEuroËœndrine (i lavori del cimitero); la posizione di protagonista criminale del sodalizio occupata dal ricorrente e' richiamata dalla Corte d'Appello anche quando si concentra sulla posizione del sodale/imprenditore strettamente collegato ai (OMISSIS) (OMISSIS), vale a dire (OMISSIS) (cfr. pag. 479 e ss.), nonche' nei chiari riferimenti che fa direttamente quest'ultimo nelle intercettazioni che lo coinvolgono (di richiama quella del 19.11.2010, progr. n. 11136: cfr. pag. 489 della sentenza impugnata) a proposito della vicenda dell'appalto al cimitero ed alla sua presenza tra i leader per le trattative necessarie. Il ricorrente insiste anche sulla significativa assoluzione dal reato ascrittogli al capo 14-novies, da cui deriverebbe un'incisione determinante del tessuto probatorio a suo carico relativamente al delitto associativo, in relazione al quale e' stato condannato. Tuttavia, la censura, declinata in linea di principio, e' manifestamente infondata, poiche', ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, l'investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali agli interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica ma unitaria degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all'interno dello stesso che emergono anche da significativi "facta concludentia" (cfr., tra le piu' recenti massimate, Sez. 5, n. 32020 del 16/3/2018, Capraro, Rv. 273571, nonche' Sez. 5, n. 25838 del 23/7/2020, Prestia, Rv. 279597; nella stessa logica si muovono le Sezioni Unite, nella piu' recente sentenza Modaffari del 2021, cit., che sottolineano la necessita' di prova dello stabile inserimento e della messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi, da verificarsi secondo le specificita' degli elementi indiziari del caso concreto). 25.2. Il terzo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. La denunciata violazione degli articoli 521 e 522, 178, comma primo, lettera b e c, cod. proc. pen., non e' sussistente: l'aggravante prevista per gli organizzatori e capi dell'associazione mafiosa di cui al comma secondo dell'articolo 416-bis cod. pen. e' chiaramente contestata nell'ambito del capo 1, sebbene non richiamata nell'ultima parte: si legge, infatti, a pag. 9 della sentenza d'appello, la' dove si richiama l'imputazione per esteso ".. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) alias u brucia tu, unitamente a (OMISSIS), ricoprivano un ruolo apicale del sodalizio criminoso, concorrendo a formare il vertice decisionale, attraverso riunioni, incontri per spartirsi gli appalti nella zona di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) - in particolare decidendo l'assegnazione dei subappalti, delle forniture di mezzi e di materiali - il tutto al fine di assicurare una equa ripartizione tra famiglie di âEuroËœndrangheta dei proventi degli appalti". Tale indicazione, unita all'espresso richiamo iniziale della contestazione delittuosa al secondo comma dell'articolo 416-bis cod. pen., elimina qualsiasi problema relativamente all'eccepita mancanza di correlazione tra accusa e sentenza, a prescindere dalla assenza di successiva (ulteriore) contestazione, in calce all'imputazione, eliminando, altresi', i dubbi difensivi relativi all'eccessiva dosimetria sanzionatoria. 25.3. Anche il terzo motivo di censura e' inammissibile perche' manifestamente infondato. Il ricorrente contesta la sussistenza dell'aggravante di cui al quarto comma dell'articolo 416-bis cod. pen., tuttavia il confronto con le ragioni della sentenza impugnata e' parziale e, quindi, aspecifico: se da un lato, infatti, i giudici di secondo grado hanno collegato, quale esempio della diffusa disponibilita' di armi da parte dei sodali, il fatto che ne fosse in possesso anche un partecipe/imprenditore, vale a dire un soggetto in una posizione non di primo piano, quanto ai possibili delitti fine di intimidazione o di sangue, ai quali direttamente, normalmente, si riferisce l'aggravante; dall'altro, si sono indicati altri elementi "indicatori" della disponibilita' da parte delle cosche (OMISSIS) (specifici episodi intimidatori; le intercettazioni di (OMISSIS) , molto chiare sul punto e che prospettano anche vere e proprie "guerre di mafia": cfr. pagg. 476 e 477). Quanto alla attribuibilita' al ricorrente dell'aggravante, secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimita' gia' precedentemente richiamate in premessa, deve sottolinearsi come la difesa si limiti apoditticamente e genericamente ad ipotizzare la mancata prova della sua "ignoranza incolpevole", in alcun modo contestualizzandola, dimenticando anche il rapporto inscindibile tra ruolo apicale e consapevolezza delle dinamiche e dei mezzi operativi a disposizione del sodalizio mafioso diretto, "colorato" di significato dai dati di fatto emersi dal tessuto probatorio raccolto nell'ambito del giudizio abbreviato. 25.4. Il quinto motivo di ricorso e' infondato. L'erronea applicazione dell'aggravante speciale, denunciata con il ricorso, fa leva su un evidente refuso, privo di rilievo in quanto tale, presente nella sentenza di primo grado (a pag. 931), che ha indotto il difensore a sostenere la tesi dell'esclusione della recidiva da parte del GUP, laddove, invece, detta aggravante e' stata ritenuta sussistente, come chiaramente emerge dalla motivazione della citata sentenza, a pag. 932; nell'atto di appello, peraltro, non vi e' stata contestazione specifica sul punto (cfr. pag. 368 della sentenza di secondo grado), mentre la Corte territoriale ha accolto le ragioni difensive "di merito", soltanto con riguardo alla riqualificazione da "recidiva specifica reiterata" a "recidiva specifica", tenuto conto dell'unica condanna irrevocabile rilevata, ribadendo in motivazione l'estrema pericolosita' del ricorrente, figura apicale della criminalita' calabrese, gia' condannato per associazione mafiosa, con cio' rispondendo anche alle obiezioni sulla rappresentativita' del nuovo delitto associativo a costituire simbolo di piu' spiccata attitudine al delitto. La sentenza d'appello, pertanto, non difetta di motivazione e non ha operato una reformatio in peius. 25.5. Un ultimo motivo e' dedicato a contestare, con ragioni inammissibili, il diniego delle circostanze attenuanti generiche, legittimamente fondato, secondo la giurisprudenza della Cassazione gia' richiamata, su un elemento negativo preponderante, tra i parametri di cui all'articolo 133 cod. pen. da tenere in considerazione: vale a dire la pericolosita' soggettiva, desunta dal ruolo apicale nella criminalita' mafiosa di (OMISSIS) e dal precedente specifico di condanna per reato associativo di cui all'articolo 416-bis cod. pen. 26. Il ricorso di (OMISSIS), classe (OMISSIS), e' complessivamente infondato e deve essere rigettato. 26.1. Quanto all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per il delitto associativo contestatogli al capo 1 e per la violenza privata aggravata di cui al capo 76 dell'imputazione, le censure si rivelano prive di pregio, ai limiti dell'ammissibilita', poiche' constano di un nucleo di fondo volto a sostenere una diversa e piu' favorevole valutazione degli esiti della prova, allineati nel senso della colpevolezza dalla sentenza impugnata, doppia conforme - per quel che qui interessa - con la pronuncia di primo grado, alle conclusioni del GUP, anch'esse ampie e logiche. Secondo i giudici di merito (cfr. pagg. 490 e ss. nonche' 255 e ss. della sentenza d'appello), le prove a carico del ricorrente sono costituite dalle intercettazioni captate ed acquisite nel processo (della cui affidabilita' gia' si e' detto ampiamente); dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che lo ha indicato quale "scagnozzo di (OMISSIS)", dichiarazioni riscontrate dal suo coinvolgimento (con relativa condanna) nell'episodio della violenza privata ai danni dell'imprenditore (OMISSIS) (capo 76) e del "blocco dei lavori" stradali sulla statale "(OMISSIS) - (OMISSIS)" (per cui non vi e' contestazione specifica), in cui gli (OMISSIS), inviati da (OMISSIS), avevano impedito di portare avanti l'appalto alle ditte riferibili a (OMISSIS) ed a (OMISSIS) perche' il territorio era di spettanza del gruppo facente capo a (OMISSIS), appunto. Il "blocco" era stato ordinato da due uomini a bordo di una golf grigia, eguale a quella nella disponibilita' del ricorrente; la violenza privata (con intimidazione a consegnare le lamiere di risulta dei lavori edili in opera, oggetto della cessione "senza autorizzazione" della cosca, per questo impedita) era stata commessa proprio dal ricorrente, insieme a (OMISSIS) ed a (OMISSIS), principalmente, secondo la certa ricostruzione testimoniale (cfr. quanto si e' detto al par. 23.1 del considerato in diritto). La sentenza ha logicamente messo in fila i risultati probatori, sicche' resiste alle censure difensive sulla loro valenza e portata, ancor piu' se letta anche nel prisma di quella di primo grado (evidenziata a pag. 255 della sentenza d'appello, per quel che concerne il ruolo primario del ricorrente, che collaboro' all'intimidazione di (OMISSIS) insieme a (OMISSIS) ed al ritiro materiale delle lamiere). Quanto alla sussistenza della compagine mafiosa degli " (OMISSIS)", e' lo stesso ricorso a ricordare una fondamentale intercettazione ambientale - quella del 13.8.(OMISSIS) captata tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relativa all'inserimento del ricorrente e di altri ragazzi nel "locale" di (OMISSIS) significativa di per se' dell'esistenza del sodalizio, peraltro confortata dai reati fine (sia quello per cui sono stati condannati, sia quello per cui non vi e' contestazione specifica), dalle ulteriori intercettazioni e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Rivalutative ed inammissibili, invece, sono le censure riferite all'attendibilita' ed al peso probatorio delle dichiarazioni di quest'ultimo, che, come si e' detto, sono state adeguatamente sottoposte al vaglio di credibilita' e risultano riscontrate. In proposito, si rammenta che, nella valutazione della chiamata in correita' o in reita', il giudice, ancora prima di accertare l'esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilita' soggettiva del dichiarante e l'attendibilita' oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l'articolo 192, comma terzo, cod. proc. pen., alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, Aquilina, Rv. 255145; Sez. 1, n. 22633 del 05/02/2014, Pagnozzi, Rv. 262348 - 01; Sez. 4, n. 34413 del 18/6/2019, Khess, Rv. 276676) e, dall'altro, la chiamata in correita' o in reita' non puo' di per se' sola costituire prova piena della responsabilita'. Da cio' deriva la necessita' di riscontri, che possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente, potendo quindi risolversi in altre chiamate in correita' purche' totalmente autonome, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto reato ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato (Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800-01; vedi anche Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, P., Rv. 274151-01, secondo cui, ai fini dell'affermazione di responsabilita' dell'imputato, il riscontro alla chiamata in correita' puo' dirsi individualizzante quando non consiste semplicemente nell'oggettiva conferma del fatto riferito dal chiamante, ma offre elementi che collegano il fatto stesso alla persona del chiamato, fornendo un preciso contributo dimostrativo dell'attribuzione a quest'ultimo del reato contestato). Non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non (OMISSIS)ebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (Sez. 2, n. 35923 del 11/7/2019, Campo, Rv. 276744). La valutazione di credibilita' ed attendibilita' del dichiarante (OMISSIS) soddisfa i criteri interpretativi dettati oramai stabilmente dalla giurisprudenza di legittimita' ed e' stata adeguatamente motivata nei due giudizi di merito. 26.2. Il terzo motivo di ricorso, riferito alla sussistenza dell'aggravante mafiosa analogamente a quello simile proposto dal ricorrente (OMISSIS), e' inammissibile. Da un lato, infatti, si prospettano censure rivalutative e formulate "in fatto", pertanto, non consentite in sede di legittimita' (la' dove si deduce l'assenza di rapporti diretti con la vittima del reato); d'altro canto, si propongono censure generiche circa la mancanza di consapevolezza dell'utilizzo di metodologie mafiose da parte dei concorrenti nel reato ed alla prova dell'aggravante relativa. Quanto a quest'ultima, sufficientemente motivata dalla sentenza impugnata, si richiama quanto gia' esposto al par. 23.2. in relazione al coimputato (OMISSIS). 26.3. Il quarto motivo di ricorso ripropone la censura - comune ad altri ricorrenti - relativa alla sussistenza dell'aggravante dell'essere l'associazione mafiosa, di cui si e' ritenuto partecipe il ricorrente, "armata": non vi sarebbe prova che il sodalizio avesse effettivamente armi a sua disposizione, ne' che siano stati commessi delitti fine utilizzando armi. In proposito, valgano le affermazioni gia' svolte in precedenza, soprattutto in Premessa. 26.4. Un ultimo motivo di ricorso si lamenta della violazione degli articoli 133 e 81 cpv. cod. pen., in relazione alla dosimetria sanzionatoria: non sarebbero stati enunciati in sentenza i parametri normativi individualizzati ai quali si e' fatto riferimento per il calcolo della pena, ma in realta' la sensibile diminuzione della pena inflitta in secondo grado, rispetto a quella di primo grado (da otto anni di reclusione si e' passati a sei anni), e' in stretto collegamento con la concessione delle circostanze attenuanti generiche - invece negate dal GUP - e fonda la evidente ragione ispiratrice del giudizio di disvalore, diminuito in ragione del ruolo del ricorrente, di mero partecipe, dal carattere di non particolare pericolosita', ma pur sempre rilevante rispetto alle contestazioni in relazione alle quali e' stata pronunciata sentenza di condanna. La censura, pertanto, e' complessivamente infondata. 27. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. Il ricorrente, con un unico motivo, ha contestato la valenza probatoria delle intercettazioni datate 23.8.(OMISSIS) e 31.1.2010 per individuare il ruolo dinamico dell'imputato all'interno del sodalizio, trattandosi di due sole intercettazioni indirette, delle quali si eccepisce la valutazione contraddittoria della Corte d'Appello, rispetto all'ulteriore materiale probatorio; denuncia, altresi', la mancanza di valenza dimostrativa di tali intercettazioni circa il suo ruolo stabile nel sodalizio, addirittura come promotore, nonche' mette in dubbio la valenza di contenuti di intercettazioni solo eteroaccusatorie, provenienti da soggetti non portatori di informazioni qualificate, poiche' non apprese in prima persona; si denuncia, ancora, che (OMISSIS) sarebbe, di fondo, un millantatore e che (OMISSIS) , assolto dal reato associativo di cui al capo 1), e' fuori dal circuito associativo di cui alla contestazione di reato. Il motivo e', ancora una volta, cosi' come affermato per altri ricorsi, inammissibile poiche' volto a leggere in maniera diversa e piu' favorevole il contenuto di intercettazioni, in relazione alle quali due giudici di merito hanno apprezzato l'affidabilita' dei contenuti, siglandone la valenza di prova. Basti in questa sede il richiamo alle affermazioni di Sez. U Sebbar, Rv. 263714, cit., secondo cui le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192, comma terzo, cod. proc. pen.: nel caso di specie, si e' evidenziato come entrambe le sentenze di merito abbiano valorizzato le ragioni di affidabilita' della proposta, conforme lettura dei contenuti delle intercettazioni, non solo provenienti, si badi, da soggetti non ritenuti partecipi del reato associativo in contestazione, ma anche da intranei, ed hanno analizzato approfonditamente le ragioni in base alle quali, in particolare, (OMISSIS) , ancorche' assolto dal reato di cui all'articolo 416-bis cod. pen., e' stato giudicato soggetto in grado di conoscere approfonditamente le dinamiche dei sodalizi e delle individuali appartenenze o singole vicende delle quali trattava nel corso delle conversazioni registrate ed utilizzate nel processo. Il ricorrente si limita a contestare tali approdi del tessuto logico-probatorio della sentenza d'appello, senza individuare effettive carenze o aporie del ragionamento condotto dai giudici di secondo grado, bensi' aprioristicamente dando per scontato che chi non sia intraneo ad un'associazione mafiosa possa parlarne e riferirne credibilmente, eventi, dinamiche, ruoli dei partecipi. Tale prospettazione difensiva e', ovviamente, manifestamente infondata, non potendo trovare ingresso preclusioni valutative di tal fatta nel processo penale. Le censure, inoltre, sono anche generiche per una gran parte, costituite da lunghe pagine di riferimenti giurisprudenziali, ed aspecifiche poiche' non si confrontano con le argomentazioni spese dalla sentenza impugnata (cfr. le pagine 391-400, in particolare), per rispondere ad analoghe doglianze sull'inaffidabilita' dei contenuti intercettivi provenienti da (OMISSIS) e (OMISSIS), proposte, diffusamente da molti degli imputati, in senso analogo, con gli atti d'appello, nel tentativo di svilire i risultati della prova costituita dalle intercettazioni in atti (soprattutto quelle ambientali che vedono protagonisti i due interlocutori predetti). La sentenza, ad ogni modo, ha preso in esame dettagliatamente gli esiti di dette intercettazioni, con riguardo alla posizione di (OMISSIS) "(OMISSIS)" (vedi pagg. 488 e ss.). Il ricorrente viene fuori nel suo ruolo associativo apicale dalle intercettazioni ambientali registrate, per aver preso parte all'appalto relativo ai lavori di riqualificazione dell'arenile di (OMISSIS), con la descrizione, altresi', di un incontro tra il ricorrente e lo stesso (OMISSIS) - di cui questi, sodale del gruppo riferisce direttamente nella conversazione -, oltre ad altri leader delle âEuroËœndrine locali ( (OMISSIS), (OMISSIS) "u bruciatu", il nipote del ricorrente), espressamente indicati, funzionale a gestire gli appalti dei lavori sulle coste marine, nei quali erano interessate tutte le cosche; si tratta di un incontro strategico, in cui il ricorrente partecipa in rappresentanza del suo sodalizio, a dimostrazione del ruolo apicale svolto (cfr. pag. 249 della sentenza impugnata che richiama le osservazioni del GUP, successivamente condividendole nella parte dedicata all'esame della decisione di primo grado). Nella fondamentale conversazione n. 875 del 23.8.(OMISSIS), specificamente riportata in sentenza, (OMISSIS) indica proprio nel ricorrente colui il quale ha la guida del gruppo mafioso di riferimento dei "lari'"; l'indicazione del ruolo apicale trova eco, peraltro, nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Quanto all'evocata sentenza del Tribunale di (OMISSIS) n. 305 del 2020, dep. 2021, che giungerebbe a conclusioni diverse, il Collegio rileva che si tratta di pronuncia neppure passata in giudicato, secondo la prospettazione difensiva che nulla chiarisce al riguardo, sicche' la sua valenza e' del tutto limitata, circoscritta alla esistenza della decisione e alle vicende processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231677). 27. Il ricorso di (OMISSIS), infine, e' inammissibile perche' manifestamente infondato e formulato secondo direttrici di censura in fatto, estranee al sindacato di legittimita', come si e' gia' chiarito. 27.1. Il ricorrente e' stato condannato per i reati di cui ai capi 1 e 76, quest'ultimo riqualificato in violenza privata aggravata ai sensi dell'articolo 416-bis.1 cod. pen., dei quali si e' gia' diffusamente trattato, nell'esaminare i motivi di ricorso dei coimputati, direttamente collegati alla posizione processuale di (OMISSIS). Egli contesta l'affermazione di responsabilita' per il delitto associativo, ritenendo che non vi siano sufficienti elementi per sostenere il suo stabile inserimento, ma non si confronta se non apoditticamente, ed in chiave esclusivamente difensiva, con il tessuto probatorio: le conversazioni registrate nelle intercettazioni (delle quali si vuole inammissibilmente proporre un diverso risultato di significato, facendo leva sulla circostanza manifestamente infondata che non si riferiscano a lui con sicurezza); le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS); i riscontri fisici, poiche' il ricorrente e' uno dei due soggetti coinvolti nella vicenda cd. del "blocco lavori", trovato sul luogo dell'esecuzione dei lavori stradali dopo l'intervento intimidatorio nei confronti di coloro i quali (proprio (OMISSIS) e l'amico (OMISSIS)) avevano "osato" appropriarsi di un appalto sul territorio di spettanza del sub-sodalizio di âEuroËœndrangheta guidato da (OMISSIS) - il gruppo degli (OMISSIS) - di cui il ricorrente si e' accertato che faccia parte. Tutti detti elementi di prova o riscontro guidano verso la soluzione che coerentemente e' stata disegnata dai giudici di merito, vale a dire la responsabilita' del ricorrente per il delitto di partecipazione mafiosa contestato al capo 1. Egli ha partecipato attivamente (portando via le lamiere di risulta contese) al reato fine contestato al capo 76, e cioe' l'oramai nota vicenda della violenza privata aggravata dal metodo mafioso, rappresentativa della vera e propria guerra tra clan - come la definisce la vittima (OMISSIS) in un'intercettazione - per la spartizione del potere sulle micro-frazioni territoriali al centro del processo, simbolo eclatante della esasperata ricerca dello spazio criminale vitale per i "locali" presenti nella zona di (OMISSIS) e dintorni. (OMISSIS) e', altresi', colui il quale contatta (OMISSIS) per i lavori in atto sulla (OMISSIS) per (OMISSIS) (cfr. pag. 494 della sentenza impugnata e le conversazioni riportate); e' colui che viene individuato per essere a bordo della golf grigia, mandato a bloccare i lavori insieme a (OMISSIS), cl. (OMISSIS); e' anche colui che, successivamente al riappropriarsi dell'appalto da parte del gruppo di appartenenza, essendo andata a buon fine l'intimidazione, viene trovato sul posto di esecuzione dei lavori stradali insieme a (OMISSIS), cl. (OMISSIS). Sull'episodio, peraltro, vi sono coerenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). In altre parole, a fronte di una compatta presenza di gravi elementi di prova a suo carico, precisi e concordanti tra loro, il ricorrente oppone travisamenti riferiti al fatto e non alla motivazione, di per se', dunque, inammissibili; generiche, poi, sono le obiezioni riferite alla durata delle indagini intercettative a suo carico, da cui non puo' desumersi, come fa il ricorrente, la mancanza di stabilita' del vincolo associativo con il gruppo mafioso di riferimento. 27.2. Eguale sorte di inammissibilita' tocca al secondo motivo di ricorso, rivalutativo e in fatto rispetto alla condanna per il capo 76 dell'imputazione, dei cui elementi essenziali, per il coinvolgimento del ricorrente, gia' si e' fatto cenno e in relazione alla quale la sentenza impugnata ha, in piu' punti, dato ampia spiegazione: a dispetto di quanto afferma il ricorso, il tentativo difensivo e' proprio quello di rileggere le prove per sostenere che non vi siano i caratteri della tipicita' del reato di violenza privata, pacificamente desumibili se si tiene mente gia' solo alla frase pronunciata dal coimputato (OMISSIS), che chiari' a (OMISSIS) come non vi fosse possibilita' alcuna di disporre liberamente neppure di materiali di risulta nella zona di competenza degli (OMISSIS), i quali dovevano controllare tutto, anche situazioni di poco conto come quelle dello smaltimento di lamiere da ristrutturazione, pretendendone e ottenendone la consegna, provata in atti. Il tentativo di riscrivere la vicenda come una mera questione di principio non trova alcun fondamento negli elementi di prova raccolti. 27.3. Inammissibile e' anche la terza censura, dedicata a contrastare la configurata sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso al capo 76. Gli argomenti proposti ricalcano, nella sostanza, quelli gia' spesi dalle analoghe ragioni formulate in alcuni dei ricorsi precedenti, sicche' bastera' richiamare quanto affermato ai par. 23.2. e 26.2., in relazione ai ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS). 27.4. Infine, l'ultimo motivo dedicato a contestare la dosimetria sanzionatoria, ritenuta eccessiva, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e' generico e manifestamente infondato. La pena finale di 6 anni di reclusione, riconosciuta la continuazione tra i capi 1 e 76, in relazione ai quali e' stata affermata la sua responsabilita', e le attenuanti predette, ritenute equivalenti all'aggravante di cui all'articolo 416-bis, comma quarto cod. pen., appare commisurata al disvalore del fatto e motivata implicitamente nel collegamento con le ragioni per le quali si e' ritenuto di concedere il beneficio di cui all'articolo 62-bis cod. pen., illustrate alla pag. 520 della sentenza impugnata riferite al bilanciamento tra gravita' dei reati e posizione di semplice partecipe del ricorrente, non di particolare pericolosita'. Del resto, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e' sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 cod. pen. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravita' del reato o alla capacita' a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, Mastro, Rv. 271243): nella specie, la pena, considerata la continuazione criminosa, non supera di gran lunga la media edittale. 12.5. La memoria ex articolo 611 cod. proc. pen., con cui il ricorrente chiede che venga dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, in relazione alla sua posizione, per il capo 74 dell'imputazione, da cui e' stato assolto, ha trovato risposta nella declaratoria di inammissibilita' del ricorso del PG per quella parte, poiche' composto da ragioni in fatto e rivalutative. 13. Al rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)e (OMISSIS) cl. (OMISSIS) ed all'inammissibilita' dei ricorsi degli altri imputati consegue, ai sensi dell'articolo 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna di tutti gli imputati al pagamento delle spese processuali, nonche' la condanna di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS) al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in Euro 3000,00 per ciascun ricorrente. Inoltre, ai sensi dell'articolo 541 cod. proc. pen., i ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), risultati soccombenti, devono pure essere condannati al pagamento in favore della parte civile Comune di (OMISSIS), delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale, nei confronti di (OMISSIS), relativamente ai reati di cui ai capi 14 quater e 14 novies, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso del Procuratore Generale. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS) , (OMISSIS) e (OMISSIS) ci. 78, che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) cl. (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di (OMISSIS), che liquida in complessivi Euro 5.000, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SIANI Vincenzo - Presidente Dott. MANCUSO Luigi F.A. - Consigliere Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 01/12/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DANIELE CAPPUCCIO; lette le conclusioni rassegnate, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, dal Procuratore generale, che ha chiesto, con requisitoria del 28 ottobre 2022, dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi, mentre il ricorrente (OMISSIS), con atto del 17 novembre 2022, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza dell'1 dicembre 2021 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma di quella emessa il 9 aprile 2021 dal Tribunale di Nola, ha rideterminato in nove anni e sei mesi di reclusione la pena inflitta a (OMISSIS) per i reati di tentato omicidio aggravato dai futili motivi, detenzione e porto in luogo pubblico di una pistola e porto non autorizzato di una mazza, ed in quattro anni e due mesi di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, quella irrogata a (OMISSIS) - che ha assolto dall'addebito concernente la detenzione ed il porto in luogo pubblico della pistola - per i reati di tentato omicidio, attenuato ex articolo 114 c.p., e porto non autorizzato di una mazza. 2. La vicenda che ha dato origine al procedimento penale nell'ambito del quale sono state emesse le menzionate sentenze ha avuto luogo in (OMISSIS), all'esito di un banchetto familiare, svoltosi presso un ristorante di (OMISSIS), connotato da un alterco insorto tra alcuni partecipanti e, specificamente, tra (OMISSIS) e lo zio (OMISSIS), culminato nel ferimento ad una spalla del secondo, ad opera del primo, con un cacciavite. L'accaduto ha determinato il fermo risentimento di (OMISSIS) che, intorno alle ore 20:00 dello stesso giorno, si e' portato, a bordo di una Fiat 500 ed in compagnia del nipote (OMISSIS), figlio del fratello (OMISSIS), presso l'abitazione di (OMISSIS) e, ivi giunto, gli ha intimato di scendere in strada, intendendo egli conferire con lui. (OMISSIS), alla vista dello zio - il quale, battendo le mani sul portone, profferiva al suo indirizzo esplicite minacce di morte - lo ha chiuso alle sue spalle e si e' avviato verso la sua abitazione, cosi' determinando la reazione di (OMISSIS) il quale, estratta una pistola dalla cintola, ha esploso un colpo che ha infranto il vetro del portone, le cui schegge hanno investito (OMISSIS); cio', alla presenza di (OMISSIS), il quale, al contempo, brandiva una mazza da baseball. La Corte di appello ha ritenuto che la condotta di (OMISSIS) integri gli elementi costitutivi del delitto di tentato omicidio, in proposito rilevando: - che il colpo e' stato esploso all'altezza di circa 1,70 metri dal suolo ed ha impattato, in successione, sul portone di ingresso dello stabile, su una ringhiera, che ha fatto da scudo a (OMISSIS), impegnato, in quel frangente, a risalire le scale, e sull'intonaco; - che coerenti con l'intenzione omicida sono le eloquenti espressioni minatorie rivolte al nipote, subito prima dello sparo, da (OMISSIS), tanto determinato da prendere la mira al fine di accrescere le possibilita' di attingere il corpo in movimento; - che irrilevante si palesa, nella circostanza, l'omessa reiterazione dei colpi, conseguenza dell'allontanamento della vittima, tale da rendere inutili, nella prospettiva dell'agente, ulteriori esplosioni. I giudici di merito hanno, altresi', ritenuto la responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), latore di un apporto di sicura efficienza causale, che egli ha arrecato, sostengono, nella piena consapevolezza del proposito criminoso dello zio, che egli ha rafforzato non solo portandosi con lui a casa della vittima, ma anche scendendo dalla macchina con in pugno la mazza e, dopo lo sparo, assicurandogli la fuga, cio' che induce a ritenere che egli abbia previsto l'evento, come logico sviluppo dell'azione, e ne abbia accettato il relativo rischio. 3. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello confermato la qualificazione giuridica del fatto in termini di tentato omicidio, anziche' di tentate lesioni personali aggravate, senza considerare le risultanze dell'espletata consulenza balistica che, rettamente interpretate, attestano che il proiettile, qualora non fosse stato deviato dall'impatto con la ringhiera, avrebbe raggiunto parti non vitali del corpo della vittima; tanto, a conferma dell'intento meramente minatorio da lui perseguito, ulteriormente dimostrato dal suo immediato allontanamento, indice di desistenza volontaria. A quest'ultimo proposito, il ricorrente segnala che, pur avendo la possibilita' di esplodere altri colpi in direzione di (OMISSIS) - il quale, in quel momento, rappresentava per lui un facile bersaglio, che avrebbe potuto offendere in modo definitivo, cosi' portando a termine la missione punitiva - egli si e' allontanato in forza di una deliberazione autonoma e libera, onde pertinente e' l'invocazione dell'istituto disciplinato dall'articolo 56 c.p., comma 3, che la Corte di appello ha indebitamente rifiutato di applicare. Con il secondo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte di appello ha giustificato attraverso un percorso argomentativo che non tiene conto, oltre che dello stato emotivo che lo spinto ad agire, dell'avere egli esploso un unico colpo ed esalta, per contro, il suo atteggiamento processuale, frutto di legittime ed insindacabili scelte difensive. 4. (OMISSIS) propone a sua volta, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su due motivi, con il primo dei quali deduce vizio di motivazione per averlo la Corte di appello ritenuto cosciente di quanto lo zio si accingeva a compiere sulla base di una mera illazione, non suffragata da sicure conferme sul piano fattuale, precipuamente in ordine all'avere (OMISSIS) esternato, alla sua presenza, di avere in animo di replicare al proditorio comportamento del nipote uccidendolo. Con il secondo motivo, eccepisce violazione di legge per avere i giudici di merito stimato che egli ha previsto l'evento lesivo e ne ha accettato il rischio a dispetto dell'assenza di prova in ordine alla consapevolezza del progetto criminoso ideato dal congiunto e del possesso, in capo allo stesso, di una pistola. Con riferimento a tale aspetto, taccia di contraddittorieta' la decisione impugnata, che non ha mancato di riconoscere che egli non era a parte della disponibilita', in capo allo zio, di un'arma da fuoco e, per questa ragione, lo ha assolto dall'addebito afferente al porto ed alla detenzione della pistola. Rileva, dunque, che, nelle condizioni date, lo sviluppo cruento dell'azione ritorsiva, da lui non previsto, non era neanche obiettivamente prevedibile. 3. Disposta la trattazione scritta ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8, il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria del 28 ottobre 2022, dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi, mentre il ricorrente (OMISSIS), con atto del 17 novembre 2022, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso di (OMISSIS) e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto. 2. La giurisprudenza di legittimita' ha da tempo chiarito che "In tema di omicidio tentato, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell'imputato, ai fini dell'accertamento della sussistenza dell'"animus necandi" assume valore determinante l'idoneita' dell'azione, che va apprezzata in concreto, con una prognosi formulata "ex post" ma con riferimento alla situazione che si presentava "ex ante" all'imputato, al momento del compimento degli atti, in base alle condizioni umanamente prevedibili del caso" (Sez. 1, n. 11928 del 29/11/2018, dep. 2019, Comelli, Rv. 275012 - 01; Sez. 1, n. 35006 del 18/04/2013, Polisi, Rv. 257208 - 01) e che a tal fine puo' trarsi argomento, tra l'altro, "dalle peculiarita' intrinseche dell'azione criminosa, aventi valore sintomatico in base alle comuni regole di esperienza, quali, a titolo esemplificativo, il comportamento antecedente e susseguente al reato, la natura del mezzo usato, le parti del corpo della vittima attinte, la reiterazione dei colpi" (Sez. 1, n. 30466 del 07/07/2011, Miletta, Rv. 251014 - 01). Nel caso di specie, la Corte di appello ha orientato la decisione ai principi teste' enunciati, valorizzando: le parole rivolte da (OMISSIS) a (OMISSIS) subito prima di sparargli; la disponibilita' di uno strumento offensivo micidiale (una pistola, della quale l'imputato non ha consentito il ritrovamento); l'esplosione di un colpo ad altezza d'uomo, che non ha colpito il bersaglio perche' provvidenzialmente deviato da una ringhiera; l'avere egli preso la mira, prima di sparare, in funzione dei rapidi movimenti del bersaglio che, comprese le intenzioni del congiunto, ha cercato immediato riparo in casa. Al cospetto di un apparato argomentativo privo di fratture razionali e solidamente agganciato al compendio istruttorio, il ricorrente pone l'accento sull'assenza di prova piena in ordine al fatto che il proiettile, qualora non avesse impattato con la ringhiera, avrebbe attinto la vittima in una zona del corpo sede di organi vitali. L'obiezione si palesa priva di pregio, perche' vertente su un elemento che, da un canto, non smentisce che (OMISSIS) sparo' ad altezza d'uomo, cosi' rendendosi autore di un comportamento - senz'altro idoneo a provocare l'evento letale - che rettamente i giudici di merito hanno stimato essere espressione di dolo alternativo omicida, e, dall'altro, deve essere vagliato in sinergica combinazione con quelli residui, la cui pregnanza rende la motivazione sottesa alla decisione impugnata non manifestamente illogica ne' contraddittoria. Ne', va opportunamente aggiunto, le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello trovano smentita, sul piano logico, dall'omessa reiterazione dei colpi che, ad onta di quanto obiettato dal ricorrente, trova origine nella pronta risposta all'azione aggressiva della vittima che, intuito a cosa sarebbe andata incontro in esito al confronto preteso dallo zio, ha chiuso il portone, si' da inibire l'accesso ai contraddittori, e si e' precipitata sulle scale. L'interruzione dell'azione criminosa, dunque, non ha costituito il portato di una libera ed autonoma scelta dell'agente il quale, in palese contrasto con le evidenze disponibili, sostiene che, qualora avesse voluto, egli avrebbe potuto facilmente portare a compimento l'azione omicida che, invece, gli era, a quel punto, inibita dalla fuga della persona offesa. Pertinente si rivela, a questo riguardo, il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico che ritiene che l'unicita' del colpo non esclude la sussistenza della volonta' omicida, qualora sia accertato che, per le modalita' operative e per l'arma impiegata, l'azione sia stata idonea a causare la morte della vittima e tale evento non si sia verificato per cause indipendenti dalla volonta' dell'agente (Sez. 1, n. 45332 del 02/07/2019, Pesce, Rv. 277151 - 01; Sez. 1, n. 51056 del 27/11/2013, Tripodi, Rv. 257882 - 01; Sez. 1, n. 2509 del 28/04/1989, Filippi, Rv. 183427 - 01). Manifestamente infondata e' l'ulteriore obiezione mossa, sul punto, dal ricorrente, il quale invoca l'applicazione della disciplina della desistenza volontaria a fronte di una condotta incompatibile con l'istituto evocato perche' integrante - nell'ambito di un reato di danno a forma libera quale l'omicidio -gli estremi di un tentativo che deve ritenersi compiuto per essersi gia' determinata l'esposizione a pericolo del bene giuridico oggetto di tutela (in questo senso, cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 18322 del 30/01/2017, De Rossi, Rv. 269797 - 01; Sez. 2, n. 24551 del 08/05/2015, Supino, Rv. 264226 - 01; Sez. 1, n. 43036 del 23/10/2012, Ortu, Rv. 253616 - 01), ovvero per essere stati compiuti gli atti da cui origina il meccanismo causale capace di produrre l'evento, rispetto ai quali puo', al piu', operare la diminuente per il cosiddetto recesso attivo, qualora il soggetto tenga una condotta attiva che valga a scongiurare l'evento (Sez. 1, n. 11746 del 28/02/2012, Price, Rv. 252259 - 01). 3. Il residuo motivo del ricorso di (OMISSIS) verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato in ragione della modesta attitudine offensiva della condotta da lui realizzata, peraltro in condizioni di comprensibile alterazione emotiva, e ben presto volontariamente interrotta. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alle pagg. 6-7 della motivazione della sentenza impugnata, le modalita' della condotta che, per la loro assoluta gravita', precludono l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, riferendosi specificamente: alla sicura attitudine dell'azione offensiva, venuta meno in conseguenza dell'iniziativa della vittima e non gia' della spontanea rinunzia dell'imputato a proseguire nell'aggressione; alla futilita' dei motivi che hanno spinto (OMISSIS) ad attentare alla vita del nipote; al contegno serbato nell'immediatezza dall'imputato il quale, sottrattosi alle ricerche delle forze dell'ordine, ha tentato di sottrarsi allo STUB e si e' disfatto dell'arma del delitto. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 4. Dal rigetto del ricorso di (OMISSIS) discende la condanna di tale ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. 5. Il ricorso di (OMISSIS) e', invece, fondato. Risulta, invero, dalla sentenza impugnata e da quella di primo grado che (OMISSIS), rientrato dalla festa nella quale si era verificata la lite con il nipote, si reco' a casa del suocero e, quindi, dal fratello (OMISSIS), che mise a parte del suo desiderio di rivalsa, e si porto', infine, in compagnia di (OMISSIS), presso l'abitazione di (OMISSIS). I giudici di merito hanno, inoltre, concordemente affermato che (OMISSIS) garanti' allo zio un utile ed efficace supporto accompagnandolo a casa della vittima, scendendo dalla macchina con in mano la mazza da baseball, contegno sintomatico del suo coinvolgimento nella programmata spedizione punitiva, e, da ultimo, agevolando il suo rapido allontanamento dal teatro del delitto. Acclarato, dunque, che il piu' giovane degli imputati si pose volontariamente a fianco del congiunto, che coadiuvo' nelle attivita' finalizzate a lavare l'onta arrecatagli da (OMISSIS), il profilo critico introdotto con l'appello e riproposto con il ricorso per cassazione concerne la sussistenza, in capo a (OMISSIS), del dolo di concorso in relazione all'addebito di tentato omicidio. Il Tribunale di Nola ha, in proposito, valorizzato, da un canto, l'accrescimento del potere intimidatorio dell'attentato derivante dalla concorrente presenza dell'imputato - il quale, peraltro, ha tentato di celare le sue sembianze mascherandosi con il cappuccio della felpa - e, dall'altro, la consapevolezza, da parte sua, del fatto che lo zio aveva portato seco una pistola, riposta in un luogo, la cintola dei pantaloni, che la rendeva visibile a chi avesse viaggiato, in auto, a fianco del detentore, rafforzata dalle minacce di morte che, in quel contesto, rendevano perfettamente chiaro quale fosse l'obiettivo perseguito da (OMISSIS). La Corte di appello, in parziale dissenso dal primo giudice, ha, invece, escluso che possa dirsi accertato, con la prescritta certezza, che (OMISSIS) sapesse che lo zio era munito di una pistola, circostanza che, in ipotesi, egli potrebbe avere scoperto solo nel momento dell'estrazione dell'arma (cosi' assolvendolo dall'addebito relativo alla ostentazione e al porto d'arma). Venuto meno il principale elemento addotto a supporto dell'adesione di (OMISSIS), dal punto di vista psicologico, all'iniziativa omicidiaria dello zio, la decisione impugnata finisce con l'imperniarsi, su questo, decisivo aspetto, sulla coscienza del vivo risentimento del primo ed esclusivo portatore della causale (cui, al contrario, il piu' giovane degli imputati era estraneo) e dell'intendimento, da costui coltivato, di ottenere soddisfazione dall'irrispettoso nipote, se necessario ricorrendo ad azioni minatorie - donde la diretta partecipazione di (OMISSIS), semitravisato e munito di bastone - e, se del caso, ad una punizione corporale. La decisione impugnata si palesa, a questo riguardo, gravemente carente dal punto di vista logico perche', in assenza di informazione alcuna in ordine al tenore del colloquio tra (OMISSIS) ed il fratello (OMISSIS) ed alla partecipazione ad esso di (OMISSIS), omette di indicare gli elementi di fatto che inducono a ritenere che quest'ultimo sia stato a parte del proposito omicida dello zio ed abbia, cio' nonostante, accettato di cooperare con lui nell'azione illecita, accettando il rischio che il chiarimento degenerasse in un evento tragico. I comportamenti tenuti, nell'arco della vicenda criminosa, dal ricorrente, lasciano, d'altro canto, aperto l'ulteriore e distinto tema della prevedibilita' -anziche' della previsione - dello sviluppo in chiave omicidiaria di una iniziativa illecita, cui l'imputato si sarebbe accostato con atteggiamento pienamente doloso, di minore portata, che dovrebbe essere affrontato qualora si ritenesse la carenza di prova piena in ordine al concorso ex articolo 110 c.p. nel delitto di tentato omicidio. 6. Logica soluzione, alla luce delle superiori considerazioni, e' l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di (OMISSIS) ed al capo A) della rubrica, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per un nuovo giudizio su tale capo esente dai vizi riscontrati ma, nondimeno, libero nell'esito ed espressamente diretto alla verifica del requisito psicologico di compartecipazione dell'imputato al reato commesso dallo zio. P.Q.M. Rigetta il ricorso proposto da (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali. Annulla la sentenza impugnata da (OMISSIS), relativamente al reato di cui al capo A), con rinvio per nuovo giudizio su tale capo ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CASA Filippo - Presidente Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere Dott. POSCIA Giorgio - rel. Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere Dott. GALATI Vincenzo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 16/07/2021 della CORTE APPELLO di LECCE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa CENICCOLA ELISABETTA, che ha concluso chiedendo: - per (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), dichiararsi l'inammissibilita' dei ricorsi; - per (OMISSIS), la rideterminazione della pena e l'inammissibilita' nel resto del ricorso; - per (OMISSIS), l'annullamento con rinvio limitatamente al capo C e il rigetto nel resto; - per i restanti ricorrenti, il rigetto dei ricorsi. uditi i difensori: avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), del foro di Roma, sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi dei ricorsi e deposita ulteriore memoria di udienza, reiterando l'eccezione di legittimita' costituzionale gia' sollevata preliminarmente; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; - avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), anche in qualita' di sostituto processuale dell'avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale conclude insistendo nell'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con sentenza del 16 luglio 2021 la Corte di appello di Lecce, pronunziandosi, in parziale riforma di quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare della stessa citta' il 17 dicembre 2019, sulle impugnazioni proposte, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha: assolto (OMISSIS) ed (OMISSIS) da alcuni addebiti; rideterminato le pene inflitte a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); applicato a (OMISSIS) la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni; rigettato gli appelli proposti da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Le menzionate sentenze sono state rese, all'esito di giudizio svoltosi nella forma del rito abbreviato, nell'ambito di un procedimento penale scaturito dall'indagine convenzionalmente nota come "Le Vele", avente ad oggetto l'attivita' di due associazioni a delinquere, mafiosa, l'una, finalizzata al narcotraffico, l'altra, oggetto di contestazione, rispettivamente, ai capi A) e B) della rubrica, ed una miriade di episodi qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. 2. Premessa. La motivazione della sentenza impugnata si giova di una preliminare disamina di carattere generale, che verte su temi di interesse comune, relativi: all'apprezzamento delle fonti di prova, rappresentate, essenzialmente, dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, dagli esiti di diffusa attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale e dai riscontri acquisiti grazie ad attivita' di polizia giudiziaria; alla sussistenza ed alle caratteristiche dei sodalizi criminosi; alle loro reciproche interazioni; all'eventuale qualificazione dei fatti Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73 come di lieve entita'; all'applicabilita' delle circostanze attenuanti generiche ed al calcolo delle pene. Successivamente, la Corte di appello ha cura di esaminare le posizioni di ciascun imputato, alla luce delle risultanze del giudizio di primo grado e delle doglianze articolate con l'impugnazione. Tale tecnica redazionale consiglia di ancorare, anche in questa sede, la disamina dei motivi di ricorso - dei quali si dara' conto, in ossequio al disposto dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione - alle posizioni individuali, operando, laddove necessario, gli opportuni rimandi. Ragioni di ordine sistematico e di economia processuale suggeriscono, nondimeno, di anticipare alcune generali considerazioni sul piano del metodo, dirette ad illustrare i criteri cui questo Collegio intende attenersi nella valutazione dei ricorsi proposti avverso la decisione della Corte territoriale. 2.1. Al riguardo, va precisato, innanzitutto, che nell'esaminare i motivi di impugnazione si procedera', all'occorrenza, ad una lettura integrata delle sentenze di primo e di secondo grado. I provvedimenti resi nelle fasi di merito integrano, infatti, una tipica ipotesi di c.d. "doppia conforme" sicche', secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218), saldandosi quella di appello, nella sua struttura argomentativa, a quella di primo grado, sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri nella valutazione delle prove, i provvedimenti possono essere letti congiuntamente, in vista del controllo di legittimita', costituendo un unico corpo decisionale (nello stesso senso, cfr. anche Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 3, n. 10163 del 01/02/2002, Lombardozzi, Rv. 221116). D'altro canto, a fronte dell'addebito, che molti ricorrenti muovono alla Corte di appello, relativo all'omissione di espresse risposte a tutte le doglianze compendiate nei motivi di appello, e' utile ricordare come, secondo un consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico, "Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non e' tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicche' debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata" (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depretis, Rv. 281935 - 01; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254107 - 01). 2.2. Opportuno appare, inoltre, soffermarsi sui limiti del sindacato di legittimita' sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Sul punto, e' necessario premettere, anzitutto, che il giudice della legittimita' non e' abilitato ad effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo questa Corte limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni svolte dal giudice di merito per giustificare il suo convincimento. Sono, pertanto, inammissibili le deduzioni critiche che si pongono in diretto confronto col materiale probatorio acquisito, sollecitandone un diverso apprezzamento da parte della Corte di cassazione, secondo lo schema tipico di un gravame di merito, il quale esula, tuttavia, dalle funzioni dello scrutinio di legittimita' (Sez. 6 n. 13442 dell'8/03/2016, De Angelis, Rv. 266924; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Basile, Rv. 258153). Il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata non puo', infatti, concernere ne' la ricostruzione del fatto, ne' il relativo apprezzamento, ma deve limitarsi al riscontro dell'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita' di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali. Il controllo di legittimita' non e', in altri termini, diretto a sindacare l'intrinseca attendibilita' dei risultati dell'interpretazione delle prove, ne' a ripercorrere l'analisi ricostruttiva della vicenda processuale operata nei gradi anteriori, ma soltanto a verificare che gli elementi posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della consequenzialita', le conclusioni tratte (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). La mancata rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali puo' essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il cosi' detto "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessita' che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisivita' nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purche' siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessita' di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato, e senza che l'esame abbia ad oggetto, invece che uno o piu' specifici atti del giudizio, il fatto nella sua interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911). Nel solco del richiamato indirizzo ermeneutico si innesta quello per il quale "Il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e', d'altro canto, ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell'elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilita' della valutazione nel merito del risultato probatorio" (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758). Permane, al contrario, la non deducibilita', nel giudizio di legittimita', del travisamento del fatto, "stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito" (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). La mancanza, l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono, peraltro, conseguire a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' il giudice di merito abbia spiegato le origini del maturato convincimento in modo logico ed adeguato e senza incorrere in vizi giuridici. 2.3. Da ultimo, essendo il compendio probatorio incentrato, come detto, su esiti di attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale, e' utile richiamare il canonico orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, e' questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimita' se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate e non inficiata da travisamenti (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea; Rv. 268389; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 25816401). In sede di legittimita', infatti, e' possibile prospettare una interpretazione del significato di un'intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformita' risulti decisiva e incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190). Parimenti consolidato e' l'ulteriore orientamento della giurisprudenza di legittimita' stando al quale le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714; Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv. 268414). 3. Le posizioni individuali. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 18.000 Euro di multa per avere acquistato, sino al dicembre 2015, da (OMISSIS) e (OMISSIS) varie partite di cocaina, del peso di 50-100 grammi alla volta, che egli avrebbe poi distribuito a terzi, in concorso con (OMISSIS) e (OMISSIS) (fatto contestato al capo P della rubrica). La prova dei fatti in contestazione e' tratta, in primis, dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), il quale indica (OMISSIS) come uno dei soggetti che, da lui riforniti, si dedicavano allo spaccio di sostanza stupefacente in (OMISSIS), nella zona dell'(OMISSIS). 3.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con il primo dei quali deduce violazione della legge processuale e vizio di motivazione ascrivendo alla Corte di appello di avere affrontato il tema dell'attendibilita' di (OMISSIS), debitamente introdotto con i motivi di impugnazione, in modo stereotipato e sulla base di argomenti valevoli, indistintamente, per tutti i soggetti coinvolti. Cosi' facendo, obietta, i giudici di secondo grado - oltre ad omettere la dovuta considerazione dell'assenza di riscontri individualizzanti alle accuse di (OMISSIS) - avrebbero omesso di rispondere alla specifica doglianza difensiva concernente l'incidenza, sul complesso giudizio di affidabilita' del "pentito", della concomitanza tra l'avvio del suo percorso collaborativo, risalente al gennaio del 2016, e la gestione, da parte del chiamante in correita', di traffici criminosi che, proprio in relazione alla posizione di (OMISSIS) (il quale, tossicodipendente, si riforniva di stupefacente per soddisfare esigenze personali), si sarebbero protratti sino a quel periodo. Con il secondo motivo, il ricorrente eccepisce vizio di motivazione e violazione di legge per avere la Corte di appello trattato la doglianza vertente sulla lieve entita' delle condotte di narcotraffico in chiave collettiva e senza rivolgere autonoma considerazione alla sua posizione, cosi' come a quella dei coimputati. Per tale via, il giudice di merito si sarebbe addentrato lungo meandri argomentativi affetti da un irredimibile deficit razionale, legato alla diversita', per quantita' e qualita', delle sostanze stupefacenti indicate in ciascun capo di imputazione, ed avrebbe, per di piu', legato la valutazione al mero dato ponderale - persino in relazione a fatti la cui descrizione e' priva, sul punto, di utili riferimenti - trascurando, invece, gli altri indicatori all'uopo rilevanti, quali la modalita' della condotta e le circostanze dell'azione. Aggiunge, da un canto, che, nel caso di specie, non puo' escludersi, in assenza di accertamenti di natura tecnica, che la sostanza commerciata contenesse modeste percentuali di principio attivo, cio' che avrebbe dovuto indurre la Corte di appello, nell'ottica del favor rei (e tanto piu' in ragione della sua condizione di tossicomane, che lo ha portato a destinare al proprio consumo almeno parte della sostanza ricevuta da (OMISSIS)), a sancire la lieve entita' del fatto, e denuncia, dall'altro, l'illogicita' della menzione, da parte della Corte di appello e quale fattore esclusivo dell'invocata lieve entita', della "comprovata capacita' degli appellanti di diffondere in modo non occasionale la sostanza", che, per disposto normativo, non e' incompatibile con la qualificazione dei singoli fatti, persino se costantemente reiterati, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. Ne', rileva, ancora, il ricorrente, puo' assegnarsi, nell'ottica della qualificazione giuridica, valenza decisiva all'inserimento delle condotte di piccolo spaccio al minuto in una piu' ampia cornice di carattere associativo, cui egli e' risultato estraneo. Con il terzo ed ultimo motivo, (OMISSIS) lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso l'impugnazione, in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta di considerazioni generiche in quanto estese, cumulativamente, a tutti gli imputati e senza tener conto del suo, non particolarmente allarmante, profilo di personalita' (egli e', invero, incensurato) e della ridotta gravita' della condotta, aspetti che erano stati puntualmente e specificamente dedotti a sostegno della riforma della decisione di primo grado. 3.2. Le censure sono inammissibili perche' manifestamente infondate. La Corte di appello, alle pagg. 5-9 della sentenza impugnata, ha affrontato funditus, riprendendo quanto gia' affermato dal Giudice dell'udienza preliminare alle pagg. 27-29 della decisione di primo grado, il nodo dell'attendibilita' di (OMISSIS), che ha sciolto positivamente in considerazione: della genesi della collaborazione; della linearita' delle dichiarazioni; dell'assenza di ragioni tali da lasciare ipotizzare l'intenzionale ricorso alla calunnia; dell'acquisizione di convenienti riscontri di matrice esterna, nel caso di (OMISSIS) costituiti dalle conversazioni, dal tenore assolutamente eloquente, captate tra il 18 settembre ed il 16 dicembre 2015. Ha, al contempo, replicato all'obiezione mossa da (OMISSIS), che la ripropone con il primo motivo di ricorso per cassazione, vertente sulla stretta consequenzialita' temporale tra le attivita' illecite oggetto di contestazione, delle quali (OMISSIS) e' stato primario protagonista, che si spingono sino alla fine del 2015, e l'avvio, da parte del correo, del percorso di collaborazione con la giustizia, segnato dall'interrogatorio dell'11 gennaio 2016. I giudici di appello hanno spiegato, in proposito, che la successione degli eventi non e' caratterizzata dalla adombrata sovrapposizione di comportamenti, sintomo di opacita' nell'atteggiamento di (OMISSIS), il quale, piu' semplicemente, si e' determinato a riferire quanto a sua conoscenza alle autorita' in un frangente temporalmente posteriore, ancorche' contiguo, rispetto all'epoca dei delitti commessi sotto il suo impulso e con il suo concorso. Palesemente privo di pregio e', altresi', il secondo motivo, vertente sulla congruita' della motivazione sottesa al rigetto della doglianza concernente la qualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. La Corte di appello ha affrontato la questione, in termini complessivi, alle pag. 19-21 della sentenza impugnata, richiamando i pertinenti indirizzi della giurisprudenza di legittimita' e stimando l'insussistenza, nella fattispecie, degli elementi di fatto al cui cospetto la condotta illecita puo' dirsi di lieve entita'. I rilievi svolti dai giudici di merito trovano, del resto, rispondenza nelle emergenze istruttorie relative all'azione di (OMISSIS), che mettono in luce un commercio reiterato (le intercettazioni documentano, invero, almeno tre transazioni, cosi' confermando quanto esposto da (OMISSIS)), e quindi non estemporaneo ne' occasionale, di partite di cocaina, il cui peso e' indicato dal collaboratore nell'ordine di 50-100 grammi per volta e dalla cui consegna sono generate, a carico dell'acquirente, obbligazioni pecuniarie stimabili nell'ordine delle centinaia o, addirittura, delle migliaia di Euro, dalle conversazioni evincendosi, in particolare, che (OMISSIS), in un caso, ha corrisposto 800 Euro e, in un altro, e' stato sollecitato al versamento di 1.500 Euro. Incensurabile appare, dunque, la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso che i fatti commessi da (OMISSIS) fossero espressivi di ridotta offensivita'. L'ultimo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato perche' incensurato e, quindi, titolare di un profilo di personalita' non particolarmente allarmante. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 4. (OMISSIS). E' stato condannato, in secondo grado, alla pena di quattro anni di reclusione e 14.000 Euro di multa per avere partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), a numerose transazioni di cocaina, nella misura di 500-1000 grammi per volta (capo G) e, in una specifica occasione, di circa 1.500 grammi, nonche' per avere acquistato, da (OMISSIS) e per il tramite di (OMISSIS), alcune partite di hashish (capo G1). Ha rinunziato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di impugnazione diversi da quelli attinenti al trattamento sanzionatorio. 4.1. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ascrive alla Corte di appello, in chiave di violazione di legge e vizio di motivazione, di avere erroneamente ritenuto che la formulata, parziale rinunzia ai motivi di impugnazione si estendesse anche a quelli afferenti qualificazione giuridica dei fatti accertati - che, in realta', attengono al trattamento sanzionatorio e, pertanto, devono intendersi esclusi dalla rinunzia - e di avere, quindi, indebitamente omesso di vagliare le doglianze articolate con l'atto di appello in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi del comma 4, quanto alla natura della sostanza commerciata, e comma 5, in relazione alla lieve entita', del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Rileva, a questo proposito, che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti all'ipotesi di lieve entita' in ragione della mancanza di dati certi in ordine alla quantita' e alla natura della sostanza stupefacente ed in ossequio, pertanto, al canone in dubio pro reo; obietta, ulteriormente, che egli, lungi dal poter contare su un'ampia struttura che gli consentisse di creare una fitta rete di rapporti commerciali per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ricorreva, piuttosto, a mezzi domestici e grossolani, sintomatici dell'assenza di una vera e propria organizzazione, sicche' illogico si palesa, anche sotto questo aspetto, il richiamo, da parte della Corte di appello, a considerazioni dedicate, in modo indistinto e cumulativo, alla totalita' degli imputati. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello, a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ridotto la pena base e non anche quella stabilita a titolo di continuazione interna (cioe' per i residui episodi contestati al capo G) ed esterna (ovvero per i fatti contestati sub G1). 4.2. All'udienza del 17 novembre il ricorrente ha eccepito, tramite il difensore ed in via subordinata rispetto alla principale richiesta di rinvio della trattazione dei ricorsi, l'illegittimita' costituzionale del Decreto Legge 31 ottobre 2022, articolo 6, per contrasto con l'articolo 73, comma 3, articolo 77, articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui ha differito l'entrata in vigore della normativa che, tra l'altro, incide sul regime di procedibilita' di taluni reati. Il Collegio la ha dichiarata inammissibile, con provvedimento reso a verbale, con il quale ha, al contempo, disatteso la richiesta di differimento dell'udienza, mutuata da tutti i difensori presenti. Nel rassegnare le conclusioni, il difensore di (OMISSIS) ha reiterato, anche nell'interesse di (OMISSIS), l'eccezione di legittimita' costituzionale del citato articolo 6 deducendo, stavolta, l'irragionevolezza del differimento, con disposizione di urgenza, della disciplina che amplia l'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Trattasi, deve nondimeno rilevarsi, di questione inammissibile perche' introdotta sul postulato - meramente enunciato e non assistito dal benche' minimo sostegno argomentativo - dell'insussistenza di ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza, che il legislatore ha, invece, rinvenuto nell'esigenza di informare a canoni di razionalita' la programmazione e l'attuazione degli interventi di supporto al piu' ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione, avuto riguardo, in particolare, ad una misura transitoria, quale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 95, presumibilmente suscettibile di determinare la concentrazione di un elevato numero di istanze in un arco temporale circoscritto. 4.3. Il ricorso e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che "La rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilita' di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimita', questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale)" (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01). L'applicazione di tale condiviso principio conduce a smentire l'assunto formulato, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale riporta alla macroarea del trattamento sanzionatorio la tematica della qualificazione giuridica della condotta che, in realta', investe la responsabilita' dell'imputato e solo in via indiretta la determinazione della pena, sicche' deve logicamente inferirsi che (OMISSIS), all'atto di formalizzare la rinunzia ai motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, tenne fermi esclusivamente quelli che investivano l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e la concreta commisurazione della pena base e degli aumenti per la continuazione. Per quanto concerne il secondo motivo, occorre innanzitutto ricordare, in diritto, che "In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da piu' reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satellite salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata" (Sez. 3, Sentenza n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262021 - 01; Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522 - 01; Sez. 6, n. 45866 del 15/05/2012, Costanzo, Rv. 254129 - 01). Nel caso di specie, il giudice di appello si e' orientato, a dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, in ossequio al predetto canone ermeneutico giacche', dopo avere ridotto la pena base per il piu' grave degli episodi contestati a (OMISSIS) al capo G) (da sei anni di reclusione e 25.822 Euro di multa a quattro anni di reclusione e 18.000 Euro di multa), ha applicato, per la continuazione interna al capo G), l'aumento di un anno di reclusione e 2.000 Euro di multa, inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 4.178 Euro di multa), nonche', per la continuazione con il reato di cui al capo G1), l'aumento di un anno di reclusione e 1.000 Euro di multa, pure inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 3.000 Euro di multa). 5. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione e 4.000 Euro di multa per avere acquistato, unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), tre kg. di marijuana, ceduti da (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite di (OMISSIS) ed il prezzo di 10.000 Euro (episodio contestato al capo 12). La prova del fatto viene tratta, oltre che dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) - il quale ha riferito di avere ceduto 5 kg. di "erba", consegnata da un soggetto di nazionalita' albanese, a (OMISSIS) e (OMISSIS), che la hanno pagata in contanti al prezzo di 2.400 Euro al kg. - dalle conversazioni intercettate, nelle quali (OMISSIS) e' stato identificato grazie all'indicazione del nome di battesimo e del rapporto di parentela con lo zio (OMISSIS). 5.1. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti a conclusioni manifestamente illogiche in ordine: alla sua identificazione, operata sulla base di elementi privi di effettiva attitudine dimostrativa; alla qualita' della sostanza stupefacente trafficata ed alla sua quantita', profilo su cui, peraltro, si registra una notevole divergenza tra le informazioni offerte da (OMISSIS) e quelle tratte dalle intercettazioni; alle modalita' esecutive del reato, ovvero al tempo ed al luogo della cessione, al pagamento del prezzo, all'intervento di (OMISSIS), alla corresponsione in suo favore dell'aggio indicato nella misura di 250 Euro. Il ricorrente obietta, precipuamente, che, discorrendosi di "droga parlata", l'affermazione della penale responsabilita' avrebbe dovuto essere preceduta da un accertamento ben piu' solido in ordine agli elementi costitutivi del reato ipotizzato e del ruolo svolto di ciascuno dei soggetti coinvolti. Con il secondo motivo, denuncia carenza di motivazione e violazione di legge in ordine all'omessa qualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, che avrebbe dovuto discendere dall'assenza di precise cognizioni in merito a quantita' e potenzialita' stupefacente della sostanza che si assume essere stata oggetto di illecito commercio. Con il terzo motivo, si duole dell'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato perche' incensurato e coinvolto, per di piu' in misura del tutto marginale, in un unico episodio, che impegna, peraltro, un torno di tempo assai circoscritto. Con il quarto motivo, lamenta che, pur a fronte della contestazione di un unico fatto illecito, sia stata applicata la disciplina del reato continuato. 5.2. I primi tre motivi sono infondati. 5.2.1. La Corte di appello e' pervenuta all'identificazione di (OMISSIS) sulla scorta di quanto narrato da (OMISSIS) a (OMISSIS), coinvolto nel traffico illecito e zio dell'odierno ricorrente, in ordine alla destinazione allo "zio" di parte della somma che " (OMISSIS)", soggetto che si serviva dell'utenza (OMISSIS) e, secondo quanto emerso dalle indagini, concorrente nel reato, aveva tratto da una transazione illecita. Il ricorrente contesta la valenza indiziaria delle parole di (OMISSIS), delle quali i giudici di merito hanno, tuttavia, offerto una interpretazione che sfugge al sindacato di legittimita' nella parte in cui assume che (OMISSIS), nel rivolgersi a (OMISSIS), abbia inteso individuare in lui - che di (OMISSIS) e' effettivamente zio - lo "zio" cui " (OMISSIS)", a questo punto logicamente individuato nell'odierno ricorrente, ha inteso riversare (tramite lo stesso (OMISSIS) che, in quel frangente, stava consegnando a (OMISSIS), su incarico di " (OMISSIS)", il denaro) il profitto dell'azione criminosa. Tanto, peraltro, in coerenza con le dichiarazioni rese da (OMISSIS), evocate anche nel ricorso di (OMISSIS), espressamente indicato dal collaboratore di giustizia come destinatario di una partita di "erba" da lui trafficata, che concorrono ad attestare la correttezza dell'operata identificazione. Tetragone alle obiezioni difensive sono, del pari, le considerazioni che la Corte di appello dedica alle coordinate del reato, ricavate: dall'impiego di linguaggio criptico (si pensi, tra l'altro, all'incongruo riferimento ad una "macchina" "bella" o "blindata") sintomatico dell'oggetto illecito della transazione; dal riferimento, nelle conversazioni intercorse tra gli acquirenti, alla ferma volonta' di acquistare, disponendo della relativa provvista economica, tre kg. di sostanza stupefacente; dalla reiterata menzione, nelle conversazioni analiticamente riportate dal Giudice dell'udienza preliminare alle pagg. 89-93 della sentenza di primo grado, di valori quantitativi coerenti con l'individuazione in tre kg. di marijuana dell'oggetto della compravendita ed in 10.000 Euro del prezzo corrisposto; dalla ricostruzione, in termini non manifestamente illogici ne' contraddittori e, per le ragioni illustrate al paragrafo 2, qui insindacabili, delle modalita' di svolgimento della vicenda. Ancor piu' rilevante appare, nell'ottica considerata, la complessiva sovrapponibilita' tra l'esegesi dell'episodio compiuta dai giudici di merito e le dichiarazioni rese, al riguardo, da (OMISSIS) il quale, pur indicando quantita' e prezzo non corrispondenti (5 kg., per il prezzo di 2.400 Euro al kg, anziche' 3 kg., per un controvalore di 10.000 Euro), ha confermato, nell'interrogatorio dell'8 febbraio 2016, di avere rifornito (OMISSIS) di marijuana, cosi' offrendo una chiave di lettura della vicenda sicuramente utile a fugare le perplessita' espresse dal ricorrente. A fronte di un apparato argomentativo esente da tangibili falle razionali e coerente con le emergenze istruttorie, il ricorrente articola, infatti, censure che, per quanto radicali, non si emancipano da una prospettiva finalizzata alla rivalutazione di un compendio indiziario, ovvero a stimolare un'operazione che, per le ragioni gia' esposte, e' inibita al giudice di legittimita', abilitato alla cassazione delle decisioni di merito solo al cospetto di profili di manifesta illogicita' e contraddittorieta', nel caso di specie insussistenti. 5.2.2. Le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello in ordine a natura, quantita' e valore della sostanza stupefacente acquistata da (OMISSIS) valgono, in uno, ad attestare l'infondatezza del secondo motivo di ricorso, che non tiene conto di quanto statuito dalla Corte di appello alle pagg. 19-21 della sentenza impugnata, in termini complessivi ma che senz'altro si attagliano alla posizione dell'imputato de quo agitur, in ordine, tra l'altro, all'incidenza, sull'apprezzamento del coefficiente di offensivita' del fatto, del dato ponderale che, nel caso in esame, e' tanto rilevante - secondo quanto confermato, del resto, dal valore della sostanza stupefacente - da escludere, a prescindere dalla determinazione del grado di purezza, cioe' dalla percentuale di principio attivo in essa contenuto, la qualificazione del fatto come di lieve entita'. 5.2.3. Il terzo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato perche' incensurato e per la marginalita', nell'economia complessiva dell'indagine, del ruolo da lui svolto, peraltro in un torno di tempo assai ristretto. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv, 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 5.3. Il quarto ed ultimo motivo di ricorso e', invece, fondato. (OMISSIS) e' stato tratto a giudizio e condannato per avere posto essere una condotta che, stando alla descrizione operata al capo 12), si e' esaurita nell'acquisto e nella ricezione di una partita di marijuana destinata alla cessione a terzi. Appare, pertanto, del tutto evidente che il riferimento, in rubrica, all'articolo 81 c.p., comma 2, ed alla pluralita' di azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, non puo' che attenere - dal punto di vista logico, prima ancora che letterale, ed a prescindere dalla sua pertinenza - agli imputati, quale (OMISSIS), che, diversamente da (OMISSIS), rispondono sia della detenzione illecita che della cessione della sostanza stupefacente. Coglie, quindi, nel segno il ricorrente nel lamentare l'illegittimita' dell'operato aumento per la continuazione, cui va posto rimedio mediante l'annullamento senza rinvio, limitatamente a detto profilo, della sentenza impugnato, con eliminazione della menzionata quota di pena - fissata, gia' dal primo giudice ed al lordo della riduzione per la scelta del rito abbreviato, in sei mesi di reclusione e 836 Euro di multa - e rideterminazione della sanzione in un anno e quattro mesi di reclusione e 3.442,66 Euro di multa (pena base: due anni di reclusione e 5.164 Euro di multa, ridotta di un terzo ex articolo 442 c.p.p.). 6. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di sei anni ed otto mesi di reclusione per la partecipazione all'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Identificato nel soggetto indicato, nelle conversazioni intercettate, come il "cinese", la sentenza impugnata ne tratteggia i legami con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e valorizza la portata probatoria di dialoghi dal tenore allusivo, dei quali egli e' protagonista o nei quali egli viene menzionato. 6.1. Propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su due motivi, con il primo dei quali deduce violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo dell'inidoneita' degli elementi raccolti a suo carico ad attestarne, con il prescritto coefficiente di certezza, la militanza associativa. L'ipotesi accusatoria, che gli assegna compiti di distribuzione di sostanze stupefacenti per conto di (OMISSIS), sarebbe, nota il ricorrente, inconsistente, vista l'assenza di espliciti elementi di colpevolezza in ordine a qualsivoglia ipotesi concreta di cessione: egli non risponde, invero, di reati-fine, rientranti nel programma criminoso del sodalizio del quale avrebbe fatto parte, cio' che, tanto piu' in ragione dell'assenza di dichiarazione rese a suo carico dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), avrebbe imposto particolare rigore nell'accertamento degli elementi costitutivi del reato oggetto di addebito. I giudici di merito, continua il ricorrente, si sono limitati ad analizzare le conversazioni intercettate, senza dar conto dell'esito infruttuoso dei controlli effettuati dalle forze dell'ordine su luoghi e persone e, dunque, della carenza di validi riscontri all'ipotesi investigativa. Con il secondo motivo, lamenta, ancora, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, giustificato sulla base di considerazioni illogiche perche' collegate esclusivamente, al suo curriculum criminale e senza tenere nella dovuta considerazione, per contro, la specificita' del contributo da lui offerto alla causa associativa. 6.2. Il ricorso e' inammissibile perche' imperniato su contestazioni manifestamente infondate o non consentite. La Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua familiarita' con (OMISSIS), su incarico del quale egli non esita a curare il recupero di crediti derivanti da pregresse transazioni di stupefacente, dei quali (OMISSIS) deve, a sua volta, dar conto a (OMISSIS). (OMISSIS) e', al contempo, legato a (OMISSIS), il quale si rivolge nei suoi confronti con toni di perentorieta' tale da lasciare trasparire un chiaro rapporto di subordinazione gerarchica. Il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) all'esito della perquisizione subita dal primo il 29 ottobre 2015 attesta, poi, il comune coinvolgimento in attivita' tali da suscitare l'interesse degli investigatori. Il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito ad inferire la partecipazione associativa di (OMISSIS) si giova, dunque, della considerazione, per un verso, della figura di (OMISSIS), attivo componente del sodalizio e gestore, in posizione di responsabilita', di almeno una parte dei traffici del gruppo, per la cui conduzione si avvale, tra gli altri, di (OMISSIS) - il quale, si rammenta, e' stato condannato anche per un'ipotesi Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73 - che, a sua volta, opera in sostanziale simbiosi con (OMISSIS). La sinergica valutazione di tali elementi con la riscontrata esistenza di rapporti, pure di presumibile natura illecita, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - il quale, come confermato anche da (OMISSIS), e' pure a pieno titolo intraneo alla compagine criminosa - supporta, dunque, la convinzione, espressa dai giudici di merito, che l'imputato sia stato stabilmente inserito in essa, con piena coscienza dell'esistenza del gruppo e dei connessi profili organizzativi, ed animato da sicura affectio societatis. La Corte di appello e' pervenuta a conclusioni aliene da travisamenti di emergenze istruttorie che sono state interpretate in modo non manifestamente illogico ne' contraddittorio, senza, per contro, debordare dai poteri riconosciuti, in via esclusiva, al giudice di merito. Rebus sic stantibus, il ricorrente articola, con il primo motivo, obiezioni che non valgono ad incrinare la tenuta logica del provvedimento impugnato. Evidenzia, in primo luogo, l'assenza di prova in ordine alla commissione di reati-fine, circostanza che, in linea di principio, non osta all'affermazione della penale responsabilita' per quello associativo e che, in ipotesi, puo' ben discendere dalla frammentarieta' delle informazioni assunte circa la condotta illecita dell'imputato che, non rapportabili, con il prescritto coefficiente di certezza, ad uno o piu' specifici delitti Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73, sono, nondimeno, ad un esame congiunto, dimostrativi, al di la' di ogni ragionevole dubbio, di sicura militanza associativa. Rimarca, ulteriormente, che (OMISSIS) non ha reso dichiarazioni accusatorie a suo carico, cio' che, pero', puo' agevolmente spiegarsi con l'articolata composizione della consorteria, ramificata in piu' sottogruppi, e la peculiare natura dell'ausilio prestato da (OMISSIS), in posizione defilata ed in combutta, principalmente, con l'alter ego (OMISSIS) e con (OMISSIS). 6.3. Il secondo ed ultimo motivo di ricorso verte sulla congruita' della motivazione adottata dai giudici di merito per escludere l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che l'imputato, si sostiene, avrebbe meritato per avere offerto all'associazione un ridotto contributo causale. Cosi' facendo, invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha indicato, alla pag. 22 della motivazione della sentenza impugnata, le ragioni che precludono, nei confronti di tutti gli imputati, la mitigazione del trattamento sanzionatorio, ravvisate, per quanto riguarda la posizione di (OMISSIS), nell'assenza di segno alcuno di resipiscenza o di altro elemento suscettibile di positiva valutazione e nell'omesso contributo alla ricostruzione dei fatti, nonche' nelle negative indicazioni che si traggono dal certificato del casellario giudiziale, che reca menzione di condanne espressive di particolare proclivita' a delinquere. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269) e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 7. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di sette anni di reclusione e 29.503 Euro di multa, per avere acquistato, per tutto il 2015 e con cadenza di una fornitura ogni venti giorni circa, partite di cocaina, del peso di circa 200 grammi per volta, da (OMISSIS) e (OMISSIS) (fatto contestato al capo N). A suo carico, si pongono: le dichiarazioni di (OMISSIS); l'operata identificazione mediante riconoscimento fotografico; l'esito dell'espletata attivita' di intercettazione. 7.1. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione strutturato su tre motivi, ulteriormente sviluppati con la memoria del 4 ottobre 2022, sottoscritta anche dall'avv. (OMISSIS). Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' sulla base di un'identificazione affidata ad argomenti tutt'altro che convincenti e delle inattendibili propalazioni di (OMISSIS), che si assumono riscontrate dal coinvolgimento nelle operazioni illecite di soggetto, il cognato (OMISSIS), che e' stato assolto. Aggiunge che, discutendosi, nel caso di specie, di droga c.d. "parlata" (posto che i riferimenti tratti dalla prova dichiarativa e dalle captazioni non sono stati suffragati dal rinvenimento delle sostanze che, stando alla prospettazione accusatoria, sarebbero state oggetto dei traffici illeciti), l'affermazione della penale responsabilita' avrebbe dovuto essere preceduta dall'acquisizione di precise informazioni in ordine alla quantita' ed alla qualita' della sostanza trafficata, all'effettiva conclusione dell'accordo ed alla sua esecuzione, dati che non risultano, invece, disponibili. Obietta che il riconoscimento effettuato dal collaboratore (OMISSIS), nell'incertezza dei dati offerti a riscontro, non consente di ritenere specifico elemento di prova la sua chiamata in correita'. Rileva che la sentenza d'appello, inoltre, dedica una parte generale della motivazione all'attendibilita' dei collaboratori, cio' che, sufficiente per la chiamata in correita' in relazione al reato associativo, non lo e', tuttavia, per i singoli episodi di detenzione, che richiedono piu' pregnanti elementi di riscontro. D'altro canto, la Corte territoriale non si e' confrontata, a dire del ricorrente, con le doglianze contenute nell'atto di appello. La difesa aveva, invero, contestato l'identificazione di (OMISSIS), in quanto non vi erano conversazioni intercorse sull'utenza a lui attribuita; ne', dal contenuto degli SMS, era stato possibile cogliere elementi a lui riconducibili. L'affermazione, poi, secondo cui il contenuto dei messaggi di testo scambiati tra l'utenza di (OMISSIS) e quella (OMISSIS) (che si assume essere stata in uso a (OMISSIS)) avrebbe anticipato il successivo incontro, attestato dal servizio di osservazione, trova contraddizione nel fatto che l'utenza in uso a (OMISSIS) risultava interessata, nel medesimo contesto temporale, da molti altri messaggi e conversazioni, sicche' non e' possibile collegare con certezza l'utenza (OMISSIS) e il relativo scambio di messaggi con (OMISSIS) - peraltro di contenuto ambiguo e mai suffragato dall'esito di sequestri o pedinamenti - con l'incontro avvenuto in Via (OMISSIS). Il ricorrente nota, d'altro canto, di avere a piu' riprese affermato, nel corso del procedimento di primo grado, di aver incontrato (OMISSIS) - il quale, al tempo, si occupava di commercio di automobili e motocicli - in vista dell'acquisto di un veicolo. Nell'atto di appello era stata, altresi', richiamata la giurisprudenza secondo cui, in caso di droga c.d. "parlata", non devono esserci dubbi sull'attribuzione all'imputato dell'utenza intercettata; gli SMS, del resto, avrebbero dovuto rilevare la conclusione del contratto di cessione della sostanza stupefacente, non essendo, a tal fine, sufficienti le conversazioni aventi ad oggetto l'appuntamento tra imputato e interlocutore, id est meri contatti preliminari ad una transazione in ordine alla cui conclusione mancano, in definitiva, tranquillizzanti elementi di prova. Gli argomenti sviluppati con l'atto di impugnazione concorrevano, dunque, nel suffragare l'insufficienza delle dichiarazioni di (OMISSIS) ai fini dell'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS). A fronte, invero, dell'affermazione, da parte del giudice di primo grado, dell'idoneita' delle affermazioni tratte dalle intercettazioni a riscontrare le dichiarazioni di (OMISSIS), si era ulteriormente obiettato che appariva contraddittorio applicare a (OMISSIS) un criterio interpretativo opposto rispetto a quello utilizzato per vagliare la posizione del cognato (OMISSIS), assolto gia' all'esito del giudizio di primo grado in ragione della carenza di prova in ordine all'identificazione di quell'imputato come protagonista dei dialoghi di valenza indiziaria. Con il secondo motivo, (OMISSIS) si duole, ancora nell'ottica della violazione di legge e del vizio di motivazione, del rigetto dei motivi di appello relativi alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, commi 4 e/o 5, che, sostiene, avrebbe dovuto essere operata in dipendenza della carenza di dati certi circa natura e quantita' della sostanza stupefacente. Con il terzo motivo, (OMISSIS) impugna la decisione impugnata con riferimento al trattamento sanzionatorio e, precipuamente, alla legittimita', sindacata sempre in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, del diniego delle circostanze attenuanti generiche e dell'applicazione dell'aumento per la recidiva. Nel caso di specie, i giudici di merito avrebbero, infatti, immotivatamente applicato la recidiva reiterata, cosi' impedendo di calibrare la sanzione sull'effettiva portata della condotta realizzata e dando luogo ad un'inaccettabile disparita' di trattamento rispetto ai coimputati. La decisione, inoltre, non si confronterebbe con i principi giurisprudenziali in materia di circostanze attenuanti generiche e dosimetria della pena, secondo cui il giudice, qualora voglia discostarsi dal minimo edittale, deve indicare specificamente quali tra i criteri di cui all'articolo 133 c.p. sono stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, potendosi giustificare espressioni sintetiche solo in caso di irrogazione di una pena assai prossima al minimo edittale. 7.2. Il ricorso e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto. (OMISSIS) e' raggiunto dalle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) - della cui generale ed intrinseca credibilita' si e' gia' detto - che lo ha indicato, riconoscendolo in fotografia, quale soggetto che, in compagnia del cognato (OMISSIS), si era portato, in piu' occasioni, presso la sua abitazione per rifornirsi di cocaina, ceduta al prezzo di 44-45 mila Euro al chilogrammo, con la frequenza di una volta ogni 20-30 giorni e di 200 grammi per volta. Trattandosi di una chiamata di correo, per quanto affidabile (stanti, tra l'altro, l'effettivita' del rapporto di affinita' tra (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il positivo esito del riconoscimento fotografico), la Corte di appello ha approfondito il tema dei riscontri di fonte esterna alle accuse del collaboratore di giustizia, che ha rinvenuto nelle comunicazioni telefoniche, soprattutto di messaggistica, che (OMISSIS) ha scambiato tra il 3 ottobre ed il 25 novembre 2015, con un soggetto insieme al quale egli gestiva un intenso commercio, ragionevolmente avente ad oggetto sostanza stupefacente, secondo quanto emerge dalla trascrizione e dai commenti operati alle pagg. 150-154 della sentenza di primo grado. Che tale soggetto, il quale disponeva delle utenze (OMISSIS) e (OMISSIS), fosse proprio (OMISSIS) e' dimostrato, secondo la Corte di appello, non solo dal fatto che, in un messaggio, costui si presenti come "gluca" ma anche, e soprattutto, dalla coincidenza tra la sequenza dei messaggi registrati tra il 20 ed il 23 ottobre 2015, dai quali si evinceva che la persona da identificare sarebbe giunta in Frigole, presso l'abitazione di (OMISSIS), intorno alle ore 10:30 del 23 ottobre 2015, e l'esito del servizio di osservazione parallelamente effettuato dalla polizia giudiziaria, che noto' l'arrivo di (OMISSIS), in compagnia di una donna, alle ore 10:50, a casa di (OMISSIS), al cui interno egli si intrattenne per circa quindici minuti. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte di appello e' nitido e stringente e resiste a tutte le obiezioni del ricorrente, che si appuntano su profili del tutto inidonei ad intaccarne la linearita'. La circostanza, segnalata in ricorso, che "l'utenza in uso al (OMISSIS) risultava interessata da numerosissimi ulteriori messaggi e conversazioni, di modo che non v'era assolutamente alcuna possibilita' di porre con certezza in collegamento la citata utenza telefonica con l'incontro avvenuto in Via (OMISSIS)", si palesa, invero, irrimediabilmente generica, perche' non si confronta con la riscontrata, eloquente corrispondenza tra il messaggio inviato dall'utenza (OMISSIS) alle ore 9:32 del 23 ottobre 2015, che preannunciava l'arrivo del mittente per le 10:30, e l'individuazione di (OMISSIS) in (OMISSIS) alle ore 10:50 ed omette di indicare se e quali, tra i soggetti e le utenze in contatto con (OMISSIS), avessero trasmesso analoga comunicazione. Sfornita del benche' minimo riscontro la tesi secondo cui (OMISSIS), quella mattina, si e' portato in (OMISSIS) perche' interessato all'acquisto di un veicolo, il riferimento all'equivocita', non superata da tranquillizzanti conferme di natura obiettiva, delle comunicazioni che impegnano la posizione del ricorrente sconta un approccio al materiale probatorio non condivisibile, che trascura la possibilita' di interpretare le informazioni restituite dalle intercettazioni nella chiave di lettura offerta dalle dichiarazioni di (OMISSIS), che esse riscontrano ab externo, cosi' fornendo la definitiva dimostrazione della storicita' delle cessioni evocate, in termini tutt'altro che evanescenti, dal collaboratore di giustizia. Ne', per revocare in dubbio la solidita' delle conclusioni raggiunte dai giudici di merito, vale porre l'accento sull'assoluzione di (OMISSIS), cognato e concorrente di (OMISSIS), imposta, in forza della regola sancita dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, dall'assenza di riscontri individualizzanti alle, pur credibili, propalazioni accusatorie di (OMISSIS) che, nel caso dell'odierno ricorrente, hanno, invece, trovato conferma negli esiti delle menzionate intercettazioni, sicche' del tutto insussistente si rivela la contraddizione segnalata da (OMISSIS) ancora con la piu' recente memoria. 7.3. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso, afferente alla qualificazione giuridica della condotta in contestazione. Per quanto concerne, invero, la qualita' della sostanza commerciata, le dichiarazioni di (OMISSIS), che ha descritto un traffico di cocaina, risultano confermate dai sequestri effettuati nell'ambito del presente procedimento (si pensi a quelli operati in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), arrestato, nell'ottobre 2015, nella flagrante disponibilita' di 426 grammi di cocaina, (OMISSIS) e (OMISSIS)), che hanno avuto costantemente ad oggetto - con l'unica eccezione di un episodio, che, pero', ha visto il coinvolgimento di alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non appartengono al novero di coloro che sono stati tratti a giudizio in questa sede - droga c.d. "pesante", si' da giustificare, sul piano sia logico che storico, l'inquadramento della vicenda contestata a (OMISSIS) in adesione alla prospettazione del collaboratore di giustizia. Con riferimento, poi, al coefficiente di offensivita' del fatto, la reiterazione dei rifornimenti, attestata dalla distribuzione dei contatti documentati dalle intercettazioni nell'arco di quasi due mesi, e la dimensione economica del traffico, emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS), sostengono la decisione impugnata nella parte in cui esclude l'inquadramento del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. 7.4. Prive di pregio sono, da ultimo, le doglianze che si appuntano sul trattamento sanzionatorio. La Corte di appello ha, infatti, compiutamente spiegato perche' (OMISSIS), gia' gravato da plurime condanne per delitto, abbia, nell'occasione, mostrato piu' accentuata colpevolezza e maggiore pericolosita' nel rendersi autore di attivita' criminosa non occasionale e, per di piu', favorita dalla contiguita' con ambienti dediti stabilmente a gravi reati, anche di natura associativa, onde insussistente appare il lamentato difetto di motivazione. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, del nutrito curriculum criminale dell'imputato - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 8. (OMISSIS). E' stato condannato alla pena di otto anni e sei mesi di reclusione per i reati di associazione mafiosa (capo A), associazione finalizzata al narcotraffico (capo B), nonche' per avere acquistato sostanze stupefacenti (eroina, cocaina e marijuana) fornite da (OMISSIS) e cedute a (OMISSIS) (capo C). (OMISSIS) e' indicato da (OMISSIS) quale componente del gruppo mafioso facente capo a (OMISSIS); riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia si rinviene nella vicenda inerente alla riscossione dei crediti vantati da (OMISSIS), zia del pentito (OMISSIS), le cui dichiarazioni si saldano con quelle di (OMISSIS) che, secondo i giudici di merito, appaiono ulteriormente riscontrate (quantomeno a livello obiettivo) dall'effettivita' del danneggiamento, mediante esplosione di colpi di pistola, di un televisore collocato all'interno della sala giochi gestita dalla sorella e dal cognato di (OMISSIS), a dire del quale (OMISSIS) avrebbe partecipato all'atto intimidatorio. Per quanto concerne l'associazione finalizzata al narcotraffico, i giudici di merito hanno valorizzato l'apporto di (OMISSIS) e gli esiti delle intercettazioni, da cui emerge che (OMISSIS), operando all'interno del clan guidato da (OMISSIS), avrebbe coordinato un sottogruppo, del quale avrebbero fatto parte (OMISSIS) e (OMISSIS) e che agiva in sinergia con i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS). In ordine, infine, al capo C), hanno ritenuto provata la sola cessione di cocaina (fatto qualificato quindi, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, anziche' del comma 4) in favore di (OMISSIS). 8.1. (OMISSIS) propone, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello confermato la sua penale responsabilita' in relazione ad entrambi i reati associativi sulla base dei medesimi elementi e, specificamente, attraverso una illogica ed apodittica ricostruzione della vicenda afferente al recupero dei crediti vantati da (OMISSIS) la quale, osserva, avrebbe smentito - rendendo dichiarazioni che non sarebbero state condizionate, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di merito, dal supposto e, in realta', inesistente clima di omerta' - il nipote (OMISSIS) all'atto di riferire di avere conosciuto (OMISSIS), del quale si era servita per alcuni lavori, e non anche (OMISSIS). Lamenta, pertanto, che le contestazioni associative siano, in sostanza, reciprocamente sovrapponibili, anche in termini di compendio indiziario di riferimento, sicche' e' palese che ci si trovi al cospetto di una ingiustificata duplicazione di addebiti, e che la Corte di appello si e', in sostanza, acriticamente adagiata sulla ricostruzione operata dal giudice di primo grado, senza tenere conto delle obiezioni gia' mosse con l'atto di appello. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della censura relativa alla qualificazione del fatto di cui al capo C) come di lieve entita', che e' stata disattesa sulla base di circostanze generalmente riferite a tutte le imputazioni e non estensibili all'unico episodio di cui (OMISSIS) e' chiamato a rispondere, in ordine al quale nulla e' dato conoscersi sotto il profilo quantitativo. Con il terzo motivo, il ricorrente contesta, in chiave di violazione della legge processuale e vizio di motivazione, il giudizio di attendibilita' che Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello hanno concordemente riservato a (OMISSIS) senza considerare che egli, nell'originaria dichiarazione dell'11 gennaio 2016, nulla aveva detto circa l'intervento di (OMISSIS) nel recupero dei crediti vantati dalla zia di (OMISSIS) e che le sue dichiarazioni relative al gruppo (OMISSIS), al quale (OMISSIS) sarebbe organico e che sarebbe dedito al narcotraffico ed alle estorsioni (attivita' illecita i cui profitti sarebbero, almeno in parte, destinati al sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie), sono rimaste sfornite di qualsiasi riscontro. Con il quarto ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello indebitamente rigettato il motivato di impugnazione afferente all'errata individuazione, da parte del Giudice dell'udienza preliminare ed a seguito del riconoscimento della continuazione, del reato piu' grave, che ha inciso sulla complessiva determinazione del trattamento sanzionatorio. 8.2. Il primo motivo e' parzialmente fondato. 8.2.1. La Corte di appello e', invero, pervenuta all'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) in ordine al delitto di associazione finalizzata al narcotraffico attraverso l'integrale richiamo alle osservazioni svolte, in proposito, alle pagg. 158-164 della sentenza di primo grado, dedicate all'illustrazione degli elementi, tratti dagli esiti delle intercettazioni e dell'attivita' di polizia giudiziaria e coerenti, quanto alla familiarita' di (OMISSIS) con il narcotraffico, con le dichiarazioni di (OMISSIS). Trattasi di un compendio indiziario che, come gia' notato nell'esaminare il ricorso di (OMISSIS), ha consentito ai giudici di merito di tratteggiare la struttura ed il modus operandi della compagine criminosa indicata al capo B) della rubrica, in seno alla quale (OMISSIS), responsabile dell'articolazione interna composta anche da (OMISSIS) e (OMISSIS), risulta avere un ruolo di spicco, testimoniato, tra l'altro, dalla frenesia dei contatti con fornitori e collaboratori e dal raccordo operativo con le cellule, pure inserite nella consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 facenti capo, rispettivamente, a (OMISSIS) ed ai fratelli (OMISSIS). Con riferimento a tale addebito, la censura sollevata con il ricorso si palesa manifestamente generica, in quanto ascrive alla Corte di appello di essersi acriticamente adagiata sulle conclusioni raggiunte dal Giudice dell'udienza preliminare senza, al contempo, indicare quali specifici aspetti, gia' segnalati con i motivi di appello, sarebbero stati ingiustificatamente negletti. 8.2.2. La doglianza si rivela, al contrario, fondata nella parte dedicata alla contestazione elevata, nei confronti, tra gli altri, di (OMISSIS) ai sensi dell'articolo 416-bis c.p.. Al capo A) si assume che (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero militato nella "(OMISSIS)" e, in particolare: i primi tre, nella costola capeggiata da (OMISSIS); il quarto, in quella guidata da (OMISSIS) e (OMISSIS). Nell'ambito di tale imputazione, (OMISSIS) e' indicato quale soggetto "formalmente affiliato, dedito al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, al sostentamento dei detenuti e dei sodali, ad assicurare il controllo del territorio e disponibile ad eseguire azioni violente, minacciose o comunque costituenti estrinsecazione del metodo mafioso dell'organizzazione di appartenenza". La Corte di appello ha mutuato, per quanto concerne l'esistenza dell'associazione mafiosa e la sua articolazione interna, i rilievi svolti dal Giudice dell'udienza preliminare che, non essendo stati sottoposti a revisione critica, possono quindi dirsi incontroversi, discutendosi, piuttosto, dell'attitudine delle emergenze istruttorie ad attestare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, l'appartenenza di (OMISSIS) al gruppo. Sul punto, rileva la chiamata in correita' di (OMISSIS) il quale, nel confessare la propria affiliazione al clan imperniato sulla figura di (OMISSIS), ha inserito l'odierno ricorrente nel novero dei partecipi. (OMISSIS), peraltro, nell'interrogatorio del 16 marzo 2016, ha narrato quanto accaduto quattro giorni prima, quando (OMISSIS), presentatosi, unitamente ad altre due persone, presso la sala giochi gestita dalla sorella di (OMISSIS) e dal compagno, si sarebbe reso autore di un grave atto intimidatorio, chiaramente espressivo della intraneita' mafiosa dell'imputato. Le propalazioni accusatorie di (OMISSIS) si saldano, nella ricostruzione della Corte di appello, con quelle di (OMISSIS), altro collaboratore di giustizia, il quale ha riferito dell'iniziativa che (OMISSIS) avrebbe assunto insieme a (OMISSIS), consistita nell'intromettersi, su mandato di (OMISSIS) ed a scopo di trarre illecito profitto, nella riscossione dei crediti che (OMISSIS) vantava nei confronti di tale (OMISSIS). Le dichiarazioni di (OMISSIS), in certa misura riscontrate da quelle di (OMISSIS), il quale ha confermato di avere, in una occasione, consegnato 4.000 Euro a (OMISSIS), presentatosi a nome di (OMISSIS), sono state, invece, smentite dalla zia, che ha negato persino di conoscere l'imputato. I giudici di merito hanno, nondimeno, ritenuto l'inattendibilita' di (OMISSIS), il cui narrato hanno stimato frutto del clima di intimidazione ed omerta' generato dalla pressione della compagine criminosa e, per essa, dai suoi esponenti. In questa direzione, hanno valorizzato la presenza, all'interno dell'abitazione della donna, in occasione di un accesso, ad altri fini, delle forze dell'ordine, di (OMISSIS), fratello di (OMISSIS), in relazione alla quale la (OMISSIS) ha offerto una giustificazione - avere ella incaricato (OMISSIS) di imprecisati lavori di ristrutturazione - che si e' rivelata priva di riscontri di sorta. L'episodio, evocativo dell'immanenza del dominio mafioso del clan (OMISSIS) sul territorio e della caratura criminale di (OMISSIS), confermerebbe dunque, ab extrinseco, la veridicita' di quanto esposto da (OMISSIS) nell'assegnare all'imputato il ruolo di stabile componente dell'associazione ex articolo 416-bis c.p., reso concreto dalla partecipazione al raid punitivo presso l'esercizio commerciale della sorella. Il ragionamento svolto dalla Corte di appello, chiamata a vagliare l'impugnazione presentata, sul punto, da (OMISSIS), appare incompleto e, pero', affetto da grave carenza logica nella parte in cui perviene alla formulazione di un giudizio di totale inattendibilita' della persona offesa sulla base di argomenti - l'obiettiva inverosimiglianza del suo racconto ed il riscontro rappresentato dalla presenza, in casa sua, di (OMISSIS) - che, per quanto rafforzati dalle dichiarazioni di (OMISSIS), aventi portata individualizzante nei confronti di (OMISSIS) e, in minor misura, da quelle di (OMISSIS), avrebbero dovuto trovare completamento con la disamina del residuo, ma tutt'altro che marginale, profilo, attinente alla responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), che (OMISSIS), riferendo cio' che egli assume essergli stato confidato dalla zia, indica come coautore di plurime minacce in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il quale, nondimeno, non risulta avere reso, al riguardo e per quanto consta, esaustive dichiarazioni (egli riferisce, invero, solo della ripartizione con i fratelli (OMISSIS) della somma consegnata da (OMISSIS)). Il vaglio dell'impugnazione deve, pertanto, tener conto, con precipuo riferimento all'addebito di associazione mafiosa: che la (OMISSIS) ha decisamente escluso di avere subito l'illecita intromissione di (OMISSIS), che ha detto di non conoscere; che anche (OMISSIS) ha taciuto in ordine alle pressioni che - a dire di (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero esercitato a loro danno in piu' circostanze; che, sempre stando al narrato di (OMISSIS), (OMISSIS) avrebbe accompagnato (OMISSIS) anche nell'attivita' di esazione presso (OMISSIS). Le precedenti considerazioni rendono tangibile, a giudizio del Collegio, il deficit razionale della motivazione del provvedimento impugnato, tale da imporre l'annullamento, limitatamente al capo A) dell'imputazione, della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio sul medesimo capo che, libero nell'esito e preceduto, se del caso, dalle opportune integrazioni istruttorie, sia emendato dal vizio teste' riscontrato. 8.3. Il secondo motivo di ricorso e' infondato. (OMISSIS) e' stato, infatti, condannato, al capo C), per avere ceduto sostanza stupefacente a (OMISSIS), condotta che, a prescindere dall'assenza di precise informazioni in ordine a numero ed entita' delle transazioni illecite ed all'effettiva potenzialita' stupefacente della droga trafficata, non puo' essere ritenuta, come correttamente statuito dalla Corte di appello, di lieve entita' in quanto costituente un tassello di una piu' vasta attivita' criminosa, svolta sfruttando la piattaforma organizzativa nella quale (OMISSIS) era introdotto con ruolo di rilievo, tanto da rendersi protagonista, nel medesimo contesto spazio-temporale, di ulteriori, gravi episodi, quale quello, espressamente richiamato al capo C) e separatamente contestato, che gli e' valso, il 14 ottobre 2015, l'arresto in flagranza di detenzione di 426 grammi di cocaina. 8.4. La disamina del terzo motivo del ricorso di (OMISSIS), afferente alla credibilita' delle dichiarazioni rese a suo carico da (OMISSIS), si giova di quanto sopra rilevato a proposito del primo. Il fatto, invero, che il collaboratore di giustizia, latore di un apporto che, nella sua generalita', ha superato, come sopra gia' esposto, il vaglio di attendibilita', non abbia riferito alcunche' in merito all'azione vessatoria eseguita in danno di (OMISSIS) ed in spregio al di lei nipote (OMISSIS), non incide sull'apprezzamento del compendio probatorio attinente alla posizione di (OMISSIS) in seno all'associazione finalizzata al narcotraffico, la cui solidita' discende da autonomi e corposi elementi indizianti. Nella diversa prospettiva dell'accertamento della militanza mafiosa di (OMISSIS), l'oggettiva modestia del portato dichiarativo di (OMISSIS) sulla vicenda che ha coinvolto (OMISSIS) assume, si e' detto, rilevanza non minimale e, anzi, potenzialmente decisiva, cio' che ha determinato l'annullamento, sul punto, della sentenza impugnata. In questa sede, deve soltanto aggiungersi che il dato oggetto di segnalazione non si traduce, automaticamente, in sintomo di inattendibilita', giacche', per quanto consta, (OMISSIS) non e' stato specificamente sollecitato a riferire su quell'argomento: profilo, questo, che, ininfluente, si ribadisce, in vista della delibazione della legittimita' della decisione impugnata in relazione al reato di associazione finalizzata al narcotraffico, potra' eventualmente essere approfondito e chiarito nel giudizio di rinvio. 8.4. L'ultimo motivo e' fondato. Il primo giudice ha determinato la pena sul presupposto, errato, della maggiore gravita' del reato di associazione mafiosa rispetto a quello sanzionato dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74. Tanto non si e' tradotto in un vulnus, neanche potenziale, per l'imputato in relazione alla pena base che, anche in caso di corretta individuazione della fattispecie piu' grave, non avrebbe potuto essere quantificata, avuto riguardo ai limiti edittali previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, in misura inferiore a quella, dieci anni di reclusione, stabilita dal Giudice dell'udienza preliminare. L'ortodossia del procedimento di commisurazione della pena avrebbe, invece, potuto incidere, almeno teoricamente, sulla quantificazione degli aumenti per la continuazione, frutto di una discrezionalita' che, in linea di principio, puo' diversamente atteggiarsi con riferimento a ciascun reato. La sentenza annullata deve essere, pertanto annullata su questo specifico profilo, demandandosi al giudice del rinvio - a prescindere dalle conclusioni cui perverra' in ordine alla militanza mafiosa di (OMISSIS) - una nuova determinazione del trattamento sanzionatorio, che prenda le mosse dalla individuazione, quale reato piu' grave, del delitto di associazione finalizzata al narcotraffico. 9. (OMISSIS). E' stato condannato alla pena di sette anni di reclusione per i reati, di natura associativa, di cui ai capi A) e B), nonche' per una miriade di reati-fine Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 73. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su un unico motivo, con il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello disatteso il motivo di impugnazione afferente al diniego delle circostanze attenuanti generiche quantunque, come gia' evidenziato con l'atto di appello, gia' in fase di indagini, egli avesse ammesso la propria responsabilita' per i reati che, in quel frangente, gli erano stati contestati e per ulteriori episodi, per i quali, invece, egli, all'epoca non era ancora indagato. Il ricorrente, nel ricordare di avere intrapreso un positivo percorso riabilitativo, sottolinea la natura non utilitaristica della collaborazione intrapresa, da ascriversi, piuttosto, ad una definitiva scelta di vita. Lamenta che i giudici di merito abbiano, per contro, assegnato preponderante rilevanza alla gravita' degli addebiti ed ai suoi precedenti penali, cosi' ancorando la valutazione al suo passato deviante piu' che al regime di vita post delictum. Tanto, a dispetto dell'importanza della dissociazione dal clan, dalla quale sono scaturite dichiarazioni che si sono rivelate decisive per la condanna degli odierni imputati. 9.1. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su censure manifestamente infondate. Secondo il preferibile indirizzo della giurisprudenza di legittimita', "In tema di reati di criminalita' organizzata, la concessione delle attenuanti generiche e dell'attenuante di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito in L. 12 luglio 1991, n. 203, si fondano su distinti e diversi presupposti, sicche' le prime non escludono, ma nemmeno necessariamente implicano, l'applicazione della seconda, poiche' l'articolo 62-bis c.p. attribuisce al giudice la facolta' di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici (motivi che hanno determinato il reato, circostanze che lo hanno accompagnato, danno cagionato, condotta tenuta "post delictum"), gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, mentre l'attenuante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 8 e' conseguenza del valido contributo fornito dall'imputato allo sviluppo delle indagini allo scopo di evitare le ulteriori conseguenze della attivita' delittuosa" (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, Furnari, Rv. 276111). Tanto, in applicazione del piu' generale principio per cui "gli elementi costitutivi di una circostanza attenuante, comune o speciale, ben possono essere valutati anche ai fini del piu' ampio giudizio che concerne il riconoscimento delle attenuanti generiche di cui all'articolo 62-bis c.p." (Sez. 3, n. 10084 del 21/11/2019, dep. 2020, Solarino, Rv. 278535), ed in dissenso, invece, dall'opposto orientamento che esclude la possibilita' di utilizzare gli elementi posti a fondamento della concessione della circostanza attenuante ad effetto speciale di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 8, convertito dalla L. 12 luglio 1991, n. 203 (cosiddetta attenuante della "dissociazione attuosa") per giustificare anche il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (Sez. 6, n. 43890 del 21/06/2017, Aruta, Rv. 271099; Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258136). La Corte di appello, determinatasi in ossequio al principio teste' delineato, e' pervenuta al rigetto del motivo di impugnazione, proposto da (OMISSIS), concernente il diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla scorta di un percorso argomentativo autonomo ed esente da vizi. Il ricorrente, invero - nel sostenere che la pena avrebbe dovuto essere ulteriormente ridotta in ragione della scelta di vita da lui operata, tradottasi nello spontaneo e definitivo allontanamento dal contesto criminale di appartenenza, frutto di autentica resipiscenza anziche' di calcoli utilitaristici - invoca, a dispetto di quanto affermato, una diversa e piu' favorevole interpretazione di circostanze di fatto delle quali i giudici del merito hanno fornito una lettura aliena dall'ipotizzato travisamento della prova. Premesso che e' pacifico, in giurisprudenza, che "In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione" (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va attestato che la Corte di appello ha specificato, alle pagg. 123-124 della motivazione della sentenza impugnata, che ostativi all'applicazione delle circostanze attenuanti generiche sono sia il nutrito curriculum criminale dell'imputato che l'assunzione, in seno al sodalizio criminoso, di un ruolo di rilievo. La Corte di appello, al contempo, ha precisato che gli elementi evidenziati dal ricorrente - la completezza e la sincerita' della sua confessione; il contegno pienamente collaborativo serbato in sede processuale; la primaria rilevanza dell'apporto fornito; l'abbandono delle logiche devianti che lo hanno portato a militare nel sodalizio mafioso - hanno trovato congruo riconoscimento con l'applicazione dell'attenuante speciale e rilevato, ulteriormente, che la dimensione etica della pratica opzione per la legalita' non puo' essere, oltre un certo limite, esaltata, atteso che lo stesso (OMISSIS) non ha avuto remore nell'ammettere dell'esservi stato spinto, all'origine, dalla necessita' di sottrarsi all'adempimento delle obbligazioni contratte all'atto dell'acquisto di partite di sostanza stupefacente. Un iter argomentativo, quello sviluppato dalla Corte di appello, che si mantiene all'interno della fisiologica discrezionalita' e che non soffre delle incoerenze segnalate dal ricorrente il quale, va ancora una volta ribadito, sollecita un intervento che il giudice di legittimita' non puo' compiere al cospetto di una motivazione esente da vizi logici e che tiene debitamente conto delle conquiste processuali. Al riguardo, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice puo' limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicche' anche un solo elemento attinente alla personalita' del colpevole o all'entita' del reato ed alle modalita' di esecuzione di esso puo' risultare all'uopo sufficiente" (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). e "In tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la "ratio" della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti" (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). 10. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena - frutto anche dell'applicazione della recidiva qualificata - di dodici anni, nove mesi e dieci giorni di reclusione per il delitto di associazione mafiosa (capo A), perche' partecipe al sodalizio finalizzato al narcotraffico (capo B) e per i relativi reati-fine ascrittigli ai capi D2) e D3). Al pari del fratello (OMISSIS), vanta una condanna definitiva per il reato sanzionato dall'articolo 416-bis c.p.; (OMISSIS) e (OMISSIS) ne assumono, concordemente, la militanza nel clan facente capo a (OMISSIS); a suo carico si pone la partecipazione, enunciata da (OMISSIS), alla ripartizione della somma consegnata dal soggetto che, avendo acquistato un esercizio commerciale, era rimasto debitore nei confronti della venditrice (OMISSIS), zia di (OMISSIS). La Corte di appello osserva, tra l'altro, che la sua intraneita' al sodalizio mafioso non trova ostacolo nel fatto che, per un certo torno di tempo, egli e' rimasto recluso. Per quanto concerne i reati-fine, (OMISSIS) e' stato assolto, in appello, da quelli ascrittigli ai capi D) e D1), per carenza di riscontri individualizzanti alla parola di (OMISSIS), riscontri che, invece, la Corte salentina ha ritenuto presenti, traendoli dalle intercettazioni telefoniche, in relazione ai reati di cui ai capi D2) - afferente alla detenzione illecita ed alla cessione delle sostanze stupefacenti sequestrata, in distinte occasioni, a (OMISSIS) e a (OMISSIS) - e D3), relativo, invece, all'acquisto della droga fornita da (OMISSIS). 10.1. (OMISSIS) articola, con l'assistenza degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione strutturato su dieci motivi, con i quali deduce violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. Con il primo motivo, eccepisce che la prova della sua partecipazione all'associazione mafiosa e' tratta, in via esclusiva, dalla precedente condanna e dal narrato dei collaboratori di giustizia, essendo, a tal fine, del tutto irrilevanti le conversazioni intercettate, che la Corte di appello evoca in termini generici e privi di specifici riferimenti alla sua partecipazione alla compagine criminosa. Obietta, al riguardo, che la Corte territoriale si e' limitata a riprodurre la decisione di primo grado, cui ha aderito in termini apodittici, ed ha omesso, per contro, di analizzare le censura, analiticamente svolta con i motivi di appello, con i quali era stata contestata, in primo luogo, l'attitudine degli scarni elementi acquisiti a comprovare l'attuale esistenza e la vitalita' dell'ipotizzato, ed in realta' inesistente, sodalizio. Con il secondo motivo, si duole dell'applicazione dell'aggravante dell'essere l'associazione armata, che la Corte di appello ha compiuto sulla base di elementi, relativi alla posizione di (OMISSIS), del tutto inidonei a configurarla, almeno stando all'interpretazione che ne fornisce la giurisprudenza di legittimita', in chiave, soprattutto, di collegamento finalistico tra la disponibilita' delle armi ed il conseguimento dello scopo associativo. Con il terzo motivo, (OMISSIS) lamenta la violazione, nella delibazione del contributo di (OMISSIS), dei criteri indicati all'articolo 192 c.p.p., comma 3. Ascrive alla Corte di appello, in proposito, di avere omesso di analizzare accuratamente l'affidabilita' del collaboratore, realizzando un mero collage dei verbali da lui sottoscritti e trascurando di fornire un seppur minimo apporto critico in riferimento alle censure mosse dalla difesa e di apprezzare l'esistenza dei necessari riscontri esterni. Con il quarto motivo, il ricorrente rileva, quanto all'addebito Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, la carenza della prova che, al di la' della commissione, in concorso tra una pluralita' di soggetti, di alcuni ipotesi qualificabili ai sensi del precedente articolo 73, sia stata costituita una struttura stabile, dotata di un'organizzazione, sia pure rudimentale, e che nella sentenza impugnata difetta, del pari, l'enucleazione dei connotati della sua partecipazione. Opina che il giudice di merito, in un processo basato quasi esclusivamente su droga c.d. "parlata", ha fatto ricorso a piene mani ad illazioni, deduzioni, supposizioni ed offerto una lettura in chiave accusatoria di circostanze, quali, ad esempio, i rapporti che egli ha intrattenuto con (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in realta', trovano autonoma e distinta genesi. Con il quinto ed il sesto motivo, eccepisce, specificamente, che i giudici di merito non hanno chiarito se egli ha ricoperto, in seno al sodalizio finalizzato al narcotraffico, compiti organizzativi e decisionali o, al contrario, meramente esecutivi, ne', piu' in generale, hanno indicato, con sufficiente nitore, le coordinate del suo apporto partecipativo. Taccia, vieppiu', di illogicita' l'interpretazione che la Corte di appello ha compiuto di conversazioni che, rettamente intese, si rivelano, a suo modo di vedere, neutre nell'ottica investigativa, perche', da un canto, non aventi ad oggetto il commercio di sostanze stupefacenti e, dall'altro, silenti in ordine alla sua partecipazione criminosa anche perche' intrattenute con persone che, pure raggiunte dall'interesse degli investigatori, sono state, all'esito del presente procedimento penale, liberate da ogni addebito. Con il settimo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere ingiustificatamente disatteso la richiesta di qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5. Con l'ottavo motivo, deduce l'inidoneita' delle conversazioni captate a convincere, con precipuo riferimento agli episodi contestati ai capi D2) e D3), che l'oggetto dei traffici era effettivamente costituito da sostanze stupefacenti. Nota, in proposito, che uniche fonti probatorie a sostegno di tali imputazioni sono rappresentate da intercettazioni telefoniche che, oltre a non essere riscontrate da sequestri, perquisizioni o servizi di osservazione, lasciano spazio a diverse ricostruzioni del fatto e che, di conseguenza, non possono essere legittimamente lette in combinazione con le propalazioni accusatorie di (OMISSIS), che la stessa Corte di appello, incorrendo in evidente contraddizione interna, ha ritenuto, con riferimento ai reati ascrittigli ai capi D) e D1), non assistite dalle necessarie conferme di fonte esterna e, percio', non idonee a giustificare l'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine a tali fattispecie criminose. Con il nono ed il decimo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere indebitamente rigettato la proposta impugnazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed all'applicazione della recidiva che, contraddittoriamente ed in palese spregio al principio di parita' di trattamento, e' stata invece esclusa per il fratello (OMISSIS). 10.2. Il primo motivo di ricorso e' fondato e merita, pertanto, accoglimento, con conseguente assorbimento del secondo. In relazione all'addebito, mosso a (OMISSIS), di partecipazione ad associazione mafiosa, vengono in rilievo le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), coerenti nell'affermare l'affiliazione dell'imputato alla compagine guidata da (OMISSIS), dato che trova conferma nella sua pregressa condanna per il delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p., pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 18 ottobre 2014. Le predette circostanze, aventi una sicura valenza indiziante, devono essere, tuttavia, apprezzate in combinazione con l'individuazione degli elementi dimostrativi della protrazione, in epoca successiva a quella di formazione del precedente giudicato, del contributo di (OMISSIS) all'azione del sodalizio mafioso del quale egli e' stato, in passato, componente. Sul punto, (OMISSIS) ha asserito che la compagine e' attiva, oltre che nel traffico di sostanze stupefacenti, nel settore delle estorsioni e che i profitti in tal modo ricavati vengono destinati, in parte, nel mantenimento degli accoliti detenuti e dei loro familiari, per poi aggiungere, quanto ai germani (OMISSIS), di avere ripartito con loro la somma portata dalla cambiale sottoscritta ricevuta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e da lui arbitrariamente riscossa. Con specifico riferimento alla posizione di (OMISSIS), (OMISSIS) ha aggiunto di avergli, in una determinata occasione, consegnato, su sua richiesta e con la consueta collaborazione di (OMISSIS), un borsone contenente un fucile da caccia ed una pistola, entrambi non funzionanti, gia' appartenute a (OMISSIS). A fronte delle obiezioni sollevate dall'imputato, il quale ha posto l'accento sulla necessita' di enucleare, con sufficiente precisione, le condotte espressive di militanza mafiosa - e non solo di appartenenza ad una consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 - e di collocarle in un frangente temporale posteriore rispetto al periodo coperto dal pregresso accertamento irrevocabile, decisivo appare l'apprezzamento della vicenda, narrata da (OMISSIS), afferente alla forzata distrazione di parte del credito vantato dalla zia che, come gia' statuito all'atto di delibare il ricorso di (OMISSIS), e' stata illustrata e vagliata dalla Corte di appello in termini non alieni da profili di manifesta illogicita'. Sotto altro, connesso aspetto, dall'indicazione, da parte di entrambi i collaboratori di giustizia, di due diverse compagini, alle quali sarebbe stati legati, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), discende la necessita', in vista della piu' completa delibazione del compendio istruttorio, di chiarire se, e fino a che punto, esse si siano poste in rapporto di reciproca autonomia ovvero se essere debbano, comunque, intendersi alla stregua di articolazioni interne ad un unico aggregato delinquenziale. Si impone, pertanto, l'annullamento, nei confronti di (OMISSIS) e limitatamente al capo A), della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio su tale capo che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio segnalato. 10.3. I residui motivi di ricorso sono, invece, infondati. Si e' gia' detto, trattando le posizioni di altri associati, che la Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua consuetudine con (OMISSIS), con il quale intrattiene rapporti che non si prestano ad essere iscritti nella sola cornice della parentela che lega i due imputati, nonche' sulla mole di contatti intercorsi con (OMISSIS) che, per la frequenza ed il tenore delle conversazioni, valgono a riscontrare, dall'esterno, le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia, della cui attendibilita', a dispetto di quanto obiettato dal ricorrente, non v'e' ragione - stando a quanto concordemente argomentato, in termini che sfuggono alla censura del giudice di legittimita', dai giudici di merito - di dubitare. La stabile militanza di (OMISSIS), con ruolo protagonistico ancorche' non propriamente apicale, nella societas sceleris le cui coordinate essenziali sono state tratteggiate da (OMISSIS) e' ulteriormente attestata dalle vicende contestate ai capi D3) e D2) che vedono (OMISSIS), nel primo caso, curare, con successo, il reperimento di una fornitura di sostanza stupefacente, garantita infine, dopo alcune difficolta' iniziali, da (OMISSIS), e, nel secondo, interloquire, tra ottobre e novembre 2015, con vari soggetti, subito dopo i sequestri di cocaina eseguiti in pregiudizio di (OMISSIS) e, poi, di (OMISSIS), in termini tali da lasciare chiaramente intendere, come efficacemente illustrato dalla Corte di appello alle pagg. 116-117 della sentenza impugnata, che quei traffici erano stati da lui organizzati e gestiti. I giudici di merito hanno, dunque, supportato la decisione con un apparato argomentativo tetragono alle censure articolate dal ricorrente, il quale si limita, con un approccio di stampo confutativo che si e' detto non essere idoneo a provare l'intervento demolitorio della Corte di cassazione, a estrapolare, dal complessivo compendio indiziario, singoli elementi, tratti in primo luogo dalle espletate intercettazioni, dei quali propone una diversa esegesi, senza con cio' individuare significative crepe nell'iter motivazionale che sorregge il provvedimento impugnato. Tanto, vieppiu', con riferimento ai profili sui quali si appuntano le censure articolate dal ricorrente e che, precipuamente, attengono, oltre che ai temi gia' affrontati: - all'attribuzione a (OMISSIS), in seno all'associazione Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74, di un ruolo sufficientemente delineato, anche attraverso la descrizione della natura e della dimensione dei suoi rapporti con fornitori e collaboratori; - all'impossibilita' di ricondurre fenomeni delinquenziali quali quelli oggetto di osservazione, caratterizzati dall'intensa attivita' di procacciamento e distribuzione di sostanze stupefacenti, il piu' delle volte di tipo c.d. "pesante" e del valore stimabile nell'ordine, quantomeno, delle decine di migliaia di Euro, al rango di illeciti di offensivita' tanto ridotta da giustificarne la qualificazione, rispettivamente ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5; conclusione, questa, che a maggior ragione deve essere affermata in relazione alla posizione di (OMISSIS), che e' stato condannato per il concorso nella detenzione illecita di quantitativi tutt'altro che minimali di eroina, secondo quanto risulta dagli esiti delle analisi eseguite sulla sostanza in sequestro e non solo, come da lui eccepito, dai dialoghi captati; - all'assenza di contraddizione tra l'affermazione della penale responsabilita' di (OMISSIS) per alcuni dei reati-fine ascrittigli e l'assoluzione per altri, correttamente statuita in dipendenza della carenza, in quei casi, di riscontri alle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS), la cui credibilita' non e' stata in alcun modo messa in discussione. Privi di pregio sono, da ultimo, i motivi di ricorso che si appuntano sul trattamento sanzionatorio. La Corte di appello, invero, ha preso spunto dalle pregresse, numerose condanne irrevocabili subite da (OMISSIS) e, in particolare, dal precedente specifico, per ritenere, in replica alle obiezioni articolate, con l'impugnazione, in relazione all'applicazione dell'aumento di pena per la recidiva qualificata - e, va qui opportunamente aggiunto a confutazione della doglianza vertente sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, con espressioni senz'altro idonei a giustificare detta statuizione - che: "...e' fondato considerare che i reati oggetto del presente giudizio siano espressione di una specifica proclivita' a delinquere riemersa e concretizzata in relazione alla intolleranza a seguire i modelli legali di civile convivenza" essendo "evidente che le pregresse violazioni bene possono essere considerate stimolo ulteriore alla trasgressione di rilevanza penale". Ha, quindi, inferito che "Al momento dei fatti oggetto del giudizio l' (OMISSIS) era, dunque, in condizione di conoscere tutte le conseguenze penali delle proprie condotte e, quindi, anche il proprio "status" di recidivo reiterato", onde "La commissione dei nuovi delitti puo' adeguatamente essere ritenuta espressione di una perdurante inclinazione al delitto". Cio' posto, indiscutibile appare l'attitudine delle considerazioni svolte dalla Corte di appello a soddisfare l'obbligo di motivazione gravante sul giudice di merito che intenda orientare la propria discrezionalita' nel senso di applicare l'aumento di pena previsto per la recidiva. La residua censura del ricorrente, il quale si rammarica di essere stato discriminato rispetto al fratello (OMISSIS), il quale, benche', come lui, condannato per associazione mafiosa nel procedimento c.d. "Eclissi", non ha patito, a tate titolo, alcun aggravamento del carico sanzionatorio, appare, del pari, manifestamente infondato, avuto riguardo alla diversita' dei presupposti, sotto il versante sia del curriculum criminale dei germani che delle condotte da loro poste in essere ed accertate nell'ambito del presente procedimento. 11. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di otto anni di reclusione per la partecipazione alle associazioni, mafiosa, l'una, finalizzata al narcotraffico, l'altra, oggetto di addebito ai capi A) e B) della rubrica. 11.1. Articola, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su tre motivi, cui si aggiunge quello nuovo introdotto con l'atto depositato il 31 ottobre 2022. Con il primo motivo, lamenta che i giudici di merito siano pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine ad entrambe le contestazioni associative valorizzando le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), del tutto insufficienti a comprovare la sussistenza degli elementi costitutivi dei reati de quibus agitur. In proposito, evidenzia, tra l'altro: che i collaboratori di giustizia non hanno indicato il momento in cui egli avrebbe aderito ai sodalizi criminosi guidati da (OMISSIS); che l'ipotesi di accusa e' contraddetta dall'assenza di accertamento in ordine alla commissione, da parte sua, di reati-fine dell'una o dell'altra consorteria, nonche' dall'omessa indicazione delle condotte attraverso le quali la supposta militanza associativa avrebbe trovato concretizzazione; che, per quanto concerne il suo interessamento a vicende di narcotraffico, egli si e' limitato a svolgere, in favore dell'amico (OMISSIS) ed a titolo personale, un intervento di mediazione finalizzato a calmierare le pretese dei fornitori della sostanza stupefacente, originari di (OMISSIS), che reclamavano l'adempimento dei debiti contratti da (OMISSIS), il quale, di rimando, invocava, per suo tramite, una dilazione, per come univocamente confermato da alcune conversazioni che, debitamente sottoposte all'attenzione della Corte di appello, sono state ingiustificatamente trascurate dai giudici di merito. Con il secondo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello acriticamente recepito la statuizione del Giudice dell'udienza preliminare senza replicare alle argomentazioni sottese all'atto di impugnazione. Con il terzo motivo, deduce, ancora, vizio di motivazione per avere la Corte di appello orientato la decisione sul rilievo della sua precedente condanna per il reato di associazione mafiosa, di per se' priva, in assenza di elementi sintomatici della rinnovata, stabile adesione a consorterie criminali, a supportare le ipotesi di accusa. Con il motivo nuovo, (OMISSIS) si duole, in chiave sia di violazione di legge che di vizio di motivazione, dei criteri seguiti dai giudici di merito nella determinazione della pena e, in particolare, dell'errata individuazione, quale reato piu' grave, di quello di associazione mafiosa cui consegue, nella prospettiva dell'esecuzione della sanzione, un trattamento deteriore, trovandosi egli nella condizione di patire detenzione per un reato ostativo per un periodo piu' lungo di quanto sarebbe accaduto qualora, correttamente applicata la disciplina sulla continuazione, fosse stata riconosciuta la maggiore gravita' del reato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. 11.2. I motivi di ricorso sono infondati nelle parti afferente alla congruita' della motivazione sottesa al rigetto, ad opera della Corte di appello, dell'impugnazione proposta in merito all'appartenenza di (OMISSIS) all'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Si e' sopra gia' chiarito, trattando le posizioni di altri imputati ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) che l'architettura della sentenza impugnata e' piu' che solida nella parte in cui, vagliando sinergicamente i contributi orali, in primis quello di (OMISSIS), gli esiti dell'attivita' di intercettazione telefonica ed ambientale e quelli della tradizionale azione di polizia giudiziaria (perquisizioni, sequestri, pedinamenti, ecc.), ha avallato l'ipotesi di accusa, che riconduce il dinamismo del gruppo di narcotrafficanti stanziato nella provincia salentina ad un paradigma francamente associativo. Per quanto concerne, piu' specificamente, la posizione di (OMISSIS), rilevano le dichiarazioni di (OMISSIS), il quale lo indica come soggetto che, unitamente al fratello, e' stato con lui impegnato nel commercio della cocaina e con il quale ha intrattenuto relazioni basate sulla reciprocita' degli approvvigionamenti ("...quando lo ero sprovvisto erano i due fratelli a consegnarmela in quantitativi di 200/300 grammi, stessa cosa che facevo lo quando erano loro ad essere sprovvisti..."). Le propalazioni accusatorie di (OMISSIS) hanno trovato pieno riscontro nelle eseguite captazioni che, come rilevato anche nella disamina dei ricorsi di altri imputati, danno conto dei rapporti intrattenuti da (OMISSIS) con (OMISSIS) e (OMISSIS): eloquente, al riguardo, si rivela il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) a ridosso dell'arresto di (OMISSIS), evento che genero' una fibrillazione spiegabile, in assenza di diversa, plausibile giustificazione, solo in ragione del comune coinvolgimento negli affari illeciti connessi alla detenzione di quella partita di sostanza stupefacente. Similmente, gli sforzi profusi da (OMISSIS) per consentire a (OMISSIS) di ottenere una dilazione nell'adempimento del debito contratto, per l'acquisto di una partita di droga, con alcuni fornitori originari di (OMISSIS) costituiscono, ad onta delle obiezioni mosse dal ricorrente, conferma dell'esistenza, tra i due, di una solidarieta' che travalica l'ambito interpersonale per iscriversi in una cornice di stampo associativo. Se a cio' si aggiunge che le accuse di (OMISSIS) hanno trovato ampia conferma nelle conversazioni (cfr. la sentenza di primo grado, pagg. 53-60) che attestano la frequenza dei contatti ed il comune interessamento ad attivita' illecita (significativo appare, in proposito, il fatto che (OMISSIS) non abbia esitato, pur di incontrare (OMISSIS), a violare reiteratamente gli obblighi connessi al regime di detenzione domiciliare, cui egli era sottoposto, allontanandosi dal comune di Lecce per recarsi in (OMISSIS), ove (OMISSIS) era domiciliato), e' agevole concludere nel senso dell'inidoneita' delle considerazioni critiche svolta dal ricorrente ad incrinare la tenuta razionale delle argomentazioni che hanno condotto i giudici di merito, con decisione conforme, a ritenere la sua militanza associativa. 11.3. A conclusioni diverse deve pervenirsi, invece, con riferimento all'addebito, mosso a (OMISSIS), di partecipazione ad associazione mafiosa. Rilevano, in proposito, le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), coerenti nell'affermare l'affiliazione dell'imputato alla compagine guidata da (OMISSIS), dato che trova conferma nella sua pregressa condanna per il delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p., pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecce con sentenza del 18 ottobre 2014. Le predette circostanze, aventi una sicura valenza indiziante, devono essere, tuttavia, apprezzate in combinazione con l'individuazione degli elementi dimostrativi della protrazione, in epoca successiva a quella di formazione del precedente giudicato, del contributo di (OMISSIS) all'azione del sodalizio mafioso del quale egli e' stato, in passato, componente. Sul punto, (OMISSIS) ha asserito che la compagine e' attiva, oltre che nel traffico di sostanze stupefacenti, nel settore delle estorsioni e che i profitti in tal modo ricavati vengono destinati, in parte, nel mantenimento degli accoliti detenuti e dei loro familiari, per poi aggiungere, quanto ai germani (OMISSIS), di avere ripartito con loro la somma portata dalla cambiale sottoscritta ricevuta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e da lui arbitrariamente riscossa. A fronte delle obiezioni sollevate dall'imputato, il quale ha posto l'accento sulla necessita' di enucleare, con sufficiente precisione, le condotte espressive di militanza mafiosa - e non solo di appartenenza ad una consorteria Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, ex articolo 74 - e di collocarle in un frangente temporale posteriore rispetto al periodo coperto dal pregresso accertamento irrevocabile, decisivo appare l'apprezzamento della vicenda, narrata da (OMISSIS), afferente alla forzata distrazione di parte del credito vantato dalla zia che, come gia' statuito all'atto di delibare il ricorso di (OMISSIS), e' stata illustrata e vagliata dalla Corte di appello in termini non alieni da profili di manifesta illogicita'. Sotto altro, connesso aspetto, dall'indicazione, da parte di entrambi i collaboratori di giustizia, di due diverse compagini, alle quali sarebbe stati legati, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), discende la necessita', in vista della piu' completa delibazione del compendio istruttorio, di chiarire se, e fino a che punto, esse si siano poste in rapporto di reciproca autonomia ovvero se essere debbano, comunque, intendersi alla stregua di articolazioni interne ad un unico aggregato delinquenziale. Si impone, pertanto, l'annullamento, nei confronti di (OMISSIS) e limitatamente al capo A), della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce in vista di un nuovo giudizio su tale capo che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio segnalato. 11.4. Inammissibile appare, da ultimo, il motivo nuovo, afferente a questione - l'erronea assunzione, quale reato-base sul quale operare il calcolo della pena per il reato continuato, del delitto sanzionato dall'articolo 416-bis c.p. - non introdotta con l'appello ne' con il ricorso per cassazione e che, per di piu', integra un'ipotesi di illegittima determinazione, anziche' di illegalita', della pena. Per completezza, occorre segnalare, in replica ad argomento ulteriormente addotto dal ricorrente a sostegno della censura, che entrambe le fattispecie de quibus agitur sono ricomprese nel novero di quelle soggette alla disciplina prevista dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, comma 1, onde infondato e' l'assunto secondo cui l'errore nella commisurazione del trattamento sanzionatorio si sarebbe tradotto nella restrizione all'accesso alle misure alternative alla detenzione. 12. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni, cinque mesi e dieci giorni di reclusione e 19.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi E) ed E1). Risponde di due vicende distinte: in un caso, si assume che (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano, in diverse occasioni (prima di Pasqua e dopo l'estate del 2015), consegnato a (OMISSIS), nel secondo caso tramite (OMISSIS), altrettante partite di cocaina; nell'altro, si ascrive a (OMISSIS) di avere, invece, comprato da (OMISSIS) un quantitativo di hashish, consegnato, more solito, da (OMISSIS). Il compendio probatorio riposa, per un verso, sulle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) e, per l'altro, sul riscontro offerto dalle comunicazioni (messaggi, per lo piu') censurate, che danno conto dell'esistenza, tra i due, di rapporti che i giudici di merito interpretano in chiave univocamente illecita. 12.1. (OMISSIS) propone, tramite l'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato ad un unico, complesso motivo, che e' formulato nella prospettiva sia della violazione di legge, sostanziale e processuale, che del vizio di motivazione, attiene alla responsabilita' e si incentra su obiezioni che investono, tra l'altro: - l'anomala evoluzione delle dichiarazioni di (OMISSIS) che, il 27 aprile 2016, non lo ha riconosciuto in fotografia ed ha escluso di avere avuto rapporti illeciti con (OMISSIS) e (OMISSIS) e, il successivo 30 giugno, ha reso, invece, dichiarazioni univocamente accusatorie nei confronti di entrambi; (OMISSIS), quindi, e' stato autore di un narrato quantomeno incostante, che avrebbe meritato maggiore impegno valutativo da parte dei giudici di merito i quali, pur dando congrua spiegazione dell'iniziale esito negativo del riconoscimento, nulla hanno detto sul fatto che, in prima battuta, (OMISSIS) ha escluso di avere intrattenuto rapporti illeciti con (OMISSIS) e (OMISSIS); - la contraddittorieta' tra la condanna di (OMISSIS) e l'assoluzione di (OMISSIS), che, a dire di (OMISSIS), avrebbe concorso con lui nell'attivita' criminosa; - l'illogicita' dell'attribuzione di valore confermativo, per il solo (OMISSIS) (e non anche, ribadisce, per (OMISSIS)), a messaggi privi di percepibili riferimenti di natura illecita e suscettibili di diversa e neutra interpretazione, carente ogni riferimento alla sostanza stupefacente che sarebbe stata trafficata e considerato, vieppiu', che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevo motivo di conoscersi e frequentarsi in ragione della pregressa, comune detenzione di (OMISSIS) e (OMISSIS), fratello di (OMISSIS); - la necessita' di improntare la verifica giudiziale, al cospetto di droga c.d. "parlata", a canoni marcatamente garantistici, cioe' improntati a particolare attenzione e rigore. 12.2. Il ricorso e' fondato e merita, pertanto, accoglimento, non rinvenendosi, nella sentenza impugnata, un sufficiente apparato argomentativo a sostegno del rigetto dei motivi di impugnazione concernenti, da un canto, l'attendibilita' delle dichiarazioni accusatorie rese da (OMISSIS) e, dall'altro, la difformita' delle valutazioni operate dal Giudice dell'udienza preliminare in ordine alle rispettive posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS). 12.2.1. Sotto il primo punto di vista, avendo l'imputato segnalato, con l'atto di appello, la patente discrasia tra quanto dichiarato, il 27 aprile 2016 e, poi, il 30 giugno dello stesso anno, dal collaboratore di giustizia, la Corte di appello ha spiegato che l'esito negativo dell'originario riconoscimento fotografico dell'imputato era stato condizionato dalla sottoposizione in visione a (OMISSIS) di una immagine che, in realta', ritraeva altra persona. Per questa via, ha superato una delle rilevate incongruenze senza, pero', pronunziarsi sull'altra, che, nel riguardare, primariamente, la responsabilita' di (OMISSIS), refluisce, in modo indiretto ma nondimeno univoco, sull'apprezzamento di quella di (OMISSIS). Il 27 aprile 2016, invero, (OMISSIS), invitato a visionare la fotografia ritraente (OMISSIS), affermo': "...riconosco (OMISSIS) di (OMISSIS), che si occupa di compravendita di auto usate, che e' venuto a trovarmi spesso a casa ed al quale ho ceduto una moto e una macchina. (OMISSIS) si accompagnava spesso a (OMISSIS)", per poi aggiungere, lapidariamente: "Con dette persone non ho mai avuto rapporti di natura illecita". Ora, posto che, il 30 giugno 2016, (OMISSIS) si e', invece, dilungato nel riferire, con dovizia di dettagli, delle forniture di cocaina ricevuta da (OMISSIS), con la fattiva cooperazione di (OMISSIS), palpabile si palesa il diametrale ed insanabile contrasto tra le dichiarazioni rese, nel corso del tempo, da (OMISSIS), che pure e' stato ritenuto, con argomentazioni che si e' gia' detto essere scevre, in linea generale, da vizi rilevabili in sede di legittimita'. Al cospetto di una tale situazione, la Corte di appello avrebbe dovuto farsi carico di risolvere la questione, ricorrendo, se del caso, ad opportuni approfondimenti istruttori, precipuamente al fine di contestualizzare il tenore delle primigenie dichiarazioni e, in ultimo, di chiarire se la difformita', in chiave diacronica, del narrato del collaboratore sia indice o meno di sua ridotta attendibilita'. L'assenza, nella sentenza impugnata, di qualsivoglia osservazione al riguardo incide sulla complessiva tenuta logica della decisione, che si regge sul rilascio a (OMISSIS) di una patente di affidabilita' che, in questo caso come in ogni altro, deve essere sottoposta, all'occorrenza, a prova di resistenza. 12.2.2. Per quanto attiene, poi, all'interpretazione delle conversazioni intercettate, utilizzate a riscontro delle accuse di (OMISSIS), la Corte di appello e' incorsa in plurimi ed evidenti momenti di manifesta illogicita' e contraddittorieta'. A fronte della doglianza afferente alla difformita' delle decisioni adottate dal Giudice dell'udienza preliminare nei confronti, rispettivamente, di (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte di appello ha rilevato che "se il primo giudice ha ritenuto non adeguatamente riscontrate le dichiarazioni eteroaccusatorie del (OMISSIS) nei confronti dello (OMISSIS), al contrario le risultanze dell'attivita' captativa, ad avviso della Corte, sono idonee a fungere "da sponda" alla chiamata operata nei confronti del (OMISSIS)". Al riguardo, ha osservato, sulla premessa dell'elevata attendibilita' intrinseca del narrato di (OMISSIS), che l'attinenza delle conversazioni captate a transazioni illecite, aventi ad oggetto sostanza stupefacente, e' comprovata dall'utilizzo di un linguaggio criptico, del quale il ricorrente non ha fornito una lettura alternativa lecita, e che il tenore complessivo dei dialoghi rimanda, piuttosto, all'esistenza di una situazione debitoria, in capo a (OMISSIS), della quale questi, riferendo all'autorita', non ha fatto mistero. Ha, per altro verso, stimato l'inattendibilita' della giustificazione offerta da (OMISSIS), il quale ha sostenuto che (OMISSIS) gli aveva richiesto di agevolare, in virtu' della propria attivita' lavorativa (egli e', infatti, dipendente di una struttura sanitaria brindisina), il contatto con uno specialista che potesse esaminare i risultati della radiografia eseguita alla gamba. Le considerazioni svolte dalla Corte di appello, in se' apparentemente rispondenti ad ordinari canoni razionali, scontano, tuttavia, l'omesso confronto con quelle che il Giudice dell'udienza preliminare, all'interno del medesimo provvedimento giudiziario, ha dedicato alla contestazione mossa a (OMISSIS) il quale, stando all'impostazione accusatoria, avrebbe assunto, in prima persona, la gestione delle forniture eseguite con la collaborazione, con ruolo vicario e, sostanzialmente, di trait d'union, di (OMISSIS). Alle pagg. 231-235 della sentenza di primo grado, il Giudice dell'udienza preliminare e' pervenuto, con generale riferimento alle conversazioni che, quanto alla posizione di (OMISSIS), confermano la sincerita' di (OMISSIS), e che sono intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a tutt'altre conclusioni, affermando che "In realta', al di la' del contributo dichiarativo fornito dal (OMISSIS), l'attenta lettura proprio di quelle conversazioni ritenute "assolutamente certe nel loro contenuto circa la natura illecita delle attivita' poste in essere" conduce in una direzione opposta, trattandosi di conversazioni asignificative con riguardo al loro contenuto e non supportate da alcun riscontro, quindi assolutamente inservibili sul piano probatorio". Il predetto, ed assai severo, giudizio espresso dal Giudice dell'udienza preliminare e' stato, poscia, sviluppato in relazione ai singoli contatti, che quel giudice stima non ricollegabili, con il sufficiente margine di certezza, a traffici di sostanza stupefacente e che, anzi, sono, nella sua prospettiva, suscettibili di differente interpretazione, avuto riguardo alle attivita' professionali di (OMISSIS) e (OMISSIS) e, vieppiu', alla concreta possibilita' che le trattative documentate dai messaggi di testo avessero ad oggetto l'acquisto di tre autovetture. Ora, avendo (OMISSIS) posto l'accento, con l'atto di appello, sulla assoluta inconciliabilita' tra le argomentazioni sottese, da un lato, alla sua condanna e, dall'altro, all'assoluzione di (OMISSIS), la Corte di appello avrebbe avuto l'onere di apprestare, in replica alle specifiche deduzioni svolte con l'atto di appello (e riportate nel corpo del ricorso per cassazione) una risposta analitica e completa che, con riferimento a ciascuna delle comunicazioni addotte, nel caso dell'odierno ricorrente, a riscontro delle dichiarazioni di (OMISSIS) e ritenute, per (OMISSIS), non idonee a convalidare l'impostazione accusatoria, si facesse carico di vagliare le obiezioni difensive e, in ultimo, di verificare se, a dispetto di quanto statuito per (OMISSIS), i fatti contestati a (OMISSIS) possano dirsi accertati al di la' di ogni ragionevole dubbio. Le precedenti considerazioni impongono, in definitiva, l'annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla posizione di (OMISSIS), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce per un nuovo giudizio sul punto che, libero nell'esito, sia esente dai vizi riscontrati. 13. (OMISSIS). E' stato condannato, in appello, alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione e 13.333 Euro di multa, per avere partecipato, insieme a (OMISSIS) e (OMISSIS), a numerose transazioni di cocaina, nella misura di 5001000 grammi per volta (capo G) e, in una specifica occasione, di circa 1.500 grammi. Ha rinunziato, nel corso del giudizio di appello, ai motivi di impugnazione diversi da quelli attinenti al trattamento sanzionatorio. 4.1. Propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali ascrive alla Corte di appello, in chiave di violazione di legge e vizio di motivazione, di avere erroneamente ritenuto che la formulata, parziale rinunzia ai motivi di impugnazione si estendesse anche a quelli afferenti "la qualificazione giuridica dei fatti accertati - che, in realta', attengono al trattamento sanzionatorio e, pertanto, devono intendersi esclusi dalla rinunzia - e di avere, quindi, indebitamente omesso di vagliare le doglianze articolate con l'atto di appello in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi del comma 4, quanto alla natura della sostanza commerciata, e comma 5, in relazione alla lieve entita', del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Rileva, a questo proposito, che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti all'ipotesi di lieve entita' in ragione della mancanza di dati certi in ordine alla quantita' e alla natura della sostanza stupefacente ed in ossequio, pertanto, al canone in dubio pro reo; obietta, ulteriormente, che egli, lungi dall'essere munito di un'ampia struttura che gli consentisse di creare una fitta rete di rapporti commerciali per lo spaccio di sostanze stupefacenti, ricorreva, piuttosto, a mezzi domestici e grossolani, sintomatici dell'assenza di una vera e propria organizzazione, sicche' illogico si palesa, anche sotto questo aspetto, il richiamo, da parte della Corte di appello, a considerazioni dedicate, in modo indistinto e cumulativo, alla totalita' degli imputati. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello, a seguito dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, ridotto la pena base e non anche quella stabilita a titolo di continuazione interna, cioe' per i residui episodi contestati al capo G), per di piu' indicando, in motivazione, una pena finale superiore, nella porzione pecuniaria, a quella stabilita in dispositivo. 4.2. All'udienza del 17 novembre il ricorrente ha eccepito, tramite il difensore ed in via subordinata rispetto alla principale richiesta di rinvio della trattazione dei ricorsi, l'illegittimita' costituzionale del Decreto Legge 31 ottobre 2022, articolo 6, per contrasto con l'articolo 73, comma 3, articolo 77, articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui ha differito l'entrata in vigore della normativa che, tra l'altro, incide sul regime di procedibilita' di taluni reati. Il Collegio la ha dichiarata inammissibile, con provvedimento reso a verbale, con il quale ha, al contempo, disatteso la richiesta di differimento dell'udienza, mutuata da tutti i difensori presenti. Nel rassegnare le conclusioni, il difensore di (OMISSIS) ha reiterato, anche nell'interesse di (OMISSIS), l'eccezione di legittimita' costituzionale del citato articolo 6 deducendo, stavolta, l'irragionevolezza del differimento, con disposizione di urgenza, della disciplina che amplia l'ambito di applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla L. 24 novembre 1981, n. 689. Trattasi, deve nondimeno rilevarsi, di questione inammissibile perche' introdotta sul postulato - meramente enunciato e non assistito dal benche' minimo sostegno argomentativo - dell'insussistenza di ragioni di straordinaria necessita' ed urgenza, che il legislatore ha, invece, rinvenuto nell'esigenza di informare a canoni di razionalita' la programmazione e l'attuazione degli interventi di supporto al piu' ampio ricorso alle misure alternative alla detenzione e, in particolare, ad una misura transitoria, quale il Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, articolo 95, presumibilmente suscettibile di determinare la concentrazione di un elevato numero di istanze in un arco temporale circoscritto. 4.3. Il ricorso e' manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimita' e' ferma nel ritenere che "La rinuncia parziale ai motivi d'appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde e' inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati e non possono essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto preclusa la possibilita' di proporre o rilevare d'ufficio, in sede di legittimita', questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all'affermazione della responsabilita' penale)" (Sez. 2, n. 47698 del 18/09/2019, Amabile, Rv. 278006 - 01). L'applicazione di tale condiviso principio conduce a smentire l'assunto formulato, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale riporta alla macroarea del trattamento sanzionatorio la tematica della qualificazione giuridica della condotta che, in realta', investe la responsabilita' dell'imputato e solo in via indiretta la determinazione della pena, sicche' deve logicamente inferirsi che (OMISSIS), all'atto di formalizzare la rinunzia ai motivi di appello diversi da quelli relativi al trattamento sanzionatorio, tenne fermi esclusivamente quelli che investivano l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche e la concreta commisurazione della pena base e degli aumenti per la continuazione. Per quanto concerne il secondo motivo, occorre innanzitutto ricordare, in diritto, che "In tema di divieto di "reformatio in peius", il giudice di appello che, accogliendo il motivo di gravame proposto dal solo imputato riguardante una regiudicanda integrata da piu' reati unificati dal vincolo della continuazione, riconosca l'esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata ed influente sia sulla pena base che su altri elementi rilevanti per il calcolo, deve necessariamente ridurre la pena complessivamente inflitta con riferimento al reato base e ai reati satelliti, salvo che per questi ultimi venga confermato, con adeguata motivazione, l'aumento in precedenza disposto e fermo restando che il risultato finale dell'operazione si concluda con l'irrogazione di una pena complessiva corrispondentemente diminuita rispetto a quella in precedenza irrogata" (Sez. 3, Sentenza n. 3214 del 22/10/2014, dep. 2015, A., Rv. 262021 - 01; Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522 - 01; Sez. 6, n. 45866 del 15/05/2012, Costanzo, Rv. 254129 - 01). Nel caso di specie, il giudice di appello si e' orientato, a dispetto di quanto eccepito dal ricorrente, in ossequio al predetto canone ermeneutico giacche', dopo avere ridotto la pena base per il piu' grave degli episodi contestati a (OMISSIS) al capo G) (da sei anni di reclusione e 25.822 Euro di multa a quattro anni di reclusione e 18.000 Euro di multa), ha applicato, per la continuazione interna al capo G), l'aumento di un anno di reclusione e 2.000 Euro di multa, inferiore, nella parte pecuniaria, a quello stabilito del Giudice dell'udienza preliminare (un anno di reclusione e 4.178 Euro di multa). Ininfluente, rispetto alla articolata censura, e', infine, la discrasia nella commisurazione della pena pecuniaria applicata a (OMISSIS), all'esito di tutte le operazioni di calcolo, correttamente fissata, nel dispositivo (cui, ovviamente, va assegnata prevalenza), in 13.333 Euro, laddove in motivazione, per un mero refuso, e' indicata la cifra di 14.000 Euro (peraltro, superiore a quella effettiva, si' da escludere l'interesse dell'imputato a far valere la difformita'). 14. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di sette anni e due mesi di reclusione per la partecipazione all'associazione finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) e la cessione di sostanza stupefacente di varia natura in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) e di (OMISSIS). 14.1. Articola, con l'assistenza degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, con i quali lamenta, costantemente, violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. Con il primo motivo, si duole che la Corte di appello abbia indebitamente disatteso le censure articolate con l'impugnazione ed afferenti sia alla sussistenza dell'ipotizzata compagine criminale ed alla sua partecipazione, i cui contorni, peraltro, non sono, a suo modo di vedere, compiutamente delineati. Rileva, in specie, che l'assunto secondo cui egli avrebbe svolto, dalla base insistente nella sua abitazione di Via Siracusa in Lecce, attivita' di spaccio al minuto, quale fidato collaboratore di (OMISSIS), a lui sovraordinato, si risolve in una mera illazione, non suffragata da convenienti riscontri. Rilegge i rapporti con (OMISSIS) alla luce della parentela che li lega e giustifica - in via alternativa rispetto all'ipotesi di accusa - la frequentazione dell'abitazione del cugino. Segnala che l'esito negativo delle eseguite perquisizioni concorre nel privare la ricostruzione in chiave illecita dei suoi rapporti con (OMISSIS) di concreti addentellati sul piano fattuale. Il ricorrente - dopo avere notato come coerente con la sua estraneita' alla supposta associazione a delinquere e' il fatto che egli non sia stato raggiunto dalle accuse dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), pure prodighi di informazioni in merito all'attivita' illecita condotta da (OMISSIS), al cui fianco egli avrebbe stabilmente operato - rilegge gli elementi raccolti in ordine al rapporto con (OMISSIS), da un canto, e (OMISSIS), dall'altro, in un'ottica lecita, opposta a quella privilegiata dai giudici di merito. Allo stesso modo, eccepisce che il presunto intervento della madre, che si ipotizza finalizzato ad evitare che le forze dell'ordine trovassero lo stupefacente da lui detenuto e che concorre, secondo i giudici di merito, a dimostrare la fondatezza dell'impostazione accusatoria, e' smentito, oltre che dall'assenza di riscontri sul piano fattuale, dall'omesso coinvolgimento della donna nel presente procedimento penale, cui ella e' rimasta, per quanto consta, estranea. Obietta, in conclusione, che a suo carico si pongono, in definitiva, meri indizi, rimasti allo stadio embrionale e, comunque, non idonei a dimostrare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, la sua stabile militanza associativa. Con il secondo motivo, (OMISSIS) ascrive alla Corte di appello di avere ingiustificatamente disatteso la richiesta di qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6, e articolo 73, comma 5. Con il terzo motivo, dedicato al reato-fine di cui al capo C) della rubrica, (OMISSIS) rivolge le proprie critiche alle conclusioni raggiunte dai giudici di merito e segnala, in specie, la contraddittorieta' dell'affermazione della sua responsabilita', a fronte dell'assoluzione, per quei fatti, di (OMISSIS) e (OMISSIS), Ribadisce, per altro verso, di avere intrattenuto con (OMISSIS) e (OMISSIS) rapporti di natura lecita, in quanto collegati a prestazioni di lavoro da lui svolto per conto dei due, l'uno titolare di un ristorante, l'altro giostraio ambulante. Con il quarto ed ultimo motivo, deduce l'illegittimita' del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della irrogazione di una pena sproporzionata per eccesso rispetto alle condotte accertate. 14.2. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su motivi manifestamente infondati o non consentiti. La Corte di appello, orientandosi in continuita' con quanto gia' stabilito dal Giudice dell'udienza preliminare, ha mutuato il convincimento espresso dalla pubblica accusa in merito all'inquadramento del fenomeno delinquenziale oggetto di osservazione in una cornice schiettamente associativa, aspetto sul quale vanno ribadite, in questa sede, le argomentazioni spese all'atto della disamina del ricorso presentato da (OMISSIS), senz'altro utili in funzione del vaglio anche della posizione assunta, in seno al medesimo consesso, da (OMISSIS). La Corte di appello, alle pagg. 10-17 della sentenza impugnata, ha, infatti, respinto le obiezioni mosse dagli imputati che sono stati condannati per aver fatto parte dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata al capo B) della rubrica. Ha, in specie, ritenuto che le emergenze istruttorie attestino, in primo luogo, la riconducibilita' del fenomeno illecito oggetto di osservazione al paradigma descritto dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, ricostruito in ossequio agli indici enucleati, nel tempo, dalla giurisprudenza di legittimita'. Ha ricordato, in fatto, che l'indagine ha messo in luce la circolarita' dei rapporti tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' quelli tra (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che la costante presenza di (OMISSIS), braccio destro di (OMISSIS) e fedele esecutore delle sue disposizioni. Ha aggiunto che la multilateralita' delle relazioni tra i soggetti coinvolti ha reso evidente a ciascuno di loro che l'attivita' posta in essere andava ad iscriversi nella piu' vasta cornice dell'azione coordinata di un gruppo organizzato e che l'emersione, in alcuni casi, di stabili conti di dare ed avere tra i fornitori dell'associazione e la preferenza manifestata per l'immediata regolazione, in contanti, delle transazioni costituiscono ulteriore riscontro della dimensione permanente e collettiva degli illeciti accertati. La compagine, in altri termini, operava, secondo la prospettiva delineata dai giudici di merito, affidando la responsabilita' dei contatti con i fornitori a (OMISSIS), coadiuvato da (OMISSIS), a (OMISSIS), il quale si avvaleva di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed ai germani (OMISSIS), assistiti da correi la cui posizione e' stata separatamente definita. Tangibile era, d'altro canto, il tratto organizzativo, connesso alla continuita' degli approvvigionamenti, garantiti da una pluralita' di canali, e dell'attivita' di distribuzione, resa possibile dalle collaterali operazioni finalizzate alla custodia dello stupefacente e seguita dalle iniziative propedeutiche al recupero dei crediti maturati ed all'avvio di nuovi investimenti; il tutto, in un contesto segnato dalla limitata autonomia dei singoli, chiamati a rendere conto ai referenti di ogni, anche minimo, cambio di programma e pronti a recepire le direttive o concordare le future strategie. Con precipuo riferimento a (OMISSIS), la Corte salentina ha posto l'accento sulle conversazioni attestanti la sua familiarita', da un canto, con (OMISSIS), titolare di un ruolo sovraordinato e, in quanto tale, abilitato a rivolgergli ordini e, se del caso, reprimende, e, dall'altro, (OMISSIS), che egli, specularmente, incarica del recupero di crediti derivanti da pregresse transazioni di stupefacente, dei quali (OMISSIS) deve, a sua volta, dar conto a (OMISSIS). Il dialogo intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS) all'esito della perquisizione subita dal primo il 29 ottobre 2015 attesta, poi, il comune coinvolgimento in attivita' tali da suscitare l'interesse degli investigatori. Il percorso argomentativo che ha condotto i giudici di merito ad inferire la partecipazione associativa di (OMISSIS) si giova, pertanto, della considerazione, per un verso, della figura di (OMISSIS), attivo componente del sodalizio e gestore, in posizione di responsabilita', di almeno una parte dei traffici del gruppo, per la cui conduzione si avvale, tra gli altri, della sua cooperazione. La sinergica valutazione di tali elementi con la riscontrata esistenza di rapporti, pure di presumibile natura illecita, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) - lui pure a pieno titolo inserito nella compagine criminosa - supporta, dunque, la convinzione, espressa dai giudici di merito, che l'imputato sia stato stabilmente inserito in essa, con piena coscienza dell'esistenza del gruppo e dei connessi profili organizzativi, ed animato da sicura affectio societatis. La Corte di appello e' pervenuta a conclusioni aliene da travisamenti di emergenze istruttorie che sono state interpretate in modo non manifestamente illogico ne' contraddittorio, senza, per contro, debordare dai poteri riconosciuti, in via esclusiva, al giudice di merito. Rebus sic stantibus, il ricorrente articola, con il primo motivo, censure che non valgono ad incrinare la tenuta logica del provvedimento impugnato e che si dipanano lungo il sentiero della rivalutazione critica di emergenze istruttorie che, gia' sottoposte allo scrutinio di entrambi i giudici di merito, sono state interpretate in pieno ossequio a canoni razionali e che, per di piu', trovano ulteriore suggello, quanto al suo fattivo coinvolgimento nell'illecita attivita' di narcotraffico, nelle emergenze istruttorie che attengono, in particolare, al reato-fine ascritto a (OMISSIS) al capo C). L'architettura della critica difensiva si regge, in altri termini, sulla proposizione, per ciascuno degli elementi cui i giudici di merito hanno riconosciuto valenza indiziante, di obiezioni che si basano su possibili letture alternative o, piu' spesso, sulla ridotta valenza dimostrativa di ciascun indizio, ovvero su un approccio che, frutto della segmentazione e della separata considerazione del materiale disponibile, rinunzia a cogliere le reciproche interconnessioni tra le tessere del mosaico, che, opportunamente incastonate, tratteggiano un panorama complessivo idoneo ad attestare la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato. E' questa la luce attraverso la quale devono essere filtrate le obiezioni che (OMISSIS) riserva, via via: alla iscrizione dei rapporti con il cugino (OMISSIS) all'interno di dinamiche di tipo parentale anziche' delinquenziale; all'assenza di riscontri costituiti dal sequestro, in suo pregiudizio, di sostanze stupefacenti; al fatto che egli, a differenza di (OMISSIS), non e' stato inserito da (OMISSIS) e (OMISSIS) nel novero dei soggetti dediti al narcotraffico, circostanza che, va specificamente replicato, e' agevolmente spiegabile in ragione della peculiarita' del ruolo svolto da (OMISSIS) in seno al gruppo, concretatosi nell'affiancamento di (OMISSIS), leader di un sottogruppo, a sua volta posto in connessione, tramite (OMISSIS), con le altre cellule appartenenti alla stessa entita'. Non meritano miglior sorte le insistite obiezioni che il ricorrente dedica alle singole conversazioni - senza, peraltro, corredare le censure con la loro allegazione o integrale trascrizione, cio' che, come meglio chiarito nell'esame del ricorso di (OMISSIS), le rende irrimediabilmente generiche e, quindi, per cio' solo inammissibili - e che, attenendo al merito dell'imputazione piu' che alla sussistenza di uno dei vizi tassativamente indicati all'articolo 606 c.p.p. (come, d'altro canto, sembra desumersi dal fatto che il ricorrente, alla pag. 14 del libello introduttivo del presente giudizio, sembra rivolgersi alla Corte di appello per chiedere l'assoluzione dall'addebito associativo), sono senz'altro inidonee ad eccitare i poteri censori del giudice di legittimita'. Parimenti privo di pregio e' il secondo motivo, volto a reiterare doglianze, afferenti alla lieve entita' dei fatti accertati e, di conseguenza, alla minore offensivita' del reato necessariamente plurisoggettivo, che non trovano conforto nelle emergenze istruttorie, stando all'esegesi, logicamente sostenibile, che ne compiono i giudici di merito, concordi nel descrivere un fenomeno che, per la diffusivita' e la capillarita' dell'attivita' di distribuzione e rifornimento, la reiterazione delle forniture, la stabilita' dei rapporti tra i soggetti coinvolti, la forte solidarieta' interna, appare sintomatico di un vulnus tutt'altro che minimale ai beni - la salute pubblica, in primis - oggetto della tutela penale. Manifestamente infondato e', del pari, il terzo motivo. La Corte di appello da', in primo luogo, atto della correttezza delle considerazioni svolte dal primo giudice in ordine alla assidua dedizione di (OMISSIS) alla cessione a terzi dello stupefacente affidatogli, a tal fine, da (OMISSIS), sempre pronto a spronare il pusher a maggiore solerzia nel sollecito smistamento dei quantitativi assegnatigli e, ancor piu', nell'esazione dei crediti derivati dalla vendita. La stretta solidarieta' tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la sicura dedizione di entrambi, sia pure con una diversa collocazione gerarchica, a traffici di sostanze stupefacenti (e' utile ricordare, sul punto, che la decriptazione dell'oggetto dei dialoghi che coinvolgono (OMISSIS) e' agevolata dal riscontro costituito dal sequestro, nell'ottobre del 2015, cioe' nel periodo clou dell'indagine i cui esiti sono compendiati nel presente procedimento, del consistente quantitativo di cocaina, del peso di 426 grammi, di cui egli aveva la contingente disponibilita') fornisce ai giudici di merito il destro per interpretare in chiave illecita le vicende, contestate al capo C), che vedono (OMISSIS) impegnato a rifornire (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS). A questo proposito, il ricorrente, seguendo, ancora una volta, un'impostazione ispirata alla contro-argomentazione, pone l'accento su aspetti e questioni non idonei ad intaccare la coerenza del ragionamento sviluppato dalla Corte di appello. Sottolinea, in particolare, che sia (OMISSIS) che (OMISSIS) sono stati assolti dal reato loro contestato al capo C), esito processuale che, tuttavia, non e' stato determinato dal riconoscimento dell'insussistenza dell'addebito ma, piuttosto, dall'assenza di prova piana in ordine al loro coinvolgimento nella distribuzione al minuto dello stupefacente in favore di acquirenti che avevano in (OMISSIS) il loro diretto e primario punto di riferimento. Evidenzia che dalle conversazioni intercettate emerge soltanto che egli e' entrato in contatto con taluni soggetti, con i quali ha fissato incontri per ragioni che sono rimaste ignote, cosi' trascurando che, come detto, le ragioni sottese alla fissazione degli appuntamenti sono state ricostruite alla luce della complessiva considerazione dell'attivita' illecita da lui svolta in combutta con i soggetti sopra indicati, e del suo stabile inserimento in una compagine criminale dedita al narcotraffico. Ricorda di avere offerto una spiegazione alternativa dei rapporti intrattenuti sia con i (OMISSIS) che con (OMISSIS) che, pero', la Corte di appello, con argomentazioni ineccepibili, ha stimato del tutto inattendibile, non avendo egli fornito la benche' minima prova di avere, in quel periodo, lavorato, anche occasionalmente, alle dipendenze dei primi o aiutato il secondo nel montaggio e nel trasporto delle giostre da lui gestite. In relazione, infine, al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla commisurazione del trattamento sanzionatorio, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, che l'elevato livello di coinvolgimento di (OMISSIS) nelle dinamiche delinquenziali portate alla luce nel presente procedimento appare espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 15. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi L) e L1). Risponde di due episodi, risalenti, rispettivamente, al 14 ed al 17 novembre 2015, afferenti alla detenzione illecita ed alla cessione di grossi quantitativi di cocaina che, tramite (OMISSIS) e (OMISSIS), sarebbero pervenuti, almeno in parte, nella disponibilita' di (OMISSIS). 15.1. Propone, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su due motivi, in entrambi i casi lamentando violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo, deduce l'illegittimita' della decisione impugnata nella parte in cui assevera sia l'attendibilita' di (OMISSIS) che l'attitudine delle conversazioni intercettate a fungere da elemento di riscontro, addebitando alla Corte di appello di avere trascurato, al riguardo, lo sfasamento dei tempi e l'equivocita' delle comunicazioni, di avere indugiato nell'illogica ricostruzione che lo vede portarsi presso l'abitazione del correo, per trattare argomenti illeciti, in compagnia di moglie e figlia, e di essersi affidata, in ultima analisi, ad illazioni non adeguatamente riscontrate sul piano fattuale. Con il secondo motivo, si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche che egli avrebbe, ove si fosse tenuto adeguatamente conto di tutti i fatti all'uopo rilevanti, meritato. 15.2. Il ricorso e' imperniato su motivi infondati; nondimeno, deve accogliersi, in forza dell'effetto estensivo dell'impugnazione ex articolo 587 c.p.p., comma 1, ed in ragione della natura non esclusivamente personale della doglianza, quello, espressamente articolato dal correo (OMISSIS), vertente sulla duplicazione delle sanzioni, in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, per le rispettive fattispecie di detenzione e di cessione. 15.2.1. La Corte di appello, nel trattare l'impugnazione proposta da (OMISSIS), ha dato atto, in primis, delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), il quale ha riferito (cfr. sentenza di primo grado, pagg. 203-205) di avere da lui acquistato, in due distinte occasioni, cocaina del peso di un chilogrammo, una volta, e di un chilogrammo e mezzo, l'altra e specificato, tra l'altro, di non avere incontrato di persona, in quelle circostanze, (OMISSIS), il quale si era servito, all'uopo, del suo collaboratore (OMISSIS), e che alla transazione illecita avevano cooperato anche, a vario titolo, (OMISSIS), il di lui genero (OMISSIS) e (OMISSIS). I giudici di merito hanno, in proposito, ritenuto che la narrazione di (OMISSIS) sia intrinsecamente attendibile e debitamente riscontrata, ab externo, dalle conversazioni intercettate, con riferimento: alla familiarita' tra il collaboratore di giustizia (il quale ha esposto che, nell'estate del 2015, recatosi a casa sua, ove egli scontava una pena in regime di detenzione domiciliare, il correo si era dichiarato disponibile a soddisfare ogni sua esigenza) e (OMISSIS), confermata dalle conversazioni intercettate, che recano traccia dell'accenno, da parte di (OMISSIS), alla visita di (OMISSIS) che, il 16 ottobre 2015, era andato a trovarlo, con moglie e figlia; alla stretta relazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), attestata dalle frequenti comunicazioni tra i due, sovente afferenti alla conduzione di affari dall'oggetto non esplicitamente indicato, nonche' ai contatti, coevi alle vicende di interesse processuale, tra (OMISSIS), da un canto, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altro; alla ricostruzione dei due distinti episodi in contestazione, attuativi di un unico accordo criminoso, che ha contemplato una prima consegna, concordata e programmata il 9 novembre 2015 ed eseguita il 14 novembre 2015 (quella indicata al capo L, documentata dalle conversazioni trascritte alle pagg. 71-73 della sentenza impugnata) ed eseguita da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ed un secondo incontro, finalizzato all'ulteriore cessione, consumata il 17 novembre 2015, secondo quanto emerso dalle conversazioni, riportate alle pagg. 73-76, captate il 16 ed il 17 novembre 2015. La nitida ed univoca chiamata in correita' del collaboratore di giustizia ha, quindi, trovato riscontro nelle conversazioni sovra richiamate, che, secondo i giudici di merito, rassicurano circa la sua sincerita' nell'esporre dei traffici condotti unitamente a (OMISSIS). 15.2.2. Al cospetto di un iter argomentativo coerente, lineare e scevro da fratture razionali, il ricorrente si colloca, con il primo motivo, in una prospettiva di sterile confutazione, protesa a negare la piena attitudine probatoria degli elementi valorizzati dai giudici di merito. Eccepisce, quanto all'incontro tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che la presenza, nella circostanza, della moglie e della figlia del primo rende poco plausibile che, come apoditticamente ritenuto dalla Corte di appello, il meeting abbia rappresentato, per i due, occasione propizia per intavolare trattive finalizzate ad operazioni di cessione di consistenti partite di sostanze stupefacente. Osserva che le informazioni restituite dalle captazioni non offrono alcuna certezza in ordine al suo diretto e personale coinvolgimento nelle supposte operazioni criminose, ne' circa l'illiceita' dei rapporti da lui intrattenuti con (OMISSIS), ovvero in merito all'avere egli dato il la alle transazioni che sarebbero state eseguite per mano dello stesso (OMISSIS) nonche', dal lato degli acquirenti, da (OMISSIS) e (OMISSIS). Segnala che le indicazioni cronologiche e quantitative emergenti dalle conversazioni intercettate non coincidono con le corrispondenti indicazioni di (OMISSIS), il cui narrato si palesa, anche per questa ragione, inidoneo a sorreggere l'ipotesi di accusa. Cosi' facendo, il ricorrente abbraccia una prospettiva che, nell'apprezzare, sminuendola, la valenza di ciascun elemento indiziario, e segnatamente di quelli tratti dalla prova tecnica, finisce con il perdere di vista la costruzione del ragionamento seguito dalla Corte di appello, che muove dal contributo di (OMISSIS), che stima pienamente credibile, ed utilizza, in funzione di controllo esterno ed in pieno ossequio, dal punto di vista metodologico, alle prescrizioni dell'articolo 192 c.p.p., comma 3, gli esiti delle captazioni in chiave di riscontro esterno, prescindendo, con operazione giuridicamente ineccepibile, dal verificare l'autonoma attitudine probatoria di quanto appreso dagli ascolti. Fallaci si palesano, dunque, le obiezioni che si appuntano sull'assenza di diretta prova certa in ordine al contenuto dei dialoghi intercorsi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in occasione di un incontro che, cio' che piu' conta in questa sede, il primo ha descritto in termini che, quanto alla storicita' della relazione amicale con l'odierno ricorrente, risultano pienamente confermati dalle intercettazioni. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi in ordine alle conversazioni richiamate dalla Corte di appello che, a prescindere dalla precisa corrispondenza delle indicazioni quantitative, sono idonee a riscontrare le accuse di (OMISSIS) in ordine sia alle vicende di interesse processuale, complessivamente intese, ed al ruolo assunto, in quel contesto, da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in chiave individualizzante, alla posizione, defilata ma, non per questo, meno protagonistica, di (OMISSIS), desunta, tra l'altro, dai rapporti con (OMISSIS) e dal tenore delle affermazioni scambiate da (OMISSIS) e (OMISSIS) subito dopo l'incontro con il fornitore dello stupefacente svolto in localita' coincidente proprio con l'abitazione di (OMISSIS). La sentenza impugnata appare, sotto questo profilo, resistente alle obiezioni difensive perche' frutto di fedele applicazione del principio di diritto, da tempo cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "In tema di chiamata in correita', i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correita', purche' la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita'" (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01). 15.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravato da precedenti condanne, anche per reati di notevole offensivita', espressivi di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 15.2.4. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente alla separata contestazione, in relazione a ciascuna delle vicende oggetto di addebito, della condotta di detenzione e di quella di cessione, che i giudici di merito hanno reputato espressive di diversa, concorrente offensivita', tale da legittimare, per ciascuna di esse, la configurazione di una autonoma fattispecie criminosa e, riconosciuta la loro riconducibilita' ad un unico disegno criminoso, l'applicazione della disciplina del reato continuato. Al riguardo, premesso che, per quanto consta, nel caso concreto non e' possibile distinguere, dal punto di vista fattuale, la transazione illecita dalla condotta di detenzione che ne costituisce imprescindibile presupposto logico, pertinente appare il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di piu' condotte riconducibili a quelle descritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, quando unico e' il fatto concreto che integra contestualmente piu' azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualita' e vengono assorbite nell'ipotesi piu' grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente" (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, Ghitti, Rv. 270266 - 01; Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Merano, Rv. 246211 - 01). Dal disposto annullamento non segue il rinvio, potendosi, gia' in questa sede, procedere alla rideterminazione della pena mediante eliminazione degli aumenti per la continuazione c.d. "interna" a ciascuno dei due capi, stabilita, per il capo L), in tre mesi di reclusione e 1.178 Euro di multa, e, per il capo L1), in tre mesi di reclusione e 1.500 Euro di multa. La sanzione deve essere, pertanto, cosi' rideterminata: pena base per il capo L): anni 6 di reclusione ed Euro 25.822 di multa, aumentata di 3 mesi di reclusione ed Euro 1.500 di multa per la continuazione con il capo L1); pena totale: anni 6 e mesi 3 di reclusione ed Euro 27.322 di multa, ridotta, per la scelta del rito abbreviato, a quattro e due mesi di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. 16. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di otto anni e dieci mesi di reclusione per il delitto di associazione finalizzata al narcotraffico e per numerosi episodi qualificati ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. E' il corriere che, per conto di (OMISSIS), si occupa di prelevare e consegnare quantitativi di droga. Raggiunto dalle accuse di (OMISSIS), risulta coinvolto: - nella detenzione di due quantitativi di hashish, ceduti da (OMISSIS) a (OMISSIS), l'uno del valore di cinquemila Euro, l'altro del peso di 2,900 kg. (capo Gl, condotte risalenti, rispettivamente al 3 ottobre ed all'1 novembre 2015); - nella cessione di grossi quantitativi di droga di varia natura (hashish, marijuana, cocaina a (OMISSIS) (capi H e H1, epoca di consumazione: (OMISSIS)); - nella cessione a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di tre kg. di marijuana (capo 12, fatto risalente al (OMISSIS)); - nell'acquisto di un kg. di cocaina da (OMISSIS) e (OMISSIS), tramite (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo L1, fatto commesso il (OMISSIS)); - nell'acquisto di quantitativi di cocaina da (OMISSIS) (capo M, fatto commesso tra (OMISSIS)); - nella cessione di vari quantitativi di cocaina a (OMISSIS) e (OMISSIS) (capo N, esteso a tutto il 2015); - nella cessione di vari quantitativi di cocaina in favore di (OMISSIS) (capo P, condotta protrattasi sino a dicembre 2015). I giudici di merito ne ritengono la militanza associativa in ragione della partecipazione ad una miriade di reati-fine, della strettissima solidarieta' con (OMISSIS), nonche' della dimostrata consapevolezza dell'esistenza di un'organizzazione facente capo a (OMISSIS) ed ai fratelli (OMISSIS). 16.1. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su cinque motivi. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per avere la Corte di appello omesso di spiegare le ragioni sottese al rigetto dell'obiezione, mossa sia in primo che secondo grado, vertente sull'omessa trascrizione di conversazioni intercorse tra soggetti che parlavano stretto dialetto salentino, peraltro nelle sue diverse declinazioni, nonche' sull'arbitraria traduzione in lingua italiana delle conversazioni medesime, sostanzialmente stravolte nel loro significato. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge per avere la Corte di appello disatteso l'impugnazione in relazione all'addebito associativo pur in carenza di precise informazioni circa il ruolo che egli avrebbe svolto in seno alla consorteria criminale e, prima ancora, la stabilita' dei suoi rapporti con essa. Nota, vieppiu', che il fallimentare esito dell'operazioni di acquisto di un kg. di cocaina dimostra che tale compagine non era in grado di produrre risultati significativi dal punto di vista economico. Contesta l'identificazione, operata grazie all'appellativo " (OMISSIS)" che, pero', non lo ha mai contraddistinto, essendo egli chiamato, invece, " (OMISSIS)" e rileva che le accuse mosse a suo carico da (OMISSIS) - il quale, peraltro, non lo inserisce nel novero dei soggetti intranei al sodalizio dedito al narcotraffico -trovano plateale smentita nel fatto che egli non e' chiamato a rispondere di alcun reato in combutta con i germani (OMISSIS), insieme ai quali si assume, nondimeno, che egli abbia operato. Con il terzo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge con riferimento all'omessa qualificazione della condotta associativa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6. Con il quarto motivo, lamenta, ancora, violazione di legge per avere la Corte di appello indebitamente ritenuto, pur in assenza di congrui riscontri di natura obiettiva, anche in ordine alla percentuale di principio attivo contenuta nella droga commerciata e sulla base degli elementi tratti esclusivamente dalle intercettazioni e dalla parola di (OMISSIS), che le conversazioni captate abbiano avuto realmente ad oggetto sostanza stupefacente e che le condotte accertate, e qualificate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, non possano essere reputate di lieve entita'. Con il quinto ed ultimo motivo, si duole dell'omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato, sostiene, per la modestia del curriculum criminale ed il buon comportamento post delictum, e della fissazione di aumenti per la continuazione sproporzionati per eccesso rispetto all'obiettiva dimensione degli illeciti commessi. 16.2. Il ricorso e' inammissibile perche' incentrato su censure manifestamente infondate o non consentite. Per quanto concerne l'omessa trascrizione delle conversazioni intercettate, va, innanzitutto, ricordato, con la giurisprudenza di legittimita', che "L'omessa trascrizione delle conversazioni registrate nella fase delle indagini preliminari, senza che le parti ne abbiano fatto richiesta, non determina alcuna inutilizzabilita' dei risultati del mezzo di ricerca della prova, ne' una nullita' di ordine generale, ai sensi dell'articolo 178 c.p.p., della sentenza emessa all'esito di rito abbreviato che si fondi sugli stessi, costituendo la trascrizione effettuata con le forme della perizia la mera trasposizione grafica del contenuto dei dialoghi captati" (Sez. 3, n. 7392 del 19/12/2018, dep. 2019, Monterisi, Rv. 275852 - 01), avuto riguardo, vieppiu', al fatto che la prova e' costituita dalla bobina o dalla cassetta (Sez. 1, n. 41632 del 03/05/2019, Chan Wantong, Rv. 277139 - 01; Sez. 3, n. 2507 del 28/10/2021, dep. 2022, Schiariti, Rv. 282696 - 01). Escluso che la sentenza impugnata possa dirsi viziata in ragione dell'omessa trascrizione, in se', delle conversazioni, le ulteriori obiezioni articolate, sul punto, dal ricorrente si palesano del tutto inconsistenti ed aspecifiche, perche', come gia' puntualmente sancito, con opportune citazioni giurisprudenziali, dalla Corte di appello alle pagg. 79-80 della sentenza impugnata, formulate in chiave ipotetica e non affiancate da precisi riferimenti a parole, frasi o brani oggetto di travisamento. Non dissimili sono i rilievi che si impongono in relazione al secondo ed al terzo motivo, con i quali (OMISSIS) svolge considerazioni, afferenti alla sussistenza dell'associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico ed alla sua stabile militanza in tale compagine, che non si emancipano da un approccio ispirato alla confutazione ed alla proposizione di letture alternative di emergenze istruttorie delle quali giudici di merito hanno offerto una interpretazione esente da qualsivoglia frattura razionale. La Corte di appello ha - come gia' detto all'atto di delibare i ricorsi di altri imputati - debitamente tratteggiato le coordinate di una compagine criminale che, imperniata su una pluralita' di sottogruppi, operanti in parziale autonomia ma strettamente interconnessi tra di loro, ha curato, in un lasso temporale significativo, l'approvvigionamento e la distribuzione, sul territorio di Lecce e della sua provincia, di consistenti partite di droga di varia natura (cocaina, soprattutto), attivita' posta in essere grazie ad una struttura relativamente stabile, che contemplava anche una, almeno tendenziale, ripartizione dei ruoli, ed alla cospicua disponibilita' di uomini, mezzi, fonti di finanziamento. In questo contesto si inserisce la figura di (OMISSIS), chiamato in causa da (OMISSIS), di cui e' fidato collaboratore e su cui incarico provvede, a seconda dei casi, al trasporto dello stupefacente oppure a garantire, in altra forma, ausilio sul piano logistico, ed autore di numerosi e gravi reati-fine. A quest'ultimo proposito, il ricorrente, con il quarto motivo, si limita ad eccepire, in modo tangibilmente ed inesorabilmente generico, il difetto di prova in ordine all'oggetto dei dialoghi registrati ed a quantita', qualita' e purezza della sostanza trafficata, cosi' rinunziando a confrontarsi con il piu' ampio e composito ragionamento svolto dai giudici di merito che, partendo dall'apporto del collaboratore di giustizia, hanno ricostruito le singole vicende in termini coerenti con l'ipotesi di accusa ed incompatibili con l'apprezzamento della ridotta offensivita' dei fatti oggetto di addebito. La partecipazione ai predetti episodi criminosi costituisce, sotto altro aspetto, primario riscontro alla tesi, la cui fondatezza i giudici di merito hanno sancito, spendendo argomenti ineccepibili, che assegna a (OMISSIS) la veste di stabile partecipe del gruppo, consapevole della dimensione collettiva dell'attivita' illecita cui egli contribuisce e mosso da sicura affectio societatis. La solidita' delle conclusioni raggiunte da Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello non e' minimamente intaccata dalle obiezioni del ricorrente, che si appuntano su singoli e non decisivi profili, quali quelli afferenti: all'essere egli identificato con un determinato diminutivo (che non elide il fortissimo elemento costituito dall'intestazione alla figlia delle utenze telefoniche sulle quali sono state registrate le conversazioni delle quali egli e' indicato come protagonista): all'incertezza di un riconoscimento (che si giova, in realta', di una pluralita' di convergenti elementi) affidato alla sola familiarita' degli investigatori con la sua voce; all'assenza di contestazioni che lo vedano rispondere di reati-fine in concorso con i fratelli (OMISSIS) (circostanza che non incide, sminuendola, sull'asserzione di (OMISSIS), di indubbia rilevanza in ottica associativa e non necessariamente legata a specifici addebiti, a dire del quale (OMISSIS) curava la consegna della droga che egli forniva agli (OMISSIS)); al negativo risultato, sul piano economico, di una determinata transazione (che non esclude la complessiva attitudine dei traffici accertati a generare, in capo ai responsabili, lauti guadagni). Rebus sic stantibus, del tutto infondata appare la doglianza difensiva che verte sull'omessa riqualificazione del reato associativo ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74, comma 6. In relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, che l'elevato livello di coinvolgimento di (OMISSIS) nelle dinamiche delinquenziali portate alla luce nel presente procedimento appare espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Il ricorrente deduce, infine, la sproporzione per eccesso della misura degli aumenti per la continuazione, contenuta, per sua stessa ammissione, nel range previsto dal legislatore, senza in alcun modo irrobustire con argomentazioni in fatto ed in diritto una doglianza che, per questa ragione, si mantiene largamente al di sotto della soglia di ammissibilita'. 17. (OMISSIS). E' stato condannato, in grado di appello, alla pena di un anno ed otto mesi di reclusione e 667 Euro di multa perche' ritenuto responsabile del reato contestatogli al capo D3), consistito nella reiterata cessione, tra il 23 ed il 24 settembre 2015, a (OMISSIS) e (OMISSIS) di sostanza stupefacente di tipo imprecisato, fatto la cui prova e' affidata in via esclusiva all'espletata attivita' di intercettazione. 17.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su due motivi, con il primo dei quali eccepisce vizio di motivazione per avere la Corte di appello ricostruito le vicende oggetto di addebito travisando i dati disponibili che, con riferimento all'episodio del 23 settembre 2015, non dimostrano, a suo modo di vedere, che, in quella giornata, ebbe luogo la ventilata consegna, da parte sua, di sostanze stupefacenti. Aggiunge, in relazione alla vicenda del giorno seguente, che (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono di un soggetto, del quale non conoscono i recapiti, che non puo' essere identificato con lui, coinvolto solo in ragione del fugace contatto con (OMISSIS), con il quale egli concorda, per le ore 19:00, un incontro al Bar Sport sulla cui finalita' ed il cui esito nulla e' dato sapere. Evidenzia, dunque, la fragilita' dell'ipotesi di accusa, non suffragata da elementi che, sul piano obiettivo, confortino l'illazione che individua l'oggetto dei dialoghi captati in una o piu' transazioni di sostanza stupefacente che (OMISSIS) - fornitore pronto a venire in ausilio dei correi, alle prese con la contingente impossibilita' ad approvvigionarsi tramite altri canali e che, tuttavia, non e' mai stato chiamato in causa dal collaboratore di giustizia (OMISSIS) - avrebbe procurato e consegnato agli acquirenti. Ulteriori segni dell'inconsistenza del compendio indiziario raccolto a suo carico si rinvengono, prosegue il ricorrente, nella sporadicita' dei contatti con (OMISSIS) e (OMISSIS), circoscritti ad appena due giorni, e nell'omessa esecuzione di servizi di osservazione atti a confermare la conclusione dell'accordo illecito e la sua esecuzione. Cio' che resta, rileva, sono alcune conversazioni, dal tenore fortemente equivoco, del tutto inidonee a dimostrare che egli abbia detenuto sostanza stupefacente e la abbia ceduta ai presunti correi. Con il secondo ed ultimo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche e di quella del danno patrimoniale di particolare tenuita'. Rileva, in proposito, che la Corte territoriale gli ha irrogato una pena eccessiva e sproporzionata rispetto all'effettiva portata dei fatti contestati, senza operare la necessaria individualizzazione della pena ne' considerare, specificamente, la marginalita' e l'occasionalita' del suo coinvolgimento e la minima offensivita', in termini quantitativi, della condotta illecita da lui posta in essere, tale da legittimare l'applicazione dell'attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 4). 17.2. Il ricorso e' inammissibile perche' incentrato su censure manifestamente infondate o non consentite. 17.2.1. La Corte di appello ha preso le mosse dalle conversazioni del 22 settembre 2015, che mettono in luce la difficolta' di (OMISSIS) a tenere fede all'impegno preso con (OMISSIS), cui egli ha promesso la consegna di una partita di sostanza stupefacente, da reperire grazie all'ausilio di fornitori brindisini che, pero', non erano stati in grado di dar seguito a quanto convenuto. (OMISSIS), a quel punto, si rivolge, tramite (OMISSIS), a (OMISSIS), indicato come il "gemello" (l'imputato ha, in effetti, un gemello di nome (OMISSIS)), che si professa disponibile alla transazione, cui viene dato immediato corso nella stessa serata del 23 settembre 2015. Il giorno seguente, (OMISSIS) viene nuovamente contattato per una nuova consegna, in funzione della quale fissa con (OMISSIS) un appuntamento per le ore 19:00. Cio' posto, il ricorrente affida la confutazione della ricostruzione della vicenda operata dalla Corte di appello alla diversa interpretazione di alcune tra le conversazioni ivi indicate, che reputa prive della necessaria univocita' in ordine alla storicita' delle presunte transazioni illecite, alla determinazione del loro oggetto, all'individuazione del fornitore. La censura e', nondimeno, generica, perche' sostenuta dalla trascrizione, in molti casi neanche integrale, di una parte delle conversazioni utilizzate dagli investigatori (restano escluse, in particolare, quelle di cui ai progressivi nn. 638, 647 e 675) e non anche dalla produzione dei relativi allegati all'informativa di reato, tutti indicati nelle decisioni di merito (cfr., in specie, la sentenza di primo grado, pagg. 155-156), cio' che, di fatto, impedisce la verifica dell'effettiva sussistenza dei denunciati profili di manifesta illogicita'. Pertinente si palesa, sul punto, il richiamo all'indirizzo ermeneutico secondo cui "In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericita', i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicita' o contraddittorieta' della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione" (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta, Rv. 263601). 17.2.2. In relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravato da precedenti condanne, espressive di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Sul punto, appare opportuno, in replica alle obiezioni svolte con il secondo motivo di ricorso, aggiungere, da un canto, che il trattamento sanzionatorio, parametrato al minimo edittale, non appare ictu oculi sproporzionato per eccesso rispetto all'entita' dei fatti in contestazione, rappresentati da una duplice fornitura, nel giro di appena ventiquattro ore di sostanza stupefacente, e, dall'altro, che ineccepibili sono le considerazioni che la Corte di appello ha dedicato all'impossibilita' di ritenere la speciale tenuita' dell'evento dannoso o pericoloso (l'offesa alla salute pubblica) conseguito alla commissione, da parte di (OMISSIS), dei reati ascrittigli e, quindi, di applicare, nei suoi confronti, la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 c.p., n. 4. 18. (OMISSIS). E' stata condannata, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 28.000 Euro di multa per il reato di cui al capo O). Ella avrebbe, da febbraio a dicembre 2015, cooperato alla distribuzione al minuto di cocaina che piu' volte, in partite di circa cinquanta grammi per volta, avrebbe, al pari di (OMISSIS), acquistato da (OMISSIS) (che la chiama in correita') e (OMISSIS). 18.1. (OMISSIS) articola, con il ministero degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorso per cassazione imperniato su tre motivi. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per essere i giudici di merito pervenuti all'affermazione della sua penale responsabilita' sulla base delle dichiarazioni accusatorie di (OMISSIS) che, tuttavia, non possono dirsi adeguatamente riscontrate, come, peraltro, indirettamente ma univocamente dimostrato dall'assoluzione dei presunti correi (OMISSIS) e (OMISSIS), decisione che si pone in rapporto di evidente contraddizione con quella resa nei suoi confronti. Ricorda di avere profuso, con riferimento anche all'attitudine delle conversazioni captate a confermare quanto esposto dal collaboratore di giustizia, ampio impegno nella redazione dell'atto di appello, svolgendo considerazioni che la Corte salentina ha, nondimeno, ingiustificatamente trascurato. Segnala, in particolare, che gli elementi ricavati dalle intercettazioni non possono essere legittimamente addotti a riscontro delle parole di (OMISSIS), il quale, contrariamente a quanto emerso, le ha addebitato il coinvolgimento nell'attivita' di approvvigionamento di cocaina, con frequenza mensile, nella misura circa cinquanta grammi per volta e per il periodo intercorso tra febbraio e dicembre del 2015. Con il secondo motivo, eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello indebitamente disatteso la censura vertente sulla qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, comma 1, anziche' del comma 5, che sarebbe stata imposta dall'assenza di precise informazioni in ordine alla quantita' della sostanza trafficata ed alla percentuale di principio attivo in essa contenuta. Lamenta, in proposito, che la Corte territoriale, mal interpretando le pertinenti disposizioni di legge e l'esegesi compiuta, in relazione ad essi, dalla giurisprudenza di legittimita', ha erroneamente valorizzato il dato della non occasionalita' della condotta illecita che, in realta', non osta, in se', al riconoscimento della lieve entita' del fatto. Osserva, in particolare, che, qualora si ritenesse che la configurabilita' dell'ipotesi meno grave presuppone l'episodicita' dell'attivita' criminale, il reato minore sarebbe difficilmente configurabile, poiche', se lo spaccio e' finalizzato all'arricchimento di chi se ne rende responsabile, e' piu' che plausibile che la condotta di cessione al minuto si inserisca in una serie di reati analoghi, posti in essere al precipuo scopo di rendere profittevole l'attivita'. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte di appello ha giustificato sulla base del solo precedente specifico dal quale ella e' gravata e senza tener conto delle circostanze di senso contrario debitamente evidenziate con l'atto di appello, quale l'assenza di carichi pendenti e di condanne per fatti successivi a quelli in contestazione. 18.2. Il ricorso e' inammissibile perche' vertente su doglianza manifestamente infondate o non consentite. 18.2.1. La Corte di appello, nel trattare l'impugnazione proposta dalla (OMISSIS), ha dato atto, in primis, delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), che ha riferito di averla rifornita, per un certo periodo, di partite di cocaina, del peso di circa cinquanta grammi ciascuna, che ella riceveva in conto vendita per poi distribuirle soprattutto nei locali e nelle discoteche della provincia di Lecce. La nitida ed univoca chiamata in correita' del collaboratore di giustizia ha trovato riscontro nelle conversazioni intercettate a partire dal settembre 2015, dalle quali i giudici di merito (cfr. pagg. 101-103 della sentenza impugnata) hanno tratto il convincimento secondo cui i frequenti contatti tra i due, con l'episodica partecipazione di (OMISSIS), fido collaboratore di (OMISSIS) nell'attivita' di narcotraffico, erano finalizzati al reperimento ed alla consegna di sostanza stupefacente. La Corte di appello ha valorizzato, a questo proposito: la personalita' dei soggetti coinvolti; la loro assidua frequentazione in una zona, la piazzetta (OMISSIS), notoriamente teatro di attivita' di spaccio; la cripticita' delle conversazioni, contenenti soventi allusioni al desiderio della donna di procurarsi qualcosa che (OMISSIS) non e' sempre e' in grado di fornirle; l'assenza di spiegazioni alternative, neppure prospettate dalla (OMISSIS), che concorre ad accreditare la ricostruzione operata dagli investigatori in ordine alle ragioni sottese alle conversazioni intercettate ed alla natura degli scambi in essere preannunciati o richiesti e da attribuire alle captazioni attitudine al riscontro delle propalazioni del collaboratore di giustizia. Al cospetto di un iter argomentativo coerente, lineare e scevro da fratture razionali, la ricorrente si colloca, con il primo motivo, in una prospettiva di sterile confutazione, che si appunta, per un verso, sull'assoluzione dei correi Secondo e (OMISSIS) che, deve tuttavia replicarsi, non e' discesa dall'attribuzione a (OMISSIS) di una patente di inaffidabilita' ma, piuttosto, dalla inidoneita' delle captazioni a fungere da riscontri individualizzanti nei confronti di quegli imputati (cfr. la sentenza di primo grado, pagg. 226-230, per la (OMISSIS), e 215, quanto a (OMISSIS)). Non merita miglior sorte l'ulteriore obiezione mossa dalla ricorrente, concernente la non corrispondenza tra l'indicazione quantitativa di (OMISSIS) e le informazioni restituite dalle intercettazioni che, e' facile replicare, rilevano in quanto confermano, dall'esterno, l'attendibilita' della chiamata in correita', attestando che (OMISSIS) e la (OMISSIS) erano impegnati, nell'autunno del 2015, in attivita' coincidente con quella descritta dal collaboratore. L'attitudine delle conversazioni registrate a fungere da riscontro individualizzante, con riferimento sia al fatto in contestazione che alla persona che si assume esserne stata autrice, non e', in altre parole, minimamente sminuita dall'assenza, nei dialoghi riportati dalla Corte di appello, di esplicite indicazioni in ordine alla qualita' ed alla quantita' della sostanza trattata, dati che, invece, si ricavano dalle dichiarazioni di (OMISSIS). La sentenza impugnata appare, sotto questo profilo, resistente alle obiezioni difensive perche' frutto di fedele applicazione del principio di diritto, da tempo cristallizzato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo cui "In tema di chiamata in correita', i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correita', purche' la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioe' riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilita' dello stesso all'imputato, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita'" (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 - 01; Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep. 2007, Alabiso, Rv. 235800 - 01). 18.2.2. Parimenti inammissibile e' il secondo motivo di ricorso, con il quale la (OMISSIS) contesta il percorso argomentativo attraverso il quale la Corte di appello e' pervenuta al rigetto della richiesta di riqualificazione della condotta nella meno grave ipotesi del fatto di lieve entita'. Sul punto, e' sufficiente rinviare a quanto gia' ampiamente esposto all'atto del vaglio di analoghe censure articolate da altri ricorrenti ed aggiungere, con specifico riferimento alla posizione della (OMISSIS), che i giudici di merito hanno ritenuto, in termini alieni da qualsivoglia deficit logico e perfettamente aderenti alle evidenze disponibili, che la reiterazione della ricezione, in un consistente lasso temporale, di quantitativi non minimali di sostanza stupefacente, da destinare ad un'attivita' di spaccio capillare e continuativa, ed il raccordo dell'azione criminosa con l'operativita' di una compagine organizzata e di soggetti, quale (OMISSIS), che si sono dimostrati capaci di garantire un adeguato flusso di rifornimento concorrono nel precludere la qualificazione del fatto in termini di ridotta offensivita'. 18.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e tenuto conto, anzi, dell'essere (OMISSIS) gravata da un precedente specifico, espressivo di non marginale proclivita' al crimine - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 19. (OMISSIS). E' stato condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 Euro di multa per i reati di cui ai capi L) e L1), dei quali gia' si e' detto all'atto della disamina del ricorso di (OMISSIS), in concorso con il quale (OMISSIS) avrebbe ceduto a (OMISSIS) e (OMISSIS) un quantitativo non modico di cocaina, il 14 novembre 2015, e, quindi, due chilogrammi della stessa sostanza, a distanza di appena tre giorni. 19.1. (OMISSIS), rappresentato dall'avv. (OMISSIS), sviluppa tre motivi di ricorso, con i quali eccepisce, costantemente, violazione di legge e vizio di motivazione. Con il primo motivo, lamenta che la Corte di appello abbia omesso di rispondere alle molteplici e radicali obiezioni sollevate in relazione ai capisaldi dell'impostazione accusatoria, a partire dalla razionalita' del procedimento attraverso il quale si e' pervenuti alla sua identificazione e dal giudizio di attendibilita' del quale (OMISSIS) e' stato, al riguardo, gratificato. Sottopone, quindi, a stringente revisione critica la ricostruzione di vicende dei quali gli stessi investigatori, in altra parte dell'informativa, hanno offerto un'opposta lettura, e che sconta, peraltro, l'assenza di prova certa della conclusione dell'accordo e dell'effettiva consegna della sostanza stupefacente. Con il secondo motivo, (OMISSIS) deduce l'illegittimita' della qualificazione dei fatti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 1, anziche' dei successivi commi 4 e/o 5, che sarebbe stata imposta dalla mancanza di dati certi circa natura e quantita' della sostanza stupefacente, nonche' dal rilievo che egli, lungi dal poter contare su un'ampia struttura organizzativa, ricorreva a mezzi domestici e grossolani. Con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche che egli avrebbe, ove si fosse tenuto adeguatamente conto di tutti i fatti all'uopo rilevanti e, in particolare, della sua condizione di pregressa incensuratezza, meritato; eccepisce, ulteriormente, l'arbitrarieta' della duplicazione, mediante applicazione di aumenti a titolo di continuazione, delle pene irrogate per condotte, quali quelle di detenzione e cessione, che, nel caso concreto, non hanno autonoma e distinta offensivita'. 19.2. Il ricorso e' imperniato su motivi infondati, fatte eccezione per quello vertente sulla duplicazione delle sanzioni, in relazione a ciascuno dei capi di imputazione, per le rispettive fattispecie di detenzione e di cessione, che deve, invece, essere accolto. 19.2.1. In linea generale, puo' rinviarsi, per la descrizione delle vicende illecite alle quali (OMISSIS) avrebbe contribuito, a quanto sopra esposto nell'esame del ricorso di (OMISSIS), atteso che, in quelle occasioni, (OMISSIS) avrebbe agito quale longa manus di (OMISSIS). (OMISSIS), con il ricorso per cassazione, ripropone, innanzitutto, le obiezioni gia' svolte davanti alla Corte di appello con riferimento alla certezza della sua identificazione, questione che, deve tuttavia replicarsi, i giudici di merito hanno trattato funditus e con argomenti calzanti ed appropriati. La Corte di appello ha, in specie, osservato che la descrizione operata da (OMISSIS) - a dire del quale il trafficante che agiva su mandato di (OMISSIS) si chiamava (OMISSIS) (come l'imputato), era un po' piu' alto di lui ed aveva circa quarant'anni ( (OMISSIS), al tempo, era trentaseienne) - ha trovato pieno avallo nel residuo compendio istruttorio, giacche' il soggetto che, utilizzando due diverse utenze, ha interloquito a piu' riprese con (OMISSIS) e (OMISSIS) e' stato compiutamente identificato in (OMISSIS) grazie al servizio di osservazione eseguito il 16 novembre 2015. In tale occasione, invero, gli investigatori riconobbero de visu, avendone pregressa conoscenza, (OMISSIS) quale soggetto che, giunto a bordo della Mercedes intestata proprio a (OMISSIS), si incontro' con (OMISSIS) e (OMISSIS) e intrattenne con loro conversazioni, captate all'interno del veicolo nella disponibilita' di questi ultimi, di elevatissima valenza indiziante. Considerato che l'accertamento compiuto il 16 novembre 2015 ha consentito agli investigatori di ricostruire - grazie alla titolarita' delle utenze ed alla distinzione, con successiva associazione, delle voci dei parlatori - la partecipazione di (OMISSIS) anche ai fatti dei giorni precedenti, di assoluta fragilita' si palesano le censure che il ricorrente dedica alla consistenza delle indicazioni offerte da (OMISSIS) in merito all'identita' del braccio destro di (OMISSIS) ed alla complessiva attivita' che ha consentito di pervenire alla compiuta (ed in effetti incontrovertibile) sua identificazione. Non merita miglior sorte la residua doglianza sviluppata, con il primo motivo, dal ricorrente, il quale reitera - per di piu' senza corredare il suo dire con l'allegazione o l'integrale riproduzione delle evocate emergenze istruttorie, cio' che rende la censura, per questa parte, generica per carenza di autosufficienza - le obiezioni riferite all'anomala contestazione, in immediata successione, di reati che vedono (OMISSIS), da un parte, e (OMISSIS) e (OMISSIS), dall'altra, assumere, reciprocamente e nel giro di pochi giorni, le opposte vesti di venditori ed acquirenti che, gia' sottoposte all'attenzione della Corte di appello, sono state da quel giudice disattese (cfr., in particolare, pagg. 92-93 della sentenza impugnata) in forza di considerazioni scevre da tangibili fratture razionali, con le quali il ricorrente omette di confrontarsi. 19.2.2. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso, afferente alla qualificazione giuridica della condotta in contestazione. Per quanto concerne la qualita' della sostanza commerciata, le dichiarazioni di (OMISSIS), che ha descritto un traffico di cocaina, risultano confermate dai sequestri effettuati nell'ambito del presente procedimento (si pensi a quelli operati in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), arrestato, nell'ottobre 2015, nella flagrante disponibilita' di 426 grammi di cocaina, (OMISSIS) e (OMISSIS)), che hanno avuto costantemente ad oggetto - con l'unica eccezione di un episodio, che, pero', ha visto il coinvolgimento di alcuni soggetti, (OMISSIS) e (OMISSIS), che non appartengono al novero di coloro che sono stati tratti a giudizio in questa sede - droga c.d. "pesante", si' da giustificare, sul piano sia logico che storico, l'inquadramento della vicenda contestata a (OMISSIS) in adesione alla prospettazione del collaboratore di giustizia, che, come acutamente osservato dalla Corte di appello, trova ulteriore conferma nell'univoco accenno, operato da (OMISSIS) in un contesto dialettico di chiaro tenore illecito, alla "bianca", termine che, nel gergo dei narcotrafficanti, identifica la cocaina. Con riferimento, poi, al coefficiente di offensivita' del fatto, la reiterazione dei rifornimenti, il considerevole dato ponderale e la dimensione economica del traffico, emergente dalle dichiarazioni di (OMISSIS) e confermata dalle conversazioni intercettate, sostengono la decisione impugnata nella parte in cui esclude, a prescindere dalla determinazione del grado di purezza della sostanza commerciata, cioe' dalla percentuale di principio attivo in essa contenuto, l'inquadramento del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5. 19.2.3. In relazione, da ultimo, al diniego delle circostanze attenuanti generiche, valgono - in assenza di segni di resipiscenza o di altri elementi suscettibili di favorevole valutazione e a dispetto dell'assenza di precedenti condanne, elemento in se' privo di rilevanza decisiva, tanto piu' al cospetto di una condotta criminosa di notevole gravita' - i rilievi svolti all'atto dell'esame delle posizioni, tra le altre, di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). 19.2.4. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente alla separata contestazione, in relazione a ciascuna delle vicende oggetto di addebito, della condotta di detenzione e di quella di cessione, che i giudici di merito hanno reputato espressive di diversa, concorrente offensivita', tale da legittimare, per ciascuna di esse, la configurazione di una autonoma fattispecie criminosa e, riconosciuta la loro riconducibilita' ad un unico disegno criminoso, l'applicazione della disciplina del reato continuato. Al riguardo, premesso che, per quanto consta, nel caso concreto non e' possibile distinguere, dal punto di vista fattuale, la transazione illecita dalla condotta di detenzione che nel costituisce imprescindibile presupposto logico, pertinente appare il richiamo al consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui "In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di piu' condotte riconducibili a quelle descritte dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, quando unico e' il fatto concreto che integra contestualmente piu' azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualita' e vengono assorbite nell'ipotesi piu' grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente" (Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, Ghitti, Rv. 270266 - 01; Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009, dep. 2010, Merano, Rv. 246211 - 01). Dal disposto annullamento non segue il rinvio, potendosi, gia' in questa sede, procedere alla rideterminazione della pena mediante eliminazione degli aumenti per la continuazione c.d. "interna" a ciascuno dei due capi, stabilita, per il capo L), in tre mesi di reclusione e 1.178 Euro di multa, e, per il capo L1), in due mesi di reclusione e 1.500 Euro di multa. La sanzione deve essere, pertanto, cosi' rideterminata: pena base per il capo L): anni 6 di reclusione ed Euro 25.822 di multa, aumentata di 4 mesi di reclusione ed Euro 1.500 di multa per la continuazione con il capo L1); pena totale: sei anni e quattro mesi di reclusione e 27.322 Euro di multa, ridotta, per la scelta del rito abbreviato, a quattro, due mesi e venti giorni di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. 20. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita'", alla declaratoria dell'inammissibilita' dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonche' quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo A) e al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all'aumento per la continuazione, che elimina, e ridetermina la pena in un anno e quattro mesi di reclusione e 3.442,66 Euro di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS). Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente all'aumento per la continuazione interna ai reati di cui ai capi L) e L1), che elimina, e ridetermina la pena, nei confronti di (OMISSIS), in quattro anni e due mesi di reclusione e 18.214,66 Euro di multa e, nei confronti di (OMISSIS), in quattro anni, due mesi e venti giorni di reclusione e 18.214,66 Euro di multa. Rigetta nel resto i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS). Rigetta il ricorso di (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TARDIO Angela - Presidente Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere Dott. RUSSO Carmine - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 20/01/2022 della CORTE ASSISE APPELLO di ROMA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LOY MARIA FRANCESCA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avvocato (OMISSIS), del foro di ROMA, in difesa di (OMISSIS), che conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 20 gennaio 2022 la Corte di assise di appello di Roma ha confermato quella con cui la Corte di assise della stessa citta', il 28 aprile 2021, ha dichiarato (OMISSIS) colpevole dei reati di cui: a) agli articoli 110 e 56 c.p., articolo 628 c.p., comma 3, n. 1), perche' in concorso col defunto (OMISSIS) - facendo ingresso nel bar tabacchi "(OMISSIS)", entrambi con volto travisato da casco e scaldacollo alzato sul naso; (OMISSIS), impugnando la rivoltella Colt. Cal. 38 special e dirigendosi dietro il banco cassa, puntando la rivoltella contro (OMISSIS), padre della titolare del bar, intimandogli di consegnarli il denaro della cassa; quindi, alla viva reazione della vittima, ingaggiando una violenta colluttazione con la stessa, esplodendo diversi colpi di arma da fuoco, per procurarsi l'impunita' - compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto di rapina pluriaggravata, non realizzatosi per cause indipendenti dalla propria volonta'; b) agli articoli 110 e 81 c.p., articolo 61 c.p., n. 2, L. 2 ottobre 1967, n. 895, articoli 2, 4 e 7, perche', per commettere il delitto di cui al capo a), in concorso con (OMISSIS), illegalmente deteneva e portava fuori dalla propria abitazione una rivoltella Colt, cal. 38, caricata con 6 cartucce, nonche' una pistola semiautomatica Beretta, cal. 9 x 21; c) agli articoli 110 e 648 c.p., articolo 61 c.p., n. 2), perche' a scopo di profitto e per commettere il delitto di cui al capo a), in concorso con (OMISSIS), acquistava o comunque riceveva la pistola Beretta, provento del delitto di rapina in danno di (OMISSIS); d) agli articoli 110 e 648 c.p., articolo 61 c.p., n. 2), perche' a scopo di profitto e per commettere il delitto di cui al capo a), acquistava o comunque riceveva uno scooter Kymco 150, provento di furto; e) agli articoli 56 e 575 c.p., articolo 576 c.p., n. 1), articolo 61 c.p., n. 2), perche', nelle circostanze di cui al capo a) e per assicurarsi l'impunita', esplodendo tre colpi con la rivoltella Colt, cal. 38, attingendo con un 2Proiettile alla coscia (OMISSIS) a distanza ravvicinata, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto di omicidio aggravato; f) agli articoli 82 e 575 c.p., articolo 576 c.p., n. 1), 61, n. 2), perche' esplodendo con la rivoltella Colt, cal. 38, tre colpi, di cui uno attingeva al torace il complice, cagionava la morte di (OMISSIS); g) all'articolo 697 c.p., perche', presso l'abitazione di (OMISSIS), deteneva illegalmente n. 10 cartucce cal. 6,35; e, uniti i reati sotto il vincolo della continuazione e ritenuta la contestata recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, lo ha condannato alla pena dell'ergastolo, con isolamento diurno per sei mesi, oltre che al pagamento delle spese processuali, e gli ha applicato le sanzioni accessorie previste per legge. 2. In fatto, e' stato accertato, sulla base delle testimonianze acquisite e delle videoriprese delle telecamere del bar tabaccheria "(OMISSIS)", sito in (OMISSIS), ove sono state consumate le condotte delittuose: - che, intorno alle ore 19:00 del (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) si sono recati, a bordo di uno scooter di provenienza furtiva, presso il bar tabaccheria "(OMISSIS)", ciascuno travisato e armato di pistola carica, pure di provenienza delittuosa, con l'intento di commettere una rapina, sfociata, nell'arco di pochi secondi, nel ferimento di (OMISSIS), padre della titolare della tabaccheria, e nell'uccisione di (OMISSIS); - che, appena entrati nel locale, (OMISSIS) si e' dedicato a sorvegliare la sala, impugnando la pistola come strumento di controllo dell'intera area, mentre (OMISSIS) si e' diretto nella zona della cassa scommesse che, puntando minacciosamente l'arma sul fianco di (OMISSIS), gli ha intimato di aprire; - che dall'immediata reazione della vittima e' scaturita una colluttazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che ha consentito al secondo di sospingere il rapinatore verso il centro della sala, farlo cadere al suolo e sovrastarlo al fine di disarmarlo, in cio' adiuvato dall'azione della moglie e di uno dei dipendenti dell'esercizio commerciale; - che, nel tentativo di prestare soccorso al complice, (OMISSIS) si e' avvicinato a (OMISSIS) con il braccio alzato, al fine di colpirlo con il calcio della pistola; in quell'istante, egli e' stato, tuttavia, attinto al petto da uno dei tre colpi esplosi, in rapida successione, da (OMISSIS) che, nel frattempo, ancora schiena a terra, non aveva mai distolto il dito dal grilletto, indirizzando l'arma verso il bacino di (OMISSIS) e, indirettamente, di (OMISSIS), il quale, portando le braccia al petto, si e' accasciato al suolo ed ha lasciato cadere la pistola a terra; - che (OMISSIS) ha, quindi, cercato di recuperare l'arma per utilizzarla contro (OMISSIS) e, quindi, darsi alla fuga, obiettivo non raggiunto per il pronto intervento della moglie del barista, che ha allontanato con i piedi la Beretta di (OMISSIS), che ha poscia consegnato all'Ispettore di P.S. (OMISSIS), portatosi sul posto per avere uditi gli spari. 3. Tale ricostruzione del tragico episodio criminoso ha indotto i giudici di primo grado a ritenere (OMISSIS) responsabile di tutte le imputazioni delittuose contestategli: egli, invero, resosi conto dell'impossibilita' di portare a termine la rapina, poiche' ormai bloccato e sovrastato dalla persona offesa, avrebbe posto in essere una condotta delittuosa volta a conseguire l'impunita' dal reato di rapina e diretta a cagionare il grave ferimento o la morte del soggetto passivo, cosi' palesando un atteggiamento psicologico ascrivibile alla categoria del c.d. dolo alternativo. La dinamica del fatto, ha ulteriormente rilevato la Corte di assise, integra, altresi', tipica ipotesi di aberratio ictus, istituto previsto dall'articolo 82 c.p., che ricorre allorquando l'offesa viene cagionata, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, a persona diversa da quella alla quale essa era diretta: tanto, in ragione del fatto, evidente, che (OMISSIS) agi', con dolo omicidiario, in pregiudizio di (OMISSIS) e, solo per errore nei mezzi di esecuzione, attinse il complice (OMISSIS). Il riscontrato errore non incide sulla responsabilita' penale, sicche' l'imputato risponde di omicidio volontario, a prescindere dalle intenzioni e salva l'applicazione dell'articolo 60 c.p. in relazione alla sussistenza delle aggravanti e attenuanti: in tal caso, infatti, non sono poste a suo carico le circostanze aggravanti che riguardano la qualita' della persona offesa, mentre sono valutate le attenuanti, quantunque supposte per errore. 4. Con la sentenza qui impugnata, la Corte di assise di appello ha integralmente disatteso l'impugnazione proposta da (OMISSIS) avverso la decisione di primo grado. In rito, ha stimato inammissibile, ai sensi dell'articolo 585 c.p.p. e per tardivita', la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale intesa alla visione, nel contraddittorio, dei filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza. Nel merito, la Corte ha separatamente analizzato i due segmenti dell'azione delittuosa: l'uno, relativo al delitto di rapina e comprendente i reati-satellite di ricettazione, riciclaggio e porto illegale di armi; l'altro, riguardante l'omicidio, nella forma tentata e consumata. Ha, specificamente, ritenuto che (OMISSIS) si e' reso autore, in combutta con il defunto (OMISSIS), di una tentata rapina propria, essendosi egli determinato a commettere il delitto, a scopo di profitto patrimoniale, munendosi di mezzi di travisamento e di fuga, nonche' di armi cariche che dovevano servire, asseritamente, al mero scopo di incutere timore ai presenti. La Corte di assise di appello, dopo avere ribadito che l'azione criminosa non e' stata coronata da successo per cause indipendenti dalla volonta' dell'agente, ha ricondotto in via esclusiva la violenza e la minaccia adoperate, sotto forma di intimidazione e aggressione di (OMISSIS) con la pistola, alla volonta' di sottrazione e di impossessamento del bene mobile altrui e qualificato, di conseguenza, la condotta illecita in termini di rapina propria, anziche' impropria, come sostenuto dall'appellante. I giudici di appello hanno, quindi, affermato che la pronta e veemente reazione della vittima ha ingenerato in (OMISSIS) la determinazione cosciente e volontaria di cagionare la morte di (OMISSIS), unico modo per riuscire a fuggire ed a guadagnare l'impunita'. (OMISSIS) - a giudizio della Corte di assise di appello - non ha desistito dall'azione, una volta fallita la rapina, abbandonando o abbassando l'arma, che ha, invece, continuato ad impugnare, puntandola contro il corpo del barista e sparando quattro colpi, di cui tre andati a segno, con l'intento di ucciderlo. Il numero delle munizioni esplose e la rapida successione dei colpi concorre, nella ricostruzione della Corte romana, a comprovare la franca volonta' omicida dell'imputato. Per quanto concerne l'aberratio ictus, la Corte ha reputato l'irrilevanza dell'errore sul soggetto passivo, avendo l'imputato cagionato un'offesa normativamente identica a quella che egli intendeva provocare, sicche', tenuto conto del fatto che l'identita' della persona offesa non e' requisito del fatto tipico e non fa parte dell'oggetto del dolo, e' logico che egli risponda come se avesse commesso il reato che, originariamente, si era rappresentato ed aveva voluto. Con riferimento all'elemento soggettivo, ha concluso, in linea con quanto gia' statuito dai giudici di primo grado, che (OMISSIS) ha agito spinto da dolo diretto e non eventuale, giacche' egli, lungi dal limitarsi a prevedere ed accettare il rischio, si e' rappresentato ed ha voluto l'evento ed ha agito per perseguirlo. Ha ricordato, in proposito, che, in mancanza di circostanze che evidenzino ictu oculi l'animus necandi, valore determinante e' assunto dall'idoneita' dell'azione a produrre l'evento offensivo, che va apprezzata in concreto sulla base di una prognosi formulata ex post, avendo riguardo, tra l'altro, al tipo di arma impiegata e alla sua attitudine offensiva, alla direzione e all'intensita' dei colpi, alla zona del corpo attinta, nonche' alla distanza del bersaglio. Muovendo, in diritto, da tale postulato, la Corte di assise di appello ha rimarcato che (OMISSIS), in quello specifico contesto, aveva precisa cognizione della micidialita' dell'arma impugnata e contezza, altrettanto nitida, delle conseguenze letali che sarebbero scaturite, in modo certo o altamente probabile, dal suo azionamento mediante ripetuta pressione sul grilletto in direzione del bersaglio, condotta che egli ha, cio' nonostante, deliberatamente tenuto nella coscienza dell'impossibilita' di conseguire aliunde l'impunita'. Parallelamente, ha ritenuto l'arbitrarieta' della riqualificazione del fatto nel reato di omicidio preterintenzionale, prospettata dall'appellante, il cui contegno, ha sottolineato, non e' stato sorretto dalla mera intenzionalita' di percuotere o provocare lesioni, in quanto permeato da una consapevolezza che, proprio in virtu' di alcuni indicatori esterni all'azione, attesta la volonta' di cagionare la morte quale conseguenza diretta dell'agire. 5. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato, nel complesso, a quattro motivi, che saranno enunciati, in ossequio al disposto dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con il primo, eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 576 c.p., comma 1, n. 1), nella parte in cui rinvia all'articolo 61 c.p., n. 2), per violazione del principio di offensivita' in relazione agli articoli 3, 27 e 24 Cost. e articolo 25 Cost., comma 2. Il ricorrente dubita della conformita' a Costituzione dell'assetto normativo delineato dall'articolo 576 c.p., stando al quale, una volta provata la strumentalita' della condotta omicidiaria al fine dell'impunita', l'omicidio deve ritenersi aggravato dalla presenza del nesso teleologico, con conseguente, necessaria applicazione della pena dell'ergastolo, non modulabile - se non attraverso il riconoscimento di circostanze attenuanti da sottoporre a bilanciamento ex articolo 69 c.p. - neanche nell'eventualita' che l'imputato abbia agito perche' mosso da dolo diretto anziche' intenzionale. Segnala che, in tal modo, l'irrogazione di una pena fissa, quale l'ergastolo, in via automatica e senza possibilita' di gradazione, discende dall'applicazione di un'aggravante che, nondimeno, non appare idonea a catalizzare un disvalore ulteriore rispetto all'in se' del fatto omicidiario, tale da giustificare il salto qualitativo in termini sanzionatori dalla pena temporanea a quella perpetua, cio' che, a suo giudizio, comporta una grave violazione dei principi di offensivita' e di proporzionalita', nonche' del principio inerente al fine rieducativo della pena. Ne', aggiunge, tale meccanismo puo' dirsi adeguatamente temperato dal possibile bilanciamento con le circostanze attenuanti che, nota, opera solo in via meramente eventuale ed e', peraltro, precluso in un caso, come quello in esame, in cui non vi e' spazio per l'applicazione di attenuanti comuni o generiche. Appare, del resto, irragionevole, continua il ricorrente, la necessitata irrogazione della massima sanzione, che rischia di tradursi, in concreto, in una risposta sproporzionata per eccesso rispetto all'effettiva gravita', sul piano sia oggettivo che soggettivo, del fatto accertato, avuto riguardo, vieppiu', all'atteggiamento psicologico dell'agente, che finisce con il perdere qualsiasi rilievo, ed al notevole salto di qualita' della pena che consegue all'applicazione della circostanza aggravante del nesso teleologico. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione alla valutazione della prova ex articoli 192, 585 e 603 c.p.p., con particolare riferimento alla mancata visione delle immagini registrate dalle telecamere installate all'interno dell'esercizio commerciale che e' stato teatro dei fatti di causa, nonche' violazione e falsa applicazione degli articoli 56 e 575 c.p., per insufficienza e contraddittorieta' della motivazione. Sottolinea, al riguardo, che l'attenta disamina, in contraddittorio, delle riprese delle telecamere sarebbe stata di capitale importanza perche' avrebbe potuto condurre ad una valutazione degli eventi sensibilmente diversa da quella compiuta dai giudici di merito. A dire del ricorrente, invero, non sarebbe dato individuare con precisione il momento in cui i colpi lesivi furono esplosi ne' risalire all'identita' dell'autore, atteso che le immagini riproducono una colluttazione assai confusa, nell'ambito della quale (OMISSIS), tangibilmente sopraffatto, non ha capacita' alcuna di controllare il puntamento dell'arma o la pressione del grilletto. (OMISSIS) evidenzia, ancora, che la disamina di filmati ed immagini consente di cogliere l'assenza di una volonta' omicidiaria che, se sussistente, lo avrebbe senz'altro indotto a cogliere le plurime occasioni di ferimento mortale di (OMISSIS) che egli, invece, non ha sfruttato. Eccepisce, anche sotto questo aspetto, che la Corte di assise di appello ha acriticamente mutuato, quanto alla ricostruzione dei fatti di causa, le valutazioni compiute in primo grado, che non ha sottoposto alla dovuta revisione critica, previo diretto accesso alle registrazioni disponibili, anche con riferimento all'esplosione, in sequenza, di tre colpi, che i giudici di merito hanno reputato espressione di volonta' omicida a dispetto del fatto che le immagini non consentono di comprendere, quanto agli ultimi due, come e verso dove l'arma sia stata puntata. Qualora, infatti, il giudice dell'appello avesse visionato i filmati si sarebbe reso conto, opina (OMISSIS), del fatto che i colpi sono stati esplosi in un frangente diverso da quello in cui ha avuto luogo la colluttazione e che le immagini non ritraggono l'arma, cio' che, con ogni evidenza, osta, tanto piu' non potendosi apprezzare il puntamento della pistola, alla possibilita' di desumere, con il prescritto coefficiente di certezza, dalla mera reiterazione degli spari una franca volonta' omicidiaria in capo all'imputato. Il ricorrente ascrive, dunque, alla Corte di assise di appello di avere rinunziato a prendere una sua reale e autonoma posizione sulle specifiche censure mosse con l'atto di impugnazione, individuando il momento degli spari sulla base della gestualita' corporea di alcuni avventori, secondo quanto esposto dal giudice di primo grado, le cui conclusioni ha mutuato senza porsi in confronto con le censure ritualmente articolate con l'atto di appello. Aggiunge, con riferimento alla specifica doglianza relativa al fatto che egli, una volta ingaggiata la colluttazione con (OMISSIS) al di fuori della cassa scommesse, ha perso la capacita' di controllo e di puntamento dell'arma, che la Corte di assise di appello ha omesso il doveroso esame di tale dirimente motivo di impugnazione e si e' limitata a riproporre le risultanze degli accertamenti balistici, silenti in ordine all'effettivo dominio sull'arma e, quindi, alla capacita' di puntamento verso l'obiettivo asseritamente avuto di mira. La circostanza che egli, subito dopo la reazione della vittima, si e' astenuto, in prima battuta, dallo spararle, significativa dell'assenza di volonta' omicida, e' stata, d'altro canto, indebitamente negletta, a giudizio del ricorrente, dalla Corte di assise di appello, che pure era stata sollecitata a riconsiderare, al riguardo, la statuizione del giudice di primo grado che, invece, ha riproposto in forza di un approccio apodittico e stereotipato, in tal modo vanificando, in buona sostanza, la funzione dell'appello. Con il terzo motivo, (OMISSIS) lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 575 c.p. per mancanza degli elementi costitutivi, oggettivo e soggettivo, della condotta, nonche' insufficienza e contraddittorieta' della motivazione, travisamento della prova e violazione e falsa applicazione del canone di giudizio fissato dall'articolo 533 c.p.p.. Il ricorrente rileva, in proposito, che la visione in contraddittorio dei filmati avrebbe consentito di appurare che, al momento della colluttazione, egli e' stato sovrastato dal contraddittore, successivamente coadiuvato dalla moglie e da alcuni avventori, e che, nel momento in cui, presumibilmente, fu esploso il colpo che cagiono' la morte del (OMISSIS) sull'arma vi era, oltre alla sua mano, quella di (OMISSIS). Considerato, allora, che le immagini riproducono una colluttazione assai confusa, nell'ambito della quale egli viene sopraffatto, con conseguente compromissione della capacita' di controllo e puntamento dell'arma e, vieppiu', restituiscono una rappresentazione del fatto nell'ambito della quale non ricorre, proprio nel momento fondamentale dell'esplosione del colpo che ha colpito (OMISSIS), una chiara visione di quali forze siano state esercitate sulla stessa, appare impossibile, in definitiva, affermare con certezza, id est al di la' di ogni ragionevole dubbio, che il puntamento dell'arma e il tiro del grilletto della stessa siano stati frutto di una condotta e di una forza a lui riferibili in maniera autonoma e consapevole. Ribadisce, sul punto, di avere, sin dall'interrogatorio di garanzia, precisato che egli, avendo avuto, in un primo momento, la possibilita' di neutralizzare (OMISSIS) sparandogli, non si e' avvalso di tale facolta', cosi' dimostrando, nei fatti, di non essere animato da dolo omicida, e specifica che la situazione e' radicalmente mutata una volta iniziata la colluttazione, ovvero quando egli ha, di fatto, perso il pieno controllo sulla pistola, circostanza che lo ha indotto a cercare di recuperare quella gia' nella disponibilita' di (OMISSIS) e, poscia, caduta in terra quando il complice, attinto mortalmente, si e' accasciato in terra. Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente eccepisce violazione di legge in ordine all'asserito tentato omicidio di (OMISSIS) ed all'omicidio di (OMISSIS), riproponendo, in sostanza, le censure gia' articolate all'atto di lamentare la violazione dell'articolo 603 c.p.p.. Ascrive, in specie, alla Corte di assise di appello di essere incorsa in travisamento della prova laddove non si e' soffermata sulla concreta impossibilita' di identificare attraverso quale puntamento e quali forze, esercitate sull'arma, sia in concreto avvenuta l'esplosione dei colpi ed ha omesso di considerare che il filmato descrive una colluttazione assai accesa durante la quale, per quanto interessa questo secondo momento, l'arma non e' piu' visibile, ne' e' piu' visibile il momento dell'esplosione del secondo e del terzo colpo - espulsi, peraltro, in unica soluzione, a causa di uni' malfunzionamento della cartuccia e rinvenuti, pertanto fusi all'interno del corpo di (OMISSIS) -, ne', ancora, e' possibile dire con certezza quante mani vi fossero sull'arma o ricostruire il puntamento dell'arma. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto. 2. La proposta eccezione di legittimita' costituzionale, per quanto espressamente riferita alle conseguenze, sul piano sanzionatorio, dell'applicazione della circostanza aggravante dell'essere stato commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a se' o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunita' di un altro reato, fornisce al ricorrente il destro per svolgere ampie considerazioni critiche in merito alla compatibilita' della pena perpetua con i principi consacrati nella Carta costituzionale - in primo luogo con quello, stabilito all'articolo 27, comma 3, per cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato - e nelle Convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia. Il tema e' stato, sotto questo aspetto, compiutamente sceverato dalla giurisprudenza costituzionale, che, in molteplici occasioni, ha costantemente ribadito, a partire dalla sentenza n. 264 del 1974 e fino a quella n. 168 del 1994, l'infondatezza della prospettazione del contrasto tra l'ergastolo, da un canto, e l'articolo 27 Cost., comma 3, e 3 CEDU, dall'altro, in ragione della possibilita', riconosciuta dal vigente ordinamento penitenziario, di accedere, al cospetto dei requisiti di legge, alla liberazione condizionale, istituto valorizzato, nella medesima ottica, dalle pronunzie, in argomento, della Corte EDU (cfr., tra le altre, Sez. 2, 11/10/2011, Schuchter c. Italia, n. 68476/10). Tale posizione e' stata, del resto, mutuata, senza eccezione alcuna, dalla successiva produzione della giurisprudenza di legittimita', ferma nell'escludere, in termini che il Collegio condivide e fa propri, il denunziato contrasto tra la previsione dell'ergastolo ed il principio rieducativo, in considerazione "della connotazione polifunzionale della sanzione, comprensiva delle finalita' di prevenzione, generale e speciale, nonche' di difesa e di rieducazione sociale, e della previsione di una disciplina di esecuzione della pena che consente di escluderne in concreto la perpetuita'" (Sez. 1, n. 28579 del 17/03/2022, Caputo, Rv. 283510 - 01),e nel rilevare che "la pena dell'ergastolo, a seguito dell'entrata in vigore dell'ordinamento penitenziario, ha cessato di essere una pena perpetua e quindi non puo' dirsi contraria al senso di umanita', essendo, peraltro, non incompatibile con la grazia e con la possibilita' di un reinserimento incondizionato del condannato nella societa' libera" (Sez. 1, n. 34199 del 12/04/2016, Aguila Rico, Rv. 267656 - 01; Sez. 1, n. 33018 del 29/03/2012, Esposito, Rv. 253430 - 01), come, del resto, attestato dall'elaborazione giurisprudenziale della Corte EDU, che ha ritenuto la pena dell'ergastolo compatibile con i principi di cui all'articolo 3 CEDU, in tutti quei casi in cui la legislazione nazionale consente al soggetto adulto la possibilita' di riesame della pena stessa per commutarla, sospenderla, porvi fine o accordare la liberazione anticipata. 2.1. In questa cornice va inquadrata la questione sollevata dal ricorrente con il primo motivo, che investe, piu' specificamente, la ragionevolezza di una disciplina, quale quella a lui applicata in virtu' del riconoscimento, in relazione agli addebiti di natura omicidiaria, dell'aggravante del nesso teleologico, che determina un sensibile aggravamento di pena, transitandosi da una sanzione temporanea, modulabile tra un minimo ed un massimo in funzione dei criteri previsti dall'articolo 133 c.p., ad una perpetua e fissa, quale l'ergastolo. L'obiezione non coglie nel segno, perche' prende le mosse dalle conseguenze, sul piano sanzionatorio, dell'applicazione di una delle circostanze aggravanti elencate all'articolo 576 c.p. e articolo 577 c.p., comma 1, ovvero dall'apprezzamento di elementi del fatto, afferenti alla sua dimensione obiettiva (quale, ad esempio, l'avere l'agente adoperato sostanze venefiche) o soggettiva (quale la condizione di latitante del reo), che il legislatore ha stimato idonee ad accrescerne il coefficiente di disvalore. Esaminata da quest'angolo prospettico, la piu' severa considerazione riservata alle condotte omicide che siano funzionale alla realizzazione di un diverso reato o a consentire a chi ne sia autore di conseguirne il prezzo, il prodotto o il profitto o di procurarsi, per esso, l'impunita' appare scevra da rilevanti deficit di ragionevolezza e costituisce frutto di una discrezionale scelta del legislatore, insindacabile nell'ottica segnalata dal ricorrente. Ne', va opportunamente aggiunto, possono censurarsi, alla luce degli invocati parametri costituzionali, le modalita' operative individuate dal legislatore, che ha stimato che l'accresciuta gravita' della condotta omicidiaria imponga - in tutti i casi, si ribadisce, elencati all'articolo 576 c.p. e articolo 577 c.p., comma 1, -l'irrogazione della pena perpetua, la cui eventuale mitigazione puo' derivare dal riconoscimento di circostanze attenuanti da sottoporre a giudizio di bilanciamento ex articolo 69 c.p.. E' questo, invero, lo spazio che il giudice di merito puo', in siffatti casi, utilizzare, ove lo ritenga, per attribuire rilievo alle concrete connotazioni della condotta, anche sul piano dell'elemento soggettivo, restando, altrimenti, vincolato all'applicazione della pena perpetua, dalla cui fissita' non discende, per le ragioni sopra gia' esposte, alcun contrasto con i precetti costituzionali. 3. Preliminarmente all'esame dei residui motivi, avendo il ricorrente articolato doglianze anche ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), appare opportuno rilevare che detta disposizione, nel prevedere il sindacato sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, non abilita il giudice di legittimita' ad effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo la Corte di cassazione limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni svolte dal giudice di merito per motivare il suo convincimento. La mancanza, la manifesta illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono, invero, possedere una consistenza tale da risultare percepibili ictu oculi, restando il sindacato al riguardo circoscritto a rilievi di macroscopica evidenza, mentre restano ininfluenti le minime incongruenze e devono considerarsi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano concettualmente incompatibili con la decisione adottata; sempre che, ovviamente, siano spiegate in modo razionale ed adeguato, e senza vizi giuridici, le ragioni del convincimento (in tal senso, conservano validita' i principi affermati da Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Deve, ancora, escludersi per il giudice di legittimita' la possibilita' di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonche' i motivi di ricorso su di essi imperniati" e quindi "di fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi", cio' che "si risolverebbe in una impropria riedizione del giudizio di merito e non assolverebbe alla funzione essenziale del sindacato sulla motivazione" (Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621), ovvero di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o di adottare nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559). 4. Cio' posto, i tre motivi con i quali (OMISSIS) contesta la legittimita' della decisione impugnata si imperniano su una premessa comune, che attiene alla congruita' delle risposte fornite dalla Corte di assise di appello alle doglianze articolate con l'impugnazione proposta avverso la decisione di primo grado. Il giudice di appello, in proposito, ha programmaticamente richiamato, facendovi integrale rinvio e mutuandone i contenuti, l'iter motivazionale seguito dalla Corte di assise, sicche' il vaglio delle censure articolate con il ricorso per cassazione deve essere compiuto in ossequio al canone, comune presso la giurisprudenza di legittimita', secondo cui "Il giudice di legittimita', ai fini della valutazione della congruita' della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Rv. 266617 - 01). Ora, la Corte di assise, alle pagg. 17-22 e, poi, 24-28 della sentenza di primo grado, ha analizzato funditus le emergenze istruttorie relative allo svolgimento del drammatico episodio del quale (OMISSIS) e' stato protagonista. Ha, in particolare, rilevato che le plurime fonti probatorie acquisite confortano in pieno l'impostazione accusatoria e smentiscono, per contro, la versione offerta dall'imputato, tesa a circoscrivere la propria responsabilita' per l'omicidio di (OMISSIS) ed il tentato omicidio di (OMISSIS) sul rilievo dell'accidentalita' dei colpi esplosi dalla rivoltella Colt. Tanto, in ragione del fatto, hanno scritto i giudici capitolini, che (OMISSIS) "nel corso della colluttazione, ha tenuto sempre saldamente impugnata (la rivoltella Colt) nella mano destra, diverse immagini evidenziando anche come tenesse il dito sul grilletto mentre lo (OMISSIS) tentava di disarmarlo e, comunque, cercava di trattenergli la mano proprio per evitare che potesse colpirlo". La Corte di assise ha, altresi', dato conto dell'obiezione difensiva che, nel tentativo di porre in dubbio il carattere doloso dell'azione omicida, fa leva sull'essersi trovato (OMISSIS), nella prima fase, in condizione tale da potere neutralizzare, sparandogli, (OMISSIS), che gli stava di fronte, che ha disatteso sulla scorta delle "video riprese relative ai momenti in cui i due sono dietro la cassa, che non mostrano affatto un'azione di afferramento delle mani da parte dello (OMISSIS), ma piuttosto come questi abbia preso l'imputato in maniera particolare, infilando la testa sotto la sua ascella, cosi' da impedirgli di puntargli la pistola e facendolo cadere in terra di schiena (vedi, in particolare, le riprese della telecamera Ch7...; vedi anche deposizione della persona offesa e del teste oculare (OMISSIS))". Analogamente, ha ricordato che, a dire di (OMISSIS), nella seconda fase della colluttazione, una volta fuori dal banco dedicato alle scommesse, alcune persone, in numero compreso tra due e quattro, sarebbero intervenute, unitamente alla moglie di (OMISSIS), e, nel tentativo di dar manforte alla vittima, che gli bloccava la mano destra, armata, lo avrebbero spinto da tergo, aggredito violentemente e fatto cadere. L'imputato, in altre parole, ha negato di essere stato animato da intento omicidiario e ha affermato piuttosto, concentrato i propri sforzi al fine di impadronirsi del denaro e fuggire e di avere attivamente resistito all'azione di (OMISSIS), astenendosi dal consentirgli di impadronirsi dell'arma che egli teneva saldamente in pugno, per il timore che il commerciante, venuto in possesso della pistola, lo uccidesse. La Corte di assise ha stimato la totale inattendibilita' di tale versione, contraddetta gia' dalle riprese delle telecamere, che escludono, in particolare, la presenza di persone ulteriori, rispetto ai coniugi (OMISSIS), sino alla fase finale della colluttazione, ovvero sino al momento in cui, essendo stati (OMISSIS) e (OMISSIS) attinti dai colpi fuoriusciti dalla Colt, un dipendente ed il cliente (OMISSIS) sono intervenuti riuscendo, finalmente e non senza fatica, a disarmare l'odierno ricorrente. Ha ricordato, ulteriormente, che le circostanze descritte da (OMISSIS) sono state, tutte, "smentite dalle illustrate riprese delle telecamere e da quanto dichiarato dallo (OMISSIS) e dagli altri testi, da cui e' provato che nessuno ha afferrato alle spalle l' (OMISSIS) e percio' egli sia caduto a terra, dove e' finito, invece, per la pronta reazione della vittima", ed aggiunto che "tantomeno risulta, come gia' evidenziato, che vi sia stato l'intervento di terzi (oltre lo (OMISSIS) e la moglie) nei momenti cruciali della colluttazione, in cui ha esploso i tre colpi con la Colt". La Corte di assise, ancora, ha affermato che "Le video riprese e dettagli immagine, al contrario, mostrano ripetutamente che l' (OMISSIS) impugnava la Colt proprio in direzione della vittima, come dalla medesima dichiarato" e che "Soprattutto, il foro d'ingresso e la traiettoria dei (OMISSIS) che hanno rispettivamente attinto lo (OMISSIS) e il (OMISSIS), come accertati, dimostrano che i colpi sono stati esplosi a distanza assai ravvicinata mentre egli teneva l'arma correttamente impugnata con la mano destra, trovandosi steso schiena a terra, sovrastato dallo (OMISSIS) e dal (OMISSIS), avvicinatosi per prestargli supporto; e che in quel preciso momento egli puntava l'arma in direzione del bacino dello (OMISSIS), come sopra ampiamente esposto (in particolare, vedi dettaglio immagini 5 e 6; esame della persona offesa e del CT Sacchetti di cui sopra)". A fronte, allora, dell'asserzione, da parte di (OMISSIS), secondo cui il primo colpo sarebbe partito accidentalmente durante la caduta e quelli residui avrebbero dovuto essere ascritti all'azione di (OMISSIS) e/o di coloro che lo hanno coadiuvato nella reazione, che avrebbe determinato l'involontaria pressione sul grilletto, la Corte di assise ha, seccamente, replicato che "invece, e' provato che fu proprio lui ad esplodere, attraverso l'azione necessaria del premere il grilletto, portandolo a fondo e poi tirando ancora, come ha chiarito il teste (OMISSIS)" e rilevato, inoltre, che "Le riprese delle telecamere e i dettagli immagine smentiscono anche la circostanza specifica, ripresa dall' (OMISSIS) nel corso dell'esame dibattimentale (...) che la moglie dello (OMISSIS), intervenuta nel corso della colluttazione, gli avrebbe puntato la pistola (del complice) in faccia e percio' avrebbe temuto per la sua vita", risultando, piuttosto "come la (OMISSIS) sia stata pronta a spingere velocemente la pistola del (OMISSIS) lontano e non a caso, dal momento che l' (OMISSIS) stava provando a recuperarla con la mano sinistra che aveva libera". Il giudice di primo grado ha, ulteriormente, segnalato che "riprese delle telecamere e dichiarato testimoniale evidenziano che non ha desistito dall'azione, mollando l'arma, neppure quando si rese conto che il (OMISSIS) era stato attinto, cercando anche di recuperarne la pistola, e quanto sia stato faticoso disarmarlo da parte dello (OMISSIS), coadiuvato dalla moglie, dal dipendente e dal (OMISSIS)". La ricostruzione dei fatti di causa operata dal giudice di merito ha indotto il convincimento che (OMISSIS) abbia agito animato, in pregiudizio di (OMISSIS), da dolo diretto, nella forma del dolo alternativo. Egli, invero, era pienamente consapevole, a giudizio delle Corti romane (il punto e' ripreso e sviluppato dalla Corte di assise di appello alla pag. 23 della sentenza impugnata), sia della offensivita' del mezzo adoperato che delle conseguenze, facilmente prevedibili, della condotta realizzata, in tal senso deponendo, e' stato a chiare lettere ribadito, che l'istruttoria dibattimentale ha escluso la possibilita' di un'esplosione accidentale dei colpi di pistola sia sotto un profilo strettamente tecnico che alla luce di quanto emerso dalle immagini registrate, dalle dichiarazioni rese dai testimoni e dagli esiti degli accertamenti balistici e medico-legali. (OMISSIS), quindi, ha agito con previsione e volizione, in via alternativa, della morte o del ferimento della vittima, mezzo imprescindibile, in quel contesto, per guadagnare la fuga e garantirsi l'impunita'. 5. Al cospetto di un percorso argomentativo che trova i propri capisaldi nella sinergica valutazione del composito compendio istruttorio, il ricorrente reitera, con i motivi di ricorso, le obiezioni che, gia' sottoposte all'attenzione della Corte di assise di appello, sono state disattese attraverso l'integrale adesione alle considerazioni svolte dal primo giudice. Sostiene, al riguardo, che la visione dei filmati captati dalle telecamere di sorveglianza avrebbe condotto a conclusioni assai meno nette di quelle raggiunte dai giudici di merito, precipuamente per quanto concerne: - l'identita' del soggetto che esplose i colpi che attinsero (OMISSIS) e (OMISSIS) e, specularmente, la possibilita', per il rapinatore, di governare l'arma in autonomia, in quei caotici e drammatici istanti, con riferimento sia al puntamento che alla pressione sul grilletto; - la successione temporale delle esplosioni; - l'atteggiamento serbato da (OMISSIS) nel momento in cui, trovandosi di fronte (OMISSIS), con ogni evidenza intenzionato a non restare inerte davanti alla minaccia della pistola puntata stersianella sua direzione, si astenne, pur avendone la possibilita', dal far fuoco al suo indirizzo, mantenendo analogo contegno anche quando, vedendo (OMISSIS) che, venuto in suo soccorso, cercava di colpire (OMISSIS) con il calcio della Beretta, resto', in prima battuta e per qualche secondo, inerte, cosi' rinunziando a sparare al commerciante, in quell'istante a portata di tiro. L'approfondimento istruttorio si sarebbe appalesato tanto piu' necessario, nota il ricorrente, in quanto vertente su circostanze di fatto sicuramente incidenti sull'apprezzamento, effettuato in ossequio al canone indicato all'articolo 533 c.p.p., comma 1, della sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di omicidio tentato e consumato. Non conoscendosi, infatti, chi, nell'occasione, ha governato la Colt, quale distacco temporale vi sia stato tra il primo colpo e quelli successivi ed essendo, al contrario, provato per tabulas che i rapinatori, mossi da un obiettivo di natura esclusivamente economica, non avevano in alcun modo messo in conto il possibile utilizzo delle armi per attentare alla vita della vittima, dovrebbe giocoforza pervenirsi alla presa d'atto della sostanziale, irredimibile equivocita' del compendio istruttorio, come tale non idoneo a supportare l'affermazione della penale responsabilita' in ordine a reati di massima gravita' e, percio', sanzionati con la pena perpetua. L'eccezione non coglie nel segno, perche' priva di attitudine ad incrinare la solidita' della sentenza impugnata nella chiave della ricostruzione del fatto cosi' come della sua qualificazione giuridica. Si e' visto, sopra, che i giudici di merito hanno tratto argomento, oltre che dalle immagini registrate dalle telecamere, dalle dichiarazioni rese dai testimoni - e, in primis, dalla persona offesa e da (OMISSIS) - nonche' dagli esiti degli accertamenti balistici e medico-legali, tutti coerenti nell'attestare, innanzitutto, che il colpo che uccise (OMISSIS) fu esploso mentre l'arma era impugnata da (OMISSIS) con la mano destra, che (OMISSIS), al contempo, cercava di bloccargli. Le immagini, in particolare, documentano che, se, alle ore 01:55:02, (OMISSIS), schiena a terra, tiene la pistola puntata in direzione dello (OMISSIS), che lo sovrasta, dopo appena un secondo due degli astanti ( (OMISSIS) ed altro giovane avventore) compiono, con la testa, un gesto espressivo di naturale reazione all'esplosione di un colpo d'arma da fuoco, ripetuto da (OMISSIS) dopo appena due secondi; e' questo l'acme della tragedia, che si sviluppa ed esaurisce nel giro di pochissimi secondi, tanto che alle 01:55:10, (OMISSIS) viene bloccato dai coniugi (OMISSIS), cui, di li' a poco, si unisce (OMISSIS). Ora, i giudici di merito hanno cura di sottolineare che le immagini registrate in questo lasso temporale - cioe' dalle 01:55:02 fino, quantomeno, alle 01:55:10 - ritraggono (OMISSIS) nell'atto di impugnare la Colt, con il dito piegato sul grilletto, cio' che, e' agevole notare, appare perfettamente coerente, oltre che con i dati tecnici, con la descrizione di quegli attimi effettuata da (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale ha, in particolare, riferito che "in quel preciso istante (il (OMISSIS) che cascava, finendo col travolgere anche lui) vide chiaramente che l' (OMISSIS), sovrastato dallo (OMISSIS), teneva la pistola nella mano destra, puntata nella loro direzione (sua e del (OMISSIS)) che era poi quella dello (OMISSIS)". Per quanto concerne lo iato che ha separato le diverse esplosioni, la conclusione raggiunta dai giudici di merito poggia sulla coordinata considerazione: del racconto di (OMISSIS) e (OMISSIS); della reiterazione, da parte del secondo, del movimento della testa sintomatico dell'avere egli udito un boato; dell'apporto del consulente del pubblico ministero, prof. (OMISSIS), il quale, pur non potendo esprimersi in termini di certezza, ha ipotizzato che i colpi siano stati esplosi in rapida successione. Rebus sic stantibus, ineccepibile si palesa, dal punto di vista della coerenza logica e della compatibilita' con le evidenze disponibili, la decisione impugnata nella parte in cui stima non necessario - nell'ottica propria dell'articolo 603 c.p.p. - procedere alla visione, in contraddittorio, dei filmati registrati dalle telecamere di sorveglianza, e ritiene, piuttosto, che possano mutuarsi le valutazioni operate dalla Corte di assise rispetto alle quali, e' opportuno rimarcare, il ricorrente si colloca in una posizione di sterile confutazione, non accompagnata dall'esposizione di elementi che ne attestino la fallacia, al di la' del racconto offerto dall'imputato, la cui inattendibilita' e' stata sancita dai giudici di merito con il supporto di argomentazioni del pari aliene da fratture razionali. L'approccio critico del ricorrente si palesa, dunque, affetto da irrimediabile genericita', laddove omette di confrontarsi con fonti di prova - quali le dichiarazioni testimoniali e gli esiti delle indagini tecniche - che hanno concorso in misura significativa ad orientare il convincimento del giudice e, al contempo, improduttivo, nella parte in cui si lamenta che la Corte di assise di appello abbia conformato la propria valutazione a quella del primo giudice in ordine ad aspetti, quale quello che attiene alla gestualita' corporea di taluni avventori, che, nella loro storicita', non sono in alcun modo revocati in dubbio. Non merita miglior sorte, poi, la doglianza, vertente sul requisito psicologico degli addebiti omicidiari, che trae spunto dall'avere (OMISSIS), fino a un certo momento, tenuto un contegno sintomatico di meno cruente intenzioni. I giudici di merito hanno a piu' riprese esposto che (OMISSIS) era originariamente animato, al pari del correo, da pulsioni di tipo essenzialmente economico e che l'utilizzo delle pistole avrebbe dovuto sortire, nelle previsioni dei rapinatori, un effetto meramente minatorio. I due, tuttavia, erano, ab initio, perfettamente consapevoli che, all'occorrenza, si sarebbe potuta presentare la necessita' di impiegare le armi a scopo offensivo della vita e dell'incolumita' personale altrui, che si e' concretizzata, nel caso in esame, quando (OMISSIS) ha compreso che la vittima, determinata ad impedirgli, ad ogni costo, di consumare l'atto predatorio, non gli avrebbe consentito di prelevare il bottino ne' di fuggire. La coscienza che, qualora egli non si fosse servito della rivoltella esplodendo colpi all'indirizzo di (OMISSIS), le cose avrebbero preso una piega disastrosa ha, dunque, indotto (OMISSIS), secondo i giudici di merito, ad abbandonare il contegno di cauto attendismo assunto non appena (OMISSIS) aveva cercato di inibirgli l'attuazione del proposito criminoso ed a cercare di avere la meglio su di lui, in una colluttazione i cui esiti si preannunciavano quantomeno incerti, sparandogli addosso e cosi' provocando, per aberratio ictus, la morte del complice e, in immediata sequenza, il ferimento del commerciante di origine cinese. Un ragionamento, quello seguito dai giudici di merito, che non soffre delle carenza logiche adombrate dal ricorrente e che si mantiene, piuttosto, all'interno del fisiologico margine di apprezzamento riservato al giudice di merito, le cui determinazioni, come enunciato in premessa, sono suscettibili di sindacato in sede di legittimita' solo in presenza di falle ricostruttive, contraddizioni, travisamenti che, nella fattispecie, non e' dato ravvisare. 6. Dal rigetto del ricorso discende la condanna di (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente Dott. TALERICO Palma - Consigliere Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sui ricorsi proposti da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 19/01/2021 della CORTE APPELLO di BRESCIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PICARDI ANTONIETTA che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per (OMISSIS) e il rigetto del ricorso per (OMISSIS) e (OMISSIS); udito il difensore, avvocato (OMISSIS), del foro di PALERMO, in difesa di (OMISSIS), che conclude riportandosi ai motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19 gennaio 2021, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma di quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Cremona il 14 luglio 2016, ha: - dichiarato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli del reato di devastazione e saccheggio, nonche', i primi due, anche della contravvenzione sanzionata dalla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4 e, riconosciute a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, applicato a (OMISSIS) e (OMISSIS) la pena di tre anni ed otto mesi di reclusione ciascuno e ad (OMISSIS) quella di tre anni, sei mesi e venti giorni di reclusione; - dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) in ordine al reato di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, articolo 4 perche' estinto per intervenuta prescrizione; - applicato agli imputati la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici; - confermato la sentenza di primo grado in ordine alle statuizioni civili e condannato gli imputati al rimborso, in favore delle parti civili, delle spese relative all'azione civile ed al secondo grado di giudizio. 2. Le menzionate sentenze sono state emesse nell'ambito del procedimento penale relativo ai fatti avvenuti in Cremona, il 24 gennaio 2015, nel corso di una manifestazione, non autorizzata, organizzata dai militanti del centro sociale " (OMISSIS)" di quella citta' a seguito del ferimento di un loro sodale ad opera di un gruppo di appartenenti all'organizzazione neofascista " (OMISSIS)". Quel giorno, intorno alle ore 17:00, il corteo, giunto in (OMISSIS), all'altezza dell'intersezione con (OMISSIS), venne fermato dalle forze dell'ordine, cio' che scateno' la reazione dei soggetti posti alla testa della sfilata i quali, travisati da caschi di tipo integrale e giubbotti di colore nero, si resero protagonisti del lancio, nei confronti degli appartenenti ai corpi di polizia, di bottiglie, sassi, petardi ed altri oggetti. Tale iniziativa diede il la all'azione di altri manifestanti che, armati di bastoni ed oggetti contundenti, danneggiarono indiscriminatamente porte, vetrine, insegne, telecamere di sicurezza e apparecchi bancomat di undici banche, tre assicurazioni, due agenzie immobiliari, quattro esercizi commerciali (una tabaccheria, un ristorante, un negozio di telefonia e una sala giochi) e di una fondazione di musicologia, siti in (OMISSIS) e nelle limitrofe (OMISSIS). A distanza di alcune ore, alcuni manifestanti, sulla strada del ritorno verso il centro sociale " (OMISSIS)", sito nelle adiacenze di via (OMISSIS), distrussero le vetrate, le telecamere di sicurezza, le finestre e la porta di ingresso del comando dalla Polizia municipale di Cremona. Le indagini eseguite al fine di identificare gli autori delle descritte condotte illecite portarono all'individuazione di alcuni soggetti, tra cui gli odierni ricorrenti i quali, a differenza dei correi, hanno optato per la definizione del giudizio con il rito abbreviato. (OMISSIS), in particolare, e' stato riconosciuto, grazie alla visione delle fotografie e delle videoriprese effettuate nel corso della manifestazione, dagli operanti, che avevano avuto modo di conoscerlo quale esponente dei gruppi denominati (OMISSIS) ((OMISSIS)) e " (OMISSIS)". Egli, arrivato in treno da Brescia, e' stato notato, nei pressi della stazione ferroviaria, vestito con un giubbotto di colore nero con cappuccio, pantaloni jeans scuri e scarpe nere, e con indosso uno zainetto di colore grigio scuro con spallacci scuri e bordi beige sulle spalle e, in mano, un'asta, sulla quale era arrotolata una bandiera rossa. In un filmato realizzato, a breve distanza di tempo, alla partenza del corteo, (OMISSIS) appare con una bottiglia di plastica che fuoriesce dalla tasca posteriore dei pantaloni, mentre scaglia un fumogeno in direzione delle forze dell'ordine, impugnando in mano una bandiera rossa arrotolata sull'asta. (OMISSIS) e' stato, del pari, riconosciuto dagli investigatori in ragione della sua pregressa attivita' all'interno di centri sociali denominati " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)", siti in Palermo. Nell'occasione, egli, presente tra i manifestanti alla partenza del corteo in (OMISSIS), era vestito con un giubbotto scuro con cappuccio, sotto cui era presente un indumento di colore blu, con interno di colore rosso all'altezza del collo e due cerniere verticali sul petto, e pantaloni di colore marrone con cuciture evidenzianti le tasche e tasconi laterali sulle gambe, i cui bordi di chiusura superiori si presentavano molto spiegazzati. Da un fotogramma estratto da un video effettuato nell'imminenza della partenza del corteo si nota l'imputato, con il cappuccio del giubbotto abbassato, portare sul capo uno scaldacollo di colore blu. A carico, invece, di (OMISSIS) si pone il rinvenimento, in un frangente successivo alla manifestazione ed in un'area, sita in Cremona, in precedenza destinata ad attivita' industriali e attualmente non utilizzata, di caschi dalle caratteristiche simili a quelli indossati dai soggetti che, alle 17:00 del (OMISSIS), si posero a schiera di fronte alla polizia e che, dagli accertamenti poscia effettuati, sono risultati identici, per modello e marca, ai sei caschi da lui acquistati, tre giorni prima, insieme a venti giacche di colore nero, presso il negozio (OMISSIS). 3. Essendo stato contestato agli imputati, in uno alla contravvenzione di porto non autorizzato in luogo pubblico di armi improprie ed oggetti atti ad offendere, il delitto di devastazione e saccheggio, il Giudice dell'udienza preliminare ha ritenuto carente la prova che gli accertati danneggiamenti, circoscritti a poche ore ed aventi ad oggetto, per lo piu', edifici privati utilizzati per lo svolgimento di specifiche attivita' commerciali di carattere finanziario, abbiano turbato il senso di sicurezza in capo all'intera citta' di Cremona. Considerato, ulteriormente, che le espletate investigazioni non hanno consentito di individuare i promotori della programmata condotta lesiva, il Giudice dell'udienza preliminare ha stimato che la realizzazione, da parte del singolo agente, di uno o piu' fatti di danneggiamento non esprima, con il necessario coefficiente di certezza, la previa rappresentazione e volizione, in capo a ciascuno degli autori, del concomitante e successivo agire altrui, finalizzato alla produzione del macroevento di devastazione, tale da determinare nel soggetto che realizza un singolo frammento della lesione al bene giuridico la consapevolezza di prendere parte ad un'azione qualificabile come devastazione. Sulla scorta delle precedenti considerazioni, il giudice di primo grado e' pervenuto all'assoluzione di (OMISSIS) il quale, per quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche, ha acquistato, pochi giorni prima del corteo, oggetti che non sono stati direttamente utilizzati come strumenti per la commissione dei reati ed hanno, al piu', consentito agli autori di nascondere il proprio viso e parte dei propri indumenti. Il Giudice dell'udienza preliminare ha, pertanto, escluso che (OMISSIS) abbia garantito un apporto causalmente efficiente ai reati commessi e ritenuto, vieppiu', che manchi la prova che egli, al momento dell'acquisto, fosse in grado di prevedere la futura esecuzione, da parte di terzi, dei fatti di reato. Per quanto concerne (OMISSIS), pacifico che egli facesse parte della schiera di soggetti, muniti di bastoni, posta di fronte alle forze di polizia prima del lancio di oggetti, il Giudice dell'udienza preliminare ha ritenuto che il descritto posizionamento debba qualificarsi come resistenza a pubblico ufficiale aggravata, perche' diretto ad opporsi ai tutori dell'ordine, impegnati nel compimento dell'atto di ufficio costituito dal blocco della marcia non autorizzata. Il Giudice dell'udienza preliminare ha, infine, qualificato ai sensi dell'articolo 339 c.p., u.c., la condotta di (OMISSIS), consistita nello scagliare un fumogeno in direzione delle forze dell'ordine, per poi gettare un oggetto in direzione delle vetrate del comando della polizia locale, nonche' quale danneggiamento aggravato l'avere egli colpito prima con un oggetto non identificato e poi con un bastone, contestualmente ad altri soggetti, le vetrate del comando di polizia municipale, cosi' distruggendole. 4. Investita degli appelli presentati sia dal pubblico ministero che da (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte di appello di Brescia ha mutuato la prospettiva accusatoria, in dissenso dal primo giudice, con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti ascritti agli imputati. A tal fine, ha, innanzitutto, messo in evidenza le relazioni tra (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) ed i correi separatamente giudicati e condannati con sentenza definitiva e rimarcato come costoro si siano, tutti, resi parte attiva nella condotta oggetto di imputazione, sia singolarmente che collettivamente. Nello specifico: (OMISSIS) e' stato ripreso mentre, trovandosi all'interno del gruppo compatto di persone mascherate e munite di bastoni, raccoglieva da terra e scagliava un fumogeno in direzione dei reparti di polizia, nonche', piu' tardi, nell'atto di lanciare a piu' riprese oggetti contro le finestre del comando della polizia municipale; (OMISSIS), dal canto suo, ha senz'altro partecipato, in forza di deliberazione non estemporanea, al contesto di violenze e di turbative dell'ordine pubblico che, nella circostanza, e' stato registrato; (OMISSIS), infine, ha procurato gli strumenti ed i vestiti atti al nascondimento dell'identita' dei partecipi ed e' stato, per di piu', presente alla manifestazione con un ruolo attivo, testimoniato dalla concorrente responsabilita' per la contravvenzione contestatagli al capo B) della rubrica. La Corte di appello ha, sotto altro profilo, ritenuto che il bene dell'ordine pubblico, tutelato dall'articolo 419 c.p., sia stato vulnerato, al di la' dell'entita' delle operate distruzioni, dalle condotte degli imputati. Un consistente numero di soggetti travisati e armati di bastoni, bombe-carta, oggetti contundenti, materiale esplodente vario, ha, infatti, violentemente assaltato non solo il comando di polizia ma anche sedi di diverse imprese ed enti privati; i manifestanti, dunque, hanno volutamente, intenzionalmente, premeditatamente tenuto un contegno violento, a causa del quale la citta' di Cremona e' rimasta, per un apprezzabile lasso di tempo, in balia degli autori dei disordini. Sicuramente apprezzabile, in questa cornice fattuale, e', rileva la Corte lombarda, il requisito psicologico del reato di devastazione. La giurisprudenza, al riguardo, ha piu' volte ribadito che l'elemento soggettivo sussiste, per tale delitto, allorche' si ponga in essere qualunque azione, in qualsiasi modalita', produttiva di rovina, distruzione o anche di danneggiamento, che sia indiscriminato, vasto, ad una notevole quantita' di cose mobili o immobili, in danno non solo del patrimonio di uno o piu' persone singole, ma anche con danno sociale e concreto pericolo dell'ordine pubblico, inteso come ordinario e sereno andamento del vivere civile, in cui la collettivita' si muova pervasa da tranquillita' e sicurezza. Se, allora, e' pacifico che l'offesa al bene giuridico oggetto di tutela postula la concreta compromissione della sicurezza pubblica, non meno evidente e', a giudizio del Collegio bresciano, che, nel caso in esame, detta condizione risulta senz'altro soddisfatta in considerazione della durevole condotta di assalto e danneggiamento generalizzata nell'ambiente urbano, nonche' della nitida percezione, in capo a tutti gli imputati, dell'iscrizione della loro condotta, sicuramente non circoscritta ad un singolo atto di danneggiamento, in un contesto piu' ampio, che la ha resa concausa dell'evento di devastazione, indipendentemente dal fatto che questo fosse o meno il fine da loro perseguito. La Corte di appello ha stigmatizzato la valutazione espressa, sul punto, dal primo giudice, che trascura che l'azione delittuosa violenta si e' protratta per ore, ha tratto spunto da un corteo non autorizzato ed e' proseguita a dispetto dell'intervento delle forze dell'ordine. Ha, in conclusione, stimato che la preparazione del corteo, le modalita' di svolgimento, la durata, l'opposizione ostinata e violenta alle forze dell'ordine, la distruzione di piu' obiettivi, la regia di movimentazione dei partecipanti e la loro dotazione offensiva concorrono nell'attestare la sussistenza del dolo del delitto di devastazione. 5. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo con il quale deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento agli articoli 110, 116, 337, 339, 419 e 635 c.p.. Premessa la descrizione delle condotte ascrittegli e del differente inquadramento giuridico compiuto, in relazione ad esse, da Giudice dell'udienza preliminare e Corte di appello, addebita ai giudici di secondo grado di avere trascurato che quello di devastazione e' delitto di evento, la cui consumazione prescinde dalla percezione soggettiva cosi' come dalle indicazioni tratte dalla cronaca giornalistica. Nel caso di specie, obietta, si e' verificato un ostacolo allo svolgimento normale e sereno delle ordinarie occupazioni di vita che non integra gli estremi del grave delitto di devastazione, che non puo' certo conseguire alla mera organizzazione di un corteo non pacifico. Per quanto concerne, in specie, il danneggiamento dell'ufficio della polizia locale, (OMISSIS) rileva di avere in tal modo estrinsecato, in un luogo scelto per la valenza simbolica connessa alla natura istituzionale, il proprio fermo disappunto per l'atteggiamento di colpevole inerzia che le forze dell'ordine avevano serbato a fronte dell'attacco dei militanti di (OMISSIS) nel quale (OMISSIS) era rimasto gravemente ferito; intento, questo che avrebbe imposto, in adesione a quanto gia' stabilito dal Giudice dell'udienza preliminare, la qualificazione del fatto ai sensi dell'articolo 635 c.p.. Il ricorrente denuncia, poi, l'erronea applicazione dell'articolo 110 c.p. sul rilievo che la cooperazione criminosa postula, tra l'altro, il "doppio dolo di concorso", ovvero la coscienza e volonta', da parte di chi collabori con altri alla realizzazione di un illecito, di compiere un'azione volta al raggiungimento dello scopo comune, da lui condiviso. Rileva, in proposito, che manca la prova che egli conoscesse, ab initio, che la manifestazione fosse destinata a risolversi nell'occasione per devastare la citta' di Cremona e che, anzi, il contegno da lui tenuto nel dirigersi, in prima battuta, verso la sede di (OMISSIS) e tornare quindi, una volta respinto dalle forze dell'ordine, verso la stazione ferroviaria, dimostra che egli non era animato da intenti devastatori, che lo avrebbero portato, piuttosto, ad allontanarsi prontamente dalla zona presidiata dalla polizia per mettere a ferro e fuoco le altre parti della citta', rimaste indifese. Obietta, ulteriormente, che il lancio del fumogeno e' comportamento che, da solo, non integra, sul piano materiale, gli elementi costitutivi del delitto sanzionato dall'articolo 419 c.p.. 6. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione vertente su un unico motivo, con il quale lamenta vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto ascrittogli. Rivendica, al riguardo, di non avere partecipato agli episodi di danneggiamento di edifici, ne' tantomeno alla loro preparazione, e taccia di apoditticita' l'affermazione, da parte della Corte di appello, secondo cui egli aderi' ad un programma criminoso precedentemente predisposto o a lui, comunque, noto. Nota, per contro, che il ragionamento induttivo svolto dai giudici di merito e' carente perche' omette di spiegare perche' egli, autore di atti isolati, debba rispondere di distinte condotte delle quali, da un punto di vista causale, la relazione e' percepita ma non anche compiutamente dimostrata. 7. (OMISSIS) propone, con il patrocinio dell'avv. (OMISSIS), ricorso per cassazione articolato su tre motivi, con il primo dei quali eccepisce, in chiave sia di violazione di legge che di mancata assunzione di prova decisiva, che la Corte di appello ha illegittimamente disatteso la richiesta di acquisizione della trascrizione di una conversazione telefonica oggetto di intercettazione, intercorsa nelle ore immediatamente successive ai fatti per cui si procede, nel corso della quale (OMISSIS), esponente del centro sociale " (OMISSIS)", si e' espresso in ordine alla manifestazione, terminata da poche ore, in termini negativi ed ha criticato il comportamento di quei manifestanti che si sono resi responsabili dei danneggiamenti. Tanto, osserva, a riprova del fatto che, negli intenti degli organizzatori, la marcia non autorizzata avrebbe dovuto costituire una risposta, ferma ma non violenta, al ferimento del loro militante, volta a rendere palese il disappunto nutrito nei confronti delle autorita', ma non anche diretta a colpire con la violenza le attivita' commerciali o gli edifici cittadini. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione, nei suoi confronti, della penale responsabilita', a titolo di concorso, nel delitto di devastazione e saccheggio. Rileva, al riguardo, che l'utilizzo di caschi, zainetti e giubbotti non rappresenta, di per se', prova della volonta' di compiere o favorire atti di devastazione e saccheggio ne' semplici atti di violenza o di resistenza a pubblico ufficiale. Rivendica di avere cooperato, quale esponente del centro sociale " (OMISSIS)", alla fase preparatoria e organizzativa della manifestazione e di avervi partecipato attivamente, ponendosi alla testa del corteo, comportamenti che, a dispetto di quanto asserito dalla Corte di appello, non integrano apporto causalmente rilevante e volontariamente prestato ai fatti di devastazione cui egli e' rimasto del tutto estraneo. Con il terzo ed ultimo motivo, deduce violazione di legge per avere la Corte di appello esteso a tutti gli imputati la condanna alla rifusione, in favore delle costituite parti civili, delle spese legali relative al secondo grado di giudizio, che avrebbe dovuto essere circoscritta al solo (OMISSIS)nei cui esclusivi confronti l'azione civile e' stata esercitata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso di (OMISSIS) e' infondato e, pertanto, passibile di rigetto, a differenza di quelli di (OMISSIS) e (OMISSIS) che sono, invece, suscettibili di accoglimento. 2. Pacifica, in fatto, la consistenza delle condotte materialmente poste in essere da ciascuno degli odierni ricorrenti, i temi sottesi alle impugnazioni -declinati in ossequio ad una linea interpretativa che, comune per un ampio tratto a tutti i soggetti coinvolti, segue, nella parte successiva, percorsi differenziati in relazione alla specificita' delle singole posizioni individuali - attengono, da un canto, alla attitudine dei danneggiamenti realizzati in occasione della manifestazione del (OMISSIS) ad integrare, sul piano obiettivo, gli elementi costitutivi del delitto sanzionato dall'articolo 419 c.p. e, dall'altro, alla consapevolezza, in capo a ciascuno degli imputati, dell'iscrizione del proprio contributo nell'ambito della complessita' attivita' collettiva offensiva del bene tutelato dalla norma incriminatrice della devastazione. 3. Sotto il primo profilo, va premesso che, per consolidato e condiviso indirizzo ermeneutico, "L'elemento oggettivo del delitto di devastazione consiste in qualsiasi azione, posta in essere con qualsivoglia modalita', produttiva di rovina, distruzione o anche di danneggiamento - comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo - di una notevole quantita' di cose mobili o immobili, tale da determinare non solo il pregiudizio del patrimonio di uno o piu' soggetti, e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprieta' privata, ma anche l'offesa e il pericolo concreti dell'ordine pubblico, inteso come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettivita', l'opinione e il senso della tranquillita' e della sicurezza" (Sez. 2, n. 6961 del 06/10/2022, dep. 2023, Raducci, Rv. 284143 - 02; Sez. 6, n. 37367 del 06/05/2014, Seppia, Rv. 261932 - 01; Sez. 1, n. 22633 del 01/04/2010, Della Malva, Rv. 247418 01). Nel caso di specie, la Corte di appello, alle pagg. 10-11 della sentenza impugnata, ha enunciato, in termini scevri da deficit logici e perfettamente aderenti alle evidenze istruttorie, le ragioni che la hanno indotta ad inquadrare i fatti, andando in contrario avviso rispetto al Giudice dell'udienza preliminare e in adesione, invece, alla sollecitazione del pubblico ministero, sotto l'egida dalla devastazione. Ha, in particolare, rilevato che i danneggiamenti hanno interessato edifici sia pubblici che privati, colpiti in modo assolutamente indiscriminato, e pressoche' tutti gli oggetti incontrati lungo il percorso di marcia (tra cui telecamere di sorveglianza, cartelli e segnali stradali), cosi' cagionando un profondo deterioramento di una vasta area del tessuto urbano, che si snoda per circa due chilometri di lunghezza, su una delle principali arterie di accesso alla citta'. Ha aggiunto che la furia dei manifestanti si e' diretta contro obiettivi di diversa natura e non e' stata connotata da alcun intento selettivo, in ipotesi orientato da motivazioni ideologiche o sociali. Ha, quindi, concluso che, quel giorno, l'intera citta' di Cremona subi' pregiudizio, non avendo potuto i suoi abitanti godere della tranquillita' correlata al normale vivere civile ed al senso di sicurezza, turbati dalla piega violenta assunta, in itinere, dalla manifestazione, allorquando, in attuazione di un preventivo accordo, la prima linea del corteo, fino ad allora occupata da soggetti che sorreggevano manifesti e striscioni, venne sostituita da coloro che, travisati con caschi integrali e giubbotti scuri e favoriti dal lancio di fumogeni, si predisposero all'inevitabile e preordinato scontro con le forze di polizia, responsabili, nell'ottica degli organizzatori, di un atteggiamento accondiscendente nei confronti dei militanti di (OMISSIS). A fronte di un percorso argomentativo cristallino, imperniato sulla perspicua delibazione degli elementi di fatto acquisiti, inseriti in un contesto espositivo lineare e coerente, i ricorrenti non si emancipano da un approccio di tipo essenzialmente rivalutativo, che pone l'accento sul diverso orientamento espresso, in ordine alla portata dei fatti accertati, dal primo giudice, la cui decisione e' stata, nondimeno, ribaltata con il supporto di un ineccepibile e completo apparato motivazionale. 4. Per quanto concerne la sussistenza, in capo ai ricorrenti, del dolo di devastazione, va, in primis, ribadito, nel solco dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimita', che "la mera condotta di agevolazione di uno specifico atto di danneggiamento non puo', di per se' sola, essere sufficiente a dimostrare la consapevolezza dell'agente di contribuire all'evento di devastazione complessivamente inteso e, quindi, all'offesa ed al pericolo concreto di turbamento dell'ordine pubblico" (Sez. 1, n. 45646 del 05/06/2015, Gentile, Rv. 265277 - 01) e che, di conseguenza, "Ai fini della configurabilita' del dolo nel delitto di devastazione e' necessario che l'agente non solo si rappresenti e voglia la condotta distruttiva da lui posta in essere, ma anche che agisca nonostante abbia percepito che tale condotta si inserisce in un contesto che la rende concausa di un evento di devastazione" (Sez. 6, n. 37367 del 06/05/2014, Seppia, Rv. 261934 - 01; Sez. 1, n. 26830 del 08/03/2001, Mazzotta, Rv. 219900 - 01). E' insufficiente, dunque, in vista della dimostrazione del dolo di devastazione, la prova della generica partecipazione ai disordini, essendo invece richiesto un contributo, di ordine materiale o ideale, all'azione distruttiva nel suo complesso, anche eventualmente per quella sola parte che, in quanto collegata con il fenomeno complessivo, e' causa efficiente dell'evento di devastazione sopra evocato. Ora, ritiene il Collegio che l'applicazione dei menzionati principi di diritto alla fattispecie in esame non possa prescindere dalle informazioni acquisite, e correttamente esposte nella sentenza impugnata, in ordine all'organizzazione del corteo, per il quale non era stata rilasciata la prescritta autorizzazione preventiva, ed alla preordinazione delle condizioni favorevoli all'insorgere di disordini, ovvero ad un confronto con le forze di polizia - che, per dovere di ufficio, avrebbero dovuto necessariamente intervenire allo scopo di evitare che la marcia raggiungesse la sede di (OMISSIS) - che, stando a quanto predisposto ed attuato (il travisamento, l'avvicendamento nella prima linea, il lancio dei fumogeni) si sarebbe, con ogni probabilita', tradotto in fisica contrapposizione, plastica estrinsecazione del risentimento nutrito nei confronti, oltre che del gruppo di estrema destra, degli apparati che, nella prospettiva dei manifestanti, avevano, quantomeno colposamente, agevolato l'aggressione dei militanti dalla quale era scaturito il ferimento, con gravi conseguenze, di un loro compagno. Appare del tutto ragionevole inferire, pertanto, che chi, come (OMISSIS), coopero' volontariamente all'organizzazione del corteo, acquistando gli strumenti che avrebbero dovuto essere impiegati nella tenzone con i militanti di (OMISSIS) o, piu' plausibilmente, con i reparti di polizia, fu perfettamente cosciente della preordinazione dell'apporto garantito all'eventuale commissione di reati di resistenza o lesioni e, successivamente, partecipo' attivamente alla manifestazione e che analoga consapevolezza e' maturata in coloro, tra cui (OMISSIS), che, postisi alla testa del corteo in sostituzione di chi, sino all'intervento delle forze dell'ordine, lo aveva guidato sorreggendo striscioni e pronunciando slogan, palesarono, gia' dall'abbigliamento, il fermo intendimento di non ripiegare. La successione degli eventi e' segnata, pero', da un vero e proprio salto di qualita' nella strategia dei partecipanti alla marcia che, preso atto dell'impossibilita' di procedere oltre nell'avvicinamento alla sede di (OMISSIS), si sono abbandonati alla descritta ed indiscriminata attivita' di devastazione. La sentenza impugnata si rivela, sul punto, logicamente carente perche' assume - senza enuclearne in modo compiuto le ragioni, operazione che sarebbe stata tanto piu' necessaria in considerazione della difformita' delle valutazioni espresse rispetto a quelle del giudice di primo grado - che la predetta degenerazione ha costituito evento previsto e voluto da tutti coloro che curarono l'organizzazione dell'evento e che, successivamente, concorsero all'azione di resistenza attiva contro le forze dell'ordine. Cio' incide sul vaglio delle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), autori di condotte che, sicuramente funzionali alla consumazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale, ne possono giustificare la condanna per quello di devastazione solo a condizione che sia accertata la consapevolezza, in capo ai menzionati imputati, del fatto che i loro rispettivi contributi hanno agevolato l'attuazione di un proposito criminoso che, gia' dalla sua insorgenza, contemplava e comprendeva il ricorso a cruenti e diffusi danneggiamenti, che, come correttamente evidenziato dalla Corte di appello, ben poco hanno a che vedere con la genesi del corteo e l'obiettivo avuto che i suoi ideatori avrebbero voluto conseguire. L'insufficienza, sotto questo aspetto, del percorso argomentativo sotteso alla decisione impugnata ne impone - assorbite, per quanto concerne (OMISSIS), le residue censure - l'annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia per un nuovo giudizio sul punto che, libero nell'esito, sia emendato dal vizio riscontrato. 5. A diverse conclusioni deve pervenirsi con riferimento alla posizione di (OMISSIS) il quale, a differenza degli altri ricorrenti, fu autore di condotte attivedi danneggiamento che, in quanto avvenute nell'ultima fase dell'azione illecita - ovvero quando gia' la violenza, cieca ed indiscriminata, si era abbattuta su una miriade di edifici pubblici e privati (persino, va notato in replica a specifica obiezione difensiva, ad un centro di musicologia), mezzi di trasporto, cartelli stradali - e rivolte nei confronti di un'istituzione pubblica, la polizia municipale di Cremona, che, con ogni evidenza, era estranea all'antefatto dell'episodio de quo agitur, tradiscono la piena consapevolezza della portata assunta dal raduno e la volonta' di contribuire alla devastazione. Ne', per giungere ad opposte conclusioni, vale eccepire, come fa il ricorrente, di avere individuato il comando dei Vigili urbani, le cui vetrate ha infranto a colpi di bastone, quale luogo simbolo delle istituzioni che egli reputava corresponsabili del ferimento del compagno (OMISSIS). In proposito, rileva, infatti, l'inserimento della condotta di (OMISSIS) in un contesto complessivo, ormai compiutamente delineatosi ed a lui perfettamente noto, di offese arrecate, senza distinzione alcuna, a decine di bersagli e tanto diffuse e violente da produrre una lesione al bene tutelato dall'articolo 419 c.p. che egli ha senz'altro avuto modo di cogliere. Priva di pregio si palesa, di conseguenza, la censura che, ponendo l'accento sulla necessaria presenza, in capo al concorrente, del c.d. "doppio dolo di concorso", ne deduce la carenza sulla scorta delle motivazioni intimamente connesse al gesto perpetrato che, si e' detto, non ostano alla sua ricostruzione in chiave dolosa rispetto al delitto di devastazione. La sentenza impugnata appare, in conclusione, tetragona alle doglianze di (OMISSIS) perche' coerente con il quadro ermeneutico di riferimento e frutto, sul piano fattuale, di valutazioni che sfuggono al sindacato di legittimita', in quanto saldamente ancorate alle emergenze processuali, delle quali la Corte di appello ha offerto un'interpretazione coerente al dato normativo ed aliena da fratture razionali. 6. Dal rigetto del ricorso di (OMISSIS) discende la condanna di detto imputato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, primo periodo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GUARDIANO Alfredo - Presidente Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere Dott. CANANZI Francesco - rel. Consigliere Dott. CIRILLO Pierangelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 04/08/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO CANANZI; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dott. PERLA LORI, che ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata limitatamente al profilo della sussistenza delle esigenze cautelari e il rigetto nel resto; uditi i difensori del ricorrente, l'avvocato (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso illustrandone i motivi, nonche' l'avvocato (OMISSIS), che si e' associato alle richieste del codifensore, riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l'accoglimento. RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale del riesame di Napoli, con l'ordinanza emessa il 4 agosto 2022, confermava il provvedimento applicativo della misura cautelare degli arresti domiciliari emesso dal G.i.p. del Tribunale di Napoli, che aveva ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti di (OMISSIS) in ordine a plurimi delitti. (OMISSIS) esercitava l'attivita' di medico cardiologo presso la (OMISSIS), in forza di un contratto fra (OMISSIS) Spa e (OMISSIS) srl, della quale lo stesso (OMISSIS) era amministratore unico, nonche' titolare del 27,5% delle quote, mentre le altre quote erano in proprieta' del coniuge dello stesso ricorrente. I gravi indizi di colpevolezza erano stati ritenuti dal Gip e confermati dal Tribunale del riesame in ordine a plurimi episodi di falso materiale, ritenendo il Gip assorbito il falso ideologico: a (OMISSIS) era contestato, quale pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni di medico cardiologo, di aver formato in tutto o in parte un atto falso - firmando la scheda di sala operatoria e/o la scheda di descrizione intervento - parte integrante della relativa cartella clinica, atto di fede privilegiata - cosi' attestando di aver eseguito una operazione chirurgica e/o che la stessa era avvenuta alla sua presenza, mentre si trovava in una localita' di villeggiatura: si trattava di 32 interventi svolti dal (OMISSIS), ai quali (OMISSIS) non aveva partecipato perche' non presente e in relazione ai quali risultava la sua partecipazione e sottoscrizione nella scheda di sala operatoria e in alcuni casi nella scheda di descrizione di intervento (capo A). Inoltre al ricorrente veniva contestata la condotta del (OMISSIS) allorche' aveva falsamente attestato (capo B - articolo 81 c.p., comma 2, articolo 476 c.p., comma 2, articolo 479 c.p.) nella scheda di sala operatoria di aver eseguito un intervento di ablazione ibrida con accesso endo-epicardico di fibrillazione atriale al paziente (OMISSIS), altresi' replicando la medesima attestazione anche nella relazione di dimissione, mentre aveva effettuato solo un intervento di ablazione semplice. A tal fine, e per favorire il rimborso al paziente del costoso intervento da parte dell'assicurazione, apponeva un cerotto sullo sterno del paziente - luogo di accesso al miocardio in caso di ablazione ibrida- accesso che non aveva mai effettuato, come anche falsamente attestava, inoltre, nella scheda di sala operatoria di aver eseguito insieme al Dott. (OMISSIS) il gia' menzionato intervento, che invece effettuava il Dott. (OMISSIS). Inoltre (capo C - articolo 476 c.p., comma 2, articolo 479 c.p.) attestava nella scheda di sala operatoria, relativamente all'intervento nei confronti della paziente (OMISSIS), che l'anestesista dell'intervento era stato (OMISSIS), che non era stato presente, poi modificando la predetta cartella clinica ed inserendo alla voce anestesista: "anestesista generico", termine con il quale non si identificava affatto l'anestesista presente in sala operatoria; relativamente all'intervento nei confronti del paziente (OMISSIS), attestava che l'anestesista dell'intervento di ablazione ibrida era stato (OMISSIS), che invece era sopraggiunto solo per il risveglio del paziente, mentre (OMISSIS) era stato sedato con il Diprivan ed il Fentanest - farmaci di esclusivo utilizzo di medici anestesisti - ad opera del predetto (OMISSIS), in assenza di sanitario specialista in anestesiologia e rianimazione (capo D); relativamente all'intervento nei confronti del paziente (OMISSIS), che poi decedeva, nella descrizione dell'intervento attestava fra l'altro ":"Coronarografia di urgenza in paziente in arresto cardiaco (...) si procede a puntura dell'arteria femorale destra" cosi' riportando circostanze non vere, posto che non era stata effettuata alcuna puntura dell'arteria destra per il posizionamento del catetere guida in TC (capo E). Altri titoli cautelari risultavano quelli contestati al capo F), relativamente alle violenze private, per aver costretto gli infermieri (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS) 2. Il ricorso per cassazione consta di dieci motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p.. 3. Il primo e il secondo motivo deducono violazione dell'articolo 273 c.p.p. e vizio di motivazione in relazione al capo A dell'imputazione provvisoria Avrebbe errato l'ordinanza impugnata a non prendere atto che non e' specificato il ruolo di (OMISSIS) nel concorso di persone, se quale istigatore, concorrente morale o materiale: da cio' deriverebbe il difetto di gravita' indiziaria, alla luce della giurisprudenza in tema di concorso, illustrata ampiamente con i motivi, tenendo in conto che la sola circostanza che (OMISSIS) sia beneficiario della falsificazione non e' sufficiente al suo coinvolgimento quale concorrente, tanto piu' che lo stesso Tribunale del riesame indica l'interesse del professionista nell'arricchimento del curriculum professionale, del quale lo stesso non aveva bisogno. Per altro, l'inserimento indebito nell'equipe quale primo operatore avrebbe determinato un rischio professionale per il (OMISSIS). A tale considerazione il Tribunale del riesame replica con l'argomento che si verteva in tema di interventi a basso rischio, dal che l'illogicita' manifesta nel valorizzarli per il curriculum. Anche illogiche le argomentazioni dell'ordinanza impugnata che trae dalla ripetitivita' e dalla numerosita' degli interventi la certa autorizzazione da parte del ricorrente alla falsificazione, che non si confronta con l'errore imputabile a chi ha utilizzato il format elettronico, che incorre nella ripetitivita' non controllata dell'errore dell'indicazione del (OMISSIS), invece assente. 4. Il terzo e il quarto motivo lamentano violazione dell'articolo 273 c.p.p. e vizio di motivazione correlato in relazione ai capi C), D) ed E). Nella trattazione delle prime due imputazioni provvisorie tutte caratterizzate dalla annotazione in cartella della presenza di un anestesista per l'intera durata dei tre interventi, che in un caso scompariva dalla scheda a seguito di correzione della stessa (capo C), ovvero sopraggiungeva in seconda battuta al momento del risveglio del paziente (OMISSIS) (capo D) - il presupposto che i motivi contestano e' che fosse necessaria la presenza dell'anestesista per somministrare oppioidi, propofol e benzodiazepine, mentre invece gli esperti interessati dalla difesa hanno chiarito che la somministrazione finalizzata a anestesia non generale puo' avvenire anche da parte di medico non anestesista. Ne conseguirebbe, secondo il ricorrente, l'errore logico del Tribunale del riesame, perche' non avrebbe avuto senso annotare anestesisti non necessari in cartella. Inoltre, la cartella in origine compilata, che per (OMISSIS) non recava la possibilita' di annotare informaticamente l'arrivo successivo dell'anestesista, resta salvata anche in caso di modifica nel sistema informatico, il che avvenne nel caso del capo C), cosicche' l'eventuale volonta' di falsificazione sarebbe stata frustrata, il che dimostrerebbe l'assenza di dolo. Il Tribunale del riesame, poi, avrebbe omesso di valutare che la scheda di sala operatoria, da compilare informaticamente, veniva integrata da quella anestesiologica redatta a mano dall'anestesista, formando i due documenti congiuntamente la cartella clinica: (OMISSIS) era ben consapevole che sarebbero emerse difformita' in quanto la seconda scheda avrebbe rappresentato una realta' diversa da quella indotta dal modello informatico che non prevedeva il caso dell'anestesista sopraggiunto, dal che il Tribunale illogicamente non ha tratto anche in questo caso il difetto di prova del dolo. Inoltre, quanto al capo E), relativo alla puntura all'arteria destra per il posizionamento del catetere al paziente (OMISSIS), indicata in cartella ma non verificatasi secondo il Tribunale del riesame, sulla scorta della dichiarazione dell'anestesista (OMISSIS), il Tribunale illogicamente avrebbe ritenuto non credibili per deficit di competenza tecnica i due infermieri, escussi in sede di indagini difensive, presenti in sala operatoria, che invece riferivano che la predetta puntura era stata praticata, senza considerare che (OMISSIS) poteva trovarsi in posizione non adeguata a osservare l'accaduto. 5. Il quinto e il sesto motivo denunciano violazione dell'articolo 273 c.p.p. e vizio di motivazione in relazione al capo F), per violenza privata reiterata. L'ordinanza impugnata avrebbe errato nel ritenere che la somministrazione di anestetici da parte del medico non anestesista non fosse legittima, ma solo oggetto di un dibattito scientifico quanto alle linee guida ancora in nuce, cosicche' le espressioni decise e ferme, utilizzate da (OMISSIS) nei confronti degli infermieri, che non volevano somministrare tali farmaci, risultavano giustificate dalla necessita' di dirigere le operazioni in sala operatoria: per altro il Tribunale del riesame non avrebbe valutato le dichiarazioni rese in sede di indagini difensive da parte di altro infermiere, che escludeva del tutto di aver udito minacce; ne' avrebbe considerato il Tribunale della liberta' come, non essendosi verificato il danno, il delitto andrebbe riqualificato in tentativo. 6. Il settimo e ottavo motivo lamentano violazione dell'articolo 273 c.p.p. e vizio di motivazione in ordine al capo H) in ordine al delitto di violenza o minaccia per costringere a commettere il reato di falso. L'ordinanza impugnata non avrebbe valutato, inoltre, che l'apposizione della sigla del (OMISSIS) sui frontespizi delle cartelle cliniche e sulle relative SDO, integrerebbe un falso innocuo, in quanto il contenuto probatoriamente rilevante dei gia' menzionati atti non riguarda la sigla, la cui apposizione non condurrebbe ad alcuno scopo antigiuridico. Inoltre, il Tribunale del riesame non si sarebbe confrontato con l'idoneita' della minaccia di (OMISSIS) alle due infermiere: essendo (OMISSIS) solo un factotum di (OMISSIS), non avrebbe avuto il potere di licenziare, cosicche' la minaccia risulterebbe inidonea, come pure alcun elemento deporrebbe per l'istigazione del (OMISSIS) a formulare le gia' menzionate minacce. Per altro la chiamata in correita' di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) risulterebbe del tutto inattendibile, in quanto contrastante con le dichiarazioni delle infermiere (OMISSIS) e (OMISSIS) e con la dichiarazione della infermiera Gammone. Il ricorrente ripercorre alcuni brani delle dichiarazioni e in particolare quelle di (OMISSIS) che si sostanzierebbero non in percezione, ma in deduzione del coinvolgimento di (OMISSIS) nelle minacce operate da (OMISSIS). 7. Il nono e decimo motivo denunciano violazione degli articoli 274 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 275 c.p.p. e vizio di motivazione correlato. Difetterebbe di motivazione l'ordinanza impugnata in ordine alla attualita' del pericolo di reiterazione, essendo le condotte contestate avvenute fino ai primi mesi del (OMISSIS), oltre che per la cessazione del rapporto di lavoro con la clinica (OMISSIS), nonche' a fronte della incensuratezza dell'indagato. Inoltre, illogica sarebbe la motivazione nella parte in cui indica adeguata la misura interdittiva, salvo poi ritenerla inadeguata senza una motivazione idonea, applicando la misura domiciliare. Ne' sarebbe stato valutato il quadro della personalita' emerso dalle indagini difensive, che attestano l'elevata professionalita' e capacita' di collaborazione dell'indagato. 8. Il ricorso e' stato trattato con l'intervento delle parti, a seguito della tempestiva richiesta dei difensori del ricorrente, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto del Decreto Legge n. 105 del 202, articolo 7, comma 1, la cui vigenza e' stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, articolo 94 come modificato dal Decreto Legge 31 ottobre 2022, n. 162, articolo 5-duodecies convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. 9. Il Sostituto Procuratore generale in sede di discussione rappresentava come le censure mosse fossero versate in fatto, a fronte di una imputazione ancora fluida, dal che nessun rilievo e' a darsi al tema della forma del concorso; inoltre le censure relative all'interesse rientrano nell'ambito dei motivi e dunque sono irrilevanti; inoltre il tema della scheda informatica e' stato affrontato dal Tribunale del riesame, che la presenza o meno dell'operatore principale e' un elemento di rilevanza nella ricostruzione demandata alla cartella di sala operatoria; sui capi di imputazione oggetto dei motivi quinto, sesto, settimo e ottavo, si tratta di condotte coerenti con le ulteriori risultanze. Chiedeva accogliersi il ricorso limitatamente al capo f), in ragione della sopravvenuta procedibilita' a querela, nonche' in relazione alle esigenze cautelari, rigetto nel resto. 10. I difensori hanno richiamato e illustrato i motivi di ricorso, come indicato in epigrafe. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso e' inammissibile. 2. Va premesso che questo Collegio si atterra' al pacifico orientamento che, a partire da Sezioni Unite, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828, ha sancito che in tema di misure cautelari personali, a fronte di un ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, definisce l'ambito di delibazione della Corte di cassazione. Il Giudice di legittimita' ha il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita' e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravita' del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (nello stesso senso, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976). 3. Quanto al primo e al secondo motivo, in relazione al capo A) dell'imputazione provvisoria, occorre evidenziare come il Tribunale del riesame, dando risposta alla censura proposta dalle difese, definisce il ruolo di (OMISSIS) nel concorso richiamando in primo luogo le condotte sub capo H), vale a dire le condotte di violenza e minaccia in danno delle infermiere, promosse materialmente da (OMISSIS), al fine di costringerle a stampare e siglare le cartelle cliniche, anche in relazione a interventi ai quali era stato assente di (OMISSIS). Altri elementi che vengono indicati a riprova del concorso si sostanziano nell'argomento argomento, non manifestamente illogico, che la ripetitivita' dei 32 interventi in pochi giorni attribuiti a (OMISSIS) in sua assenza non fosse avvenuto a sua insaputa, non essendo emersa una ragione per ritenere un inconsapevole utilizzo da parte di terzi del nome di (OMISSIS) e della sua firma, tanto piu' visto il ruolo di dominus del (OMISSIS), che emerge da plurime fonti d'indagine. Per altro verso proprio il rinvio alle modalita' delle condotte del capo H), effettuato dal Tribunale del riesame (fol. 3), spiega come l'apposizione della firma e la stampa delle cartelle cliniche venisse operata dalle infermiere per la costrizione imposta da (OMISSIS), factotum di (OMISSIS), con consapevolezza di (OMISSIS), che aveva ordinato e visto l'infermiera (OMISSIS) firmare le cartelle al suo posto (fol.9 dell'ordinanza impugnata e foll. 71-72 della ordinanza genetica), e che mai le siglava, per altro. Inoltre, osserva il Tribunale, alcune attivita' proprie del medico, come il test alla flecanide e la lettura dell'elettrocardiogramma, venivano effettuate indebitamente dal (OMISSIS) e solo nel caso, non infrequente, in cui il paziente avesse avuto un malessere, veniva chiamato (OMISSIS) o altro medico: (OMISSIS) decideva per il paziente anche interventi aggiuntivi e non necessari, come la sostituzione del pace maker con il defibrillatore, per âEuroËœtenere il fatturato alto', espressione utilizzata anche dinanzi allo stesso (OMISSIS) (dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), foll. 68 -70 della ordinanza genetica). Si lamentavano, in sostanza, le infermiere (OMISSIS) e (OMISSIS), le cui dichiarazioni sono riportate nell'ordinanza genetica, della circostanza che (OMISSIS) si sostituisse al medico, quindi anche (OMISSIS), e alle loro proteste che richiedevano l'intervento di un medico, (OMISSIS) le minacciava. Pertanto, non e' manifestamente illogico argomentare del ruolo di (OMISSIS) in ordine ai falsi contestati al capo A) sulla scorta degli elementi fattuali richiamati dal Tribunale, della dinamica complessiva emergente anche dalle condotte sub capo H), con una lettura congiunta delle dichiarazioni delle infermiere minacciate da (OMISSIS) e (OMISSIS), la chiamata in correita' di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), come anche le conversazioni intercettate. Il Tribunale del riesame, quindi, rinviando alle modalita' del capo H), attribuisce il ruolo a (OMISSIS) di concorrente materiale o in altri casi di istigatore di (OMISSIS), che costringeva le infermiere a siglare e stampare le cartelle. Si tratta di una ricostruzione non manifestamente illogica anche in relazione alle condotte contestate al capo A). Le censure, pure acutamente mosse quanto a contraddittorieta' della ordinanza impugnata sul tema del movente del falso, non sono decisive. In primo luogo, il Tribunale del riesame individua il movente nel voler comprovare a fini curriculari la elevata "capacita' operatoria di (OMISSIS)", richiamando per altro l'inclinazione alla falsificazione attestata dall'episodio sub capo B), per il quale nessuna contestazione quanto alla gravita' indiziaria veniva proposta dall'indagato. Alla obiezione dell'indagato, del rischio professionale conseguente al non presenziare agli interventi, il Tribunale del riesame replicava che si trattava di interventi "a basso rischio". Il motivo di ricorso evidenzia l'incongruenza fra la finalita' curriculare e la scarsa significativita' qualitativa degli interventi. A ben vedere residua, nel ragionamento del Tribunale, una non secondaria rilevanza quantitativa del numero di interventi, cosicche' non risulta contraddittoria e manifestamente illogica la valutazione impugnata sul punto. E comunque, ad ogni buon conto, la censura rivolta al movente risulta con evidenza non decisiva, a fronte di una ricostruzione in fatto che palesa una organizzazione che prevedeva l'affidamento di compiti a (OMISSIS) in luogo di (OMISSIS) o di altro medico e del dolo generico richiesto. Per altro il movente non e' rilevante sia in ordine ai falsi contestati che alla violenza privata. Quanto ai primi, la cartella clinica redatta da un medico di un ospedale pubblico e' caratterizzata dalla produttivita' di effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonche' dalla documentazione di attivita' compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternita': trattasi di atto pubblico che esplica la funzione di diario del decorso della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, sicche' i fatti devono esservi annotati contestualmente al loro verificarsi. Ne deriva che tutte le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano falsita' in atto pubblico, punibili in quanto tali; ne' rileva il movente, l'intento che muove l'agente, atteso che le fattispecie delineate in materia dal vigente codice sono connotate dal dolo generico e non dal dolo specifico (Sez. 5, n. 1098 del 26/11/1997, dep. 1998, Noce, Rv. 209682 - 01). Quanto alla violenza privata, e' sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e la volonta' di costringere taluno, con violenza o minaccia, a fare, tollerare od omettere qualcosa, senza che sia necessario il concorso di un fine particolare, che costituisce l'antecedente psichico della condotta, cioe' il movente del comportamento tipico descritto dalla norma penale (Sez. 5, n. 2220 del 24/10/2022, dep. 2023, Rv. 284115 - 01; conf. N. 4526 del 2011 Rv. 249247 - 01). Pertanto la censura sul movente individuato dall'ordinanza impugnata non risulta decisiva, salvo comunque il principio che l'eventuale emersione di una criticita' su una delle molteplici valutazioni contenute nel provvedimento impugnato, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non puo' comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e sulla globalita' del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227 - 01; massime conformi: N. 37709 del 2012 Rv. 253445 - 01, N. 9242 del 2013 Rv. 254988 - 01, N. 3724 del 2016 Rv. 267723 - 01). Alcuna disarticolazione del costrutto argomentativo complessivo avviene, nel caso in esame, per le ragioni esposte in relazione al movente, cosicche' il motivo non era consentito e cio' rende inammissibile il ricorso sul punto. 4. In ordine ai motivi terzo e quarto, il Tribunale del riesame chiarisce senza manifeste illogicita' e in modo congruo, quanto ai capi C), D) e E) che non esisteva alcuna difficolta' tecnica a rappresentare in cartella il sopraggiungere dell'anestesista, come anche che la modifica della scheda compilata informaticamente, senza indicare la ragione consistente nel sanguinamento di una paziente per la quale fu chiamato l'anestesista, avvenne a seguito dello sblocco informatico, cioe' dopo che era stata chiusa e salvata la compilazione. Emergevano difformita' anche fra quanto indicato in cartella e quanto realmente accaduto: l'anestesista non era mai presente dall'inizio dell'intervento, il che sarebbe giustificato, secondo il ricorrente, dalla possibilita' di (OMISSIS), quale medico, di somministrare i sedativi senza necessita' dell'anestesista. Il Tribunale del riesame rileva come ancora scientificamente non acclarata sia tale possibilita'. D'altro canto, l'ordinanza impugnata evidenzia come comunque, a prescindere dalla ragione della necessita' o meno dell'anestesista, lo si faceva comparire presente dall'inizio dell'intervento mentre invece era subentrato solo in un secondo momento per l'emergenza verificatasi, come anche falsa risultava la circostanza dell'avvenuta puntura dell'arteria destra per (OMISSIS), paziente poi deceduto: la falsita' in questo caso e' attestata dall'anestesista (OMISSIS), per il quale il Tribunale esclude una valutazione di calunniosita', attribuendo minore attendibilita' tecnica al narrato di due infermieri che riferivano che la puntura era stata effettuata. Si tratta di una valutazione non manifestamente illogica, cosicche' la delibazione di maggiore o minore attendibilita', non e' sindacabile. Infatti, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita' quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 - dep. 31/03/2015, 0., Rv. 26296501). Pertanto non si rileva alcuna manifesta illogicita' o contraddittorieta' nell'ordinanza impugnata che, al di la' delle motivazioni dedotte dal ricorrente, palesa come vi sia stata una falsificazione delle cartelle cliniche, in linea con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimita', sia per le modifiche apportate successivamente, sia anche per l'attestazione di interventi non realizzati, come la puntura dell'arteria destra per il posizionamento del catetere a (OMISSIS): per un verso la cartella clinica, della cui regolare compilazione e' responsabile il primario, adempie alla funzione di diario della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve quindi avvenire contestualmente al loro verificarsi, uscendo al tempo stesso dalla disponibilita' del suo autore ed acquistando carattere di definitivita', per cui tutte le successive modifiche, aggiunte, alterazioni e cancellazioni integrano falsita' in atto pubblico (Sez. 5, n. 13989 del 17/02/2004, Castaldo, Rv. 228024 - 01); per altro integra il reato di falso materiale in atto pubblico anche l'alterazione di una cartella clinica mediante l'aggiunta, in un momento successivo, di una annotazione, ancorche' vera, non rilevando, infatti, a tal fine, che il soggetto agisca per ristabilire la verita', in quanto la cartella clinica acquista carattere definitivo in relazione ad ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di disponibilita' del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata (Sez. 5, n. 55385 del 22/10/2018, Passafiume, Rv. 274607 - 01; in motivazione la Corte ha precisato che la cartella clinica costituisce un documento avente funzione di "diario" della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve avvenire contestualmente al loro verificarsi; massime conformi N. 35167 del 2005 Rv. 232567 - 01, N. 37314 del 2013 Rv. 257198 - 01). Il che palesa la manifesta infondatezza della censura, in ordine all'inesistenza di ragioni che avrebbero giustificato il falso attestare la presenza dell'anestesista, quando (OMISSIS) poteva provvedere personalmente alla somministrazione dei relativi farmaci: senza incorrere in aporie logiche il Tribunale del riesame ha rilevato come sia il falso in se' a rilevare, non la ragione dello stesso, e d'altro canto neanche la scheda redatta dall'anestesista puo' escludere il falso, in quanto ciascun documento fidefaciente mantiene la propria autonomia, ponendosi poi l'ulteriore tema, in caso di contrasto, su quale atto debba ritenersi maggiormente attendibile, a riprova della lesione del bene giuridico protetto della fede pubblica. 5. Il quinto e il sesto motivo sono manifestamente infondati. A ben vedere, anche in questo caso la censura si sposta sulle motivazioni delle condotte, non contestando dinanzi al Tribunale del riesame la materialita' dei fatti. Per consolidata giurisprudenza l'elemento oggettivo del delitto di violenza privata e' costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l'effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata, poiche', in assenza di tale determinatezza, possono integrarsi i singoli reati di minaccia, molestia, ingiuria, percosse, ma non, per l'appunto, quello di violenza privata (ex multis Sez. 5, n. 35237 del 23 maggio 2008, Morellini, Rv. 241159). In altri termini, come pure chiarito da questa Corte, il delitto in questione non e' configurabile qualora gli atti di violenza e di natura intimidatoria integrino, essi stessi, l'evento naturalistico del reato, vale a dire il pati cui la persona offesa sarebbe stata costretta (Sez. 5, n. 2480 del 18 aprile 2000, P.M. in proc. Ciardo, Rv. 216545). Sulla scia di tale interpretazione anche le Sezioni Unite hanno avuto modo di precisare come, nella fattispecie descritta nell'articolo 610 c.p. la violenza e' un connotato essenziale di una condotta che, a sua volta, deve atteggiarsi alla stregua di mezzo destinato a realizzare un evento ulteriore: vale a dire la costrizione della vittima a fare, tollerare od omettere qualche cosa; deve dunque trattarsi di "qualcosa" di diverso dal "fatto" in cui si esprime la violenza (Sez. U, n. 2437/09 del 18 dicembre 2008, Giulini e altro, in motivazione). In definitiva, l'evento del reato, nell'ipotesi del ricorso alla violenza, non puo' coincidere con il mero attentato all'integrita' fisica della vittima o anche solo con la compressione della sua liberta' di movimento conseguente e connaturata all'aggressione fisica subita. Nel caso in esame le varie minacce, come valutate dal Tribunale del riesame, risultavano funzionali a costringere gli infermieri a somministrare farmaci di natura sedativa in assenza dell'anestesista, ma sotto la direzione del (OMISSIS). La circostanza sostenuta in ricorso - difformemente da quanto lo stesso Tribunale del riesame richiama, riproducendo le dichiarazioni dell'anestesista Galano (ordinanza impugnata fol. 7) - che (OMISSIS) potesse da solo somministrare tali farmaci, non esclude il delitto in contestazione in quanto, come anticipato, l'elemento soggettivo del reato di minaccia si caratterizza per il dolo generico consistente nella cosciente volonta' di minacciare un male ingiusto, indipendentemente dal fine avuto di mira (Sez. 5, n. 50573 del 24/10/2013, Schepis, Rv. 257765 - 01), tanto piu' che l'esistenza almeno di un contrasto fra due tesi scientifiche diverse sul punto legittimava l'opposizione degli infermieri. Ne' fondati risultano i motivi allorche' censurano l'omessa riqualificazione in tentativo della fattispecie, in quanto la costrizione si ebbe a verificare in alcuni casi, per quanto evidenzia il Tribunale del riesame, essendo stata "assecondata" la richiesta di procedere alla somministrazione dei farmaci sedativi dopo le minacce, verificandosi il fatto ulteriore rispetto alla minaccia. Ne' e' fondata la censura in ordine alla omessa valutazione delle dichiarazioni di altri infermieri che escludevano di aver ricevuto minacce, del quale rende conto al fol. 8 il Tribunale del riesame, ritenute non incidenti sul quadro indiziario con motivazione non manifestamente illogica, essendo evidente che la necessita' della costrizione avveniva nei confronti di chi era riluttante, non di chi aderiva all'ordine di (OMISSIS). 6. Il settimo e ottavo motivo sono anche manifestamente infondati. Va premesso che essendo in contestazione la minaccia posta in essere da (OMISSIS), in concorso con (OMISSIS), per costringere le infermiere (OMISSIS) e (OMISSIS) ad apporre la firma di (OMISSIS) sui frontespizi delle cartelle cliniche e delle relative SDO, vale a dire Schede di Dimissioni Ospedaliere, anche per queste ultime e' configurabile il delitto di falso, in quanto trattasi di atto pubblico, coerente con il suo inserimento in cartella clinica oltre che con la sua valenza non meramente ricognitiva, ma di attestazione degli elementi necessari per la richiesta di rimborso (Sez. 5, n. 35104 del 22/06/2013, Istituto Citta' Studi, Rv. 257124 01; la Corte ha precisato che la corretta compilazione della S.D.O. e la codifica delle ulteriori informazioni sanitarie necessarie possono essere configurate come un parere tecnico che, tuttavia, essendo formulato da soggetti cui la legge riconosce una particolare perizia ed ancorato a parametri valutativi dettagliatamente predeterminati, e' destinato a rappresentare la realta' al pari di una descrizione o di una constatazione). Se dunque sono atto pubblico sia la cartella clinica che la SDO, non e' prospettabile l'innocuita' del falso, in quanto integra il delitto di falsita' in atto pubblico la condotta del pubblico ufficiale che apponga sottoscrizioni apocrife di altri pubblici ufficiali, esulando, in tal caso, la figura del cd. "falso innocuo", attesa la rilevanza di siffatta infedele attestazione ai fini della funzione documentale dell'atto (Sez. 5, n. 23891 del 18/03/2019, Cozzitorto, Rv. 275559 - 01, in relazione al verbale di sottoposizione ad una misura cautelare nel quale si attesti falsamente la partecipazione all'atto, nella qualita' di coautori, di altri pubblici ufficiali in realta' assenti, dei quali apponga sottoscrizioni apocrife; Sez. 5, n. 41848 del 17/05/2018, Ferraro, Rv. 275132 - 01 specifica che in tema di falso ideologico in atto pubblico, la sottoscrizione del verbale di arresto, in mancanza di adeguate specificazioni, attribuisce a ciascuno dei sottoscrittori l'attestazione della veridicita' delle indicazioni ivi contenute, sia quanto all'operato di ciascuno, sia quanto ai fatti verificatisi e percepiti come giustificativi dell'esecuzione dell'attivita' di polizia giudiziaria ivi documentata). Nel caso in esame la censura non ha quindi pregio, a maggior ragione in relazione alle SDO delle cartelle cliniche relative agli interventi di cui al capo A), nei quali (OMISSIS) compariva presente quale primo operatore e invece risultava assente perche' in altra localita'. In coerenza con i principi di diritto e senza aporie logiche, quindi, in tal caso, il Tribunale del riesame ha ritenuto la gravita' indiziaria in ordine al delitto di cui all'articolo 611 c.p., in quanto costringere la (OMISSIS) a apporre la sottoscrizione di (OMISSIS), assente all'intervento, con la sottoscrizione apocrifa dava atto della presenza del predetto e attestava la verita' dei fatti verificatisi e documentati nella cartella clinica. Quanto alla censura relativa alla minaccia di (OMISSIS) e alla sua âEuroËœcapacita'' di licenziare, che escluderebbe l'idoneita' della stessa, a ben vedere il Tribunale del riesame, come anche l'ordinanza genetica, ricostruiscono in dettaglio i rapporti fra (OMISSIS) e (OMISSIS), sia per quanto riferito dagli altri operatori sanitari, infermieri e medici, sia anche per quanto emerso dalle dichiarazioni dello stesso (OMISSIS) rese in sede di interrogatorio, nonche' per le conversazioni intercettate, riportate nella ordinanza genetica al fol. 73, dalle quali emerge il rapporto di stretta collaborazione, anche a fini illeciti, fra i due. Pertanto, senza alcuna manifesta illogicita', il Tribunale del riesame richiama tali emergenze per trarne per un verso l'istigazione e la determinazione di (OMISSIS), quale concorrente, nelle condotte di minaccia prospettate da (OMISSIS), per altro verso di tale stretto legame fra i due erano al corrente le infermiere, cosicche' la minaccia di licenziamento proveniente da (OMISSIS) risultava oltremodo credibile come espressiva della volonta' di (OMISSIS). Quanto al contrasto dedotto fra l'interrogatorio di (OMISSIS) e le ulteriori emergenze, il ricorso difetta di autosufficienza, in quanto il verbale delle dichiarazioni del primo non e' stato allegato al ricorso, impedendo a questa Corte ogni valutazione sul punto. Infatti, in relazione ai contenuti diversi da quelli emergenti dalle dai provvedimenti di merito, degli stessi non puo' questa Corte tener conto, in quanto dedotto il vizio di manifesta illogicita' della motivazione richiamando atti specificamente indicati, il ricorso e' inammissibile se non contiene la loro integrale trascrizione o allegazione, cosi' da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze, in base al combinato disposto degli articoli 581 c.p.p., comma 1, lettera c), e articolo 591 c.p.p. (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, Sentenza n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053Sez. 3, Sentenza n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994 Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723). 7. Quanto al nono e decimo motivo gli stessi sono infondati. Sul punto il Tribunale del riesame evidenzia senza alcuna manifesta illogicita' come l'attualita' e la concretezza del pericolo di reiterazione siano di particolare intensita' e frequenza, in forza della comprovata sistematicita' dei falsi e delle violenze, come anche dalla circostanza che (OMISSIS) continui ad avere rapporti con strutture sanitarie private; sia anche per condotte ulteriori emerse dalle conversazioni intercettate, come quelle relative al ricovero pretestuoso di una donna in altra clinica ove lavorava (OMISSIS), nonche' l'attivita' di dossieraggio attraverso la falsa predisposizione di prove in danno nei confronti del direttore generale della clinica (OMISSIS), tutti elementi dimostrativi, per il Tribunale del riesame, dell'insensibilita' assoluta alla doverosa rappresentazione fedele delle circostanze di fatto che, come sanitario, (OMISSIS) aveva l'obbligo di attestare, oltre che la allarmante disponibilita' a manipolare la realta' e a strumentalizzare singoli accadimenti per finalita' illecite, come pure la propensione a dissumulare senza alcuna ritrosia pur di ottenere il risultato preteso. E bene, tale motivazione e' del tutto in linea con gli orientamenti consolidati: il testo dell'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c), risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di recidiva esclusivamente dalla gravita' del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalita' della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si e' svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Silvestrin, Rv. 271522 - 0; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016, Biondo, Rv. 267798 - 01). Va infatti ribadito anche che, ai fini della configurabilita' dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 274 c.p.p., comma 1, lettera c, il concreto pericolo di reiterazione dell'attivita' criminosa puo' essere desunto anche dalla molteplicita' dei fatti contestati, in quanto la stessa, considerata alla luce delle modalita' della condotta concretamente tenuta, puo' essere indice sintomatico di una personalita' proclive al delitto (ex multis Sez. 3, n. 3661/14 del 17 dicembre 2013, Tripicchio e altri, Rv. 258053). Quanto alla misura domiciliare, anche non manifestamente illogica o contraddittoria e' la motivazione impugnata, che afferma che pur se in astratto potrebbe essere sufficiente una misura interdittiva, proprio l'assenza di lealta' nella collaborazione lavorativa e la inclinazione alla falsificazione rendono inidonea la misura meno afflittiva rispetto a quella domiciliare. In vero nessuna contraddizione si coglie, in quanto il Tribunale opera proprio la valutazione graduale richiesta, motivando senza aporie logiche in ordine alla insufficienza della misura interdittiva e alla necessita' di quella domiciliare, a fronte del permanere di rapporti di lavoro di (OMISSIS) con altre strutture sanitarie, nell'ambito delle quali potrebbero riproporsi analoghe condotte in caso di regime cautelare piu' tenue, anche avvalendosi della collaborazione di terzi, come nel caso che occupa. Ne' decisiva e' la censura dell'ordinanza, che non avrebbe valutato la professionalita' elevata e la personalita' del (OMISSIS) per quanto emerge dalle indagini difensive: in vero il Tribunale del riesame ha correttamente deciso sulla scorta dei fatti come restituiti dalle indagini, non potendo incidere il parere di terzi o la ritenuta, ne' contestata, professionalita' del ricorrente. Ne consegue la manifesta infondatezza del motivo. 8. All'inammissibilita' del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, cosi' equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. 13/6/2000 n. 186). P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BONI Monica - Presidente Dott. MAGI Raffaello - Consigliere Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere Dott. CAPPUCCIO Daniele - rel. Consigliere Dott. TOSCANI Eva - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato il (OMISSIS); (OMISSIS) SPA (OMISSIS); avverso la sentenza del 23/06/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di FIRENZE; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPPUCCIO DANIELE; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. GAETA PIETRO, che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi. uditi i difensori di parte civile: avvocato Pinucci, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata e l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Gramigni, il quale conclude chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi e la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Verrucchi, il quale conclude chiedendo l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi e la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Maggiora, il quale conclude chiedendo l'inammissibilita' o in subordine il rigetto dei ricorsi e la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Parenti, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata, deposita le conclusioni e la nota spese; avvocato Accettola, il quale conclude chiedendo la conferma della sentenza impugnata e il rigetto dei ricorsi, deposita le conclusioni e la nota spese; uditi i difensori dei ricorrenti: avvocato Cianferoni Luca, il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso e l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata alla Corte di Appello competente; avvocato Ali' Elisabetta, la quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso; avvocato Muncibi' Nicola, il quale conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Il dispositivo della pronunzia impugnata. Con sentenza del 23 giugno 2021, la Corte di assise di appello di Firenze, in accoglimento delle impugnazioni presentate dal locale Procuratore della Repubblica e dalle parti civili ed in parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Firenze il 30 giugno 2020, ha, tra l'altro: - dichiarato (OMISSIS) ed (OMISSIS) colpevoli del delitto di tentato omicidio in pregiudizio di (OMISSIS) e li ha condannati alla pena di sette anni di reclusione ciascuno, oltre che alle sanzioni accessorie previste per legge; - confermato le condanne pronunziate, in primo grado, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di tentata violenza privata continuata, commessa minacciando di morte (OMISSIS) al fine di costringerlo a riparare all'estero, nonche' dello stesso (OMISSIS), di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenuti responsabili: del tentato omicidio di (OMISSIS); dell'omicidio volontario di (OMISSIS); delle lesioni personali arrecate a (OMISSIS); - confermato la condanna di (OMISSIS) alla pena di venticinque anni e due mesi di reclusione e di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) alla pena di venticinque anni di reclusione ciascuno, oltre che al risarcimento dei danni ed al pagamento delle provvisionali in favore delle costituite parti civili; - condannato il responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS) in relazione al veicolo Volvo S60 targato (OMISSIS), in solido con gli imputati, al risarcimento dei danni ed al pagamento delle provvisionali in favore delle parti civili costituite. 2. Le coordinate generali della vicenda di interesse, nella ricostruzione dei giudici di merito. Le menzionate sentenze sono state rese nell'ambito del procedimento penale scaturito dai fatti accaduti la mattina del (OMISSIS) in (OMISSIS) e, in specie, dall'inseguimento tra veicoli procedenti ad elevatissima velocita', culminato, con esito tragico, nei violentissimi urti verificatisi all'altezza dell'incrocio tra le vie (OMISSIS) e (OMISSIS). I giudici di merito hanno, in proposito, concordemente stimato che la vicenda di interesse processuale ha tratto origine dalla crisi intervenuta tra i coniugi (OMISSIS) ed (OMISSIS), che si e' riverberata nei rapporti tra l'uomo e la famiglia della moglie, e, specificamente, dal proditorio atteggiamento serbato la sera dell'(OMISSIS) da (OMISSIS) il quale, in replica alle contestazioni dei parenti della donna, aveva osato percuotere il suocero (OMISSIS), leader della comunita' rom insediata nel campo nomadi del (OMISSIS). L'increscioso contegno serbato da (OMISSIS) aveva determinato la reazione di (OMISSIS) e dei suoi congiunti, tradottasi, oltre che nelle esplicite minacce rivoltegli da (OMISSIS), figlio di (OMISSIS), via chat il 9 giugno 2018, nella spedizione punitiva organizzata ed eseguita l'indomani mattina, domenica (OMISSIS). Quel giorno, stando all'impostazione accusatoria, recepita nelle sentenze di primo e secondo grado - che divergono soltanto in ordine alla responsabilita' concorsuale di (OMISSIS), pure lui figlio di (OMISSIS), ed (OMISSIS), nipote della sorella di (OMISSIS), in ordine al tentato omicidio di (OMISSIS) - (OMISSIS) venne sorpreso, mentre si trovava, a bordo della sua Opel Zafira, nel parcheggio del supermercato (OMISSIS) di Via (OMISSIS), da (OMISSIS) (anche lui figlio di (OMISSIS), benche' portante un diverso cognome) il quale, posto alla guida della Lancia Lybra sulla quale viaggiava anche la moglie, (OMISSIS), cerco' di sbarrargli la via d'uscita sospingendo la Opel Zafira verso l'area in cui erano allocati i carrelli della spesa. (OMISSIS), a quel punto, sperono', a sua volta, la Lancia Lybra, cosi' riuscendo ad allontanarsi ed a immettersi, a tutto gas, sulla Via (OMISSIS), non senza avere, prima, superato l'ostacolo rappresentato da altri due veicoli, il furgone Opel Vivaro occupato da (OMISSIS) e (OMISSIS) e la Volvo S60 sulla quale si trovavano il conducente (OMISSIS) (figlio di (OMISSIS)) ed i passeggeri (OMISSIS) (nipote di (OMISSIS), perche' figlio del di lui fratello (OMISSIS)), il quale occupava il sedile anteriore destro, (OMISSIS) e (OMISSIS), assisi sui sedili posteriori. Il fuggiasco, per farsi largo tra i veicoli, urto' sia la Volvo S60 che il furgone Opel Vivaro, che subi' un danno ad un pneumatico, tale da minarne l'efficienza, e si lancio', quindi, a fortissima velocita', lungo la Via (OMISSIS), seguito da presso dalla Volvo S60 e, a breve distanza, dalla Lancia Lybra. L'inseguimento, condotto all'andatura di circa 100 km/h, in piena citta', a meta' mattinata della domenica, mise a repentaglio l'incolumita', oltre che delle persone che ne erano protagoniste, di tutti gli utenti della strada e dei passanti: cio' nonostante, la Opel Zafira e la Volvo S60 non esitarono ad occupare la corsia di marcia riservata ai mezzi che transitavano in senso inverso, al punto da rischiare la collisione con un ciclomotore, fortunatamente evitata grazie alla manovra di emergenza effettuata dalla Volvo S60 - che, scartando, riusci' a riguadagnare la propria corsia, senza tuttavia rallentare e, anzi, rilanciando l'andatura per proseguire l'inseguimento - dal cui finestrino destro sporgeva la mazza da baseball che (OMISSIS) agitava con chiaro intento minatorio nei confronti di (OMISSIS). Di li' a poco, in prossimita' dell'intersezione con la Via (OMISSIS), la Volvo S60 colpi' la vettura guidata da (OMISSIS) che, entrata in rotazione, abbatte' un palo segnaletico, sali' sul marciapiede e termino' la sua corsa contro alcuni arbusti piantati a lato della strada, per poi venire parzialmente attinta dalle fiamme. (OMISSIS), riuscito, provvidenzialmente, ad abbandonare l'abitacolo e nascostosi alla vista degli inseguitori mimetizzandosi tra gli alberi, riporto', nell'occorso, lesioni tanto gravi da determinare un lungo periodo di convalescenza e postumi invalidanti. La Volvo S60 urto', altresi', il ciclomotore Honda SH, guidato da (OMISSIS) - il quale, fermo al semaforo, venne scaraventato alla distanza di quarantacinque metri e, in conseguenza del violentissimo impatto con il suolo, pati' lesioni di tale gravita' da provocarne, il giorno seguente, il decesso - per poi colpire, danneggiandola, la Hyundai guidata da (OMISSIS) (il quale portava seco i figli minori), invadere l'opposta corsia di marcia ed ivi andare a collidere frontalmente con la Volvo V40 condotta da (OMISSIS), pure rimasto ferito, sulla quale sedeva anche la moglie (OMISSIS). Sul luogo del sinistro giunsero, di li' a poco, a bordo del furgone Opel Vivaro, (OMISSIS) ed (OMISSIS) il quale, sceso dal mezzo, si avvicino' alla Opel Zafira di (OMISSIS). Sulla base di questa ricostruzione dei fatti, la Corte di assise ha affermato la penale responsabilita' di tutti gli occupanti della Volvo S60 e del conducente della Lancia Lybra (nei confronti della cui passeggera, (OMISSIS), non risulta, per quanto consta, essere stata elevata alcuna contestazione) per i reati di omicidio volontario e tentato e di lesioni personali in pregiudizio, rispettivamente, di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), nonche' quella di (OMISSIS) anche per la tentata violenza privata commessa in danno di (OMISSIS); ha, invece, assolto (OMISSIS) ed (OMISSIS) dal fatto loro ascritto. Avuto riguardo all'individuazione del soggetto chiamato, in solido con gli imputati, al risarcimento, quale responsabile civile, dei danni cagionati dalla Volvo S60, che, in quel frangente, circolava con targa di prova, la Corte di assise ha ritenuto che soggetto passivo dell'obbligazione fosse l' (OMISSIS) S.p.a., societa' che copriva i rischi connessi alla circolazione con targa di prova e che, essendo stata detta societa' estromessa dal giudizio, in accoglimento di specifica eccezione, nelle fasi preliminari, la questione dovesse essere affrontata nella competente sede civilistica, ed ha, per contro, respinto le domande formulate dalle parti civili nei confronti della (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS). 3. La motivazione della sentenza impugnata. La Corte di assise di appello ha disatteso in toto le impugnazioni degli imputati sul rilievo che le emergenze istruttorie raccolte nel corso del giudizio di primo grado e quelle assunte mediante parziale rinnovazione in appello comprovino la reale dinamica degli accadimenti, nonche' la falsita' delle dichiarazioni rese dagli imputati e dai testimoni escussi su loro indicazione, ed impongano, piuttosto, la riforma della sentenza di primo grado nel senso dell'estensione a (OMISSIS) ed (OMISSIS) della responsabilita' per il tentato omicidio di (OMISSIS). Tanto, in ragione della conclamata sussistenza di un previo accordo tra tutti gli imputati, reso evidente dalle condotte pregresse e dalla seriazione causale degli eventi, dimostrative: di una vera e propria ricerca della vittima; di una chiamata a raccolta, una volta che la stessa era stata individuata; di una volonta' omicidiaria comune e condivisa tra tutti gli imputati, i quali hanno concorso, sul piano sia materiale che morale, alla realizzazione del fatto in contestazione. La Corte di assise di appello ha, in primis, stimato priva di fondamento la versione dei fatti offerta dagli imputati in relazione: a) alla natura, asseritamente fortuita e occasionale, dell'incontro di (OMISSIS) con (OMISSIS) all'interno del parcheggio dell'(OMISSIS); b) alla reale dinamica degli scontri, all'interno del parcheggio, tra le vetture di (OMISSIS) e (OMISSIS); c) al significato e al contenuto della telefonata partita dall'utenza di (OMISSIS), in quel momento nella disponibilita' della moglie, verso quella di (OMISSIS) e, piu' in generale, di quelle intercorse, tra i soggetti di interesse processuale, a partire dal primo passaggio della Opel Zafira della vittima lungo la Via (OMISSIS); e) alla presenza degli imputati, quella mattina, nell'area del centro commerciale (OMISSIS) ed alle ragioni che la hanno giustificata; f) all'assenza di qualsivoglia previo accordo fra di loro; g) ai termini del coinvolgimento di ciascuno degli occupanti dei tre veicoli; h) all'assenza di intento omicidiario o di vendetta verso (OMISSIS). Ha, in particolare, ritenuto, in accordo con il primo giudice, che (OMISSIS) fosse presente all'interno della Volvo S60 sia nel tragitto percorso tra il campo nomadi ed il supermercato (OMISSIS) che durante la successiva fase di inseguimento della Opel Zafira e che la sua diretta e personale partecipazione sia coerente con il prestigio riconosciutogli in seno alla comunita' rom, messo in discussione dall'aggressione perpetrata dal genero nei suoi confronti, dalla quale era derivato l'intento di porre in essere una cruenta azione ritorsiva, articolatasi proprio attraverso le condotte ricostruite nel processo. I giudici di secondo grado, del pari, respinto le prospettazioni difensive relative: a) all'essersi (OMISSIS) avvicinato alla vittima, nel parcheggio dell'(OMISSIS), in modo civile e non ostile; b) alla corretta interpretazione da attribuire ai messaggi che (OMISSIS) aveva scambiato con (OMISSIS); c) alle pulsioni che hanno spinto (OMISSIS) ad esibire, in costanza di inseguimento, la mazza da baseball, facendola sporgere dal finestrino, e ad impugnarla, dopo l'incidente, appena sceso dalla macchina, all'atto di appropinquarsi a quella della vittima; d) alle ragioni che hanno indotto (OMISSIS) a porsi alle calcagna del cognato; e) al motivo che ha spinto (OMISSIS) ed (OMISSIS) a portarsi, a dispetto dell'avaria dell'Opel Vivaro, sul luogo del sinistro. La Corte di assise di appello ha ritenuto che la riscontrata presenza di (OMISSIS) all'interno della Volvo S60 renda insostenibile l'intera ricostruzione difensiva, caratterizzata da profili di irrazionalita' e smentita da circostanze obiettive, emergenti dal contributo di testi pienamente attendibili anche perche' neutrali, e dagli espletati accertamenti tecnici. In quest'ottica, la convergenza dei tre veicoli al centro commerciale, lungi dall'essere frutto del caso, costituisce momento attuativo di una vera e propria spedizione punitiva, pianificata e voluta da tutti gli imputati, avente come movente l'affronto che (OMISSIS) aveva riservato all'indiscusso capo del clan a base familiare, secondo quanto, del resto, confermato dai messaggi gravemente intimidatori inviati alla vittima da (OMISSIS), nonche' dagli appostamenti sotto casa della vittima. In questo senso depongono, hanno ribadito i giudici di appello, sia le dichiarazioni rese dai testimoni oculari indifferenti ai fatti, e massimamente credibili, che collocano (OMISSIS), immediatamente dopo l'incidente, accanto alla Volvo S60 incidentata, che le informazioni assunte in ordine alla coincidenza, dal punto di vista cronologico, tra le minacce rivolte da (OMISSIS) al cognato via Messenger e lo stazionamento, sotto casa della vittima, di due veicoli, di colore corrispondente a quello delle macchine in uso a (OMISSIS) ed (OMISSIS), che induce a reputare inverosimile l'obiezione che riconduce le parole di (OMISSIS) ad un mero e liberatorio sfogo di rabbia. La Corte di assise di appello ha, del pari, reputato l'inverosimiglianza delle giustificazioni offerte dagli imputati circa le ragioni che hanno determinato la loro contestuale presenza all'interno del parcheggio del supermercato (OMISSIS). In proposito, ha rilevato che (OMISSIS) ed i suoi congiunti, essendo edotti delle abitudini di (OMISSIS), non hanno avuto difficolta', quella mattina, a reperirlo e ad avviare, quindi, la programmata spedizione punitiva nei suoi confronti: (OMISSIS) lo ha, per primo, raggiunto nel parcheggio del centro commerciale, dopodiche', tramite un giro di telefonate, i correi hanno lasciato il campo nomadi, a bordo della Volvo S60 e dell'Opel Vivaro, in direzione dell'(OMISSIS). La successione dei contatti telefonici, letta in combinazione, anche cronologica, con le immagini estratte dai sistemi di video sorveglianza installati in quella zona, dimostra compiutamente, a giudizio della Corte di assise di appello, che gli spostamenti dei veicoli sono stati compiuti in funzione delle informazioni via via fornite da (OMISSIS), dalla moglie e da (OMISSIS) e priva di qualsivoglia plausibilita' la versione difensiva, secondo cui (OMISSIS) ed i suoi congiunti si sarebbero trovati, in gran numero, nell'arco di poche decine di metri senza avere prima concordato l'incontro e senza che la loro contestuale presenza fosse collegata al malanimo nutrito nei confronti di (OMISSIS) ed alla ritenuta necessita' di sanzionare a dovere l'atto di arrogante irriverenza del quale egli si era reso autore appena due giorni prima. La Corte di assise di appello ha mutuato le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado anche in ordine agli accadimenti avvenuti all'interno del parcheggio, non essendo revocabile in dubbio che la condotta tenuta da (OMISSIS), a dispetto di quanto da lui riferito, sia stata aggressiva e funzionale ad un'azione di contenimento della vittima, in attesa del sopraggiungere dei correi, grazie al cui intervento sarebbe stato possibile infliggere a (OMISSIS) la meritata punizione. Ha, per contro, svalutato l'assunto difensivo volto a negare che la vittima sarebbe stata colta, in conseguenza dell'improvvisa aggressione, da panico, scarsamente compatibile con il contesto socio-culturale che ha fatto da sfondo alla vicenda e con il complessivo contegno degli imputati, intenzionati ad evitare che il dissidio fosse composto in forme pacifiche e civili. Ha, vieppiu', ricordato che le autovetture impegnate nell'inseguimento hanno viaggiato a velocita' piu' che doppia rispetto a quella consentita e percorso la carreggiata, con continue azioni di speronamento e cambi di corsia, secondo quanto definitivamente comprovato dalle testimonianze raccolte e dalle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza. La Corte di assise di appello ha, quindi, ritenuto, in diritto, che l'accertata dinamica degli accadimenti consente di ravvisare la sussistenza sia dell'elemento materiale, inteso come idoneita' e direzione non equivoca degli atti tenuti, del contestato delitto di tentato omicidio in danno di (OMISSIS) che del profilo psicologico doloso dell'animus necandi, ricostruito nella forma del dolo diretto alternativo. A tal fine, ha osservato che vi e' prova certa: a) che i tre veicoli si sono trovati contemporaneamente nello stesso luogo per effetto di un chiaro e ben preciso accordo o, comunque, per una volonta' condivisa ed in vista del conseguimento del comune obiettivo di offrire una congrua risposta all'irrispettoso comportamento tenuto da (OMISSIS) nei riguardi del suocero; b) che l'azione violenta iniziata da (OMISSIS) e' stata funzionale al contenimento della vittima ed a permettere ai coimputati di raggiungerlo e dargli manforte; c) che la fuga a gran velocita' non ha rappresentato un evento imprevisto e imprevedibile ed ha, al contrario, costituito un'evenienza ordinaria, che non ha colto di sorpresa gli imputati, lesti a mettersi immediatamente sulle tracce di (OMISSIS); d) che la condotta di guida, scellerata e di inaudita pericolosita', tenuta dai veicoli inseguitori integra sia il profilo di idoneita' che quello di direzione non equivoca degli atti. Parimenti sussistente deve ritenersi, secondo la Corte, l'elemento psicologico del reato, atteso che un inseguimento di tal fatta, contraddistinto da tentativi di sorpasso contromano e da speronamenti, a quella folle velocita', mirava non gia' a costringere (OMISSIS) ad arrestare la marcia ma, piuttosto, a conseguire l'obiettivo, unico ed univoco, di mandarlo fuori strada, rappresentandosi e volendo, alternativamente, da parte degli agenti, la morte o le lesioni gravi della vittima. La Corte di assise di appello ha concluso nel senso della concorrente responsabilita' di tutti gli imputati in ordine al tentato omicidio, sul rilievo, in specie, che e' stata la Lancia Lybra a dare il la all'operazione punitiva con la condotta di contenimento violento della Opel Zafira della vittima all'interno del parcheggio del supermercato e che la stessa autovettura, seguendo la Volvo S60, prima inseguitrice, a velocita' pressocche' identica, ha operato sorpassi contromano ed evoluzioni di analoga pericolosita' e di univoca significanza nel senso della partecipazione diretta e attiva all'inseguimento. La responsabilita' concorrente per il delitto e' stata estesa, oltre che ai conducenti dei veicoli, (OMISSIS) e (OMISSIS), agli occupanti della Volvo S60: (OMISSIS), autore dell'iniziativa minatoria attuata brandendo, in costanza di inseguimento, la mazza; (OMISSIS), che aveva occupato le giornate precedenti alla ricerca spasmodica della vittima, indirizzandogli reiterate e pesanti minacce di morte; (OMISSIS), per vendicare il quale l'azione delittuosa e' stata deliberata e portata a compimento e che si e' unito ai familiari per consumare l'atto di ritorsione. La Corte di assise di appello ha, poscia, riformato la sentenza di primo grado in ordine alla penale responsabilita' di (OMISSIS) ed (OMISSIS) in ordine al delitto di tentato omicidio. A tal fine, ha valorizzato, innanzitutto, la corrispondenza tra i passaggi della vittima sotto la telecamera posta a copertura di Via (OMISSIS), le telefonate tra gli imputati e l'uscita dal campo nomadi, a pochi secondi di distanza l'una dall'altra, della Volvo S60 e dell'Opel Vivaro, nonche' la diretta e personale partecipazione al fatto di (OMISSIS), falsamente e costantemente negata, quali elementi di prova logica univoci e connotati da gravita', precisione e concordanza. Ha giustificato con la concitazione del momento la contraddizione in cui, nel corso delle indagini preliminari, e' incorso (OMISSIS) con riferimento all'indicazione degli occupanti dei vari veicoli. Ha, ulteriormente, notato che la panoramica dello stato dei luoghi sviluppata dalla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari, che tiene conto delle distanze relative e del posizionamento del furgone condotto da (OMISSIS) rispetto ai veicoli interessati dal sinistro, dimostra, da un canto, che l'Opel Vivaro e' giunto sulla scena del delitto immediatamente dopo la sua verificazione e prima che l'area venisse interdetta al traffico veicolare e, dall'altro, che (OMISSIS) ha dovuto percorrere svariate decine di metri per raggiungere la siepe dentro la quale era finita l'autovettura di (OMISSIS), cosi' rendendosi protagonista di un contegno espressivo di volonta' offensiva. Ha rilevato che non puo', in proposito, credersi, come prospettato da (OMISSIS), che egli si sia avvicinato all'auto di (OMISSIS) perche' preoccupato della sua incolumita' e nonostante egli, per sua stessa ammissione, avesse subito notato che all'interno della vettura non vi era nessuno e che il veicolo era interessato da un principio di incendio. La Corte di assise di appello ha, analogamente, condiviso i giudizi espressi dai giudici di primo grado circa la sussistenza dell'elemento psicologico del dolo eventuale in relazione all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni arrecate a (OMISSIS). Ha ritenuto pacifica la sussistenza, in capo a tutti gli occupanti dei veicoli e secondo la regola propria della fattispecie plurisoggettiva eventuale del concorso di persone nel reato, della penale responsabilita' per l'evento di danno causalmente determinato, sorretta da dolo eventuale. L'azione delittuosa in danno di (OMISSIS), ha rimarcato, e' stata pianificata, concordata e voluta da tutti i concorrenti, con fine omicidiario, ed ha costituito motivo unico dell'iniziale aggressione all'interno del parcheggio del centro commerciale, della convergenza degli altri due veicoli a rinforzo dell'operato della Lancia Lybra, del folle inseguimento lungo la pubblica Via (OMISSIS), con un dolo diretto alternativo cosi' forte e determinato da superare, avvolgendolo, ogni evento collaterale. Il video richiamato e visionato non consente, osservano i giudici fiorentini, interpretazioni alternative e, oltre ad offrire uno spaccato delle modalita' dell'inseguimento, dimostra come gli imputati abbiano vissuto un'anticipazione concludente ed univoca degli eventi collaterali che il protrarsi di tale azione in una strada urbana ad alta densita' di circolazione, in pieno giorno, avrebbe determinato: due motorini, proprio al momento del passaggio delle auto, stavano percorrendo la via (OMISSIS) in direzione opposta; il primo, in particolare, si era trovato in quel tratto di strada durante uno dei molteplici tentativi di sorpasso e speronamento da parte della Volvo S60 che, con la ricordata manovra di emergenza ed il conseguente sbandamento, con fatica era riuscita a scansarlo e rientrare nella corsia di pertinenza, rifacendosi immediatamente sotto alla Opel del fuggitivo. Il filmato, continua la Corte toscana, mostra il conducente dello scooter che, sconvolto per il pericolo appena scampato, arresta la marcia in mezzo alla corsia e si gira per seguire con gli occhi il percorso delle autovetture impegnate nella inquietante gimkana. I giudici di secondo grado rilevano che (OMISSIS), colpito da tergo subito dopo essersi arrestato al semaforo dell'incrocio con la via (OMISSIS), non ha avuto la stessa fortuna e che la descritta manovra di rientro non documenta una prova di abilita' del conducente della Volvo - che, nella ricostruzione difensiva, costituirebbe una mal riposta fiducia nelle proprie attitudini di guida e, dunque, una non volonta' dell'evento collaterale - ma, piuttosto, l'evidente rappresentazione e presa di coscienza del tipo di evento collaterale di danno che, proseguendo con tale scellerata condotta di guida, concretamente si prospettava. Una rappresentazione che, tuttavia, non ha comportato il sorgere negli imputati della volonta' di fermarsi o di interrompere l'inseguimento: al contrario, immediatamente dopo il mancato impatto, vi e' stato lo sbracciare di (OMISSIS), il suo brandire la mazza da baseball, con la Volvo che immediatamente si e' di nuovo avvicinata alla Opel Zafira, sotto l'impulso di (OMISSIS) che, all'evidenza, ha ordinato di proseguire l'azione; un contesto illecito dell'azione, del movente, del fine ultimo della condotta tenuta, di tale pregnanza criminogena da superare, avvolgendolo, ogni evento collaterale. Inquadrate da questa angolatura, la morte di (OMISSIS) e le lesioni patite da (OMISSIS) non costituiscono, continuano i giudici di appello, solo eventi di danno prevedibili ed evitabili con una condotta di guida alternativa, corretta, esigibile e doverosa, giacche' vi e' prova processualmente certa dell'atteggiamento interiore degli imputati verso gli stessi, dell'indifferenza per la loro verificazione, ritenuta subvalente rispetto alla priorita' della consumazione del delitto principale avuto di mira, dunque dell'accettazione consapevole della loro verificazione, atteggiamento di assoluta indifferenza indubbiamente dimostrativo della sussistenza del dolo eventuale. La Corte di assise di appello ha, poi, rigettato il motivo di impugnazione con il quale era stato invocato il riconoscimento, in favore di (OMISSIS), dello stato di necessita', per essere egli stato costretto a porsi sulle tracce del figlio, conducente della Volvo S60, allo scopo di convincerlo ad arrestare la marcia che, in quelle condizioni, lo avrebbe esposto, in caso di incidente, al rischio di subire conseguenze pregiudizievoli rese ancor piu' gravi, se non addirittura letali, dalla grave forma di emofilia che lo affligge. Al riguardo, ha stimato che (OMISSIS), lungi dall'essere animato dall'affetto paterno, ha invece deliberatamente partecipato ad una azione previamente concertata che, in quel frangente, era finalizzata all'obiettivo, comune a tutti gli inseguitori, di raggiungere e scaraventare fuori strada la Opel Zafira guidata dal reprobo (OMISSIS). I giudici di appello hanno, altresi', escluso l'applicazione, nei confronti degli imputati condannati per l'omicidio di (OMISSIS), della circostanza attenuante ex articolo 116 c.p., comma 2, sul rilievo che l'istruttoria - sia orale che documentale - ha, piuttosto, dimostrato il previo accordo ed il pieno concorso degli imputati nei fatti delittuosi, caratterizzati dalla ricorrenza del dolo diretto alternativo rispetto al delitto di tentato omicidio e del dolo eventuale per l'omicidio consumato. Hanno, parimenti, disatteso la richiesta di riconoscimento della circostanza di cui all'articolo 114 c.p., che presuppone che il ruolo assunto da taluno dei concorrenti, nella fase preparatoria o in quella esecutiva, abbia avuto un'efficacia causale del tutto marginale nella verificazione dell'evento, nel senso che il reato sarebbe stato egualmente posto in essere anche senza l'attivita' del correo, laddove invece, nel caso di specie, all'originaria condivisione del disegno criminoso omicidiario in danno di (OMISSIS) e alla rappresentazione ed accettazione degli eventi collaterali che vi sono frapposti ha fatto pendant un apporto, in capo a ciascuno dei soggetti coinvolti, di sicura e non minimale efficienza causale. La Corte di assise di appello ha condiviso la scelta del primo giudice di negare a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo all'esistenza di un legame del clan familiare talmente forte e coeso da avere, non soltanto, determinato gli imputati all'azione, con le modalita' ricordate, ma di averli portati a concordare una falsa ricostruzione dei fatti, a fornire una versione adattativa, fortemente sintomatica della assenza di una reale resipiscenza, di effettiva comprensione dell'enorme disvalore penale e sociale di quanto commesso, della tragedia provocata con l'intenzionale accettazione degli eventi collaterali. Ha aggiunto, sul punto, che non e' sufficiente partecipare a tutte le udienze per rivendicare un corretto comportamento processuale, a fronte dell'introduzione di versioni surrettizie, insinuanti, costruite a tavolino per attribuire la responsabilita' unica dei fatti a (OMISSIS), per fattispecie colpose. Il processo, ha osservato, ha restituito una realta' diversa: la morte di (OMISSIS), le lesioni provocate a (OMISSIS) sono rimaste sullo sfondo e non hanno determinato in nessuno degli imputati un sussulto di dignita', un segnale obiettivo di pentimento, uno sforzo risarcitorio o anche soltanto conciliativo con le persone offese ed i superstiti. (OMISSIS), benche' uscito incolume dall'incidente, si e' infatti dileguato, disinteressandosi delle conseguenze delle proprie azioni, di (OMISSIS) giacente a terra moribondo, di (OMISSIS) bloccato in auto per le lesioni riportate, mentre (OMISSIS), appena giunto sul posto a bordo del furgone condotto da (OMISSIS), non ha esitato a portarsi subito all'esterno del veicolo di (OMISSIS), proferendo al suo indirizzo minacce di morte. La Corte di assise di appello ha, infine, accolto l'impugnazione proposta dalle parti civili con riferimento al rigetto della domanda risarcitoria avanzata nei confronti del responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS). Si e' adeguata, sul punto, ad un recente arresto giurisprudenziale secondo il quale i veicoli gia' immatricolati e regolarmente circolanti non hanno la possibilita' di circolare con la targa di prova sicche', in caso di danni conseguenti al loro indebito utilizzo con targa di prova, tenuto al risarcimento e' l'assicuratore del mezzo e non quello della targa di prova, il quale provvede alla copertura dei soli veicoli non ancora immatricolati. Ne discende, in relazione al caso di specie - in cui la Volvo S60, pur immatricolata e dotata di propria targa, non era coperta da assicurazione per la responsabilita' civile - l'individuazione, quale soggetto obbligato in solido con il proprietario ed il conducente, dell'impresa, la (OMISSIS) S.p.A., designata dal (OMISSIS), che e' stata, pertanto, condannata al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili costituite. 4. I ricorsi per cassazione. 4.1. (OMISSIS) propone, con l'assistenza degli avv.ti Ali' Elisabetta e Muncibi' Nicola, ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, dei quali, al pari di quanto accadra' per i ricorsi degli altri imputati, per i motivi nuovi e per gli altri atti difensivi, si dara' conto, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione in relazione all'affermazione della sua penale responsabilita' per il tentato omicidio ai danni di (OMISSIS). Rileva, innanzitutto, che i ricordi dei soggetti (i testimoni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) che lo hanno riconosciuto tra i soggetti presenti a bordo della Volvo S60 possono essere stati negativamente influenzati da una serie di variabili che, unitariamente considerate, ben potrebbero aver prodotto un fenomeno di "traslazione inconscia", tale da determinare l'involontaria sovrapposizione delle percezioni sensoriali e da imporre, in sede giudiziale, una piu' accurata verifica della veridicita' delle dichiarazioni dei testi oculari, da compiersi alla luce di ulteriori elementi probatori di natura logica, documentale o scientifica. In tal senso, obietta, possono avere influito sia il contegno serbato dallo stesso imputato (OMISSIS) che, giunto sul luogo del sinistro nell'immediatezza del fatto, ha informalmente riferito di essere il conducente della Volvo S60, perche' animato da istinto di protezione verso il nipote, che egli sapeva essere affetto da grave patologia, che l'estrema concitazione dell'evento, a causa della quale ben potrebbero essersi sovrapposte, a cagione della peculiare condizione emotiva degli astanti, tracce mnestiche legate a momenti successivi. Aggiunge che la perizia e gli accertamenti sulle tracce biologiche eseguiti sulla Volvo S60 non hanno condotto al rinvenimento di segni della sua presenza sul veicolo che deve, d'altro canto, escludersi in ragione dell'assenza, sul suo corpo, di tracce dell'esplosione degli airbags, conseguente al sinistro, che, qualora egli fosse effettivamente stato a bordo del veicolo, lo avrebbe senz'altro investito. Piu' in generale, il ricorrente obietta che le disastrose condizioni in cui la Volvo S60 e' stata ridotta a seguito dei violentissimi impatti rendono del tutto irrealistico che egli - vieppiu' perche' anziano, corpulento ed in precarie condizioni di salute - non abbia patito la benche' minima lesione. Lamenta, ancora, che la Corte di assise di appello abbia sottostimato le risultanze dell'analisi dei tabulati, precipuamente nella parte in cui attesta che (OMISSIS), subito dopo l'incidente, ha chiamato il padre (OMISSIS) il quale, deve ragionevolmente inferirsi, non si trovava, in quel momento, insieme a lui. Con il secondo motivo, (OMISSIS) eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al presunto contributo agevolatore che gli si addebita di avere fornito, che si fonda su un assunto - quello secondo cui la convergenza dei tre veicoli al centro commerciale non e' stata casuale ma, al contrario, frutto del previo accordo tra gli imputati, intenzionati a porre in essere una spedizione punitiva nei confronti di (OMISSIS) - che, come gia' dedotto con i motivi di appello, e' aprioristico e congetturale. Al riguardo, obietta, innanzitutto, che la tesi che interpreta i contatti telefonici tra gli imputati, temporalmente collegati nei minuti in cui la vittima designata sarebbe stata individuata nel parcheggio dell'(OMISSIS), alla stregua di vera e propria chiamata alle armi e' plasticamente contraddetta dal contegno serbato dai conducenti della Volvo 560 e del furgone Opel Vivaro i quali, lungi dal portarsi direttamente e nel minor tempo possibile nel punto in cui (OMISSIS) e la moglie avevano trovato (OMISSIS), hanno percorso, uscendo dal campo nomadi, tragitti diversi, entrambi mantenendo, per di piu', una velocita' moderata. La ridotta valenza indiziaria della geo-localizzazione ottenuta attraverso l'identificazione delle celle telefoniche cui gli apparati telefonici degli imputati si sono via via agganciati, situate in zone molto prossime tra di loro, nelle quali la copertura tra i vari ponti radio finisce, inevitabilmente, con l'intersecarsi, concorre a mettere in luce, nella prospettiva del ricorrente, la fragilita' della motivazione del provvedimento impugnato, poco rispettosa del principio che impone, prima della valutazione unitaria e globale degli indizi, l'autonoma considerazione di ciascuno di essi, presi in esame e saggiati individualmente nella loro intrinseca valenza quantitativa e nel grado di precisione e gravita' previsto dalla legge. Il deficit logico della sentenza impugnata risiede, dunque, nella indebita esaltazione di un dato - essersi trovato, nei frangenti topici della vicenda in esame, (OMISSIS) a bordo della Volvo S60 - quantomeno controverso, venuto meno il quale non emergono ulteriori elementi specificatamente riguardanti la posizione del capofamiglia ed ipotetico istigatore del raid ai danni del genero. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge per avere la Corte di assise di appello ritenuto la sua penale responsabilita' per le lesioni volontarie di (OMISSIS) e l'omicidio volontario di (OMISSIS). In proposito, ascrive ai giudici di merito di avere, nell'affrontare il tema dell'elemento psicologico, attribuito a tutti gli imputati il dolo eventuale facendo riferimento, principalmente, alla rappresentazione dell'evento, come se da questa dovesse giocoforza discendere anche l'adesione volontaristica allo stesso. Procedendo lungo questo crinale - prosegue - il piano della rappresentazione diviene assorbente, nell'applicazione della norma, rispetto a quello della volizione, con buona pace dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimita', ferma nel ritenere che la rappresentazione, elemento comune a dolo eventuale e colpa cosciente, non vale a distinguere i due ambiti. Il principale vizio della sentenza risiede, a giudizio del ricorrente, nell'avere i giudici di merito rinunziato a confrontarsi con l'argomento, di carattere scardinante, secondo cui la rappresentazione dell'evento, non accompagnata dalla sua volizione, non basta a comprovare l'atteggiamento doloso dell'agente. Del resto, si aggiunge, le emergenze istruttorie depongono nel senso che il solo (OMISSIS) abbia agito in condizione psicologica di colpa cosciente: in tal senso, rileverebbe, innanzitutto, la desistenza dalla manovra di sorpasso operata dalla Volvo S60, significativa di una scelta volta a non sacrificare interessi ulteriori e diversi rispetto a quello presuntivamente individuato come primario e, quindi, dell'assenza di volonta' di cagionare eventi collaterali. D'altro canto, ancor meno ortodossa appare l'applicazione a questo segmento della vicenda della clausola generale di incriminazione prevista dall'articolo 110 c.p., che non puo' operare indiscriminatamente con riguardo a tutti gli eventi prodotti dall'esecutore materiale, in forza di una dinamica che conduce, se portata alle estreme conseguenze, ad ampliare la responsabilita' a titolo di dolo ad eventi accessori rispetto a quello a cui la compartecipazione criminosa era diretta, persino laddove tale evento accessorio non sia stato effettivamente oggetto di rappresentazione e volizione da parte di ogni singolo partecipe. Cio' e' tanto piu' vero, specifica il ricorrente, nel caso, configurato dalla Corte di assise di appello - che ha ritenuto che (OMISSIS), conducendo l'auto Volvo S60 a folle velocita' nel tentativo di raggiungere e speronare l'auto di (OMISSIS) con lo scopo di ucciderlo, ponendo in essere una condotta stradale altamente spericolata, avrebbe accettato il rischio di ferire o uccidere un terzo utente della strada pur di raggiungere il suo scopo - di dolo eventuale in itinere in relazione ai delitti di omicidio volontario e di lesioni volontarie in danno, rispettivamente, di (OMISSIS) ed (OMISSIS). Al cospetto di una fattispecie concorsuale, occorre, infatti, considerare il momento in cui e' intervenuta l'adesione rispetto all'evento collaterale da parte non solo del materiale esecutore ma anche di ciascun compartecipe, compito al quale la Corte di assise di appello si e' ingiustificatamente sottratta, estendendo ai soggetti presenti sulla Volvo S60, oltre che a (OMISSIS), la sussistenza di un dolo eventuale in itinere asseritamente accertato con riferimento al solo conducente dell'auto. Cio' sarebbe tanto piu' vero in relazione alla posizione di (OMISSIS), non risultando che egli, forte dell'autorevolezza riconosciutagli in seno al clan, abbia ordinato o avallato la prosecuzione dell'inseguimento anche dopo che era stato schivato l'impatto con il ciclomotore che percorreva la Via (OMISSIS) in senso opposto alla Volvo S60, che, nell'intento di superare la Opel Zafira guidata da (OMISSIS), aveva superato la linea di mezzeria. Stando cosi' le cose, l'ossequio al canone in dubio pro reo si sarebbe dovuto tradurre, quantomeno, nell'applicazione, nei confronti di (OMISSIS) e degli altri imputati che viaggiavano sulla Volvo 560 quali trasportati, della diminuente prevista dall'articolo 116 c.p., comma 2. Con il quarto motivo, (OMISSIS) denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'esclusione della circostanza attenuante della provocazione, giustificata attraverso un percorso argomentativo contraddittorio che, pur muovendo dal postulato che l'iniziativa degli imputati e' derivata dalla grave offesa recata da (OMISSIS) a (OMISSIS), colpendolo violentemente con un pugno, che gli ha cagionato una ferita al volto e l'avulsione di un dente, e configurando, quindi, un rapporto di causalita' psicologica tra l'offesa e la reazione, nega la riduzione di pena connessa all'operativita', in relazione al tentato omicidio di (OMISSIS), della correlata circostanza attenuante. Con il quinto ed ultimo motivo, (OMISSIS) deduce vizio di motivazione per avere la Corte di assise di appello rigettato l'impugnazione quanto alle circostanze attenuanti generiche, il cui diniego discende essenzialmente da un argomento - avere gli imputati negato, all'unisono, la presenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60 - che attiene a profilo affetto, come indicato con il primo motivo di ricorso, da un vizio motivazionale di solare evidenza, illogicamente ritenuto prevalente rispetto al positivo contegno da lui serbato lungo tutto l'arco del procedimento e del processo. 4.2. (OMISSIS) propone, con l'assistenza degli avv.ti Ali' Elisabetta e Muncibi' Nicola, ricorso per cassazione affidato a cinque motivi che ricalcano, in larga parte, quelli articolati nell'interesse di (OMISSIS), dei quali si e' gia' dato conto e che attengono, rispettivamente: alla consapevole ed efficiente partecipazione di (OMISSIS) alla supposta spedizione punitiva; alla responsabilita' per il tentato omicidio di (OMISSIS); all'imputazione, a titolo doloso, della morte di (OMISSIS) e delle lesioni patite da (OMISSIS); al diniego delle circostanze attenuanti generiche e di quelle del contributo di minima importanza e della provocazione. Con specifico riferimento alla propria posizione, (OMISSIS), dopo aver ribadito il deficit dell'apparato motivazionale della sentenza in relazione alla presenza di (OMISSIS) all'interno della Volvo S60, assume che la sentenza impugnata e' viziata da illogicita' laddove omette di distinguere l'elemento oggettivo del concorso di persone (la pluralita' di agenti, la realizzazione del fatto tipico, il contributo di ciascun soggetto alla realizzazione del fatto) da quello soggettivo (dolo di partecipazione). Aggiunge che ulteriore aspetto di illogicita' manifesta della motivazione si rinviene nell'essere stato il suo concorso morale nel tentato omicidio desunto dall'avere egli brandito, sporgendo il braccio dal finestrino, una mazza da baseball senza confrontarsi con la deduzione afferente alla disponibilita', reale o putativa, in capo a (OMISSIS), di un'arma da sparo, che ha determinato la sua istintiva ed irrazionale reazione, posta in essere grazie alla contingente ed occasionale detenzione di un oggetto, la mazza, che - come confermato da (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) - (OMISSIS) aveva acquistato mesi prima a scopo ludico-ricreativo e lasciato nell'autovettura. Il ricorrente, oltre a replicare le considerazioni svolte da (OMISSIS) in merito alla sussistenza del dolo eventuale in relazione all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni personali arrecate a (OMISSIS), lamenta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., che avrebbe dovuto discendere dall'apprezzamento della marginalita' del contributo morale da lui asseritamente garantito, in qualita' di passeggero della Volvo S60, rivelatosi collaterale rispetto ad un reato che, all'evidenza, sarebbe comunque stato realizzato anche senza la sua partecipazione. 4.3. (OMISSIS) propone, con il ministero degli avv.ti Ali' Elisabetta e Muncibi' Nicola, ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, con il primo dei quali deduce vizio di motivazione per essere la Corte di assise di appello pervenuta all'affermazione della sua responsabilita', a titolo di concorso, nel tentato omicidio di (OMISSIS) in ragione, essenzialmente, della sola presenza a bordo del furgone Opel Vivaro, che comproverebbe il suo consapevole coinvolgimento nella strategia architettata da (OMISSIS) e dagli altri correi allo scopo di infliggere una adeguata sanzione a (OMISSIS), autore di una inaccettabile, violenta ed oltraggiosa ribellione all'autorita' del suocero. Al riguardo, ascrive alla Corte di assise di appello di avere trascurato che egli, non legato da stretto rapporto parentale al diretto portatore della presunta. causale, non fu autore, nei giorni precedenti, di minacce di sorta nei confronti della vittima, verso cui non nutriva alcun risentimento, ne' partecipo' agli ipotizzati appostamenti ed all'attivita' di perlustrazione del territorio. Aggiunge, riprendendo un'obiezione sviluppata anche nei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS), che l'incrocio di telefonate intercorse con il fratello (OMISSIS) - il quale, stando all'impostazione accusatoria, avrebbe assunto, unitamente a (OMISSIS), moglie di (OMISSIS), il ruolo di "vedetta", deputata ad avvertire i complici della localizzazione di (OMISSIS) - non puo', secondo logica, essere interpretato alla stregua di chiamata a raccolta dei componenti del commando, avuto riguardo, specificamente, ai movimenti effettuati dalla Volvo S60 e dal furgone Opel Vivaro ed all'assenza di qualsivoglia contatto tra gli occupanti di tali automezzi. Riprende le obiezioni articolate dagli altri ricorrenti anche in ordine all'errore compiuto dai giudici di merito nel vagliare la sussistenza delle condizioni indicate all'articolo 192 c.p.p., comma 2, senza acquisire, preventivamente, certezza dell'attitudine indiziante dei singoli elementi raccolti e, in particolare, del contenuto delle comunicazioni intercorse tra i soggetti censiti a partire dalle ore 11:57 del (OMISSIS). (OMISSIS) si duole, sotto altro aspetto, della patente di attendibilita' rilasciata attribuita a (OMISSIS) dalla Corte di assise di appello. In proposito, dopo avere ricordato che la verifica in merito alla credibilita' soggettiva della persona offesa, specie se costituitasi parte civile, deve essere piu' rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni degli altri testimoni, segnala che (OMISSIS) e' caduto in errore, sia a ridosso dei fatti che nel corso del giudizio di appello (cio' che, nota incidentalmente, impedisce di giustificare l'imprecisione con la particolare concitazione del momento), laddove lo ha indicato quale autista della Volvo S60, oltre che nell'esporre, nelle originarie dichiarazioni, che (OMISSIS) si trovava insieme ai genitori sulla Lancia Lybra anziche' alla guida della Volvo S60. Le perplessita' sull'effettivo coefficiente di attendibilita' da riconoscere alla vittima avrebbero consigliato, sostiene (OMISSIS), maggiore cautela nel vagliare la parte del suo racconto in cui lo accusa di avergli rivolto, appena giunto, dopo il sinistro, in prossimita' della Opel Zafira, esplicita minacce di morte ("ora ti ammazzo io"). Il ricorrente contesta, poi, ai giudici di merito di avere fatto malgoverno della funzione estensiva dell'incriminazione propria della norma generale sul concorso di persone nel reato e rammenta, con argomentazione comune ai correi, che qualsiasi operazione ermeneutica di attribuzione della responsabilita' deve essere sempre compiuta nell'ambito di rigidi criteri imposti dai principi di legalita' e di personalita' della responsabilita' penale. Obietta che appare illogico, nello specifico, ascrivere il reato di tentato omicidio ad un gruppo di individui che ha agito senza la disponibilita' di armi da fuoco, senza occultare il proprio agire, in pieno giorno, in una strada cittadina e sotto gli occhi di decide di persone, confidando di raggiungere l'obiettivo tramite una condotta di guida pericolosa per gli altri e se' stessi. Ne', aggiunge, e' plausibile che egli abbia aderito ad un eventuale accordo istantaneo, intervenuto in un frangente in cui era trasportato su un furgone rimasto, peraltro, all'esterno del parcheggio che e' stato teatro dell'agguato ordito in pregiudizio della vittima, in funzione, vieppiu', di un'impresa criminosa alla quale egli non ha apportato un concreto e tangibile apporto morale o materiale. Da un canto, infatti, non vi e' prova, a giudizio del ricorrente, di una qualsiasi condivisione o agevolazione di un progetto criminoso, atteso che allorquando egli e (OMISSIS), fermi nel vialetto di accesso al parcheggio dell'(OMISSIS), sono stati colpiti dall'autovettura guidata da (OMISSIS), lo scontro tra questi ed (OMISSIS) era gia' avvenuto e, soprattutto, che i soggetti posti a bordo dei tre veicoli (la Opel Zafira, la Volvo S60 e la Lancia Lybra) impegnati, rispettivamente, nella fuga e nell'inseguimento non hanno tenuto conto, nelle diverse ed opposte prospettive, della loro collocazione e del fatto che, nel giro di qualche minuto, l'Opel Vivaro sarebbe giunta sul luogo dell'incidente. Proprio la carenza di prova in merito all'avere egli garantito un apporto di tipo istigatorio o agevolatorio aveva, del resto, indotto la Corte di assise - conclude, sul punto, il ricorrente - ad emettere, nei suoi confronti suoi e di (OMISSIS), sentenza assolutoria. Con il secondo motivo, (OMISSIS) lamenta vizio di motivazione con riferimento all'omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p., che avrebbe dovuto essere riconosciuta in considerazione, quantomeno, della sua estraneita' al segmento della vicenda svoltosi all'interno del parcheggio ed alla fase di inseguimento, nonche' del mancato raccordo tra gli spostamenti del furgone e quelli degli altri mezzi. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole del diniego dell'attenuante della provocazione, che sarebbe stata imposta dalla commissione del reato in stato di ira, ovvero in una condizione psicologica caratterizzata da un impulso incontenibile tale da determinare la perdita dei poteri di autocontrollo e da consentire l'enucleazione di un preciso rapporto di causalita' psicologica tra l'offesa e la reazione. Con il quarto motivo, (OMISSIS) eccepisce l'illegittimita' della sentenza impugnata nella parte relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che non e' accompagnato dall'indicazione degli elementi che, in concreto, hanno orientato la decisione in senso a lui sfavorevole, laddove numerosi e pregnanti sono, al contrario, gli indici rivelatori di un minor disvalore del comportamento illecito e di una personalita' incline al lavoro ed al rispetto delle regole piuttosto che alla commissione di reati. 4.4. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. Manca Massimo, ricorso per cassazione articolato su quattro motivi, cui ha fatto seguito il deposito, il 20 giugno 2022, di atto contenente tre motivi nuovi, sottoscritto dall'avv. Cianferoni Luca. Con il primo motivo, deduce vizio di motivazione per essere la Corte di assise di appello pervenuta alla conferma della decisione di primo grado in ordine al contestato delitto di tentata violenza privata sulla scorta di argomentazioni manifestamente illogiche e contraddittorie, specie in merito all'effettiva volonta' di attuare le minacce di morte rivolte al cognato tramite chat, di fatto smentita dall'atteggiamento da lui serbato nelle reiterate occasioni in cui egli, trovandosi al cospetto di (OMISSIS), si e' astenuto dall'aggredirlo. Con il secondo motivo, (OMISSIS) lamenta, al pari dei correi, carenza di motivazione in relazione alla presenza di (OMISSIS) sulla Volvo S60, nonche' violazione della legge penale con riferimento alla disciplina del concorso di persone nel reato e, specificamente, alla deviazione dal modello della c.d. accessorieta' minima, che richiede l'accertamento, in concreto, del contributo causale della condotta atipica alla realizzazione del fatto materialmente commesso da altri. Rileva, al riguardo, che egli non ha avuto il controllo del mezzo, guidato da (OMISSIS), utilizzato per il compimento del tentativo di omicidio mediante plurimi speronamenti del veicolo condotto da (OMISSIS). Eccepisce che l'assunto, fatto proprio dal giudice di appello, secondo cui egli avrebbe partecipato agli appostamenti eseguiti tra l'8 ed il (OMISSIS) sotto l'abitazione della vittima trova contraddizione nelle emergenze istruttorie, che riconducono tale attivita' - iscritta nella strategia ritorsiva culminata nei tragici fatti per cui e' processo e propedeutica, innanzitutto, al rintraccio del bersaglio della progettata vendetta - a coloro i quali disponevano della Lancia Lybra e della Opel Vivaro, veicoli che, il (OMISSIS), erano guidati ed occupati da persone diverse. Deduce, ancora, l'illogicita' della valorizzazione, a supporto della ricostruzione che lo vede partecipare alla spedizione punitiva, delle minacce dirette al cognato, espressione di intemperanza verbale ma non anche di franca volonta' omicida. Con il terzo motivo, (OMISSIS) prospetta, in relazione alla qualificazione in termini di dolo eventuale del requisito psicologico che supporta la condotta che ha determinato la morte di (OMISSIS) ed il ferimento di (OMISSIS), obiezioni non dissimili da quelle sollevate dagli altri ricorrenti. Osserva, in specie, che la clausola generale consacrata nell'articolo 110 c.p. non puo' rappresentare il grimaldello per una estensione ad libitum della responsabilita' penale dei concorrenti del reato per tutti gli eventi in qualche modo legati causalmente all'azione dell'esecutore materiale, sicche' non e' possibile desumere dalla sussistenza di un contributo causale agevolatore al tentato omicidio di (OMISSIS) la compartecipazione criminosa alle successive fattispecie criminose di natura dolosa. Per quanto concerne il tema del dolo eventuale in itinere, configurato dalla Corte di assise di appello in relazione ai delitti di omicidio volontario e di lesioni volontarie, segnala che, nell'accertare la sussistenza di tale requisito psicologico con riferimento ad una fattispecie concorsuale, occorre prendere in considerazione il momento in cui l'adesione rispetto all'evento collaterale e' intervenuta. Tale analisi, se non si vuole correre il rischio di assegnare all'articolo 110 c.p. una funzione incriminatrice indiscriminata, deve essere rivolta, a giudizio del ricorrente, non solo al materiale esecutore ma anche al compartecipe, dovendosi verificare se di effettiva adesione all'evento collaterale e di parimenti effettivo contributo rispetto alla sua produzione possa discorrersi anche per il concorrente che non abbia materialmente eseguito il delitto; operazione, questa, che i giudici di merito avrebbero, in buona sostanza, eluso, estendendo a tutti i soggetti presenti sulla Volvo S60 la sussistenza del dolo eventuale in itinere asseritamente accertato in capo al solo conducente dell'auto, per di piu' omettendo di rispondere alle considerazioni, ampiamente sviluppate con l'atto di appello, riferite agli insistenti inviti rivolti dai passeggeri della Volvo S60 a (OMISSIS) a decelerare ed a rinunziare ad un inseguimento rivelatosi foriero di rischi eccessivi. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole del rigetto dell'impugnazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la Corte di assise di appello ha ricollegato, oltre che all'essersi egli allontanato dal luogo del sinistro, alla sua insincerita' nell'affermare che (OMISSIS) non si trovava a bordo della Volvo S60, ovvero ad un aspetto fattuale che, come rilevato anche dai correi, appare tutt'altro che certo, trascurando, per contro, pregnanti indici, di segno contrario, che, se opportunamente considerati, avrebbero dovuto portare alla mitigazione del trattamento sanzionatorio, quali la sua dedizione al lavoro ed il positivo contegno processuale. Con i motivi nuovi, (OMISSIS) lamenta, in primo luogo, violazione di legge per avere i giudici di merito erroneamente ricostruito l'antefatto della vicenda in contestazione, qualificando le condotte degli imputati come attuative di una deliberata strategia punitiva, in realta' insussistente, per di piu' addebitando agli agenti a titolo di dolo eventi che, a bene vedere, si sono verificati per effetto di colpa. A tal fine, riprende e sviluppa alcune delle argomentazioni introdotte con l'originario atto di impugnazione e sottopone, in particolare, a revisione critica la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui trae conferma della sua responsabilita' concorsuale in ordine al tentato omicidio di (OMISSIS) dallo scambio di messaggi offensivi con la vittima, condotta che, espressione di fermo risentimento nei confronti dell'ex-cognato, che aveva umiliato la sorella e malmenato l'anziano padre, reputa inidonea a dimostrare che egli abbia partecipato all'inseguimento animato da dolo diretto alternativo e, dunque, indifferentemente accettando di uccidere o ferire (OMISSIS). Ricorda, sotto altro aspetto, come, in tema di concorso di persone nel reato, il giudice sia tenuto a motivare circa la prova dell'esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato ed a precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalita' efficiente con le attivita' poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l'atipicita' della condotta criminosa concorsuale con l'indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realta'. Per quanto attiene, poi, all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni in danno di (OMISSIS), ribadisce, anche in questo caso eccependo violazione di legge, che la Corte di assise di appello e' caduta in errore in relazione alla sussistenza del dolo eventuale, venendo meno al dovere di ricostruire, sulla base degli elementi disponibili, l'elemento soggettivo in maniera coerente, congrua ed esente da errori logico-giuridici, alla luce degli indicatori enucleati dalla giurisprudenza di legittimita' nella nota sentenza n. 38343 del 18/09/2014 ed alle concrete connotazioni della vicenda in esame. Il terzo ed ultimo motivo nuovo spiegato da (OMISSIS) attiene alle circostanze attenuanti generiche, che egli, si sostiene, avrebbe meritato per il comportamento, corretto e collaborativo, serbato nel corso del procedimento, assumendosi la paternita' dei messaggi inviati a (OMISSIS), spiegandone l'origine ed i contenuti, ammettendo di essere stato a bordo della Volvo S60 e mai indulgendo in un contegno reticente. 4.5. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. Manca Massimo, ricorso per cassazione articolato su quattro motivi, con il primo dei quali eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo che la ricostruzione dell'intera vicenda operata si impernia su una serie di aprioristiche deduzioni, connotate dall'illogica e contraddittoria ricognizione di gravita', precisione e concordanza di ciascun elemento indiziario, anche dichiarativo, che ha indotto la Corte di assise di appello a conclusioni fallaci. Tanto, con riferimento, innanzitutto, alla pretesa spedizione punitiva orchestrata da (OMISSIS), la cui presenza a bordo della Volvo S60 condotta dal nipote e' stata ritenuta sulla base di una unilaterale esegesi di emergenze istruttorie che, ad una lettura serena, si rivelano tutt'altro che univoche e senza tenere nella debita considerazione la possibilita' che i testimoni che hanno affermato di avere visto, in quell'occasione, un soggetto riconosciuto nell'anziano capofamiglia siano caduti, a causa dell'estrema concitazione susseguente al sinistro, nella trappola della c.d. "traslazione inconscia", che ha fatto si' che confondessero sensazioni e percezioni sensoriali. Ancora, altrettanto illogiche sarebbero, a giudizio del ricorrente - il quale svolge, in proposito, considerazioni non dissimili da quelle sottese ai ricorsi dei coimputati, ed in primis a quello di (OMISSIS) - le deduzioni della Corte in merito alla "chiamata alle armi" che lo avrebbe coinvolto. (OMISSIS) nota, poi, con specifico riferimento alla telefonata con la quale, la mattina del (OMISSIS) (alle ore 12:16:43) (OMISSIS), trovandosi sulla Lancia Lybra insieme al marito (OMISSIS), gli ha comunicato, a viva voce ed in lacrime, di avere incontrato (OMISSIS) ("...abbiamo beccato (OMISSIS)... ci sta battendo..."), che tale locuzione non puo' essere interpretata esclusivamente nel senso di "imbattersi in cio' che si ricerca", ben potendo assumere, al contrario, il significato di "incontrare, incappare, incorrere", del tutto scevro dall'idea del cercare o ricercare. Vero e' - sostiene il ricorrente - che egli, udendo le grida di aiuto della cognata e preoccupato per le sorti del fratello (OMISSIS), ha deciso di recarsi al centro commerciale (OMISSIS), iniziativa che, tuttavia, lungi dal costituire la positiva risposta alla presunta convocazione dei soggetti coinvolti nel progetto ritorsivo, e' stata dettata da umana e comprensibile preoccupazione connessa al legame familiare, non disgiunta dal timore maturato in conseguenza del trattamento che (OMISSIS) aveva riservato, due giorni prima, al padre. (OMISSIS) sottolinea, ulteriormente, che dopo che il furgone da lui guidato e' stato investito, sulla parte anteriore sinistra lato conducente, dal fuggiasco (OMISSIS), egli ha deciso di spostarsi seguendo la direzione percorsa dalle autovetture impegnate nell'inseguimento - ad onta del danneggiamento di una gomma, che lo costringeva a procedere a velocita' ridotta - perche' preoccupato dall'evolversi degli eventi ed e' giunto sul luogo del sinistro a distanza di alcuni minuti dal suo verificarsi, cosi' rendendosi autore di un contegno del tutto avulso dall'attuazione dell'ipotizzato proposito criminoso. Ne discende, continua, la manifesta illogicita' delle conclusioni raggiunte, in dissenso dal primo giudice, dalla Corte di assise di appello che, pur prendendo le mosse dal condiviso principio secondo cui i concorrenti sono responsabili anche a fronte di condotte atipiche purche' sia ravvisabile un contributo, materiale o morale, anche soltanto agevolativo dell'altrui fine illecito, ha ritenuto, in chiave del tutto congetturale, che egli abbia condiviso un piano criminoso univocamente diretto all'uccisione di (OMISSIS). In altri termini, pacifico che egli non ha partecipato alla fase esecutiva del delitto, la contestazione si risolve, a giudizio del ricorrente, in un apporto di natura morale, arrecato nella fase preparatoria: cio' che, tuttavia, presuppone la prova certa, nel caso di specie insussistente, che lo sviluppo dell'azione criminosa da parte dell'esecutore materiale fosse non solo specificamente dettagliato, quale concreta evenienza delittuosa, nella presunta fase di ideazione ed organizzazione, ma discendesse da un accordo criminoso ad hoc occorso con determinatori ed istigatori. Con il secondo motivo, (OMISSIS) denuncia vizio di motivazione per avere la Corte di assise di appello omesso di applicare la circostanza attenuante di cui all'articolo 114 c.p. pur al cospetto di un contributo di mera natura morale e concretamente ininfluente nella dinamica dei fatti. Con il terzo motivo, si duole, in termini sovrapponibili a quelli sviluppati dagli altri ricorrenti (e, tra gli altri, da (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS)), del mancato riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione. Con il quarto ed ultimo motivo, denuncia l'illogicita' della sentenza in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, profilo cui la Corte di assise di appello non ha dedicato il dovuto impegno motivatorio, per di piu' trascurando di considerare elementi, quale la sua dedizione al lavoro, che avrebbero imposto la mitigazione del trattamento sanzionatorio. 4.6. (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. Cianferoni Luca, ricorso per cassazione vertente su tre motivi, seguiti da quelli nuovi, sviluppati con atto del 20 giugno 2022. Con il primo motivo, eccepisce violazione di legge per essere la Corte di assise di appello pervenuta all'affermazione della sua penale responsabilita' in ordine ai reati ascrittigli ad onta della carenza di prova in ordine all'avere egli apportato un contributo causale, specie con riguardo all'omicidio di (OMISSIS) ed alle lesioni arrecate a (OMISSIS), nonche' al dolo omicidiario o, comunque, di offesa all'integrita' fisica altrui. Per quanto concerne il tentato omicidio di (OMISSIS), condivide le obiezioni articolate dagli altri ricorrenti in ordine all'arbitrarieta' dell'assunto secondo cui gli imputati avrebbero ideato, organizzato ed eseguito una spedizione punitiva, connotata da finalita' omicida, in pregiudizio del congiunto. Nota, ulteriormente, che egli, nel seguire la Volvo S60 guidata dal figlio, ha posto in essere condotte che non sono state dirette a cagionare in modo consapevole eventi lesivi di particolare intensita' ed aggiunge che l'eventuale presenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60 costituisce, a dispetto di quanto affermato nella sentenza impugnata, univoca conferma dell'erroneita' dell'impostazione accusatoria, concordemente recepita dai giudici di merito, che, portata alle estreme conseguenze, conduce, illogicamente, a ritenere che l'autorevole esponente della comunita' rom, pur di vendicare l'affronto subito, ha accettato il rischio di restare personalmente coinvolto, con esiti potenzialmente disastrosi, in un eventuale sinistro. Evidenzia, con riferimento alle vicende lesive in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS), che la Corte di assise di appello non si e' confrontata con i principi affermati della sentenza Thyssenkrupp in tema di elemento psicologico del reato e, specificamente, di delimitazione dei confini tra la colpa cosciente ed il dolo eventuale, attribuendogli la responsabilita' per le lesioni patite da (OMISSIS) e la morte di (OMISSIS) a titolo, in buona sostanza, di actio libera in causa ed in spregio al principio di personalita' della responsabilita' penale. Denuncia, a monte, la violazione dell'articolo 110 c.p., la cui applicazione presuppone che il concorrente abbia realizzato un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera degli altri concorrenti, e che, per effetto della sua condotta, abbia aumentato la possibilita' della produzione del reato. Segnala, in proposito, che nel caso di specie si e' fuori dalla tipicita' della condotta di concorso, atteso, da un canto, che la condotta da lui realizzata ponendosi alla guida della Lancia Lybra non ha concorso alla realizzazione degli eventi lesivi che ne sono derivati e, dall'altro, che egli non ha effettuato spericolati affiancamenti o speronamenti ed ha soltanto seguito la Opel Zafira e la Volvo S60 a velocita' che, quantunque sostenuta, era inferiore a quella di detti veicoli. Spiega di essere stato mosso dal timore che il figlio (OMISSIS), data l'andatura eccessivamente sostenuta, restasse coinvolto in un incidente, le cui conseguenze sarebbero state aggravate, per il ragazzo, dalla patologia che lo affligge. Taccia di erroneita', in difetto di elementi di adeguato e certo sostegno probatorio, la traslazione dell'elemento soggettivo dal tentato omicidio alle azioni lesive successive, qualificate come intenzionali. Nota, in proposito, che la Corte di assise di appello, nell'enucleare le condotte dalle quali sarebbero derivati gli eventi lesivi a carico di (OMISSIS) ed (OMISSIS), nulla ha indicato a suo carico, cio' che conferma come egli non abbia in alcun modo contribuito al verificarsi dei suddetti eventi lesivi ne', tantomeno, accettato il rischio di concorrere alla verificazione di eventi ulteriori dei quali non ha avuto la benche' minima consapevolezza. Con il secondo motivo, (OMISSIS) si duole, in chiave di violazione di legge, della qualificazione dei fatti ascrittigli in termini di omicidio e lesioni personali dolose anziche' delle corrispondenti fattispecie di omicidio e lesioni personali stradali. Osserva, al riguardo, che la condotta contestata si inquadra nell'ambito della circolazione stradale e si caratterizza per una deviazione dalle prescritte regole di prudenza che, pretestuosamente, i giudici di merito hanno ricollegato alla finalita' lesiva in pregiudizio di (OMISSIS) che, pero', egli non ha condiviso e fatta propria nel momento in cui, preoccupato per l'incolumita' del figlio, si e' messo sulle sue tracce per convincerlo a ridurre la velocita', astenendosi, per contro, da qualsivoglia tentativo di speronamento della Opel Zafira. Deduce, a piu' ampio raggio, che a seguire l'ipotesi di accusa si perviene all'assurda conclusione secondo cui gli inseguitori - accecati dal desiderio di infliggere a (OMISSIS) la meritata lezione - avrebbero messo a repentaglio la loro stessa incolumita'. Il ricorrente lamenta, ancora, che i giudici di merito abbiano tratto argomento, a supporto della proposta ricostruzione dei fatti in chiave eminentemente dolosa, dal contegno da lui serbato dopo il fatto, ovvero in un frangente in cui egli era, comprensibilmente, sgomento, stravolto ed in stato di choc. Con il terzo motivo, (OMISSIS) denuncia violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Ascrive alla Corte di assise di appello di non avere profuso il dovuto impegno nella valutazione degli elementi, di segno positivo, che erano stati prospettati e che attengono sia all'avere egli accompagnato personalmente il figlio a costituirsi dinanzi all'autorita' giudiziaria che all'assenza di precedenti penali che, ancora, alla dedizione al lavoro. Con i motivi nuovi, il ricorrente - oltre a riprendere, con il conforto di autorevoli voci dottrinali, i temi gia' introdotti con il ricorso - addebita alla Corte di assise di appello di non avere proceduto, come sarebbe stato lecito attendersi, al ripartito ed analitico esame delle condotte di ciascuno dei pretesi concorrenti, che ha accomunato su un unico piano, in forza di un approccio di stampo eminentemente congetturale, inteso a definire nel senso della condanna per i fatti maggiori eventi che avrebbero dovuto essere, invece, ricondotti alle omologhe fattispecie colpose. In tal modo si e' consumato, a giudizio di (OMISSIS), un vero e proprio scambio di etichette che, operato dalla pubblica accusa, e' stato acriticamente recepito dalle corti di merito, che hanno deliberatamente evitato di confrontarsi con il tema delle ipotesi comparative tra fatto colposo e fatto doloso con riferimento sia alle lesioni cagionate a (OMISSIS) che alla morte di (OMISSIS) ed alle lesioni patite da (OMISSIS). Il ricorrente obietta inoltre, in relazione al primo fatto, che la tesi secondo cui il clan guidato da (OMISSIS) avrebbe progettato, organizzato ed eseguito una vera e propria missione punitiva in pregiudizio di (OMISSIS) non e' debitamente supportata a livello probatorio, ancor piu' per quanto concerne la posizione di colui che guidava un veicolo, la Lancia Lybra, che si e' costantemente mantenuto alla distanza di circa cento metri dalla Volvo condotta dal figlio. Eccepisce come ancor piu' fragile sia il ragionamento che conduce a qualificare in termini di dolo eventuale l'atteggiamento psicologico che ha sorretto l'azione ascritta, a lui come ai presunti correnti, con riferimento alla morte di (OMISSIS). 4.7. (OMISSIS) propone, con il ministero dell'avv. Cianferoni Luca, ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, seguito dal deposito, il 26 settembre 2022, di atto contenente motivi nuovi. Con il primo motivo, eccepisce violazione della legge processuale per avere la Corte di assise di appello illegittimamente rigettato la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante l'assunzione di prove finalizzate a chiarire le ragioni della presenza, all'interno dell'abitacolo della Volvo S60, di attrezzatura sportiva, tra cui la mazza da baseball utilizzata da (OMISSIS) in funzione minatoria. Rileva, sul punto, che le prove di cui egli ha invano sollecitato l'acquisizione sono sopravvenute alla decisione di primo grado, sicche' la richiesta deve intendersi formulata ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 2, anziche' del comma precedente. Ascrive alla Corte di assise di appello di avere formulato un giudizio di irrilevanza della prova che, pero', avrebbe potuto corroborare quelle gia' acquisite in argomento e ritenute inattendibili, riferite, peraltro, ad un dato di fatto che gli stessi giudici di merito hanno esaltato in quanto confermativo dell'esistenza di un previo accordo tra gli imputati, radunatisi presso il parcheggio del centro commerciale allo scopo di attuare la deliberata ritorsione nei confronti di (OMISSIS). Con il secondo motivo, (OMISSIS) denuncia violazione della legge penale. in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti contestati, che sottopone a serrata revisione critica in termini assimilabili, in linea generale, a quelli spesi dal padre (OMISSIS), e nell'ottica della riconducibilita' delle condotte illecite alle fattispecie disciplinate dagli articoli 589-bis e 590-bis c.p.. Svolge articolate contestazioni - che, specie in relazione all'accertamento del dolo eventuale e dolo di concorso, sono state riprese sviluppate con i motivi nuovi - attinenti, tra l'altro: alla necessita' di separare, nell'opera di distinzione tra il dolo eventuale e la colpa cosciente, l'elemento volitivo da quello della rappresentazione, al fine di valorizzare autonomamente il primo piuttosto che farlo derivare dalla semplice rappresentazione dell'evento; alla attitudine dimostrativa della manovra di scansamento che, rettamente intesa, e' indice di assenza di dolo, perche' attesta che egli, lungi dall'accettare il rischio di collisione, ha preferito - anche perche' conscio che, in caso di sinistro, la sua condizione di emofiliaco lo avrebbe a maggiori pericoli - desistere dal sorpasso e rientrare nella corsia di sua pertinenza anche a costo di rinunziare al raggiungimento dell'obiettivo illecito che, in quei drammatici istanti, egli era impegnato a perseguire; alla rilevanza, in chiave esclusiva del dolo, della fiducia che egli nutriva in ordine alle proprie doti di pilota che, come gia' accaduto una prima volta, gli avrebbero consentito di proseguire l'inseguimento e, al contempo, di evitare carambole e rocambolesche e rovinose collisioni. (OMISSIS) ascrive, ancora, alla Corte di assise di appello di avere assegnato valenza decisiva, in vista della qualificazione giuridica della sua condotta, alla supposta presenza, a bordo della Volvo S60, del nonno (OMISSIS), che avrebbe orientato la dimensione dell'intera vicenda, con decisivi riflessi sulla condizione psicologica di tutti i soggetti coinvolti, compreso chi, come lui, ha assunto una posizione del tutto peculiare nell'ambito della vicenda, essendo rimasto, peraltro, del tutto estraneo all'offesa arrecata da (OMISSIS) al nonno ed ai dissidi tra la vittima del tentato omicidio e la moglie (OMISSIS). In termini complessivi, si duole che la Corte di assise di appello abbia rinunciato a confrontarsi con le ampie devoluzioni contenute nell'atto di appello e preferito appiattirsi su un percorso motivazionale coerente con l'impostazione accusatoria ma, in ultimo, non accompagnato dal necessario approfondimento delle questioni controverse. Con il terzo motivo, (OMISSIS) deduce violazione di legge per avere la Corte di assise di appello avallato l'assunto accusatorio, stando al quale gli imputati avrebbero repentinamente coordinato i rispettivi spostamenti in forza della preventiva adesione al progetto ritorsivo che, pure, era stato disatteso dal giudice di primo grado con argomentazioni ben piu' stringenti sul piano logico e giuridico, essendosi ritenuto, in quella sede, che gli imputati avessero dato vita ad un'azione coordinata di inseguimento basata esclusivamente su di una sorta di prontezza operativa in loro albergante, destinata a scattare, automaticamente, al momento dell'incontro, su strada, con (OMISSIS). Il ricorrente - che riprende e sviluppa l'argomento con il secondo ed ultimo dei motivi nuovi - esprime forti perplessita' su una simile prospettiva, imperniata su considerazioni tutt'altro che convincenti dal punto di vista razionale e poco coerenti con il tenore delle emergenze istruttorie, dichiarative, documentali e tecniche, ed imputa ai giudici di merito di essere pervenuti a conclusioni errate e non condivisibili in ordine alle circostanze, di primaria importanza, che afferiscono, rispettivamente, alla casualita' della convergenza dei veicoli nel parcheggio dell'(OMISSIS) ed alla presenza di (OMISSIS) sulla Volvo S60. (OMISSIS) reputa, del pari, illogiche le conclusioni che la Corte di assise di appello ha tratto in merito ai ripetuti contatti tra la Opel Zafira e la Volvo S60, l'ultimo dei quali ha segnato la fine dell'inseguimento, e che poggiano sul travisamento dell'apporto del teste (OMISSIS), il quale e' stato, vieppiu', smentito da altro testimone, guardia giurata in servizio all'(OMISSIS), latore di informazioni che militano nel senso di assenza di uno speronamento tra i due mezzi del quale, peraltro, le immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza non recano traccia. Tanto, desume, a riscontro del fatto che egli, come lealmente dichiarato sin dall'avvio del procedimento, intendeva superare la Opel Zafira per bloccarne la marcia e non gia' speronarla o sospingerla fuori strada - obiettivo che egli, se lo avesse voluto, avrebbe potuto facilmente raggiungere in altro modo - e che l'urto finale e' stato provocato dall'improvvisa frenata del veicolo inseguito, tanto repentina da non consentirgli di evitare l'impatto. Il ricorrente condivide, poi, con i coimputati le doglianze relativa alla patente di affidabilita' che i giudici di merito hanno riservato alla persona offesa, il cui contributo - infarcito di contraddizioni e menzogne, che egli analiticamente indica attraverso il pedissequo richiamo alle pertinenti emergenze istruttorie - avrebbero dovuto vagliare con maggiore prudenza anche in considerazione dell'interesse, economico e non solo, di (OMISSIS) ad accreditare una determinata ricostruzione dei fatti di causa. Con il quarto ed ultimo motivo, (OMISSIS) denuncia violazione di legge penale per avere la Corte di assise di appello respinto l'impugnazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che egli avrebbe meritato, oltre che per la dedizione ad onesto lavoro, in virtu' della spontanea presentazione agli organi inquirenti e della pronta confessione, ingiustificatamente tacciata di falsita' dai giudici di merito. 4.8. La (OMISSIS) S.p.a., quale impresa designata dal (OMISSIS) propone, con l'assistenza dell'avv. Cei Filippo, ricorso per cassazione - seguito da atto contenente motivi nuovi - chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al capo in cui afferma la legittimazione passiva della societa', quale responsabile civile, e la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite. Eccepisce l'illegittimita' delle conclusioni raggiunte, in proposito, dalla Corte di assise di appello, in quanto contrastanti la normativa di riferimento e, specificamente, con il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articoli 93 e 98 (Codice della Strada). Rileva, in specie, che il citato articolo 93 stabilisce che gli autoveicoli possono circolare solo se muniti di circolazione e immatricolazione, salva la deroga della circolazione in prova di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474, articolo 1, mentre l'articolo 98 prevede l'irrogazione di una sanzione amministrativa per chiunque adibisca un veicolo in circolazione di prova ad uso diverso. Nota, dunque, che la previsione di una sanzione amministrativa per la circolazione dei veicoli in prova fuori dai casi consentiti sarebbe inutile qualora la targa prova potesse essere apposta solo su veicoli sprovvisti di immatricolazione: difatti, chi circolasse con un veicolo fuori dai casi consentiti dal Decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2001, n. 474, articolo 1, sarebbe sanzionato non perche' viola le disposizioni che regolano la circolazione in prova, ma perche' viola il Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 93, avendo immesso in strada un veicolo non immatricolato. Nel caso in esame, il veicolo Volvo S60, per quanto gia' immatricolato, ben poteva, a giudizio della societa' ricorrente, essere dotato di targa prova, dal momento che oggetto dell'assicurazione non e' il veicolo ma, l'attivita' del professionista qualificato che comporta la circolazione in prova. La (OMISSIS) S.p.a. aggiunge che, nelle more del ricorso, il Decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121, ha stabilito che l'autorizzazione alla circolazione di prova puo' essere utilizzata per la circolazione sia dei veicoli non immatricolati che di quelli gia' muniti della carta di circolazione, sicche', di conseguenza, grava, in ogni caso, sull'assicuratore dell'autorizzazione alla circolazione di prova l'obbligo di risarcire i danni cagionati dal veicolo in circolazione di prova, anche se munito della carta o del certificato di circolazione. L'introduzione di una disposizione di tale natura - finalizzata a sterilizzare l'orientamento esegetico affermatosi presso la giurisprudenza di legittimita' - si pone, a giudizio del ricorrente, nel campo delle leggi di interpretazione autentica, alle quali la giurisprudenza costituzionale riconosce indiscussa efficacia retroattiva e deve, pertanto, essere applicata anche al caso in esame. Con atto contenente motivi nuovi, la societa' ricorrente segnala che, in corso di giudizio, e' intervenuta la conversione in legge del Decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121, operata dalla L. 9 novembre 2021, n. 156, norma di interpretazione autentica approvata allo scopo di superare il pregresso indirizzo ermeneutico. Ricorda che le eccezioni che l'impresa che abbia assicurato l'autorizzazione alla circolazione di prova puo' muovere al proprio cliente in relazione allo scorretto impiego della targa di prova rilevano, per costante giurisprudenza, solo nei rapporti interni tra assicuratore ed assicuratore e non sono, invece, opponibili al terzo danneggiato. Ribadisce come sia sistematicamente distonico che l'intervento solidaristico di garanzia del (OMISSIS) addossi alla collettivita' il risarcimento del danno dipendente da una erronea scelta del contraente da parte della singola impresa assicuratrice. 4.9. Le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) (rappresentate dall'avv. Verrucchi Michele), (OMISSIS) (a mezzo dell'avv. Maggiora Luca) e (OMISSIS) (difeso dall'avv. Gramigni Lapo) ed il responsabile civile (OMISSIS) S.p.a., quale impresa assicuratrice per la R.C.A. della Lancia Lybra condotta da (OMISSIS) (con l'assistenza dell'avv. Bianco Marina) hanno depositato memorie con le quali hanno interloquito, in relazione ai profili di rispettivo interesse, su talune delle questioni introdotte con i ricorsi per cassazione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. I ricorsi sono imperniati su censure infondate e, pertanto, passibili di rigetto, fatta eccezione per quella vertente sull'applicazione, nei confronti degli imputati, diversi da (OMISSIS), che sono stati condannati per i reati di cui al capo B) della rubrica, della disciplina dettata dall'articolo 116 c.p.. 2. Preliminarmente all'esame dei motivi, avendo i ricorrenti articolato doglianze anche ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), appare opportuno rilevare che detta disposizione, nel prevedere il sindacato sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, non abilita il giudice di legittimita' ad effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella gia' effettuata dai giudici di merito, dovendo la Corte di cassazione limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni svolte dal giudice di merito per motivare il suo convincimento. La mancanza, la manifesta illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimita', devono, invero, possedere una consistenza tale da risultare percepibili ictu oculi, restando il sindacato al riguardo circoscritto a rilievi di macroscopica evidenza, mentre restano ininfluenti le minime incongruenze e devono considerarsi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano concettualmente incompatibili con la decisione adottata; sempre che, ovviamente, siano spiegate in modo razionale ed adeguato, e senza vizi giuridici, le ragioni del convincimento (in tal senso, conservano validita' i principi affermati da Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Deve, ancora, escludersi per il giudice di legittimita' la possibilita' di "un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonche' i motivi di ricorso su di essi imperniati" e quindi "di fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi", cio' che "si risolverebbe in una impropria riedizione del giudizio di merito e non assolverebbe alla funzione essenziale del sindacato sulla motivazione" (Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621), ovvero di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o di adottare nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559). 3. Dal punto di vista metodologico, va rilevato che, avendo i ricorrenti - fatta eccezione, ovviamente, per la (OMISSIS) S.p.a., che ha interloquito su un tema di natura squisitamente civilistica - svolto considerazioni che attengono a temi in gran parte comuni e che sono per larga parte sovrapponibili, la disamina delle obiezioni sara' compiuta seguendo un unico filo logico, coerente con quello della sentenza impugnata, ed analizzandone, per ciascun passaggio, la tenuta alla luce delle eccezioni sollevate da ciascuno dei ricorrenti. La ricostruzione della vicenda di interesse processuale operata dalla Corte di assise di appello muove dal postulato - posto a fondamento, sia pure in termini parzialmente divergenti su alcuni profili salienti, anche della decisione di primo grado - che le condotte poste in essere dagli imputati il (OMISSIS) si iscrivono nella cornice della strategia ritorsiva ordita da (OMISSIS) e dai suoi familiari in conseguenza del proditorio comportamento del genero (OMISSIS) il quale, la sera dell'(OMISSIS), essendo stato redarguito dal suocero per il comportamento tenuto nei confronti della moglie (OMISSIS), che, dopo alterne vicende, si era da lui allontanata per fare ritorno presso la famiglia di origine, ha reagito colpendolo al volto e cagionandogli una ferita lacero-contusa e l'avulsione di un dente. La circostanza e' pacifica, cosi' come il fastidio mostrato dai congiunti di (OMISSIS), testimoniato dalle contumelie, tracimanti in espresse minacce di morte, rivolte, via Messenger, a (OMISSIS) dal cognato (OMISSIS) tra le 00:14 e le 02:36 del 9 giugno 2018 (" (OMISSIS) ti fotto in bocca, sei morto" "fotto tutto quello che hai".. "sei morto" "dove sei-... ascolta sono io, te e altre due persone"; "ascolta non sto dormendo ti cerchero'"; "ascolta ti scopo le tue nuore.... tu mi conosci.... o ti ammazzo io o mi ammazzi tu.... devi lasciare l'Italia una volta per tutte.. lo sono come te... ascoltami ti prendero' il tuo sangue... se ci sei sul territorio italiano ti cerchero'..."; "ancora non ti ho trovato, va bene comunque sei morto;... devi lasciare le passere e le pistole... altrimenti lo ti taglio... fotto tuo padre in bocca e tutti gli altri (...) dove sei - scendi giu'... tu ti cerco e come ti trovo ti strappo il cuore fuori... adesso non ti ammazzo pero' ti dimostrero' che ho intenzione di ammazzarti.... ti piscio addosso. hai paura di venire adesso sul campo... vieni fuori per scontrarci. ti voglio strappare le tonsille, gli occhi e la testa"), tra le 14:15 e le 14:51 dello stesso 9 giugno 2018 ("... sei un bastardo (OMISSIS), morirete... noi siamo giu'... ascolta siamo giu'... ascolta... ma non ti vergogni hai tirato a uno di 65 anni infame") e, infine, la notte del (OMISSIS), alle ore 01:06 ("questo e' solo fin quando ti nascondi dentro. pero' se ti trovo fuori, ti strappo il cuore... dolce uomo.... merda che sei, ti nascondi"). Le reiterate, insistite ed eloquenti minacce rivolte da (OMISSIS) al cognato e la concomitante attivita' di incessante ricerca del reprobo, attestata sia dalle parole sopra trascritte che dalla presenza, in prossimita' dell'abitazione della vittima, di veicoli corrispondenti a quelli utilizzati dagli imputati la mattina del (OMISSIS), dimostrano che i parenti di (OMISSIS), adirati per l'oltraggioso episodio di due giorni prima, avviarono immediatamente le iniziative finalizzate ad applicare all'aggressore di (OMISSIS) una adeguata sanzione per la gravissima mancanza di rispetto di cui egli era stato protagonista la sera dell'(OMISSIS). 4. Cio' posto, la Corte di assise di appello ha rinvenuto primario elemento di collegamento tra i dissapori intercorsi tra (OMISSIS), da un lato, e la famiglia della moglie, dall'altro, e la tragica vicenda per cui si procede a carico degli odierni ricorrenti nella presenza di (OMISSIS) a bordo della Volvo S60, guidata dal nipote (OMISSIS). Ha reputato tale circostanza icasticamente rappresentativa del fatto che l'individuazione della vittima, la concentrazione dei soggetti coinvolti all'esterno del centro commerciale, il tentativo, posto in essere da (OMISSIS) e fallito, di bloccare (OMISSIS), la fuga di quest'ultimo, il folle inseguimento lungo le vie cittadine hanno costituito la fase attuativa di un proposito criminoso di natura omicidiaria sorto subito dopo che (OMISSIS) era stato colpito e ferito dal genero. Sul punto, di centrale rilevanza nella complessiva economia della decisione, la motivazione della sentenza impugnata appare solida e senz'altro resistente a tutte le obiezioni dei ricorrenti, in quanto incentrata, oltre che sulle dichiarazioni rese nell'immediatezza, e poi ritrattate, dal diretto interessato (il quale sostenne addirittura di essere stato alla guida della Volvo S60), su quelle di numerosi e qualificati testimoni. In tal senso sono stati valorizzati i contributi: dell'Appuntato (OMISSIS), il quale, in dibattimento, ha riconosciuto nella fotografia di (OMISSIS) colui che, subito dopo il fatto, si trovava accanto alla Volvo S60, in prossimita' di un giovane che impugnava una mazza, identificato in (OMISSIS), e camminava con passo leggermente claudicante (difficolta' che, ha notato la Corte di assise di appello, e' stata visivamente apprezzata anche nel corso del processo e, specificamente, all'udienza del 17 dicembre 2019, nel cui verbale si e' dato atto che l'imputato si sorreggeva aiutandosi con un bastone); del Carabiniere (OMISSIS) il quale, serbando ricordi sovrapponibili a quelli del collega, ha individuato (OMISSIS) in fotografia, per poi riconoscerlo de visu, quale soggetto osservato nell'atto di uscire dalla Volvo S60 insieme al ragazzo che brandiva il bastone; del testimone (OMISSIS), coinvolto nel sinistro per essersi trovato, insieme ai figli, a bordo della Hyundai X20 che, nell'occorso, riporto' danni, il quale, pure, ha ricordato che, subito dopo l'impatto, accanto alla Volvo S60 si trovavano solo il giovane con la mazza da baseball ed un uomo piu' anziano, che ha riconosciuto vedendo la fotografia di (OMISSIS); del Maresciallo (OMISSIS) il quale, postosi, con l'autovettura di servizio, sulla scia della auto partite a tutta velocita' dal parcheggio dell'(OMISSIS), noto', giungendo sul luogo della tragedia, due persone, uno dei quali ha riconosciuto in fotografia in (OMISSIS) il quale, ha precisato, indossava, nella circostanza, una maglia scura a maniche corte, indumento che, in effetti, si nota nei fotogrammi estrapolati dai video registrati dalle telecamere di sorveglianza. A fronte di un compendio indiziario che puo' a buon diritto definirsi granitico - perche', come debitamente indicato dalla Corte di assise di appello, frutto di una pluralita' di apporti attendibili, reciprocamente autonomi e pienamente sovrapponibili - i ricorrenti ripropongono obiezioni di natura meramente congetturale, adombrando ipotetici e del tutto improbabili fenomeni di inconscia traslazione dei ricordi e ponendo l'accento sull'assenza, sulla persona di (OMISSIS), di lesioni o segni dell'impatto, che pure sarebbe stato lecito attendersi, date la violenza dell'urto, la collocazione dell'imputato all'interno dell'abitacolo e le deformazioni subite dalla carrozzeria, nonche' sull'omesso rinvenimento, sul veicolo, di tracce biologiche a lui riconducibili, ovvero su profili che, non oltrepassando la sfera della plausibilita', non appaiono in alcun modo idonei ad incrinare la coerenza logica del ragionamento seguito dai giudici di merito. Ne', va opportunamente aggiunto, puo' darsi credito, in proposito, alla versione concordemente offerta dagli imputati, con ogni evidenza intesa a preservare la posizione del capostipite del clan, ovvero a testimonianze, quali quelle di (OMISSIS) e (OMISSIS) (entrambi legati agli imputati perche' fratelli, rispettivamente, di (OMISSIS) e (OMISSIS)), la cui palese inattendibilita' e' stata attestata, in termini della cui congruita' non vi e' ragione di dubitare, gia' dal giudice di primo grado (cfr., in specie, pagg. 93-101), alla cui decisione puo' farsi utilmente rinvio in considerazione della conformita', sul punto, delle pronunzie di merito, che determina la confluenza delle relative motivazioni, che, fondendosi, si integrano a vicenda, in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita' della motivazione (in questo senso cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615). Considerato, ulteriormente, che l'avere (OMISSIS), poco dopo l'incidente, contattato telefonicamente il padre (OMISSIS) - il quale, e' bene rammentare, ha partecipato all'azione delittuosa a bordo di veicolo diverso da quello guidato dal figlio - non incrinerebbe (il condizionale e' d'obbligo, posto che lo stesso (OMISSIS), ha esposto, all'udienza del 17 dicembre 2019, che alla telefonata delle 12:25:12, indirizzata ad utenza intestata al padre, rispose, tuttavia, la madre, che ne aveva la contingente disponibilita') minimamente la logicita' della ricostruzione avallata dai giudici di merito, deve concludersi nel senso della manifesta infondatezza delle doglianze articolate dai ricorrenti in ordine alla diretta e personale partecipazione di (OMISSIS) ai fatti del (OMISSIS). 5. Esente da fratture razionali si palesa, ugualmente, il giudizio di attendibilita' che i giudici di merito hanno riservato alla persona offesa (OMISSIS) che, chiamato, in fase di appello, a rendere nuovamente testimonianza per chiarire alcune contraddizioni emerse dalla sua precedente deposizione, relative, in particolare, all'indicazione degli occupanti delle diverse autovetture, e' stato autore di una deposizione che la Corte di assise di appello non ha esitato a definire come "chiara, lineare, ferma" e, per di piu', riscontrata dalle dichiarazioni rilasciate dallo stesso (OMISSIS). La legittimita' di tale valutazione e' sindacata dai ricorrenti - in particolar modo, da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - attraverso obiezioni che, per quanto radicali, non colgono nel segno. Se e' vero, infatti, che il vaglio dell'apporto della vittima, tanto piu' qualora, come nel caso di specie, costituita parte civile, deve essere improntato a spiccata cautela, non e' men vero che, nel caso in esame, la Corte di assise di appello, lungi dal sottrarsi al compito affidatole, ha analizzato, nell'apporto di (OMISSIS), i passaggi di minore linearita', che ha delibato sulla scorta delle sue piu' recenti e cristalline dichiarazioni e delle residue emergenze istruttorie. I giudici fiorentini hanno debitamente contestualizzato la successione delle versioni offerte dalla vittima e ritenuto, in termini che sfuggono alle censure dei ricorrenti, che le iniziali imprecisioni hanno costituito il portato della concitazione del momento e che le residue, marginali incongruenze non intaccano, comunque, la piena utilizzabilita' del suo apporto, precipuamente nella parte relativa agli speronamenti patiti ad opera della Volvo S60 guidata da (OMISSIS) ed al contegno serbato da (OMISSIS) e, ancor piu', (OMISSIS) non appena sopraggiunti sull'area che e' stata teatro del tragico sinistro. In questa luce devono essere, del resto, filtrate le ulteriori obiezioni difensive, articolate soprattutto da (OMISSIS), il quale ha posto l'accento su profili (cfr. pagg. 65-76 del suo ricorso) che, in quanto marginali rispetto alla globalita' delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), non valgono ad incrinare la credibilita' del testimone. Cosi', in specie, le residuali discrasie tra il racconto della vittima e quello del figlio in ordine allo scambio di messaggi ostili con (OMISSIS) (in relazione, specificamente, all'ausilio prestato dal ragazzo, piu' versato del padre in ambito tecnologico) non escludono in alcun modo l'attitudine probatoria, dal punto di vista accusatorio, dell'iniziativa di (OMISSIS), che si e' gia' detto rientrare nella strategia ritorsiva ordita da (OMISSIS) e dai suoi congiunti, cui il destinatario delle minacce reagi' con un atteggiamento di apparente spavalderia, dietro cui si nascondeva il comprensibile, intimo timore che i familiari della moglie passassero dalle parole alle vie di fatto, che si concretizzera', in forma particolarmente violenta, la mattina del (OMISSIS). Allo stesso modo, l'adombrata reticenza di (OMISSIS) nell'indicare il tempo dell'ultima assunzione della sostanza stupefacente, le cui tracce sono state rilevate dagli esami ematochimici effettuati all'atto del ricovero, non incide sul coefficiente della sua attendibilita' ne' smentisce che egli, nell'intervallo cronologico, di poco superiore alle trentasei ore, intercorso tra l'inflizione, coram populo, delle percosse al suocero e l'incontro con (OMISSIS) all'esterno del centro commerciale, cerco' di barcamenarsi tra l'esigenza di reggere il confronto con i contraddittori - sottesa alle espressioni di scherno e disprezzo rivolte, via chat, al cognato - e quella di sottrarsi, nei limiti del possibile (compatibilmente, cioe', con la propria routine di vita che lo portava, giocoforza, a recarsi in luoghi frequentati dai parenti della moglie o nei quali costoro potevano facilmente prevedere che egli si sarebbe recato), all'indesiderato rendez vous, cosi' da prendere tempo e sperare nel progressivo affievolimento del desiderio di vendetta. Le precedenti considerazioni inducono, in conclusione, a comprovare l'infondatezza delle censure rivolte dai ricorrenti alla motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui assume la complessiva attendibilita' della narrazione di (OMISSIS). 6. Non miglior sorte meritano le insistite obiezioni che i ricorrenti dedicano alla ricostruzione, da parte della Corte di assise di appello, della genesi prossima dei fatti del (OMISSIS). Una volta acclarato, invero, che (OMISSIS), primo portatore dell'interesse ad infliggere al genero adeguata sanzione per la condotta posta in essere in pregiudizio della moglie, prima, e del suocero, poi, si trovava a bordo della Volvo S60 e che il torno di tempo intercorso tra la sera dell'(OMISSIS) e la mattina del (OMISSIS) fu dedicato, secondo quanto univocamente emergente dai messaggi redatti da (OMISSIS) e dalla presenza dei vei