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Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, notificato unitamente all'atto di precetto, può essere validamente opposto dal debitore che abbia successivamente raggiunto un accordo transattivo con il creditore, rinunciando espressamente ad azionare il titolo costituito dal decreto ingiuntivo. In tal caso, il giudice dell'opposizione è tenuto a revocare il decreto ingiuntivo, in quanto la cessazione della materia del contendere verificatasi successivamente alla notifica del provvedimento monitorio travolge lo stesso decreto, senza che rilevi l'eventuale posteriorità dell'accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione dell'ingiunzione. L'opposizione al decreto ingiuntivo, in presenza di un accordo transattivo intervenuto prima del passaggio in giudicato del provvedimento, è infatti l'unico mezzo a disposizione del debitore per ottenere la caducazione del titolo esecutivo e scongiurare la possibilità che questo possa essere azionato in futuro, non potendo egli far valere l'assetto della convenzione transattiva con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. Pertanto, il debitore che abbia proposto tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo, in ragione dell'intervenuta transazione, non può essere considerato parte soccombente ai fini dell'applicazione dell'art. 96 c.p.c. in materia di responsabilità aggravata.
Il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo, nel dichiarare la propria incompetenza per valore, deve revocare espressamente il decreto ingiuntivo e rimettere le parti dinanzi al giudice competente, al fine di consentire la translatio iudicii e la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda di pagamento proposta in via monitoria. La pronuncia di invalidità - rectius di inefficacia - del decreto è conseguenza necessaria ed inscindibile della declaratoria di incompetenza del giudice che lo ha emesso. Pertanto, ciò che trasmigra al giudice dichiarato competente non è più propriamente una causa di opposizione, ma una causa che dovrà svolgersi secondo le norme del procedimento ordinario. La regolazione delle spese processuali compete al giudice la cui pronuncia definisce il processo pendente dinanzi a sé, a prescindere dal fatto che la causa non sia stata definita nel merito, essendo soccombente anche la parte che abbia proposto la domanda ad un giudice incompetente. L'opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dall'ingiunto, ha ad oggetto la contestazione della competenza del giudice del monitorio e la validità dell'ingiunzione, al fine di evitare la formazione del titolo esecutivo, mentre l'opposizione a precetto può essere proposta solo per contestare fatti sopravvenuti alla formazione del titolo di condanna o vizi propri del precetto stesso.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'opposizione a decreto ingiuntivo, ai sensi dell'art. 645 c.p.c., deve essere proposta con atto di citazione entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla notificazione del decreto stesso, a pena di inammissibilità. Tale termine decorre dalla data di notificazione del decreto ingiuntivo e non dalla data di deposito dell'opposizione, anche qualora l'opposizione sia stata proposta ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011, il quale non ha modificato la forma di introduzione dell'opposizione a decreto ingiuntivo, ma si applica solo quando le contestazioni dell'opponente siano circoscritte alla determinazione del quantum del compenso spettante all'avvocato. Pertanto, l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta oltre il termine di quaranta giorni dalla notificazione dello stesso, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. anziché con atto di citazione, deve essere dichiarata inammissibile.
Il creditore che agisce per l'adempimento di un'obbligazione deve provare la fonte negoziale o legale del proprio diritto, mentre grava sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il creditore opposto, in qualità di attore sostanziale, ha l'onere di provare l'an e il quantum della sua pretesa di pagamento, mentre l'opponente, nella sua veste di debitore e convenuto, deve fornire la prova dei fatti impeditivi, estintivi o modificativi del diritto vantato dalla controparte. L'accettazione dell'opera da parte del committente, anche per facta concludentia, segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, una volta accettata l'opera, spetta al committente dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, dovendo egli provare la tempestiva denuncia dei vizi, mentre prima dell'accettazione grava sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte. La mancata prova, da parte del committente, della tempestiva denuncia dei vizi, comporta il rigetto delle sue doglianze in ordine alla debenza del credito azionato dall'appaltatore.
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, pur presentando profili di assimilabilità all'impugnazione, non costituisce un giudizio autonomo o un grado autonomo di un procedimento, ma rappresenta una fase eventuale e successiva del procedimento monitorio già pendente a seguito del ricorso del creditore. Pertanto, nel caso di mutamento del rito da ordinario a locatizio, il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, art. 4, comma 5, che fa salvi gli effetti sostanziali e processuali prodottisi secondo le norme del rito seguito prima del mutamento, trova applicazione anche all'opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto tale opposizione non introduce una nuova controversia, ma costituisce la prosecuzione o il proseguimento del procedimento già pendente. Ciò comporta che, in caso di mutamento del rito, l'opposizione a decreto ingiuntivo debba ritenersi tempestiva se depositata in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c., a prescindere dalla forma con cui è stata proposta (citazione anziché comparsa). Il principio di conservazione degli atti impone, inoltre, che l'impugnazione della sentenza che ha dichiarato inammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo costituisca manifestazione di volontà di proseguire nel giudizio, con implicita riproposizione della domanda principale, senza necessità di una sua espressa riproposizione.
Il decreto ingiuntivo emesso in favore del creditore è confermato, in quanto il creditore opposto ha fornito prova dell'esistenza del credito vantato nei confronti del debitore opponente, derivante da un contratto di appalto per lavori edili eseguiti presso il condominio, mentre il debitore opponente non ha provato fatti estintivi, modificativi o impeditivi della pretesa creditoria. Pertanto, il creditore opposto ha l'onere di provare l'esistenza del credito, mentre grava sul debitore opponente l'onere di provare i fatti estintivi, modificativi o impeditivi della pretesa. La fattura, pur essendo idonea a dimostrare il credito nella fase monitoria, perde il valore di piena prova nel successivo giudizio di opposizione, dovendo il creditore opposto fornire ulteriori mezzi di prova per dimostrare l'esistenza e l'entità del credito vantato. Inoltre, la domanda riconvenzionale del debitore opponente per il risarcimento dei danni è inammissibile per mancato rispetto del termine perentorio assegnato dal giudice per l'integrazione dell'atto di citazione. Infine, le spese di giudizio sono poste a carico del debitore opponente, in applicazione del principio della soccombenza, salvo i casi di reciproca soccombenza o di gravi ed eccezionali ragioni che giustifichino la compensazione.
Il termine di quaranta giorni per proporre opposizione a decreto ingiuntivo, previsto dall'art. 641 c.p.c., è perentorio e non può essere derogato dalla presentazione di una istanza di mediazione da parte dell'opponente. Infatti, l'art. 5, comma 4, d.lgs. n. 28/2010 esclude l'applicabilità delle norme sulla mediazione obbligatoria ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. Pertanto, l'opposizione a decreto ingiuntivo deve essere proposta, a pena di inammissibilità, mediante notifica della relativa citazione al creditore opposto entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla notifica del decreto, a prescindere dall'eventuale presentazione di una istanza di mediazione. La ratio di tale disciplina è quella di assicurare uno svolgimento spedito del procedimento monitorio, consentendo al creditore di conseguire in tempi brevi un titolo esecutivo, e al debitore, in presenza di gravi motivi, la pronuncia di un provvedimento sospensivo della provvisoria esecuzione concessa in sede monitoria. Conseguentemente, l'istituto della mediazione trova applicazione solo dopo la proposizione dell'opposizione e la celebrazione della prima udienza, con adozione da parte del giudice dei provvedimenti sulle istanze ex artt. 648 e 649 c.p.c.
Il decreto ingiuntivo, regolarmente notificato, è opponibile entro il termine di quaranta giorni dalla conoscenza dello stesso da parte dell'intimato, salvo che quest'ultimo non provi di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Decorsi dieci giorni dal primo atto di esecuzione, l'opposizione non è più ammessa, a tutela delle ragioni dell'esecutante e del principio di certezza dei rapporti giuridici, indipendentemente dalla validità della notifica o dalla conoscenza effettiva dell'intimato. Pertanto, l'opposizione tardiva al decreto ingiuntivo è inammissibile qualora l'intimato abbia avuto conoscenza dello stesso, anche in epoca anteriore all'inizio dell'esecuzione, senza provare l'irregolarità della notifica o il verificarsi di una causa di forza maggiore che gli abbia impedito la tempestiva conoscenza, e non l'abbia proposta entro il termine di dieci giorni dal primo atto esecutivo. In tali casi, il decreto ingiuntivo deve essere confermato e dichiarato definitivamente esecutivo, con condanna dell'opponente alle spese del giudizio e, ove l'opposizione risulti manifestamente infondata, anche al pagamento di una somma a titolo di responsabilità processuale aggravata.
Il carattere speculativo delle operazioni di borsa e l'abuso di posizione dominante della banca non possono essere fatti valere attraverso un'opposizione a decreto ingiuntivo proposta prima della notifica del decreto stesso, in quanto tale opposizione deve ritenersi inesistente. L'opposizione a decreto ingiuntivo è un rimedio processuale posto nell'esclusivo interesse dell'ingiunto, il quale deve essere reso edotto dell'esistenza del decreto a suo carico attraverso la notifica dello stesso. Tuttavia, ove l'ingiunto abbia comunque avuto conoscenza del decreto, egli può comunque proporre le proprie ragioni difensive senza dover necessariamente attendere la notifica formale. Ancorare l'opposizione alla sola notifica del decreto ingiuntivo potrebbe altrimenti consentire al creditore di differire arbitrariamente tale notifica, procrastinando ingiustamente l'esercizio dei poteri difensivi dell'ingiunto. Pertanto, la declaratoria di inesistenza dell'opposizione proposta prima della notifica del decreto ingiuntivo non preclude all'ingiunto di far valere in un diverso giudizio le proprie eccezioni relative al carattere speculativo delle operazioni e all'abuso di posizione dominante della banca, atteso che il giudice di merito non si è pronunciato nel merito su tali questioni.
Il condomino opponente a un decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di spese condominiali non può far valere nel giudizio di opposizione la nullità o l'annullabilità della delibera assembleare che ha approvato tali spese, dovendo esperire a tal fine un'apposita azione di impugnazione della delibera stessa ai sensi dell'art. 1137 c.c. Grava sul condominio opposto l'onere di provare l'esistenza del credito azionato in via monitoria, mentre incombe sul condomino opponente l'onere di provare i fatti estintivi, modificativi o impeditivi della pretesa, come l'urgenza e l'indifferibilità delle spese da lui sostenute per le parti comuni senza autorizzazione, al fine di ottenerne il rimborso in compensazione. Il principio della soccombenza, di cui all'art. 91 c.p.c., regola la condanna alle spese processuali, salvo i casi di reciproca soccombenza o di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, ai sensi dell'art. 92 c.p.c.
Il termine per proporre opposizione a decreto ingiuntivo, fissato ordinariamente in quaranta giorni decorrenti dalla notificazione del decreto, è perentorio. L'opposizione tardiva, proposta oltre tale termine, deve essere dichiarata inammissibile anche d'ufficio, senza che possano rilevare eventuali circostanze giustificative addotte dall'opponente, in quanto attinenti al merito della causa e non alla tempestività del deposito. L'inammissibilità dell'opposizione comporta l'irrevocabilità del decreto ingiuntivo opposto e la sua efficacia di giudicato sostanziale, limitatamente all'accertamento positivo del credito in esso riconosciuto, senza precludere la possibilità di proporre in separato giudizio domande accessorie o autonome rispetto all'opposizione, come quella di revocazione o di accertamento del dovuto in base a variazioni degli interessi e/o indici ISTAT per il periodo successivo a quello preso in esame nel decreto ingiuntivo divenuto esecutivo. La pronuncia di inammissibilità dell'opposizione travolge altresì le eventuali domande accessorie o riconvenzionali proposte dall'opponente, le quali possono tuttavia essere ripresentate in un autonomo giudizio di primo grado.
La nullità dei contratti di fideiussione per contrasto con norme di ordine pubblico economico, nazionale e comunitario, in quanto violativi della legge n. 287 del 1990 e delle norme comunitarie in materia di libera concorrenza e mercato, comporta la revoca del decreto ingiuntivo emesso nei confronti dei fideiussori, in applicazione del principio per cui la violazione dell'intesa anticoncorrenziale "a monte" travolge il negozio concluso "a valle", non potendosi ammettere l'efficacia di contratti stipulati in esecuzione di un'intesa vietata. La nullità totale del contratto di fideiussione, anziché la mera nullità parziale delle singole clausole, è disposta in ragione del fatto che, in un contesto di mercato non falsato dalla presenza dell'intesa nulla, le banche non avrebbero offerto e i garanti non avrebbero accettato contratti identici privi delle clausole incriminate, le quali assolvono una funzione essenziale e caratterizzante della fideiussione omnibus, sicché i contraenti non li avrebbero conclusi senza tali clausole. Le spese di lite, sia della fase monitoria che di opposizione, sono integralmente compensate tra le parti in considerazione della novità e del contrasto giurisprudenziale sulla questione controversa.
Il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, ha valore di cosa giudicata e, pertanto, l'autorità amministrativa è obbligata a conformarsi ad esso, non potendo opporre alcuna eccezione in sede di giudizio di ottemperanza. L'inerzia dell'amministrazione nel dare esecuzione al decreto ingiuntivo configura una palese violazione dell'obbligo di conformarsi a quanto deciso dal giudice ordinario, con la conseguente necessità di nominare un commissario ad acta per l'adempimento coattivo, a spese dell'amministrazione inadempiente. Il giudizio di ottemperanza è ammissibile anche per i decreti ingiuntivi non opposti o confermati in sede di opposizione, in quanto tali provvedimenti, essendo impugnabili solo con la revocazione o con l'opposizione di terzo nei limitati casi di cui all'art. 656 c.p.c., hanno valore di cosa giudicata e, pertanto, possono formare oggetto di un'azione di ottemperanza.
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo costituisce un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione, avente ad oggetto non solo le condizioni di ammissibilità e validità del procedimento monitorio, ma anche la fondatezza del diritto azionato. Il giudice, pertanto, è tenuto a statuire sulla pretesa creditoria fatta valere con il ricorso per decreto ingiuntivo, oltre che sulle eccezioni sollevate dalla controparte, procedendo all'accertamento della pretesa creditoria, ai cui fini rimangono irrilevanti eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l'insussistenza del diritto principale o accessorio fatto valere. In altri termini, il giudizio di cognizione si sovrappone allo speciale sommario procedimento monitorio, non costituendo l'opposizione contro il decreto ingiuntivo una azione di impugnazione della validità di tale decreto. Nell'ambito di tale giudizio, il giudice è tenuto a rideterminare l'entità del credito spettante al creditore procedente, sulla base di un'analitica ricostruzione delle voci di credito richieste, anche attraverso l'ausilio di una consulenza tecnica d'ufficio, e a condannare il debitore opponente al pagamento della somma effettivamente dovuta, con compensazione delle spese di giudizio tra le parti, salvo quelle relative alla consulenza tecnica, poste a carico di entrambe in solido.
Il giudice, nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, è investito del potere-dovere di pronunciarsi sull'accertamento dell'esistenza del credito fatto valere in via monitoria e sulle eccezioni proposte, non limitandosi a verificare soltanto le condizioni di ammissibilità e validità del decreto stesso. Pertanto, anche in assenza di esplicita domanda, il giudice può revocare il decreto ingiuntivo e condannare l'opponente al pagamento di una somma inferiore a quella originariamente ingiunta, in quanto l'opposizione a decreto ingiuntivo introduce un ordinario giudizio di cognizione diretto all'accertamento dell'esistenza del credito, senza che ciò integri un vizio di extra petita. Inoltre, le spese del procedimento monitorio e di opposizione sono regolate in base all'esito finale del giudizio di opposizione e alla complessiva valutazione del suo svolgimento, potendo il giudice porre a carico dell'opponente soccombente le spese del giudizio di opposizione, pur avendo accolto parzialmente la sua domanda.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la legittimazione attiva è riconosciuta esclusivamente al creditore che ha ottenuto il decreto e al debitore contro il quale il decreto è stato emesso, in quanto l'opposizione non introduce un giudizio autonomo ma costituisce solo una fase eventuale del procedimento già pendente a seguito del ricorso del creditore. Il soggetto indicato come rappresentante dell'ente ingiunto nel decreto, ma che contesti tale qualità, non può proporre opposizione "iure proprio", in assenza di un pregiudizio diretto tale da far sorgere un suo interesse giuridico all'opposizione. Analogamente, il singolo condomino non è legittimato a proporre opposizione a un decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, salvo che la controversia non abbia ad oggetto azioni reali incidenti sui diritti pro quota dei condomini sulle parti comuni o sui diritti esclusivi sulle singole unità immobiliari, e non riguardi invece la gestione di un servizio comune.
Il creditore che agisce in giudizio per l'adempimento di un'obbligazione contrattuale ha l'onere di provare l'esistenza del contratto, l'adempimento della propria prestazione e l'inadempimento o l'inesatto adempimento della controprestazione da parte del debitore. Qualora il debitore eccepisca l'inesatto adempimento della prestazione del creditore, grava su quest'ultimo l'onere di dimostrare il corretto adempimento della propria obbligazione, mentre il debitore può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento o inesatto adempimento. Pertanto, il creditore che agisce per l'adempimento contrattuale deve provare non solo l'esistenza del contratto e la consegna della merce, ma anche il corretto adempimento della propria prestazione, a fronte dell'eccezione di inesatto adempimento sollevata dal debitore. In caso di mancato assolvimento di tale onere probatorio, il giudice deve accogliere l'opposizione al decreto ingiuntivo e revocare il provvedimento, compensando integralmente le spese di giudizio tra le parti in ragione della reciproca soccombenza.
Il decreto ingiuntivo, una volta divenuto definitivamente esecutivo per mancata tempestiva opposizione, costituisce un valido ed efficace titolo esecutivo, la cui esecuzione può essere impedita solo attraverso l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. fondata su fatti estintivi o impeditivi del diritto sopravvenuti alla formazione del titolo. L'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. è ammissibile solo in caso di irregolarità della notificazione che abbia impedito la tempestiva conoscenza del decreto, onere probatorio che incombe sull'opponente. La domanda di revocazione del decreto ingiuntivo definitivo è ammissibile solo nei casi tassativamente previsti dall'art. 395 c.p.c. e deve essere proposta entro il termine di cui all'art. 325 c.p.c. Le questioni relative a fatti anteriori o coevi alla formazione del titolo esecutivo, anche se non sollevate nel precedente giudizio, sono coperte dal giudicato e non possono essere fatte valere con l'opposizione all'esecuzione.
Il fideiussore che presta garanzia a prima richiesta per un rapporto di credito non può opporre eccezioni relative al rapporto principale, essendo obbligato al pagamento immediato della somma garantita anche in assenza di prova dell'inadempimento del debitore principale. Il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, deve accertare la fondatezza della pretesa creditoria fatta valere dall'ingiungente, senza poter sindacare la legittimità dell'emissione del decreto, salvo che ai fini delle spese processuali. Inoltre, il giudice è tenuto a liquidare le spese processuali nel rispetto dei parametri tariffari previsti, motivando adeguatamente l'eventuale scostamento dai valori medi indicati.
Il mancato rispetto del termine di quindici giorni assegnato dal giudice per l'avvio del procedimento di mediazione obbligatoria non determina l'improcedibilità della domanda, in quanto tale termine è da considerarsi ordinatorio e non perentorio. Ciò che rileva ai fini della procedibilità della domanda è l'effettivo esperimento della mediazione, da intendersi come svolgimento del primo incontro delle parti innanzi al mediatore, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice. Inoltre, la legittimazione a promuovere il procedimento di mediazione è in capo all'amministratore di condominio, purché munito di idonea delega assembleare. La notificazione del decreto ingiuntivo, anche se nulla, non determina la perdita di efficacia del provvedimento, in quanto la nullità della notificazione non incide sulla volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso. Pertanto, il decreto ingiuntivo può essere revocato solo in caso di successivo adempimento dell'obbligazione da parte del debitore, con conseguente condanna di quest'ultimo al pagamento della somma residua. In caso di soccombenza dell'opponente, questi può essere condannato, anche d'ufficio, al pagamento di una somma equitativamente determinata a titolo di responsabilità aggravata, ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., qualora le sue domande ed eccezioni si configurino come meramente dilatorie.
L'opposizione a un decreto ingiuntivo è soggetta a un termine di decadenza di 40 giorni dalla notifica, decorso il quale l'opposizione è tardiva e deve essere dichiarata inammissibile. Inoltre, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la mediazione obbligatoria rappresenta una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il cui mancato esperimento determina l'improcedibilità dell'opposizione stessa. L'onere di attivare la procedura di mediazione e di dimostrare l'impossibilità di esperirla per causa non imputabile grava sulla parte opponente, la quale deve attivarsi prontamente per sollecitare il mediatore a fissare l'udienza, anche mediante formale istanza, pena l'improcedibilità dell'opposizione. Il mancato esperimento effettivo della mediazione, dovuto all'inerzia dell'opponente nel sollecitare il mediatore, comporta quindi la declaratoria di improcedibilità dell'opposizione al decreto ingiuntivo, con conseguente conferma dello stesso.
Il contratto di appalto per l'esecuzione di opere straordinarie su un edificio condominiale, se previamente autorizzato dall'assemblea dei condomini, legittima l'amministratore a rappresentare il condominio in giudizio per la tutela dei diritti nascenti dal contratto, senza che sia necessaria una nuova autorizzazione assembleare per l'azione giudiziale. I singoli condomini, in quanto titolari di legittimazione propria e autonoma derivante dalla loro qualità di partecipanti alla comunità condominiale, possono agire in giudizio a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all'edificio, senza necessità di delibera assembleare, salvo che la lite non esorbiti dalle attribuzioni dell'amministratore. L'accertamento giudiziale della corretta esecuzione delle opere appaltate e della congruità del corrispettivo pattuito, esclude la fondatezza delle domande riconvenzionali del condominio volte a ottenere la condanna dell'appaltatore all'esecuzione di opere residue, al risarcimento dei danni e alla risoluzione del contratto per inadempimento, ferma restando la risoluzione per recesso del committente. La domanda di garanzia impropria proposta dal condominio nei confronti dell'ex amministratore, fondata su generiche allegazioni di condotta negligente nella gestione del contratto di appalto, è inammissibile e infondata, in assenza di prova di specifici addebiti causalmente connessi al credito azionato dall'appaltatore. La carenza di legittimazione attiva dei singoli condomini all'opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, rilevabile d'ufficio anche in appello, comporta l'annullamento dell'opposizione stessa, mentre le domande riconvenzionali proposte dai condomini restano ammissibili in quanto atti introduttivi autonomi del giudizio.
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