Sto cercando nella banca dati...
Risultati di ricerca:
ECLI:IT:TARBA:2014:638SENT
L'attività proposta da un'impresa per accedere a finanziamenti pubblici destinati alle "imprese innovative" deve integrare i requisiti di "attività di ricerca e sviluppo" previsti dalla normativa di riferimento, in particolare con riguardo alla necessità che i costi sostenuti per tali attività siano pari ad almeno il 15% del totale dei costi operativi dell'impresa nei tre anni precedenti. L'elenco delle attività qualificabili come ricerca e sviluppo, contenuto nell'avviso pubblico, ha carattere tassativo e non esemplificativo, sicché l'attività proposta dall'impresa deve rientrare in una delle tipologie indicate, senza che sia sufficiente la mera innovatività della stessa per il contesto locale. L'amministrazione è legittimata a escludere l'impresa dalla procedura di finanziamento qualora non risulti provata la sussistenza di tali requisiti, sulla base di una valutazione tecnica del progetto presentato, senza che l'impresa possa contestare tale valutazione senza addurre elementi idonei a dimostrare l'erroneità della stessa.
Il credito d'imposta per costi di ricerca e sviluppo, legittimamente maturato dal contribuente e regolarmente dichiarato, non può essere oggetto di recupero da parte dell'Amministrazione finanziaria oltre il termine ordinario di decadenza, anche qualora il contribuente non ne abbia indicato l'utilizzo in compensazione nella dichiarazione dei redditi. Infatti, in tale ipotesi, non si configura un'ipotesi di inesistenza del credito, bensì un mero inadempimento formale, per il quale trova applicazione il termine di decadenza ordinario e non quello più ampio previsto per i crediti inesistenti. Il contribuente, pertanto, non può essere sanzionato per l'omessa indicazione in dichiarazione dell'utilizzo di un credito d'imposta legittimamente spettante, essendo sufficiente la sua regolare maturazione e dichiarazione, a prescindere dalla formale indicazione dell'avvenuta compensazione. L'Amministrazione finanziaria, in tali casi, è tenuta a notificare l'avviso di accertamento entro il termine ordinario di decadenza, decorso il quale il recupero del credito d'imposta non può più essere effettuato.
Il credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all'art. 3 del d.l. n. 145 del 2013 è riconoscibile esclusivamente per investimenti che presentino il requisito della novità e dell'acquisizione di nuove conoscenze, non essendo sufficiente il mero svecchiamento o miglioramento di servizi e processi esistenti. Pertanto, le attività di implementazione organizzativa di un servizio di ronda, ancorché innovative per l'impresa, non rientrano nell'ambito applicativo dell'agevolazione fiscale in questione, in quanto non comportano la sperimentazione e l'acquisizione di nuove conoscenze scientifiche, tecnologiche o commerciali, ma si risolvono in meri miglioramenti di servizi già esistenti, privi del necessario carattere di novità richiesto dalla norma agevolativa. L'innovatività "in concreto" accertata in relazione allo svecchiamento dell'impresa non può essere confusa con l'innovatività "generale" o "di mercato" richiesta ai fini della fruizione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo.
Il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, maturato da un'impresa ai sensi della legge n. 296 del 2006, costituisce un diritto quesito perfetto e fruibile, la cui disciplina non può essere modificata retroattivamente in senso sfavorevole al contribuente se non in presenza di sopravvenuti interessi pubblici di rilievo costituzionale e nel rispetto del principio di proporzionalità. L'amministrazione finanziaria è tenuta a motivare adeguatamente l'atto di recupero di tale credito, indicando il quadro normativo applicabile e le ragioni specifiche del disconoscimento. Qualora il credito sia stato utilizzato in compensazione, l'irrogazione della sanzione prevista dall'art. 27 del d.l. n. 185 del 2008 è legittima solo nel caso in cui il credito sia qualificabile come "inesistente", ossia carente dei presupposti costitutivi o già estinto al momento dell'utilizzo, e non sia riscontrabile mediante i controlli formali o automatizzati, mentre si applica la diversa sanzione per crediti "non spettanti" ove l'inesistenza sia rilevabile in sede di tali controlli.
Il soggetto passivo d'imposta, residente in altro Stato membro dell'Unione Europea e privo di rappresentante fiscale in Italia, è legittimato a presentare istanza di rimborso dell'IVA indebitamente versata su prestazioni di servizi scientifici, connesse e strumentali all'applicazione tecnica di scoperte scientifiche per la realizzazione industriale di nuovi beni, ancorché tali prestazioni siano state erroneamente qualificate come consulenze tecniche escluse dal campo di applicazione dell'IVA per carenza del requisito territoriale. Ciò in quanto il diritto al rimborso dell'IVA è riconosciuto direttamente dalla normativa in favore del soggetto che ha effettivamente sostenuto l'onere economico dell'imposta, a prescindere dalla qualificazione giuridica data alle prestazioni in fattura. La sentenza impugnata, che ha riconosciuto la legittimazione della società estera al rimborso, è adeguatamente motivata, non essendo ravvisabile un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, atteso che le argomentazioni utilizzate, pur sintetiche, risultano sufficienti a rendere percepibile il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento.
Il finanziamento pubblico di un progetto di ricerca e sviluppo non rientra nell'ambito di applicazione della disciplina degli aiuti di Stato, ai sensi dell'art. 107 TFUE, qualora l'attività economica eventualmente svolta dall'ente proponente si mantenga entro il limite del 20% della capacità annua complessiva dell'infrastruttura di ricerca, essendo in tal caso possibile il finanziamento integrale del progetto. Ai fini della valutazione della natura economica o meno dell'attività, rilevano i ricavi derivanti da commesse di mercato, mentre non assumono rilievo i contributi pubblici percepiti per le attività di ricerca svolte in partenariato con altri enti ed imprese, in quanto tali entrate devono essere considerate attività non economiche. L'Amministrazione, nel riesaminare la domanda di finanziamento in esecuzione di una sentenza di annullamento, è vincolata al contenuto conformativo della pronuncia giurisdizionale, senza poter discostarsi dalle indicazioni ivi fornite, pena la nullità del nuovo provvedimento adottato in violazione del giudicato.
Il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, di cui all'art. 1, commi da 280 a 283, della legge n. 296 del 2006, è soggetto alla procedura di selezione e assegnazione prevista dall'art. 29 del d.l. n. 185 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009, indipendentemente dal fatto che l'attività fonte del credito sia stata avviata e conclusa prima dell'entrata in vigore di tale disciplina. Ai fini dell'obbligo di presentazione del formulario previsto dalla norma, ciò che rileva è esclusivamente la circostanza che il credito sia stato utilizzato in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2009, essendo esclusi da tale adempimento soltanto i contribuenti che hanno fruito integralmente del credito entro il 31 dicembre 2008. La procedura di selezione e assegnazione dei crediti, pur incidendo retroattivamente su situazioni giuridiche già maturate, non viola il principio di affidamento del contribuente, in quanto tale disciplina è stata introdotta dal legislatore nell'ambito di un intervento normativo finalizzato a fronteggiare la crisi economica internazionale, rientrando pertanto nell'ampia discrezionalità riconosciuta al Parlamento in materia tributaria, e risultando proporzionata e ragionevole alla luce delle esigenze di salvaguardia delle finanze pubbliche. Pertanto, in mancanza della presentazione del formulario nei termini previsti dalla legge, il contribuente decade dal diritto di fruire del credito di imposta, a prescindere dal fatto che l'attività fonte del credito sia stata avviata e conclusa prima dell'entrata in vigore della relativa disciplina.
Il finanziamento pubblico di un progetto di ricerca e sviluppo di un'infrastruttura di ricerca non configura aiuto di Stato ai sensi dell'art. 107 TFUE, e pertanto può essere integralmente finanziato, quando l'infrastruttura è utilizzata quasi esclusivamente per attività di natura non economica e l'eventuale utilizzo economico rimane puramente accessorio, non superando il 20% della capacità annua complessiva, le attività di trasferimento di conoscenze sono svolte dall'organismo di ricerca in maniera indipendente e con finalità di incremento del sapere e miglioramento della comprensione, e i risultati della ricerca sono diffusi in modo ampio, gratuito e trasparente. In tali ipotesi, il finanziamento pubblico non rientra nella disciplina degli aiuti di Stato, in quanto non determina un vantaggio selettivo per talune imprese tale da falsare la concorrenza e incidere sugli scambi, essendo diretto a promuovere la cultura e la ricerca scientifica senza alterare le condizioni di mercato in misura contraria all'interesse comune.
In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, in favore della parte adempiente, oltre al risarcimento, ai sensi dell'art. 1453 c.c., può essere riconosciuto anche il maggior danno, rispetto a quello ristorato dagli interessi legali, ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c., sempre che tale ulteriore risarcimento, del quale il richiedente ha l'onere di provare le condizioni, non rimanga assorbito da quello accordato per il danno derivante dall'inadempimento, dovendosi evitare ingiustificate duplicazioni. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza impugnata che aveva escluso il riconoscimento del danno da svalutazione monetaria, in assenza di allegazione e prova, oltre gli interessi moratori previsti da clausola contrattuale, per avere la quantificazione del danno effettuata dal giudice di merito sterilizzato il rilievo pattizio del ritardo, nell'ambito di una globale valutazione del sinallagma contrattuale e degli effetti indotti dalla sopravvenuta risoluzione).
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Le prestazioni di servizi ricevute da una società, qualificate come attività di ricerca scientifica e non di consulenza tecnica, rientrano nel campo di applicazione dell'IVA e danno diritto al rimborso dell'imposta pagata, anche qualora il contratto stipulato tra le parti contenga una distinzione analitica tra oneri interni ed esterni, in quanto il giudice di merito può valutare l'intero complesso delle specifiche prestazioni in termini unitari, in ragione del rapporto di connessione e strumentalità con la prestazione principale di ricerca e sviluppo. Il giudice di merito, nel qualificare la natura delle prestazioni, può disattendere il contenuto del contratto, in quanto la valutazione delle risultanze istruttorie è rimessa al suo prudente apprezzamento, senza che ciò integri una violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Inoltre, la mera indicazione della norma ritenuta violata, senza specificare sotto quale profilo, non consente di configurare il vizio di violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.
Il finanziamento pubblico di attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale è subordinato al rispetto del principio di necessaria correlazione tra il progetto di ricerca ammesso al finanziamento, come declinato negli obiettivi, nelle attività e nelle ripartizioni economiche previste, e il progetto concretamente realizzato. In particolare, la rendicontazione di costi diversi ed ulteriori rispetto a quelli preventivati in sede di ammissione al finanziamento, in assenza di una preventiva variante progettuale o di una adeguata motivazione delle modifiche compensative apportate alle ripartizioni economiche delle voci di costo, giustifica il disconoscimento delle relative voci di spesa. Ciò in quanto l'attività di verifica dei risultati della ricerca e di ammissibilità delle spese rendicontate dal beneficiario è finalizzata a riscontrare la conformità tra quanto concretamente realizzato e quanto previamente assentito o concesso, non essendo ammessa una rendicontazione incoerente con gli esiti delle precedenti fasi autorizzative e di verifica. Inoltre, il costo del personale impiegato nell'ambito del progetto di ricerca, pur se riferito ad ore lavorative effettivamente prestate, non può essere riconosciuto in misura superiore rispetto a quanto preventivato in sede di ammissione al finanziamento, salva la dimostrazione, da parte del beneficiario, della necessità di un maggiore impegno lavorativo ai fini del conseguimento degli obiettivi progettuali. Infine, il costo sostenuto per l'acquisto di strumenti e attrezzature, in assenza di una specifica attestazione del responsabile del progetto e/o del responsabile amministrativo circa le caratteristiche intrinseche d'uso del bene che ne determinino una deperibilità inferiore alla durata del progetto o l'impossibilità di un suo utilizzo diverso e ulteriore, deve essere valorizzato secondo il criterio della quota d'uso, calcolato nella misura e per il periodo in cui il bene è utilizzato per il progetto di ricerca.
Il legislatore, al fine di porre rimedio all'assenza di un tetto massimo di stanziamento di copertura finanziaria per i crediti di imposta per attività di ricerca e sviluppo, ha introdotto con l'art. 29 del d.l. n. 185/2008 una procedura di selezione retroattiva dei contribuenti ammessi al beneficio, prevedendo l'obbligo per le imprese di prenotarsi inoltrando un apposito formulario all'Agenzia delle Entrate e il rilascio di un nulla-osta da parte dell'Ufficio. Tale disciplina, pur derogando al principio generale di irretroattività delle disposizioni tributarie, non si pone in contrasto con il diritto di affidamento del contribuente, in quanto la causa normativa che ha giustificato l'intervento legislativo, ossia la necessità di arginare la crisi economica internazionale del 2008 attraverso misure anticrisi a favore di categorie deboli, è stata ritenuta adeguata dalla Corte costituzionale. Pertanto, l'applicazione retroattiva della procedura di selezione dei beneficiari dei crediti di imposta per attività di ricerca e sviluppo, prevista dall'art. 29 del d.l. n. 185/2008, non viola il principio di affidamento del contribuente, in quanto la deroga al principio di irretroattività è giustificata dalla causa normativa adeguata individuata dal legislatore.
La gara pubblica, ancorché esclusa dall'ambito di applicazione oggettiva del Codice dei contratti pubblici in forza dell'articolo 15 d.lgs. n. 50/2016, è comunque assoggettata ai principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica, ai sensi dell'articolo 4 d.lgs. n. 50/2016. L'offerta tecnica presentata dall'aggiudicatario deve essere conforme alle specifiche tecniche vincolanti previste dalla lex specialis di gara, in particolare per quanto riguarda i requisiti di affidabilità e ridondanza dei sistemi offerti. La stazione appaltante può effettuare verifiche sulla conformità dell'offerta tecnica alle prescrizioni del capitolato, anche con l'ausilio di esperti tecnici, senza che ciò integri una modifica dell'offerta. L'esclusione della gara dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici non esime la stazione appaltante dal rispetto dei principi individuati dall'art. 4 dello stesso Codice e delle disposizioni di legge che ne sono attuazione. Tuttavia, nelle gare pubbliche escluse dall'applicazione del Codice, la fase di verifica dell'anomalia dell'offerta non è obbligatoria, ma è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, la cui determinazione è sindacabile in sede giurisdizionale solo se macroscopicamente irragionevole, irrazionale, illogica o viziata da travisamento di fatti. I criteri di valutazione dell'offerta tecnica, come quello relativo al luogo di produzione degli apparati, devono essere interpretati in modo da perseguire le finalità della lex specialis, senza consentire elusioni. La stazione appaltante può richiedere chiarimenti e integrazioni documentali all'offerente, purché ciò non comporti una modifica dell'offerta. I verbali di gara, in quanto atti pubblici, fanno piena prova fino a querela di falso in ordine ai fatti in essi attestati, tra cui la partecipazione dei membri della commissione alle sedute. La mancata apposizione della firma digitale sui verbali costituisce una mera irregolarità formale, non idonea ad inficiare la correttezza e la legittimità delle operazioni valutative effettuate.
Il finanziamento pubblico di un progetto di ricerca e innovazione promosso da un'università non configura aiuto di Stato vietato ai sensi dell'art. 107 TFUE qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: 1) l'infrastruttura di ricerca sia utilizzata quasi esclusivamente per attività di natura non economica e l'eventuale utilizzo economico rimanga puramente accessorio; 2) l'attività economica, se presente, assorba esattamente gli stessi fattori di produzione delle attività non economiche e la capacità destinata ogni anno a tali attività economiche non superi il 20% della pertinente capacità annua complessiva; 3) le attività di trasferimento del sapere siano svolte dall'organismo di ricerca o congiuntamente ad altri organismi e tutti i redditi da esse provenienti siano reinvestiti nelle attività principali; 4) le attività di ricerca e sviluppo siano svolte in maniera indipendente, con la finalità di incrementare il sapere e migliorare la comprensione; 5) sia garantita una diffusione ampia, gratuita e trasparente dei risultati della ricerca. In mancanza di tali presupposti, il finanziamento pubblico può comunque essere ammesso nei limiti del 50% dei costi ammissibili, in applicazione del Regolamento (UE) n. 651/2014 sugli aiuti di Stato compatibili con il mercato interno. L'amministrazione ha l'obbligo di attivare il soccorso istruttorio per acquisire ogni informazione utile a verificare la sussistenza di tali condizioni, senza poter automaticamente qualificare il finanziamento come aiuto di Stato in assenza di una specifica indicazione da parte del soggetto proponente.
Il credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, istituito dall'art. 3 del D.L. n. 145/2013 e successivamente disciplinato dalla normativa di attuazione, non è incompatibile con il cumulo di altri incentivi pubblici concessi per la medesima finalità di promozione della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale, salvo espressa previsione contraria della lex specialis di riferimento. L'Amministrazione procedente, pertanto, è tenuta a motivare adeguatamente l'eventuale decurtazione di un contributo pubblico concesso, in ragione del divieto di cumulo con il credito d'imposta, valutando previamente la natura e la finalità dell'agevolazione fiscale, nonché la possibilità di cumulo ai sensi della normativa eurounitaria applicabile, senza poter fare affidamento su un automatismo privo di riscontro normativo. Il difetto di motivazione su tali profili determina l'illegittimità del provvedimento di revoca parziale del contributo.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, nel respingere il ricorso proposto dalla società Db. Sv. Ec. Srl avverso il provvedimento di diniego di agevolazioni finanziarie, afferma che l'attribuzione di un codice ISTAT relativo all'attività di "ricerca e sviluppo sperimentale nel campo dell'economia" non costituisce di per sé un vincolo per l'amministrazione nella valutazione dell'ammissibilità dell'attività ai fini delle agevolazioni previste dalla legge provinciale, trattandosi di una mera classificazione a fini fiscali priva di valenza costitutiva o probatoria. L'amministrazione, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, può pertanto ritenere che l'attività effettivamente svolta dalla società, pur formalmente qualificata come attività di ricerca e sviluppo, sia in realtà riconducibile a mera attività consulenziale e, quindi, non ammissibile ai benefici di legge, tenuto conto anche della natura dell'investimento programmato. La motivazione del provvedimento di diniego, pur sintetica, risulta adeguata e non macroscopicamente illogica o erronea, in quanto chiarisce la ragione essenziale della valutazione negativa, ovvero la natura consulenziale e non imprenditoriale dell'attività svolta dalla società, come emergente dalla descrizione fornita nella domanda di contributo.
Il bando per il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo nell'ambito del Programma Operativo Regionale POR Liguria 2014-2020 prevede che l'innovatività e l'originalità di un progetto possano consistere non solo nella realizzazione di nuovi prodotti, ma anche nel notevole miglioramento di prodotti già esistenti. Pertanto, la valutazione dell'innovatività di un progetto non può limitarsi all'esclusiva verifica della novità assoluta dei prodotti proposti, ma deve estendersi anche all'esame dei profili di miglioramento sostanziale di prodotti già presenti nel patrimonio aziendale del proponente. Inoltre, la motivazione del provvedimento di diniego dell'agevolazione deve dare conto in modo chiaro e coerente della valutazione di tutti i criteri di selezione previsti dal bando, senza limitarsi a considerazioni espresse in forma dubitativa o condizionale sulla sola innovatività del progetto. Infine, laddove l'istruttoria sia stata condotta in modo lacunoso o contraddittorio, l'amministrazione è tenuta a rieditare la valutazione del progetto, conformandosi ai principi affermati nella sentenza.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Nell'ambito di un procedimento di evidenza pubblica per il finanziamento di piani di sviluppo industriale, la valutazione dei progetti presentati dai concorrenti rientra nell'esercizio di una discrezionalità mista, in cui sono presenti sia valutazioni di puro merito amministrativo, caratterizzate da elevata soggettività e insindacabili dal giudice amministrativo, sia valutazioni di discrezionalità tecnica, sindacabili solo in caso di errori di fatto, irrazionalità, contraddizioni logiche, inadeguata istruttoria o motivazione incongrua. I giudizi valutativi espressi dalla commissione possono essere annullati solo in caso di dimostrata disparità di trattamento, ovvero qualora il ricorrente riesca a provare che non è stato applicato il medesimo metro di valutazione. Pertanto, la mera contestazione dei punteggi attribuiti, in assenza di tale prova, non è sufficiente a determinare l'annullamento degli atti impugnati.
Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.