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La responsabilità precontrattuale sussiste quando le trattative tra le parti siano giunte a uno stadio avanzato tale da ingenerare il ragionevole affidamento nella conclusione del contratto, e tale affidamento sia poi ingiustificatamente disatteso da una delle parti attraverso un recesso privo di giusta causa, in violazione dei doveri di buona fede e correttezza. Tuttavia, il mero esito negativo delle trattative non comporta automaticamente l'insorgere di tale responsabilità, essendo necessario che il recesso sia arbitrario e non giustificato da circostanze oggettive, come la modifica della proposta negoziale o la sopravvenienza di fatti che rendano impossibile o eccessivamente onerosa la conclusione del contratto. L'onere di provare la sussistenza dei presupposti della responsabilità precontrattuale, inclusa l'assenza di giusta causa del recesso, grava sulla parte che la invoca, non potendosi presumere la violazione degli obblighi di buona fede e correttezza in capo a chi recede dalle trattative. Il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale è limitato all'interesse negativo, ossia alle spese sostenute nel corso delle trattative e alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, senza ricomprendere il lucro cessante derivante dalla mancata conclusione del contratto.
Il contratto di somministrazione, caratterizzato dalla consegna periodica di un bene, impone al fornitore l'obbligo di esclusiva di approvvigionamento del prodotto in favore del committente, il cui inadempimento, in assenza di giustificazioni, legittima la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno per il mancato guadagno subito dal contraente fedele. Parimenti, l'ingiustificato recesso dalle trattative volte alla definizione bonaria della controversia integra una violazione del dovere di buona fede precontrattuale, comportando l'obbligo di risarcire il danno per la perdita di opportunità negoziali. Il giudice, nel valutare la prova dei vizi della merce consegnata, deve applicare i principi generali sulla ripartizione dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 c.c., essendo a carico dell'acquirente l'onere di dimostrare l'esistenza del vizio quale fatto costitutivo della propria pretesa.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La responsabilità precontrattuale per rottura ingiustificata delle trattative sorge quando, nel corso di una trattativa finalizzata alla conclusione di un contratto, una parte ingenera nell'altra un ragionevole affidamento sulla conclusione del negozio, che viene poi ingiustificatamente meno. Ai fini della configurabilità di tale responsabilità, rileva la valutazione complessiva dello stato di avanzamento delle trattative, desumibile dai comportamenti e dalle comunicazioni intercorsi tra le parti, nonché dalla natura e dall'importanza dell'affare oggetto della negoziazione. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza dell'affidamento e la giustificatezza del recesso, deve tenere conto di tutti gli elementi probatori acquisiti, senza che l'omessa menzione di singoli elementi istruttori, ove questi non abbiano carattere decisivo, integri il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per la decisione. La valutazione compiuta dal giudice di merito in ordine alla configurabilità della responsabilità precontrattuale è incensurabile in sede di legittimità, salvo che non risulti viziata da errori di diritto o da palesi illogicità.
La presenza di oneri o diritti di godimento di terzi su un immobile oggetto di compravendita, anche se non espressamente dichiarati nel contratto, non comporta la responsabilità del venditore ai sensi dell'art. 1489 c.c. qualora tali oneri o diritti siano apparenti e quindi facilmente conoscibili dall'acquirente mediante un normale esame dell'immobile prima dell'acquisto. In tali ipotesi, l'acquirente non può invocare la violazione del dovere di informazione da parte del venditore ex art. 1337 c.c., in quanto egli è tenuto a compiere le necessarie verifiche e indagini prima della conclusione del contratto, dovendo subire le conseguenze della propria negligenza. Inoltre, la presenza di servitù o pesi che comportino reciproche utilità tra condomini non integra un pregiudizio risarcibile per l'acquirente, in quanto rientra nella fisiologia del regime condominiale. Parimenti, la presenza di manufatti tecnici, come pompe sommerse, visibili e ispezionabili, non determina responsabilità del venditore qualora l'acquirente abbia avuto la possibilità di verificarne l'esistenza prima dell'acquisto, non potendo egli lamentare una mancata informazione su elementi agevolmente conoscibili mediante un normale esame dell'immobile.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La rottura delle trattative precontrattuali non è ingiustificata quando la parte che recede ha acquisito nuovi elementi essenziali, non precedentemente comunicati dall'altra parte, che incidono in modo determinante sulla convenienza economica dell'affare, rendendo pertanto legittimo il mutamento di intendimento. In particolare, la conoscenza sopravvenuta della prossima vendita giudiziaria del bene a prezzo significativamente inferiore rispetto a quello oggetto delle trattative costituisce un giustificato motivo di recesso, in quanto elemento fondamentale per la valutazione della convenienza dell'operazione da parte del potenziale acquirente. Il dovere di buona fede e correttezza nelle trattative precontrattuali non impone l'obbligo di concludere il contratto a qualsiasi condizione, ma solo di comportarsi lealmente durante lo svolgimento delle stesse, senza indurre ingiustificatamente l'altra parte a fare affidamento sulla conclusione del negozio. Pertanto, il recesso dalla trattativa non è contrario ai principi di buona fede e correttezza quando è motivato dal sopravvenire di circostanze essenziali, non precedentemente conosciute, che incidono in modo determinante sulla convenienza dell'affare per la parte che recede.
La violazione dell'obbligo di buona fede e correttezza nelle trattative precontrattuali, di cui agli artt. 1337 e 1440 c.c., comporta la responsabilità della parte che, omettendo di informare la controparte di circostanze rilevanti ai fini della conclusione del contratto, induce quest'ultima a concludere il negozio a condizioni economiche diverse da quelle che avrebbe accettato se fosse stata correttamente informata. Tale responsabilità, qualificata come responsabilità da "contatto sociale qualificato", comporta l'applicazione delle regole in tema di distribuzione dell'onere della prova proprie della responsabilità contrattuale, con la conseguenza che il danneggiato deve solo provare la fonte del proprio diritto e l'inadempimento, mentre il convenuto è gravato dell'onere di dimostrare l'esatto adempimento degli obblighi di buona fede, protezione e informazione. Il danno risarcibile è commisurato al maggior aggravio economico subito dal contraente in conseguenza del comportamento scorretto della controparte, quantificato nella differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il valore che il bene avrebbe avuto se fosse stata correttamente rappresentata la sua effettiva condizione.
La responsabilità precontrattuale per interruzione ingiustificata delle trattative sorge solo quando le trattative siano giunte a uno stadio tale da ingenerare nella parte che le invoca un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, che non sussiste quando le parti abbiano previamente concordato un periodo di prova finalizzato a verificare la fattibilità e convenienza del progetto, prima della costituzione della società. Pertanto, l'interruzione delle trattative da parte di uno dei soggetti coinvolti prima della scadenza di tale periodo di prova non integra gli estremi della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., in quanto non può ritenersi ingiustificata, essendo stata espressamente riservata dalle parti nell'accordo preliminare. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza del ragionevole affidamento, deve tenere conto di tutti gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria, senza limitarsi alle sole dichiarazioni rese dalle parti in sede di interrogatorio formale, ma considerando anche le ulteriori prove acquisite, come le testimonianze. L'accertamento di tali presupposti, risolvendosi in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
La violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, previsto dagli artt. 1337 e 1338 c.c., assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto. Pertanto, la responsabilità precontrattuale può sussistere anche quando le trattative siano state portate avanti in modo serio e avanzato, tanto da ingenerare nella parte promittente acquirente la convinzione e l'affidamento sulla conclusione dell'affare, ma la controparte, senza giustificato motivo, abbia interrotto le trattative o omesso di fornire informazioni rilevanti, inducendo la parte a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli. In tali ipotesi, il danno risarcibile comprende non solo le spese sostenute, ma anche la perdita di chances, purché adeguatamente provata. Tuttavia, l'onere della prova del danno effettivamente subito grava sulla parte che lo allega, non potendosi sopperire alle lacune probatorie mediante il ricorso all'equità.
Il recesso ingiustificato dalle trattative contrattuali, giunte a uno stadio avanzato tale da ingenerare nell'altra parte un legittimo affidamento sulla conclusione del contratto, integra una violazione del dovere di buona fede e correttezza di cui all'art. 1337 c.c. e comporta l'obbligo di risarcire il danno emergente, consistente nelle spese inutilmente sostenute in vista della conclusione del contratto, nonché il lucro cessante, limitato al mancato guadagno derivante dalla perdita di altre occasioni contrattuali. Il giudice, nel liquidare il danno, deve tener conto della possibilità di riutilizzo dei beni acquistati dal danneggiato, valutata secondo il principio dell'apprezzabile sacrificio, e può procedere a una liquidazione equitativa ove il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare.
La responsabilità per violazione della buona fede nelle trattative precontrattuali (artt. 1337 e 1338 c.c.) può derivare non solo dalla rottura ingiustificata delle trattative, ma anche dalla conclusione di un contratto invalido o inefficace, oppure valido ma pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto. Tuttavia, laddove una parte si dolga di essere stata danneggiata dall'inadempimento del contraente nella fase esecutiva di un contratto, il titolo della domanda risarcitoria si identifica nella responsabilità contrattuale della parte inadempiente rispetto agli obblighi assunti con il contratto concluso (artt. 1218 e ss. c.c.). Pertanto, la parte attrice su cui grava l'onere della prova (artt. 1218 c.c. e 2697 c.c.), a fronte della contestazione della conclusione del contratto da parte del convenuto, deve provare l'esistenza della fonte negoziale delle obbligazioni contrattuali che assume essere rimaste inadempiute. In assenza di tale prova, la domanda risarcitoria formulata a titolo di responsabilità contrattuale è infondata e deve essere rigettata. Analogamente, la domanda risarcitoria per violazione del diritto d'autore è infondata qualora il disegno progettuale redatto dal professionista non presenti i requisiti di originalità richiesti dalla legge (art. 2 l. n. 633/1941) e risulti simile a forme già presenti sul mercato. Infine, l'azione di arricchimento senza causa (art. 2042 c.c.) può essere valutata solo in via subordinata rispetto all'azione contrattuale, qualora quest'ultima sia rigettata per un difetto del titolo posto a suo fondamento, e non anche nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all'accoglimento.
La rottura ingiustificata delle trattative contrattuali, pur avendo ingenerato nell'altra parte un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, non comporta l'obbligo di concludere il contratto né la possibilità di ottenere una sentenza costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c., ma solo il risarcimento del danno per l'interesse negativo, ovvero delle spese e delle perdite subite per la mancata conclusione del contratto. Tuttavia, qualora la parte che invoca la responsabilità precontrattuale abbia assunto una condotta imprudente e avventata, come il rassegnare le dimissioni dal precedente rapporto di lavoro prima della definitiva conclusione delle trattative, nonostante fosse stata informata della necessità di attendere la definizione del budget aziendale, tale condotta può escludere la responsabilità della controparte e il diritto al risarcimento, in quanto i danni lamentati trovano origine nella scelta personale della parte e non nel comportamento della società.
Il contratto preliminare di compravendita si perfeziona con il concorso della proposta irrevocabile del proponente e dell'accettazione del destinatario entro il termine stabilito. Tuttavia, affinché la proposta possa qualificarsi come irrevocabile ai sensi dell'art. 1329 c.c., è necessario che il termine di irrevocabilità sia distinto e non coincidente con il termine entro cui deve essere concluso il contratto preliminare. Qualora i due termini coincidano, la proposta deve essere qualificata come semplice proposta ai sensi dell'art. 1326 c.c., revocabile dal proponente decorso il termine di efficacia. L'accettazione tardiva, cioè successiva alla scadenza del termine di efficacia della proposta, è inidonea a concludere il contratto preliminare. In assenza di conclusione del contratto preliminare, non può configurarsi alcuna responsabilità precontrattuale del proponente per recesso ingiustificato dalle trattative o per omessa rivelazione di informazioni rilevanti, salvo che non sia provato il ragionevole affidamento della controparte nella conclusione dell'affare e la conoscenza o conoscibilità delle informazioni omesse.
La violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, previsto dagli artt. 1337 e 1338 c.c., assume rilievo in caso non solo di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche di contratto validamente concluso quando, all'esito di un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito, alla parte sia imputabile l'omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso.
Il dovere di correttezza e buona fede oggettiva grava sulla pubblica amministrazione anche prima e a prescindere dall'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, nell'ambito di tutte le fasi del procedimento di evidenza pubblica strumentale alla scelta del contraente. Tale responsabilità precontrattuale può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi condotta successiva che risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e lealtà, a seguito di una valutazione complessiva del comportamento tenuto dall'amministrazione. Affinché sorga la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, è necessario che il privato dimostri: a) l'esistenza di un affidamento incolpevole leso dalla condotta scorretta dell'amministrazione; b) la colpevolezza soggettiva di tale condotta in termini di dolo o colpa; c) il nesso di causalità tra la condotta scorretta e il danno-evento (lesione della libertà di autodeterminazione negoziale) nonché il danno-conseguenza (perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate). La valutazione di tali presupposti deve essere condotta in concreto, tenendo conto di tutti gli elementi caratterizzanti la specifica situazione, senza introdurre aprioristiche limitazioni di responsabilità.
La responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. può configurarsi anche in assenza del raggiungimento di un accordo definitivo, essendo sufficiente che le parti abbiano preso in considerazione gli elementi essenziali del futuro contratto e abbiano instaurato trattative serie e avanzate, tali da ingenerare un legittimo affidamento nella conclusione del negozio. Tuttavia, perché tale responsabilità possa essere affermata, è necessario che la rottura ingiustificata delle trattative sia imputabile a colpa di una delle parti, la quale abbia tenuto un comportamento contrario alla buona fede e alla correttezza, venendo meno agli obblighi di lealtà e di protezione della controparte. Pertanto, la mera interruzione delle trattative, anche in assenza di un accordo definitivo, può dar luogo a responsabilità precontrattuale qualora risulti ingiustificata e lesiva dell'affidamento ingenerato nella controparte, a meno che non sussistano ragioni oggettive e giustificative della rottura, come l'impossibilità di raggiungere un accordo sugli elementi essenziali del contratto. In tal caso, infatti, non può configurarsi alcuna responsabilità precontrattuale, in quanto la mancata conclusione del contratto non è imputabile a colpa di una delle parti, ma all'impossibilità di pervenire a un consenso sugli aspetti fondamentali dell'affare. Inoltre, la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. non è limitata alla sola formazione dei contratti regolati dal Libro Quarto, Titolo Secondo del codice civile, ma può trovare applicazione anche nel caso di trattative finalizzate alla conclusione di atti giuridici unilaterali, come la delibera assembleare di un condominio, laddove tali trattative siano serie e avanzate e la loro rottura risulti ingiustificata e lesiva dell'affidamento della controparte.
La pubblica amministrazione, nell'ambito di procedure di evidenza pubblica per l'affidamento di concessioni di lavori e servizi, è tenuta ad improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza scolpito nell'art. 1337 c.c., omettendo di determinare nella controparte privata affidamenti ingiustificati ovvero di tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati. La violazione di tali doveri di correttezza e lealtà, anche in assenza di un contratto formalmente concluso, può far sorgere una responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, con conseguente obbligo di risarcire il danno-evento, consistente nella lesione della libertà di autodeterminazione negoziale del privato, nonché il danno-conseguenza, rappresentato dalle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate. Tuttavia, l'onere di provare l'esistenza e l'ammontare di tali danni grava sul privato danneggiato, il quale non può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte, ma deve fornire elementi di prova idonei a dimostrare in concreto la sussistenza e la quantificazione del pregiudizio subito. In particolare, il danno da perdita di chance deve essere provato attraverso elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, la sua attuale esistenza, mentre il lucro cessante non è risarcibile nell'ambito della responsabilità precontrattuale, essendo limitato il risarcimento ai soli danni rientranti nell'interesse negativo.
Il rifiuto ingiustificato di concludere un contratto di compravendita, giunte le trattative in stato avanzato, integra una ipotesi di responsabilità precontrattuale per rottura delle trattative, con conseguente obbligo di risarcire i soli interessi negativi, ovvero la diminuzione patrimoniale subita durante le inutili trattative (danno emergente) e la perdita di altre occasioni contrattuali presentatesi durante le stesse (lucro cessante), il cui onere probatorio grava sul danneggiato. Tuttavia, in mancanza di prova del danno effettivamente subito, la domanda di risarcimento deve essere rigettata. Diversamente, le minacce rivolte da una parte all'altra al fine di costringerla a concludere il contratto, pur non integrando ingiurie, possono dar luogo a responsabilità extracontrattuale per danno non patrimoniale, da liquidarsi in via equitativa in relazione alla durata dello stato di ansia reattiva provato, senza che tale danno possa ritenersi totale. Infine, in assenza di espressa pattuizione, il versamento di una somma a titolo di acconto sul prezzo di vendita non può essere qualificato come caparra confirmatoria, ma deve essere restituito alla parte che non ha concluso il contratto.
Il principio di buona fede nelle trattative precontrattuali impone alle parti di comportarsi con lealtà e correttezza, evitando di sfruttare ingiustamente la posizione di vantaggio o di creare aspettative infondate nella controparte. Pertanto, il recesso ingiustificato dalle trattative, dopo che l'accordo è stato sostanzialmente raggiunto e una parte ha già sostenuto spese e adempimenti in vista della conclusione del contratto, integra una violazione dell'obbligo di buona fede ex art. 1337 c.c. e legittima l'incameramento, da parte della parte adempiente, della cauzione versata a titolo di garanzia, nei limiti del concreto pregiudizio subito. Tuttavia, il risarcimento del danno per rottura delle trattative è limitato all'interesse negativo, ossia alle spese sostenute dalla parte adempiente, detratto l'eventuale incremento di valore del bene oggetto del contratto.
Il contratto di compravendita di un bene mobile è risolubile per grave inadempimento del venditore che, al momento della consegna, omette di dotare il bene degli accessori espressamente pattuiti e ritenuti essenziali dall'acquirente, consegnando un bene difforme da quello oggetto di contrattazione e privo delle qualità promesse. In tal caso, l'acquirente ha diritto alla restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale, nonché al risarcimento del danno derivante dalla mancata disponibilità del bene e dagli esborsi sostenuti in relazione a procedimenti giudiziari conseguenti alla circolazione del veicolo, rimasto nella materiale disponibilità del venditore. Le clausole contrattuali che attribuiscono al venditore il diritto di trattenere il deposito cauzionale in caso di inadempimento dell'acquirente sono nulle, in quanto vessatorie e non approvate specificamente per iscritto. Inoltre, la condotta del venditore che, in sede di trattative precontrattuali, fornisce all'acquirente informazioni false o reticenti su elementi essenziali del bene oggetto di compravendita, integra una violazione dell'obbligo di buona fede di cui all'art. 1337 c.c., con conseguente responsabilità precontrattuale.
Il comportamento della parte che, senza giustificato motivo, interrompe le trattative in uno stadio avanzato, ingenerando nella controparte un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, integra una responsabilità precontrattuale ai sensi dell'art. 1337 c.c. Tale responsabilità comporta l'obbligo di risarcire il c.d. "interesse negativo", ossia le spese sostenute dalla parte per la negoziazione andata a vuoto e il danno derivante dalla perdita di occasioni d'affari, nonché il danno non patrimoniale all'immagine commerciale della controparte, qualora tale danno sia provato. Il giudice, nel valutare la sussistenza e la quantificazione del danno risarcibile, deve tenere conto del comportamento complessivo delle parti durante le trattative, del grado di affidamento ingenerato e della proporzionalità tra il danno subito e la condotta scorretta della parte che ha interrotto ingiustificatamente le trattative.
Il principio di buona fede e correttezza nelle trattative precontrattuali impone alle parti l'obbligo di comportarsi lealmente, astenendosi da condotte maliziose o reticenti e fornendo ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. Tale obbligo sussiste non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative, ma anche quando il contratto concluso risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto. Tuttavia, perché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto, che la controparte interrompa senza un giustificato motivo e che, nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento. La valutazione di tali elementi è rimessa al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata. Inoltre, la violazione dell'obbligo di buona fede nelle trattative non determina automaticamente il diritto al risarcimento del danno, essendo necessario che il comportamento scorretto abbia concretamente pregiudicato la funzione economica del negozio concluso. Infine, in materia di spese processuali, l'individuazione della parte soccombente e la decisione sulla loro compensazione sono rimesse al prudente apprezzamento del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, salvo il caso di motivazione illogica o erronea.
La violazione dell'obbligo di buona fede e correttezza nelle trattative precontrattuali, che determina la responsabilità ex art. 1337 c.c., comporta l'obbligo di risarcire il danno emergente, costituito dalle spese sostenute per la partecipazione alle trattative, ma non il lucro cessante, in quanto il danno risarcibile è limitato all'interesse negativo, ovvero alle perdite derivanti dall'affidamento nella conclusione del contratto e dalle altre occasioni contrattuali perdute, senza estendersi al mancato guadagno derivante dal contratto non concluso. Il giudice, pertanto, nel valutare la domanda risarcitoria, deve tener conto di tale principio, liquidando il danno emergente in via equitativa sulla base degli elementi forniti e rigettando la richiesta di risarcimento del lucro cessante.
La responsabilità precontrattuale per violazione del principio di buona fede e correttezza nelle trattative negoziali si configura solo quando siano soddisfatti i seguenti presupposti: 1) l'esistenza di trattative serie e concludenti, giunte a uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; 2) l'interruzione ingiustificata delle trattative da parte della controparte; 3) l'assenza di fatti idonei, anche nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La parte che recede dalle trattative non è tenuta a dimostrare la correttezza del proprio comportamento, ma grava sull'altra parte l'onere di provare la contrarietà a buona fede del recesso. Pertanto, la mera interruzione delle trattative, anche in assenza di un giustificato motivo, non è di per sé sufficiente a configurare una responsabilità precontrattuale, essendo necessario che il recesso sia arbitrario e intempestivo, in violazione dell'affidamento ragionevole della controparte sulla conclusione del contratto. La responsabilità precontrattuale non sussiste quando la parte recedente abbia informato correttamente la controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto, senza omettere circostanze rilevanti, e quando il recesso sia motivato da un giustificato motivo, quale l'esito negativo delle attività istruttorie e di valutazione del rischio da parte dell'istituto finanziatore, anche in presenza di un affidamento iniziale della controparte sulla conclusione del contratto.
La responsabilità precontrattuale sorge solo quando le trattative siano giunte a un livello di serietà e concretezza tale da ingenerare un affidamento nella conclusione del contratto, e il recesso ingiustificato di una parte dalle trattative abbia cagionato un danno all'altra, limitato all'interesse negativo. Il risarcimento del mancato guadagno derivante dalla mancata conclusione del contratto non rientra nell'ambito della responsabilità precontrattuale, ma presuppone la prova di un fatto illecito e del nesso causale tra questo e il danno, nonché la corretta quantificazione del pregiudizio patrimoniale subito. La promessa di una percentuale sul corrispettivo contrattuale, condizionata al buon esito delle trattative e alla conclusione del contratto, non integra un'obbligazione autonoma di pagamento di una provvigione.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La responsabilità precontrattuale, configurabile per la violazione del precetto posto dall'art. 1337 c.c., costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell'iter di formazione del contratto. Pertanto, la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di quest'ultimo devono essere vagliati alla stregua degli artt. 2043 e 2056 c.c., tenendo conto delle caratteristiche tipiche dell'illecito in questione. In particolare, affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che tra le parti siano in corso trattative e che le stesse siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. Inoltre, la violazione dell'obbligo di buona fede e correttezza nelle trattative può configurarsi non solo nell'ipotesi di recesso ingiustificato, ma anche in caso di altri comportamenti maliziosi o reticenti, che impediscano alla controparte di stipulare il contratto. Il danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale è limitato all'interesse negativo, ovvero alle spese inutilmente sostenute nel corso delle trattative e alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, senza ricomprendere il lucro cessante derivante dalla mancata conclusione del contratto. Tuttavia, il riconoscimento degli interessi compensativi, oltre alla rivalutazione monetaria, è possibile solo in presenza di specifica allegazione e prova, da parte del danneggiato, di un ulteriore danno da ritardo nel conseguimento dell'equivalente monetario.
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