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Il Regolamento CE n. 561/2006 prevede che, nel corso di due settimane consecutive, i conducenti addetti al trasporto di persone e merci su strada debbano effettuare almeno due periodi di riposo settimanale regolare di 45 ore ciascuno oppure un periodo di riposo settimanale regolare di 45 ore ed un periodo di riposo settimanale ridotto di almeno 24 ore, con l'obbligo di recuperare entro la terza settimana successiva le ore di riposo mancanti, affiancandole ad altro periodo di riposo di almeno 9 ore. Pertanto, il termine complessivo di riposo che deve essere fruito entro la terza settimana è di 90 ore, e non di 69 ore come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale. L'interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione del Regolamento CE n. 561/2006 in materia di periodi di riposo settimanale dei conducenti addetti al trasporto su strada prevale sulla diversa interpretazione contenuta in una circolare ministeriale di rango inferiore, la quale non può derogare alla normativa europea direttamente applicabile. Spetta al giudice di rinvio rivalutare la questione alla luce del corretto parametro normativo, verificando l'idoneità delle allegazioni e delle prove documentali prodotte dalle parti in relazione alla mancata fruizione dei riposi settimanali previsti dal Regolamento comunitario.
MASSIMA GIURIDICA Il lavoratore convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, portatore di handicap con connotazione di gravità, ha diritto a fruire di due giorni di permesso retribuito al mese ai sensi dell'art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, in proporzione al suo orario di lavoro a tempo parziale verticale. Tale diritto spetta al lavoratore convenzionato a partire dal gennaio 2010, in applicazione del principio di parità di trattamento sancito dalla direttiva 2000/78/CE, in quanto il rifiuto di concedergli i permessi fino a tale data integra una discriminazione indiretta fondata sulla disabilità. Il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno non patrimoniale derivante dalla mancata fruizione dei permessi, liquidato in misura pari al 100% del valore economico dei permessi negati, in applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di risarcimento del danno da usura psico-fisica per la perdita del riposo settimanale. La massima esprime in modo chiaro, astratto e conciso il principio di diritto fondamentale desumibile dalla sentenza, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato. Essa è formulata al presente indicativo, evita riferimenti al caso specifico, citazioni non essenziali e dettagli procedurali, ed è autosufficiente e applicabile a casi analoghi. La massima contiene le principali argomentazioni e ragionamenti presenti nella sentenza, senza introduzioni o opinioni personali.
Il Regolamento CE n. 561/2006 prevede che, nel corso di due settimane consecutive, i conducenti addetti a tratte superiori a 50 km debbano effettuare almeno due periodi di riposo settimanale regolare di 45 ore ciascuno oppure un periodo di riposo settimanale regolare di 45 ore ed un periodo di riposo settimanale ridotto di almeno 24 ore, con l'obbligo per il datore di lavoro di recuperare le restanti 21 ore entro la terza settimana, affiancandole ad un periodo di riposo di almeno 9 ore. Pertanto, il limite minimo di ore di riposo da fruire nell'arco di tre settimane è di 90 ore complessive, e non di 69 ore come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale. L'interpretazione fornita dalla Corte di Cassazione del Regolamento CE n. 561/2006 prevale sulla Circolare ministeriale del 29.4.2015, in quanto norma di rango superiore. Spetta al datore di lavoro provare che i lavoratori abbiano effettivamente fruito del numero minimo di ore di riposo previsto dalla normativa europea, con l'onere di allegare e dimostrare tale circostanza. In caso di mancato assolvimento di tale onere probatorio, il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno per il mancato godimento dei riposi settimanali maturati e non goduti dai lavoratori.
Il personale del Corpo di polizia penitenziaria ha diritto al recupero del giorno di riposo settimanale non goduto per particolari esigenze di servizio, da effettuarsi entro le due settimane successive, secondo i criteri stabiliti dall'Amministrazione. Il mancato rispetto di tale termine non integra di per sé la violazione delle norme a tutela del lavoratore, in quanto le possibilità di recupero devono essere contemperare con le prevalenti esigenze organizzative dell'Amministrazione. Pertanto, per ottenere il risarcimento del danno da usura psico-fisica, il lavoratore deve provare non solo l'inadempimento dell'Amministrazione all'obbligo di sicurezza, ma anche l'effettiva esistenza e l'entità del danno subito a causa del ritardo nel recupero del riposo settimanale, non essendo sufficiente la mera allegazione del mancato rispetto del termine di legge. L'onere della prova grava sul lavoratore, salvo che nel caso di perdita definitiva del riposo settimanale, in cui il danno può essere liquidato in via equitativa a prescindere dalla prova del pregiudizio. Inoltre, considerato che il lavoro di agente di polizia penitenziaria è di per sé usurante, l'accertamento del danno da usura psico-fisica deve tenere conto di tale fattore.
Il mancato godimento del riposo settimanale nel settimo giorno consecutivo di lavoro non comporta di per sé il diritto al risarcimento del danno da usura psico-fisica, salvo che la prestazione lavorativa nel settimo giorno non sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti e in violazione degli artt. 36 Cost. e 2109 c.c. Qualora la fruizione del riposo avvenga oltre il settimo giorno, ma nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, al lavoratore è dovuta soltanto la maggiorazione del compenso prevista dalle parti collettive, in ragione della maggiore gravosità del lavoro prestato, non essendo configurabile un danno risarcibile. La risarcibilità del danno da usura psico-fisica presuppone che la prestazione nel settimo giorno sia stata resa in assenza di previsioni legittimanti ed in violazione degli artt. 36 Cost. e 2109 c.c., perché solo in tal caso la perdita definitiva del riposo settimanale è di per sé produttiva di danno, che può essere liquidato in via equitativa, a prescindere dalla prova del pregiudizio subito. Pertanto, qualora la prestazione di lavoro nel settimo giorno consecutivo oltre il normale orario di lavoro sia avvenuta nel rispetto della disciplina contrattuale e normativa inerente la specifica organizzazione del tempo di lavoro, non è configurabile un danno da usura psico-fisica risarcibile, essendo dovuta soltanto la maggiorazione retributiva prevista dall'art. 22 del CCNL 14.9.2000 per il personale del comparto Regioni ed Enti locali, che compensa interamente sia la prestazione domenicale che il mancato godimento del riposo nel settimo giorno.
In tema di riposi settimanali, il diritto di fruire di un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive con cadenza settimanale, di regola in coincidenza con la domenica, di cui all'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 66 del 2003, è derogabile - quanto alla cadenza settimanale - nelle ipotesi previste dal successivo comma 2, lett. a), b), c) nonché, ad opera della sola contrattazione collettiva, lett. d), purché ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo. L'uso aziendale è configurabile solo quando comporti l'attribuzione, in modo generalizzato, reiterato e spontaneo, di un trattamento più favorevole ai lavoratori rispetto a quello previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva, sicché lo stesso non ricorre in caso di reiterata violazione dei diritti derivanti dalla disciplina legale dell'orario di lavoro, non suscettibili di rinuncia, fatto salvo il potere di deroga riconosciuto dal legislatore alle OO.SS.
Il diritto al riposo settimanale, sancito dall'art. 36 Cost. e dall'art. 2109 c.c., rappresenta un principio fondamentale a tutela della salute psico-fisica del lavoratore, il cui mancato o incompleto godimento determina il sorgere di un danno risarcibile. Tale diritto, pur non avendo carattere assoluto, può subire deroghe solo in presenza di particolari esigenze produttive, purché non venga snaturato il rapporto di un giorno di riposo ogni sei giorni lavorativi e non vengano superati i limiti di ragionevolezza rispetto alle esigenze del lavoro e agli interessi del lavoratore. Pertanto, qualora il datore di lavoro non conceda il riposo settimanale al dipendente, questi ha diritto al risarcimento del danno da usura psico-fisica, che si presume sussistente e può essere determinato equitativamente, in assenza di una specifica previsione contrattuale, nella misura del 40% della retribuzione ordinaria per le ore di lavoro prestate nel settimo giorno consecutivo.
Il diritto al riposo settimanale del lavoratore, sancito dall'art. 36 della Costituzione, è un diritto fondamentale della persona che non può essere rinunciato. Tuttavia, la legge ordinaria può prevedere forme di periodicità del riposo diverse da quella di un giorno dopo sei di lavoro, purché limitate a specifiche attività lavorative e a condizione che sia garantito il rispetto del rapporto complessivo di un giorno di riposo ogni sei di lavoro, senza superare i limiti di ragionevolezza in relazione alle esigenze dell'attività e alla tutela della salute del lavoratore. Pertanto, il datore di lavoro che legittimamente richieda al lavoratore di prestare attività oltre il sesto giorno consecutivo, è tenuto a riconoscergli un trattamento economico e normativo complessivamente adeguato a compensare sia la maggiore penosità del lavoro domenicale che l'usura psico-fisica derivante dalla mancata fruizione del riposo settimanale, senza che sia necessaria la prova di un danno specifico. La valutazione di tale adeguatezza va effettuata dal giudice di merito, tenendo conto della contrattazione collettiva applicabile, la quale può prevedere istituti retributivi e normativi, come maggiorazioni, indennità e riposi compensativi, idonei a soddisfare il parametro di cui all'art. 36 Cost.
In materia di riposo settimanale, il rinvio contenuto nell'art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 66 del 2003 alle deroghe previste dalla l. n 370 del 1934 è da intendersi limitato alle disposizioni che ne consentono la fruizione in un giorno diverso dalla domenica ed a quelle che prevedono particolari modalità di fruizione del riposo stesso, fermo restando il diritto al godimento del riposo settimanale per 24 ore consecutive, da sommarsi a quello giornaliero
Il riposo settimanale (di regola in coincidenza con la domenica, salve le eccezioni di cui agli artt. 1 e 5 della legge 22 febbraio 1934 n. 374) costituisce un diritto irrinunciabile del lavoratore (art. 36 cost.), la cui fruizione - dovendo tendere alla ricostituzione delle energie biopsichiche del dipendente ed a permettergli di partecipare alle comuni forme di vita familiare e sociale senza vincoli particolari - e` esclusa dal cosiddetto obbligo di reperibilita` (che impone al lavoratore di fornire al datore di lavoro notizie atte a rintracciarlo in qualsiasi momento in vista di un`eventuale prestazione lavorativa), sicche` contrasta con la norma costituzionale predetta la disposizione collettiva che, fuori delle eccezioni suindicate e senza prevedere recupero sostitutivo, estenda l`obbligo di reperibilita`, ancorche` remunerato, alla giornata domenicale. (Principio affermato in relazione all`art. 32 del contratto collettivo per i telefonici del 1978 ed in controversia concernente la legittimita` o meno della sanzione disciplinare inflitta a lavoratore rifiutatosi di prestare servizio di reperibilita`).
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