Sentenze recenti rottura ingiustificata trattative

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA I Sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Giuseppina Vendemiale ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 300444/2010 promossa da: C.F., (c.f. (...)), elettivamente domiciliata in Terracina, (...), presso lo studio dell'avv. (...), che la rappresenta e difende giusta procura in atti; ATTRICE Contro S.L., (c.f. (...)), elettivamente domiciliata in Terracina, (...), presso lo studio dell'avv. (...) che la rappresenta e difende giusta procura in atti; CONVENUTA Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione, ritualmente notificato, C.F. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Latina, ex sezione distaccata di Terracina, S.L., deducendo che: 1) la convenuta le aveva promesso in locazione il suo appartamento sito in T. alla via delle C. s.n.c. a partire dal 01/04/2010 in quanto, in pari data, avrebbe dovuto rilasciare l'immobile ove abitava; 2) l'appartamento promesso in locazione, tuttavia, era già occupato dal sig. A.M., giusta contratto di locazione stipulato il 24/12/2007 che, con raccomandata a.r., in data 30/12/2008 aveva comunicato di recedere dal contratto con effetto dal 01/07/2009; 3) nel mese di giugno 2009, il sig. M. richiedeva verbalmente alla locatrice una proroga di ulteriori sei mesi per il rilascio dell'immobile, accettata dalla medesima; 4) nel dicembre 2009, però, l'immobile non veniva liberato come pattuito e l'odierna convenuta accordava al suo conduttore ulteriori proroghe verbali nonostante l'impegno assunto; 5) in data 01/04/2010, giorno stabilito per la consegna dell'appartamento, l'immobile di proprietà della convenuta era ancora occupato dal sig. M., nonostante la S. fosse stata formalmente invitata a consegnare le chiavi dell'appartamento promesso in locazione; 6) a causa di tale negligente condotta, aveva subito notevoli disagi, nonché conseguenti danni patrimoniali e non patrimoniali, meritevoli di tutela risarcitoria. Chiedeva, pertanto, l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, accertare e dichiarare l'illegittima condotta posta in essere dalla sig.ra L.S. e per l'effetto condannarla al risarcimento dei danni morali, esistenziali e non patrimoniali che possono quantificarsi in Euro 10.000,00 ovvero nella somma maggiore o minore ritenuta equa e di giustizia, nonché al risarcimento del danno patrimoniale subito dalla stessa per l'intermediazione dell'Immobiliare "C." S.r.l. di T., pari ad Euro 700,00 e al pagamento della somma di Euro 4.320,00 per le spese di ristrutturazione sostenute. Con vittoria di spese, anche generali, competenze ed onorari di lite, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario ex art. 93 c.p.c." Si costituiva in giudizio S.L., contestando la fondatezza della pretesa attorea ed esponendo che: 1) tra le parti non era mai intercorso alcun tipo di rapporto anche solo preliminare finalizzato alla concessione dell'immobile di sua proprietà in locazione alla C., fatta salva una generica disponibilità a valutare l'esistenza delle condizioni per addivenire ad una futura e ipotetica stipula di un contratto di locazione; 2) stante l'inesistenza di un rapporto giuridico intercorrente tra le parti, nessun addebito comportamentale poteva esserle contestato; 3) a tutto voler concedere, la pretesa ex adverso azionata doveva essere qualificata in termini di responsabilità precontrattuale, ex art. 1337 c.c., con conseguente risarcibilità del solo interesse negativo; 4) peraltro, nessuna violazione del canone di buona fede rilevante ex art. 1337 c.c. poteva esserle imputata, essendo a sua volta stata costretta a subire le tempistiche impostele dal conduttore, e dovendosi considerare il ritardo di quest'ultimo nel rilascio dell'immobile quale "giusta causa" determinante il recesso dalle ipotetiche trattative dedotte dalla controparte. Concludeva, pertanto, chiedendo l'integrale rigetto della domanda attorea. C. i termini ex art. 183, 6 comma, c.p.c., la causa veniva istruita mediante interrogatorio formale delle parti e prova per testi, dopodiché, a seguito della soppressione della Sezione Distaccata di Terracina, veniva assegnata al Tribunale di Latina, rinviata per la precisazione delle conclusioni, da ultimo, all'udienza del 6.12.2022, svoltasi mediante modalità di trattazione scritta, e trattenuta in decisione a detta udienza senza concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per comparse conclusionali e repliche, come da concorde richiesta delle parti. C.F. ha agito in giudizio per far dichiarare la responsabilità della convenuta S.L. per essere venuta meno all'impegno assunto di concederle in locazione l'immobile di sua proprietà, sito in T., Via delle C., con condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni subiti. La domanda non merita di trovare accoglimento per le ragioni di seguito esposte. In primo luogo, occorre fornire il corretto inquadramento giuridico al rapporto intercorso tra le parti. Sul punto, viene in rilievo innanzitutto la lettera raccomandata prodotta sub. doc. n. 7 dell'atto di citazione, con cui l'odierna convenuta, in data 13.03.2010, intimava all'allora conduttore dell'immobile, M.A., di liberare l'appartamento entro il termine improrogabile del 31.03.2010, "atteso che l'abitazione già da tempo è stata promessa, nei modi di legge, alla Signora F.C. la quale dall'inizio dell'anno ha pazientato per i diversi rinvii, considerato che dal 1 aprile 2013 dovrà lasciare la casa dove attualmente abita". La suddetta scrittura non è mai stata disconosciuta dall'odierna convenuta, la quale, sentita in sede di interrogatorio formale all'udienza del 25.1.2012, ha confermato di averla inviata ("confermo in particolare il sollecito scritto del 13.3.2010"), così come pure la madre della S., escussa in qualità di teste, ha riconosciuto la firma della figlia apposta in calce alla citata lettera. Tale evidenza documentale deve essere considerata unitamente alle dichiarazioni rese dalle parti e dai testi escussi. La convenuta S., in particolare, ha riferito di non aver assunto alcun impegno formale nei confronti dell'odierna attrice, precisando come quest'ultima avesse intrattenuto rapporti esclusivamente con sua madre, e soggiungendo che a fronte dell'interesse manifestato dalla C. alla locazione dell'appartamento, da parte sua vi era stata una disponibilità a locare l'immobile a cui non aveva tuttavia fatto seguito l'assunzione di alcun preciso obbligo contrattuale. La lettera del 13.3.2010, poi, sarebbe stata inviata anche alla C. "per dimostrare la nostra buona fede nonostante non ci fosse alcun impegno preciso". Tali circostanze sono state confermate dalla teste M.A.V., madre della convenuta, la quale ha riferito di aver avuto dei contatti con la C. ai fini della possibile concessione in locazione dell'immobile una volta che fosse stato liberato dal precedente inquilino. In tal senso ha deposto anche il padre della convenuta, A.S.. Per contro, l'odierna attrice sostiene che, sin a partire dal mese di ottobre 2009, la S. avesse assunto un preciso obbligo nei suoi confronti, avente ad oggetto la locazione dell'abitazione a partire dal 1.4.2010. Alla luce delle citate emergenze istruttorie, a prescindere dal fatto che i rapporti siano materialmente intercorsi direttamente tra la S. e la C. ovvero tra quest'ultima e i genitori della prima, non può disconoscersi che tra le parti fosse stata raggiunta un'intesa quantomeno verbale in ordine alla locazione dell'appartamento da parte della C.. In tal senso depone, soprattutto, il chiaro tenore della lettera raccomandata del 13.3.2010, in cui si faceva espresso riferimento ai pregressi accordi con la C.. Tuttavia, in proposito occorre precisare come, vertendosi in materia di locazione ad uso abitativo, un eventuale contratto preliminare di locazione avrebbe necessitato della forma scritta ad substantiam: tanto si ricava dal combinato disposto dell'art. 1, comma 4, della L. n. 431 del 1998, che impone il requisito della forma scritta per la validità dei contratti di locazione abitativa, e dell'art. 1351 c.c., a mente del quale il contratto preliminare deve rivestire la medesima forma prescritta per il definitivo. Nel caso di specie, non essendo stato comprovata, né tantomeno dedotta, l'esistenza di un accordo scritto in tal senso, deve ritenersi che l'intesa raggiunta tra le parti non fosse ancora assurta al rango di contratto, e che cioè non fosse insorto, in capo all'odierna convenuta, l'obbligo giuridico di sottoscrivere con la C. il contratto di locazione dell'immobile di sua proprietà. Ne consegue che il rapporto intercorso tra le parti deve essere correttamente ricondotto alla fase delle trattative, nell'ambito della quale una eventuale violazione del canone di buona fede, tale da determinarne l'ingiustificata interruzione, può costituire fonte di responsabilità precontrattuale. Ciò posto, in punto di diritto occorre ricordare che, come noto, la responsabilità precontrattuale trova fondamento nell'art. 1337 c.c., il quale impone alle parti di comportarsi secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. È pacifico che l'obbligo sancito dalla citata norma debba essere inteso in senso oggettivo, ossia come obbligo di correttezza, sicché non è necessario, affinché siano integrati gli estremi della responsabilità precontrattuale, che il comportamento della parte sia connotato da una condizione soggettiva di mala fede, consistente nell'intenzione di arrecare pregiudizio alla rispettiva controparte, ma è sufficiente anche una condotta non caratterizzata dal proposito di nuocere, sia essa volontaria o meramente colposa, purché oggettivamente contraria a buona fede. Una delle ipotesi più frequenti in cui la giurisprudenza tende a ravvisare la violazione del dovere precontrattuale di buona fede è rappresentata dal recesso senza giusta causa da trattative che siano giunte ad uno stadio tale da generare nell'altro contraente un legittimo affidamento circa la conclusione del contratto, affidamento che può reputarsi giustificato quando sussistano elementi oggettivi che facciano ritenere serie le trattative, per capacità delle parti, durata e stato della contrattazione e per la considerazione degli elementi essenziali del contratto da concludere. In particolare, come precisato dalla Suprema Corte di Cassazione, "Per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte ad uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l'altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto" (Cass. Civ., Sez. III, 14.3.2022, n. 8119). La responsabilità precontrattuale, peraltro, non è limitata al caso di rottura ingiustificata delle trattative, ma, consistendo l'art. 1337 c.c., in una clausola generale può risultare da ogni comportamento sleale o contrario a correttezza che abbia significativamente inciso sulle trattative. Sotto il profilo della sua natura giuridica, poi, la giurisprudenza prevalente tende a ricondurla nell'alveo della responsabilità aquiliana, con la conseguenza per cui "qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, non grava su chi recede l'onere della prova che il proprio comportamento corrisponda ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull'altra parte l'onere di dimostrare che il recesso esuli dai limiti della buona fede e correttezza" (Cass. Civ., Sez. II, 3.10.2019, n. 24738). Tanto chiarito in diritto, ritiene il Giudicante che nel caso di specie non siano ravvisabili gli estremi di una responsabilità precontrattuale in capo all'odierna convenuta. Innanzitutto, non sussistono elementi idonei a far ritenere che le trattative tra le parti in ordine alla concessione dell'immobile in locazione fossero in uno stadio talmente avanzato da aver ingenerato nella parte attrice il serio e legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto. L'unico dato in tal senso, infatti, è rappresentato dalla già citata lettera raccomandata del 13.3.2010, con cui la S. richiedeva formalmente al conduttore di rilasciare l'immobile in tempi utili da consentire la locazione in favore della C., mentre non risultano documentati scambi di corrispondenza o altri contatti tra le parti tesi a definire modalità e tempistiche di conclusione del contratto di locazione, così come pure non risulta che ne fossero stati concordati gli elementi essenziali. Inoltre, si è già detto che la responsabilità precontrattuale è esclusa qualora sussistano fatti idonei ad escludere il ragionevole affidamento della parte nella conclusione del contratto: nel caso in oggetto, è pacifico che la C. fosse consapevole che, alla data del 13.3.2010 - ossia a distanza di sole tre settimane da quando ella avrebbe dovuto prendere possesso dell'appartamento - l'immobile era ancora occupato dal precedente inquilino, il quale aveva già richiesto svariate proroghe. Ed allora, deve ritenersi che detta circostanza fosse idonea ad escludere, in una persona di ordinaria diligenza, il ragionevole convincimento che il contratto sarebbe stato certamente stipulato entro il 1.4.2010. Peraltro, anche ove si ritenesse che le trattative svoltesi tra le parti avessero effettivamente raggiunto uno stadio avanzato, e che l'attrice avesse maturato un legittimo affidamento nella conclusione del contratto di locazione, non sarebbe comunque riscontrabile una condotta oggettivamente contraria a buona fede, nel senso sopra precisato, imputabile alla parte convenuta. Come rilevato, invero, dalla qualificazione della responsabilità precontrattuale nell'alveo della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., deriva che spetta in capo a chi intende avvalersene l'onere di dimostrare che l'interruzione delle trattative sia dipesa dalla condotta scorretta e contraria a buona fede della controparte. Ebbene, nella fattispecie che ci occupa l'odierna attrice non ha fornito elementi idonei a dimostrare che la mancata stipulazione del contratto di locazione sia stata effettivamente causata dalla negligenza della S.. Per converso, la stessa lettera raccomandata prodotta dall'attrice comprova come la convenuta si fosse attivata per far sì che l'immobile fosse liberato dal terzo a partire dal 1.4.2010 - come poi di fatto avvenuto, a distanza di soli due mesi, in data 10.6.2010 - mentre la circostanza che la S. abbia inteso riconoscere precedenti proroghe verbali all'inquilino non può certamente assurgere a comportamento contrario a buona fede, fonte di responsabilità precontrattuale, in assenza di qualsiasi evidenza da cui sia dato desumere in quale data abbiano avuto avvio tra le parti in causa le trattative per la locazione dell'immobile in questione. Giova altresì precisare come la pronuncia della Corte di Cassazione n. 8671/2017, invocata dall'attrice a sostegno delle proprie pretese, non si attagli al caso di specie. Nella fattispecie sottoposta all'attenzione della Corte, infatti, era stato valorizzato lo scambio di corrispondenza intercorso tra le parti in merito al rinnovo del contratto di locazione, nonché la fissazione di un appuntamento per il rinnovo, a cui aveva fatto seguito l'ingiustificata interruzione delle trattative da parte del locatore. Orbene, nulla di tutto ciò risulta avvenuto nel caso oggetto di interesse in questa sede: - non vi è prova di contatti ed accordi direttamente intercorsi tra le parti in merito alla concessione dell'immobile in locazione all'attrice, al di là della lettera raccomandata, indirizzata dalla convenuta all'inquilino, con cui quest'ultimo veniva invitato al rilascio dell'appartamento onde consentirne la consegna all'attrice; - detta unica lettera, in assenza di qualsiasi altro elemento, non appare di per sé sufficiente a ritenere che le trattative tra le parti fossero pervenute ad uno stadio avanzato, non essendo peraltro emerso né che le parti avessero concordato gli elementi essenziali del contratto né che avessero fissato una possibile data per la stipula del contratto di locazione; - l'odierna attrice era a conoscenza del fatto che l'immobile era ancora occupato dal precedente inquilino, circostanza questa idonea ad escludere il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; - in ogni caso, non risulta comprovato che la convenuta abbia ingiustificatamente receduto dalle trattative o comunque violato il canone di buona fede nella fase di formazione del contratto, essendosi la stessa finanche attivata affinché l'inquilino rilasciasse l'appartamento. Dall'acclarata insussistenza di alcuna responsabilità imputabile all'odierna convenuta discende altresì il rigetto delle pretese risarcitorie avanzate dall'attrice. Alla luce di tutto quanto esposto e considerato, si impone, in definitiva, il rigetto della domanda. Le spese di lite seguono la soccombenza dell'attrice e sono liquidate in dispositivo secondo i criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e successive modifiche. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. rigetta le domande proposte da C.F.; 2. condanna C.F. al pagamento, nei confronti di S.L., delle spese di lite, che liquida in Euro 5.077,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore dell'avv. C.D.A., dichiaratosi antistatario. Così deciso in Latina, il 3 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di XXXXX SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice, dott.ssa Santa Spina, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 2710/2012 promossa da: XXXXXX S.p.A. (già XXXXX), in persona del legale rappresentante pro tempore e Presidente del Consiglio di amministrazione, dott. XXXXXX (C.F. XXXXX), con il patrocinio degli avvocati (...), del Foro di XXXXX e dall'avv. (...) del Foro di XXXXX, ed elettivamente domiciliata presso e nello studio di quest'ultimo sito in XXXXX, (...); ATTRICE nei confronti di XXXXXX S.p.A. (già XXXXXX S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore XXXXXX, (C.F. (...)) con il patrocinio degli avvocati (...) ed elettivamente domiciliata presso e nello studio di quest'ultima, via (...), XXXXX; CONVENUTA OGGETTO: vendita di cose mobili. MOTIVI DELLA DECISIONE La presente sentenza è redatta secondo lo schema contenutistico delineato dagli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., come modificato dalla L. n. 69 del 2009, e quindi, con omissione dello svolgimento integrale del processo ed espressione succinta delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; si premette, quindi, la conoscenza dell'atto di citazione, delle comparse di costituzione e risposta delle parti convenute, delle memorie autorizzate e di tutti gli altri atti e documenti di causa, che qui integralmente si richiamano. Il giudizio approdato qui innanzi ha ad oggetto la domanda proposta da XXXXXX S.p.A. (di seguito XXXXXX), finalizzata ad ottenere l'accertamento dell'inadempimento, da parte di XXXXX S.p.A. (di seguito XXXXX), delle clausole contrattuali sottoscritte, tra le stesse parti, in data 9.03.2007, in forza delle quali XXXXX si obbligava ad acquistare esclusivamente dalla società attrice, un quantitativo minimo annuo di 5.000 kg di prodotto semilavorato, consistente in gocce nipiologiche polivitaminiche, composte da D.A.D.(...)-S, prodotto da XXXXX, garantendosi, quindi, l'esclusivo approvvigionamento del predetto bene su tutto il territorio nazionale, Spagna, Portogallo, Turchia, Cipro e Grecia (cfr. art. 2.2. e 2.3 del contratto) Il contratto, la cui durata pattuita era triennale con facoltà di rinnovi annui, era stato regolarmente eseguito per il primo triennio (2007/2010), per il primo anno successivo al rinnovo (1.03.2010-28.02.2011), e fino al luglio 2011 (secondo rinnovo annuale 1.03.2011-28.02.2012), momento a partire dal quale, inspiegabilmente, a detta dell'attore, XXXXX cessava gli ordini del prodotto oggetto del contratto. L'ultimo ordine effettuato da XXXXX risaliva al 29.02.2012, per un quantitativo di 1.000 kg, effettuato, peraltro, all'indomani della formalizzazione delle contestazioni oggetto del presente giudizio. Secondo quanto riportato nell'atto di citazione, nei primi anni di operatività del contratto, la richiesta di prodotto, da parte della convenuta, aveva sempre superato, fino quasi a triplicarlo, il quantitativo minimo pattuito; l'improvvisa riduzione degli ordini, sommata ad un mancato calo della produzione degli integratori (D.F. e D. k) immessi sul mercato dalla convenuta, la cui componente principale era il bene oggetto del contratto, inducevano l'attrice a convincersi che le ragioni del calo degli ordinativi dovessero rinvenirsi nell'acquisto del D.A. da fornitori terzi rispetto a XXXXXX, con conseguente violazione delle clausole pattizie, da parte della convenuta. Al fine di fugare ogni dubbio in ordine al supposto inadempimento contrattuale di XXXXX, XXXXX inviava - ad una società indipendente - i campioni di prodotto commercializzato dalla convenuta, affinché il laboratorio di analisi ne accertasse la composizione, comparando il prodotto posto a base degli integratori D. e D.F. K, entrambi prodotti da XXXXX, con il DHA Algale prodotto da XXXXX. Gli esiti dell'analisi chimica confermavano la diversa composizione degli integratori e la non corrispondenza del D.A. posto a base della formulazione dei predetti integratori con quello prodotto da XXXXXX. L'odierna ricorrente, pertanto, sulla base delle risultanze della verifica effettuata, in data 25.01.2012, contestava formalmente a XXXXXX l'acquisto di D.A. da altri fornitori e, dunque, la violazione di quanto prescritto dall'art. 2.2. del contratto, chiedendo l'immediata cessazione di produzione di prodotto contenente D.A. non fornito da XXXXXX, in uno alla indicazione dell'esatto quantitativo di prodotto acquistato in violazione del contratto al fine di quantificare il corrispondente danno subito. La ricostruzione degli eventi così come effettuata in citazione dava, inoltre, atto delle lunghe ed intense trattative, esperite tra le parti, volte a rinvenire una bonaria soluzione della vicenda, concretizzatesi nella definizione delle condizioni dell'accordo transattivo che avrebbe dovuto determinare la ripresa dei rapporti commerciali tra le parti e la rideterminazione dei rispettivi obblighi. Tuttavia, le trattative, oramai giunte al momento conclusivo, venivano interrotte da XXXXXX che, per la prima volta - dopo mesi - condizionava la sottoscrizione dell'accordo transattivo alla risoluzione di asseriti problemi relativi alla fornitura di 1000 kg di D.A. consegnati alla attrice in data 2.05.2021, individuati con Lotto n. 1182 e in ordine al quale la convenuta rifiutava di pagare la relativa fattura, nonostante avesse utilizzato e rivenduto sul mercato circa 380 kg di prodotto, oggetto del Lotto n.1182, e chiedeva il ritiro dei restanti 620 kg. In ordine agli asseriti vizi del Lotto predetto, l'attore contestava non solo la genericità della lamentata non conformità del prodotto alle specifiche contrattuali, rimarcando la bontà/conformità del prodotto inviato, ma anche l'illegittimità della richiesta di ritiro in virtù dell'operatività dell'art. 1492 comma 3, c.c. Chiedeva, pertanto, l'accertamento dell'inadempimento contrattuale della convenuta per violazione dell'art. 2.2. del contratto, con conseguente risoluzione dello stesso e condanna di XXXXX al pagamento di Euro 623.462,00 ovvero diverso ammontare, determinato anche in via equitativa. Sempre in via principale, chiedeva l'accertamento della conformità della fornitura Lotto n. 1182 e conseguente condanna al pagamento della convenuta dell'importo della fattura emessa relativamente a detta fornitura, e pari a complessivi Euro 78.164,58. Da ultimo, in via subordinata all'accertamento dell'inadempimento contrattuale per violazione della clausola di esclusiva, parte attrice domandava accertarsi la violazione del principio di buona fede cui le parti devono attenersi nello svolgimento delle trattative, ex art. 1337 c.c., rimettendo la quantificazione dell'eventuale danno al giudice, in via equitativa. Si costituiva la società convenuta negando fondamento ad ogni addebito di responsabilità, sia sotto il profilo dell'an, e quindi dell'inadempimento contrattuale alla stessa ascritto, sia in punto di quantum, in considerazione dell'eccepita mancata allegazione degli elementi costitutivi del danno lamentato. Con riferimento alla asserita responsabilità precontrattuale, XXXXX contestava ogni accusa argomentando di non aver mai, con il proprio comportamento, ingenerato un legittimo affidamento in XXXXX nella conclusione del contratto. Per quel che concerne il lotto n. 1182, la convenuta dava atto di avere provveduto, in data 24 ottobre 2012 all'integrale pagamento di quanto dovuto per la suddetta fornitura, al fine di ridurre il contenzioso tra le parti. Proponeva, poi, due domande riconvenzionali, lamentando l'inadempimento contrattuale di XXXXX in ordine alla fornitura del lotto n. 1182, poiché il prodotto ivi contenuto presentava un aroma differente da quello caratterizzante le precedenti forniture; la suddetta modifica non era stata autorizzata ovvero comunicata alla società convenuta che, in conseguenza della violazione degli obblighi contrattuali, chiedeva condannarsi XXXXXX alla refusione di Euro 23.228,70 (iva inclusa) corrispondenti al valore di 300 kg di prodotto, con immediato ritiro del quantitativo residuale. Infine, XXXXX contestava alla società attrice la violazione dell'obbligo di esclusiva considerato che, prima della scadenza quinquennale della clausola di esclusiva, altra società aveva iniziato a commercializzare, in Italia, un prodotto contenente D.A. (...), lamentando, pertanto, un ingente danno patrimoniale; chiedeva, quindi, previo accertamento dell'inadempimento di cui innanzi, la condanna di XXXXXX al pagamento di Euro 1.857.286,21, calcolato moltiplicando il giro d'affari annuo generato dalla produzione dei tre prodotti contenenti D.A. (Euro 371.457,24) per 5 anni. L'istruttoria si risolveva nell'acquisizione dei documenti versati in atti dalle parti, nell'assunzione delle prove orali ammesse, nell'espletamento di una CTU, chiesta da parte attrice, volta ad accertare quale fosse la materia prima utilizzata per la fabbricazione dell'integratore "D. forte K lotto 11EP" e ad accertare, tramite l'analisi di un campione del lotto 1182, la corrispondenza dello stesso alle schede tecniche convenzionalmente concordate tra le parti, nonché da ultimo nell'esibizione della documentazione contabile, chiesta dalla parte convenuta, ex art. 210 c.p.c. in capo a XXXXXX, XXXXXX s.r.l., XXXXX S.p.a., atta a dimostrare l'asserita violazione della clausola di esclusiva in capo a XXXXX. Acquisite le conclusioni di cui ai rispettivi atti introduttivi, riassunti nei fogli di precisazione delle conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. e, all'esito di una remissione sul ruolo, decisa per il tramite della presente sentenza. Prima di entrare nel merito della disamina, si rende necessaria una seppur breve precisazione in ordine alla natura giuridica del contratto sottoscritto tra le parti, anche alla luce dei dubbi interpretativi sollevati in ordine alla qualificazione dello stesso in termini di contratto di somministrazione (secondo la tesi di parte attrice) ovvero di contratto di appalto (secondo l'impostazione di parte convenuta), la cui differenza non rileva soltanto ai fini terminologici, ma anche (e soprattutto) in ordine al regime giuridico applicabile nell'uno ovvero nell'altro caso. In tema di interpretazione del contratto, il principio "in claris non fit interpretatio" rende superfluo qualsiasi approfondimento interpretativo del testo contrattuale, quando la comune intenzione dei contraenti sia chiara. Nel caso di specie, il già chiarissimo elemento letterale del contratto, integrato con gli ulteriori criteri di interpretazione tra cui lo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e, quindi, la relativa causa concreta, depongono per l'inquadramento del "pactum" nell'alveo del contratto di somministrazione. (cfr. Cass. n.15707/2021; Cass. sentenza n.6675/2018; Cass. n.11295/2011). Si rileva, inoltre, che l'interpretazione del contratto riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione (Cass. n.22343/2014); il sindacato di legittimità può avere cioè ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì, unicamente l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti al medesimo riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto. Nel caso di specie, emerge con evidenza che le parti hanno inteso dar vita ad un contratto di somministrazione, non già in base al nomen allo stesso attribuito (ndr. contratto di fornitura) ma in forza della volontà concreta delle parti, che traspare dall'intero contratto, di dare prevalenza alla consegna periodica del bene oggetto dell'accordo, e quindi causa concreta del contratto, rispetto all'erogazione di un servizio, latu sensu inteso. Ferma, quindi, la qualificazione del contratto, in termini di contratto di somministrazione, occorre stabilire se vi sia stato da parte della convenuta, XXXXXX, l'inadempimento contrattuale per violazione del patto di esclusiva. Nell'ambito delle controversie relative a rapporti obbligatori, ed alle connesse domande di adempimento o risoluzione, costituisce approdo giurisprudenziale indiscusso, ai fini del riparto dell'onere della prova, il dictumin base al quale "colui che agisce per la risoluzione per inadempimento debba provare la fonte negoziale del suo diritto, potendo poi limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, che a sua volta sarà onerata della prova dell'avvenuto adempimento o di cause giustificatrici del mancato adempimento" (cfr. ex multis Cass. ord. n.13695/2019). Dall'esame degli atti e documenti di causa, emerge con tutta evidenza la fonte negoziale dell'obbligazione dedotta dall'attore, ovvero il contratto di fornitura sottoscritto dalle parti, in forza del quale la XXXXX si obbligava ad acquistare esclusivamente da XXXXX, e in un quantitativo minimo di 5.000 kg annui, il prodotto semilavorato denominato D.A. poi (essa XXXXX) poneva a base della produzione degli integratori alimentari commercializzati. L'attore, oltre alla fonte contrattuale ha dedotto in ordine all'inflessione del quantitativo di bene acquistato da XXXXX nel corso del 2011, evidenziando come, da una media di acquisti pari a quasi il triplo del quantitativo minimo imposto dall'art. 2.3. del contratto, la società convenuta aveva, poi, ridotto drasticamente gli ordini, fino ad arrivare, nel luglio 2011, alla cessazione degli ordinativi, nonostante: i) la piena ed incontestata operatività del contratto; ii) l'assenza di contestazioni formali volte a sospenderne ovvero limitarne l'esecuzione; iii) l'assenza di riduzione e/o arresto della produzione degli integratori commercializzati da XXXXX aventi quale "ingrediente principale" il D.A.. A ciò si aggiunga che, lo svolgimento dell'istruttoria, ed in particolare l'espletamento della prova testimoniale, ha evidenziato come la società convenuta, nel 2011, e quindi in piena operatività del contratto de quo, abbia acquistato D.A. da altri fornitori, in particolare dal XXXXX. Nello specifico, l'escussione del teste Dott. XXXXXX, direttore di stabilimento di XXXX, ha confermato la circostanza che tra i fornitori della XXXX vi era XXXX, dal quale XXXX ha acquistato, "probabile che fosse il 2011", il D.A. "e forse è stato acquistato per delle prove per i nostri clienti" (cfr. verbale di udienza del 28.05.2014) La dichiarazione anzidetta dà forza e riscontro alla documentazione prodotta da parte attrice (cfr. doc. 21 allegato all'atto di citazione) relativa ad una e-mail inviata, dalla società convenuta ad XXXX s.r.l., con la quale XXXX si professava interessata all'acquisto del D.A.. La mail ora menzionata risale al giugno 2012, allorquando il contratto de quo, con ogni sua connessa statuizione e prescrizione, era valido ed efficace. Non revocabile in dubbio come l'onere della prova incombente sulla parte attrice sia stato assolto: risulta, infatti, provato che la società convenuta, da un lato abbia ridotto notevolmente gli ordini di D.A., e dall'altro che, la stessa abbia acquistato, il prodotto oggetto del contratto di fornitura sottoscritto, da altri fornitori. D'altro canto, giova osservare che la stessa XXXXX ha confermato la riduzione degli ordini di D.A. contestata dall'attrice, imputandone la causa ad un minor consumo di semilavorato per il confezionamento degli integratori, nonché alla variazione della formula (più concentrata) del prodotto, che ha ridotto la richiesta dell'integratore sul mercato. Con riferimento, invece al contestato acquisto di D.A. da fornitori terzi rispetto a XXXXX, all'indomani dell'escussione del teste XXXXX ancora una volta, la stessa convenuta a confermare di aver acquistato il prodotto da soggetti diversi dall'attrice, precisando, tuttavia, che l'acquisto effettuato nel 2011 era destinato allo svolgimento di non meglio precisate prove per i clienti e non anche alla commercializzazione. Per quel che concerne le ragioni dedotte dalla convenuta a sostegno della riduzione degli ordini e, quindi, del mancato rispetto dei termini contrattuali, occorre rilevare come le stesse non abbiano alcun pregio, ovvero effettiva incidenza causale "scusante", atteso come il cambio di formulazione degli integratori, ovvero la sostituzione di alcuni integratori con altri e, da ultimo, la riduzione della capienza del flacone, sono, tutte, il portato di scelte imprenditoriali che, in quanto tali, l'ordinamento riconosce e tutela nella misura in cui le stesse non si pongano in contrasto con degli obblighi contrattuali precedentemente assunti e con il generale dovere giuridico di bona fede e correttezza. Infatti, se pur vero che l'iniziativa economica libera e legittima, la società convenuta, nel rispetto degli obblighi assunti, avrebbe dovuto rendere edotta XXXXX delle mutate esigenze commerciali nel rispetto dell'obbligo di reciproca lealtà di condotta, laddove, invero, le dedotte "giustificazioni" trovano solo nel presente giudizio il loro terreno di elezione. La giurisprudenza più recente ha chiarito che la violazione dell'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza esprime un generale principio di solidarietà sociale che, in ambito contrattuale, deve presiedere in ogni fase del contratto, dalla genesi sino all'esecuzione, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto stabilito espressamente dalla legge. Quanto, invece, alla confermata circostanza dell'acquisto di D.A. da parte della convenuta da fornitori diversi da XXXXXX, sull'assunto legittimante del "motivo" dell'acquisto, ovvero delle "prove per dei clienti" in luogo della commercializzazione, occorre evidenziare come la lettera del contratto non imponga alcuna differenziazioni di sorta in ordine al motivo dell'acquisto, il patto di esclusività inerisce l'acquisto di D.A. indipendentemente dall'uso che la convenuta XXXXX ne avrebbe potuto fare. Va da sé, quindi, che le argomentazioni della convenuta sul punto sono destituite di qualsivoglia fondamento logico oltre che giuridico. Sul punto deve ulteriormente osservarsi come le risultanze della CTU, volte ad individuare quale fosse la tipologia di olio algale componente l'integratore Ditrevi Forte K, non hanno raggiunto il risultato per il quale la consulenza era stata ammessa, posto che "in mancanza di evidenze della metodologia di campionamento, in base alle analisi fornite ed alle specifiche tecniche, vista la mancata separazione della componente saponificabile, e dato che non è possibile ripetere tali analisi, o basarsi su altri parametri, si ritiene che le analisi non possano fornire prova sufficiente per affermare che i due oli siano diversi tra loro. Si può viceversa desumere che molto probabilmente si tratta della stessa materia prima." (cfr. pag 6 CTU) Atteso il carattere non dirimente della CTU e la mancata acquisizione di elementi necessari e dotati di quel grado di evidenza tecnica e/o scientifica richiesti per il riscontro della verdicità dei fatti documentati dalle parti, le risultanze ivi contenute non potranno porsi legittimamente a fondamento della domanda (cfr. Cass. n.31886/2019) Acclarato l'inadempimento della convenuta XXXXX per violazione della clausola di esclusiva, che "nell'ambito del regolamento negoziale cui afferisce assume grande rilevanza poichè incidente direttamente sull'equilibrio sinallagmatico, innegabile come la violazione di detta clausola sia da sola idonea e sufficiente a titolare la risoluzione del contratto" (cfr. Tribunale di XXXXX, sez. V, 17/01/2019, n.425). Nei contratti a prestazioni corrispettive, alla risoluzione per inadempimento si accompagna, conseguentemente, il diritto per il contraente fedele, al risarcimento del danno, non limitato all'interesse negativo (id quod interest contractum non fuisse), ma esteso all'interesse positivo (quantum lucrari potuit). Ai fini del risarcimento del danno patrimoniale da inadempimento, deve essere in concreto fornita la dimostrazione dell'esistenza del pregiudizio lamentato ed il diretto nesso causale con la condotta illecita. Deve, pertanto, escludersi che il giudice possa fare ricorso alle presunzioni in mancanza della allegazione e della prova di circostanze di fatto gravi univoche e concordanti dalle quali desumere il danno nella sua effettività e in ordine al "quantum" (Cass. n.24140/2007). Il danno patrimoniale da mancato guadagno concretandosi nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell'utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità e non di mera possibilità, il creditore avrebbe conseguito, di modo che, deve escludersi per i mancati guadagni meramente ipotetici, e dipendenti da condizioni incerte (Cass. n.2018/25160). Nel caso di specie, la parte attrice ha puntualmente dedotto di aver subito un danno patrimoniale, a causa del mancato profitto che avrebbe realizzato in forza del comportamento conforme a buona fede - ed alle clausole pattizie - della convenuta XXXXX. Il suddetto danno è stato parametrato sulla base del margine operativo lordo per kg, moltiplicato per il quantitativo di prodotto che XXXXX avrebbe ragionevolmente acquistato nel biennio di riferimento, ovvero dal 01 marzo 2011 al 28 febbraio 2013, ricavato dalla media degli acquisti effettuati nei quattro anni precedenti. A sostegno della quantificazione del danno lamentato l'attore ha depositato la relazione di valutazione a firma del dott. XXXXXX. Sul punto, si osserva come parte convenuta non ha contestato validamente e puntualmente la quantificazione del danno lamentato da parte attrice, atteso come nella comparsa di costituzione e risposta, in ordine al danno, la società convenuta non ha preso una posizione chiara ed analitica sui fatti costitutivi del diritto fatto valere e specificamente indicati dall'attrice, ma si limitata con clausola di mero stile ad asserire che "Controparte nulla prova sull'an e sul quantum né tramite i documenti prodotti in atti, né tramite le dichiarazioni e la ricostruzione dei fatti operata". (cfr. pag. 17 della comparsa di costituzione e risposta). La conseguenza è che tali fatti debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova in ossequio del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. (Cass. n. 26908/2020; Cass. ordinanza n.31837/2021). Venendo alla disamina dell'inadempimento relativo al Lotto n. 1182, il cui accertamento posto a base sia della domanda di parte attrice, volta al riconoscimento del preteso diritto al pagamento della relativa fattura n.(...) (ridotto al soli interessi moratori per effetto dell'intervenuto pagamento della fattura in corso di causa), sia della domanda riconvenzionale formulata da XXXXX, volta ad ottenere la condanna dell'attrice al pagamento della somma di Euro 23.228,70, corrispondente alla somma pagata dalla convenuta per 300 kg di semilavorato asseritamente fornito da parte attrice e viziato, in uno al ritiro del relativo quantitativo giacente. Sul punto, deve osservarsi che la società convenuta, nella prima delle due domande riconvenzionali avanzate, contesta la non conformità della merce contenuta nel Lotto n. 1182, rispetto agli standard quantitativi convenuti e, in particolare, la differenza sostanziale di gusto ed aroma dei 1000 kg consegnati rispetto a quello caratterizzante i precedenti ordini, ragione per la quale, dopo aver effettuato, in corso di causa, il pagamento dell'intero importo indicato nella fattura n.(...), ha chiesto al Tribunale la refusione del prezzo corrispondente al quantitativo invenduto (300 kg) e all'immediato ritiro dello stesso. Preliminarmente, si dà atto che le eccezioni di tardività sollevate dalla convenuta, sono inconferenti ed infondate posto che la società attrice, nel primo termine utile, ovvero alla prima udienza di comparizione ha formalmente contestato, chiedendone il rigetto, le domande riconvenzionali avanzate dalla convenuta. Sulla eccepita non conformità della merce, inoltre, deve darsi atto che la CTU, cui era stata demandata la verifica della corrispondenza delle caratteristiche del campione del lotto 1182 alle schede tecniche concordate tra le parti, ha avuto esito negativo, nella misura in cui "in assenza di metodi scientifici che possano confermare il tipo di aroma concordato, non stato possibile effettuare un'indagine analitica comprovante sul campione lotto 1182." (cfr. pag. 8 della CTU). Orbene, sulla questione rileva la disciplina dei vizi della cosa venduta, e precisamente la disciplina codicistica, non rivestendo la convenuta la qualità di consumatore. Dall'esame della documentazione prodotta agli atti, emerge quale fatto non contestato la consegna del Lotto predetto in data 02.05.2012, cui è seguita la contestazione degli asseriti vizi in data 14.05.2012, da parte di XXXXX. Per quel che concerne l'onere della prova dei vizi della merce consegnata deve darsi atto che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, invertendo il precedente orientamento, hanno stabilito che "la garanzia per i vizi della cosa venduta non costituisce un'autonoma obbligazione negoziale, ovvero che il venditore non ha l'obbligo di consegnare un bene immune da vizi. L'obbligazione del venditore si risolve, quindi, unicamente nella consegna della cosa oggetto del contratto e non nel modo di essere della stessa, avendo, tuttavia, il venditore l'obbligo di garantire l'acquirente in caso di vizi, nonchè di indennizzarlo per non aver potuto conseguire il risultato traslativo promesso di cui al contratto. Da ciò deriva che la consegna di merce viziata non costituisce inadempimento (o più correttamente, inesatto adempimento) di una obbligazione del venditore, come precedentemente affermato e, quindi, non può trovare applicazione la disciplina della prova relativa all'inadempimento contrattuale dovendosi, invece, far riferimento ai principi generali sulla ripartizione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. e quindi, in ossequio ai medesimi, sarà l'acquirente a dover provare l'esistenza dei fatti posti a fondamento della propria pretesa, di risoluzione o di modificazione (quanto al prezzo) del contratto di compravendita, e perciò egli sarà tenuto a dimostrare l'esistenza del vizio quale fatto costitutivo (presupposto) dell'azione di garanzia (prova positiva). (cfr. Cass. SSUU, 3 maggio 2019, n.11748) La Corte ha, altresì, precisato che tale approccio è anche più rispettoso del principio di prossimità della prova, in quanto la prova dell'esistenza del vizio più vicina al compratore atteso che, dopo la consegna, è costui che ha la materiale disponibilità del bene oggetto di vendita e che, quindi, può agevolmente accertare l'esistenza del vizio stesso; in caso contrario, infatti, il venditore sarebbe gravato dalla (difficile, se non impossibile) prova negativa di aver consegnato un bene (peraltro ormai non più nella propria disponibilità) privo di vizi. Riparametrando quindi, l'onere della prova in capo alla società XXXXX, nel corretto terreno di elezione, ovvero l'art. 2967 c.c., non può, lo stesso, ritenersi validamente assolto; la società convenuta, infatti, si limitata alla mera allegazione dell'asserito fatto, ovvero vizio della res vendita, senza esporre rilevanza ed idoneità dimostrative atte a fondare il successivo convincimento del Giudice. E' del tutto carente, da parte della convenuta, l'esistenza del danno, del difetto, nonchè la correlazione causale che deve necessariamente sussistere tra il difetto ed il danno subito. Ne consegue, quindi, che la richiesta di riduzione del prezzo per asseriti vizi della cosa venduta è priva di fondamento. Di contro, deve riconoscersi il diritto di parte attrice a vedersi riconosciuti, gli interessi moratori disciplinati dal D.Lgs. n.231 del 2002, in relazione ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Nel caso de quo, infatti, la corresponsione degli interessi moratori è prevista ex lege, per il mero ritardo nel pagamento; gli interessi di cui innanzi andranno calcolati su base giornaliera ad un tasso che è pari a quello di riferimento maggiorato di otto punti percentuali. Atteso come la decorrenza degli interessi sia automatica, senza necessità della costituzione in mora, gli stessi andranno calcolati dal giorno successivo alla scadenza del termine pattuito per il pagamento. Per quel che concerne la refusione dei costi sostenuti dall'attrice per il recupero della somma oggetto di fattura, invece, si rileva il mancato assolvimento dell'onere della prova, spettante in capo all'attrice, dell'effettività dei costi sostenuti (id est, trattasi di costi richiesti e non documentati) e, per l'effetto, la relativa domanda non può essere accolta. In ordine, invece, alla domanda di parte attrice volta ad accertare la responsabilità precontrattuale di XXXXXX per violazione dei doveri di correttezza e buona fede, ex art. 1337 c.c., la stessa deve ritenersi fondata e, pertanto, meritevole di accoglimento. Dalla ricostruzione degli accadimenti operata dall'attrice, ed in parte confermata dalla società convenuta, emerso come, all'indomani della riscontrata violazione dei termini contrattuali relativi al rispetto del quantitativo minimo annuo di beni da acquistare e la convinzione dell'ulteriore violazione del patto di esclusiva, le parti hanno intavolato delle trattative tese a dirimere la controversia originata dalla condotta di XXXXX che, tuttavia, non si sono concretizzate, a causa - sempre in base a quanto riportato dalla attrice - del repentino ed illegittimo "ripensamento" della convenuta. È proprio il repentino ed ingiustificato recesso dalle trattative da parte di XXXXX a costituire presupposto legittimante l'ipotesi di responsabilità precontrattuale. Se, da un lato, il nostro ordinamento non impone un obbligo a contrarre, ciò che rende il comportamento della società convenuta censurabile l'aver indotto l'altra parte a fare affidamento sulla conclusione del contratto. Esaminando lo scambio di mail intercorso tra le parti, è oltremodo incontrovertibile che la società attrice abbia avanzato delle precise opzioni transattive, volte non solo alla generica definizione delle controversie insorte, ma alla stipula di una nuova e precisa regolamentazione dei rapporti, ed intese, tra le parti. In data 21.03.2012, il legale rappresentante dell'allora XXXX (oggi XXXXX) in risposta alle osservazioni di XXXXX ha esplicitato le determinazioni della società, dal medesimo rappresentata, in ordine all'opzione contrattuale n.2, specificando, nella successiva mail del 27.03.2012, i correttivi da apportare al fine di addivenire alla sottoscrizione del contratto. La condotta posta in essere dalla convenuta è stata causalmente diretta ad ingenerare nella controparte il ragionevole affidamento alla conclusione dell'accordo, cui conseguito un ingiustificato recesso dalle trattative, comunicato a distanza di tre mesi (5 giugno 2012) e mediante formula tanto generica quanto contraddittoria ed immotivata "la proposta formulata da XXXXX non presenta alcun vantaggio per XXXXX". A nulla valgono le doglianze ed eccezioni avanzate dalla convenuta XXXXX nei propri scritti difensivi, posto che emerge per tabulas non già la volontà della convenuta ad addivenire - in maniera generica - ad una eventuale ipotesi transattiva, ma la determinazione del legale rappresentante di XXXXXX di definire la controversia prescegliendo tra le varie opzioni proposte, quella specifica indicata convenzionalmente come "opzione 2", che stata oggetto di disamina, tanto da indurre il medesimo legale rappresentante a chiedere "un'unica modifica alla sua ultima proposta". Ne consegue che, il comportamento assunto dalla società convenuta, oltre ad esplicitare il consenso alla definizione transattiva, rispecchia interamente quel comportamento affidante ad ingenerare il legittimo affidamento, nella controparte, alla imminente conclusione dell'accordo. Si rammenta, inoltre, che l'accertamento dei presupposti del recesso ingiustificato delle trattative, quale species della responsabilità precontrattuale, è rimesso al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (Cass. n.7545/2016). Per quel che concerne la quantificazione del danno connesso alla violazione degli obblighi di buona fede e correttezza nelle trattative, ed, in particolare, nei casi di rottura ingiustificata delle trattative, il soggetto avrà diritto (risultati provati l'esistenza del fatto lesivo (l'interruzione ingiustificata delle trattative), che il fatto lesivo è stata causa del danno lamentato e una sorta di causalità economica, oltre che giuridica, vale a dire la relazione fra il fatto lesivo e le conseguenze negative ad esso attribuibili con ragionevole certezza) al risarcimento del danno consistente nelle spese inutilmente affrontate oltre che della perdita di altre e più favorevoli alternative contrattuali (Cass. n. 1453972004; Cass. n. 1632/2000). Con riferimento al quantum, la parte attrice ha chiesto la condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 560.000,00, quale quantificazione del danno da mancato guadagno, corrispondente a quanto la stessa avrebbe realizzato in seguito del mancato accordo transattivo, moltiplicando il margine operativo lordo per kg, con il quantitativo che la XXXXXX avrebbe dovuto acquistare. La società convenuta non ha eccepito alcunché in ordine alla quantificazione del danno paventata dall'attrice, e pertanto, in applicazione del principio di non contestazione, la predetta determinazione deve porsi a base della decisione. Da ultimo deve procedersi alla disamina della seconda domanda riconvenzionale promossa da XXXXXX ed avente ad oggetto il contestato inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di fornitura sottoscritto, per avere l'attrice violato il patto di esclusiva a suo carico. A ben notare l'art. 2.2. dell'oramai noto contratto, prevede l'obbligo di esclusiva, in capo alla attrice, di fornire il prodotto ad XXXXX (ora XXXXX) su tutto il territorio nazionale, Spagna, Portogallo, Cipro Grecia e Turchia, condizionato al raggiungimento dei minimi annui di acquisto indicati al punto 2.3. (cfr pag. 2 del contratto "XXXXX si obbliga ad effettuare ad XXXXX la fornitura del prodotto...qualora XXXXXX raggiunga i minimi annui di acquisto"). La società convenuta nella comparsa di costituzione e risposta eccepisce la violazione del suddetto obbligo in quanto, a far data dalla fine del 2011, XXXXXX avrebbe fornito il prodotto oggetto del contratto a soggetti terzi. A fondamento di quanto sostenuto, evidenza che la società XXXXX S.p.A. aveva iniziato a produrre ed immettere sul mercato un prodotto contenente D.A.D.(...)-S. Nella memoria ex art. 163, VI comma, n.2, la convenuta, inoltre, evidenzia come la violazione del predetto patto di esclusiva, da parte di XXXXX, risalirebbe al maggio 2011 - sempre, quindi, in piena vigenza dell'operatività del contratto tra le parti - allorquando l'attrice avrebbe fornito il D.A. alla società spagnola XXXXXX SL. Orbene, dall'istruttoria espletata, ed in particolare a seguito del deposito della documentazione richiesta ex art. 210 c.p.c. in capo alle società terze XXXXX S.p.A. e XXXXX SL, non sono risultate evidenze di transazioni commerciali tra queste e la società attrice. Inoltre, con riferimento alla sola XXXXX S.p.A. il documento n.31 allegato al fascicolo di parte convenuta pone agli atti una dichiarazione della predetta società, datata 03.09.2012, che afferma incontrovertibilmente che il prodotto dalla stessa immesso sul mercato, contenente D.A., non è stato acquistato da XXXXX. Quanto all'onere di esibizione assolto da XXXXX, non possono ritenersi condivisibili le eccezioni di parte convenuta, in ordine all'asserito inadempimento della attrice per non aver prodotto la documentazione attestante la vendita a terzi del D.A.. Per giurisprudenza costante, allorchè i fatti da provare siano negativi, ciò non determina l'inversione dell'onere probatorio, ma importa solo che la prova debba essere data mediante la dimostrazione dei fatti positivi contrari (Cass. 9 giugno 2008, n. 15162). Con la locuzione fatti negativi si intendono fatti che si assume che non siano avvenuti e cioè fatti non accaduti, e, quindi, "non fatti". È per questo che non possibile fornire la prova degli stessi, poiché non possibile dare la dimostrazione di un "non accadimento". Ciò che (si assume che) non è accaduto può essere provato solamente mediante presunzioni: il "non accadimento", difatti, non può essere che desunto, e ciò derivato. E poiché le presunzioni, ai sensi dell'art. 2727 c.c., sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato, è gioco-forza ritenere che la prova del fatto negativo" dev'essere data con la prova di un fatto positivo contrario poiché questo, con la sua certezza, importa, appunto per presunzione, che debba desumersi il "fatto negativo".(Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 01 febbraio 2018, n. 2527). Nel caso di specie, l'attrice ha provato, mediante produzione di fatti positivi contrari (rectius fatture emesse nei confronti della sola convenuta) l'insussistenza dell'addebito asserito nei propri confronti di violazione del patto di esclusiva, che esaminato unitamente agli altri riscontri probatori, consente di addivenire al rigetto della domanda riconvenzionale, così come proposta perché infondata. Da ultimo occorre mettere in luce la circostanza, debitamente pattuita tra le parti nell'ultimo comma dell'art. 2.2, della automatica inoperatività della clausola di esclusiva, in capo all'attrice, nel caso in cui l'azienda produttrice XXXXXX, estenda la commercializzazione, in Italia, del DHA algale, ad altri soggetti. Sulla base di detta clausola contrattuale, infatti, la pattuita clausola di esclusività è automaticamente non rinnovabile, qualora - non per fatto imputabile all'attore - la società produttrice del principio attivo, poi lavorato e commercializzato da XXXXX, decida di estendere a soggetti terzi la commercializzazione del prodotto. È lapalissiana, nonché condivisibile la scelta pattizia di non imputare alla responsabilità dell'attrice l'eventuale scelta dell'azienda "madre" di estendere a terzi la commercializzazione, sul territorio italiano, del D.A., non avendo, la società attrice alcuna responsabilità in ordine al predetto evento. L'infondatezza della domanda riconvenzionale nei termini e per le ragioni sopra viste esonerano chi scrive dall'affrontare le richieste di risarcimento, avanzate dalla convenuta. Ogni ulteriore questione resta assorbita nella motivazione di cui sopra. Le spese di lite, ivi comprese quelle di CTU (liquidate come da verbale del 17.03.2016 e da separato decreto del 7.07.2017) seguono la soccombenza a norma dell'art. 91 c.p.c., e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 147 del 2022 (secondo lo scaglione di valore 1.000.001-2.000.000, valori medi, avuto riguardo alle quattro fasi di giudizio). P.Q.M. Il Tribunale di XXXXX, nella persona della dott.ssa Santa Spina, in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da XXXXX S.p.A. (già XXXXX), in persona del legale rappresentante pro tempore così provvede: ACCERTA E DICHIARA l'inadempimento della XXXX S.p.A. (già XXXXX s.r.l.), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, del patto di esclusiva (e di tutti gli obblighi e oneri conseguenti) previsto dall'art. 2.2 del contratto sottoscritto con XXXXXX S.p.A. in data 9.03.2007 (tacitamente rinnovato alle scadenze pattuite), e, per l'effetto, accertata, altresì, la gravità dell'inadempimento, DICHIARA risolto l'or ora menzionato contratto di fornitura (sottoscritto tra esse parti in data 9.03.2007, tacitamente rinnovato alle scadenze pattuite, per inadempimento della XXXXX S.p.A. (già HXXXX. s.r.l.)), CONDANNA XXXXX S.p.A. (già XXXXX s.r.l.), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di XXXXX S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, della somma di Euro 623.462,00, oltre interessi, a titolo di risarcimento dei danni conseguenza diretta ed immediata dell'inadempimento; CONDANNA XXXXX S.p.A. (già XXXXX s.r.l.), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di XXXXX S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento degli interessi di mora dovuti calcolati sull'importo indicato nella fattura n. (...), dal giorno successivo alla scadenza pattuita al saldo; RIGETTA per le ragioni di cui in parte motiva, la richiesta di refusione dei costi sostenuti da XXXXX S.p.A. per il recupero delle somme relative alla fattura n. (...). ACCERTA, altresì, la violazione da parte della convenuta XXXXXX S.p.A., della violazione del dovere di buona fede oggettiva e correttezza nella fase delle trattative volte a dirimere la controversia insorta e a determinare un nuovo assetto negoziale, e, per l'effetto, DICHIARA ingiustificato il recesso di XXXXX S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, dalle anzidette trattative, CONDANNA XXXXX S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni conseguenti alla violazione dell'art. 1337 c.c., quantificati in Euro 560.000,00, oltre interessi dalla data della presente sentenza al saldo. RIGETTA istanze, tutte, e domande riconvenzionali avanzate da XXXXX S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore. CONDANNA XXXXX S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore al rimborso delle spese di lite in favore di XXXXX S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore, (spese) che si liquidano in Euro 37.951,00 per compensi professionali, oltre spese generali (15% sul compenso totale), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge. PONE DEFINITIVAMENTE a carico della XXXXX S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore le spese di CTU così come liquidate nel verbale d'udienza del 17.03.2016 e nel separato decreto del 7.07.2017 e, quindi, CONDANNA XXXXX S.p.A. in persona del suo legale rappresentante pro tempore alla refusione in favore di parte attrice di quanto eventualmente dalla stessa (parte attrice) corrisposto a tale titolo. Così deciso in Pisa, il 30 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 30 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PRATO in persona del giudice istruttore, dott. Michele Sirgiovanni, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta a ruolo il 9 marzo 2021 e segnata al n. 665/2021 del Ruolo Generale, promossa da: (...), in proprio, nato a F. il (...) e residente in (...) (P.), Via di (...) n. 1 rappresentato e difeso dall' Avv. Ma.DI. del Foro di Prato ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Prato, Via (...), come da procura in calce all'atto di citazione; Fax: (...) Pec: [email protected] Attore Contro (...), nato a F. il (...), residente a (...) in Via (...) J. n. 4, c.f. (...), rappresentato e difeso dall'Avv. St.LE. del Foro di Prato ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Prato Via , giusta procura allegata alla comparsa di risposta: Fax (...) Pec: (...) ASSOCIAZIONE (...), in persona del legale rappresentante pro tempore dott. (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.NA. ed elettivamente domiciliata nel suo studio in Prato, Viale (...), come da procura alle liti allegata alla comparsa di risposta; Pec: (...) E (...) SOCIETÀ COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Al.ME., e dall'Avv. Ma.FA., entrambi del Foro di Pistoia, unitamente ed anche disgiuntamente tra loro come da procura alle liti allegata alla comparsa di risposta Fax: (...) Pec: (...) Pec: (...) Convenuti (...), in persona dell'amministratore unico (...) rappresentata e difesa dall'Avv. Ma.Di. del Foro di Prato (C.F. (...) ) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Prato, Via (...), come da procura allegata alla comparsa di intervento; Fax: (...) Pec: (...) Terza intervenuta avente ad oggetto: responsabilità precontrattuale e risarcimento danni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione rispettivamente notificato in data 8, 12 marzo e 10 maggio 2021, (...) esponeva: - che nell'anno 2013, in qualità di legale rappresentante p.t., si era rivolto all'Associazione (...) al fine di predisporre un progetto imprenditoriale che , con l'ausilio del suddetto Fondo, gli avrebbe permesso di accedere al micro-credito con istituto di credito con esso convenzionato, nello specifico (...); - che, a seguito dell'assistenza ricevuta dal (...), così come risultante dal "modulo di presentazione del progetto imprenditoriale", veniva redatto un business plan che prevedeva la richiesta di finanziamento di Euro 20.000,00 ad un istituto di credito; - che la (...) aveva deliberato a favore della società (...) srls tale somma, previo rilascio di fideiussione personale specifica da parte di (...), in qualità di legale rappresentante; - che, al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo chirografario, aveva constatato che la somma erogata alla società con quel contratto di mutuo era di Euro 10.000,00, anziché Euro 20.000,00, anziché come richiesto e già deliberato; - di avere richiesto spiegazioni alla Banca che lo aveva rassicurato dichiarando che Euro 10.000,00 costituivano solo la prima trance del prestito e che gli ulteriori importi sarebbero stati erogati in una seconda trance e tale circostanza era stata confermata anche da (...), quale referente del Fondo (...) e persona di riferimento per l'adesione al progetto; - che il (...) , consapevole che la prima tranche non era da sola sufficiente a realizzare il progetto imprenditoriale, a fronte delle rassicurazioni ottenute in ordine alla successiva erogazione, aveva sottoscritto i contratti di finanziamento e di fideiussione personale a garanzia di Euro 10.000,00; - che aveva quindi iniziato la propria attività imprenditoriale da cui erano scaturiti i primi guadagni, seppure in maniera ridotta considerato il ridotto capitale ottenuto; - che la (...) Srl aveva provveduto con regolarità a saldare le rate del mutuo acceso, così come risultava dagli estratti di conto corrente, dai quali si evinceva che la somma era stata esclusivamente impiegata per le spese inerenti all'attività di impresa; - di qualche mese dopo la prima erogazione aveva richiesto notizie - tramite il (...) - in merito alla "seconda" erogazione, per cui la aveva ottenuto le assicurazioni, ottenendo comunicazione che tale ulteriore erogazione non sarebbe stata eseguita in quanto erano scaduti i termini; - che la (...) , nonostante i primi guadagni, aveva diminuito bruscamente la sua attività fino a cessarla completamente, non avendo la disponibilità finanziaria necessaria; - che il (...) era consapevole del funzionamento delle modalità del finanziamento della somma di Euro 20.000,00, atteso il contenuto della lettera del 10.12.2013 inviata dalla Banca alla Fondazione (...), sezione di Prato c/o Studio Dott. (...), secondo cui: "in data 27.11.2013 è stato stipulato un finanziamento chirografario al nominativo in oggetto per Euro 20.000,00 rimborsabile in 120 rate mensili ed erogazione a (...), con la prima d'importo pari ad Euro 10.000,00 e con rilascio di fideiussione da parte del sig. (...) d'importo pari ad Euro 10.000,00 ciascuno"; - che di tale comunicazione era venuto a conoscenza solo il 9 giugno 2018, a seguito delle richieste inoltrate dal proprio legale; - che in realtà il contenuto della lettera non era conforme a quanto accaduto, in quanto non era mai stato stipulato un contratto di finanziamento tra (...) e la (...) e non corrispondente al contenuto del piano di ammortamento; - che, inoltre, con riferimento all'erogazione a (...), la Banca non aveva mai comunicato tale modalità di erogazione né al (...), né tanto meno alla (...) e nemmeno mai eseguito alcun sopralluogo o preso contatti con il (...) al fine di verificare lo stato di avanzamento della sua attività a seguito dell'erogazione del mutuo; - che per effetto di tali vicende il (...) era disoccupato, affetto da depressione - e privo di redditi, impossibilitato ad iniziare una qualunque attività imprenditoriale a causa del debito rimasto con la (...) e delle relative segnalazioni in Centrale rischi, le quali non gli consentivano di ottenere alcun prestito o finanziamento; - che dalla ricostruzione delle vicende emergeva un comportamento negligente e contrario a buona fede tenuto da (...), il quale, pur essendo a conoscenza delle particolari modalità di erogazione delle due tranches da Euro 10.000,00 ciascuna, aveva omesso di comunicarle all'attore; - che, del pari, dai fatti emergeva anche la responsabilità della (...) la quale, con la sua condotta negligente, aveva omesso di comunicare al (...) ed alla (...) Srls le modalità di erogazione della somma richiesta e deliberata; - che con riferimento alla condotta della Banca era ravvisabile una responsabilità precontrattuale ai sensi dell'art. 1337 c.c., avendo ingenerato nel (...) un'aspettativa ed un legittimo affidamento sull'erogazione dell'ulteriore trance da Euro 10.000,00, determinando un danno costituito dal danno emergente, per i debiti contratti per porre in essere l'attività imprenditoriale secondo il business plan da Euro 20.000,00, e del lucro cessante, quale mancato guadagno a seguito della mancata erogazione della seconda tranche che ha impedito lo sviluppo dei rapporti commerciali, iniziati e bruscamente interrotti; - che per una quantificazione dei danni subiti dalla (...) e dal sig. (...), sarebbe stato sufficiente prendere visione della lettera di incarico con cui veniva commissionata alla (...) l'attività di "consulenza per ricerca di materiale plastico" da parte della società F. srls nella quale si stabiliva un compenso mensile di Euro 5.000,00 per il periodo di un anno . attività non espletata a causa della mancanza del finanziamento necessario originariamente preventivato. Tanto premesso conveniva (...), l' Associazione (...) e (...) Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, innanzi a questo Tribunale per sentirli condannare al risarcimento dei danni quantificati in complessivi Euro 20.000,00 o di quella minore o maggiore somma che sarà determinata in corso di causa, per danno emergente e lucro cessante , in aggiunta al profondo danno morale e psichico subito, con il favore delle spese di lite. Instauratosi il contraddittorio, (...) si costituiva e contestava i presupposti di fatto e di diritto della domanda introdotta nel giudizio, e concludeva per il suo integrale rigetto, con la condanna al risarcimento per responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. In particolare, precisava: - che il (...) era, in sostanza, un network di enti e organizzazioni, promosso nel 2011 da Fondazione (...), (...) e (...), al quale avevano successivamente aderito: Camera di Commercio, la Provincia, l'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, l'Ordine dei Consulenti del Lavoro, l'Ordine degli Avvocati, l'Ordine degli Architetti, il Collegio dei Geometri, CNA e Confcooperative: - che il progetto era nato al fine di supportare lo sviluppo della micro impresa, con particolare attenzione ai soggetti più deboli, per coadiuvare l'accesso al microcredito, offrendo servizi di informazione, orientamento, consulenza, tutoraggio e monitoraggio a titolo gratuito; - che nel 2013 era nata l'Associazione (...) al fine di promuovere il progetto, farlo conoscere, coinvolgere la cittadinanza, mettendo a disposizione un proprio consulente, (...), con l'incarico di coordinare i rapporti del richiedente con i diversi attori partecipanti al Fondo, fare raccolta fondi e sostenere i costi operativi; - che nel caso di specie, l'attore era affiancato dal proprio consulente, (...), che aveva redatto la proposta, poi trasmessa alla banca di riferimento; - che le condizioni, le modalità, i termini, i tempi di rimborso , tassi applicati, le garanzie venivano concordati e stabiliti direttamente tra banca ed interessato; - che, pertanto, difettavano le condizioni di legittimazione passiva del convenuto, che non aveva avuto alcuna relazione diretta con l'attore, nonché di legittimazione attiva dell'attore, che aveva avanzato pretese nell'interesse di (...), estranea a giudizio. Si costituiva in giudizio (...) Società Cooperativa la quale preliminarmente eccepiva il difetto di legittimazione dell'attore a pretendere i danni per soggetto distinto quale la S.r.l.s. (...) e la prescrizione delle pretese avanzate. In via subordinata, eccepiva il difetto di ordinaria diligenza in capo all'attore ai sensi dell'ar 1227 , comma 2, c.c. ovvero, il concorso del fatto colposo , ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c.. Nel merito precisava: - che il mutuo stipulato il 27 novembre 2013 per l'importo erogato di Euro 10.000,00, era rimasto inadempiuto dalla rata scadente il 27 marzo 2016, secondo il piano di ammortamento aggiornato; - che la domanda di adesione richiamata dall'attore prevedeva quale richiedente non la società a responsabilità limitata ma una ditta individuale, era rivolto al Comitato di Indirizzo Fondo (...) e non conteneva un progetto dettagliato né un business plan; - che anche la descrizione del progetto da finanziare era carente e la Banca era comunque libera di valutare il merito creditizio ed ogni altro elemento o circostanza, così che a fronte della richiesta aveva ritenuto di concedere l'importo di Euro 10.000,00, riservando l'eventuale erogazione di ulteriori importi ad una successiva e positiva valutazione dell'andamento del progetto; - che non era stata fornita alcuna rassicurazione in merito ad eventuali ulteriori erogazioni, che avrebbero in ogni caso imposto rilascio di ulteriore garanzia fideiussoria, mai rilasciata, né richiesta; - che il contenuto del contratto di mutuo e della fideiussione attestavano la reale volontà delle parti, mentre il riferimento di cui alla lettera del 10.12.2013 e frutto di errore reso evidente e riconoscibile dall'allegato piano di ammortamento; - che non vi era stata alcuna segnalazione dell'attore, il quale non aveva subito alcun danno anche morale dalla vicenda. Su tali rilievi, concludeva per l'integrale rigetto delle domande e per l'accoglimento delle eccezioni sollevate, con il favore delle spese processuali. Si costituiva, infine, anche l'Associazione (...) la quale eccepiva la nullità dell'atto di citazione per inosservanza del termine a comparire, attesa la notifica perfezionatasi in data 10 maggio 2021. Eccepiva, ancora, il difetto di legittimazione passiva evidenziando che la propria attività si era limitata a mettere in contatto l'attore con un professionista, (...), al fine di supportare l'attore nella predisposizione di un "business plan" credibile da sottoporre alla (...), allo scopo di realizzare un progetto imprenditoriale, attività peraltro prestata a titolo gratuito. Assumeva l'insussistenza di qualsivoglia forma di responsabilità a carico dell'Associazione, che aveva pienamente assolto alla propria funzione, tentando di far interagire il (...) con soggetti che potessero essere di ausilio nel proprio progetto imprenditoriale, mentre le informazioni delle modalità di erogazione del finanziamento e le susseguenti determinazioni della Banca in ordine alla concessione o meno del medesimo, esulavano dalla sfera di responsabilità della Associazione e concludeva per il difetto di legittimazione passiva dell'Associazione (...) e, comunque, per il rigetto di ogni domanda, con il favore delle spese e con condanna dell'attore per lite temeraria, ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. A seguito della prima udienza di comparizione, con concessione dei termini di cui all'art. 183, VI comma, c.p.c., si costituiva in giudizio (...) spiegando intervento volontario ai sensi dell'art. 105 c.p.c. per sentire accertare la responsabilità pre-contrattuale e responsabilità aquiliana della (...) cooperativo e la responsabilità da contatto sociale dell' Associazione (...) e del il sig. (...) e la condanna dei convenuti nei propri confronti, con il favore delle spese di lite. Quindi la causa era istruita con la produzione di documenti e trattenuta in decisione, sulle conclusione in epigrafe trascritte, all'udienza del 12 aprile 2022, previa concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. ECCEZIONI PROCESSUALI In primo luogo, deve essere disattesa la eccezione di nullità dell'atto di citazione per il mancato rispetto dei termini minimi di comparizione prescritti dall'art. 163 bis c.p.c. Ai sensi dell'art. 164, I comma, c.p.c. la citazione è nulla se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello previsto dalla legge e, in forza del successivo III comma, la costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al II comma, tuttavia, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. Nel caso di specie, dagli atti prodotti risulta che l'attore nell'atto di citazione ha indicato il 15 luglio 2021 quale udienza di comparizione e che la notifica nei confronti dell'Associazione si è perfezionata solo il 10 maggio 2021, così che a ragione parte convenuta ha rilevato il mancato rispetto dei termini e chiesto fissarsi nuova udienza. All'udienza successiva, tuttavia, non ha esercitato alcuna attività nel rispetto dei termini, prestando sostanzialmente acquiescenza al termine concesso ai sensi dell'art. 183, VI comma, c.p.c., depositando la relativa memoria ed opponendosi alle istanze istruttorie. Conseguentemente, anche in ragione del tenore della pronuncia, deve oramai ritenersi definitivamente sanato il motivo di nullità non risultando alcuna preclusione rispetto allo svolgimento dell'attività difensiva svolta. Ciò precisato, le domande introdotte nel presente giudizio sono infondate e devono essere integralmente disattese per le seguenti motivazioni. 2. LE DOMANDE DI (...). (...) Invero, quanto alla posizione di (...), nella determinazione del thema decidendum va rilevato che nell'atto introduttivo l'attore ha precisato di agire in proprio, e quindi in qualità di persona fisica formulando pluralità di domande aventi ad oggetto la responsabilità precontrattuale per le condotte omissive e commissive poste in essere nei convenuti, in occasione dell'erogazione del finanziamento nell'ambito di una iniziativa volta a favorire l'accesso al microcredito da parte di soggetti più deboli. In tale contesto si censura la negligenza e contrarietà a buona fede dell'attività di consulenza ed assistenza prestata nella fase propedeutica alla conclusione del mutuo chirografario concluso in con la Banca .. nonché nella comunicativa ed informativa anche nella fase successiva, che avrebbe determinato il danno conseguente alla mancata erogazione di ulteriori importi necessari a dare seguito al progetto di impresa. Ora, nel qualificare la domanda, giova precisare che la regola posta dall'art. 1337 cod. civ. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti, nonché un dovere di completezza informativa, fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. Ne consegue che la violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto. (Cass., 26.4.2012, n 6526; Cass. 8.10.2008, n 24795). Nel solco di tali principi, qualora il danno derivi dalla conclusione di un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minore vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, restando irrilevante che la violazione del dovere di buona fede sia intervenuto cronologicamente a valle e non a monte della conclusione del contratto, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto (Cass., 14.2.2022, n 4715 v. anche 10.1.2013, n 477). Nel ricostruire la vicenda in esame, tuttavia, non può omettersi di considerare che l'atto introduttivo del giudizio non indica, neanche implicitamente, l'attore come titolare dei diritti di cui si chiede l'affermazione, in quanto egli ha allegato di avere instaurato le trattative e i rapporti contrattuali relativi all'erogazione del finanziamento sempre in qualità di rappresentante legale della (...) S.r.l. Invero, è in tale veste che avrebbe mantenuto i primi contatti con il consulente e predisposto la richiesta di finanziamento, ottenendo - a suo dire- rassicurazioni sull'entità complessiva. Ora, ai sensi dell'art. 81 c.p.c., "fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui", così che la legittimazione attiva spetta a chiunque faccia valere nel processo un diritto assumendo di esserne titolare, mentre la legittimazione ad agire mancherà tutte le volte in cui dalla stessa prospettazione della domanda emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all'attore(Cass., 1.9.2021, n 23721; Cass., 12.2.2021, n 3765; Cass., sez un. 16.2.2016, n 2951). A riguardo, non può che essere richiamato il principio generale richiamato dalla S.U. con sentenza del 16 febbraio 2016, n 2951, secondo cui l'interesse ad agire, come la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio assumendo di esserne titolare e la sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice ( Cass., 27.3.2017, n 7776; Cass., 12.8.2016, n 17092). Diversamente, la titolarità della posizione soggettiva attiva o passiva, dedotta in giudizio è elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, così che spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento e lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. 0ggetto di analisi, ai fini di valutare la sussistenza della legittimazione ad agire, è la domanda, nella quale l'attore deve affermare di essere titolare del diritto dedotto in giudizio e, nel caso in cui l'atto introduttivo del giudizio non indichi, quanto meno implicitamente, l'attore come titolare del diritto di cui si chiede l'affermazione e il convenuto come titolare della relativa posizione passiva, l'azione sarà inammissibile (Cass. 22 luglio 2022, n 22972; Sez. 2, n. 27528, :30/12/2016, Rv. 642183). Sulla scorta di tali principi, non possono che essere accolte le eccezioni sollevate da tutti i convenuti in ordine alla legittimazione attiva di (...) in proprio, non risultando egli - in base alla stessa prospettazione attorea - il titolare della pretesa oggetto del giudizio sulla quale, le richieste risarcitorie, risultano essere state fondate. 3. L'INTERVENTO DI (...) S.r.l.S. Nel corso del giudizio, la (...), ha spiegato intervento con comparsa depositata in data 8 settembre 2021, dopo l'udienza di prima comparizione. Ora, non v'è dubbio che le domande formulate - pur di identico contenuto-sono differenti e nuove rispetto a quelle introdotte con l'atto di citazione, in quanto riconducibili alla sfera di differente soggetto giuridico e in rapporto di alternatività. L'intervento spiegato non può quindi essere qualificato come adesivo o dipendente, ma costituisce intervento autonomo, ai sensi dell'art. 105, I comma, c.p.c. per cui trovano applicazione i limiti e preclusioni di cui all'art. 268 c.p.c. Tale norma, invero, consente al terzo di intervenire sino a che non vengano precisate le conclusioni, ma preclude al terzo il compimento di atti che non sono più consentiti ad alcuna altra parte ( salva ipotesi di litisconsorte necessario, così che il terzo interventore potrebbe spiegare autonome domande solo entro il termine di costituzione del convenuto, e proporre le proprie istanze istruttorie entro i limiti temporali previsti dall'art. 183 c.p.c.. Nel caso di specie l'intervento di (...) S.r.l.s. è avvenuto dopo il termine di costituzione del convenuto, quando oramai era preclusa la possibilità di introdurre domande nuove nel giudizio, con la conseguenza che le domande nuove introdotte dovrebbero ritenersi non ammissibili. E tuttavia, tale conclusione non appare conforme all'orientamento consolidato della S.C. ( Cass., 2.3.2018, n 4934; Cass., 22.12.2015, n 25978) in forza del quale la formulazione della domanda costituisce l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall'art. 268 c.p.c. non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non opera il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento "fino all'udienza di precisazione delle conclusioni", configurandosi solo l'obbligo, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie. Pur accedendo a tale approdo ermeneutico, nella presente fattispecie le domande introdotte da (...) S.r.l. s. non potrebbero in ogni caso ritenersi meritevoli di accoglimento. Invero, in presenza di contestazioni da parte di tutti i convenuti, tale società non ha fornito alcun elemento di prova in ordine ad attività non conformi al parametro della buona fede, sia nella fase di consulenza e la predisposizione del progetto oggetto di finanziamento, sia nella fase successiva alla conclusione del primo contratto di mutuo. In particolare, dalla documentazione acquisita non è emerso nessun comportamento che avrebbe giustificato un ragionevole affidamento in ordine alla erogazione di importi ulteriori rispetto a quanto concordato con la conclusione del primo contratto di mutuo, quale condizione negoziale essenziale. (...), per conto dell'Associazione (...), ha contestato di avere offerto indicazioni e assicurazioni in tal senso al legale rappresentante della (...) nella fase di assistenza e consulenza prestata nella predisposizione del progetto da finanziare, né che l'importo minimo di Euro 20.000,00 rappresentava condizione essenziale per la sua attuazione. Dall'analisi di tale progetto richiamato, in effetti, si evince che la richiesta di finanziamento era stata predisposta per Euro 20.000,00, ma non risulta che tale complessivo importo fosse stato determinato dall'esito di trattative con la banca, né che in qualche modo rappresentasse un dato essenziale per (...) per pervenire alla conclusione del contratto di mutuo. Il regolamento contrattuale, poi, in alcun modo richiama un differente ulteriore importo: oggetto di mutuo era la somma di Euro 10.000,00 (limite peraltro della garanzia fideiussoria) e le parti non fanno riferimento o collegamento ad ulteriori erogazioni, le quali, pertanto, non possono che scaturire da autonome negoziazioni ed essere rimesse ad una successiva fase di trattative e ad una nuova ed autonoma manifestazione di volontà di entrambe parti. Dai dati documentali acquisiti non è quindi emerso in alcun modo che nella fase di trattativa le parti avessero concordato condizioni differenti rispetto al contenuto del contratto di mutuo, né che tali condizioni siano state modificate arbitrariamente o senza preavviso dalla banca, in violazione del legittimo affidamento del cliente. A tale conclusione non può poi pervenirsi solo sulla base della lettera datata 10.12.2013, in quanto tale lettera è certamente posteriore rispetto al contratto del 27.11.2013, non è indirizzata al cliente e presenta - oltre tutto- alcune inesattezze anche con riferimento ad ipotetici SAL. Invero, le difformità di tale missiva rispetto all'effettivo contenuto del contratto di mutuo - che all'epoca era oramai stipulato- non consentono di desumere in modo sufficientemente univoco che con la Banca mutuante vi fossero accordi, precedenti o contestuali alla sottoscrizione del contratto, per ottenere maggiori erogazioni per finanziare il progetto. Inoltre, poiché dai documenti prodotti non risulta alcun impegno a carico della banca di pervenire ad una ulteriore e successiva erogazione di finanziamenti, non trova riscontro neanche quanto allegato in ordine ad una carenza di informazioni circa il mancato rispetto dei termini per inoltrare ulteriori richieste o fornire documenti. Prive di significatività probatoria a sostegno di tale ipotesi, sono i capitoli oggetto di interrogatorio formale deferito a (...) con la memoria depositata il 14.10.2021, poiché non sono indicate in modo dettagliato le circostanze di tempo e di luogo in cui sarebbero state rese le assicurazioni al richiedente. Si tratta, peraltro, di allegazioni che fanno ulteriormente insorgere un preciso onere probatorio di dimostrare sia l'effettivo pregiudizio subito quanto la sussistenza del nesso di causalità rispetto alle lamentate violazioni agli obblighi (Cass., 14.2.2022, n 4715; Cass. 17.11.2020, 26042). E, nel caso in esame, la società intervenuta non soltanto non ha offerto adeguata dimostrazione della antigiuridicità delle condotte della banca e degli altri soggetti che hanno coadiuvato e prestato assistenza nella fase di trattative in violazione del fondamentale canone della buona fede, ma anche della correlazione causale tra l' erogazione di un ridotto finanziamento e la mancata realizzazione della iniziativa imprenditoriale. Sulla base del compendio probatorio acquisito, in definitiva, le domande di accertamento della responsabilità precontrattuale e di risarcimento del danno proposte dalla società intervenuta non possono che essere integralmente respinte e tali argomentazioni presentano carattere assorbente rispetto alla eccezione di prescrizione, pure tempestivamente sollevata. 4. RESPONSABILITA' E SPESE PROCESSUALI. Al contempo, non può essere accolta la richiesta di condanna dell'attore e della società intervenuta al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata. Tale affermazione di responsabilità, che è prevista a carico della parte soccombente dal primo comma dell'art. 96 c.p.c., postula, oltre al carattere totale e non parziale di tale soccombenza (Cass., 15.7.91, n. 7815) ed alla sussistenza di una colpa grave (Cass., 21798/2015; Cass., 17.10.89, n. 4164; Cass., sez. un., 30.9.89, n. 3948, in Giust. civ. 1989, I, 2535), che l'avversario deduca e dimostri la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, con la conseguenza che il giudice non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi atti ad identificarne concretamente l'esistenza (Cass., 2.6.92, n. 6637; Cass., 9.2.91, n. 1341; Cass., 23.5.90, n. 4651; Cass., 2.6.84, n. 334). Tale esigenza probatoria non può venir meno neppure in considerazione della qualità delle parti perché la sussistenza del danno deve essere espressione di un giudizio concreto e non astratto, mentre nel caso di specie nessuno dei convenuti ha dimostrato l'esistenza di un danno patrimoniale concretamente subito né si ravvisano le condizioni per fare applicazione discrezionale dell'art. 96, comma 3, c.p.c.. Infine, le spese processuali, ai sensi dell'art. 91 c.p.c. seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico dell'attore e della società intervenuta in solido, così come liquidate in dispositivo, in base ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto dell'attività svolta e del valore della controversia nonché della natura della decisione P.Q.M. Il Tribunale, sulle antescritte conclusioni dei procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (...), con atto di citazione notificato in data 8, 12 marzo e 10 maggio 2021, nei confronti di (...), della Associazione (...) e della (...) Società Cooperativa, , in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore, nonché sulle domande proposte nei confronti dei medesimi convenuti da (...) SRLS, in persona dell'amministratore unico, con intervento depositato il 9 settembre 2021, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara il difetto di legittimazione attiva di (...) in ordine alle domande proposte; b) rigetta le domande di (...) SRLS ; c) condanna l'attore e la società intervenuta, in solido, al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2270,00 per ognuno dei convenuti, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura di legge. Così deciso in Prato l'1 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di CREMONA Prima CIVILE Il Tribunale, nella persona del GOP dr. Silvestro Binetti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 1072/2019, promossa da: (...) (CF: (...)) in persona del legale rappresentante p.t. - con gli Avv.ti Gu.Br. e Vi.Me.; ATTRICE contro (...) SRL ((...)), in persona del legale rappresentante p.t. - con L'Avv. Ma.Ga., CONVENUTA Fatto e processo Con atto di citazione notificato il 19/04/2019 (...) (di seguito semplicemente (...) Snc) ha convenuto in giudizio (...) Srl per sentirla condannare al pagamento in suo favore della somma di Euro 343.000,00, oltre interessi moratori, corrisposta dalla (...) per l'escussione di una fidejussione prestata dall'attrice in favore della convenuta a seguito della sottoscrizione di un contratto di subappalto stipulato a condizioni eccessivamente svantaggiose a causa della condotta affetta da dolo incidente della seconda in danno della prima. Parte attrice, inoltre, richiedeva anche il risarcimento degli ulteriori danni subiti per effetto dello stato di crisi innestato dal suddetto pagamento e consistenti nella cessazione dell'attività della SNC attrice, da liquidarsi in via equitativa. (...) Srl si costituiva ritualmente con propria comparsa e deposito di fascicolo documentale, contestando in fatto ed in diritto quanto dedotto, eccepito e richiesto da parte attrice, sostenendo la correttezza della condotta di (...) Srl, incentrata sulla mera e legittima esecuzione delle condizioni contrattuali frutto di libere trattative tra le parti, eccependo a sua volta che le condizioni contrattuali fossero solo il frutto dell'imperizia dell'attrice nella conduzione delle trattative nonché la malafede della medesima nel rappresentare i fatti e formulando domanda riconvenzionale per il pagamento dei danni causati dal parziale inadempimento del contratto di subappalto intercorso tra le parti, quantificati in totali Euro 144.000,00. (...) Snc che in data 10.12.2013 tra le parti intercorreva contratto di subappalto per la demolizione delle strutture in ferro esistenti nell'area denominata "(...)" sita in C. alla Via G. e Viale S. (...) di proprietà di (...) Srl, già oggetto di contratto di appalto tra quest'ultima e (...) Srl. Il contratto concedeva al subappaltatore la disponibilità e la custodia delle aree per l'esecuzione delle opere di demolizione delle sole strutture in ferro ivi presenti, ad esclusione quindi degli edifici in cemento armato, con possibilità di recupero del ferro ed obbligo di smaltimento per i materiali di risulta non recuperabili. A fronte della possibilità di recupero del ferro risultante dalla demolizione per la successiva rivendita, il subappaltatore (...) Snc si obbligava a corrispondere a (...) Srl l'importo forfettario di Euro 800.000,00 da corrispondere per Euro 50 mila alla firma del contratto e per il resto con fatture settimanali "a partire dalla data del primo carico per un valore massimo di 250 tonnellate al prezzo minimo di Euro 200,00 a tonnellata". Mentre "il saldo fino alla residua concorrenza" dell'importo pattuito avrebbe dovuto essere corrisposto "in relazione all'ultimo conferimento di ferro. Veniva inoltre previsto che, a garanzia dei pagamenti pattuiti, il subappaltatore consegnasse al committente una fideiussione di Euro 300.000,00, da rilasciarsi dalla (...) e (...) entro il 23.12.2013. Importo che, in caso di mancato rispetto delle condizioni contrattuali, avrebbe dovuto essere corrisposto a (...) "a sua semplice richiesta ed a prima chiamata". Fideiussione che, unitamente alla relazione tecnica descrittiva delle opere da eseguire, era allegata al contratto facendone parte integrante. Il contratto veniva sottoscritto per (...) Srl dall'Arch. (...), legale rappresentante di (...) Srl nonché Amministratore di (...) Srl (proprietaria delle aree di cantiere ed appaltatrice), mentre l'incarico di progettista e direttore dei lavori era conferito all'Ing. (...). (...) Snc iniziava le opere di demolizione nel gennaio del 2014 corrispondendo gli importi fatturati da (...) per il ferro prelevato al prezzo di Euro 200 a tonnellata. Prezzo che, però, a marzo dello stesso anno aumentava su iniziativa di (...) al fine dichiarato di compensare, in esecuzione del punto 6 del contratto, la minore quantità di ferro mediamente prelevata e poter così raggiungere l'importo pattuito di 800.000 Euro. All'esito delle rimostranze di (...) Snc le parti convenivano di effettuare un sopralluogo sul cantiere oggetto del contratto per determinare la quantità di ferro contrattualmente prelevabile. Sopralluogo che veniva eseguito in data 01.04.2014 dal (...) Srl si costituiva confermando l'esistenza del contratto di appalto intercorso tra (...) Spa e (...) Snc avente ad oggetto lo smaltimento delle strutture in ferro presenti nell'Area "Ex Ferriera" di Crema nella disponibilità della convenuta, ed il recupero del metallo in cambio del pagamento della somma di Euro 800.000, determinata in misura forfettaria e non in base alla quantità effettiva di ferro ricavato. La società convenuta, però, sosteneva che tali condizioni contrattuali erano frutto delle lunghe trattative intercorse, precisando come la concessione della fidejussione fosse stata proposta dalla stessa attrice per assicurarsi l'affidamento dell'appalto, ritenuto da (...) Snc troppo "appetibile". Tanto anche all'esito della presa visione dell'area e di sopralluoghi valutativi svolti da (...) per effetto dei quali venivano anche apportate modifiche alla bozza del contratto prima della sottoscrizione del definitivo avvenuta in data 10.12.2013. Nonostante ciò a maggio 2014 (...) Snc sarebbe risultato gravemente inadempiente avendo accumulato arretrati di pagamento per totali Euro 394.000,00. Situazione che determinava la richiesta di pagamento della garanzia prestata e la sua successiva escussione ed il sorgere dei predetti contenziosi civili e penali. Alla prima udienza del 08/10/2019 le parti si costituivano con rituale deposito di fascicoli documentali e venivano concessi i termini istruttori, cui seguiva il deposito di memorie autorizzate ex art. 183, 6 comma c.p.c.. Dopo due rinvii dovuti all'emergenza epidemiologica da Covid19, all'udienza del 10.11.2020 il giudice ammetteva le istanze di prova testimoniale ritenute ammissibili e rilevanti. I testi venivano escussi alle udienze del 16.02.21 e 11.05.21. All'esito veniva fissata dal giudice l'udienza del 18.01.2022 per la precisazione delle conclusioni ove le parti concludevano come sopra indicato ed il giudice tratteneva la causa in decisione concedendo i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di note conclusive e repliche. DIRITTO Diritto La domanda proposta dalla società attrice nei confronti della convenuta va qualificata come azione risarcitoria da dolo incidente ai sensi dell'art. 1440 c.c., non essendo ipotizzata l'invalidità del contratto di appalto concluso bensì la sua stipula a condizioni inique per effetto della condotta contraria a buona fede, in spregio al disposto dell'art. 1337 c.c.. Figura di dolo che attiene alla fase di formazione del contratto e la sua eventuale esistenza non incide sulla possibilità di far valere i diritti sorti dal medesimo e sul suo adempimento, ma comporta che il contraente in mala fede sarà responsabile dei danni provocati dal suo comportamento illecito. Danni che andranno commisurati al minor vantaggio o maggior aggravio economico prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell'obbligo di buona fede (Cass. n. 19024/2005; n. 9523/1999). In altri termini la fattispecie di cui all'art. 1440 c.c. è sostanziata da una condotta insidiosa, idonea a trarre in inganno un contraente di normale diligenza, tale da indurlo a concludere un contratto cui altrimenti verosimilmente non avrebbe acceduto o lo avrebbe fatto a condizioni diverse. Tuttavia il comportamento fraudolento non deve rappresentare l'unica o la causa principale del contratto che, pertanto, rimane valido ma la controparte sarà legittimata a richiedere il risarcimento dei danni subiti. Il cd. dolo incidente presenta, pertanto una minore intensità rispetto al dolo di cui all'art. 1439 c.c. che può determinare l'annullamento del contratto per vizio di volontà. Sarà dunque necessario fare riferimento alle concrete circostanze del contratto per verificare se la condotta di uno dei contraenti abbia integrato gli estremi del dolo incidente piuttosto che il cd. "dolus bonus" costituito dall'insieme di accorgimenti finalizzati alla mera esaltazione della bontà delle proprie proposte commerciali per indurre la parte alla conclusione del contratto, frequenti nella pratica negoziale ma che non sostanziano un'attività fraudolenta se mantenuti nei limiti della correttezza e buona fede. A tale proposito la giurisprudenza di legittimità ha oramai pacificamente ammesso che il dolo di cui all'art. 1440 c.c. viene sostanziato anche da un comportamento reticente teso ad occultare un fatto che, se conosciuto dall'altro contraente, ne avrebbe determinato diversamente la volontà (Cass. n. 5762/2016; n. 24795/2008). Pertanto la prova dell'esistenza del raggiro su un elemento non trascurabile del contratto determina una presunzione secondo la quale, senza la presenza della condotta reticente, le condizioni contrattuali sarebbero state diverse e meno inique, ovvero non gravemente sbilanciate a favore della parte in malafede. Alla luce dei principi esposti e che si reputano del tutto condivisibili, per meglio inquadrare l'ambito delle responsabilità nel caso che ci occupa, occorre partire senz'altro dalle circostanze di fatto che hanno portato all'instaurazione del presente giudizio per come accertate all'esito dell'istruttoria documentale e testimoniale. Nulla quaestio sull'esistenza del contratto stipulato in data 10.12.2013 tra (...) Snc, rappresentata dall'Ing. I., e (...) Snc ed avente ad oggetto lo smaltimento delle sole strutture in ferro "a vista" presenti nell'area Ex Ferriera di Crema, a disposizione della prima in quanto concessa in appalto con contratto del 03.12.2013 dalla proprietaria (...) Srl, ed il loro recupero come rottame da parte della società attrice in cambio del pagamento della complessiva somma di Euro 800.000,00, calcolata a forfait ed a priori. Pagamento garantito nella misura di Euro 300.000 da fidejussione pagabile a semplice richiesta ed a prima chiamata della creditrice garantita (...) Srl. Come pure nessuna contestazione è stata sollevata sulla validità del contratto che non viene messa in alcun modo in discussione dalle parti (cfr. doc. n. 10 di p.c.). Contratto che infatti è stato eseguito rimanendo inadempiuto solo nella parte relativa al pagamento di una parte del compenso pattuito poi recuperata quasi totalmente con la riscossione della garanzia prestata (cfr. doc. n. 17 di p.a. dalla fatt. n (...) del 14.03.2014 alla fatt. n. (...) del 24.04.2014). Pure incontestata è l'esistenza della perizia svolta dall'Ing. C.Z. su incarico dell'Arch. I. e la conoscenza da parte di quest'ultimo delle sue risultanze (doc. 04 p.c.). Al riguardo parte convenuta ha sostenuto che la quantità di metallo indicata, con percentuale di errore del 5%, comprendesse anche il ferro presente nei cementi armati, non incluso nel contratto di appalto, e che la distinzione non fosse chiaramente deducibile dal testo della perizia rimessa dall'Ing. C.Z. all'arch. I.; tanto in virtù del carattere empirico del calcolo effettuato dal perito che non consentiva di quantificare con precisione le rispettive percentuali del metallo presente nell'area. (...), nei propri atti ha sostenuto come tale informazione fosse e stata messa a disposizione di (...) durante le trattative e che, pertanto, (...) Snc avrebbe concluso il contratto alle condizioni descritte perché liberamente convinto della vantaggiosità dello stesso a seguito dell'esame di ogni elemento utile svolto sulla base dell'esperienza professionale posseduta e di esaustive e trasparenti trattative. Circostanze, queste, che sarebbero state tutte confermate dal medesimo Ing. C.Z. con la testimonianza resa nell'ambito del processo penale a carico dell'Ing. I.. Processo poi estinto per morte di quest'ultimo. Sul punto all'udienza del 16.02.2021 l'Ing. C.Z., figura centrale della controversia e teste comune ad entrambe le parti, confermava di aver eseguito su incarico dell'Arch. I., nell'ottobre del 2013, quindi prima dell'inizio delle trattative ed addirittura prima che quest'ultimo ricevesse l'appalto dei lavori di demolizione dalla (...) Srl, proprietaria dell'area, una prima stima del metallo presente nel cantiere, quando "tutte le strutture in metallo erano ancora in piedi come pure i due edifici in cemento (un magazzino ed un capannone). Il testimone riferiva di aver quantificato in 2.200-2.500 tonnellate il peso del metallo di cui erano composte le sole strutture in ferro presenti in cantiere e che tale stima era stata contestata dall'Arch. I. che l'avrebbe ritenuta errata per difetto. Stima che però veniva confermata dal perito con una mail, inviata al secondo, in data 29.10.2013 (cfr. doc. n. 04 di p.c.). Nell'ambito della medesima testimonianza l'ing. C.Z. precisava di aver chiaramente quantificato in 2.200-2.500 tonnellate il peso del ferro delle strutture in metallo a vista ed in totali 3.900 tonnellate il peso totale del ferro presente nell'area, comprensivo quindi di quello ricavabile dalle strutture in cemento armato e dai binari interrati (ferro occulto). Testimonianza che confuta quanto sostenuto dalla convenuta e che va ritenuta del tutto attendibile in quanto riferita senza esitazioni e contraddizioni, confermata dai documenti presenti nel fascicolo del presente procedimento e non discordante dalle testimonianze rese dagli altri testi escussi. In particolare la testimonianza resa dall'Ing. C.Z. nel presente giudizio trova piena ed esaustiva conferma anche nella motivazione della decisione che altro giudice di questo tribunale ha reso all'esito del giudizio RG n. 1914/2014, intercorso tra le medesime parti, avente ad oggetto un'istanza di cautela ex art. 700 c.p.c., secondo la quale, l'arch. I. durante le trattative aveva rappresentato alla controparte la presenza nell'area Ex Ferriera di circa 4.000 tonnellate di ferro, senza fare però riferimento alla stima operata dall'Ing. C.Z. e dunque senza riferire della relativa distinzione tra il metallo a vista e quello occulto (doc. n. 3 p.a.). L'Arch. I., quindi, già prima dell'inizio delle trattative era perfettamente a conoscenza che all'interno dell'area Ex Ferriera in Crema, oggetto del contratto, si trovavano circa 3.900 tonnellate di ferro di cui però solo 2.200-2.500 visibili cioè ricavabili dalle strutture in ferro. Per contro l'istruttoria testimoniale espletata fa ritenere verosimile che ai (...) sia stato fatto intendere che all'interno dell'area fossero presenti all'incirca 4.000 tonnellate di ferro ma non sia stato loro specificato che tale quantità comprendeva anche il metallo "occulto", escluso dal contratto. Come del resto sostenuto proprio dalla difesa di (...) Srl. Così lasciando insorgere nel subappaltatore il fatale equivoco sulla quantità effettiva di ferro che avrebbe potuto ricavare. Equivoco che, al netto della conoscenza di tale distinzione, non poteva certo essere confutato sulla base di meri "sopralluoghi" dell'area che per vastità e natura non consentiva di determinare esattamente la quantità di ferro corretta a che anzi si prestava ad una sopravalutazione del dato. La estrema difficoltà di determinazione della quantità di metallo ricavabile ha trovato conferma anche nella circostanza che lo stesso Arch. I. riteneva errata per difetto la quantificazione di circa 2.500 tonnellate effettuata dall'Ing. C.Z., pur all'esito di una approfondita perizia (cfr. testim. del 16.2.21 teste C.Z. e dell'11.5.21 teste C.). Convinzione che ha verosimilmente portato il committente a nascondere al proprio interlocutore il risultato della perizia ma che non gli ha impedito, per altro verso, di ritenere utile il rilascio di una fidejussione (a semplice richiesta ed a prima chiamata) al fine di garantirsi comunque l'importo forfettariamente determinato qualora, invece, la stima fosse risultata corretta (come in realtà è poi successo posto che la quantità effettiva di metallo ricavata dai (...) è risultata inferiore a 2.500 tonn.). Il teste C.Z. ha poi confutato l'ulteriore affermazione di parte convenuta secondo la quale il (...) avesse preso visione e conoscenza della stima per averla appresa dal consulente durante le trattative. Circostanza espressamente e chiaramente smentita dal testimone che ha invece dichiarato di non aver mai partecipato alle trattative per la stipula del contratto, di aver conosciuto i (...) solo dopo la conclusione del contratto e di aver comunicato agli stessi la sua stima solo in occasione del sopralluogo svolto in contraddittorio in data 01.04.2014 (testim. del 16.02.21). Nella medesima udienza anche il teste Paridi confermava come i (...) ritenessero verosimile che dal cantiere si potessero ricavare circa 4.000 tonn. di ferro e che tale convinzione derivasse dal mero esame visivo della zona, molto ampia ed in stato di abbandono. Tanto rende del tutto verosimile che (...) e l'Ing. I. per essa, non abbia comunicato l'importante informazione in suo possesso, ovvero che le quasi 4.000 tonnellate erano sì verosimili, ma solo ove comprendessero anche il ferro "occulto" cioè nascosto nei cementi o interrato e dunque non compreso nel contratto. Informazione che non solo avrebbe dovuto essere messa a diposizione dei (...) ma che avrebbe dovuto fare parte integrante del contratto al fine di garantire la corretta formazione della volontà contrattuale. Pertanto l'arch. I., consapevole della circostanza sin dall'inizio delle trattative, le ha condotte con dolosa malafede al fine di spuntare condizioni contrattuali eccessivamente vantaggiose per lui ad esclusivo danno di (...) Snc. E con il senno di poi, non può certamente essere considerata una mera coincidenza la circostanza che il valore della fideiussione rilasciata dal subappaltatore compensi esattamente la differenza di valore tra il ferro ricavato e quello ricavabile. Fidejussione, dunque, verosimilmente pretesa al solo fine di escludere il rischio di non vedersi corrispondere dal (...) l'intera somma pattuita a fronte della presa di coscienza che la quantità di ferro prelevabile, non solo non avrebbe garantito alcun margine di guadagno ma, anzi, avrebbe potuto rivelarsi fallimentare. Tanto anche in virtù degli accordi presi dal (...) con E.T. Spa per rivendere il ferro recuperato al prezzo di Euro 257 a tonnellata. Nel caso di specie appare pertanto sussistere il dolo incidente in capo alla società convenuta posta la provata consapevolezza dell'arch. I., per aver avuto notizia, ben prima dell'inizio delle trattative, della quantità di ferro ricavabile dal cantiere oggetto del contratto di appalto sottoscritto nel dicembre del 2014 con la società attrice. Sotto tale profilo va dunque richiamato l'obbligo di buona fede sancito dall'art. 1337 c.c. il cui ambito di rilevanza va ben oltre l'ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative, assumendo il valore di una clausola generale il cui contenuto non può essere determinato in maniera precisa. Clausola che implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti, fornendo alla controparte ogni dato conosciuto o anche solo conoscibile con l'ordinaria diligenza, che sia rilevante ai fini della stipulazione del contratto. L'esame delle norme vigenti al riguardo pone in evidenza che la violazione di tale regola di comportamento assume rilievo non solo nel caso di rottura ingiustificata delle trattative o di conclusione di un contratto invalido o inefficace (artt. 1338, 1398 c.c.), ma anche quando il contratto posto in essere sia valido e tuttavia gravemente pregiudizievole per la controparte vittima del comportamento scorretto (1440 c.c.). In tal senso la violazione di una regola di comportamento, che nella specie si ravvisa nell'obbligo di dare una particolare informazione, se consapevolmente commessa per incassare un prezzo più elevato, si configura come dolo omissivo. Nel caso che ci occupa, tale violazione si è sostanziata nel precipuo, conseguito, intento di incassare una controprestazione pecuniaria notevolmente più elevata di quella ricavabile dall'applicazione del mero prezzo di mercato, pure contrattualmente indicato. Il (...) doveva essere messo al corrente della corretta informazione in possesso di (...) posto che solo la compiuta conoscenza della quantità di ferro verosimilmente ricavabile dal cantiere avrebbe posto il sub appaltatore nella condizione di condurre una più consapevole trattativa. La circostanza che al (...) non sia stato impedito di effettuare sopralluoghi sul cantiere non può esimere da responsabilità la parte convenuta perché comunque è risultato nel corso del giudizio che la situazione complessiva del cantiere non consentiva di effettuare con precisione ed attendibilità una valutazione a vista del ferro disponibile; situazione che, senza la precisazione omessa, rendeva verosimile la presenza di una quantità di ferro a vista pari a quella indicata. Non si discute, quindi, della libertà di accettazione di qualsivoglia contratto ma del fatto che tale accettazione avvenga all'esito di una trattativa condotta secondo buona fede e trasparenza, durante la quale le parti non abbiano tenute nascoste circostanze determinanti in relazione all'oggetto e delle condizioni economiche del contratto. In particolare, la determinazione a priori e forfettaria del compenso e di un prezzo minimo alla tonnellata pari a quello di mercato ma adeguabile in funzione della (prevedibilmente minore) quantità di ferro raccolta come pure la prestazione della garanzia fideiussoria di natura astratta "a semplice richiesta ed a prima chiamata", non per l'intero importo pattuito ma solo per la (prevedibile) differenza, sono clausole contrattuali del tutto orientate a garantire alla convenuta/committente l'incasso dell'intero importo pattuito anche all'esito della scoperta da parte dell'attrice/subappaltatore della reale situazione e della iniquità dell'accordo concluso. Nessun rilievo possono al riguardo avere le testimonianze rese dai testi di parte convenuta che di fatto nulla tolgono o aggiungono all'accertamento dei fatti come sopra illustrati. Come pure non utilizzabili in quanto non sempre coerenti con le testimonianze assunte nel presente giudizio, sono le testimonianze rese nel giudizio penale estinto. Irrilevante al riguardo è anche la decisione assunta nell'ambito del procedimento RG n. 394/2015, avente ad oggetto l'opposizione al decreto ingiuntivo richiesto da (...) verso la (...)D. e (...) per ottenere il pagamento delle somme garantite. Il giudice del procedimento di opposizione, instaurato dalla Banca garante, ha confermato l'obbligo di pagamento delle somme garantite ed ordinato il pagamento dopo aver dichiarato inammissibili, perché inopponibili alla banca attrice/opponente e, dunque, irrilevanti nell'ambito del rapporto oggetto del giudizio, i documenti proposti come prova della responsabilità di (...) Snc, parte peraltro estranea al giudizio. Accertata quindi l'esistenza di un comportamento improntato alla malafede e dunque la sussistenza del dolo incidente in capo alla convenuta (...) Srl, va determinato il "quantum debeatur" il quale, secondo un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità non si esaurisce nelle diverse condizioni alle quali l'accordo si sarebbe concluso ma va quantificato in relazione ai danni valutati nel loro complesso, che risultino collegati da un rapporto diretto e di stretta consequenzialità con l'attività fraudolenta posta in essere. Nella quantificazione del danno risarcibile si deve, pertanto, avere riguardo alla situazione che si sarebbe creata come se il dolo non ci fosse stato, stante la validità del contratto sottoscritto. Nel caso in esame il danno consiste nel maggior esborso sostenuto dagli attori e non può che essere liquidato in via equitativa tenuto conto delle somme ottenute dalla rivendita del ferro ottenuto al prezzo di Euro 257 alla tonnellata, circostanza provata per documenti e comunque non contestata, delle somme relative al parziale inadempimento di parte attrice, nella misura provata, e infine delle somme addebitate dalla Banca agli attori a titolo di costi per il pagamento della fideiussione. Oltre questo, nessun altro danno può essere liquidato. Non quello richiesto dagli attori in relazione alla cessazione dell'attività di famiglia posto che non è stata fornita alcuna prova del legame diretto e di stretta consequenzialità con l'attività fraudolenta. Parte attrice non ha infatti dimostrato che la cessazione dell'attività della (...) Snc non sia stata il frutto di una mera volontà rinunciataria da parte dei soci che, ove avessero voluto continuare a svolgere l'attività di impresa, avrebbero potuto cercare di attuare azioni utili al riguardo (richiedere finanziamenti garantiti dagli immobili di proprietà, ricorrere a procedure concorsuali alternative al fallimento o ricercare soci finanziatori esterni al nucleo familiare) invece di cessare l'attività e dismettere gli immobili di proprietà dell'impresa. Altrettanto è a dirsi delle istanze di risarcimento danni avanzate dalla convenuta in riconvenzionale. (...) Srl non ha fornito alcuna prova circa la misura del parziale inadempimento di parte attrice, al netto delle somme incassate grazie all'escussione della garanzia prestata. La cifra richiesta di Euro 94.000 è rimasta priva di qualsivoglia riferimento documentale. L'unico documento al riguardo fornito dalla convenuta e non contestato dall'attrice è la nota di messa in mora di (...) Snc e della banca di credito di (...) e (...) inviata con mail PEC del 09.05.2014, cui erano allegate le fatture emesse da (...) Srl a carico di (...) Snc, ed in particolare le fatture n. (...), (...) ed (...) del 2014 (doc. n. 13 di p.c. e 17 di p.a.). Documenti dai quali si evince una richiesta di pagamento di somme non corrisposte nell'ambito del contratto del 10.12.2013 pari ad Euro 323.208 che, al netto della fideiussione incassata risultano, pertanto, pari ad Euro 23.208. Circostanza non contestata da parte attrice che si è limitata ad un laconico "nessun importo è dovuto per nessun titolo o ragione a (...)", assumendo la risoluzione del contratto per fatto e colpa della convenuta. Altrettanto è a dirsi degli ulteriori 50 mila Euro richiesti quale corrispettivo per la mancata esecuzione di opere accessorie quali lo sgombero e la pulizia del cantiere al termine dei lavori di recupero del ferro e smaltimento dei materiali residui. Mancata esecuzione e relativa quantificazione rimaste assolutamente sfornite di prove sia documentali che testimoniali e archiviabili come mere affermazioni indimostrate. Appare pertanto equo liquidare il danno patrimoniale subito dagli attori nella somma di Euro 200.000,00 tenuto conto che (...) Snc ha rivenduto il ferro ricavato dal cantiere oggetto del contratto al prezzo di Euro 257 alla tonnellata ricavandone una somma pari circa ad Euro 580.000, a cui vanno aggiunti i circa ventimila Euro rimasti impagati da (...) al netto delle somme garantite. Per un totale di circa Euro 600.000. Somma che può considerarsi come il valore che il (...) avrebbe verosimilmente ottenuto quale corrispettivo da corrispondere all'esito di trattative eque, trasparenti e consapevoli. Alla società attrice, inoltre, andrà riconosciuto il diritto alla restituzione della ulteriore somma di Euro 43.000 corrisposti alla Banca garante a titolo di spese per il pagamento delle somme garantite ed il successivo recupero a carico della società attrice. In virtù del principio di soccombenza, le spese di lite sostenute dall'attrice nel presente giudizio vanno poste a carico di parte convenuta e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa: 1) Accoglie per quanto di ragione la domanda attorea e per l'effetto condanna parte convenuta (...) Srl al pagamento a titolo di risarcimento dei danni in favore di (...) Snc della somma di Euro 243.000,00, oltre interessi come in motivazione; 2) Condanna parte convenuta alla refusione delle spese processuali sostenute da parte attrice, ove non già anticipate o altrimenti corrisposte, che liquida in Euro 1.214,00 per C.U. ed Euro 21.387,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Cremona il 28 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 30 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CAMMINO Matilde - Presidente Dott. IMPERIALI Luciano - Consigliere Dott. DE SANTIS Anna M. - Consigliere Dott. ARIOLLI G. - rel. Consigliere Dott. MINUTILLO TURTUR Marzia - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 03/10/2019 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DI LEO Giovanni, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio per il ricorso di (OMISSIS); l'annullamento senza rinvio con rideterminazione della pena, per il ricorso di (OMISSIS); il rigetto del ricorso di (OMISSIS); la dichiarazione di inammissibilita' per tutti gli altri ricorsi. E' presente l'avvocato CALABRESE FRANCESCO del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di: (OMISSIS), (OMISSIS). Il medesimo difensore e' presente in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di VIBO VALENTIA in difesa di: (OMISSIS), come da nomina sostituto processuale depositata in udienza. E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). E' presente l'avvocato VENETO CLARA del foro di Roma, in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di LOCRI in difesa di: (OMISSIS), come da nomina sostituto processuale depositata in udienza. L'avvocato (OMISSIS) e' presente anche in sostituzione, per delega orale, dell'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa di: (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) ANTONINO del foro di PALMI in difesa di: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di LOCRI in difesa di: (OMISSIS), (OMISSIS). L'avvocato (OMISSIS) deposita nomina difensore di fiducia e procura speciale per (OMISSIS). Il medesimo difensore e' presente anche in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di LOCRI in difesa di: (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS)NICO del foro di PALMI in difesa di: (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa di (OMISSIS) (nato nel 1964) e in sostituzione, per delega orale, dell'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa di (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa di: (OMISSIS), (OMISSIS) (nato nel 1964), (OMISSIS), (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di: (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa di: (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di: (OMISSIS). E' presente l'avvocato (OMISSIS), in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di Locri, in difesa di: (OMISSIS), come da nomina a sostituto processuale depositata in udienza. E' presente l'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI in difesa della parte civile COMUNE DI CINQUEFRONDI e, in sostituzione dell'avvocato (OMISSIS) del foro di PALMI, in difesa della parte civile COMUNE DI ANOIA, come da nomina sostituto processuale depositata in udienza. Tutti i difensori degli imputati insistono per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi. L'avvocato (OMISSIS) per le parti civili COMUNE DI CINQUEFRONDI e COMUNE DI ANOIA deposita conclusioni scritte e note spese ed insiste per il rigetto e/o declaratoria di inammissibilita' dei ricorsi degli imputati. RITENUTO IN FATTO 1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria in data 3/10/2019 (dep. 6/7/2021) che ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria il 16/10/2017 a seguito di rito abbreviato, nei termini e con riferimento ai diversi reati di seguito precisati. (OMISSIS) (risponde dei delitti di cui ai capi 1 (delitto associativo) e 56 (violazione della legge armi in concorso con (OMISSIS)); per effetto della continuazione dei reati di cui al presente giudizio con quelli di cui alla sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 27.10.2016, la C.A. determina la complessiva pena in anni tredici mesi quattro di reclusione). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.. 1.1. Si censura anzitutto la sussistenza e la corretta individuazione degli elementi costitutivi della âEuroËœndrangheta " (OMISSIS)", atteso che l'assenza di concreta operativita' di tale gruppo travolgeva la possibilita' di cogliere i tratti mafiosi sotto l'irrinunciabile profilo della ricorrenza della forza di intimidazione imposta dal precetto penale. Ne' a tale fine era sufficiente il mero richiamo ad una sorta di contiguita' con la locale di (OMISSIS), come se cio' bastasse a conferire a tale autonomo gruppo un gia' avvenuto, precedente ed effettivo assoggettamento omertoso della popolazione, soprattutto non potendosi strumentalizzare una condizione di assoggettamento e di omerta' nel relativo ambiente territoriale non direttamente discesa dalla presunta cosca (OMISSIS). Ne', al riguardo, poteva farsi riferimento al fatto che il (OMISSIS) era stato gia' coinvolto in processi di mafia, non essendo sufficiente tale status ad attribuire caratura mafiosa al gruppo criminale e a soddisfare l'elemento caratteristico dell'intimidazione esterna, cioe' la proiezione e il radicamento esterni del metodo mafioso. Parimenti non poteva richiamarsi la c.d. intimidazione interna, ossia la messa a disposizione dei presunti correi rispetto ai presunti capi, difettando di quella necessaria proiezione esterna di cui si e' detto. In conclusione, i giudici di merito avevano finito per attribuire illogicamente al quid pluris richiesto dalla norma incriminatrice i contorni di una circostanza di carattere "soggettivo" e di "derivazione locale", di guisa che qualunque entita' criminosa creata da soggetti provenienti da realta' territoriali ad elevata infiltrazione mafiosa finirebbe per colorarsi putativamente dell'attributo della mafiosita'. In realta', tenuto anche conto dell'esiguo numero dei componenti, dell'assenza di reali mezzi materiali per ottenere ed estrinsecare il metodo mafioso, si trattava al piu' di un sodalizio semplice. 1.2. Quanto poi alla specifica condotta associativa addebitata alla ricorrente, questa era stata tratta dalla Corte territoriale dal compimento dei reati fine. Invece, il rapporto di coniugio ed il fatto che la stessa eseguiva o meglio obbediva alle sole direttive del marito deponeva non per l'esistenza del vincolo associativo, bensi' "per essere frutto di un vincolo di tipo familiare di sottomissione alla volonta' del marito tipico delle zone dell'entroterra calabrese", con cio' dovendosi semmai registrare solo lo schema giuridico del concorso nei reati fine. Mancava in punto di dolo l'affectio societatis. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 125 c.p.p., articoli 81 e 133 c.p.. La censura attiene all'omessa motivazione in ordine agli aumenti operati a titolo di continuazione (sul punto si richiama il recente arresto delle S.U. del 24 giugno 2021). 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p. (capo 56, circostanza ritenuta sotto il profilo dell'agevolazione). La Corte di merito non aveva fornito adeguata motivazione in ordine alla sussistenza in capo alla ricorrente del dolo specifico di favorire l'associazione, anziche' il singolo sodale (il marito (OMISSIS)). 4. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all'articolo 99 c.p.. Si era posto a fondamento della recidiva un unico precedente risalente all'anno 2006, senza considerare il lasso di tempo intercorso e l'assenza di correlazione con il precedente reato, con cio' omettendo di uniformarsi ai criteri dettati da questa Corte in materia. (OMISSIS) (in riforma della sentenza di primo grado, anni otto e mesi quattro di reclusione ed Euro 22.800,00 di multa, in relazione ai reati di cui ai capi 23), 24) esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e 26), con la sola recidiva infraquinquennale). Al riguardo, deduce: 1. violazione del principio di ragionevole durata del processo ex articolo 111 Cost. e articolo 6 Convenzione EDU. Si censurano i lunghi tempi occorsi per il giudizio e per la redazione della sentenza impugnata che avevano precluso il raggiungimento delle finalita' di giustizia insite nel principio della ragionevole durata del processo, valevole tanto piu' per il ricorrente chiamato a giudizio sulla scorta di un materiale investigativo privo della necessaria pregnanza. 2. violazione della L. n. 895 del 1967, articolo 1, in ordine al capo 23) della rubrica (il ricorrente avrebbe agito contattando i fornitori delle armi e operando quale mediatore con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)). La censura attiene anzitutto alla valenza probatoria del compendio intercettivo, ossia delle conversazioni ambientali captate nell'abitazione del (OMISSIS), inidonee a ricostruire quale tipo di attivita' illecita il ricorrente avesse eseguito nello specifico ed anzi la cui attenta lettura deponeva per una diversa ed alternativa interpretazione in favore dell'imputato. Si trattava di conversazioni prive di un contesto dimostrativo, comportamentale ed effettuale, ma solo di tipo strettamente narrativo vertenti su fatti vissuti sui quali vi e' comunanza di conoscenza. Dalle conversazioni, prive di specifici riferimenti al ricorrente, non emergeva alcun contributo del ricorrente sia nella fase della trattativa che in quella della conclusione dell'accordo volto alla compravendita delle armi al quale non vi era stato seguito, ne' elementi sufficienti per avvalorare l'ipotesi dell'intermediazione in senso stretto, stante l'assenza dei necessari connotati di serieta' della trattativa intrapresa. Analoga carenza dimostrativa aveva il richiamo al propalato dei collaboratori (OMISSIS) Lorenzo e (OMISSIS), privi di riferimenti al ricorrente. 3-4. violazione di legge in relazione all'articolo 115 c.p. Si lamenta, tanto sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione (dedotto separatamente), anche l'omessa motivazione in ordine alla prospettazione difensiva volta, nell'ipotesi in cui si attribuisse al ricorrente il ruolo di intermediario, a ricondurre la vicenda nell'alveo dell'articolo 115 c.p., trattandosi di una trattativa mai giunta ad un accordo e non traducendosi l'attivita' posta in essere dal ricorrente, priva della necessaria offensivita', in un'attivita' di partecipazione ad un reato. 5. violazione della L. n. 895 del 1967, articolo 1in ordine al capo 24) della rubrica (illegale detenzione di diverse armi affidate in custodia a (OMISSIS)). Si lamenta che la prova di responsabilita' sia stata ricavata dal contenuto incerto e generico di un'unica intercettazione alla quale non prendeva parte il ricorrente (contenente un telegrafico riferimento a "Turi"), intervenuta tra (OMISSIS) e (OMISSIS). La frase profferita dal (OMISSIS) ("Turi lo stesso") non era evocativa di alcunche', non indicava la tipologia di armi, il periodo in cui sarebbero state detenute dal ricorrente e poi date al (OMISSIS), ne' il canale di approvvigionamento. Difettava quella minima relazione stabile con l'arma necessaria per integrare la illegale detenzione. 6. violazione dell'articolo 56 c.p. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo 26 della rubrica, aver preso parte con gli altri correi ad una trattativa volta all'acquisto di sostanza stupefacente). Si lamenta che il ricorrente, additato di avere contattato i fornitori, tra cui uno di nazionalita' albanese, sia stato chiamato a rispondere di una condotta del tutto indeterminata in relazione alle modalita' di consegna, disponibilita' e tipologia di droga. Anche in tal caso l'affermazione di responsabilita' si fondava su un'unica intercettazione etero accusatoria, priva di valenza dimostrativa in ordine ad una trattativa in merito all'acquisto di sostanza stupefacente, che la Corte territoriale aveva valorizzato a carico del ricorrente con una motivazione aspecifica ed acritica, ricorrendo a mere congetture al fine di superare l'assenza di profili di offensivita' nella condotta tenuta dall'imputato. L'ipotesi tentata doveva escludersi su entrambi i piani: quello dell'idoneita', in quanto nessun incontro per la trattativa vi era stato, ne' la merce era stata visionata; non erano indicati i contatti esterni al gruppo; nessun riferimento alla natura strumentale che la partita di droga doveva assumere per comprare la partita di armi; gli elementi conducevano nel senso di escludere che vi fosse stata una trattativa affidante; quello dell'univocita', trattandosi semmai di meri atti preparatori da cui non era possibile ritenere probabile l'instaurazione di una trattativa con i venditori che avevano la disponibilita' della droga. 7. violazione dell'articolo 416-bis.1 c.p. con riguardo al capo 23) della rubrica nella componente oggettiva "concernente le modalita' dell'azione". Si censura la motivazione della sentenza impugnata per avere riservato, sul tema, un'unica trattazione di carattere congiunto a tutti i coimputati. Quanto al metodo, l'aggravante non era configurabile per la mancanza di metodiche mafiose, ne' al riguardo era pertinente il richiamo alla condanna annoverata dal ricorrente nella veste di partecipe per associazione di tipo mafioso. 8. violazione dell'articolo 416-bis.1 c.p. con riguardo al capo 23) della rubrica nella componente soggettiva concernente la direzione della volonta' di agevolazione mafiosa. La circostanza che il ricorrente fosse in contatto con soggetti intranei o contigui alla cosca non era sufficiente a dimostrare la consapevolezza della direzione finalistica di tale contributo e che si fosse per cio' solo determinato ad agire. Si era dunque operato un salto logico che il dato fattuale della contiguita' non consentiva, dovendo lo scopo di agevolazione della cosca costituire l'obiettivo diretto e non rilevando possibili vantaggi illeciti indiretti o il semplice scopo di favorire un esponente di vertice della cosca. 9. violazione dell'articolo 416-bis.1 c.p. con riguardo al capo 26) della rubrica nella componente oggettiva "concernente le modalita' dell'azione". Si era al cospetto di motivazione cd. a cascata, assumendosi il rilievo delle considerazioni svolte riguardo la vicenda relativa alle armi, a cui sarebbe stato finalizzato l'acquisto della droga. Nessun riferimento, invece, vi era ad elementi della condotta caratterizzanti il metodo mafioso. 10. violazione dell'articolo 416-bis.1 c.p. con riguardo al capo 26) della rubrica nella componente soggettiva concernente la direzione della volonta' di agevolazione mafiosa. Sul punto si possono richiamare le argomentazioni spese a proposito dell'analogo motivo di cui al capo 23) della rubrica. 11. Vizio di motivazione con riferimento ai capi 23) e 26) della rubrica. La motivazione della sentenza impugnata attraverso una copiatura di quella di primo grado aveva omesso di esprimere una propria critica valutazione alle censure mosse con l'atto di appello, con particolare riferimento alla sussistenza dell'aggravante speciale. 12. violazione di legge penale in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione in ordine al reato di cui al capo 26) della rubrica. L'ipotesi tentata (cosi' come contestata) e l'esclusione dell'aggravante speciale (in caso di accoglimento del motivo di ricorso) determinerebbero la prescrizione del reato, trattandosi di fatto risalente al (OMISSIS). 13. violazione di legge con riferimento all'applicazione della recidiva. Si era ricavata la circostanza dalla mera elencazione delle precedenti condanne annoverate dal ricorrente, cosi' operando un automatismo non consentito, occorrendo, invece, una valutazione degli elementi che la legge indica quali rivelatori di un giudizio di pericolosita' qualificata del reo, tale da dimostrare che il nuovo illecito contestato sia sintomo della pericolosita' dell'imputato. 14. violazione di legge penale in relazione all'articolo 62-bis c.p.. La censura attiene al diniego delle circostanze attenuanti generiche, fondato su richiami riferiti genericamente a tutti gli imputati e priva della valutazione complessiva degli indici oggettivi (nessuna arma era stata rivenuta) e soggettivi (buon comportamento processuale, avendo il ricorrente sin da subito chiarito la sua posizione depositando memoriale) e non tenendo conto che i precedenti penali erano risalenti nel tempo. 15. Con memoria in data 23/12/2021, la difesa del ricorrente ha fatto pervenire motivi aggiunti, con i quali si e' ulteriormente argomentato sui profili di censura attinenti: all'assenza della componente oggettiva concernente le modalita' dell'azione e soggettiva inerente alla direzione della volonta' dell'agevolazione mafiosa con riferimento all'aggravante speciale contestata in relazione ai capi 23) e 26) della rubrica; all'aumento di pena apportato per la ritenuta recidiva. (OMISSIS) (in riforma della sentenza di primo grado, anni sei e mesi sei di reclusione per il reato di cui al capo 1) della rubrica, quale partecipe con il ruolo di "sgarrista" della locale di (OMISSIS); disposta la misura di sicurezza della liberta' vigilata per anni due). Al riguardo, deduce: 1. vizio di motivazione in relazione all'articolo 192 c.p.p., commi 2 e 3 e articolo 416-bis c.p.. La censura attiene alla sussistenza di validi elementi di riscontro alle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) che ha indicato il ricorrente come partecipe al sodalizio di cui al capo 1) della rubrica con la qualifica di "sgarrista" e che sarebbe stato "portato" da (OMISSIS). Si trattava di un'indicazione generica, priva di una ben precisa collocazione funzionale; ne' riscontri potevano trarsi dall'operato riconoscimento fotografico, ovvero dalla circostanza che fosse stato accertato che il ricorrente era proprietario, per come affermato dal collaboratore di giustizia, di un tabacchino in (OMISSIS), trattandosi di una circostanza nota. Ne' valenza indiziante poteva parimenti assegnarsi al contenuto dell'intercettazione ambientale captata a casa del (OMISSIS) ove si era fatto riferimento a "quello dei tabacchi", termine del tutto generico e privo di elementi convolgenti verso il ricorrente; l'impiego del termine "infamone" contenuto nelle stesse intercettazioni ambientali poi non era evocativo di un ruolo assunto nella cosca, bensi' di un giudizio dispregiativo mosso dal (OMISSIS), il quale cosi' additava coloro che erano ritenuti inaffidabili per essere scelti per la formazione della sua nuova compagine. Ne' il ricorrente era stato mai registrato come frequentatore di casa (OMISSIS). Non si era poi apprezzato, ai fini del giudizio di credibilita' del collaboratore, che i testi addotti dalla difesa avevano dichiarato che il ricorrente si era rifiutato di rifornire lo (OMISSIS) di sigarette senza che questi le pagasse, comportamento di per se' incompatibile con una comune intraneita' nella stessa cosca. Ne' elementi di reita' si ricavavano dalle dichiarazioni dell'altro collaboratore (OMISSIS), cugino del ricorrente, il quale nulla aveva riferito in ordine alla partecipazione dell'imputato alla cosca di âEuroËœndrangheta, limitandosi a riferire di aver da questo ricevuto delle schede telefoniche intestate a persone difficilmente individuabili, per un prezzo doppio rispetto al valore di mercato, circostanza, anche questa, che logicamente strideva con un'opera prestata a favore di un comune sodale. Assenza di decisivita' andava poi riconosciuta ai meri rapporti di frequentazione con coimputati citati in sentenza, rilevanti, semmai, ai soli fini dell'applicazione di misure di prevenzione. In conclusione, anche laddove si fosse ritenuto il ricorrente partecipe (in realta' semmai si trattava di un "cane sciolto" per come avvalorato da precedenti per delitti comuni dotati di "autonomia"), difettava l'indicazione dell'avvenuta attivazione del soggetto a favore dell'organizzazione mafiosa mediante apporti contributivi di carattere significativo. 2. vizio di motivazione con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche. La sentenza impugnata aveva fondato il diniego sulla scorta dell'automatica appartenenza del ricorrente alla cosca di âEuroËœndrangheta, omettendo qualsiasi verifica della rilevanza o meno dei contributi forniti e del ruolo concretamente svolto (in termini n. 33913 del 2001). Ne' gli indici di disvalore spesi a proposito del ricorrente erano allo stesso riferibili, trattandosi, peraltro, di soggetto incensurato ed al quale non erano stati contestati i delitti fine). 3. omessa motivazione in ordine al motivo di appello con cui si censurava l'applicazione della misura di sicurezza della liberta' vigilata. (OMISSIS) (in riforma della sentenza del GUP, per effetto della continuazione dei reati qui giudicati con quelli di cui alla sentenza della Corte -di Appello di Reggio Calabria del 6/03/2003, irrevocabile il 7/06/2004, nonche' della gia' ritenuta continuazione con i reati di cui alla sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria dell'11/07/2013, irrevocabile il 24/11/2013 determina la complessiva pena in anni 20 e mesi 4 di reclusione; capi 1) ed 80) della rubrica (reato associativo ed estorsione in concorso con (OMISSIS) ai danni del (OMISSIS)). Al riguardo deduce: 1. vizio di motivazione per acritica copiatura della sentenza di primo grado (mancanza di autonoma valutazione) ed omesso confronto con i temi difensivi dedotti tra i quali la data di cessazione della permanenza (e conseguente individuazione della norma da applicare) e il correlato accertamento della condotta, se apicale o meno. 2. violazione dell'articolo 416-bis c.p. e articolo 238-bis c.p.p. (tema della sussistenza e persistenza dell'omonima cosca). Si era ricavata la responsabilita' del ricorrente in ordine al delitto di cui al capo 1) operando una non consentita traslazione - mediante il richiamo all'articolo 238-bis c.p.p. - dei fatti accertati con le sentenze irrevocabili acquisite (relative ai procedimenti cd. "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)") che, invece, lungi dal porsi in similitudine e continuita', non si innestavano con gli elementi emersi nell'odierno processo. Le sentenze irrevocabili oltre a riguardare fatti del tutto diversi e non conciliabili con quelli oggetto del presente giudizio - essendosi evidenziato come dal compendio probatorio emergesse una netta frattura finalistica che consentisse di affermare una mutazione genetica della cosca - erano stati dalla Corte di merito ritenuti sufficienti a dimostrare la persistente mafiosita' del ricorrente. Non vi era, infatti, la prova certa della perduranza della cosca, ne' della continuita' dell'agire del gruppo. Ne' a tale fine era significativo l'episodio estorsivo citato in sentenza (ai danni del (OMISSIS)). Insomma, la storia giudiziaria non poteva rendere immanente quel metodo processualmente accertato in contesti temporali e modali differenti, altrimenti ridondandosi in una sorta di "colpa di autore" ricavata dal precedente penale. In conclusione, mancava nella sentenza impugnata l'indicazione degli ulteriori elementi fattuali che avrebbero concorso con l'accertamento giudiziale a fondare il convincimento della continuita' dell'agire del gruppo (peraltro il collaboratore (OMISSIS) aveva riferito dell'esistenza di una spaccatura all'interno della locale di (OMISSIS)). Con conseguente assenza di autonome conferme probatorie in ordine alla valenza del fatto accertato nelle decisioni giudiziali divenute irrevocabili. 3. violazione dell'articolo 416-bis c.p. con riferimento alla partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo 1) (svalutazione del dichiarato del collaboratore (OMISSIS)). La sentenza impugnata aveva anzitutto omesso di considerare le dichiarazioni "scagionanti" del collaboratore (OMISSIS), il quale nel descrivere la storia dei (OMISSIS) aveva precisato come non facessero parte della âEuroËœndrangheta e nulla aveva riferito con riguardo alla loro partecipazione alla locale di (OMISSIS), sottolineando l'autonomia del ricorrente che non dava conto a nessuno del suo agire, escludendo altresi' di avervi commesso in concorso delle estorsioni. Al di fuori del contesto associativo andava, quindi, letta l'ipotesi estorsiva citata dalla Corte di merito a sostegno dell'ipotesi accusatoria. 4. violazione dell'articolo 416-bis c.p., comma 2, (condotta di partecipazione con competenza specifica e quasi esclusiva nel settore delle estorsioni). Si richiamano sul punto i due profili di "criticita'" portanti dei motivi di ricorso: l'assenza di motivazione sulla sussistenza della cosca (OMISSIS) e sul ruolo assunto dal ricorrente. La sentenza impugnata aveva finito per sostituire al necessario dato fattuale di sostegno, il dato ambientale che ne fa da sfondo, tenuto conto che l'agire del ricorrente non si inseriva in un contesto associativo, risultando semmai ed in ipotesi un "cane sciolto". La partecipazione effettiva del ricorrente, da dover intendersi in senso dinamico-funzionalistico, era soltanto apoditticamente affermata (si richiamano le affermazioni "liberatorie" del collaboratore (OMISSIS)). Ne' potevano assumere valenza causale ai fini associativi le estorsioni che avrebbe commesso il ricorrente in quanto non confluivano nella cd. "bacinella" a disposizione della âEuroËœndrangheta (pag. 91 sentenza di primo grado). Mancavano quindi le necessarie evidenze per potersi affermare che il ricorrente avesse contribuito alla realizzazione dei fini perseguiti dal sodalizio, tantomeno con caratteri direttivi. 5. violazione dell'articolo 416-bis c.p., comma 4, (natura armata dell'associazione). Si lamenta che l'attribuzione della circostanza al ricorrente - in assenza di contestazioni inerenti alle armi e a posizioni operative in tale settore - sia stata affermata sulla base di un mero nesso "meccanicistico", confondendo il gruppo (OMISSIS), dotato di armi, con il ricorrente a tale âEuroËœndrina estraneo. Mancava un accertamento in termini di consapevolezza, non essendo al riguardo pertinente il riferimento al passato giudiziale del ricorrente. 6. violazione dell'articolo 629 c.p., in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p. (assenza di elementi connotanti l'estorsione di cui al capo 80). Del tutto congetturale era la motivazione in punto di identificazione del ricorrente quale autore del delitto estorsivo. Inoltre, non era stato chiarito in cosa fosse consistito l'attivismo del ricorrente (significativo che la stessa sentenza di merito parli di minacce velate ed indirette). Si era finito per identificare il contributo del ricorrente in una sorta di responsabilita' di posizione. L'assenza di contesto mafioso della vicenda non consentiva neppure - nonostante il difetto di tipizzazione della condotta - di richiamare l'ipotesi della cd. estorsione ambientale. 7. violazione dell'articolo 416-bis.1 c.p., in relazione all'estorsione di cui al capo 80) della rubrica, ritenuta sia nel metodo che nell'agevolazione; assenza degli elementi costitutivi dell'aggravante speciale nella duplice declinazione. Dalla stessa motivazione resa dalla Corte d'appello si ricavava la mancanza degli elementi soggettivi e oggettivi costitutivi dell'aggravante. La condotta non evocava i caratteri tipici dell'intimidazione mafiosa, difettando l'attuazione di condotte minacciose, violente od intimidatorie. Inoltre, gli eventuali proventi estorsivi non sono stati destinati ad avvantaggiare il gruppo mafioso, bensi' sono stati destinati al mantenimento in vita dello stesso. 8. violazione dell'articolo 99 c.p., commi 4 e 5. Si erano posti a fondamento dell'aumento di pena dovuto al riconoscimento della recidiva precedenti risalenti nel tempo per i quali il ricorrente ha scontato la pena. Si era incentrata l'attenzione sul casellario giudiziale del ricorrente, omettendo, invece, di apprezzare il ruolo marginale assunto, circoscritto anche a livello di arco temporale, in totale assenza di contatti con altri soggetti pregiudicati. Insomma, si era operato una sorta di automatismo punitivo, in assenza dell'indicazione di pertinenti parametri individualizzanti significativi della personalita' del reo e del grado della colpevolezza, in forza dei quali si possa ritenere che la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosita' del suo autore (mancava il cd. nesso accrescitivo di pericolosita'). Si era poi erroneamente riconosciuta la recidiva infraquinquennale quando invece il precedente reato del ricorrente risaliva ad epoca piu' remota (v. sent. proc. (OMISSIS)). 9. violazione dell'articolo 62-bis c.p. La censura attiene al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non essendosi tenuto conto delle necessita' rieducative individuabili attraverso l'analisi del fatto e la personalita' dell'imputato (i precedenti erano datati nel tempo). 10. violazione dell'articolo 2 c.p., comma 4, in relazione alla mancata applicazione dell'articolo 416-bis c.p. nella formulazione antecedente alla L. 27 maggio 2015, n. 69 e, precisamente, con riguardo al trattamento sanzionatorio stabilito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, stante l'assenza di prova che la condotta associativa si sia protratta in un tempo successivo all'entrata in vigore della legge del 2015. L'estorsione risultava commessa nel 2014 e la perduranza della contestazione di carattere associativo non era stata dimostrata. 11. violazione degli articoli 133 e 81 cpv. c.p. quanto alla determinazione della continuazione esterna tra le varie pronunce di condanna considerate. La censura muove dall'accoglimento delle doglianze in punto di delimitazione della condotta di partecipazione (ante 2015), di esclusione del ruolo direttivo e della recidiva che hanno portato la Corte di merito a ritenere piu' grave il reato di cui al capo 1) dell'odierno processo. 12. violazione di legge con riguardo alla statuizione sulla decadenza da prestazioni previdenziali e pensionistiche in genere (L. n. 92 del 2012, articolo 2, commi 58-63). Con l'applicazione automatica della revoca delle prestazioni in questione si era inciso su diritti quesiti di tipo assistenziale fondati su ragioni di salute ed incidenti anche su nuclei familiari, in violazione dei principi costituzionali di ragionevolezza e di parita' di trattamento. 13. vizio di motivazione (anche con riguardo all'ulteriore atto di gravame del 25/6/2018) per mera apparenza della medesima in punto di confisca dei beni (a pag. 47 del ricorso sono indicati quelli rimasti assoggettati al vincolo reale), trattandosi di compendio del tutto modesto e "sopportabile" del nucleo familiare. 14. Con memoria in data 23/12/2021, la difesa del ricorrente ha ulteriormente argomentato tanto in ordine alla censura relativa alla mancata applicazione della disciplina sanzionatoria antecedente alla riforma del 2015 in ordine al delitto di cui al capo 1) della rubrica (questione che investe anche la delimitazione temporale della condotta di partecipazione attribuita al ricorrente), quanto con riferimento alla richiesta di revoca della confisca in ragione dell'assenza dei requisiti di sproporzione e di liceita' del patrimonio del ricorrente. (OMISSIS) (conferma, anni quattro mesi quattro di reclusione ed Euro 3.200 di multa per i reati di cui ai capi 81) e 82) della rubrica, con l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.; tentativo di estorsione e danneggiamento seguito da incendio ai danni di (OMISSIS)). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione agli articoli 56 - 629 c.p. e articolo 416-bis.1 c.p. La censura investe la responsabilita' del ricorrente in ordine al tentativo di estorsione ai danni di (OMISSIS) ed al connesso danneggiamento seguito da incendio di cui ai capi 81) e 82) della rubrica con l'aggravante speciale. Il ricorrente si duole del fatto che la prova e' rappresentata solamente dalle dichiarazioni della persona offesa, prive di riscontri e a suo giudizio inattendibili, in considerazione della posizione contrapposta rispetto agli interessi dell'imputato. Inoltre, lamenta il mancato esame dei motivi di appello al riguardo dedotti, essendosi la sentenza impugnata limitata a richiamare le valutazioni operate in punto di affermazione di responsabilita' del primo giudice, cosi' operando un'acritica sovrapposizione della decisione di primo grado e, dunque, finendo per rendere una motivazione del tutto apparente. Si erano posti a fondamento della responsabilita' due elementi privi di valenza dimostrativa costituiti dal rapporto parentale del ricorrente con il (OMISSIS), che annoverava condanne per fatti della stessa specie, e l'aver assistito alle operazioni di danneggiamento mediante incendio del fratello (OMISSIS), omettendosi di considerare che la p.o., pur addebitando il gesto ai (OMISSIS), non aveva visto ne' il ricorrente ne' altri familiari appiccare il fuoco presso il proprio cantiere. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p.. Difettavano gli elementi costitutivi della circostanza aggravante ad effetto speciale, non ravvisabili nelle modalita' della richiesta presuntivamente estorsiva, cio' non bastando a caratterizzarla come "mafiosa"; anche a voler dare credito alle dichiarazioni della p.o. non emergeva che si trattasse di una richiesta formulata nell'interesse della cosca che opererebbe nel territorio di (OMISSIS), con la conseguenza che la circostanza non solo era stata supposta, ma restava anche indimostrata, in quanto la condotta sarebbe stata tutt'al piu' riconducibile ad una generica richiesta estorsiva (nemmeno risultava menzionato il nome di (OMISSIS)), priva dei caratteri mafiosi, che non potevano desumersi dalla mera reazione della vittima, dovendo invece la condotta essere oggettivamente idonea ad esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone, con i caratteri proprio dell'intimidazione derivante dall'organizzazione criminale evocata. Ne' risultava operata una concreta verifica della funzionalita' della condotta all'agevolazione dell'attivita' dell'organizzazione criminale e del dolo specifico che avrebbe animato l'agire del ricorrente. 3. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, in ragione della giovane eta' dell'imputato, dell'assenza di precedenti penali, dell'estraneita' al contesto associativo e stante la condotta tenuta post delictum. Del tutto indimostrati e di carattere congetturale erano gli elementi di disvalore posti a fondamento del diniego dalla sentenza impugnata. (OMISSIS) (riforma, venti anni di reclusione ed Euro 9.000 di multa per i reati di cui ai capi 1) e 39) della rubrica, ritenuta la continuazione con i reati giudicati dalla medesima Corte di Appello con sentenza del 17/2/2003, irrev. il 7/6/2004). Al riguardo, deduce: 1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, nonche' mancanza, contraddittorieta' o manifesta illogicita' della motivazione, in relazione agli articoli 81, 99 e 133 c.p., nonche' articolo 187 disp. att. c.p.p.. 1.1. Si censura, anzitutto, la scelta operata dalla Corte di merito in ordine al criterio di identificazione della "pena piu' grave" da porre come pena base per gli aumenti in continuazione dei reati oggetto del presente giudizio ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, stante l'errata applicazione del principio della pena irrogata "in concreto" in luogo di quello della pena prevista in astratto per la violazione piu' grave. In particolare, la pena base avrebbe dovuto essere stabilita sul piu' grave delitto associativo di cui alla sentenza irrevocabile del procedimento cd. "Il (OMISSIS)", in quanto in tale sede all'imputato era stato attribuito un ruolo qualificato, superiore a quello di partecipe riconosciuto al medesimo ricorrente all'interno dell'odierno procedimento. 1.2. Inoltre, un'ulteriore violazione di legge era ravvisabile nel calcolo operato per gli aumenti dovuti alla continuazione, in quanto nel procedimento irrevocabile erano stati contenuti in anni uno per il capo 7) ed anni uno per il capo 1), mentre la sentenza impugnata "per il capo 1) ne ha ritenuti due per il medesimo capo di imputazione, raddoppiando quanto irrevocabilmente stabilito dalla sentenza irrevocabile del procedimento "Il (OMISSIS)". La Corte territoriale non aveva quindi osservato il principio di diritto affermato dalla S.C. secondo cui il giudice e' tenuto a rispettare le valutazioni in punto di determinazione della pena gia' coperte da giudicato, cosi' violando il principio del divieto della reformatio in peius. Peraltro, a tale conclusione la Corte di merito era pervenuta in assenza di una congrua motivazione. 1.3. Infine, trattandosi di reato continuato e, dunque, di un unico procedimento, la Corte di merito avrebbe dovuto decurtare dalla pena base scelta l'aumento operato a titolo di recidiva dal giudice di primo grado. (OMISSIS) e (OMISSIS) (riforma in ordine al trattamento sanzionatorio, rispettivamente anni sei di reclusione ed Euro 22.000 di multa per il primo imputato e anni cinque di reclusione ed Euro 22.300 di multa per il secondo, in ordine ai capi 23) e 26), concorso nella messa in vendita di armi da guerra - parte acquirente - e tentata compravendita di stupefacenti) Con distinti ricorsi, i cui motivi possono trattarsi congiuntamente in quanto sovrapponibili (con le necessarie distinzioni anche in ordine alle doglianze relative all'aggravante speciale ed al trattamento sanzionatorio), deducono: 1. violazione ed erronea applicazione dell'articolo 110 c.p. in relazione alla L. n. 895 del 1967, articolo 1 e relativo vizio di motivazione. La censura attiene alla sussistenza della partecipazione concorsuale dei ricorrenti al reato contestato (si ipotizza la messa in vendita di armi), in ragione delle caratteristiche peculiari della norma incriminatrice e dell'imputazione elevata. (OMISSIS): si rappresenta che il ricorrente non ha concordato con nessuno il prezzo, modalita' e quantita' delle armi, configurandosi, tutt'al piu', un generico interesse all'acquisto di armi, non fondato su una reale ed oggettiva capacita' di portare a compimento l'intento, a causa della mancanza di ogni presupposto, essendo "improspettabile" lo svolgimento di un ruolo specifico in seno alle prodromiche fasi di approvvigionamento delle armi. Vi e' l'assoluta carenza motivazionale della sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto di non operare distinzione di sorta circa la natura ed il contenuto delle intercettazioni ambientali, intercorse all'interno dell'abitazione del (OMISSIS), al fine di verificare la partecipazione del ricorrente all'acquisto delle armi stesse; invero, la Corte di merito ha ritenuto che in relazione all'ipotesi delittuosa contestata, ai fini della consumazione del delitto, fossero sufficienti delle trattative negoziali aventi ad oggetto la cessione di armi, e quindi che da una parte vi fossero potenziali acquirenti, dall'altra parte potenziali venditori, ma si evidenzia come al ricorrente venga contestato di aver visionato le armi, mentre le trattative per l'acquisto sono state condotte da altri soggetti, quali (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali si relazionavano con (OMISSIS). Gli elementi declinati dai giudici di merito (reperire i finanziamenti per l'operazione e l'essersi recato personalmente a visionare le armi) non sono dunque sufficienti alla configurazione dell'ipotesi delittuosa "porre in vendita" di cui al capo 23), per cui e' intervenuta condanna. Giorni: richiamati gli arresti di questa Corte in ordine agli specifici presupposti necessari per integrare la fattispecie criminosa contestata nella declinazione di "porre in vendita" (di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 1come sostituito dalla L. n. 497 del 1974, articolo 9) lamenta come il giudice di appello avesse errato nel sussumere la fattispecie concreta in quella descritta dal legislatore nella norma incriminatrice richiamata. Invero, al fine di evitare una retrocessione non consentita della soglia di punibilita', evidenzia come la stessa giurisprudenza, pur riconoscendo rilievo alla fase della trattativa, ne esige, mediante una lettura costituzionalmente orientata, la serieta', nei termini di una concreta idoneita' della stessa a determinare la conclusione dell'affare illecito. Le stesse conversazioni captate erano invece riferibili ad un possibile acquisto delle armi da parte degli imputati (contrariamente a quanto ipotizzato nell'imputazione), tant'e' che lo stesso giudice del merito era ricorso alla figura dell'intermediario. Quanto ai potenziali acquirenti delle armi nessun elemento portava ad individuarne i destinatari, con cio' venendo a mancare un elemento di fattispecie, caratterizzata dalla finalita' di trasferire armi a terzi (e non essendo sufficiente un generico interesse ad acquistarle). Peraltro, contraddittoria era la motivazione della sentenza impugnata laddove, per un verso, escludeva la rilevanza ai fini della consumazione del delitto in esame della prova della positiva conclusione della trattativa e, per altro verso, affermava come i successivi discorsi captati tra (OMISSIS) e (OMISSIS) confermassero l'avvenuto acquisto delle armi da parte di terzi alla luce della loro esistenza e della serieta' dell'offerta per come "nella prospettazione accarezzata dagli acquirenti (OMISSIS) e (OMISSIS)". 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 110, 56 e 73. Anche con riguardo a tale fattispecie (capo 26) dal contenuto della conversazione ambientale dell'11.3.2014 emergeva la mancanza di elementi per ritenere provato il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente, non ricavandosi il prezzo di vendita, la quantita' e le modalita' di pagamento, tutti indici rivelatori, necessari per poter documentare il tentato delitto in contestazione. La censura investe, pertanto, il discrimine tra tentativo punibile e la condotta penalmente rilevante, ricavata dalla Corte di merito sulla scorta di elementi privi del necessario significato dimostrativo ed avvalorata mediante il ricorso ad una motivazione di carattere illogico. Si era poi valorizzato in modo "circolare" il materiale indiziario raccolto per la violazione della legge armi a sostegno di differente fattispecie in ragione di un'asserita strumentalita' tra fattispecie di per se' inidonea ad assumere autonoma valenza dimostrativa. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p. La sentenza impugnata risulta altresi' censurabile nella parte in cui ritiene sussistente l'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 (ora 416-bis.1 c.p.), sul presupposto che attraverso la propria condotta l'indagato ha arrecato vantaggio al sodalizio mafioso riconducibile al (OMISSIS), ma tale valutazione merita censura, in quanto mancava il dolo specifico, ossia la volonta' di favorire ovvero di facilitare l'attivita' del gruppo, vantaggio che non poteva trarsi in via "automatica" neanche nel caso in cui il soggetto avvantaggiato sia posto in un ruolo apicale all'interno della presunta consorteria, sussistendo quantomeno il dubbio in merito alla ricorrenza di tale aggravante, posto che il ricorrente non e' stato mai coinvolto in fatti di criminalita' organizzata ovvero in altri reati, ne' sono stati certificati rapporti di frequentazione con soggetti controindicati. Il ricorrente (OMISSIS) censura, altresi', la valenza del riferimento alla qualita' di "soggetto orbitante" per via dell'excursus giudiziario di alcuni suoi parenti, operato dalla Corte di merito ai fini dell'applicazione dell'aggravante nei confronti del ricorrente. Richiamati gli arresti di questa Corte sul tema, si lamenta come la finalita' agevolatrice sia stata esclusivamente dedotta e, dunque, non possa trovare applicazione in relazione ad entrambi i capi di imputazione contestati. 4. ( (OMISSIS)) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione agli articoli 133 e 62-bis c.p.. Non si era apprezzato il ruolo marginale rivestito dal ricorrente nell'ambito della piu' ampia e complessa vicenda illecita oggetto di giudizio, finendo per ricorrere ad una sorta di motivazione collettiva priva della necessaria aderenza con la posizione del ricorrente, priva di un ruolo di primo piano o decisionale. (OMISSIS) (conferma, anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 7.400,00 di multa per i reati di violazione della legge armi di cui ai capi 71 (limitatamente alla detenzione) e 72 (cessione), esclusa per entrambe le fattispecie l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., ritenuta la continuazione e la contestata recidiva). Al riguardo, deduce: 1. omessa e/o illogica motivazione con riferimento alle censure contenute nell'atto di appello in ordine alla responsabilita' dell'imputato per il reato di cui al capo 71). La sentenza impugnata, pur non ritenendo provato l'elemento portante dell'intero impianto accusatorio, quale l'identificazione dell'imputato nel soggetto soprannominato "Brigante" (promissario acquirente del coimputato (OMISSIS) di una pistola calibro 38), confermava la penale responsabilita' del ricorrente mediante un richiamo "pressoche' totale" alla sentenza di primo grado ed alle "ancor valide considerazioni del G.I.P.". 2. mancanza e/o illogicita' della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e, in particolare, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. I giudici di seconde cure avrebbero omesso di operare una valutazione quantitativa della pena in ordine alla posizione di ciascun imputato, ivi compreso il ricorrente, limitandosi ad enunciare i principi generali in materia di commisurazione del trattamento sanzionatorio, senza effettuarne la necessaria personalizzazione ai fini del calcolo della pena. 3 inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in particolare della L. n. 895 del 1967, articolo 7, comma 1, stante la mancata mitigazione della pena che la Corte territoriale avrebbe dovuto apportare al trattamento sanzionatorio in forza della enunciazione di detta circostanza attenuante nell'editto accusatorio recepito in sentenza. Inoltre, risultava "eccessivo" anche l'aumento applicato per la continuazione, stante la ritenuta possibilita' di ritenere assorbite le condotte di cui al capo 71) nell'ipotesi delittuosa contestata con il capo 72) dell'imputazione. (OMISSIS) (riforma, dieci anni di reclusione per i reati di cui ai capi 1) e 61) della rubrica, con la recidiva reiterata ed infraquinquennale e ritenuta la continuazione). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'artt 125 e articolo 416-bis c.p.. La censura attiene alla sussistenza e corretta individuazione degli elementi costitutivi della âEuroËœndrangheta " (OMISSIS)", atteso che l'assenza di concreta operativita' travolgeva la possibilita' di cogliere i tratti mafiosi di tale gruppo sotto il profilo irrinunciabile della ricorrenza della forza di intimidazione imposta dal precetto penale. Ne' a tale fine era sufficiente il mero richiamo ad una sorta di contiguita' con la locale di (OMISSIS), come se cio' bastasse a conferire a detto autonomo gruppo un gia' avvenuto, precedente ed effettivo assoggettamento omertoso della popolazione, soprattutto non potendosi strumentalizzare una condizione di assoggettamento e di omerta' nel relativo ambiente territoriale non discesa dalla presunta cosca " (OMISSIS)". Ne' all'uopo poteva farsi riferimento al fatto che il (OMISSIS) fosse stato gia' coinvolto in processi di mafia, non essendo sufficiente tale status individuale ad attribuire caratura mafiosa al gruppo criminale e, dunque, a soddisfare l'elemento caratteristico dell'intimidazione esterna, cioe' la proiezione e il radicamento esterno di detto metodo mafioso. Ne' al riguardo poteva richiamarsi la c.d. intimidazione interna, ossia la messa a disposizione dei presunti correi rispetto ai presunti capi, difettando di quella necessaria proiezione esterna di cui si e' detto. In conclusione, i giudici di merito avevano finito per attribuire illogicamente a quel quid pluris richiesto dalla norma incriminatrice i contorni di una circostanza di carattere "soggettivo" e di "derivazione locale", di guisa che qualunque entita' criminosa creata da soggetti provenienti da realta' territoriali ad elevata infiltrazione mafiosa finirebbe per colorarsi putativamente dell'attributo della mafiosita'. In realta' tenuto anche conto dell'esiguo numero dei componenti, dell'assenza di reali mezzi materiali per ottenere ed estrinsecare il metodo mafioso, si trattava al piu' di un sodalizio semplice. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 99 c.p.. Si erano poste a fondamento dell'aggravante condotte realizzate dal ricorrente allorche' era ancora minorenne senza considerare il lasso di tempo intercorso e l'assenza di correlazione con il precedente reato. (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) (riforma, dieci anni e otto mesi di reclusione per il reato di cui al capo 1 della rubrica). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 192 stesso codice ed in ordine all'articolo 416-bis c.p., nonche' del disposto di cui all'articolo 546 c.p.p., lettera e). La censura attiene alla connotazione "mafiosa" dell'associazione contestata, con particolare riguardo alla sussistenza del metodo nell'accezione intesa dalla giurisprudenza di legittimita' al riguardo richiamata. Si lamenta, poi, l'assenza di elementi idonei ad avvalorare l'appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso, anche quale condivisione di condotte delittuose concrete, tratta da alcune vicende collaterali che, sia isolatamente che, unitariamente considerate, erano prive di valenza dimostrativa: cosi' il collaboratore di giustizia (OMISSIS), seppur riferendo di essere stato affiliato alla âEuroËœndrangheta nel lontano 1994 alla presenza del ricorrente, il quale avrebbe quantomeno rivestito la carica del Vangelo, non disponeva di un patrimonio conoscitivo valido in quanto poi allontanato dalla cosca, ne' riferiva riguardo a condotte associative che il ricorrente avrebbe posto in essere nel periodo storico oggetto di contestazione, tantomeno in ordine alla semplice condotta di messa a disposizione. Anzi lo stesso collaboratore aveva dichiarato che il ricorrente si era allontanato dall'ambiente criminale di riferimento in occasione della tragica morte del figlio, episodio che la Corte di merito aveva ritenuto in modo congetturale rafforzativo dei legami criminali con la famiglia (OMISSIS). Ne' le conversazioni telefoniche captate all'interno dell'abitazione del (OMISSIS), al di la' dei propositi da questi avanzati, erano evocative di un diretto coinvolgimento del ricorrente in attivita' associative; il riferimento che il (OMISSIS) aveva operato, nell'ambientale del 15 marzo 2014, ai figli del ricorrente (OMISSIS) e (OMISSIS) ed alla circostanza che l'imputato fosse stato "capo societa'" da una vita ovvero fosse stato sempre "il referente numero uno", era tutt'al piu' evocativo della risalenza nel tempo di condotte di cui non era stata operata una verifica in ordine alla loro effettiva attualizzazione. Cosi', quale mero riferimento di carattere familiare doveva intendersi quanto riferito al (OMISSIS) dal figlio del ricorrente (OMISSIS) ("mio padre ora me l'ha detto, fate quello che volete, fatevi una strada a me ha detto, a me lasciatemi consigli"), che la Corte di merito invece aveva ritenuto espressivo di un placet paterno ad entrare nella âEuroËœndrina distaccata del (OMISSIS). Insomma, si era tratta la prova della partecipazione da un compendio intercettivo insufficiente, i cui dialoghi avevano significato equivoco, non essendo evocativi del contesto criminale in cui i conversanti pur agiscono, in assenza di un materiale coinvolgimento nelle attivita' della cosca e di riferimenti che, anche in ragione dei termini impiegati, erano riferibili al passato. Da qui la necessita' di rinvenire elementi di riscontro, non presenti agli atti di causa. In sostanza, dalle intercettazioni non poteva ricavarsi la prova di alcuna contiguita' di carattere delittuoso che si fosse tradotta in un contributo di carattere stabile, avente effettiva rilevanza causale, ma semmai emergeva una normalissima relazione conoscitiva che non avrebbe mai potuto sottintendere la sussistenza di alcun interesse di carattere illecito. Difettavano nel compendio probatorio evidenziato dai giudici di merito gli elementi dimostrativi di una condotta dinamica e funzionalmente connessa al perseguimento del programma criminale del sodalizio, anche nella veste di "consigliori" che la sentenza impugnata aveva apoditticamente ascritto al ricorrente. Peraltro, le stesse conversazioni additate al ricorrente (quelle del 15 e 18 marzo 2014) erano equivoche financo in ordine alla sua certa identificazione (indicato come "(OMISSIS)", da ricondursi invece al nipote della persona da affiliare, mentre il ricorrente ne era lo zio) quale soggetto che avrebbe dovuto essere consultato da (OMISSIS) e (OMISSIS) per inserire tra i sodali il figlio di (OMISSIS) (ossia (OMISSIS) cl. (OMISSIS)), pure nipote dello (OMISSIS), senza la cui approvazione il (OMISSIS) non si sarebbe sentito sicuro; al piu' si trattava di comunicazioni giustificate dal legame di parentela e comunque non vi era prova che tale intendimento avesse avuto seguito. Ne' indici dimostrativi di intraneita', per come asseverato dalla Corte di legittimita', potevano ricavarsi da alcune sporadiche frequentazioni che la sentenza impugnata aveva citato ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)). Le conversazioni poi non vedevano protagonista il ricorrente, bensi' terze persone, ne' potevano assurgere a riscontro delle accuse mosse dal collaboratore di giustizia (OMISSIS). Nessun concreto elemento era stato valorizzato a disvelare la perpetrazione di delitti fine (neppure contestati al ricorrente), ovvero il rafforzamento del proposito criminale dei propri stretti congiunti. In conclusione, mancava l'individuazione di elementi idonei ad asseverare la condotta di partecipazione, occorrendo un contributo idoneo a fornire efficacia al mantenimento in vita e al perseguimento degli scopi del sodalizio, non essendo all'uopo sufficiente la mera vicinanza o disponibilita' episodica ad aiutare un esponente di vertice, necessitando per assurgere nell'area del penalmente rilevante di un carattere continuativo e fiduciario. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 192 ed in ordine all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, la censura attiene all'assenza di prova che il ricorrente avesse una qualche disponibilita' di armi. Congetturale era l'aver ricondotto la disponibilita' di armi al sodalizio facendo ricorso al notorio, traducendosi, in difetto dei necessari elementi fattuali di sostegno, in una petizione di principio. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 62-bis e 133 c.p.. Non si era doverosamente apprezzata la condotta processuale del reo improntata alla celere definizione del processo e priva di atteggiamenti di carattere dilatorio. (OMISSIS) (in riforma, rideterminata la pena, previa esclusione della contestata recidiva, in anni otto di reclusione per il delitto di cui al capo 1), in qualita' di componente in possesso del "Vangelo"). 1. Con un unico motivo di ricorso, deduce la "violazione dell'articolo 192 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e) con conseguente motivazione illogica". Si lamenta che la sentenza impugnata ha confermato la responsabilita' penale del ricorrente affermata dal primo giudice unicamente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), omettendo di indicare le condotte materiali attraverso le quali si sarebbe concretizzato il contributo prestato all'associazione di stampo mafioso. Inoltre, si deduce come il propalato del collaboratore di giustizia sia privo dei necessari risconti esterni individualizzanti, idonei a dimostrare la effettiva partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale. Cio' posto, si deduce, altresi', l'insufficienza della detenzione della dote del "Vangelo" ad integrare l'elemento materiale del delitto di cui all'articolo 416-bis c.p., in quando non espressivo della necessaria "messa a disposizione" del ricorrente a favore del gruppo criminale (all'uopo si richiamano anche i principi espressi nella recente sentenza delle S.U. del 27/5/2021). (OMISSIS) (riforma, dieci anni di reclusione per i reati di cui ai capi 1) e 61) della rubrica, con la recidiva reiterata ed infraquinquennale e la continuazione). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 192 ed in ordine all'articolo 416-bis c.p., nonche' del disposto di cui all'articolo 546 c.p.p., lettera e). La censura attiene alla connotazione "mafiosa" dell'associazione contestata, con particolare riguardo alla sussistenza del metodo nell'accezione intesa dalla giurisprudenza di legittimita' al riguardo richiamata. Si lamenta, poi, l'assenza di elementi idonei ad avvalorare l'appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso, anche quale condivisione di condotte delittuose concrete, che era stata tratta da alcune vicende collaterali che, sia isolatamente che unitariamente considerate, erano prive di valenza dimostrativa: cosi' il collaboratore di giustizia (OMISSIS) non menzionava il ricorrente tra gli adepti, ne' disponeva di un patrimonio conoscitivo valido in quanto poi allontanato dalla cosca; le due conversazioni telefoniche captate all'interno dell'abitazione del (OMISSIS) del 13 e 15 marzo 2014 non erano evocative di un diretto coinvolgimento in attivita' associative; non vi era prova certa della partecipazione del ricorrente, unitamente al germano (OMISSIS), ad un incendio subito da (OMISSIS) che i due avrebbero commesso in concorso con il (OMISSIS), fatto tuttavia privo di rilievo associativo; mero dato di carattere familiare doveva riconoscersi al riferimento fatto da (OMISSIS) al padre (OMISSIS) nel corso della conversazione del 15 marzo 2014 (che la Corte invece aveva ritenuto espressivo di un placet paterno rivolto ai figli ad entrare nella âEuroËœndrina distaccata di (OMISSIS)). Insomma, si era tratta la prova della partecipazione da un compendio intercettivo insufficiente, i cui dialoghi avevano significato equivoco, non essendo evocativi del contesto criminale in cui i conversanti pur agiscono, in assenza di un materiale coinvolgimento nelle attivita' della cosca. Da qui la necessita' di rinvenire elementi di riscontro, non presenti agli atti di causa. In sostanza, dalle intercettazioni non poteva ricavarsi la prova di alcuna contiguita' di carattere delittuoso che si fosse tradotta in atto attraverso un contributo di carattere stabile, avente effettiva rilevanza causale; semmai emergeva una normalissima relazione conoscitiva che non avrebbe mai potuto sottintendere la sussistenza di alcun interesse di carattere illecito. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 192 ed in ordine all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, la censura attiene all'assenza di prova che il ricorrente avesse una qualche disponibilita' di armi. Congetturale era l'aver ricondotto la disponibilita' di armi al sodalizio facendo ricorso al notorio, traducendosi, in difetto dei necessari elementi fattuali di sostegno, in una petizione di principio. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p.. Si lamenta l'assenza di finalizzazione, in relazione alle contestazioni mosse al ricorrente, delle utilita' che sarebbero derivate dalla ritenuta attivita' illecita posta in essere rispetto alle finalita' del sodalizio, tantomeno l'utilizzo del metodo mafioso. Ne' a tale fine era dimostrativo il ritenuto concorso dei ricorrenti con il (OMISSIS) nell'episodio del danneggiamento ai danni del (OMISSIS), in quanto riferibile unicamente ai rapporti intercorrenti tra quest'ultimi due. 4. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione agli articoli 62-bis e 133 c.p.. Non si era doverosamente apprezzata la condotta processuale del reo improntata alla celere definizione del processo. (OMISSIS) (primo grado: responsabile dei reati di cui ai capi 1, 14 (esclusa l'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7), 20, 21, 22, 23, 26, 28, 34, 36, 37, 42, 49, 50, 51, 53, 54, 55, 56, 57, 58 (previa riqualificazione nella fattispecie di cui agli articolo 455 c.p. e L. n. 203 del 1991, articolo 7), 59, 60, 63, 75, 77, 78, 79 e, per l'effetto, ritenuta la contestata recidiva, e previo riconoscimento della continuazione, lo condanna alla pena finale di anni 20 di reclusione ed Euro 74.000 di multa. Appello: rigetto appello del P.M.; riforma: per effetto della continuazione dei reati qui giudicati con quelli di cui alla sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 21.3.2018 esecutiva il 4.9.2018 ridetermina la pena in complessivi anni 29 di reclusione ed Euro 90.000,00 di multa). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.. La censura attiene alla sussistenza e corretta individuazione degli elementi costitutivi della âEuroËœndrangheta " (OMISSIS)", atteso che l'assenza di tale concreta operativita' travolgeva la possibilita' di cogliere i tratti mafiosi di tale gruppo sotto il profilo irrinunciabile della ricorrenza della forza di intimidazione imposta dal precetto penale. Ne' a tale fine era sufficiente il mero richiamo ad una sorta di contiguita' con la locale di (OMISSIS), come se cio' bastasse a conferire a detto autonomo gruppo un gia' avvenuto, precedente ed effettivo assoggettamento omertoso della popolazione, soprattutto non potendosi strumentalizzare una condizione di assoggettamento e di omerta' nel relativo ambiente territoriale non discesa dalla presunta cosca (OMISSIS). Ne' all'uopo poteva -farsi riferimento al fatto che il (OMISSIS) sia stato gia' coinvolto in processi di mafia, non essendo sufficiente tale status individuale ad attribuire caratura mafiosa al gruppo criminale e, dunque, a soddisfare l'elemento caratteristico dell'intimidazione esterna, cioe' la proiezione e il radicamento esterni di detto metodo mafioso. Ne', al proposito, poteva richiamarsi la c.d. intimidazione interna, ossia la messa a disposizione dei presunti correi rispetto ai presunti capi, difettando di quella necessaria proiezione esterna di cui si e' detto. In conclusione, i giudici di merito avevano finito per attribuire illogicamente al quid pluris richiesto dalla norma incriminatrice i contorni di una circostanza di carattere "soggettivo" e di "derivazione locale", di guisa che qualunque entita' criminosa creata da soggetti provenienti da realta' territoriali ad elevata infiltrazione mafiosa finirebbe per colorarsi putativamente dell'attributo della mafiosita'. In realta' tenuto anche conto dell'esiguo numero dei componenti, dell'assenza di reali mezzi materiali per ottenere ed estrinsecare il metodo mafioso, si trattava al piu' di un sodalizio semplice. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 125 c.p.p., articoli 81, 133 e 78 c.p.. 2.1. La censura attiene all'omessa motivazione in ordine agli aumenti operati a titolo di continuazione. 2.2. Si lamenta, poi, la violazione ad opera del giudice del merito del criterio moderatore di cui all'articolo 78 c.p., posto che lo stesso in sede di cognizione si applica dopo la determinazione della pena finale complessiva oltre che degli aumenti interni anche di quelli relativi al riconoscimento del vincolo della continuazione con fatti reato di altro procedimento, in ossequio al principio di unicita' della pena stabilito dall'articolo 80 c.p.. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 99 c.p.. Si lamenta che a base dell'applicazione della recidiva la Corte di merito abbia fatto ricorso a mere formule di stile, registrandosi, pertanto, una motivazione meramente apparente. (OMISSIS) (riforma, anni nove, mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 24.800 di multa per i reati di cui al capo 23), 25) escluso la L. n. 203 del 1991, articolo 7 e 26), ritenuta la contestata recidiva reiterata e specifica, nonche' la continuazione) 1. violazione di legge, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione con riguardo al riconoscimento della fattispecie consumata per i reati di cui al capo 23) - articoli 99 e 110 c.p., L. n. 895 del 1967, articolo 1, articolo 416-bis.1 c.p. -, nonostante l'esito inconcludente delle trattative per la compravendita delle armi. Tale qualificazione giuridica risultava irragionevolmente divergente rispetto a quella conferita alla omologa condotta, contestata al ricorrente al capo 26), consistente nella partecipazione ad un'attivita' prenegoziale, finalizzata alla compravendita di stupefacenti, e qualificata in termini di reato tentato. Tale differente valutazione giuridica delle due condotte, la cui omogeneita' risultava rilevabile tanto con riguardo al disvalore sociale da queste espresso quanto con riferimento alla formulazione sintattica e terminologica delle norme incriminatrici che le prevedono, aveva condotto anche ad una irragionevole disparita' del trattamento sanzionatorio, per effetto dell'applicazione della diminuente di cui all'articolo 56 c.p. alla sola condotta avente ad oggetto le sostanze stupefacenti. Dunque, a fronte delle due condotte omologhe di cui ai capi 23) e 26), consistenti nella partecipazione alle trattative per la compravendita di armi e di sostanze stupefacenti, la Corte territoriale avrebbe dovuto riconoscere il medesimo trattamento, sia in punto di qualificazione giuridica a titolo di tentativo, sia in punto di trattamento sanzionatorio. 2. violazione di legge, illogicita' e contraddittorieta' della motivazione "in relazione all'imputazione oggettiva e soggettiva dell'aggravante delle c.d. armi da guerra rispetto ai reati di cui al capo 23)", in quanto difettavano elementi probatori idonei a dimostrare l'inclusione di dette armi nell'oggetto della trattativa. Anzi, il propalato del collaboratore (OMISSIS) non colmava tale vuoto probatorio e le risultanze captative escludevano qualsivoglia consapevolezza del ricorrente circa la serieta' delle trattative aventi ad oggetto la compravendita di armi da guerra. 3. illogicita' e contraddittorieta' della motivazione con riguardo al reato di cui al capo 25) - articolo 99 c.p. e L. n. 895 del 1967, articoli 2 e 7, articolo 416-bis.1 c.p. -, in quanto le risultanze probatorie non consentivano di identificare il ricorrente nel soggetto per cui conto ed a cui favore (OMISSIS) avrebbe custodito le armi, in considerazione della equivocita' del contesto captativo e della insussistenza di immagini fotografiche attestanti la traditio delle armi. 4. illogicita' della motivazione e travisamento della prova in relazione al riconoscimento della responsabilita' penale del ricorrente a titolo di concorso personale nel il reato di cui al capo 26) - articoli 99, 56, 81 e 110 c.p. Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e articolo 73 -, in particolare nella compravendita di cocaina, in quanto dalle risultanze probatorie e dall'ordinanza cautelare emessa nei confronti dell'imputato e richiamata in sentenza emergerebbe che la condotta di compravendita di stupefacente aveva ad oggetto esclusivamente droghe leggere, non anche droghe pesanti. 5. illogicita' e contraddittorieta' della motivazione in ordine alla imputazione soggettiva dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. per i reati di cui ai capi 23) e 26), in quanto difettava in capo al ricorrente sia la proiezione teleologica personale sia la consapevolezza circa la finalizzazione della condotta dei concorrenti, volta alla agevolazione del sodalizio di stampo mafioso. Inoltre, il riferimento ad una "comune fratellanza" dei correi, attestato dalle intercettazioni telefoniche, era stato erroneamente inquadrato dai giudici di merito come certificazione della destinazione sodale degli eventuali proventi delle attivita' illecite, dovendo invece intendersi come un mero richiamo alla reciproca affidabilita' dei soggetti agenti, nell'ambito di una concorsualita' limitata al singolo affare. 6. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, in quanto i giudici di merito avevano arbitrariamente confinato nel limite minimo la diminuente ex articolo 56 c.p., ed irragionevolmente riservato al ricorrente un trattamento deteriore rispetto a quello riconosciuto al concorrente (OMISSIS), pur nella piena sovrapponibilita' della condotta concorsuale e del ruolo rivestito nella medesima fattispecie delittuosa, ed a fronte della condotta collaborativa del ricorrente. 7. Con memoria depositata in data 17/12/2021, la difesa del ricorrente ha depositato motivi aggiunti, con cui si insiste nell'accoglimento dei motivi proposti con il ricorso principale. (OMISSIS) cl. (OMISSIS) (conferma della sentenza impugnata, capi 68), ritenuta la condotta di detenzione di armi comuni da sparo, 69) e 70), con esclusione per tutti i reati l'aggravante ex articolo 416-bis.1 c.p., con la continuazione e la recidiva, anni cinque mesi otto di reclusione ed Euro 3.000.00 di multa). Al riguardo, deduce: 1. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento ai capi 68) e 70); in subordine riqualificazione dei fatti contestati nella forma tentata con conseguente rideterminazione della pena. 1.1. Il primo rilievo attiene all'assenza di valenza dimostrativa della prova d'accusa, fondandosi questa esclusivamente sul contenuto di una captazione ambientale (in data 21.3.2014 all'interno dell'abitazione del (OMISSIS)), priva di riscontro avendo avuto esito negativo la perquisizione volta a rinvenire le armi. Si trattava, dunque, di ipotesi di "armi parlate". 1.2. Il secondo rilievo investe la corretta qualificazione giuridica del fatto alla luce del significato ricavabile dalle intercettazioni, in quanto, pur avendo il ricorrente manifestato al (OMISSIS) il suo interesse per l'acquisto delle armi, le stesse non gli erano state consegnate per l'ora tarda e le difficolta' a recuperare il materiale balistico dal luogo in cui era custodito. La responsabilita' dell'imputato era stata dunque tratta esclusivamente dall'acquisita consapevolezza che il (OMISSIS) aveva delle pistole occultate che avrebbe dovuto consegnargli (evidentemente sconoscendo il ricorrente persino il luogo in cui erano state nascoste). Per potersi configurare il concorso nei reati di detenzione illegale di armi, rileva il ricorrente, e' necessario avere la disponibilita' dell'arma, ossia che il soggetto versi in una situazione di fatto tale per cui possa in qualsiasi momento utilizzarla. La semplice consapevolezza che altri ne abbiano il possesso non e' sufficiente ad integrare la fattispecie di detenzione illegale. L'assoluzione dal reato di porto di cui al capo 68), in ragione dell'assenza di prova della consegna dell'arma da (OMISSIS) all'imputato, avrebbe dovuto spiegare i suoi effetti anche sulla ritenuta detenzione. Parimenti doveva escludersi che il ricorrente avesse messo in vendita delle armi, per come contestatogli al capo 70), in difetto di un concreto acquirente che avesse manifestato interesse all'acquisto ovvero che fosse stato dal ricorrente contattato per la vendita. Ne' a conferma dell'esistenza di un pregresso accordo che il ricorrente avrebbe concluso per vendere una delle armi "prelevate" dal (OMISSIS) poteva assumere valenza di prova il contenuto della conversazione citata sul punto dalla sentenza impugnata: la sollecitazione che il ricorrente avrebbe rivolto al (OMISSIS) di avere l'arma era una mera giustificazione per ottenere la celere consegna dell'arma. 2. violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al delitto di cui al capo 70) della rubrica. L'assenza di prova che il ricorrente avesse effettivamente prelevato le armi a casa del suocero (OMISSIS) precludeva che potesse contestarsi a suo carico la ricettazione. Peraltro dall'intercettazione posta a fondamento dell'affermazione di responsabilita' non emergeva con certezza il tipo di munizionamento dell'arma oggetto della ricezione (se cal. 9x21 normale o Luger), ne' la consapevolezza in capo al ricorrente del tipo di calibro, aspetti di rilievo non ricavabili da un contenuto intercettivo che risultava invece poco intellegibile, con la conseguenza che non si poteva ritenere esistente il delitto presupposto di cui al Decreto Legislativo n. 204 del 2010, articolo 5 che vieta la vendita di armi corte semiautomatiche che sono camerate per il munizionamento nel calibro 9x19 parabellum. 3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'eccessivita' della pena inflitta - dosimetria della pena. Mancava un'adeguata motivazione sulle ragioni che avevano indotto il giudice del merito a discostarsi dal minimo (stabilito sul reato di cui al capo 69 nella misura di quattro anni ed Euro 1.500 di multa), tenuto conto che era stato anche asseverato il ruolo marginale dell'imputato nella vicenda. 4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'aumento operato per la recidiva. A parte il rilievo sulla mancanza di una specifica contestazione in ordine al tipo di recidiva, difettava un'attenta valutazione della gravita' dell'illecito commesso in relazione alla maggiore attitudine a delinquere manifestata dal reo, nonche' la valutazione di continuita' con le precedenti condanne. 5. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche e conseguente giudizio di bilanciamento con la recidiva, a fronte della correttezza del comportamento processuale tenuto dall'imputato e della positiva personalita' del ricorrente (precedenti datati, condotta priva di indole proclive all'azione criminosa, assenza di sintomi di pericolosita'). 6. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'aumento di pena ex articolo 81 cpv. c.p.. Mancava una dettagliata motivazione sulla misura degli aumenti, tanto piu' necessaria stante lo scostamento della pena base dal minimo edittale. (OMISSIS), cl. (OMISSIS) (riforma, anni otto e mesi otto di reclusione per il reato di cui al capo 1), con posizione qualificata, con la recidiva reiterata ed infraquinquennale). Al riguardo, con due distinti ricorsi, deduce: 1. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla prova dell'appartenenza del ricorrente all'interno della consorteria mafiosa di (OMISSIS) con la dote del vangelo. Premessa la distinzione della valutazione in tema cautelare rispetto a quella di cognizione, tenuto conto che la sentenza impugnata aveva richiamato a sostegno dell'affermazione di responsabilita' le motivazioni della sentenza della S.C. resa nell'ambito del giudizio di cautela, e richiamata la giurisprudenza anche recente a S.U. di questa Corte sul tema della partecipazione, evidenzia come, al di la' di mere propalazioni (il riferimento e' all'interrogatorio di (OMISSIS) e ad una conversazione intercettata di (OMISSIS)), non vi siano elementi atti a far ritenere concretamente uno stabile inserimento del ricorrente nella struttura organizzativa dell'associazione di stampo âEuroËœndranghetista. Peraltro, con riguardo al contenuto dell'intercettazione ambientale del (OMISSIS), il riferimento al ricorrente era solo nominativo e quello all'autovettura in suo possesso - peraltro una delle piu' comuni - veniva fatto da altro conversante, il (OMISSIS). 2. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla locale di (OMISSIS), all'esistenza dei reati fine e all'apporto contributivo del ricorrente. Travisamento delle emergenze processuali. La Corte di appello aveva omesso di apprezzare che nessun coinvolgimento del ricorrente nei molteplici delitti fine attribuiti alla cosca era stato asseverato; nessun avvistamento nei luoghi deputati agli incontri, nessun rapporto con i soggetti coinvolti, nessuna partecipazione a riunione di âEuroËœndrangheta. Tale assenza di contributi strideva con una ricostruzione che attribuiva al ricorrente un ruolo significativo all'interno della cosca. 3. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'assenza di riscontri circa la partecipazione ai reati fine e all'intraneita' del ricorrente nella locale di (OMISSIS). Si lamenta che il giudizio di responsabilita' si fondi esclusivamente sul conferimento di una dote, in assenza di ogni ulteriore e valido riferimento ad un ambito partecipativo concreto e dinamico rispetto al gruppo di riferimento, non avendo mai posto in essere l'imputato specifiche attivita' o preso parte a riunioni di settore. 4. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla contestazione di far parte di un'associazione armata. La censura attiene all'assenza di elementi dimostrativi della conoscenza da parte del ricorrente della disponibilita' in capo ai sodali coimputati di armi. Il ricorrente, peraltro, mai era stato visto presso il locale ove sarebbero avvenuti gli spostamenti delle armi. 5. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla dosimetria della pena. Si censura l'omissione da parte dei giudici di merito degli indici positivi che avrebbero consentito la concessione delle attenuanti generiche; i precedenti erano datati nel tempo; travisati quelli di polizia; successivamente la condotta era stata improntata a rettitudine. 6. "sulla recidiva" (reiterata ed infraquinquennale). Si lamenta l'assenza di idonea motivazione in ragione del fatto che il precedente annoverato risale all'anno 2000 e si tratterebbe di un reato diverso da quello in contestazione. Peraltro, si faceva riferimento ad un passaggio tra societa' minore e societa' maggiore che non risulta avere alcun nesso con le contestazioni subite nei due procedimenti penali. 7. violazione di legge per mancato rispetto del principio della successione di leggi penali. La condotta associativa del ricorrente resterebbe confinata agli anni precedenti al 2010, ancorata ai precedenti penali che risalgono ai primi anni 2000 e, dunque, occorreva applicare il piu' favorevole trattamento sanzionatorio precedente alla modifica del 2008, piu' favorevole al ricorrente. (OMISSIS) (parziale accoglimento appello del PM, condanna per il reato di cui al capo 10) limitatamente alla prima condotta in relazione alla rivelazione del nominativo del possibile autore dell'omicidio di (OMISSIS) e, esclusa l'aggravante di cui alla Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, mesi 6 di reclusione, con sospensione condizionale della pena e non menzione; conferma dell'assoluzione del ricorrente per i reati di cui ai capi 11) e 12) per non aver commesso il fatto con rigetto sul punto dell'appello del PM). Al riguardo, deduce: 1. "violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) in relazione all'erronea applicazione dell'articolo 603 c.p.p., comma 3 bis" in quanto la Corte territoriale avrebbe dapprima disposto la riassunzione della testimonianza del collaboratore (OMISSIS), sulla scorta della ritenuta decisivita' delle sue dichiarazioni ai fini del ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado, e successivamente avrebbe escluso detta prova dal novero degli elementi fondativi della condanna del ricorrente. Inoltre, stante la riapertura istruttoria, la Corte territoriale avrebbe dovuto adottare una decisione "piu' prudente", ponendo alla base della sentenza di condanna elementi probatori nuovi, e non la propria alternativa interpretazione del compendio intercettivo. 2. "violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), per erronea applicazione dell'articolo 326 c.p.". Posto che il delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio non risulta configurato quando la notizia divulgata sia divenuta di dominio pubblico, ne' quando essa sia rivelata a persone che ne siano gia' venute a conoscenza, nel caso di specie nessuna rivelazione di notizie coperte dal segreto di ufficio vi era stata da parte del ricorrente, essendosi al piu' limitato a comunicare al correo una notizia "gia' nota in paese", e comunque al solo fine di agevolare l'utile prosecuzione delle indagini. Inoltre, in considerazione dei connotati ontologici della condotta del ricorrente, si censura l'erronea sussunzione del fatto sotto l'ipotesi delittuosa di cui all'articolo 326 c.p., comma 1 punita a titolo di dolo, in luogo della fattispecie di cui al comma 2 della medesima norma, punita a titolo di colpa. 3. "violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera e) per illogicita' e per difetto di motivazione" nella parte concernente la ritenuta integrazione dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all'articolo 326 c.p., anche alla luce dell'obbligo di motivazione rafforzata gravante sul giudice d'appello in caso di ribaltamento della sentenza di assoluzione di primo grado. In particolare, il vizio di logicita' dell'impianto motivazionale in ordine alla ritenuta rilevanza penale della condotta del ricorrente deriverebbe dalla rivelazione del nome del possibile autore dell'omicidio di (OMISSIS), sulla base dalla irragionevole premessa secondo cui all'ottenimento di informazioni utili all'attivita' investigativa deve pervenirsi mediante richieste vaghe e generiche. Inoltre, si censura la assoluta mancanza di motivazione con riguardo all'elemento psicologico del reato ex articolo 326 c.p., comma 1, per il quale e' intervenuta la condanna in appello del ricorrente, non sorretta da alcuna valutazione idonea a giustificare l'inquadramento dell'elemento soggettivo nel dolo piuttosto che nella colpa. 4. "violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione alla quantificazione della pena". La censura e' invero strettamente connessa all'erronea qualificazione della condotta del ricorrente come integrativa della fattispecie di cui all'articolo 326 c.p., comma 1, con conseguente applicazione della sanzione penale prevista per l'ipotesi dolosa, in luogo di quella stabilita dal comma 2 della norma in esame, che punisce il fatto commesso a titolo di colpa. (OMISSIS) (in accoglimento dell'appello del P.M. dichiarato colpevole del reato di cui al capo 1) e condannato alla pena di anni 8 di reclusione). Al riguardo, deduce: 1. violazione di legge sotto il profilo dei presupposti del delitto di cui all'articolo 416-bis c.p.. Si richiama sul tema la recente sentenza delle S.U. di questa Corte secondo cui - con un chiaro sbilanciamento verso il modello causale - per integrare la condotta non e' sufficiente la mera affiliazione formale, ma occorre un apporto causale che si concreti nella realizzazione di un qualsiasi apporto alla vita e all'esistenza dell'associazione. Alla messa a disposizione deve dunque accompagnarsi un quid pluris dimostrativo di una maggiore pregnanza dell'azione delittuosa. La sentenza impugnata, invece, aveva fondato la condotta di partecipazione facendo esclusivo richiamo al modello organizzatorio. Il ruolo "attivo" del ricorrente non poteva ricavarsi dalla vicinanza allo (OMISSIS) al momento dell'agguato ai danni di questi o dalla condanna nel procedimento (OMISSIS), in quanto il tentato omicidio dello (OMISSIS) era diretta conseguenza dell'omicidio (OMISSIS) e non era legato alle dinamiche associative relative alla locale di (OMISSIS); la condanna subita dal ricorrente nel procedimento (OMISSIS) non atteneva alla contestazione associativa mafiosa. In conclusione, si lamenta l'assenza di contributi rilevanti ai fini della partecipazione, in relazione ad una cosca i cui riferimenti spaziali, locali e temporali restavano indefiniti. 2. vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del sodalizio mafioso. Nei fatti mancavano gli elementi tipizzanti di una cosca di âEuroËœndrangheta: assoggettamento ed omerta', programmazione di delitti (non contestati al ricorrente); gestione invasiva delle attivita' commerciali, ottenimento di profitti o vantaggi ingiusti, indici di partecipazione. Cosi' dal compendio intercettivo del (OMISSIS) emergeva la narrazione di fatti vecchissimi non scansionati nel tempo. Quanto al ricorrente, vi era stato un ribaltamento della decisione assolutoria del primo giudice, nonostante le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) - ritenute idonee a delineare il profilo associativo del ricorrente quale referente della locale di (OMISSIS) in grado di negoziare alleanze in vista di scontri con le altre cosche - che non rinvenivano nel narrato dello (OMISSIS), di carattere incerto ed oscillante, valido riscontro ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 3. La Corte d'appello, nel ribaltare la sentenza di primo grado, si era limitata a sostituire la propria differente valutazione a quella svolta dal primo giudice, senza giustificare adeguatamente la chiave interpretativa accusatoria privilegiata e senza confutare puntualmente le argomentazioni su cui si fondava l'esito favorevole del giudizio di primo grado, dimostrandone la fallacia. Peraltro non si era tenuto nel debito conto che, nella ricognizione operata dal (OMISSIS) dei soggetti affiliati alla locale, il ricorrente non era stato menzionato, sebbene lo (OMISSIS) lo indicasse dal 2001 quale partecipe del suo gruppo. Del resto, lo stesso collaboratore, risentito al dibattimento, aveva ammesso di avere inizialmente mentito al P.M. nell'escludere il ruolo certo di associato del ricorrente, per poi, invece, accusarlo quando il procedimento era stato incardinato dinanzi al GUP distrettuale. Tale discrasia, originata da una dichiarata falsita', doveva condurre il giudice ad escludere la stessa generale credibilita' soggettiva del propalante. 3. vizio di motivazione in ordine all'aggravante di essere l'associazione armata. Nessuna motivazione vi era sul perche' le armi del (OMISSIS) fossero dell'associazione. Peraltro, la mancata riconducibilita' di (OMISSIS) ad una precisa âEuroËœndrina, l'assenza di reati fine al medesimo contestati, avrebbe richiesto uno sforzo motivazionale maggiore in ordine alla sua consapevolezza. 4. violazione di legge con riguardo alla successione di leggi penali nel tempo. La censura attiene alla corretta individuazione dei connotati spazio-temporali della condotta di partecipazione, comunque realizzatasi in epoca antecedente all'anno 2010, di talche' la disciplina applicabile andrebbe rinvenuta nel trattamento sanzionatorio piu' favorevole al ricorrente precedente alla modifica del 2008. 5. Con motivi aggiunti in data 24/12/2021, la difesa del ricorrente ha ulteriormente argomentato in ordine alla mancanza della credibilita' soggettiva del (OMISSIS), dell'attendibilita' intrinseca dello (OMISSIS), richiamandosi al riguardo anche l'esito favorevole al ricorrente del compendio intercettivo. (OMISSIS) e (OMISSIS) (riforma: capo 38) estorsione aggravata dalle persone riunite in concorso, nonche' dall'articolo 416-bis.1 c.p., esclusa l'aggravante di cui all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, in continuazione con il delitto di furto aggravato ex articolo 625 c.p., n. 7 di cui al capo 40) per (OMISSIS), esclusa l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.) ed assoluzione dal delitto associativo per entrambi per non aver commesso il fatto; anni 6 di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa per (OMISSIS); anni 6 mesi 4 di reclusione ed Euro 5.200,00 di multa per (OMISSIS)). Al riguardo, con distinti ricorsi - che possono trattarsi unitariamente stante la natura comune e sovrapponibile delle censure, ad eccezione del motivo n. 6 dedotto da (OMISSIS) in ordine al reato di furto al medesimo contestato al capo 40) - deducono: 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 110 c.p., articolo 629 c.p., commi 1 e 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3), articolo 416-bis.1 c.p., articoli 192 e 530 c.p.p.. La censura attiene alla sussistenza di un compendio probatorio idoneo ad asseverare la sussistenza del delitto estorsivo di cui al capo 38) di cui (OMISSIS) e' stato ritenuto autore in concorso con (OMISSIS). Premessa l'assoluzione dei ricorrenti dalla contestazione associativa che li vedeva deputati a commettere estorsioni per conto della locale cosca di âEuroËœndrangheta, si sostiene che la vicenda vada ricondotta ad una lite sulla titolarita' ad impossessarsi di un albero di faggio caduto a causa delle intemperie, frutto di incomprensioni in ordine alla prassi esistente in quel di (OMISSIS) - successivamente persino regolamentata con Delib. del consiglio comunale - per la raccolta di legna da alberi caduti, i cui rami sarebbero serviti al padre di (OMISSIS) per alimentare il forno della sua attivita' commerciale. In sostanza, i ricorrenti avrebbero contestato allo (OMISSIS) (la persona aggredita nel corso della lite) di avere raccolto alcuni rami di faggio ai quali erano interessati; lo (OMISSIS), invece, rivendicava la legittimita' del suo operato, sostenendo che la ditta Cartolano per cui lavorava (egli era il genero del titolare) si era regolarmente aggiudicata la relativa gara di appalto per il taglio degli alberi in questione, precisando, altresi', di avere ottenuto il benestare della locale cosca di âEuroËœndrangheta a cui aveva versato la tangente. A sostegno della prova di colpevolezza, la Corte di merito aveva richiamato un compendio intercettivo caratterizzato dall'assenza ai dialoghi captati dei ricorrenti e, dunque, in ipotesi, dotato di valenza meramente indiziante, nel caso in esame privo dei necessari connotati di gravita', precisione e concordanza; si era poi valorizzata un'intercettazione di cui la Corte di merito aveva travisato il contenuto (ritenendo la pretesa avanzata riferita a piu' alberi anziche' ad un solo, reale oggetto del contendere), traendone l'errata conclusione che i ricorrenti fossero interessati ad un egemone abusivo accaparramento di legna nei boschi (tutti i faggi caduti dalle intemperie), cosi' riconducendo la vicenda ad un'estorsione consumata. Inoltre, si era omesso di considerare, ai fini del corretto inquadramento della fattispecie, che la ditta per cui lavorava la persona aggredita non disponeva di un'autorizzazione alla raccolta dei faggi abbattuti dalle intemperie; inoltre, l'esito delle indagini svolte e le dichiarazioni rese dai testi sentiti dalla difesa ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) consentivano di ricondurre la causale della lite al mancato rispetto di usi civici comunali (nel senso che in caso di caduta di alberi, il primo che se ne avvedeva poteva segnarli acquisendo cosi' il diritto di poter presentare al comune la domanda e poterlo prelevare). 2. violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento del tentativo ex articolo 56 c.p. in relazione all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3. La doglianza riguarda la mancava di prova dell'avvenuta consumazione del reato, cio' non potendosi ricavare dall'intercettazione ambientale del 13/3/2014, citata in sentenza, che non dava conto di come la questione fosse stata poi "sistemata", ossia se il faggio conteso fosse stato consegnato al ricorrente. 3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all'articolo 393 c.p., rientrando la condotta contestata al ricorrente nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, stante l'esistenza di una controversia tra le parti ed avendo agito a tutela delle ragioni di un terzo (il padre (OMISSIS)) e in assenza di un profitto altrui. 4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di estorsione aggravata ex articolo 416-bis.1 c.p.. Difettava il presupposto su cui era stata costruita l'aggravante: non si trattava piu' di un'estorsione di cosca, essendo entrambi i ricorrenti stati assolti dall'appartenenza all'associazione di stampo âEuroËœndranghetista; inoltre era stato anche escluso che dell'estorsione ne fossero a conoscenza i cd. maggiorenti (nella specie (OMISSIS) il (OMISSIS) e (OMISSIS)) e che fosse stata commesso con il loro benestare; la condotta criminosa era stata ricondotta ad un'iniziativa autonoma dei due cugini (OMISSIS) che si contrapponeva al benestare che lo stesso (OMISSIS) aveva rilasciato alla ditta del (OMISSIS) per la raccolta del legname, per come si ricavava dalle conversazioni immediatamente successive all'aggressione perpetrata dai ricorrenti: (OMISSIS) evidenziava che la condotta da costoro tenuta costituiva un disonore per tutta la famiglia considerato che con i loro comportamenti erano venuti meno gli accordi inizialmente assunti con l'imprenditore (OMISSIS), tanto che se lo avesse saputo (OMISSIS) Lino (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), l'unico a salire sulla cabina del trattore condotto dallo (OMISSIS) ed aggredirlo fisicamente, azione non supportata dal cugino (OMISSIS), il quale era intento a trattenere il cugino ostacolando l'aggressione. 6. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al reato di furto contestato al capo 40). Si era ricavata la responsabilita' dal contenuto etero-accusatorio di intercettazioni, erroneamente ritenute non soggette ai canoni di cui all'articolo 192 c.p.p., comma 3. Si trattava, invece, di conversazioni alle quali non aveva partecipato l'inputato (per la precisione di un de relato di un de relato in quanto (OMISSIS) racconta ai suoi interlocutori cio' che avrebbe appreso da (OMISSIS), il quale a sua volta lo avrebbe appreso da (OMISSIS)) e, dunque, necessitanti di elementi di riscontro. Ne' elementi di conferma del coinvolgimento del (OMISSIS) potevano trarsi dal contenuto incerto di un'annotazione di PG richiamata da cui emergeva soltanto il sospetto del coinvolgimento del ricorrente, unitamente ad altri, per essere stato sorpreso a tagliare alberi nell'ambito pero' di un'attivita' lavorativa autorizzata dal committente. 7. violazione di legge e vizio di motivazione in ragione della dosimetria della pena. L'esclusione di una pena stimata sui minimi edittali era supportata dal richiamo di indici di gravita' del reato riferiti a contesti mafiosi ovvero a riferimenti a condotte vessatorie di tipo estorsivo gia' inflitte alla vittima da cui i ricorrenti erano stati ritenuti estranei (gli imputati erano stati assolti dal delitto associativo e non figuravano come concorrenti nell'estorsione mafiosa ai danni del (OMISSIS) contestata al capo 39, attribuita invece ai soli (OMISSIS) e (OMISSIS)). Peraltro, si era indicata a cagione della gravita' del fatto anche la circostanza che la vittima avesse addirittura ricevuto la solidarieta' di altro âEuroËœndranghetista (il (OMISSIS) ed i suoi prossimi congiunti), quando, invece, dal capo di imputazione si ricavava che il (OMISSIS) avrebbe interrotto l'aggressione e sarebbe stato "solidale" con il ricorrente. 8. violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e conseguente giudizio di bilanciamento con l'aggravante in contestazione. Oltre i rilievi indicati al motivo dedotto in punto di dosimetria della pena, si era erroneamente valorizzata in punto di gravita' l'aggressione commessa limitata ad un semplice strattonamento. Il ricorrente, poi, era incensurato e di giovane eta'. (OMISSIS) (riforma, anni sette e mesi quattro di reclusione per il reato di cui al capo 1) con il ruolo di partecipe, esclusa la contestata recidiva). Al riguardo, deduce: 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 416-bis c.p. e articolo 192 c.p.p. (capo 1 dell'imputazione). La censura, gia' ritenuta fondata in sede cautelare, attiene all'assenza di motivazione in ordine alla verifica dell'attualita' dell'inserimento del ricorrente nel sodalizio mafioso contestato, posto che il compendio investigativo acquisito non consente di storicizzare tale attivita', individuandone con precisione l'epoca in cui collocare temporalmente la condotta in disamina; ne' le conversazioni captate, ne' le frequentazioni registrate consentivano di attualizzare la condotta in termini di permanente e stabile messa a disposizione per il perseguimento dello scopo sociale (gli stessi contatti che il ricorrente avrebbe tenuto con soggetti appartenenti al sodalizio erano datati, trattandosi di tre sporadiche frequentazioni tra il 2009 ed il 2014, mentre la misura restrittiva era stata applicata con ordinanza del 4/1/2016). Mancava, quindi, una motivazione rafforzata che desse conto delle differenti ragioni che, sul piano della prova, deponevano per una conclusione differente da quella assunta, anche con l'avallo di questa S.C. (si cita la sentenza n. 568/2017 della 5 Sezione), in sede di riesame cautelare, ove si era stigmatizzata proprio l'assenza di motivazione in merito al perdurare della condotta associativa di presunta adesione al gruppo da parte del ricorrente (sul punto si riporta anche il relativo passaggio della sentenza di questa S.C.). La stessa attivita' che secondo la sentenza impugnata sarebbe dimostrativa dell'intraneita' del ricorrente - ossia la presunta affiliazione del (OMISSIS) che l'imputato avrebbe promosso - risaliva al 1994. Ne', al proposito, era decisivo il riferimento, ricavato dalle propalazioni del collaboratore (OMISSIS), all'aver fatto parte di una sorta di "collegio di anziani" appartenenti all'omonima cosca, ai quali sarebbe stato demandato il compito di gestire i proventi delle estorsioni riconducibili a tale sodalizio mafioso successivamente al 2004. Invero, i riferimenti del collaboratore attenevano a (OMISSIS) e la Corte di merito nulla aveva spiegato perche' tale evocazione fosse riferibile anche al ricorrente. Peraltro, lo stesso imputato era stato ritenuto estraneo a detta compagine nel processo svoltosi dinanzi al Tribunale di Palmi nel 2001, per come implicitamente ritenuto dallo stesso capo di imputazione che additava il ricorrente non di far parte dell'omonima cosca (OMISSIS) (ipotesi elevata a carico di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), ma di appartenenza alla locale di (OMISSIS). 2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'attribuzione al ricorrente dell'aggravante speciale di essere l'associazione armata. Si era tratta la consapevolezza in capo al ricorrente della natura armata dell'associazione dal fatto che "storicamente" le cosche mafiose operanti sul territorio oggetto di giudizio hanno abitualmente fatto uso di armi. Si era quindi operato un inammissibile automatismo, in contrasto con i canoni soggettivi della circostanza, soprattutto in considerazione dal fatto che gli elementi rafforzativi di detta "storicita'" erano tratti dalle captazioni del (OMISSIS), risalenti al 2013, a fronte di una prova della partecipazione ancorata al 2004. (OMISSIS) (riforma, anni quattordici di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa, in ordine ai reati di cui ai capi 1) e 39) con la recidiva e, quanto al capo 39, ritenuta l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 125, 121 e 192 c.p.p., articolo 178 c.p.p., lettera c) e articoli 416-bis e 629 c.p.. Si censura anzitutto la decisione impugnata per la mancata disamina delle questioni poste con l'atto di appello che attenevano alla sussistenza del reato associativo. In particolare, le doglianze si riferiscono ai seguenti temi: assenza di motivazione in ordine al preliminare profilo della credibilita' del collaboratore (OMISSIS); assenza di attendibilita' intrinseca per le evidenti contraddizioni che caratterizzavano il narrato del predetto; assenza di riscontri individualizzanti; forte risentimento di rancore e astio del collaboratore nei confronti del ricorrente; assenza di conoscenza sulle ipotetiche dinamiche associative per l'ammissione da parte dello stesso collaboratore di aver abbandonato detti contesti; assenza di specifiche condotte diverse da quella a cui il collaboratore avrebbe preso parte; inimicizia confermata dal collaboratore; assenza di ulteriori emergenze indiziarie deponenti per il riconoscimento degli addebiti mossi; natura de relato delle informazioni apprese e riferite dal collaboratore; assoluta inconciliabilita' tra la circostanza che vede il figlio dell'odierno ricorrente concorrente nel pestaggio ai danni dello (OMISSIS) e quella secondo la quale il (OMISSIS) aveva gia' concordato la faccenda con il padre; assenza di ulteriori fonti dichiarative; "inconducenza" dei colloqui captati rispetto alle imputazioni. A fronte di tali censure la motivazione resa dalla sentenza impugnata era fumosa e ridondante, fondata su argomenti non dirimenti, ne' risolutori, cosi' registrandosi una motivazione apparente e dunque assente. Era stato omesso un concreto esame delle risultanze processuali disponibili; in buona sostanza non emergeva dal provvedimento impugnato nessuna chiara intellegibile ragione legittimante il convincimento adottato. 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 99 c.p.. Si lamenta di avere posto a base della circostanza aggravante e soprattutto dell'esorbitante aumento di pena, delle condotte risalenti agli anni 90, senza considerare il lasso di tempo intercorso e l'assenza di correlazione con i precedenti reati e addirittura valorizzando una piu' recente assoluzione, cosi' snaturando le caratteristiche dell'istituto della recidiva che si fonda esclusivamente sull'esistenza di condanne e non di meri precedenti giudiziari che hanno coinvolto l'imputato. Al fine di verificare se la reiterazione dell'illecito fosse effettivamente sintomatica di una maggiore riprovevolezza della condotta e di un'accresciuta pericolosita' del ricorrente, si era omesso di effettuare una relazione tra i fattori significativi della condotta sottoposta in quel momento al giudizio della Corte d'appello e quelli rinvenienti dal pregresso corredo penale del prevenuto. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 416-bis.1 c.p.. Apodittica era anche l'affermazione della ricorrenza dell'aggravante del metodo mafioso e dell'agevolazione mafiosa con riferimento al delitto estorsivo di cui al capo 39) della rubrica. Sebbene l'aggravante fosse stata ricavata nella sua declinazione agevolativa, la sentenza impugnata non aveva puntualmente delineato il percorso logico argomentativo seguito per ritenere ipotizzabile la sussistenza della contestata circostanza aggravante anche sotto il profilo agevolatore, tenendosi soprattutto conto che la circostanza sotto tale veste ha natura soggettiva e dunque presuppone la prova del dolo specifico di favorire l'associazione, con la conseguenza che questo fine deve costituire l'obiettivo diretto della condotta, non rilevando possibili vantaggi indiretti, ne' il semplice scopo di favorire un esponente di vertice della cosca, indipendentemente da ogni verifica in merito all'effettiva ed immediata coincidenza degli interessi del capo mafia con quelli dell'organizzazione. La Corte di merito, in realta', con una motivazione apparente, dava per scontato che le attivita' economiche e le presunte condotte estorsive fossero esercitate nell'interesse dell'associazione mafiosa e non nell'esclusivo interesse del ricorrente, nonche' il fatto che l'imputato intendeva favorire il sodalizio mafioso senza alcun dato dimostrativo di tale apodittica asserzione. Difettava poi l'indicazione di qualunque elemento che desse conto che il ricorrente si fosse avvalso delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p. e, dunque, le concrete modalita' di esplicazione del metodo mafioso. 4. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 81 cpv. c.p.. La doglianza attiene all'omessa motivazione in ordine agli aumenti disposti per la continuazione, in contrasto con il recente orientamento affermato anche dalle S.U. di questa corte con la recente sentenza del 24 giugno 2021. - Il ricorrente articola, poi, da pag. 20 a pag. 57 del ricorso diversi motivi in punto di partecipazione all'associazione mafiosa clan (OMISSIS) e in ordine a delitti di intestazione fittizia indicati come capi f) e g), alla natura armata dell'associazione e al diniego delle attenuanti generiche. In particolare, deduce altresi': 5. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e)in relazione all'articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p.. 6. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 512-bis c.p. (capi F e G). 7. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 416-bis.1 c.p.. 8. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 125 c.p.p. e articolo 416-bis c.p., comma 4. 9. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p., comma 2. 10. violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 133 e 62-bis c.p.. (OMISSIS) (conferma, anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 400,00 di multa per il reato di furto di cui all'articolo 624 c.p. e articolo 625 c.p., n. 7 esclusa gia' dal primo giudice l'aggravante mafiosa). Al riguardo, deduce: 1. violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato di furto contestato al capo 40) della rubrica. La censura si fonda sulle analoghe argomentazioni poste a fondamento del motivo di ricorso svolto dal coimputato ricorrente (OMISSIS). 2. violazione di legge e vizio di motivazione in ragione della dosimetria della pena. 3. violazione di legge e vizio di motivazione in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche. (OMISSIS) (rigetto appello PM e imputato, conferma; responsabile dei reati di cui ai capi 30) e 32), esclusa per tutti l'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 e, per l'effetto, ritenuta la continuazione e la contestata recidiva, anni 4 mesi 8 di reclusione ed Euro 12.000 di multa). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 125, 192, 533 e 546 c.p.p. ed agli articoli 56, 110, L. n. 895 del 1967, articolo 2 contestato al capo 30) della rubrica. Si lamenta che il tentativo di acquisto dal (OMISSIS) di armi comuni da sparo e da guerra ad opera del ricorrente sia stato tratto da un travisato contenuto del compendio intercettivo, di cui era stata valorizzata (e riportata) soltanto una parte ("stasera arrivano di nuovo"), cosi' ritenendosi che il (OMISSIS) avesse riferito al ricorrente che le mitragliette skorpion gia' la sera stessa sarebbero state nella disponibilita' del soggetto che avrebbe dovuto cederle, mentre l'intera frase era di diverso tenore: "ora penso che stasera arrivano di nuovo", da cui invece avrebbe dovuto trarsi, essendosi il (OMISSIS) espresso in termini dubitativi, che questi non avesse alcuna disponibilita' nemmeno mediata delle armi, ma solamente conosceva una persona che spesso aveva la disponibilita' di armi comuni da sparo e da guerra che poneva in vendita. Tale differente lettura trovava conferma nel complesso della captazione, da cui si ricavava che il (OMISSIS) si era limitato a riferire al ricorrente che non era in grado di sapere se avesse avuto modo di incontrare la persona che si occupava della vendita di armi e di non sapere se questa persona avesse la disponibilita' delle stesse. Ad analoghe conclusioni, risultando il contenuto dell'intercettazione travisato, doveva giungersi anche con riferimento all'attivita' di compravendita delle pistole Glock tra (OMISSIS) ed il ricorrente. Anche in questo caso dalla captazione risultava che il (OMISSIS) non avesse alcuna disponibilita' delle pistole considerato che il ricorrente gli manifestava la disponibilita' all'acquisto qualora il coimputato ne fosse venuto in possesso (.. "se ti capita.. sai che li vogliamo noi.."). In conclusione, mancava la prova di un accordo per la cessione di armi (soltanto una biunivoca disponibilita' ad acquistare e vendere), alla cui base doveva necessariamente esservi una concreta disponibilita' di armi, assente nel caso in esame. La mera offerta delle armi ad opera di chi non ne ha ancora la disponibilita' non assurge infatti a tentativo punibile, bensi' a mero atto preparatorio. Il (OMISSIS) avrebbe ceduto le armi al ricorrente soltanto laddove fosse stato in grado di reperirle (tanto che allo stesso (OMISSIS) contraddittoriamente non si era elevata alcuna imputazione di detenzione per come riconosciuto dagli stessi giudici di appello che ne avevano evidenziato allora la figura di mero intermediario). 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 125, 192, 533 e 546 c.p.p. ed al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 56, 110, 73 contestato al capo 32) della rubrica (tentativo di acquisto di sostanza stupefacente). La doglianza attiene alla pregnanza contenutistica del compendio intercettivo censurato sotto il profilo dell'assenza dei canoni dell'esatta comprensione e credibilita' del narrato. Contraddittoria era la motivazione della stessa sentenza impugnata che dapprima riconosce il (OMISSIS) come mero latore delle necessita' del ricorrente presso il fornitore escludendo, implicitamente di conseguenza, che abbia la disponibilita' dello stupefacente anche solo mediata e, poi, afferma che aveva la disponibilita' mediata della droga eventualmente detenuta presso il fornitore, ove il (OMISSIS) avrebbe dovuto recarsi per concludere l'attivita' di compravendita, di talche' in mancanza della prova dell'effettivo raggiungimento dell'accordo doveva ritenersi configurato il tentativo. In realta', il (OMISSIS) non aveva alcun potere dispositivo della sostanza; il terzo era dedito in maniera del tutto autonoma al traffico di droga e tra questi ed il (OMISSIS) non intercorreva alcun rapporto di affari, per come comprovato dagli stessi dialoghi intercettati. L'assenza di disponibilita' diretta e/o indiretta da parte del (OMISSIS) della sostanza escludeva la possibilita' di configurare il tentativo, non potendosi ritenere la mera manifestazione di propositi criminosi come un atto prodromico alla conseguente cessione di sostanza stupefacente. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 99 c.p., comma 4, e articolo 125 c.p.p.. La motivazione sulla recidiva era di stile, avendo omesso la sentenza impugnata di indicare le ragioni per cui, nel caso concreto, era prevedibile la ricaduta nel reato da parte del ricorrente. A fronte, invece, dell'assenza di sintomaticita' di maggiore colpevolezza e pericolosita' dell'imputato ricavabile dai reati per cui e' processo in rapporto ai precedenti annoverati. 4. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 132 e 133 c.p. e articoli 125, 192 e 546 c.p.p.. Si lamenta la mancanza di un'adeguata motivazione a sostegno del trattamento sanzionatorio inflitto. (OMISSIS) (rigetto dell'appello del P.M. e, previa esclusione della aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 in relazione al capo 7), ridetermina la pena in anni 9 di reclusione, in ordine ai reati di cui ai capi 1) (compresa l'aggravante per la associazione armata), 2), 7) 11) e 12) della rubrica; violazione legge armi e articoli 326 e 378 c.p.). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), in relazione all'articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 546 c.p.p., articoli 416-bis, 326 e 378 c.p., articolo 416-bis.1 c.p. (capi 1, 11 e 12 dell'imputazione). La censura attiene all'esistenza di un valido compendio probatorio ed alla tenuta della motivazione che era stata posta a fondamento dell'affermazione di responsabilita', riproduttiva di quella del primo giudice e "sganciata" rispetto alle doglianze della difesa che investivano, in primo luogo, il giudizio espresso sull'attendibilita' del collaboratore di giustizia (OMISSIS) e sulla chiamata da questi effettuata nei confronti del ricorrente indicato quale partecipe dell'associazione di cui al capo 1). Non si era infatti considerato che il collaboratore fosse da tempo estraneo al presunto consesso criminale ("tralasciato" da oltre 10 anni) ed animato da sentimenti di rancore contro l'imputato (a cagione della frequentazione del ricorrente con il carabiniere (OMISSIS) e della convinzione, nutrita dal ricorrente, che fosse stato lo (OMISSIS) ad avere distrutto le coltivazioni del fondo del suocero), argomenti che incidevano sull'intrinseca credibilita' del narrato. Ne' poteva colmarsi tale lacuna facendo riferimento al fatto che il collaboratore avesse riferito circostanze apprese da altri, trovandosi, in tal caso, al cospetto di una "chiamata de relato" la cui valutazione deve essere ancor piu' rigorosa. Al riguardo, non era decisivo, trattandosi di circostanza travisata in quanto non espressa in termini di certezza, richiamare il dichiarato dell'agente di PG (OMISSIS) che avrebbe escluso conflitti tra il ricorrente ed il collaboratore. Lo stesso ricorrente aveva escluso di avere riferito all' (OMISSIS) dei suoi contrasti con l'imputato, avendone invece parlato con il maresciallo Miozzo come dallo stesso confermato in una relazione di servizio. Ne' si poteva indicare a riscontro del narrato del collaboratore circa l'avvenuta affiliazione del ricorrente l'ambientale del (OMISSIS), posto che mentre lo (OMISSIS) ne attribuiva l'iniziativa al (OMISSIS), il (OMISSIS) invece la riconduceva a se' medesimo. Ne' il riferimento, riscontrato, in ordine alle dicerie sullo stato di gravidanza di (OMISSIS), che il collaboratore aveva affermato di avere appreso dal ricorrente, poteva costituire elemento utile in quanto per affermazione dello stesso (OMISSIS) alla (OMISSIS) si trattava di un'invenzione (essendo la relazione tra (OMISSIS) e la (OMISSIS) divenuta di dominio pubblico, lo (OMISSIS) aveva cercato di saggiare la riservatezza della donna, inventando la rivelazione da parte di (OMISSIS); tale versione era stata poi modificata successivamente dal collaboratore adducendo che tale "ritrattazione" era dovuta all'intervento del (OMISSIS), il quale lo avrebbe pregato di modificare la versione offerta alla donna). In conclusione, l'unico elemento di prova in ordine al reato associativo era rappresentato dalle dichiarazioni non riscontrate dello (OMISSIS). 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione agli articoli 416-bis, 326 e 378 c.p., articolo 416-bis.1 c.p., articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, e 581 c.p.p. (capi 1, 11 e 12 dell'imputazione). La condanna si fondava su un pregiudizio. Smentito dalla logica e dalle emergenze istruttorie, secondo cui sarebbe fondata la tesi complottista del "doppio gioco" utilizzata dal ricorrente per sapere in anticipo le mosse degli inquirenti e mantenere nei loro confronti un sicuro credito che lo esentasse da responsabilita'. Con il (OMISSIS) vi era un rapporto di inimicizia tanto che tale imputato aveva maturato il proposito di ucciderlo, l'imputato era inviso alla maggior parte del gruppo in ragione dei suoi rapporti di amicizia con le forze dell'ordine che, notoriamente, precludono l'accesso a tali consessi criminali. La circostanza che le cimici all'interno del locale il Fungo (additato quale luogo di incontri di cosca) fossero state apposte da altri corpi di polizia differenti da quelli "vantati" dal ricorrente, smentiva sul punto l'affermazione dello (OMISSIS), il quale additava il ricorrente della relativa informazione. Il ricorrente era un confidente della polizia (non riceveva informazioni ma le forniva), ma cio' che riferiva non era dovuto alla sua intraneita' alla cosca, bensi' a notizie che poteva apprendere da voci correnti in quel territorio, come avevano confermato l'isp. (OMISSIS) e l' (OMISSIS), escludendo che fosse affiliato alla âEuroËœndrangheta. Cosi' illogico era affermare che il ricorrente non si portasse piu' presso il suo fondo confinante con quello del (OMISSIS) perche' consapevole che la PG vi avesse installato delle telecamere all'esterno, trattandosi di mera deduzione del (OMISSIS) e dovendosi, invece, tale comportamento al fatto che si era avveduto che il (OMISSIS), ivi sottoposto agli arresti domiciliari, in realta' vi incontrava personaggi di "malaffare", facendo anche uso in qualche occasione di armi (come confermato dal maresciallo (OMISSIS) in una sua annotazione). L'ulteriore circostanza che il ricorrente negasse il saluto al (OMISSIS) (ritenuto altro associato) deponeva nel senso dell'estraneita', in quanto condotta contraria ai codici di cosca. Se il (OMISSIS) ed i suoi avessero ritenuto il ricorrente responsabile di non averli avvisati della presenza delle videocamere, sarebbero stati questi a prendere le distanze e non il ricorrente (distanza quale fattore di estraneita' al gruppo). Peraltro, la convinzione del (OMISSIS) si fondava non tanto sul rilievo che il ricorrente fosse stato informato dalla PG, bensi' perche' aveva apposto un lucchetto all'ingresso della sua proprieta', come a volere stabilire le distanze dal (OMISSIS) stesso. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'att. 416-bis.1 c.p., articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, e articoli 546 e 581 c.p.p. (capi 2 e 7 dell'imputazione). Anche in relazione a tali capi di imputazione, di cui il n. 2) generico nella sua formulazione (facendosi riferimento all'acquisto e/o detenzione di armi di vario genere), la prova si fondava sulle dichiarazioni frazionate, progressive e generiche del collaboratore (OMISSIS). Cosi' il successivo riferimento al tale (OMISSIS) che avrebbe contattato il ricorrente nell'ambito del traffico di armi intrattenuto con lo (OMISSIS) era privo di qualsiasi riscontro. Dalle stesse dichiarazioni dell'altro collaboratore (OMISSIS) - il quale, pur non ricordando il nome dell'imputato, avrebbe assistito ad una presunta trattativa tra l'imputato ed il (OMISSIS) - emergeva che non era il ricorrente a cedere le armi a quest'ultimo, bensi' il contrario, con la conseguenza che non sarebbe allora il ricorrente il fornitore del gruppo. Dallo stesso compendio intercettivo emergeva come nessuno degli affiliati facesse affidamento sull'imputato per acquistare o vendere armi. 4. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) "in relazione agli articoli 416-bis.1 c.p., articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, e articoli 546 e 581 c.p.p. (capo 7 dell'imputazione)". L'affermazione di responsabilita' dell'imputato per la cessione di una pistola (a (OMISSIS) che per tale ragione sarebbe stato poi arrestato) era priva dell'indicazione di una prova concreta, fondandosi esclusivamente su uno stralcio di un'intercettazione estrapolata dal contesto e non risultando neppure accertato se poi il (OMISSIS) sia mai stato arrestato per la detenzione di un'arma. La detenzione dell'arma poteva ascriversi a causa lecita (dono ricevuto dall'avv. (OMISSIS); armi legittimamente detenute e poi cedute a (OMISSIS)). 5. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) "in relazione agli articoli 416-bis, 326 e 378 c.p., 416-bis.1 c.p., articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 581 c.p.p. (capi 2 e 7 dell'imputazione)". L'aggravante si fondava sul "pregiudizio" secondo cui il ricorrente sarebbe stato affiliato proprio a (OMISSIS) che, per sua stessa ammissione, sarebbe stato tralasciato da tempo (dal 2013). Non era quindi illogico sostenere che il ricorrente avesse agito nell'interesse del singolo, anziche' del gruppo di riferimento, stante l'assenza di prova di legami con la cosca. 6. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e) in relazione all'articolo 321 c.p.p. e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies articolo 192 c.p.p., articolo 125 c.p.p., comma 3, articoli 546 e 581 c.p.p.. La censura investe la legittimita' e la motivazione del provvedimento di confisca. Contraddittoria era la motivazione con cui la Corte di merito aveva rigettato la richiesta di perizia sulle capacita' economiche dell'imputato. Ne' congrue erano le motivazioni in forza delle quali si era ritenuto che l'imputato avesse tenuto un tenore di vita adeguato e non indigente. Provenienza lecita avevano le somme rinvenute sul c/c del germano, in quanto si trattava di un conto su cui confluivano gli stipendi del congiunto.. 7. Con memoria in data 21/12/2021, la difesa del ricorrente ha proposto motivi aggiunti. In particolare, si argomenta ulteriormente sulla censura relativa al giudizio di attendibilita' del collaboratore (OMISSIS), all'assenza di validi riscontri esterni alla chiamata in correita', alla mancanza di una condotta di partecipazione. A tale ultimo proposito, si evidenzia come il ricorrente non avrebbe fornito alcun contributo al mantenimento in vita dell'associazione. Non era stata riscontrata la circostanza che l'imputato fosse l'armiere della cosca ovvero che avesse riferito ai presunti sodali notizie apprese da appartenenti alle forze di polizia. Anzi egli continuamente informava l' (OMISSIS) di circostanze utili alle indagini. Alle propalazioni dello (OMISSIS) e del (OMISSIS) in ordine ad un presunto ingresso del (OMISSIS) nella locale di (OMISSIS), non vi era un elemento dimostrativo che all'affiliazione fosse seguito un comportamento attivo del ricorrente finalizzato a contribuire al mantenimento ed al rafforzamento del sodalizio in contestazione. Infine, si insiste con riguardo al vizio di motivazione dedotto con riferimento alla condotta di cui al capo 2) della rubrica ed all'assenza della relativa circostanza aggravante ad effetto speciale. (OMISSIS) (vedi sub motivi di ricorso del coimputato (OMISSIS)) (OMISSIS) (conferma, anni sei di reclusione ed Euro 7.000 di multa, in ordine ai capi 44), in esso assorbito il capo 19) e per come riqualificato, 45), in esso assorbita la sola detenzione del capo 44), 46), 47) e 48) della rubrica). Al riguardo, deduce: 1. violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera e) in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1 e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e) in riferimento ai reati contestati ai capi 44), 45), 46) e 47). Preliminarmente si censura la sentenza impugnata per non aver dato in modo diffuso conto delle ragioni per cui erano state disattese le censure mosse con l'atto di appello. Con riguardo alle violazioni della legge armi relative alle 11 pistole Glock, si lamenta l'assenza di un valido compendio probatorio dimostrativo della detenzione e del successivo porto ad opera del ricorrente, alla luce sia della natura millantatoria che ammantava i discorsi tra (OMISSIS) e l'imputato, sia del contenuto di un'intercettazione ambientale del 13 marzo 2014 da cui emergeva che, alla data delle contestazioni (accertato l'11.3.2014), il ricorrente non era in possesso delle armi (che sarebbe state "portate" dai presunti venditori al ricorrente) e, dunque, non poteva farne oggetto di porto in luogo pubblico (al (OMISSIS)), stante l'autonomia e diversita' delle due fattispecie. Relativamente, poi, alla contestazione della L. n. 110 del 1975, articolo 23, comma 3, (capo 45 illegale detenzione delle pistole di cui sopra, aventi matricola abrasa), dalla stessa conversazione riportata in sentenza risultava che la condotta di alterazione era riferibile a terzi ("no i numeri gliel'ha tolti"; conversazione tra il ricorrente e l'ordinante (OMISSIS)). 2. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1, articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e) in riferimento al reato contestato al capo 48 (tentativo di acquisto di 10 kg di marijuana). Difettavano gli elementi di fattispecie, non avendo l'attivita' preparatoria assunto uno sviluppo tale da integrare il tentativo punibile. Le trattative, infatti, si erano arrestate ad un punto tale da non poter neppure presumere che l'accordo si sarebbe potuto concludere in un momento successivo. Ne' ai fini dell'affermazione di responsabilita' soccorreva la prova logica, in quanto sfornita del necessario corretto procedimento valutativo degli indizi e in assenza di un giudizio logico complessivo dei dati forniti dalle risultanze processuali. 3. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione alla ritenuta circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p.. Il riconoscimento della circostanza si fondava su una motivazione priva di rigore logico, posto che il ricorrente non era un associato mafioso, ne' la famiglia di appartenenza risultava vicina a contesti mafiosi, ne' tantomeno i suoi congiunti estranei a procedimenti di criminalita' organizzata. Gli elementi probatori raccolti non consentivano di dimostrare la conoscenza da parte del ricorrente del fine diretto delle condotte, ossia dell'agevolazione della cd. cosca scissionista. Ne' era decisivo a tale fine il contenuto dell'intercettazione in cui il ricorrente avrebbe invitato i gemelli (OMISSIS) a trascorrere un periodo di latitanza a (OMISSIS), trattandosi di proposta priva di serieta'. Peraltro, con riguardo alla comune posizione del (OMISSIS), il giudice del merito era pervenuto a risultati opposti. 4. violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione alla quantificazione della pena. La mancata concessione delle attenuanti generiche. Il diniego si fondava su una non consentita ritenuta incompatibilita' tra l'aggravante mafiosa e le attenuanti generiche comuni. CONSIDERATO IN DIRITTO (OMISSIS) Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo in ordine alla sussistenza del delitto associativo e' manifestamente infondato. 1.1. Sulla natura mafiosa dell'omonimo sodalizio capeggiato dal (OMISSIS), vedi quanto argomentato a proposito del motivo sub 1. con riferimento alla posizione di detto coimputato. 1.2. La seconda parte del primo motivo relativo alla compartecipazione della ricorrente in seno al sodalizio di cui al capo 1) della rubrica e' del tutto generico. La ricorrente non si confronta, infatti, con i molteplici elementi a carico declinati dai giudici di merito a conferma del ruolo dalla medesima assunto all'interno dell'associazione capeggiata dal marito. Invero, la condotta di partecipazione risulta essere stata ricavata da un serie di condotte di carattere servente e strumentale all'attuazione delle finalita' della cosca che danno ragionevolmente conto di come la ricorrente, lungi dal rivestire la mera qualita' di concorrente eventuale nei reati commessi dal (OMISSIS), in realta' sia a costante disposizione delle esigenze connesse al sodalizio, deponendo in tal senso le chiare condotte dimostrative declinate dai giudici di merito che danno conto di come l'imputata partecipi attivamente ai dialoghi con gli altri correi, intervenga nelle questioni relative agli affari di cosca e sia portatrice di un apporto conoscitivo di carattere proprio che criticamente introduce nei molteplici dialoghi intercettati (che vertono su questioni illecite) ai quali prende autonomamente parte. Del resto, la (legittima) prospettazione difensiva volta a ricondurre la ricorrente al ruolo di familiare culturalmente supina dei voleri del marito, additato di essere il capo dell'omonima âEuroËœndrina di riferimento, non rinviene - anche in ragione degli elementi sottesi a tale deduzione - alcun riscontro negli atti processuali menzionati dalla sentenza impugnata, vertendosi piuttosto in una sorta di militanza ubbidiente comune a quella che notoriamente si registra in molti affiliati di tali consessi e, nel caso in esame, tradotta in atto attraverso la commissione di un numero rilevantissimo di reati se si considerano quelli gia' coperti dal giudicato e ritenuti in continuazione (capi H, P, Q, U, V, W, X, Y, Z, come tali aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1991, articolo 7), nonche' mediante condotte definite di tipo operativo (si cita, tra le tante, la manutenzione delle armi trafficate dal (OMISSIS)). Le conversazioni intercettate che la Corte di merito passa puntualmente in rassegna (si consideri tra le tante anche quella che evidenzia il comportamento tenuto dalla ricorrente dopo l'esecuzione delle perquisizioni ove partecipa alle strategie da adottarsi per il rinvenimento delle armi di cui al casolare e "con contributo fattivo ed a sangue freddo" sui progetti di fuga degli interessati, vedi pag. 1011) sorreggono, in punto di fatto, l'assegnazione di un ruolo tutt'altro che passivo, emergendo, al contrario, quello della donna che non si comporta da moglie solo passivamente convivente ma si mostra come il braccio risolutivo, attivo e fattivo del (OMISSIS), anche a causa della sua condizione di ristretto domiciliare; al riguardo, infatti, si e' specificato come la ricorrente lasci che il marito istruisca alla âEuroËœndrangheta i piu' giovani tra cui proprio il loro figlio (OMISSIS), abile maneggiatore di armi con il colpo in canna, di cui conosce i nascondigli nella terra e di cui realizza il trasporto dal casolare alla casa per mettere in mostra pistole e droga. Gia' solo questo sarebbe elemento idoneo a dimostrare come ci si trovi di fronte ad una donna di âEuroËœndrangheta, che collabora all'educazione in questo senso finalizzata del proprio figlio appena tredicenne. Proprio tale ultimo aspetto da' ragionevolmente conto anche della sussistenza del dolo e dell'aggravante speciale ritenuta sotto la forma dell'agevolazione mafiosa, risultando i contributi dati per un verso sostenuti dall'a ffectio societatis e, per altro, dalla direzione finalistica di rafforzare la cosca, nel cui diretto interesse la stessa ricorrente e' additata di agire. In tal senso, risulta essersi gia' pronunciata la stessa sentenza che ha giudicato e condannato l'imputata per gli ulteriori (e numerosi) delitti fine commessi che, oltre a trovare piena condivisione, sono stati direttamente ricondotti al consesso criminoso in cui si inserivano e che volevano favorire. Del resto, anche i comportamenti tenuti allorche' si scoprono i video di sorveglianza dell'abitazione collocati dalla P.G. ed il marito viene arrestato, danno conto di come la ricorrente fosse attivamente e scientemente parte del disegno perseguito, in ottica associativa, dal coniuge. Si precisa, infatti, nella sentenza impugnata, che ella discuteva, alla pari dei sodali, ed anzi mostrando a tratti una maggiore lucidita', circa le possibili conseguenze dell'attivita' di video sorveglianza, e si impegnava, una volta tratto in arresto il marito, nella gestione del patrimonio della consorteria, preoccupandosi di far riscuotere dai sodali i residui crediti vantati. In conclusione, la prova della condotta di partecipazione non solo e' stata correttamente tratta dai numerosissimi delitti fine - tra i quali assume spiccato rilievo quello relativo al recupero delle armi dell'associazione per conto del marito contestato al capo 56) - posto che attraverso essi si manifesta in concreto l'operativita' dell'associazione medesima (Sez. 2, n. 2740 del 19/12/2012, dep. 2013, Rv. 254233; Sez. 2, n. 19435 del 31/372016, Rv. 266670), ma rinviene altresi' precisi elementi dimostrativi in ulteriori comportamenti che, pur non assurgendo ad autonome fattispecie di reato, risultano causalmente espressivi, tanto sul piano oggettivo che soggettivo, di diretta intraneita'. Nessuna violazione di legge ne' vizio di motivazione e', dunque, ravvisabile nella sentenza impugnata per avere ritenuto la ricorrente parte attiva degli affari illeciti gestiti direttamente dalla âEuroËœndrina dell'allora marito, stabilmente a disposizione del pactum sceleris, ed in grado di offrire un concreto ed efficace contributo al mantenimento in vita ed al rafforzamento del sodalizio, emerso in questo procedimento. 2. Il secondo motivo in tema di trattamento sanzionatorio e' manifestamente infondato. Invero, nella sentenza impugnata si rinviene sufficiente motivazione in ordine alla misura degli aumenti operati per la continuazione, avendo la Corte di merito fatto precedere al relativo calcolo l'indicazione di precisi elementi di disvalore dei fatti giudicati, nonche' evidenziato anche spiccati elementi di capacita' a delinquere attinenti alla posizione della ricorrente, essendosi specificamente precisato come "gli aumenti qui comminati per la continuazione tengono conto del progressivo incremento dell'azione criminale della (OMISSIS) che solo oggi appare connotato di un ruolo servente, ma non meno centrale nella conduzione degli affari illeciti della cosca" (vedi pag. 1025)". 3. Il terzo motivo relativo alla sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa con riguardo al delitto di cui al capo 56) della rubrica e' manifestamente infondato. Ai fini della sussistenza dell'aggravante speciale non solo rileva quanto gia' esposto sub 1.2, ma altresi' l'attribuzione alla ricorrente, in forza di pregnanti indici fattuali (vedi pag. 1023 ove si cita l'episodio relativo al recupero delle armi della cosca, pienamente dimostrativo della volonta' di servizio nei confronti del gruppo), del ruolo di parte integrante di quel progetto espansionistico che vuole il proprio marito al centro di una evoluzione futura della cosca piu' baricentrica nei grossi affari della tratta delle armi per rifornire esponenti delle maggiori cosche calabresi, quale fedele collaboratrice in queste attivita'. 4. Il quarto motivo in ordine alla sussistenza della recidiva (ritenuta nella forma semplice) e' inammissibile poiche' del tutto generico, non confrontandosi con la motivazione resa dalla Corte di merito (pagg. 10231024), la quale risulta avere operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacita' a delinquere del reo, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneita' della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacita' a delinquere della ricorrente che giustifichi l'aumento di pena, in ragione anche della tipologia del reato in precedenza commesso (una tentata estorsione), definito in linea con le emergenze e la personalita' dell'imputata per quanto emerso nel presente giudizio. (OMISSIS) Il ricorso e' infondato. 1. Il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione del principio della ragionevole durata del processo e' inammissibile. La censura, infatti, e' formulata in modo del tutto generico e, con riguardo all'epoca di commissione dei reati, priva di sanzione processuale. 2. Il secondo motivo relativo alla vicenda del traffico di armi di cui al capo 23) della rubrica e' manifestamente infondato. In proposito deve osservarsi che la sentenza impugnata nell'esposizione degli elementi di prova a carico del ricorrente e degli altri coimputati (vedi pagg. 536 ss.) ha chiarito, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, insindacabile in questa sede, le ragioni per le quali ha ritenuto asseverato il coinvolgimento del ricorrente nella vicenda oggetto di imputazione. Al riguardo, si sono richiamate molteplici conversazioni di chiaro significato indiziante. Tra queste, la sentenza impugnata, anche ai fini della corretta identificazione del ricorrente, ha segnalato quella in cui il capo cosca (OMISSIS), aveva parlato con i coimputati del medesimo reato (OMISSIS) e (OMISSIS) del prezzo delle armi, interrogandosi con costoro sul guadagno che avrebbero ricavato dalla programmata vendita; nel contesto discorsivo (OMISSIS) si era riferito a tale "(OMISSIS)" (ossia il ricorrente), che sarebbe dovuto intervenire nella negoziazione, aggiungendo che qualcuno si sarebbe dovuto portare a (OMISSIS), paesi che, secondo le notizie acquisite in atti, sono quelli di nascita e residenza dell'indagato; altri discorsi riguardanti la trattativa per la compravendita di armi sono elencati nel provvedimento impugnato e da essi emerge che (OMISSIS) aveva evocato la presenza di una persona, che appellava indifferentemente (OMISSIS) o (OMISSIS). A completare il coinvolgimento del ricorrente, la sentenza impugnata ha citato le comunicazioni tramite facebook con il (OMISSIS), nonche' la pluralita' di visite effettuate dal ricorrente presso l'abitazione del capo cosca, nello stesso contesto temporale in cui questi si incontrava con i coimputati, accertate tramite visione diretta da parte di personale di polizia giudiziaria, nonche' i numerosissimi messaggi telefonici intercorsi tra i due. Alla luce degli elementi di fatto declinati in sentenza, e' stato correttamente ricavato come, con ogni evidenza, la trattativa avesse riguardato armi e munizioni, comuni e da guerra, ad elevata potenzialita' offensiva (tra cui kalashnikov, skorpion, bazooka), per un totale di 68 pezzi, secondo le chiare indicazioni contenute nei dialoghi captati, alcune in migliori condizioni e piu' ambite ed altre meno interessanti ma comprese nel pacchetto dell'offerta. In questo contesto, il ricorrente e il (OMISSIS) sono indicati come coloro che tenevano i contatti con i fornitori delle armi e mediavano tra questi (fornitori anche tra loro differenti a seconda dei propri canali di rifornimento) e la parte acquirente, ovvero (OMISSIS) ed il duo (OMISSIS)- (OMISSIS). La sentenza impugnata, pertanto, risulta avere indicato validi e diretti elementi di coinvolgimento dell'imputato nella trattativa illecita, aventi carattere individualizzante in quanto acquisiti nel mentre venivano registrati gli incontri dello stesso ricorrente con il (OMISSIS) e lo scambio tra di loro di diversi messaggi, con la conseguenza che l'assenza del propalato dei collaboratori di giustizia - che rinviene, peraltro, una spiegazione non affatto illogica con riguardo alla vicenda in esame essendosi evidenziate le ragioni "strategiche" che avrebbero condotto il ricorrente a non rendere partecipe di tali traffici lo (OMISSIS) e i motivi per cui non vennero rivolte domande al (OMISSIS) sul punto (vedi pag. 629-630) - non risulta affatto decisivo ai fini della prova di colpevolezza. In tale chiaro quadro probatorio il motivo di ricorso finisce per proporre un'interpretazione alternativa dei dati di indagine, che oltre ad essere inammissibile, risulta smentita dalle emergenze processuali indicate nelle sentenze di merito. 3.4. Il terzo ed il quarto motivo in ordine alla corretta sussunzione della vicenda relativa alle armi nell'alveo della condotta penalmente rilevante, con esclusione dell'ipotesi del cd. "quasi-reato" di cui all'articolo 115 c.p., sono infondati. Dalle ampie trascrizioni delle conversazioni, compiutamente riportate nella sentenza impugnata, con costanti riferimenti da parte del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del duo (OMISSIS)- (OMISSIS), all'acquisto di armi, la Corte di merito, senza illogicita', ha correttamente ritenuto l'apporto assicurato dal ricorrente idoneo, tanto sul piano causale che soggettivo, ad assumere rilievo sotto il profilo concorsuale, in aderenza ai principi piu' volte affermati da questa Corte, secondo cui lo svolgimento di trattative serie tra soggetti interessati alla negoziazione di armi o munizioni integra il reato previsto dalla L. n. 895 del 1967, articolo 1 ravvisandosi in esso la condotta di "porre in vendita" prevista dalla norma, a nulla rilevando la diretta disponibilita', nei potenziali contraenti, delle armi e del denaro o l'accertamento dei limiti dei rispettivi mandati (Sez. 1, n. 5570 del 11/11/2011; in termini anche in relazione alla stessa vicenda in sede cautelare, Sez. 5, n. 21235 del 2017). Ai fini dell'integrazione della condotta punibile, con esclusione, quindi, dell'ipotesi del "quasi-reato" prospettata nel ricorso, si e' anche evidenziato, in punto di fatto, come il (OMISSIS) avesse personalmente accompagnato (OMISSIS) e (OMISSIS), grazie all'interessamento del (OMISSIS), a visionare le armi oggetto della trattativa; inoltre, si era fatto portavoce del prezzo proposto dal gruppo acquirente presso i fornitori. Dal canto suo, il (OMISSIS), pur ristretto presso il suo domicilio, non solo aveva negoziato il prezzo e le condizioni di vendita, ma aveva anche organizzato gli incontri tra i fornitori, (OMISSIS) e (OMISSIS) per visionare la merce. Questi ultimi due imputati, oltre a recarsi personalmente a visionare le armi, ed a discuterne delle condizioni di vendita, si erano adoperati, al pari del (OMISSIS), per reperire la liquidita' necessaria e gli acquirenti finali. Pertanto, non si e' trattato, secondo la descrizione fatta dai giudici di merito, di un semplice fatto di essersi accordati con altri in relazione alla commissione di un reato a cui non e' seguita la messa in atto del proposito criminoso (articolo 115 c.p.), bensi' di avere compiuto sistematicamente un'attivita' materiale improntata a serieta' e concretezza, alla realizzazione della quale ciascun coimputato ha apportato un contributo tanto di carattere materiale che morale, volta all'attuazione di quel proposito criminoso. Le condotte evidenziate dai giudici di merito integrano, all'evidenza, il concorso materiale nel reato di cui alla imputazione. Sotto tale profilo, quindi, gli imputati hanno posto in essere una vera e propria attivita' di intermediazione, giuridicamente riconducibile nel concetto di "porre in vendita" di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 1. Sul punto correttamente risulta richiamata dalla sentenza impugnata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui integra il reato previsto dalla L. n. 497 del 1974, articolo 9 anche la semplice offerta in vendita delle armi, non essendo necessario che alla condotta dell'agente siano seguiti effetti traslativi della proprieta' o la materiale consegna del bene, ma solo che risulti accertato lo svolgimento di trattative serie tra i soggetti interessati alla negoziazione (Sez. 1, n. 10071 del 25/06/2014, dep. 2015, Rv. 262691), ed ancora a mente della quale lo svolgimento di trattative serie tra soggetti interessati alla negoziazione di armi o munizioni senza licenza integra il reato previsto dalla L. n. 895 del 1967, articolo 1 (mod. dalla L. n. 497 del 1974, articolo 9), ravvisandosi in esso la condotta di "porre in vendita" prevista dalla norma, a nulla rilevando la diretta diponibilita', nei potenziali contraenti delle armi e del denaro o l'accettazione dei limiti dei rispettivi mandati (Sez. 1, Sentenza n. 5570 de111/11/2011, dep. 2012, Rv. 251835; in termini con riguardo al (OMISSIS) in sede cautelare, vedi Sez. 5, n. 21235 del 2017). Quanto al ricorrente, poi, sebbene legittimamente in un'ottica difensiva si e' tentato di parcellizzarne la posizione al fine di escludere la pregnanza contenutistica del contributo offerto, la lettura unitaria della vicenda correttamente operata dai giudici di merito ne consente di apprezzare il rilievo causale (anche in termini di rafforzamento dell'operato degli altri correi), vertendosi in un'ipotesi in cui tutti i contributi nelle diverse forme prestati, vertenti alla realizzazione dello stesso fine, assumono valenza punibile, in ossequio al principio della tipizzazione unitaria del concorso di persone nel reato, basata sul criterio dell'efficienza causale della condotta di ciascun concorrente, non essendo richiesto che tutti pongano in essere la condotta tipica. 5. Il quinto motivo in ordine alla sussistenza del delitto di cui al capo 24) e' generico. Invero, l'affermazione di responsabilita' non solo poggia sull'affermazione, particolarmente significativa in ragione dell'autorevolezza del personaggio e del contesto riservato in cui e' riferita, del (OMISSIS), il quale rende noto ai conversanti che anche il ricorrente gli aveva affidato in custodia le sue armi, ma e' altresi' avvalorata, quanto alla sua pregnanza contenutistica, da precisi riferimenti che attengono anzitutto alla convergenza dei dialoghi sulle armi ed alla piena capacita' del (OMISSIS) tanto di assurgere a mediatore di "sistema", quanto di risultare un possessore di armamentari di spiccato rilievo. Inoltre, e si tratta di un ulteriore elemento significativo in quanto attualizza l'affermazione del (OMISSIS) nel relativo contesto d'accusa, si precisa come il riferimento si collochi allorche' si stanno imbastendo delle trattative volte all'acquisto di armi e droga, in particolare il duo (OMISSIS) e (OMISSIS), attraverso l'intermediazione del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del ricorrente (i quali agiscono anche per mezzo di canali di rifornimento tra loro ulteriori e differenti), e' interessato principalmente alle armi da guerra, nel cui stock accetta di prendere "anche quelle brutte" o di tipo comune, meno interessanti per i loro acquirenti. Nel premurarsi, il (OMISSIS), di rassicurare gli acquirenti sulla bonta' della trattativa, precisa che armi del tipo evidentemente di quelle ricercate per l'occasione dai suoi interlocutori (principalmente armi da guerra, come si e' visto) il (OMISSIS) ed il ricorrente non ne possedevano attualmente in modo diretto, per il momento, mentre le armi di altro genere che erano state gia' in loro possesso erano nella disponibilita' detentiva del (OMISSIS), che le custodiva per loro conto. A riscontro di questa ipotesi, la sentenza impugnata richiama anche gli esiti del procedimento n. 1982/14 RGNR dda (le cui sentenze passate in giudicato sono state acquisite in atti e prodotte anche dalla difesa degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, che rimarcano il quantitativo particolarmente significativo di armi e munizioni e l'esistenza di un canale privilegiato di approvvigionamento e di una sfera clientelare ben affiatata), in cui venivano monitorati e videoripresi gli accessi continui nella proprieta' del (OMISSIS) dei personaggi rientranti nel circuito criminale di tale imputato, che ivi si recavano per portare o, viceversa, per acquistare armi e droga, che risultavano detenute o in un casolare/rudere prospiciente alla sua dimora, utilizzato dagli imputati quale deposito per il predetto materiale, oppure - per brevissimi spazi temporali - appoggiati provvisoriamente presso la stessa sua dimora (si cita, tra i tantissimi scambi videoripresi, quello relativo al fucile d'assalto Ak 180 cal. 5,56 mm con matricola parzialmente illeggibile trasportato dentro l'abitazione del (OMISSIS) da Papaluca Emanuele e ricevuto dalla (OMISSIS), odierna imputata, moglie del (OMISSIS), unitamente ad una pistola e poi ritirato e trasportato da (OMISSIS) fuori dall'abitazione del (OMISSIS) - e sequestratogli il (OMISSIS) - a testimonianza della sua abitudine a detenere in proprio e per conto terzi simili materiali. 6. Il sesto motivo relativo al capo 26) della rubrica, in merito all'attivita' finalizzata all'acquisto di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina ed alla sussistenza del tentativo punibile, e' infondato. Invero, la sentenza impugnata ha precisato come la deduzione, secondo la quale dalle conversazioni oggetto di captazione non emergerebbe una chiara attivita' tra i colloquianti finalizzata all'acquisto di sostanza stupefacente, risulti smentita dal tenore dei colloqui captati, nel corso dei quali si fa specifico riferimento all'acquisto non solo della marijuana, ma anche della "polvere", la cocaina appunto, come risulta chiaro dai riferimenti del (OMISSIS), che propone ai suoi interlocutori di pagare una parte del corrispettivo delle armi, tramite la cessione anche di cocaina e specificamente proponendo a (OMISSIS) di acquistare droga da trattare, evidenziando in proposito la necessita' di "assumere" un altro ragazzo per finire in tempo il lavoro. Lo stesso (OMISSIS) ed il (OMISSIS) riferivano al (OMISSIS) di aver visionato in occasione della visita ai fornitori con il Lanari, oltre alle armi, marijuana e lo stesso (OMISSIS) in proposito precisava agli interlocutori di effettuare per l'acquisto una controproposta ad un prezzo inferiore; inoltre, oltre a tale trattativa vi era in corso anche un'altra trattativa avviata anche con fornitori di nazionalita' albanese contattati dal ricorrente. La predetta operazione di finanziamento, a mezzo del procacciamento anche della cocaina, si legge nelle stesse parole del (OMISSIS) e si realizza sempre attraverso il pieno coinvolgimento del ricorrente. Peraltro, a riprova della serieta' e dello stato di avanzamento della trattativa, la sentenza impugnata, a riscontro che lo stupefacente in arrivo era del "materiale", gia' dentro casa del (OMISSIS), come dallo stesso ammesso, o comunque trattabile con i sistemi ed i mezzi ben conosciuti a detto coimputato, di cui egli era gia' in possesso, cita anche la condanna definitiva del predetto e della moglie nel procedimento penale antecedente a quello odierno (n. 1982/2014 RGNR) per la detenzione a fini di spaccio di grammi 600 di cocaina, accertata il 22 marzo 2014, e di grammi 1.029 di cocaina rinvenuta e sequestrata il 24 marzo 2014 presso il rudere/casolare antistante l'abitazione dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS), da cui sono risultati ricavabili 49.416,6 mg di principio attivo puro e ricavabili 320,4 dosi medie singole. Si tratta, infatti, di un periodo di poco contemporaneo alle trattative in atto per l'acquisto di ulteriori partite di cocaina da utilizzare quale merce di scambio o di finanziamento dell'operazione di acquisto per le armi da dirottare verso il mandamento fonico con l'intermediazione dei concorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS). Pertanto, correttamente il giudice del merito ha ricondotto la corposa contrattazione, sebbene non conclusa, alla figura del tentativo, alla luce del numero di incontri anche rischiosi tra le parti, della visione della merce, delle trattative per mezzo anche di contatti esterni al ristretto gruppo criminale agente, dei continui tentativi di reperire, anche a mezzo dei finanziatori, quanto necessario a comprare l'intera partita di armi da guerra di vario genere, sia pure mediante il ricavato della vendita della droga, del passaggio di parziali somme di denaro dal (OMISSIS) al (OMISSIS) e dal (OMISSIS) al (OMISSIS) per la formazione di una liquidita' iniziale su cui contare per ottenere parte delle armi e della droga da acquistare anche per il gruppo (OMISSIS) (a tale proposito si richiamano anche i "desiderata" espressi dai coimputati (OMISSIS) "affascinati dall'idea del possesso e dell'acquisto di mitra da guerra", vedi pag. 205, 217 e 219 della sentenza impugnata). Tali elementi, nei limiti del sindacato demandato a questa Corte volto a verificare l'esistenza di una logica motivazione in ordine ai punti censurati, risultano idonei a dar conto della sussistenza di un valido compendio probatorio in ordine al reato contestato. Peraltro, anche riguardo a tale ipotesi di reato, la sentenza impugnata risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte a mente del quale si configura il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio quando riter criminis" si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore in ordine alla quantita', alla qualita' e al prezzo della sostanza (Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Rv. 268749; Sez. 3, n. 41096 del 30/01/2018, Rv. 273961; in termini con riguardo alla vicenda cautelare, Sez. 5, n. 21235 del 2017). 7-8-9-10 e 11. I motivi dedotti in tema di sussistenza, rispetto ai delitti di cui ai capi 23) e 26) della rubrica, dell'aggravante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. sono inammissibili e/o infondati. Quanto ai dedotti vizi di legittimita' in ordine alla sussistenza dell'aggravante speciale con riguardo ai delitti in materia di armi e di droga (limitatamente ai capi 23 e 26, essendo stata esclusa con riguardo al capo 24 gia' dal primo giudice), va anzitutto precisato che le doglianze sono inammissibili per carenza di interesse laddove censurano la circostanza nella declinazione del metodo. Invero, sebbene nel capo di imputazione sia stata elevata, in relazione a tutti i delitti fine, in modo disgiuntivo ("ovvero") la contestazione tanto per essersi avvalsi delle condizioni di cui all'articolo 416-bis c.p. (metodo), quanto al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo (agevolazione), gia' il primo giudice ha ritenuto configurabile l'aggravante speciale esclusivamente con riguardo alla finalita' di agevolazione della locale di âEuroËœndrangheta, per come si legge a pag. 436 e ss. della relativa sentenza. Quanto, invece, all'agevolazione, osserva il Collegio che la motivazione ha dato ampiamente conto delle ragioni per le quali e' stata ritenuta l'aggravante speciale in favore della compagine facente capo al (OMISSIS); sono stati, infatti, menzionati i dati della pluralita' di trattative illecite in essere tra i due, le caratteristiche e le quantita' di armi - comuni e da guerra - e droghe pesanti e leggere - oggetto del commercio illecito, ponendo in luce, in modo conseguenzialmente coerente, la necessita' di poter contare su ingenti risorse finanziarie da parte degli acquirenti, di cui la cosca aveva la disponibilita', nonche' i notevoli guadagni che ne avrebbe ricavato tramite la vendita, tesi ad aumentare il potere ed il prestigio criminale del nascente gruppo. In tale cornice, e' stata sottolineata la costanza di rapporti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dirigente del sodalizio mafioso, che in quel frangente storico stava realizzando il progetto criminale di dare vita ad un proprio autonomo sodalizio delinquenziale, con l'appoggio della famiglia (OMISSIS). Peraltro, sul punto, va rimarcato come questa Corte abbia affermato che integra la circostanza aggravante la condotta di agevolazione del vertice di un'associazione mafiosa che, in ragione della coincidenza tra interessi del capo, beneficiario della condotta, e quelli dell'associazione, si traduca in un ausilio al sodalizio criminale nel suo complesso (Sez. 5, n. 36842 del 10/06/2016, Rv. 268018). Nel caso in esame, plurimi sono gli elementi indicati dai giudici di merito (vedi anche in particolare la parte della sentenza impugnata dedicata alla cosca (OMISSIS)) che danno conto di una obiettiva "inscindibilita'" tra gli interessi perseguiti dal (OMISSIS) e l'omonima cosca di riferimento, a favore della quale le molteplici attivita' illecite erano finalisticamente dirette. Concorre, poi, ad avvalorare, sul piano soggettivo, l'attribuzione al ricorrente dell'aggravante speciale - nel senso di ritenere che egli abbia agito in base a tale finalita' o comunque l'abbia condivisa e fatta propria - anche lo specifico contesto di criminalita' organizzata descritto dai giudici di merito in cui i reati vengono a collocarsi. In particolare, si e' precisato come il traffico di armi costituisse il viatico per implementare la forza di potere e di capacita' intimidatoria delle cosche della fonica interessate al loro acquisto e delle cosche della tirrenica (in primis quella rappresentata dal (OMISSIS)) e destinato, negli intenti degli imputati, a creare un canale stabile di rifornimento a cui stavano dando vita soggetti ben calati in detto contesto risultando gia' condannati per associazione mafiosa ( (OMISSIS), (OMISSIS) e lo stesso ricorrente) o contigui a tali consessi ovvero additati di essere "fedeli emissari delle organizzazioni territoriali di riferimento" (il duo (OMISSIS)- (OMISSIS)). I continui riferimenti nel compendio intercettivo alla "comune appartenenza mafiosa", quale comune determinatore di un'iniziativa destinata a ripetersi nel tempo proprio in ragione dell'affidabilita' "soggettiva" dei rispettivi partecipanti, in ragione della storiografia criminale da ciascuno annoverata e dei legami, anche parentali, annoverati con le varie cosche di interesse, danno ragionevolmente conto di come ciascuno avesse ben presente la chiara finalizzazione di agevolazione mafiosa della rispettiva condotta, stante anche l'assenza di una lettura alternativa priva delle necessarie probanti allegazioni. Ne', poi, per come correttamente evidenziato dalla sentenza impugnata, osterebbe al riconoscimento dell'aggravante l'individuazione di una sola cosca di âEuroËœndrangheta favorita, ben potendo la finalita' agevolativa investire piu' "famiglie" mafiose, soprattutto allorche' ci si trova al cospetto di un'organizzazione a matrice unitaria raggruppatasi sotto l'organo di vertice costituito dal direttorio "la cd. Provincia" a capo dei tre mandamenti jonico, tirrenico e della citta' di Reggio Calabria (Sez. 5, n. 48676 del 14/05/2014, Rv. 261912). L'aver poi accertato come l'acquisto della droga fosse funzionale a finanziare quello delle armi, costituente il viatico per implementare la forza di potere e di capacita' intimidatoria delle cosche di âEuroËœndrangheta che, quale compenso, avrebbero ricevuto parte dell'arsenale, cosi' incrementando il bottino di armi detenute per conto di tutti, da' correttamente conto della sussistenza dell'aggravante speciale stante la necessaria strumentalita' tra i due reati ed il loro collegamento finalistico, per come, peraltro, gia' accertato nella sentenza passata in giudicato della Corte di appello di Reggio Calabria emessa a carico di (OMISSIS) e dei coimputati del (OMISSIS) nel procedimento n. 1982/14 RGNRDDA. 12. Il dodicesimo motivo di ricorso relativo alla prescrizione del reato di cui al capo 26) e' inammissibile poiche' si fonda su una prospettata insussistenza dell'aggravante speciale che invece non e' stata neppure esclusa in questa sede; inoltre, la censura omette di tenere conto delle numerose sospensioni legali della prescrizione pure intervenute nel corso del processo (quantificate in complessivi giorni 929) di cui e' stato dato atto espressamente in sentenza. 13. Il tredicesimo motivo di ricorso in ordine alla recidiva e' manifestamente infondato, risultando la Corte di merito avere indicato le specifiche ragioni a sostegno dell'aumento di pena e della persistenza della maggiore capacita' a delinquere dell'imputato. I precedenti annoverati dall'imputato - tra i quali si sono indicati la condanna per associazione mafiosa ed il riconoscimento della finalita' agevolatrice in ordine al delitto di usura, unitamente all'applicazione ed alla violazione reiterata delle misure di prevenzione - risultano logicamente dimostrativi di una stile di vita caratterizzato da contatti con ambienti criminali mafiosi e, pertanto, si legano con i fatti oggetto del presente giudizio quale rinnovata conferma di una maggiore pericolosita' sociale. 14. L'ultimo motivo di ricorso in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e' manifestamente infondato. Invero, nessun vizio di illogicita' sconta la sentenza impugnata per avere riservato una motivazione unitaria al relativo diniego, tenuto conto che il profilo ostativo attinente alla particolare gravita' dei reati accomuna piu' ricorrenti, in quanto commessi in concorso tra loro. Peraltro, con riguardo specifico alla posizione dell'imputato, si sono richiamati anche i precedenti penali, di indubbia gravita' e tanto basta a rendere congrua la motivazione, alla luce del principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell'articolo 62-bis c.p. e' oggetto di un giudizio di fatto e puo' essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche' la stessa motivazione, purche' congrua e non contraddittoria, non puo' essere sindacata in Cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163). 15. Nulla aggiungono i motivi aggiunti di decisivo ai fini dell'accoglimento delle censure svolte con il ricorso principale. (OMISSIS); Il ricorso e' fondato nei limiti di cui in motivazione. Infondato nel resto. 1. Il primo motivo in ordine alla partecipazione del ricorrente alla locale di (OMISSIS) e' infondato. In punto di fatto, la Corte di merito, anche mediante il richiamo della sentenza di primo grado, ha ripercorso analiticamente le risultanze processuali che risultano fondate: sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS)Rocco (OMISSIS) e (OMISSIS) Lorenzo; sulle intercettazioni delle comunicazioni fra presenti realizzate all'interno dell'abitazione di Landini Giuseppe e sulla contestuale individuazione degli interlocutori attraverso una videocamera posta all'interno di un palo per l'illuminazione pubblica collocato nei pressi di detta abitazione. Con particolare riguardo alla posizione del ricorrente, il collaboratore (OMISSIS) ha dichiarato che tale (OMISSIS), un tabaccaio con un negozio sito a (OMISSIS) salendo verso la montagna, faceva parte della cosca, subordinato al capo cosca (OMISSIS), ed ha riconosciuto la persona da lui indicata nel (OMISSIS), che effettivamente ha una rivendita di tabacchi a (OMISSIS) nella zona indicata da (OMISSIS). Il secondo elemento valorizzato nella sentenza impugnata e' rappresentato dal contenuto di una conversazione fra (OMISSIS) e (OMISSIS), nel corso della quale il primo elenca gli affiliati storici alla cosca di (OMISSIS) e gli anziani ancora operativi, citando "quello dei tabacchi, quello infamone"... a (OMISSIS), (OMISSIS) lo ha portato", che e' stato inteso come chiaro riferimento a (OMISSIS), subordinato al (OMISSIS). Sono indicati, poi, i riscontri costituiti dalla accertata frequentazione, da parte del ricorrente, del (OMISSIS) e di altri pregiudicati, nonche' dalle affermazioni di (OMISSIS) secondo cui il ricorrente utilizzava la sua rivendita di tabacchi per rifornire la criminalita' organizzata di schede telefoniche intestate a terze persone e quindi idonee ad eludere le investigazioni. La sentenza impugnata ha dunque indicato una serie di elementi dotati di particolare significato indiziante, la cui convergenza e combinazione logica consentono di avvalorare la chiamata in correita' rivolta dallo (OMISSIS) al ricorrente. A tale riguardo, rileva, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, anche l'accertata frequentazione del ricorrente proprio con il (OMISSIS), il quale a detta del collaborante l'avrebbe "portato" all'interno della cosca di âEuroËœndrangheta. Se infatti le mere frequentazioni con soggetti pregiudicati non possono valere di per se' quale esclusivo elemento dimostrativo della partecipazione, cio' non toglie che possano assumere valenza di riscontro alla chiamata in correita' allorche' confermative di una circostanza narrata dal collaboratore. Peraltro, nel caso in esame, la rilevanza di tale frequentazione ai fini della prova del narrato del collaboratore e' anche ulteriormente confermata dal riferimento all'esistenza del rapporto di cosca che lega il ricorrente con il (OMISSIS) che si trae dalle intercettazioni ambientali effettuate a casa del (OMISSIS), di particolare significato probatorio in quanto provenienti da un soggetto storicamente a pieno titolo facente parte della cosca di (OMISSIS) che conversa con altri soggetti ad essa intranei (il (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS), nonche' la moglie (OMISSIS)). La circostanza, poi, che proprio un esponente autorevole come il (OMISSIS) abbia definito il ricorrente, durante la conversazione, un "infamone", termine generalmente utilizzato per indicare un traditore o un delatore e, a detta della difesa, certamente non un associato mafioso, non si pone affatto in termini di inconciliabilita' logica con il riconoscimento della qualifica di associato in quanto la sentenza impugnata, mediante una lettura unitaria di quanto captato, ha evidenziato come tale termine sia stato riferito dal (OMISSIS) anche a soggetti ai quali era stata addirittura attribuita la "Santa". Pertanto, anche laddove non si ritenesse logica la conclusione della sentenza impugnata laddove giunge ad assegnare a tale termine non il significato di tradimento, bensi' di caratura criminale, resta il fatto, indubbio, che il ricorrente, nell'ambito della ricognizione degli accoliti che il (OMISSIS) faceva nell'ottica di costituire una sua autonoma compagine, sia stato chiaramente additato come partecipe alla locale, in cui era entrato per iniziativa del (OMISSIS), per come riferito, in modo del tutto convergente, dal collaboratore (OMISSIS) che gli attribuisce anche la dote di "sgarrista", grado superiore al picciotto. Il fatto che il (OMISSIS), poi, sia rientrato o meno nelle "grazie" del (OMISSIS) poco importa, in quanto al ricorrente e' mossa l'accusa di avere fatto parte della locale di (OMISSIS) e non dell'articolazione interna riferibile al (OMISSIS) ed al suo progetto autonomista. La convergenza proveniente dal (OMISSIS) in punto di attendibilita' del narrato del collaboratore rende di conseguenza del tutto priva di decisivita' la doglianza attinente all'ipotizzato risentimento che lo (OMISSIS) avrebbe nutrito nei confronti dell'imputato in ragione di un rifiuto per un acquisto di sigarette avvenuto senza pagare, profilo che comunque la Corte di merito svaluta con motivazione non manifestamente illogica anche in ragione del fatto che l'accaduto non sarebbe avvenuto al cospetto di affiliati. Anche con riguardo al contenuto della condotta di partecipazione la sentenza impugnata sfugge ai vizi di legittimita' denunziati: per un verso si precisa, in termini logici, che l'attribuzione al ricorrente di una dota superiore a quella base di mero picciotto a disposizione e che ne ha determinato un avanzamento nella compagine sia necessariamente dipesa, per il contesto criminale di riferimento, da meriti acquisiti proprio nella realizzazione di compiti ed attivita' funzionali agli interessi ed obiettivi illeciti perseguiti dalla cosca; per altro si valorizza la capacita' del ricorrente di rifornire i criminali di identita' telefoniche sicure, anche con il ricorso al commercio in nero, come la contravvenzione per abusivo gioco d'azzardo presso il suo locale confermerebbe, dimostrativa della sua propensione ad esercitare ivi anche attivita' non ufficiali e non registrabili dal punto di vista dei commerci assentiti e regolari. 2. Fondato, invece, risulta il secondo motivo con cui si deduce il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Al riguardo, la Corte ha fondato il diniego sul rilievo che si tratterebbe di una affiliazione "fiduciaria" da parte di maggiorenti del gruppo risalente nel tempo e sostanziata da condotte di vita che consentivano l'anonimato a pericolosi personaggi, esecutori di atroci crimini. Con riguardo al primo profilo di disvalore legato alla condotta di partecipazione, si tratta di un'affermazione generica in quanto non accompagnata dai necessari elementi di specificazione tanto con riguardo alla insistenza temporale che alla natura "fiduciaria" del vincolo. Inoltre, con riguardo ai comportamenti dimostrativi di soggettiva capacita' criminale, quello di avere fornito schede telefoniche di copertura viene legato, in punto di disvalore, all'esecuzione di atroci crimini, circostanza quest'ultima indimostrata e dunque del tutto assertiva. 3. Anche il terzo motivo con cui si lamenta l'omessa motivazione in ordine alla durata dell'applicazione della misura di sicurezza della liberta' vigilata (obbligatoria nel caso di specie) risulta fondato, non avendo la Corte di merito esaminato il relativo motivo di appello articolato sul punto dal ricorrente (n. 5, pag. 23 dell'atto di appello) e dovendo il giudice del merito dare conto, anche succintamente, delle ragioni in forza delle quali stabilisce il limite di durata della misura di sicurezza. Se, infatti, in tema di associazione di tipo mafioso, l'applicazione della misura di sicurezza prevista, in caso di condanna, dall'articolo 417 c.p. non richiede da parte del giudice della cognizione di merito l'accertamento in concreto della pericolosita' del soggetto, dovendosi ritenere operante una presunzione semplice, desunta dalle caratteristiche del sodalizio criminoso e dalla persistenza nel tempo del vincolo criminale di mutua solidarieta', il giudice e', invece, tenuto a motivare adeguatamente in ordine al corretto uso del potere esercitato quanto alla determinazione, superiore al minimo di legge (quale e' il caso in esame), della durata della misura applicata (Sez. 2, n. 23797 del 17/07/2020, Rv. 279486). 4. Va, pertanto, annullata la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla durata della misura di sicurezza della liberta' vigilata, con rinvio a diversa sezione della Corte d'appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto. Va, invece, rigettato il ricorso nel resto e dichiarata, ai sensi dell'articolo 624 c.p.p., irrevocabile l'affermazione di responsabilita'. (OMISSIS). Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio di motivazione (mancanza e/o apparenza) sul rilievo di un'acritica copiatura della sentenza del primo giudice, e' manifestamente infondato. La sentenza impugnata, infatti, con una tecnica espositiva riferibile a tutte le posizioni degli imputati, ha dapprima evidenziato, mediante l'espresso richiamo a quella di primo grado, gli elementi probatori posti a carico del ricorrente, per poi passare ad esaminare i motivi di appello, dedotti in modo specifico facendo riferimento alle diverse censure sollevate, in relazione alle quale ha fornito adeguata motivazione (in particolare quanto al ruolo attribuito al ricorrente si veda sub 2-3-4. ultimo cpv.; con riferimento alla permanenza della condotta di partecipazione contestata si veda sub 10). Il richiamo, pertanto, della decisione del primo giudice non priva affatto di alcuna autonomia grafica e valutativa la sentenza impugnata che si "nutre" di diffuse argomentazioni aventi carattere autonomo e critico. 2-3-4. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso - che possono trattarsi unitariamente stante la stretta connessione delle questioni poste attinenti alla sussistenza della contestazione associativa ed alla partecipazione del ricorrente a tale consesso di stampo âEuroËœndanghetista - sono generici e manifestamente infondati. Quanto alla condotta di partecipazione del ricorrente all'omonima cosca di âEuroËœndrangheta, la Corte territoriale, lungi dall'operare una sorta di non consentita "traslazione" temporale tra i precedenti giudicati per il delitto di cui all'articolo 416-bis c.p. (cd. processi Il (OMISSIS) e (OMISSIS), che coprono il periodo sino all'11/1/2012) e le prove in quei procedimenti acquisite, ha invece fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui, in tema di associazione a delinquere di stampo mafioso, la condotta di partecipazione deve essere provata con puntuale riferimento al periodo temporale considerato dall'imputazione, sicche' l'esistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato per lo stesso delitto in relazione ad un precedente periodo puo' rilevare solo quale elemento significativo di un piu' ampio compendio probatorio, da valutarsi nel nuovo procedimento unitamente ad altri elementi di prova dimostrativi della permanenza all'interno della associazione criminale (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, Rv. 275586). Al riguardo, infatti, la sentenza impugnata ha indicato una serie di elementi, di particolare significato e dotati di novum, che consentono di ritenere mai interrotta l'adesione dell'imputato all'omologo consesso mafioso, del quale si e' asseverata la persistenza. Cosi', a detti fini, rileva anzitutto ed in modo particolare l'episodio estorsivo di cui al capo 80) della rubrica ai danni della ditta del (OMISSIS), essendosi evidenziato come si trattasse della "ripresa" di un'attivita' estorsiva gia' in essere prima che l'imputato venisse arrestato a cagione delle pregresse accuse e che aveva formato gia' oggetto di contestazione e condanna proprio nel procedimento che aveva asseverato la partecipazione del ricorrente all'omonima cosca (c.d. processo (OMISSIS) ove il ricorrente veniva condannato oltre che per il delitto di cui all'articolo 416-bis c.p., anche per le estorsioni continuate aggravate commesse ai danni di (OMISSIS), nella qualita' di gestore di fatto dell'impresa boschiva intestata al padre (OMISSIS)). E che si trattasse di un'estorsione di cosca e' correttamente tratto non solo dai chiari riferimenti contenuti nelle intercettazioni ove e' lo stesso imprenditore soggiogato a collegare tale iniziativa ad una vicenda estorsiva non ancora sopita, nonostante le denunce poi ritrattate a seguito di danneggiamenti ritorsivi, ma anche perche' la pretesa doveva comprendere quanto dalla ditta percepito per l'esecuzione di lavori aggiudicati nel periodo di detenzione del ricorrente. Volere conto dei lavori illo tempore eseguiti significa che la vicenda estorsiva non si e' mai interrotta, a prescindere dalla carcerazione subita dal ricorrente. Una richiesta, pertanto, che rinveniva una precisa causale nella persistenza del pizzo imposto dalla cosca su un'attivita' economica che aveva caratterizzato l'illecito agire di tale sodalizio per come giudizialmente accertato e per come ricavato dai chiari riferimenti operati a tale vicenda dallo stesso (OMISSIS) nel corso dei dialoghi intercettati che la colloca proprio nell'ambito delle estorsioni operate dalle cosche di âEuroËœndrangheta in quel territorio, al pari di quelle realizzate ai danni della ditta del (OMISSIS) che vedeva coinvolto altro appartenente della famiglia (OMISSIS) (capo 38 della rubrica) ed il cui placet, unitamente a quello del (OMISSIS), aveva consentito alla ditta (peraltro di provenienza territoriale "esterna") di lavorare in quel territorio. Insomma, una storia che si ripete con analoghe modalita' di imposizione del pizzo e del controllo dei lavori pubblici e privati, in cambio di una presunta guardiania sui beni delle ditte, tipico dell'agire dei consessi mafiosi di stampo âEuroËœndranghetista. La Corte territoriale supera, pertanto, con congrua motivazione, la lettura parcellizzata dell'episodio che offre (legittimamente) la difesa e lo cala nell'ambito di una situazione di fatto - asseverata anche autonomamente in questo processo (sulla scorta del captato del (OMISSIS) e dei diversi delitti fine commessi ascrivibili alla cosca (OMISSIS)) - caratterizzata da un'insistenza delle cosche sulle attivita' imprenditoriali locali e territoriali di riferimento in cui si colloca la condotta del ricorrente che, dunque, non puo' ritenersi avulsa, per quanto dagli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS) rispettivamente riferito, dal contesto associativo di cui costituisce la diretta espressione. Del resto, il rimprovero mosso al (OMISSIS) di non essersi subito portato al cospetto del ricorrente appena uscito di prigione - per risolvere la questione e l'imbasciata dal primo operata verso l'imputato, per il tramite di uno dei suoi figli, affinche' si ragionasse, costituiscono ulteriori indici che qualificano il fatto estorsivo, conferendogli "l'esatto nome". La riconducibilita' di tale vicenda ad un contesto mafioso e, dunque, in continuita' col precedente giudicato, rinviene nella sentenza impugnata anche un'ulteriore conferma, laddove si riportano alcuni episodi che, pur non assurgendo alla soglia di reati fine, sono indicati come dimostrativi del fatto che il ricorrente, uscito di prigione, si comportasse come "capo mafia". Si citano, al riguardo, il messaggio, rivolto dall'imputato ad un tale per non avergli inviato i saluti in carcere, durante la detenzione, a differenza di quanto fatto da altri suoi congiunti. Un rimprovero che, in assenza di altre causali e del contesto di insieme, e' stato logicamente ricondotto ad una mancanza di rispetto che doveva essere prestato alla persona del ricorrente, per come avvalorato anche dagli allusivi riferimenti ai rapporti dell'imputato in quell'occasione evocati con i " (OMISSIS)" ed i " (OMISSIS)" ed al timore di possibili ritorsioni ai danni di chi tale codice d'onore non aveva rispettato; la pretesa, espressa con tono minaccioso e prepotente, di pagare alla meta' del prezzo quanto l'imputato si apprestava ad acquistare in un negozio di giocattoli; le pressanti richieste ai macellai della zona di comprare da lui la carne, come riferito dal collaboratore di giustizia (OMISSIS), richieste che venivano esaudite in ragione del fatto che gli interlocutori, impauriti, erano ben consapevoli del suo spessore criminale. Si tratta, all'evidenza, di comportamenti di carattere "prevaricatorio" che, proprio per esser stati realizzati successivamente alla scarcerazione, si prestano ad essere interpretati come causalmente volti a riaffermare la presenza dell'autorita' del ricorrente e dell'omonima cosca sul territorio. A tale riguardo, e' importante sottolineare come lo stesso giudice del merito, a conferma della sua lettura, precisi come proprio nelle sentenze passate in giudicato, tra gli elementi evocativi dell'appartenenza al consesso mafioso, siano stati accertati altri comportamenti di tal genere, se non del tutto analoghi. Ma allora del tutto logico e conseguenziale e' legare, a tale rinnovato contesto di carattere impositivo, la vicenda estorsiva citata in premessa, ove la natura "qualificata" del reato e' del tutto coerente con la natura "mafiosa" di tali comportamenti volti a riaffermare il controllo del territorio ad opera della stessa famiglia che ivi aveva esercitato il potere. Ed a tanto il ricorrente poteva proprio per la posizione da sempre occupata nell'omonima cosca, circostanza a tutti nota, per come dalla sentenza esplicitato in forza dei dichiarati acquisiti dai soggetti menzionati nei vari episodi. Con la conseguenza che, se questo e' il contesto che fa sfondo al reato estorsivo, l'affermazione difensiva secondo cui - contrariamente al passato - i proventi li avrebbe intascati direttamente l'imputato senza finire nella "bacinella" a disposizione della cosca, non e' idonea a scardinare, sul punto, la logicita' della motivazione, avendo al proposito la Corte territoriale precisato come permanessero i connotati di agevolazione mafiosa seppur diversamente riferibili al diverso, ma parimenti rilevante fine, di riaffermare il potere âEuroËœndranghetistico della cosca (OMISSIS), cosi' agevolandone la sopravvivenza in via molto piu' efficace di un formale rituale âEuroËœndranghetistico (vedi oltre sub 7). Infine, a corredo dell'intraneita', sono state evidenziate anche le frequentazioni con altri coimputati, essendo stati censiti controlli sul territorio con il capo della locale (OMISSIS), lo stesso (OMISSIS) e (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) (con quest'ultimo nel segmento temporale coperto dalla odierna contestazione). Di conseguenza, privo di decisivita' e' il rilievo difensivo - tratto dalle dichiarazioni dello (OMISSIS) - dell'assenza di un battesimo e di una formale affiliazione del ricorrente. Nel caso in esame, la Corte di merito, anziche' partire dal dato formale, si e' mossa da quello sostanziale, in ossequio all'orientamento di questa Corte secondo cui, ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, l'investitura formale non e' essenziale, in quanto cio' che rileva e' la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica, ma unitaria, degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all'interno dello stesso che possono emergere anche da significativi "facta concludentia" (ex multis, Sez. 5, n. 32020 del 16/03/2018, Rv. 273571; in termini, anche la giurisprudenza sull'affiliato "di fatto" ossia di colui che agisce con metodo mafioso contribuendo con la commissione di azioni delinquenziali poste in favore di se stesso e del gruppo di appartenenza e con spartizione dei proventi: Sez. 1, n. 6992 del 30/01/1992, Rv. 190658). In senso analogo, si e' affermato che, pur mancando la dimostrazione dell'inserimento formale, il giudice del merito puo' acquisire la prova del coinvolgimento attraverso la dimostrata partecipazione a delitti-fine ovvero ad altre attivita' della cosca che assumano significativita' tale da dimostrare proprio lo stabile inserimento nel contesto criminale di quel determinato gruppo mafioso, assumendo al contempo rilievo l'esistenza di un progetto delinquenziale che quel determinato gruppo si professa di realizzare attraverso il ricorso al metodo intimidatorio ed al clima di omerta' e collusione capace di imporre in un determinato territorio od ambiente operativo (Sez. 2, Sentenza n. 56088 de112/10/2017, Rv. 271698). Nessuna illogicita' "sconta", pertanto, la sentenza impugnata per avere affermato che "il battesimo qui e' dato dal territorio e dal riconoscimento della loro supremazia e potere, che viene vissuto come ineluttabile dai cittadini del piccolo comune di (OMISSIS), incapaci di denunciare tali soprusi". Tra l'altro, la censura in punto di valenza a discarico delle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) e' anche parziale, in quanto non si confronta con l'altra parte della sentenza, che assume rilievo anche ai fini della persistenza del delitto associativo, in cui si da' atto di come il collaboratore, pur non attribuendo ai (OMISSIS) affiliazioni formali, ne evoca il riconoscimento di gruppo mafioso insistente nel territorio, al quale, unitamente ai (OMISSIS), era stata riconosciuto il predominio sulle attivita' estorsive, condizione che si rammenta non era venuta meno nonostante le successive fratture tra i vari gruppi familiari facenti capo alla locale. Del resto, ad esclusione di qualunque profilo di illogicita' della motivazione resa sul punto, si precisa anche che lo stesso (OMISSIS), che pure si descrive come ritualmente affiliato, si reputa e si definisce come "appartenente", unitamente ad altri accoliti, ai (OMISSIS), dotati di rappresentativita' autonoma dagli (OMISSIS) e dai (OMISSIS). Quanto, poi, all'esistenza e persistenza dell'omonima cosca operante nell'ambito della locale di (OMISSIS), la Corte di merito, partendo dal notorio giudiziario e dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), ha operato una lettura unitaria dei vari episodi estorsivi oggetto del presente giudizio, con riguardo alle posizioni dei coimputati (OMISSIS), per cui e' stata ritenuta la continuazione - in relazione al reato associativo di cui al capo 1) e l'altro episodio estorsivo ai danni dell'imprenditore (OMISSIS) - con lo stesso giudicato che interessa il ricorrente, e (OMISSIS), reo di avere commesso un'estorsione seguita da danneggiamento ai danni dell'imprenditore (OMISSIS), ritenuta aggravata ex articolo 416-bis.1 c.p. proprio perche' riconducibile al contesto di cosca di cui si e' detto (capi 81 e 82 della rubrica). A tali fatti si sono poi aggiunti altri episodi, tra i quali assumono rilievo anche quelli di carattere "prevaricatorio" in precedenza narrati, unitamente alle conversazioni captate presso l'abitazione del (OMISSIS), che avvalorano la contestazione dell'esistenza di un gruppo mai effettivamente sopito nell'ambito delle dinamiche illecite caratterizzanti il territorio oggetto di rispettiva insistenza, con particolare riguardo al settore delle estorsioni. In tale contesto, risultano certamente significativi, in quanto espressione dell'autorevolezza e del mutuo riconoscimento che la "cosca" (OMISSIS) rinviene anche negli altri organismi della cui qualificazione mafiosa non si discute, gli incontri avuti rispettivamente da (OMISSIS) e (OMISSIS) con rappresentanti della cosca (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine alla risoluzione di questioni coinvolgenti gli affari riferibili alle cosche di âEuroËœndrangheta (vedi pagg. 478 e 479). Infine, sulla scorta del narrato dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' di quanto captato presso l'abitazione del (OMISSIS), ha escluso, in aderenza con gli elementi di fatto sopra menzionati, che il gruppo (OMISSIS) fosse stato "confinato" in una realta' a se' stante, svincolata dal contesto di âEuroËœndrangheta, precisando come i conflitti del passato che avevano visto contrapposti, da un lato (OMISSIS)- (OMISSIS) a (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS), avevano trovato composizione avendo questi ripreso a spartirsi "il giogo estorsivo" anche in forza della loro risalente parentela, oltre che perdurante partecipazione associativa alla âEuroËœndrangheta, quale elemento territoriale di appartenenza e di risalente congiunzione. L'approccio ermeneutico seguito dai giudici di merito volto a rintracciare i comportamenti estorsivi o di "prepotenza" mafiosa del passato, per come giudiziariamente accertati, che da sempre hanno caratterizzato l'agire dei (OMISSIS) agli occhi della comunita' locale, per derivarne le similitudini e la continuita' con il presente, appare operazione giuridica e fattuale, in termini di accertamento dei fatti contestati, pienamente legittimita' e dotata di idonea efficacia probatoria e motivazionale. Con la conseguenza che l'affermazione in chiave difensiva che vuole i (OMISSIS) non "dare conto" allo (OMISSIS) non assume decisivo rilievo ai fini dell'esclusione della loro rilevanza mafiosa, essendo, al contrario, stata contestualizzata dalla Corte di merito nella "rappresentativita'" esterna che i (OMISSIS) si erano meritati sul campo. I (OMISSIS) erano dunque una "garanzia" di potere mafioso anche per i terzi e lo erano in quanto dotati di una percentuale risalente di "autonomia" dal resto della compagine mafiosa della locale di âEuroËœndrangheta di (OMISSIS), rispetto alla quale erano pure percepiti dall'esterno come "un nome" autonomo a cui rivolgersi in caso di alleanze o richieste di autorizzazioni (al proposito si citano anche i riferimenti dell'altro collaboratore (OMISSIS)). In conclusione, il giudice del merito ha declinato idonei indici probatori ad asseverare tanto la continuita' della partecipazione del ricorrente all'omonima cosca di âEuroËœndrangheta, quanto della perdurante insistenza dell'omonima cosca sul territorio di rispettiva competenza. Ed a tale riguardo, non privo di rilievo risulta il riferimento giurisprudenziale citato dalla Corte di merito che attribuisce valore anche al dato parentale. Invero, con decisione resa proprio in relazione ad una cosca di âEuroËœndrangheta operante nel mandamento tirrenico, e' stato ritenuto logico affermare che, una volta accertata l'esistenza di una organizzazione delinquenziale a base familiare ed una non occasionale attivita' criminosa dei singoli esponenti della famiglia, nulla impedisce al giudice di attribuire alla circostanza che vi siano legami di parentela tra un soggetto e coloro che nella associazione occupano posizioni di vertice o di rilievo valore indiziante in ordine alla sua partecipazione al sodalizio criminoso (cosi', in parte motiva, Sez. 5, n. 50999 del 14/10/2014; conf., Sez. 5, n. 18491 del 22/11/2012, dep. 2013, Rv. 255431). Infine, con riguardo alla doglianza sul ruolo apicale o meno attribuito al ricorrente, la relativa censura e' inammissibile per carenza di interesse e poiche' non si confronta con la motivazione resa: la sentenza impugnata (vedi pagine 491 e 500 della sentenza impugnata), infatti, anche sulla scorta della determinazione della pena operata dal primo giudice e in aderenza col capo di imputazione che contesta al ricorrente la qualita' di componente, ha espressamente attribuito al ricorrente la figura del mero partecipe. 5. Il quinto motivo in tema di sussistenza dell'aggravante di essere l'associazione armata e' inammissibile poiche' finisce per riprodurre l'analoga censura mossa con i motivi di appello, a fronte di pertinenti argomentazioni spese al riguardo dalla Corte di merito. La sentenza impugnata, infatti, partendo dall'esclusione dell'esistenza di un'insanabile frattura dei (OMISSIS) con i gruppi riferibili a (OMISSIS)- (OMISSIS) ed anzi valorizzando l'elemento di congiunzione costituito dalla rinnovata intesa nel settore estorsivo con costoro raggiunta, ha correttamente operato una lettura unitaria delle diverse âEuroËœndrine facenti parte della locale, in capo alla quale si e' accertata la diffusa disponibilita' di armi di cui potevano disporre, all'occorrenza, gli associati, anche in ragione di comuni canali di riferimento (si pensi all'armiere (OMISSIS)). Peraltro, proprio con riguardo ai (OMISSIS), quale elemento rivelatore anche della consapevolezza in capo al ricorrente della disponibilita' di armi, sono state indicati i traffici di armi effettuati dallo (OMISSIS) (appartenente, per sua stessa ammissione, alla cosca (OMISSIS)) relativi al commercio di fucili con matricola abrasa e pistole in favore del (OMISSIS), armi procurate dall'armiere (OMISSIS) (si tratta delle vicende di cui ai capi 2 e ss. della rubrica), nonche' le stesse modalita' con cui era avvenuto l'omicidio, commesso dal figlio del ricorrente sparando dei colpi di pistola, di (OMISSIS) e (OMISSIS). La mancata contestazione del possesso di armi in capo al ricorrente nel presente procedimento non e', dunque, idonea ad elidere la contestata aggravante, che impone un diverso trattamento sanzionatorio proprio in forza della generica disponibilita' o agevole reperimento di armi da parte degli associati, condizione questa ben evidenziata dalle sentenze di merito che hanno messo piu' volte in risalto come non solo i diversi componenti della locale fossero armati (al riguardo basti pensare ai numerosissimi capi di imputazione all'uopo elevati), ma vi fosse un canale di approvvigionamento aperto nel "settore" utilizzato anche da soggetti gravitanti o provenienti da diverse cosche del mandamento. A conferma delle conclusioni a cui sono pervenuti i giudici di merito, va evidenziato che questa Corte, con orientamento che il Collegio condivide, ha affermato che, in tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, l'aggravante della disponibilita' di armi, di cui all'articolo 416-bis c.p., commi 4 e 5, e' configurabile a carico dei partecipi che siano consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che, per colpa, lo ignorino. (Fattispecie relativa alla riconosciuta esistenza di un'associazione autonoma, formata da cellule "locali" di âEuroËœndrangheta federate, in cui la Corte ha ritenuto che, ai fini della ravvisabilita' dell'anzidetta aggravante, e' necessario fare riferimento al sodalizio nel suo complesso, prescindendo dallo specifico soggetto o dalla specifica cellula "locale" che abbia la concreta disponibilita' delle armi - Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, Rv. 276831). 6-7. Il sesto ed il settimo motivo di ricorso relativi alla sussistenza e corretta qualificazione dell'ipotesi estorsiva di cui al capo 80) della rubrica sono manifestamente infondati. Per come evidenziato a proposito del paragrafo dedicato alla persistenza dell'omonima cosca (OMISSIS) ed alla partecipazione in seno ad essa del ricorrente, l'estorsione di cui al capo 80) della rubrica costituisce prosecuzione di analoga condotta, ai danni della stessa p.o., ritenuta, con effetto di giudicato, gia' caratterizzata, per metodo ed agevolazione, dall'aggravante mafiosa; in sostanza, ne segue la traccia euristica e si "nutre" della pregressa valenza causale delle minacce rivolte alla vittima, la quale, rea di avere denunciato, era stata anche punita subendo il danneggiamento dei beni della sua ditta. E che tale fosse la situazione allorche' il ricorrente rinnovo' la pretesa estorsiva si ricava in modo chiaro dai dialoghi che la p.o. ha con il (OMISSIS), dal quale emerge come il timore di subire ritorsioni, financo di carattere personale, laddove non avesse acceduto alla reiterata tangente, fosse ben presente alla mente della vittima, tanto da aver determinato la corresponsione del pizzo. Del resto, tale stato di soggezione e timore si ricava anche dal comportamento assunto dal (OMISSIS) allorche' ha notizia che il ricorrente sia stato scarcerato ed ha ripreso a girare nel Paese; si precisa, infatti, in sentenza, come la p.o. si guardo' bene dall'incontrare l'imputato, tanto da venire da questi poi rimproverata per non essersi portata al suo cospetto. Nel reato di estorsione, ha piu' volte precisato questa Corte, integra la circostanza aggravante del metodo mafioso l'utilizzo di un messaggio intimidatorio anche "silente", cioe' privo di una esplicita richiesta, qualora l'associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l'avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti di violenza o minaccia (Sez. 2, n. 26002 del 24/05/2018, Rv. 272884). La circostanza, poi, dedotta dalla difesa che vuole i (OMISSIS) non minacciati dal ricorrente in forza del fatto che il danneggiamento subito nel 2009 e' stato commesso dal collaboratore (OMISSIS) (cognato dell'imputato), non e' affatto decisiva, in quanto la sentenza impugnata, anche mediante il richiamo dei dialoghi intercettati, ha precisato come alla p.o. fosse ben chiaro come la ritorsione in passato subita per avere denunciato l'estorsione subita, portando all'arresto dell'odierno ricorrente, fu determinata dai (OMISSIS). Del resto, tale affermazione rinviene un elemento confermativo proprio nella circostanza che la difesa adduce quale elemento a discarico: il fatto che, a seguito all'arresto dell'imputato, il danneggiamento ai beni della p.o. fu realizzato dallo (OMISSIS) e' espressivo di come quell'estorsione, lungi dall'essere un fatto illecito "privato" ascrivibile al ricorrente, fosse al contrario, ritenuta un affare di cosca, tanto che al gesto ritorsivo viene incaricato lo (OMISSIS), il quale, per sua stessa ammissione, fa parte della cosca (OMISSIS) ed era deputato a commettere azioni di tal genere. Infine, l'ulteriore rilievo che i "piccioli" pretesi dal ricorrente non fossero stavolta finiti nelle tasche della cosca non e' parimenti decisivo ai fini dell'esclusione dell'aggravante speciale nella forma dell'agevolazione, in quanto la sentenza impugnata, con motivazione congrua con cui il motivo di ricorso non si confronta specificamente, ha precisato come, con tale condotta, si realizzasse l'asservimento del territorio ai voleri mafiosi e dunque si agevolava la cosca, per come avvalorato anche dai ripetuti comportamenti di carattere prevaricatore assunti dal ricorrente al fine di dimostrare coram populo la sua rinnovata egemonia nell'ambito dell'omonima cosca. Anche laddove si ritenesse pertanto che i proventi di questa specifica estorsione siano stati trattenuti, contrariamente al passato, dal ricorrente, vi sarebbe comunque una riaffermazione del potere âEuroËœndranghetistico della cosca (OMISSIS) idoneo a rafforzarne metodo e capacita' impositiva e quindi ad agevolarne la sopravvivenza in via molto piu' efficace di un formale rituale âEuroËœndranghetistico. 8. L'ottavo motivo di ricorso in punto di sussistenza della recidiva e' manifestamente infondato. 8.1. Invero, la sentenza impugnata, con congrua motivazione (vedi pag. 495), ha dato atto di come i reati di cui al presente giudizio siano espressivi di un'accentuata pericolosita' sociale del ricorrente ponendosi in perfetta continuita' - anche tipologica - con i precedenti penali specifici, dimostrativi di un vissuto dettato dalla persistente scelta di "sposare da decenni la regola âEuroËœndranghetista come unica e basilare opzione di vita e di sussistenza". 8.2. Inammissibile, invece, perche' non dedotto in appello (vedi pagg. 17, 18 e 19 atto di appello) e comunque perche' l'aumento apportato e' conseguenza anche della recidiva reiterata e specifica, e' la censura relativa alla mancata esclusione della recidiva infraquinquennale. 9. Il nono motivo di ricorso in tema di diniego delle attenuanti generiche e' manifestamente infondato. Gli indici positivi addotti risultano generici e, comunque, la motivazione in forza della quale se ne e' addotta la mancata concessione e' pienamente congrua, alla luce della gravita' dei fatti commessi, in quanto riferibili ad un contesto di carattere mafioso alla cui persistenza tali condotte sono volte, nonche' al vissuto del ricorrente, espressivo di una scelta delinquenziale di carattere immanente, alla luce dei precedenti penali specifici annoverati, ai quali si aggiunge anche, quale ulteriore indice di disvalore, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale che risulta essere stata al ricorrente applicata ed in costanza della quale ha commesso il reato estorsivo. 10. Il decimo motivo di ricorso, che rinviene ulteriori sviluppi nella memoria depositata e relativo alla correttezza del trattamento sanzionatorio inflitto in relazione al perimetro della permanenza del delitto associativo, e' manifestamente infondato. La Corte territoriale, con riferimento al tempus commissi delicti, ha correttamente ricostruito il reato di cui al capo 1) della rubrica, in aderenza alla specifica contestazione elevata al ricorrente ("dall'11.1.2012 in poi"), in termini di attuale permanenza dalla precedente condanna del 2012 sino alla data della sentenza del GUP (16/10/2017), sulla base di precisi indici dimostrativi. Al riguardo, errato e' il riferimento al fatto che la condotta del ricorrente si arresterebbe al settembre 2014 con la consumazione del reato estorsivo. Cio' che rileva, infatti, e' l'appartenenza al sodalizio, condotta che non si esaurisce con quella della commissione del singolo delitto fine pur rientrante nel programma associativo, ma si concreta - per come recentemente ribadito dalle S.U. di questa Corte (sentenza n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889) - per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua âEuroËœmessa a disposizione' in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Peraltro, a conferma della partecipazione, i giudici del merito, come evidenziato nei precedenti paragrafi, hanno evocato molteplici comportamenti di carattere prevaricatorio ed additati di significanza mafiosa, realizzati anche dopo l'estorsione commessa ai danni dei (OMISSIS) (all'11/4/2015 sono riferibili le "doglianze" del Guerrisi; le confidenze del Prestileo sono collocate nel dicembre 2014). Cio' che conta, pertanto, ai fini della corretta delimitazione del periodo temporale e' che i giudici di merito abbiano motivatamente dato conto che, proprio attraverso quei comportamenti (uniti anche a. quelli degli altri coimputati aventi lo stesso nomen), si sia rinnovata in modo evidente la persistenza dell'omonima cosca sul territorio, corredata dalla sua fama e potere locale. In assenza, pertanto, di chiari indici fattuali di recesso anticipato o del venir meno della cosca (perche' sgominata nella sua intera articolazione), correttamente dal punto di vista sanzionatorio si e' fatta applicazione della piu' severa legge del 2015 e non di quella del 2008, in ossequio al principio affermato da questa Corte secondo cui, in tema di successione di leggi penali nel tempo, il regime sanzionatorio applicabile al reato di cui all'articolo 416-bis c.p. deve determinarsi con riferimento alla data di cessazione della permanenza cosi' come contestata, se in forma cd. chiusa, se in forma cd. aperta, ovvero "sino ad oggi" e cioe' alla data del rinvio a giudizio. (In applicazione del principio, la Corte ha precisato che nelle ipotesi di contestazione in forma cd. aperta, quando cioe' il capo di imputazione contesti la partecipazione "in permanenza attuale", vale quale momento finale consumativo della condotta associativa quello coincidente con la sentenza di primo grado, alla cui data, pertanto, va individuata la pena prevista).(Sez. 2, n. 20098 del 03/06/2020, Rv. 279476). 11. L'undicesimo motivo di ricorso in ordine alla determinazione della continuazione esterna tra le diverse pronunce di condanna considerate ai fini del complessivo trattamento sanzionatorio, e' inammissibile poiche' poggia sul riconoscimento di vizi di legittimita' dedotti in punto di delimitazione della condotta di partecipazione (ante 2015), di esclusione del ruolo direttivo in capo al ricorrente e della recidiva che risultano essere stati motivatamente esclusi dalla sentenza impugnata per come evidenziate nei precedenti paragrafi. Di talche' si appalesa inammissibile - anche per quanto evidenziato nei paragrafi immediatamente precedenti, anche il motivo aggiunto dedotto sul punto. 12. Il dodicesimo motivo in ordine alla legittimita' della pena accessoria applicata e' manifestamente infondato. 12.1. Al riguardo, risulta fornita una congrua motivazione giustificativa, essendosi posto l'accento sull'azione parassitaria che il ricorrente ha esercitato sulla popolazione del relativo comune incompatibile con i presupposti giustificativi del pubblico contributo. 12.2. Quanto, poi, alla dedotta incostituzionalita' della disposizione di legge che dispone la revoca del beneficio, la doglianza non si confronta con la decisione resa sul punto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 137 del 25/5/2021, che ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalita' dell'articolo 2 della legge in esame, sollevata in riferimento agli articoli 3, 25 e 38 Cost., salva l'ipotesi che la revoca riguardi il caso, che non si attaglia al ricorrente, del condannato ammesso a scontare la pena in regime alternativo al carcere. 13. Anche il tredicesimo motivo di ricorso - i cui vizi denunziati sono richiamati nella memoria depositata - in ordine alla legittimita' della disposta confisca (motivazione mancante e/o apparente) e' inammissibile. 13.1. Va. Anzitutto, escluso che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare i motivi di impugnazione all'uopo sollevati dal ricorrente: invero, la Corte territoriale, nel riassumere i motivi di impugnazione, richiama espressamente "l'ulteriore atto di impugnazione depositato dalla difesa", nonche' le relative doglianze, richiamate dal ricorrente anche in questa sede (vedi pag. 468 e ss.). 13.2. Quanto, poi, ai presupposti della confisca, la sentenza impugnata (vedi pagg. 502-505) risulta corredata da congrua motivazione, avendo, alla luce degli esiti degli accertamenti investigativi compiuti sul patrimonio dei (OMISSIS) e delle allegazioni difensive, specificamente individuato i beni in relazione ai quali, per le circostanze, tempi e modalita' di acquisto, non fosse verosimile la riconducibilita' ad una provvista lecita e quelli, invece, del tutto coerenti con la redditivita' accertata, tanto che si e' disposto il dissequestro. Il ricorso sul punto di appalesa, quindi, inammissibile poiche' a fronte della valutazione operata, da parte del giudice del merito, degli elementi reddituali del nucleo familiare interessato dal sequestro, ripropone, sotto il profilo della omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l'accertamento della sproporzione, non consentiti in questa sede, essendo il ricorso per cassazione ammesso solo per violazione di legge. Ne' i profili di inammissibilita' rilevati risultano "colmabili" con quanto evidenziato nei motivi aggiunti, privi, peraltro, di valenza decisiva. (OMISSIS); Il ricorso e' inammissibile. 1-2. I primi due motivi di ricorso che riguardano il delitto di cui al capo 81) della rubrica, possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente legati - per come e' formulata l'imputazione - al contesto ambientale in cui l'accusa colloca la genesi e lo sviluppo dell'ipotesi estorsiva. Con riferimento alle censure relative all'attendibilita' della persona offesa, il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito appare conforme ai criteri dettati da questa Corte, secondo cui le dichiarazioni della persona offesa - cui non si applicano le regole dettate dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, - possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilita' dell'imputato, previa verifica, piu' penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilita' soggettiva del dichiarante e dell'attendibilita' intrinseca del suo racconto (Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104). Nel caso in esame, la Corte d'appello risulta essersi fatta carico di apprezzare le dichiarazioni della persona offesa in punto sia di attendibilita' soggettiva che oggettiva, alla luce degli altri elementi acquisiti nel processo di cui si e' dato conto nella sentenza impugnata. Peraltro, le valutazioni della p.o. risultano compiutamente valutate nel contesto degli ulteriori elementi passati in rassegna dal giudice di primo grado, la cui motivazione risulta essere stata anche graficamente riportata nella sentenza impugnata. La Corte di merito ha infatti operato in modo logico e non contraddittorio la valutazione di attendibilita' delle dichiarazioni del (OMISSIS), giudicate "precise, dettagliate e costanti, internamente coerenti ed esenti da incongruenze". In punto di fatto, la sentenza impugnata ha richiamato le dichiarazioni rese dalla vittima del reato estorsivo (OMISSIS) (OMISSIS) - sulla cui attendibilita' si era gia' pronunciata la Corte di legittimita', richiamando la giurisprudenza consolidata sulla valenza indiziaria delle dichiarazioni delle persone offese (Sez. 5, n. 5609 del 20/12/2013, dep. 2014, Puente Suarez, Rv. 258870; Sez. 5, n. 27774 del 26/04/2010, M., Rv. 24788301) - che riferiva delle modalita' con cui era stato fermato dal ricorrente che, con toni intimidatori, gli aveva chiesto la consegna della somma di Euro 3.000,00, specificandogli che tale consegna avrebbe impedito all'imprenditore di subire ulteriori danni. A seguito del rifiuto della vittima di consegnare la somma richiesta, si verificava un danneggiamento incendiario in un cantiere edile allestito dalla ditta "(OMISSIS)", di cui (OMISSIS) era l'amministratore, da quest'ultimo immediatamente collegato alle richieste di denaro dal ricorrente effettuate. In questo contesto, la Corte di merito ha ritenuto dimostrati anche gli elementi costitutivi dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., atteso che l'intimidazione rivolta dal (OMISSIS) alla vittima - che si concretizzava nella frase richiamata cosi' riportata: "Mi devi dare 3.000/00 Euror che mi servono... Questi sono per evitare possibili danni in seguito" - non consentiva interpretazioni alternative, tenuto conto delle circostanze di tempo e di luogo in cui la frase in questione veniva pronunciata, idonee a determinare una condizione di coartazione psicologica nella vittima. Si e', inoltre, evidenziato, che la riconducibilita' del successivo danneggiamento incendiario alla sfera di operativita' del clan (OMISSIS) era corroborata da un ulteriore dato circostanziale costituito dal fatto che alle operazioni di spegnimento dell'incendio del cantiere della ditta "(OMISSIS)" da parte dei vigili del fuoco erano presenti, a modo di esemplarita', numerosi soggetti collegati alla cosca reggina, tra cui il fratello del ricorrente, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Infine, si e' sottolineato che il collegamento del ricorrente al clan (OMISSIS) di (OMISSIS) emergeva dal coinvolgimento del suo nucleo familiare nella gestione di un'ulteriore vicenda estorsiva, posta in essere in danno di un imprenditore locale, (OMISSIS), cosi' come richiamata nelle sentenze di merito. Va, pertanto, escluso che la sentenza impugnata sia incorsa nelle dedotte violazioni di legge e vizi motivazionali censurati dalla difesa del ricorrente, nei termini prospettati in ricorso. Al riguardo, la Corte di merito ha posto a fondamento del giudizio di sussistenza degli elementi costitutivi dell'aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, tre profili valutativi, sui quali si e' soffermata analiticamente e in termini immuni da censure. Il primo di tali profili riguarda le modalita' dell'avvertimento rivolto dal ricorrente alla vittima che non consentivano interpretazioni alternative, tenuto conto delle circostanze di tempo e di luogo in cui la frase intimidatoria in questione veniva pronunciata e del condizionamento psicologico subito dal (OMISSIS), della cui attendibilita' si e' detto, conformemente alla giurisprudenza consolidata richiamata (Sez. 5, n. 5609 del 20/12/2013, dep. 2014, Puente Suarez, cit.; Sez. 5, n. 27774 del 26/04/2010, M., cit.). Il secondo di tali profili valutativi attiene alla circostanza che alle operazioni di spegnimento delle fiamme sviluppatesi nel cantiere della ditta "(OMISSIS)" da parte dei vigili del fuoco erano presenti numerosi soggetti collegati alla famiglia (OMISSIS), tra cui il fratello del ricorrente, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), corroborando ulteriormente il dato investigativo della riconducibilita' dell'azione incendiaria alla sfera di operativita' della cosca (OMISSIS) di (OMISSIS). Si evidenzia, infine, che il collegamento del ricorrente alla cosca (OMISSIS) e al controllo illecito delle attivita' economiche svolte nell'area di (OMISSIS) emerge dal coinvolgimento del nucleo familiare dell'indagato nella gestione di un'altra vicenda estorsiva, coeva ai fatti in contestazione, posta in essere in danno di (OMISSIS). In questa cornice, non manifestamente illogico e' aver ritenuto l'aggravante presente in entrambe le declinazioni, sia sotto il profilo del metodo mafioso, utilizzato da (OMISSIS) per commettere le condotte contestategli al capo 81), sia sotto il profilo dell'agevolazione mafiosa, considerato che, con la sua condotta, il ricorrente mirava a favorire l'attivita' dell'omonima cosca âEuroËœndranghetista, operante nell'area reggina di (OMISSIS) e capeggiata dal padre. Sulla scorta di tali plurimi e convergenti elementi indiziari, valutati unitariamente, nel rispetto degli orientamenti dettati in materia da questa Corte, la sentenza impugnata ha affermato la riconducibilita' dell'episodio delittuoso estorsivo alla sfera di operativita' della cosca (OMISSIS) di (OMISSIS), dalla quale se ne e' fatto correttamente discendere il riconoscimento dell'aggravante speciale. E' stata, dunque, compiuta un'operazione di ermeneutica processuale pienamente rispettosa delle emergenze indiziarie e delle indicazioni fornite da questa Corte di legittimita' in materia, correttamente richiamate dalla sentenza impugnata, secondo cui "La valutazione della prova impone di considerare ogni singolo fatto e il loro insieme non in modo parcellizzato e avulso dal generale contesto probatorio, e di verificare se essi, ricostruiti in se' e posti vicendevolmente in rapporto, possano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante che consenta, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verita' processuale" (Sez. 2, n. 33578 del 20/05/2010, Rv. 248128; in termini in fase cautelare, Sez. 6, n. 57837/2017). 3. Il terzo motivo in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e' manifestamente infondato, risultando enunciati nella sentenza impugnata pertinenti indici di disvalore del fatto che e' stato ricondotto nell'ambito di un contesto mafioso che ne ha determinato l'agire per come chiaramente percepito dalla p.o. e rivelatosi nelle modalita' della condotta. Il diniego, pertanto, trova adeguata motivazione in punto di gravita' del reato e della connessa pericolosita' sociale che ha reso logicamente recessivo, nell'ambito della valutazione discrezionale demandata al giudice del merito, l'indice positivo costituito dalla giovane eta' del ricorrente al momento del fatto, in ossequio al principio stabilito da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269). (OMISSIS). 1. Il ricorso e' fondato nei sensi di cui in motivazione. E', invece, inammissibile nel resto. 1.1. La censura formulata in ordine ai criteri seguiti ai fini dell'individuazione del reato piu' grave su cui stabilire la pena base e' manifestamente infondata. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che i giudici di merito, in conformita' al principio di diritto enunciato dalle S.U. (sentenza n. 25939 del 28/02/2013, Rv. 255347), hanno individuato la pena piu' grave in astratto, facendo riferimento a quella stabilita per il delitto contestato al capo 39) dunque nel reato di cui agli articoli 99 e 110 c.p., articolo 629 c.p., commi 1 e 2 con riferimento all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 ed articolo 416-bis.1. c.p. - in quanto ex codice punito con pena il cui massimo edittale, in ragione anche del concorso dell'aggravante speciale di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7 che rileva ex articolo 63 c.p., comma 4, risulta maggiormente afflittivo rispetto a quello previsto tanto per il delitto associativo non qualificato contestato nel presente giudizio, quanto del reato associativo con partecipazione qualificata per cui il ricorrente ha riportato condanna nell'ambito del procedimento cd. Il (OMISSIS) (collocandosi la condotta associativa nel 1999 e, dunque, in epoca antecedente alla riforma sanzionatoria introdotta dalla legge del 2005), i cui fatti sono stati ritenuti avvinti dal medesimo disegno criminoso con quelli oggetto del precedete giudizio e valutati quoad poenam in continuazione. Peraltro, l'individuazione del delitto estorsivo aggravato tanto dal comma 2 in relaz. all'articolo 628 c.p., comma 3, n. 3, quanto dall'articolo 416-bis.1 c.p. risulta piu' grave anche del reato associativo con partecipazione qualificata attribuito al ricorrente nella sentenza irrevocabile i cui fatti sono stati ritenuti avvinti dalla continuazione con quelli oggetto del presente processo (all'epoca dei fatti, il delitto ex articolo 416-bis c.p., comma 2, era punito con una pena massima inferiore a dieci anni di reclusione). Correttamente, pertanto, la Corte di merito e' partita dalla pena base corrispondente a quella determinata dal primo giudice per il piu' grave delitto estorsivo, con la conseguenza che anche su tale aspetto il motivo e' manifestamente infondato. 1.2. Fondato, invece, e' il profilo di censura dedotto in tema di violazione del divieto di reformatio in peius. Nel rideterminare la pena in continuazione con i fatti di cui alla sentenza irrevocabile del procedimento cd. "Il (OMISSIS)", la Corte di merito risulta, con riferimento al reato di cui al capo 1), per cui erano stati in quel procedimento inflitti anni uno di reclusione, disposto un aumento pari ad anni due di reclusione, cosi' raddoppiando quanto irrevocabilmente statuito dalla sentenza della medesima Corte di appello del 17/2/2003, irrev. il 7/6/2004. Al riguardo, questa Corte ha, infatti, stabilito, che in tema di applicazione della disciplina della continuazione, il giudice della cognizione, che individui il reato piu' grave in quello sottoposto al suo esame e i reati satellite in quelli gia' giudicati con sentenza irrevocabile, nella rideterminazione della pena, e' vincolato al rispetto del divieto di "reformatio in peius" di cui all'articolo 597 c.p.p., comma 3, non potendo, pertanto, quantificare l'aumento della pena per detti reati satellite in misura superiore rispetto a quella originariamente disposta nella sentenza divenuta irrevocabile (ex multis vedi: Sez. 3, n. 13725 del 15/11/2018, dep. 2019, Rv. 275187; Sez. 2, n. 935 del 23/09/2015, dep. 2016, Rv. 265733). Va, pertanto, eliminato dalla pena complessivamente inflitta dalla sentenza impugnata l'aumento, pari ad anni uno di reclusione, apportato in violazione del divieto di reformatio in peius, cosi' pervenendosi ad una pena legale di anni diciannove di reclusione, ferma restando la pena pecuniaria. A tale operazione di calcolo puo' procedere direttamente il Collegio, ai sensi dell'articolo 620 c.p.p., lettera l). 1.3. Quanto, poi, al rilievo secondo cui l'unificazione dei reati in continuazione non consentirebbe di ritenere la recidiva, in quanto i reati gia' giudicati perderebbero, a tale fine, la loro autonomia, va ribadito il consolidato principio affermato da questa Corte secondo cui non esiste incompatibilita' tra gli istituti della recidiva e della continuazione, potendo quest'ultima essere riconosciuta anche tra un reato gia' oggetto di condanna irrevocabile ed un altro commesso successivamente alla formazione di detto giudicato. Invero, il secondo procedimento non comporta l'ontologica unificazione dei diversi reati avvinti dal vincolo del medesimo disegno criminoso, ma e' fondata su una mera "fictio iuris" a fini di temperamento del trattamento penale (in termini Sez. 2, n. 18317 del 2016, Rv. 266695; Sez. 3, n. 54182 del 2018, Rv. 275296). Anche su tale aspetto il motivo proposto risulta manifestamente infondato. 2. In conclusione, va annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla pena in continuazione, che ridetermina in anni diciannove di reclusione ed Euro 9.000,00 di multa. Va dichiarato inammissibile il ricorso nel resto. (OMISSIS) e (OMISSIS); I ricorsi sono infondati. 1. Il motivo di ricorso, con cui si censura la ritenuta partecipazione dei ricorrenti alle trattative per l'acquisto di armi anche da guerra, non e' fondato. Al riguardo, infatti, la sentenza impugnata ha indicato, con congrua motivazione, idonei elementi dimostrativi della compartecipazione dei ricorrenti nella fattispecie di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 1. Ed invero, in punto di fatto la Corte di merito - dopo aver dato atto del fatto che (OMISSIS), capo dell'omonimo sodalizio era solito incontrarsi, tra gli altri, con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - evidenzia che, sulla base del tenore dei colloqui di cui alle intercettazioni ambientali a casa del (OMISSIS) e dalle videoriprese nei pressi dell'abitazione dello stesso, si appurava che, a partire dal (OMISSIS), era in corso una trattativa illecita con personaggi della Locride, venuti a discutere dell'affare a casa del (OMISSIS); in particolare, si precisa che, quella mattinata, il coimputato riceveva la visita di (OMISSIS) e (OMISSIS) e, nel corso di quella stessa giornata, il (OMISSIS) veniva invitato a recarsi a casa del (OMISSIS); nell'occasione il (OMISSIS) veniva notiziato del fatto che il giorno successivo era stato organizzato un nuovo incontro con i predetti (OMISSIS) e (OMISSIS) presso il bar "(OMISSIS)" e nel prosieguo del dialogo si aveva modo di accertare che l'oggetto della trattativa erano armi e droga, e che il (OMISSIS) si poneva quale anello di congiunzione tra i due ricorrenti, potendo muoversi in vece del (OMISSIS), all'epoca sottoposto al regime degli arresti domiciliari; in data 11 marzo 2014, a casa del (OMISSIS) che si trovava gia' in compagnia del (OMISSIS), si portava anche (OMISSIS), il quale riferiva ai presenti anche l'esito dell'incontro avuto col (OMISSIS), sostenendo che sia lui che il predetto (OMISSIS) erano stati condotti in vari luoghi a visionare "la merce" che comprendeva anche armi a canna corta; in particolare, il (OMISSIS) chiedeva ai presenti se avessero visionato Kalashnikov o Skorpion e nel prosieguo il (OMISSIS) dichiarava di aver visionato Kalashnikov con colpi a raffica, oltre all'"erba", e Skorpion di cui erano disponibili 78 pezzi; sempre nel corso della conversazione provvedevano, poi, a "fare i conti", anche con riguardo alla "polvere"; il (OMISSIS) ribadiva che i fornitori avevano a disposizione armi in prevalenza Skorpion, sicche' gli interlocutori effettuavano calcoli per valutare il costo complessivo dell'operazione, mentre il (OMISSIS) discuteva della necessita' di reperire il denaro per l'acquisto delle armi, nonche' i soggetti ai quali rivenderle; sia il (OMISSIS) che il (OMISSIS) nel commentare le armi visionate alludevano specificamente anche a Kalashnikov di matrice russa, analoghi a quelli visti a casa del (OMISSIS), riscontrando quanto riferito dal collaborante (OMISSIS), circa il possesso di tali armi da parte del (OMISSIS); nel corso della conversazione il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) facevano riferimento ad armi militari ed ad una "parabellum" da guerra. Dalle ampie trascrizioni delle conversazioni, compiutamente riportate nella sentenza impugnata, con costanti riferimenti da parte del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del duo (OMISSIS)- (OMISSIS), all'acquisto di armi, oltre che alla sostanza stupefacente, la Corte di merito, senza illogicita', ha correttamente ritenuto l'apporto assicurato dai ricorrenti idoneo, tanto sul piano causale che soggettivo, ad assumere rilievo sotto il profilo concorsuale, in aderenza ai principi piu' volte affermati da questa Corte, secondo cui lo svolgimento di trattative serie tra soggetti interessati alla negoziazione di armi o munizioni integra il reato previsto dalla L. n. 895 del 1967, articolo 1, ravvisandosi in esso la condotta di "porre in vendita" prevista dalla norma, a nulla rilevando la diretta disponibilita', nei potenziali contraenti, delle armi e del denaro o l'accertamento dei limiti dei rispettivi mandati (Sez. 1, n. 5570 del 11/11/2011; in termini in relazione alla stessa vicenda in sede cautelare, Sez. 5, n. 21235/2017). Invero, l'argomentazione della Corte territoriale secondo la quale il (OMISSIS)- al pari del (OMISSIS) - ha partecipato alla trattativa per l'acquisto delle armi, come emerge dal chiaro tenore delle conversazioni oggetto di intercettazione, non si presta a censura. La deduzione svolta dalla difesa del (OMISSIS), secondo cui il giudice del merito avrebbe dovuto scindere le posizioni dei colloquianti, emergendo una sorta di ruolo "passivo" dell'imputato rispetto agli altri, essendosi limitato solo a visionare le armi e non a partecipare alle trattative per il loro acquisto, appare priva di fondamento, in ragione del contenuto dei dialoghi come riportati dalla sentenza impugnata (che ripercorre sul punto quella di primo grado), interpretati senza illogicita' nel senso della impossibilita' di scindere in sostanza una mera visione delle armi, non finalizzata ad un acquisto delle stesse, alla luce proprio dell'evolversi della vicenda connotata, in ragione anche del contesto fattuale descritto e della "professionalita'" criminale dei soggetti partecipanti, da affidabile serieta'. Al riguardo, va ribadito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, questa Corte, con orientamento espresso anche a Sezioni unite (S.U., n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715; Sez. 2, n. 35181 del 22/5/2013, rv. 257784; Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, Rv. 268389), l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' e nella fattispecie l'interpretazione effettuata dai giudici di merito non si presenta illogica, bensi' del tutto razionale in relazione alle espressioni adoperate, anche letteralmente evocative dei traffici ipotizzati. Ne' in questa sede puo' chiedersi a questa Corte, in assenza di travisamenti, di sostituire il proprio giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti svolti dal giudice di merito circa l'attendibilita' delle fonti di prova e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione risulti adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici, come nella fattispecie in esame all'esito della non illogica lettura dei colloqui oggetto di captazione. 2. Infondato, si presenta altresi' l'ulteriore motivo di ricorso, relativo al capo 26) della rubrica, in merito all'attivita' finalizzata all'acquisto di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina. Invero, la deduzione, secondo la quale dalle conversazioni oggetto di captazione non emergerebbe una chiara attivita' tra i colloquianti finalizzata all'acquisto di sostanza stupefacente risulta smentita dal tenore dei colloqui captati, riportati nelle sentenze di merito, nel corso dei quali si fa specifico riferimento all'acquisto non solo della marijuana, ma anche della "polvere", la cocaina appunto stante la tipologia della sostanza che la distingue notoriamente dalle altre droghe leggere oggetto di trattativa, come risulta chiaro dai riferimenti del (OMISSIS), che propone ai suoi interlocutori di pagare una parte del corrispettivo delle armi, tramite la cessione anche di cocaina e specificamente proponendo a (OMISSIS) di acquistare droga da trattare, evidenziando in proposito la necessita' di "assumere" un altro ragazzo per finire in tempo il lavoro. Lo stesso (OMISSIS) ed il (OMISSIS) riferivano al (OMISSIS) di aver visionato in occasione della visita ai fornitori con il (OMISSIS), oltre alle armi, marijuana e lo stesso (OMISSIS) in proposito precisava agli interlocutori di effettuare per l'acquisto una controproposta ad un prezzo inferiore; inoltre, oltre a tale trattativa ve ne era in corso anche un'altra avviata anche con fornitori di nazionalita' albanese contattati dal coimputato (OMISSIS). Tali elementi si presentano idonei a dar conto della sussistenza di un valido compendio probatorio in ordine al reato contestato, nei limiti del sindacato demandato a questa Corte, volto al controllo dell'esistenza di una motivazione logica in ordine ai punti censurati. Peraltro, anche riguardo a tale ipotesi di reato, la sentenza impugnata risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte a mente del quale si configura il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio quando riter criminis" si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore in ordine alla quantita', alla qualita' e al prezzo della sostanza (Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Rv. 268749; Sez. 3, n. 41096 del 30/01/2018, Rv. 273961; in termini con riguardo alla vicenda cautelare Sez. 5, n. 21235/2017). 3. Inammissibile poiche' del tutto generica e' la censura mossa con riguardo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. (nella declinazione dell'agevolazione). Invero, a fronte di una diffusa e puntuale motivazione con cui la Corte territoriale da' ampiamente e ragionevolmente conto degli elementi di fatto dimostrativi tanto dell'obiettiva finalizzazione dei reati commessi dai ricorrenti all'agevolazione degli interessi della cosca locale capeggiata dal (OMISSIS), quanto della piena consapevolezza in capo a ciascun imputato di inserirsi nell'ambito di traffici delittuosi chiaramente evocativi del contesto associativo investigato (vedi sul punto pagg. 685-694), il motivo dedotto finisce per riproporre le medesime doglianze mosse con l'atto di appello, omettendo di confrontarsi con le puntuali argomentazioni rese dalla sentenza impugnata. Quanto al (OMISSIS), va poi evidenziato che i riferimenti di carattere "parentale" oggetto di censura in ordine al loro rilievo nel motivo di ricorso, in realta' sono stati correttamente evocati dalla Corte di merito, unitamente ai precedenti giudiziari e di prevenzione, al fine di escludere che all'imputato fosse estraneo il contesto delinquenziale di stampo mafioso in cui si muoveva e nell'ambito del quale i fatti indubbiamente risultano collocarsi. Sul piano oggettivo, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente l'aggravante speciale sul rilievo che i ricorrenti si sono interfacciati ed hanno posto in essere trattative con (OMISSIS), che, secondo quanto emerso al processo e dalla sua storia personale avvalorata dalle sentenze irrevocabili a suo carico citate, rappresenta un autentico punto di riferimento della criminalita' organizzata di stampo âEuroËœndranghetista nel territorio di riferimento. In tale contesto, non affatto illogica si presenta la motivazione della sentenza impugnata secondo cui il fatto che (OMISSIS) abbia stretto accordi con i ricorrenti, quanto alle attivita' delittuose in contestazione, "non lascia adito a dubbi circa la sussistenza della circostanza aggravante, atteso che la natura e la quantita' delle armi detenute e poste in vendita, nonche' la mole, la quantita' e le caratteristiche delle stesse (unitamente a variegato munizionamento), rappresentando un autentico arsenale di elevata potenzialita', risultano pienamente dimostrative di un mercato clandestino di armi, foraggiato dalla ricchezza della consorteria ed alimentato proprio al fine di aumentare il "prestigio" criminale del gruppo e le risorse illecite dallo stesso accumulate e riutilizzate per il programma criminoso della consorteria, cosi' determinando tale illecita attivita' posta in essere con il (OMISSIS) un ulteriore aggravamento della forza e della capacita' intimidatrice della criminalita' organizzata imperante nella zona di riferimento" (in termini Sez. 5, n. 21235/2017). Quanto alla consapevolezza di operare a vantaggio del sodalizio mafioso, la Corte di merito, con argomenti scevri da vizi logici, ha evidenziato come lo stesso (OMISSIS) nel corso di un colloquio con il (OMISSIS), noto trafficante in materia di armi, abbia messo in risalto l'intensita' del suo legame con il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) evidenziando che questi ultimi avrebbero operato nell'interesse di "tutti loro", con cio' logicamente dando ad intendere come agli stessi fosse ben presente il contesto di criminalita' organizzata in cui operavano - peraltro tre dei coimputati coinvolti nei traffici risultavano gia' condannati per associazione di stampo mafioso come (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - ed a vantaggio del quale le loro condotte causalmente si prestavano. Piu' volte sono, infatti, declinati termini di consapevole ed affidabile contiguita' allorche' il (OMISSIS) indica il duo " (OMISSIS)- (OMISSIS)": si tratta, all'evidenza, di un dato fattuale di particolare pregnanza in quanto proveniente da quel soggetto che proprio con riguardo al traffico di armi faceva uno dei caposaldi dell'attivita' criminale del gruppo territoriale di stampo mafioso di riferimento.. Si precisa, poi, che e' lo stesso (OMISSIS) a rassicurare il (OMISSIS) circa la diffusivita' dei suoi canali di distribuzione delle armi, in specie da guerra, e dell'intento manifestato di rendere stabile il traffico d'armi intrapreso in vista di sistematiche forniture future. Non illogica e', dunque, la "chiosa" finale riportata nella sentenza impugnata a corredo motivazionale sulla sussistenza dell'aggravante contestata, allorche' si sottolinea che "non v'e' chi non veda che portare "cassette" di armi per armare ciascuna famiglia della Locride, non di una singola pistola di emergenza, e' una condotta con ogni evidenza percepibile e percepita come un'azione servente interessi paramilitari di famiglie involte in assetti criminali qualificati che in Calabria sono appannaggio esclusivo della âEuroËœndrangheta, come pure risulta dimostrato dalle parentele e dalla storiografia delinquenziale dei protagonisti, che per tale rifornimento si sono avvalsi di "âEuroËœndranghetisti" di chiarissima notorieta' per i livelli apicali e le doti di âEuroËœndrangheta raggiunti (" Pure se arrivano cinquecento pezzi per volta, pure sopra a questa, ne prendono pure mille"). 4. Manifestamente infondato e' il motivo in ordine al trattamento sanzionatorio dedotto da (OMISSIS). La Corte di merito, infatti, lungi dall'aver fatto ricorso in punto di diniego di generiche e di determinazione pena ad una motivazione collettiva che facesse ridondare a carico del ricorrente indici di disvalore propri di altre posizioni, ha invece fatto riferimento a puntuali elementi attinenti alla gravita' dei fatti contestati, in ragione del contesto e dello scenario delinquenziale in cui le condotte si collocano, caratterizzate dall'organizzazione di un traffico d'armi che nei propositi dei rispettivi protagonisti doveva assumere notevoli dimensioni. In forza dell'indicazione di tali indici di gravita' del reato e di spiccato allarme sociale, non manifestamente illogico e' l'aver considerato "recessivo" lo stato di incensuratezza dell'imputato, condizione, per cio' solo, non sufficiente, ex articolo 62-bis c.p., comma 3, a fondare il riconoscimento delle attenuanti generiche. Analogamente rinviene congrua motivazione anche la determinazione della pena, avendo la Corte di merito evidenziato specifici indici di disvalore che giustificano, nell'ambito di una valutazione discrezionale propria del giudice del merito, lo scostamento dal minimo edittale. (OMISSIS). Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato, in quanto afferente all'asserito difetto e/o illogicita' della motivazione che, invece, la lettura della sentenza impugnata consente di escludere essendo la decisione connotata da lineare e coerente logicita', conforme alla completa ed esauriente disamina degli elementi probatori emersi nel corso del giudizio di merito. Inoltre, le censure si riducono ad una rivalutazione del fatto e ad una lettura alternativa dei dati probatori rispetto a quella asseverata dalla Corte territoriale, estranea al sindacato di legittimita', nonche' avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Peraltro, il motivo di ricorso in esame risulta riproduttivo delle doglianze avanzate con atto d'appello in punto di responsabilita' penale dell'imputato, gia' vagliate e disattese dalla Corte territoriale come emergente dalla parte motiva del provvedimento impugnato, con cui il ricorrente non si confronta. Nel caso di specie, i giudici di seconde cure, pur avendo escluso che l'imputato potesse individuarsi nel soggetto additato come "(OMISSIS)", hanno, al contempo, evidenziato, a carico dello stesso, elementi probatori di carattere individualizzante pienamente idonei ad asseverarne la penale responsabilita', alla luce anche delle argomentazioni operate dal primo giudice, specificamente richiamate. In tale senso, e' stato valorizzato il contenuto delle captazioni telefoniche ed ambientali, che hanno comunque consentito ai giudici di merito di ritenere provata l'identificazione del ricorrente quale accompagnatore del (OMISSIS) e quale partecipante alle conversazioni aventi ad oggetto il prelievo e la detenzione delle armi da fuoco (come dimostrato dai rumori metallici, quali quelli ricondotti allo scarrellamento, tipici del maneggio di armi da fuoco), sulla scorta del riconoscimento vocale ad opera della p.g. (non specificamente contestato), dell'uso del nome proprio utilizzato per presentarsi al (OMISSIS), nonche' dalle dichiarazioni dello stesso (OMISSIS). Ne' l'accertata "dimestichezza del ricorrente con i modelli e i costi delle armi" (p. 929) risultava posta, contrariamente a quanto dedotto, a fondamento dell'affermazione di responsabilita', avendo invece a tale fine la sentenza impugnata valorizzato altri e pregnanti elementi (intercettazioni telefoniche ed ambientali, dichiarazioni del (OMISSIS)). 2. Il secondo motivo di ricorso afferente al trattamento punitivo e' manifestamente infondato. Il diniego delle attenuanti generiche risulta sorretto da motivazione congrua e scevra da vizi logici, per questo insindacabile in sede di legittimita' (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269). Al riguardo, a fronte dell'assenza di qualsiasi elemento positivo in ordine alla loro valutabilita', si sono richiamati puntuali indici di disvalore, costituiti dal precedente penale annoverato dal ricorrente e dalla gravita' della condotta delittuosa consistente nella detenzione di una pluralita' di armi di calibro, provenienza e marca assai diverse tra loro. In tal senso, viene in rilievo il principio affermato da questa Corte secondo cui l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalita' del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590). Ne' il trattamento sanzionatorio risulta rinvenire generica motivazione, avendo la Corte di merito dedicato a detti fini anche uno specifico paragrafo per ciascun imputato ove sono indicati gli elementi fondanti la misura della pena inflitta, cosi' assolvendosi all'onere di motivazione. 3. Il terzo motivo di ricorso e' manifestamente infondato. Infatti, il calcolo della pena, come risultante dalla riduzione dovuta all'applicazione della L. n. 895 del 1967, articolo 7 e' sorretto da motivazione esente da manifesta illogicita', ed e', pertanto, insindacabile in Cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419). La Corte territoriale, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, ha dato conto dell'operativita' dell'istituto di cui alla L. n. 895 del 1967, articolo 7, comma 1, specificando che esso deve essere applicato all'esito della determinazione della pena, ma come elemento determinativo della pena base. Infatti, la L. 2 ottobre 1967, n. 895, articolo 7, come modificato dalla L. 14 ottobre 1974, n. 497, articolo 14, non prevede una circostanza attenuante rispetto ai delitti di cui ai precedenti articoli da 2 a 4, ma configura altrettanti autonomi reati, caratterizzati dalla diversita' dell'oggetto (arma comune da sparo anziche' arma da guerra), e cioe' di un elemento essenziale e non circostanziale, cui corrisponde l'autonomia della relativa sanzione, che, per le armi comuni, e' determinata "per relationem" (Sez. 1, n. 49127 del 21/12/2017, Rv. 274551; Sez. 1, n. 38626 del 21/10/2010, Rv. 248664). Infine, si rileva la genericita' dell'ultimo profilo dedotto con il terzo motivo di ricorso, avendo la Corte territoriale congruamente motivato in ordine all'aumento operato a titolo di continuazione (vedi pag. 939). (OMISSIS): Il ricorso e' inammissibile. 1. In ordine alle censure relative alla sussistenza della cosca (OMISSIS) ed alla natura mafiosa di tale sodalizio, vedi le argomentazioni spese a proposito del comune motivo sub 1 riferito alla posizione del coimputato (OMISSIS) 2. Il secondo motivo relativo all'applicazione della recidiva e' manifestamente infondato. Nella sentenza impugnata si rinviene congrua motivazione in ordine all'applicazione della recidiva. Si e', infatti, evidenziato come il ricorrente e il fratello (OMISSIS) coimputato, anch'egli ricorrente, nonostante la giovane eta' siano dediti alla commissione di delitti sin da minorenni, annoverando precedenti penali reiterati per violazione della legge sulle armi, porto, danneggiamento, numerose resistenze a p.u., lesioni, sino al tentato omicidio con arma da fuoco del 2008 per cui erano ancora in esecuzione pena. Anche nel loro caso, si osserva, la detenzione e' stata ininfluente ai fini rieducativi, anzi "il progetto criminale che covano e l'attaccamento viscerale alle armi ed alle trattative illecite, oltre alla voglia di trovare braccia per ampliare la potenza del clan sono tutte dimostrazioni della recrudescenza della loro pericolosita' sociale, affatto scalfita dalle risposte giudiziarie" (vedi pag. 1043). Nel caso in esame, con riguardo alla posizione di ciascun ricorrente, la sentenza impugnata ha dato atto di come i reati commessi siano espressione, per modalita' e contesto ed i precedenti penali specifici annoverati da ciascun imputato, di un giudizio di maggiore gravita' in termini sia di maggiore intensita' di colpevolezza che di pericolosita' sociale, nell'ambito di un percorso criminale non definitivamente interrotto, costituendo la condotta significativa prosecuzione di un processo delinquenziale gia' avviato (ex multis, Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782). (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)). Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo relativo alla sussistenza del sodalizio di stampo mafioso di cui al capo 1) della rubrica e alla condotta di partecipazione del ricorrente e' manifestamente infondato. Quanto alla sussistenza di una cosca di stampo mafioso in quel di (OMISSIS) e, in particolare, della ndrina " (OMISSIS)" possono integralmente richiamarsi le motivazioni rese a proposito di tale coimputato e dei figli del ricorrente. Quanto alla condotta di partecipazione, la Corte di merito, lungi dal fondarla in una mera contiguita' compiacente ovvero sulla scorta della vicinanza o della generica disponibilita' manifestata dal ricorrente nei riguardi di esponente di spicco del sodalizio (il (OMISSIS)) a cagione dei rapporti familiari che lo legano agli altri soggetti coinvolti (in particolare i figli (OMISSIS) e (OMISSIS)), ha indicato, con argomentazioni congrue e coerenti, una pluralita' di elementi, la cui lettura unitaria risulta dimostrativa dell'appartenenza del ricorrente all'associazione âEuroËœndrangheta locale di (OMISSIS), per come emergente dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS)Rocco (OMISSIS), unitamente al contenuto delle conversazioni ambientali intercettate. La sentenza impugnata, anche mediante il richiamo grafico di quella di primo grado, si e' lungamente soffermata sulla deposizione del collaboratore di giustizia (OMISSIS)Rocco (OMISSIS), evidenziandone l'attendibilita' riscontrata non solo sulla base delle argomentazioni contenute nell'ordinanza genetica del G.I.P. di Reggio Calabria ma anche sul rilievo che, sulla scorta dell'attivita' avviata a seguito delle dichiarazioni di tale collaborante, tutti gli imputati del procedimento n. 1982/14 R.G.N. R. sono stati condannati in sede di giudizio abbreviato dal G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, ad eccezione del (OMISSIS) nei cui confronti si e' proceduto separatamente. La sentenza impugnata ha evidenziato come il racconto del collaboratore sulle attuali dinamiche della locale della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS) abbia trovato pieno riscontro nel contenuto della conversazione captata, in cui l'interlocutore principale (OMISSIS), personaggio di spicco della locale di (OMISSIS), ha indicato l'odierno ricorrente come affiliato al sodalizio criminale con la dote di "v (OMISSIS)", insignito anche della prestigiosa carica di "capo societa'" (sull'importanza che assume l'attribuzione di un grado qualificato all'interno della consorteria e sulla sua idoneita' ad assurgere ad elemento dimostrativo della partecipazione associativa vedi quanto riportato a proposito della posizione di (OMISSIS), sub 1), 2) e 3) e gli orientamenti di questa Corte ivi citati). Sul punto, va precisato che la dedotta mancata coincidenza temporale tra il propalato del collaboratore e il periodo oggetto di captazione non priva di rilievo dimostrativo quanto dallo stesso riferito, in quanto l'attribuzione di un ruolo "vestito" che il dichiarante attribuisce al ricorrente nell'ambito del sodalizio investigato si pone in stretta continuita' logico-temporale con gli accadimenti successivi e le condotte che nelle stesse conversazioni ambientali vengono additate al ricorrente che proprio nel contesto riferito rinvengono la loro genesi e giustificazione causale (vedi sul punto pag. 393 ss. della sentenza impugnata). Di cio' vi e' un preciso riferimento nella sentenza impugnata che con argomentazione pertinente evidenzia come il profilo criminale del ricorrente era descritto dal collaboratore, peraltro in termini (di capacita' di "fermare" o di "decidere l'avanzamento in carriera dei sodali) corrispondenti a quelli che assumera' nelle parole intercettate del (OMISSIS). Quanto, poi, ai riferimenti al ricorrente tratti dalle conversazioni captate, la Corte di merito ha spiegato con argomentazioni lineari e coerenti le ragioni per le quali, nonostante il (OMISSIS) abbia pronunciato tale espressione al tempo passato, sia ancora attuale il vincolo che lega l'imputato al sodalizio mafioso. In particolare, il (OMISSIS), nel riconoscere nello (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)) colui che lo aveva aiutato nella sua progressione criminale di stampo mafioso, lo ha indicato come il referente numero uno della locale di (OMISSIS), e lo stesso figlio del ricorrente, (OMISSIS), ha affermato, nel corso del colloquio captato intercorso con il (OMISSIS), che il progetto di quest'ultimo di costituire una nuova cosca trovava il placet del padre (OMISSIS), che aveva autorizzato i propri figli a prendere parte al progetto criminale in questione. E', dunque, evidente che il ruolo di consigliere che lo (OMISSIS) si e' ritagliato all'interno della consorteria non attiene affatto a meri rapporti familiari, come invocato nel ricorso, essendosi lo stesso si' espresso - sulla base della ricostruzione operata dalle sentenze di merito - su questioni riguardanti progetti che coinvolgono (anche se non solo) i figli, ma nell'ambito del sodalizio criminoso che fa capo al (OMISSIS). Del resto, che non si tratti di un ruolo destinato a restare defilato e' rimarcato dalla Corte di merito laddove riferisce che (OMISSIS) (OMISSIS) si era rivolto al ricorrente per ottenere il permesso di ingrandire la cosca e inserire tra i sodali il figlio di (OMISSIS) (âEuroËœu Liscio), svolgendo tale approvazione una precisa rilevanza causale in ordine all'inserimento di terzi nella "nuova" compagine. A conferma di cio' e del ruolo di natura apicale svolto dal ricorrente nella locale di (OMISSIS), la sentenza impugnata, valorizzando il contenuto della conversazione intercettata in data 18 marzo 2014, fa riferimento al potere di veto allo stesso riconosciuto dai suoi interlocutori in merito alle nuove affiliazioni all'interno del sodalizio criminale. Se e' pur vero che il ricorrente sul punto ha contestato di essere il "(OMISSIS)" richiamato nella conversazione captata, va osservato che, per orientamento consolidato di questa Corte, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito la quale, se logica - come nel caso di specie - in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (vedi S.U. n. 22471 del 26.2.2015, Rv. 263715). Peraltro, nel caso in esame, la sentenza impugnata declina una molteplicita' di elementi che vanno oltre il nominativo che emerge dalle conversazioni (vedi pagg. 397 ss.), con la conseguenza che la doglianza sul punto assume anche profili di genericita'. In conclusione, l'assunzione del ruolo di "consigliori" all'interno di una nuova articolazione di locale di âEuroËœndrangheta da parte di chi, nell'ambito di tale associazione, vi abbia gia' assunto un ruolo di rilievo e' condotta idonea ad essere sussunta nell'alveo della partecipazione, in quanto attiene al momento costitutivo del sodalizio, e' funzionale alla selezione degli affiliati e, dunque, confacente allo svolgimento proficuo dei fini associativi, incide sull'integrita' ed affidabilita' della cosca e sulla sua tenuta territoriale anche ai fini del successivo riconoscimento interno ed esterno ed assicura un'assistenza "tecnico-criminale" stabile su cui il sodalizio puo' contare nel tempo (anche in ragione dell'affiliazione dei figli nella compagine). 2. Il secondo motivo in ordine alla sussistenza dell'aggravante dell'essere l'associazione armata e' manifestamente infondato. L'esclusione quantomeno dell'ignoranza inevitabile la si ricava, infatti, dal ruolo di rilievo allo stesso assegnato e dalla carica comunque ricoperta nel panorama associativo di stampo âEuroËœndranghetista, da cui logicamente discende la conoscenza della struttura anche armata del sodalizio investigato, in relazione al quale viene chiamato ad intervenire con i suoi benestare e di cui e' informato anche tramite i figli. Ne' manifestamente illogico risulta al riguardo l'ulteriore argomento speso dalla sentenza impugnata che fa leva sul particolare rapporto di fiducia esistente con i figli che con il ricorrente si confrontano sulle dinamiche associative, tra le quali, per come ben evidenziato dai giudici di merito, spiccano proprio quelle in materia di armi presso l'abitazione del (OMISSIS). 3. Manifestamente infondato e', infine, il motivo in ordine al trattamento sanzionatorio, essendosi richiamati a fondamento del diniego della concessione delle attenuanti generiche e in punto di determinazione della pena (peraltro stabilita nel minimo edittale la pena base sul reato associativo aggravato dall'essere l'associazione armata) pertinenti indici di disvalore tanto attinenti alla gravita' delle condotte, che si inseriscono in continuita' con un percorso associativo radicato volto alla creazione anche di articolazioni ben piu' agguerrite, quanto alla pericolosita' sociale essendo gravato da precedenti penali anche di rilievo. La circostanza, poi, che il ricorrente non abbia fatto ricorso ad una strategia processuale dilatoria e' elemento generico non essendosi circostanziata l'affermazione con il riferimento a quelle attivita' od atti processuali in cui il consenso o la mancata opposizione della difesa hanno giovato alla ragionevole durata del giudizio e non potendosi all'uopo ritenere sufficiente la scelta di procedere col rito abbreviato, atteso che la valutazione premiale di tale scelta e' gia' posta a fondamento del riconoscimento della diminuzione di pena prevista per il rito alternativo (Sez. 2, n. 24312 del 25/3/2014, Rv. 260012; Sez. 4, n. 6220 del 19/12/2008, dep. 12/2/2009, Rv. 242861). (OMISSIS). Il ricorso e' inammissibile. 1. Il motivo in ordine alla condotta di partecipazione e' manifestamente infondato, in quanto l'asserita apparenza ed illogicita' della motivazione e' confutata dalla lettura della sentenza impugnata, che risulta corredata da una motivazione connotata da lineare e coerente logicita' conforme all'esauriente disamina degli elementi probatori emersi nel corso del giudizio di merito. Inoltre, il motivo di ricorso e' volto a prefigurare una rivalutazione ed un'alternativa lettura delle fonti di prova, estranee al sindacato di legittimita' ed avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Le censure dedotte, peraltro, si traducono in mere doglianze in punto di fatto, non ammesse in sede di legittimita', stante l'insindacabilita' della sentenza di merito in punto di ricostruzione dei fatti contestati quando corredata da una motivazione congrua, coerente e scevra da vizi logici. Ebbene, la sentenza impugnata da' conto degli elementi fondativi della responsabilita' penale dell'imputato, tra i quali assume sicuro rilievo il propalato del collaboratore di giustizia (OMISSIS), la cui attendibilita' e' stata approfonditamente vagliata dai giudici di merito, alla luce di plurimi riscontri esterni alla chiamata in correita'. A differenza di quanto enunciato nella prospettazione difensiva, infatti, la Corte territoriale enuclea molteplici elementi espressivi del collegamento esistente tra il ricorrente ed il contesto di criminalita' organizzata oggetto del presente procedimento giudiziario. In tale prospettiva, e' stata evidenziata la rappresentativita' dell'assenso del ricorrente per conto della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS) ai fini dell'apertura di un locale notturno nella zona di operativita' della cosca, vicenda che trova riscontro negli esiti di altra inchiesta cosiddetta (OMISSIS), definita con sentenza irrevocabile, nonche' il propalato di altro collaboratore di giustizia ( (OMISSIS)). Peraltro, in tale contesto si colloca il dato relativo alle frequentazioni del ricorrente con i coimputati, cui e' contestata l'appartenenza al medesimo sodalizio criminale. In tale prospettiva viene in rilievo il principio di diritto affermato da questa Corte, cui i giudici di merito risultano essersi adeguati, in forza del quale nel delitto di associazione mafiosa, pur essendo escluso che le "frequentazioni" possano autonomamente essere poste a fondamento di una affermazione di responsabilita', e' possibile che, a fronte di una intrinsecamente valida chiamata di correita', le relazioni qualificate con altri esponenti della stessa organizzazione criminale, tra cui quelle con soggetti posti in posizione verticistica, valgono da riscontro esterno ex articolo 192 c.p.p., comma 3, e siano pertanto idonee ad essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilita' per il delitto di associazione mafiosa (Sez. 2, n. 31541 del 30/05/2017, Rv. 270468; Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Rv. 269659). Infatti, la Corte di merito rileva come le frequentazioni con sodali aventi ruoli apicali e l'assidua presenza del ricorrente presso il distributore TAMOIL non risultano circostanze neutre, come prospettato dalla difesa, bensi' confermative del propalato del collaboratore di giustizia in ordine all'appartenenza del ricorrente alla "locale" di (OMISSIS), nonche' espressive della volonta' dell'imputato, anche dopo la sorveglianza speciale e l'attenzione investigativa subita nel procedimento (OMISSIS), di affermare la propria presenza ed il ruolo di riferimento per l'ambiente circostante. Stante quanto appena affermato, nell'ambito del medesimo motivo di ricorso, si censura la mancata indicazione di fatti leciti o illeciti idonei ad individuare la "materializzazione della condotta di partecipazione all'associazione mafiosa". Ebbene, si rende necessario precisare che la condotta del partecipe e' suscettibile di manifestarsi nella prestazione di un contributo di qualsivoglia genere, purche' non occasionale e, in ogni caso, apprezzabile sotto il profilo della rilevanza causale, con riferimento all'esistenza o al rafforzamento dell'associazione. Non potendosi considerare la "messa a disposizione", al pari delle condotte di conservazione e di potenziale rafforzamento dell'associazione, un "evento" oggettivamente rilevabile alla luce della sua innegabile connotazione di immaterialita', ai fini della sua valutazione non puo' utilizzarsi il "parametro" della causalita', dovendosi invece ricorrere a quello della "rilevanza" in concreto. In tal senso, rileva quanto affermato da ultimo da questa Corte anche nelle motivazioni della sentenza della S.U. (non depositate all'atto della redazione del ricorso), secondo cui nell'irrinunciabile recupero di una dimensione probatoria, potranno venire in rilievo, oltre all'accertamento della comprovata mafiosita' del gruppo associante, la "qualita'" dell'adesione ed il tipo di percorso che l'ha preceduta, la dimostrata affidabilita' criminale dell'affiliando, la "serieta'" del contesto ambientale in cui la decisione e' maturata, il rispetto delle forme rituali anche con riferimento all'accertamento dei "poteri" di chi sceglie, di chi presenta e di chi officia il rito dei nuovi adepti, la tipologia del reciproco impegno preso, la misura della disponibilita' pretesa e/o offerta ed ogni altro elemento di fatto che, sulla base di tutte le fonti di prova utilizzabili e di comprovate massime di esperienza, costituisca circostanza concreta, capace di rendere inequivoco e certo il contributo attuale dell'associato a favore della consorteria mafiosa: gli indici rivelatori del fatto punibile devono essere tratti da elementi oggettivi e soggettivi di contesto, capaci di fungere da criterio metodologico di verifica processuale, da calibrare caso per caso, in ragione della situazione concretamente considerata (S.U., n. 36958 del 27/05/2021, dep. 11/10/2021, Rv. 281889). Nel caso di specie, gli elementi dimostrativi dello stabile inserimento del ricorrente all'interno della cosca e del ruolo allo stesso riconosciuto vengono identificati dai giudici di merito nell'ossequio dei sodali rispetto alla distribuzione delle cariche che sin dal 2012 gli venivano attribuite (" (OMISSIS)...se hai problemi ti dice ti...per me lo sto...lui deve restare lui", intercettazione telefonica riportata a p. 376 della sentenza impugnata), nonche' nell'autorizzazione per l'apertura del locale notturno nella zona di controllo della cosca di (OMISSIS), conferita dall'imputato alla cosca "amica" della vicina Polistena, che manifesta non solo la riferibilita' dell'imputato medesimo alla cosca di (OMISSIS), ma anche e soprattutto la capacita' rappresentativa del sodalizio nei confronti dei soggetti esterni. Ebbene, come evidenziato dalla Corte territoriale, gli elementi cosi' declinati nella parte motiva della sentenza risultano idonei ad integrare la condotta di partecipazione ascritta al ricorrente, che viene identificato come "vangelista", ruolo che costituisce espressione di un potere progressivamente in crescita, in forza del quale l'imputato risulta gia' destinatario delle prerogative e delle sfere di conoscenze tipiche della societa' di âEuroËœndrangheta cosiddetta maggiore. Di conseguenza, ove il ruolo formalmente conferito nella scala gerarchica caratterizzante l'organigramma interno dell'associazione corrisponda ad ambiti di rilievo via via crescenti in progressione, il valore indiziario ascrivibile al dato dell'affiliazione e' destinato ad assumere un significato maggiormente rilevante sul piano probatorio, laddove - come nel caso di specie - alla crescita per gradi corrispondano positive valutazioni "meritocratiche", in sostanza, meriti gia' acquisiti sul campo e concretati da pregresse condotte positivamente realizzate nell'interesse della compagine associativa (vedi motivazione Sez. 6, 20 maggio 2015, n. 39112; Sez. 5, n. 50839/2016; Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, Rv. 269040). In questa ottica, il giudizio sulla intraneita' ad un'organizzazione di tipo mafioso puo' ben valersi dell'apprezzamento della carica formale - di rilievo nella scala dei valori interni all'associazione - rivestita dall'imputato. L'attribuzione di un grado qualificato - quale la dote all'interno del gruppo sulla base di una scala di progressione consolidata - puo' assurgere a significativo elemento dimostrativo della partecipazione associativa, ove si colleghi a ruoli e funzioni riconosciute all'interno di un territorio, ed integri una figura di riferimento indefettibile, che dimostra la sua valenza e stabilita' all'interno della compagine, per come anche avvalorato dagli indici fattuali di carattere esterno declinati nelle sentenze di merito. In tale contesto, quindi, l'incarico ulteriore nell'ambito della scala gerarchica della âEuroËœndrangheta qualifica la condotta di partecipazione e la stessa permanente messa a disposizione, non risultando, peraltro, che tale conferimento sia stato la mera conseguenza di un "tramandato" di carattere familiare. (OMISSIS): Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso in tema di affermata partecipazione del ricorrente (OMISSIS) e del fratello (OMISSIS) al sodalizio mafioso e' inammissibile quanto alle censure che investono la sussistenza dell'associazione di cui al capo 1) della rubrica; e' manifestamente infondato con riguardo alla posizione di associato attribuita dal giudice del merito a ciascun imputato. 1.1. Con riferimento alla sussistenza della cosca (OMISSIS), quale articolazione interna dell'associazione di stampo mafioso nota come locale di (OMISSIS), la doglianza e' generica in quanto il ricorrente dopo averla introdotta come premessa evocando i requisiti strutturali del sodalizio mafioso, omette specificamente di confrontarsi con la motivazione resa sul tema dalle sentenze di merito con riferimento proprio al gruppo riconducibile al (OMISSIS) ed alla sua esteriorizzazione (vedi punto 7 pagg. 527 ss.). 1.2. Quanto alla responsabilita' in ordine alla partecipazione all"associazione di stampo mafioso di cui al capo 1) della rubrica, la Corte di merito, infatti, lungi dal fondare la condotta in una mera contiguita' compiacente ovvero sulla scorta della vicinanza o della generica disponibilita' manifestata dal ricorrente nei riguardi di un esponente di spicco del sodalizio (il coimputato (OMISSIS)), ha indicato, con argomentazioni congrue e coerenti, una pluralita' di elementi, la cui lettura unitaria, risulta dimostrativa dell'appartenenza di entrambi i fratelli (OMISSIS) all'associazione âEuroËœndrangheta locale di (OMISSIS), per come emergente soprattutto dal contenuto delle conversazioni ambientali intercettate. In particolare, e' stato messo in luce come gli interlocutori abbiano pienamente condiviso il progetto di riorganizzazione della locale di (OMISSIS) mediante la costituzione di una nuova cosca " (OMISSIS)", per la quale (OMISSIS), padre del ricorrente ed illustre componente della locale di (OMISSIS), aveva dato il proprio benestare, concordando con il (OMISSIS) le regole da osservarsi per la selezione dei nuovi "affiliati" ed avallando il proposito di costui di rafforzare il proprio ruolo all'interno della stessa locale di (OMISSIS). Del resto, il particolare rilievo contenutistico dei colloqui, vertenti su aspetti essenziali dell'attivita' della cosca locale, quale il settore delle estorsioni della legna, e' logicamente evocativo di un'intraneita' al sodalizio e non di una mera aspettativa di farne parte o di asserita contiguita'. Le sentenze di merito, infatti, hanno evidenziato come in tali frangenti i colloqui non si siano limitati al richiamo di fatti storici ma come, invece, abbiano avuto riguardo alle conseguenze per la stabilita' degli affari e del predominio della cosca nel territorio di competenza e, dunque, su aspetti attinenti alle strategie da adottarsi al fine di conservare, nel settore estorsivo di interesse, il predominio. E in tale contesto, l'aver messo il (OMISSIS) al corrente gli imputati anche dell'altra estorsione della legna a cui questi non avevano partecipato, discutendo sulle strategie di imposizione del pizzo (tanto da rivangare l'estorsione perpetrata in passato ai danni del Belocco, additato di inaffidabilita' in quanto proveniente da zona diversa), da' ragionevolmente conto della pregressa esistenza di un legame di carattere necessario in forza del quale era possibile la circolarita' tra di loro di dette informazioni. La conferma di tale legame si rinviene, altresi', anche nella parte in cui la sentenza impugnata da' atto di come i ricorrenti discutano con il (OMISSIS) delle possibili nuove affiliazioni, chiedendo che di esse venisse loro dato conto e sondando la possibilita' di assoldare persone di fuori paese, nonche' di come lo stesso (OMISSIS) confermi al ricorrente ed al fratello di avere notiziato il capo locale (OMISSIS) del proposito di creare una nuova âEuroËœndrina all'interno della locale. Si tratta di tematiche di cosi' stretta pertinenza ed esclusivita' che logicamente richiedono un legame di carattere associativo gia' presente tra gli interlocutori, in quanto disvelano circostanze che - laddove improvvidamente condivise con soggetti esterni o aspiranti - potrebbe mettere in pericolo il progetto criminoso intrapreso. Declinare il nome del capo della locale - di cui in tale occasione il (OMISSIS) giunge anche a criticare la stesse capacita' direttive - e chiedere conto delle nuove affiliazioni sono elementi che presuppongono logicamente l'assunzione di un ruolo all'interno della veste associativa e l'esistenza di un pregresso e stretto legame associativo e di fiducia tra i conversanti. Non si tratta, dunque, di avere asseverato un battesimo o una manifestazione generica di disponibilita', ma di avere dimostrato che soggetti gia' affiliati alla locale di (OMISSIS) si stavano attivando concretamente per ritagliarsi uno spazio autonomo di intervento. Il richiamo, peraltro, dell'atto intimidatorio perpetrato da entrambi i ricorrenti con altro associato ( (OMISSIS)) ai danni di (OMISSIS) ed al successivo colloquio di quest'ultimo con il (OMISSIS) (parimenti intercettato), da cui emerge il contesto mafioso in cui tale atto e' maturato e si inserisce, contribuisce alla prova di colpevolezza, al pari anche della condivisa conoscenza delle armi di cui il (OMISSIS) disponeva (anche con riguardo alla provenienza ed alla necessita' di un frazionato occultamento) e della disponibilita' a questi manifestata di prestarsi ad assicurare un fattivo contributo nei relativi traffici. 2. Il motivo in ordine alla sussistenza dell'aggravante dell'essere l'associazione armata e' generico, in quanto la sentenza impugnata risulta avere richiamato precisi elementi di fatto (si vedano in particolare i paragrafi relativi anche alle contestazioni della violazione legge armi mosse al (OMISSIS) e agli altri imputati) dimostrativi tanto del possesso da parte della cosca del (OMISSIS) di armi (risultano elevati specifici capi di imputazione a carico del (OMISSIS) e di altri imputati in materia) che lo stesso aveva compravenduto, quanto dell'interesse al riguardo manifestato da entrambi i ricorrenti e della diretta conoscenza in capo agli stessi della presenza di armi, per come disvelato dalle stesse conversazioni intercettate a cui prendono parte sul tema con il (OMISSIS). 3. La riconducibilita' dell'episodio del danneggiamento mediante incendio ai danni del (OMISSIS) ad un contesto associativo e' stata motivatamente argomentata dalla sentenza impugnata evidenziando il contesto di fatto all'interno del quale origina l'azione illecita posta in essere dal ricorrente, unitamente al germano, in concorso con il (OMISSIS). Lungi, infatti, dal trattarsi dell'epilogo violento di una controversia avente carattere privatistico, per come gia' avvenuto a proposito dell'episodio relativo all'estorsione commessa dai cugini (OMISSIS) ai danni dello (OMISSIS) (capo 39), la sentenza impugnata ha evidenziato come tali "vertenze" scaturissero da una suddivisione territoriale dell'attivita' del taglio boschivo soggetta al pagamento della tangente estorsiva ad opera delle rispettive ditte interessate. Altrimenti non si spiegherebbe l'intervento del (OMISSIS), certamente non a titolo personale, ma quale soggetto deputato a garantire l'osservanza proprio di quei pacta illeciti che, a monte, dovevano assicurare ai singoli esercenti il pieno e libero svolgimento dell'attivita' di impresa in ragione del pizzo corrisposto alla cosca di riferimento. E tale lettura risulta confermata anche dall'ulteriore dato, ricavato dalle intercettazioni e riportato in sentenza, ove si da' atto che la p.o. (OMISSIS), al pari proprio di quanto aveva fatto lo (OMISSIS) nell'occasione del delitto di cui al capo 39), si era recato proprio dal (OMISSIS) - con cio' dimostrando come tale imputato fosse ritenuto un diretto ed autorevole referente delle dinamiche relative alle questioni della cosca di (OMISSIS) - al fine di far valere le sue "ragioni" e, dunque, il suo esclusivo diritto in forza della tangente pagata. Ed analogamente cio' era avvenuto anche per gli autori del gesto e, in particolare, per i fratelli (OMISSIS), essendosi anche questi portati dal (OMISSIS) con cui discutevano del merito dell'iniziativa intrapresa a sostegno del (OMISSIS) (il quale non risulta un quisque de populo ma e' ritenuto un intraneo alla cosca del (OMISSIS), per il quale si e' proceduto separatamente e la cui responsabilita' e' stata affermata nel parallelo giudizio di appello), nonche' delle conseguenze che tale gesto avrebbe potuto rappresentare per la tenuta interna ed esterna della cosca, ricevendo dal (OMISSIS) assicurazioni sull'assenza di conseguenza anche in ragione del fatto che non erano stati riconosciuti e la p.o. si sarebbe ben guardata dal denunziare. Nella ricostruzione dei giudici di merito, ai fini dell'integrazione dell'aggravante, rilevano, in particolar modo, le modalita' del fatto, quale espressione di un metodo mafioso di carattere del tutto prevaricatorio ai danni di un imprenditore gia' soggetto ad estorsione e costretto a sottostare al volere del potente, tanto che si citano a conferma anche gli episodi, non certo di contorno ma espressivi della finalizzazione della condotta, degli accessi del (OMISSIS) e dei suoi familiari presso la "bottega" del (OMISSIS), effettuati senza pagare alcunche', ovvero "l'offerta" della legna" nonostante il (OMISSIS) non avesse alcun titolo per riceverla. Ma se una condotta illecita concorre anche a rafforzare quel clima omertoso che regna in un determinato territorio - tanto che la p.o. si guarda bene dal denunciare l'accaduto per come accertato nelle investigazioni, ma si rivolge al referente della cosca che ivi insiste - del tutto illogico oltre che contraddittorio sarebbe escludere la valenza della sua ulteriore direzione finalistica che ne involge tanto il profilo causale che soggettivo in capo a chi se ne rende autore. La censura mossa, pertanto, si risolve in un'alternativa di merito, in quanto volta a prospettare una lettura differente che riconduce le modalita' di commissione del fatto alla vicenda in se' e per se' considerata, versione che risulta essere stata disattesa dai giudici di merito con congrua motivazione, non censurabile in questa sede. 4. Manifestamente infondato e' il motivo in ordine al trattamento sanzionatorio, essendosi richiamati a fondamento del diniego della concessione delle attenuanti generiche e in punto di determinazione della pena (peraltro la pena base sul reato associativo e' stata stabilita nel minimo edittale al ricorrere dell'aggravante dell'essere l'associazione armata), pertinenti indici di disvalore tanto attinenti alla gravita' delle condotte, quanto alla pericolosita' sociale del ricorrente, gravato, unitamente al fratello, di precedenti penali anche di spiccato rilievo, i quali hanno commesso i reati anche in costanza di permesso premio, evenienza, quest'ultima, che rende logico l'aver affermato l'incapacita' alla rieducazione della pena. La circostanza, poi, che il ricorrente non abbia fatto ricorso ad una strategia processuale dilatoria e' elemento generico non essendosi circostanziata l'affermazione con il riferimento a quelle attivita' od atti processuali in cui il consenso o la mancata opposizione della difesa hanno giovato alla ragionevole durata del giudizio e non potendosi all'uopo ritenere sufficiente la scelta di procedere col rito abbreviato, atteso che la valutazione premiale di tale scelta e' gia' posta a fondamento del riconoscimento della diminuzione di pena prevista per il rito alternativo (Sez. 2, n. 24312 del 25/3/2014, Rv. 260012; Sez. 4, n. 6220 del 19/12/2008, dep. 12/2/2009, Rv. 242861). (OMISSIS) Il ricorso va rigettato. 1. Il primo motivo in punto di sussistenza della cosca " (OMISSIS)" non tende a contestare la forza di intimidazione della âEuroËœndrangheta nel suo complesso o l'operativita' della stessa nel territorio di (OMISSIS), peraltro gia' giudizialmente accertata con riguardo al periodo antecedente alle contestazioni mosse nel presente giudizio, bensi' - sotto tale principale profilo - la concreta operativita' della âEuroËœndrina (OMISSIS). Al riguardo, va anzitutto precisato, quale dato di partenza, che le sentenze di merito, con motivazione congrua, hanno spiegato, citando tanto le propalazioni di un collaboratore di giustizia che i dialoghi intercettati proprio presso l'abitazione del (OMISSIS) (intervenuti tra soggetti direttamente coinvolti) che il proposito del ricorrente di costituire un'autonoma âEuroËœndrina non resto' affatto a livello di mera "cogitazione", ma si estrinseco' in atto, operando specifiche affiliazioni, con soggetti anche gia' gravanti all'interno del panorama mafioso, dotati di particolare affidabilita' anche in forza di legami parentali. Inoltre, e' stato anche chiarito come tale progetto prevedeva una realta' organizzativa comunque inserita nell'ambito delle articolazioni territoriali delle cosche di âEuroËœndrangheta (in specie della locale di (OMISSIS)), tanto che se ne auspicava il riconoscimento da parte della provincia e se ne riproducevano le formule organizzative; lo stesso (OMISSIS) ne aveva discusso con i referenti locali della cosca e ricevuto il benestare anche da alcuni notabili. Il gruppo aveva preso forma, disponeva di numerose armi, circostanza di cui erano state messe al corrente anche le cosche limitrofe, e il (OMISSIS) aveva assunto anche le relative determinazioni quale organo di vertice della omonima locale. Allo stesso (OMISSIS), in virtu' del ruolo apicale assunto sul territorio, si rivolgono poi soggetti estorti (il (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) al fine di ottenere il rispetto dei patti estorsivi stabiliti con le cosche di âEuroËœndrangheta in ordine alla raccolta della legna ed al rispetto delle zone di rispettivo esercizio. In sostanza, precisa la Corte territoriale, la storiografia criminale del clan (OMISSIS) - sistematicamente inserimento in traffici illeciti in materia di armi, droga, estorsioni ed usura, per come rivelato da un collaboratore di giustizia - coincide necessariamente con quella della cosca di (OMISSIS), solo che si proietta in avanti in un tentativo di recrudescenza del potere mafioso gestito dal gruppo per una non troppo malcelata critica ai metodi "percepiti come meno efficaci" dei padri del clan e non senza coinvolgere nella evoluzione il capo (OMISSIS). Ne' a tale rinnovato intento erano di ostacolo i conflitti e le rivalita' innescatesi all'interno del gruppo madre, precisando la sentenza impugnata come tali fatti non costituissero motivo di necessaria cesura con il passato di âEuroËœndrangheta della cosca, ma anzi al contrario "sedimentassero nuovi e successivi sviluppi di cui questo capeggiato dal (OMISSIS) costituisce un frutto di sicuro rilievo per la prosecuzione della azione criminale della cosca". Se questo e' dunque il contesto di fatto asseverato dal giudice del merito, nessuna violazione di legge in ordine all'applicazione della norma sostanziale censurata, nonche' vizio di motivazione, e' dato ravvisarsi. Va anzitutto ricordato come questa Corte abbia in diverse occasioni avuto modo di puntualizzare che il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e' configurabile - con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza - anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una gia' attuale pericolosita' per l'ordine pubblico (ex multis: Sez. 6, n. 44667 del 12/5/2016, Rv. 268676; Sez. 2, n. 24850 del 28/3/2017, Rv. 270290; Sez. 5, n. 47535 dell'11/7/2018, Rv. 274138). Si e' infatti, al riguardo, osservato come diverso sia invece il caso di una neoformazione che si presenta quale struttura autonoma ed originale, ancorche' caratterizzata dal proposito di utilizzare la stessa metodica delinquenziale delle mafie storiche, giacche', rispetto ad essa, e' imprescindibile la verifica, in concreto, dei presupposti costitutivi della fattispecie ex articolo 416-bis c.p., tra cui la manifestazione all'esterno del metodo mafioso, quale fattore di produzione della tipica condizione di assoggettamento ed omerta' nell'ambiente circostante (Sez. 2, n. 24850 del 28/03/2017 - dep. 18/05/2017, Rv. 270290; Sez. 6, n. 57896 del 26/10/2017, Rv. 271724; Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, dep. 2020, non mass.). Ma e' del tutto evidente come una siffatta autonomia (con tutto quel che ne consegue sul piano della analisi e della "effettivita'" del "metodo" e del clima di assoggettamento omertoso che ne deve scaturire) postuli uno iato, tra vecchia e "nuova" aggregazione, che deve porsi in termini, non soltanto strutturali, ma anche - e soprattutto - funzionali, nel senso che il sodalizio "locale" sia appunto - e "appaia" essere - entita' scollegata da qualsiasi altra struttura configurabile alla stregua di "casa madre". D'altra parte, nel ribadire i principi anzidetti a proposito dei "locali" di "âEuroËœndrangheta", questa Corte, in una ipotesi di creazione in Svizzera di una "locale" rappresentante l'articolazione di un clan calabrese, non ha mancato di focalizzare come i moderni mezzi di comunicazione propri della globalita' hanno reso noto il metodo mafioso proprio della "âEuroËœndrangheta" anche in contesti geografici un tempo ritenuti refrattari o insensibili al condizionamento mafioso, per cui non e' necessaria la prova della capacita' intimidatrice o della condizione di assoggettamento o di omerta' in quanto l'impatto oppressivo sull'ambiente circostante e' assicurato dalla fama conseguita nel tempo dalla consorteria. (Sez. 5, n. 28722 del 24/05/2018 - dep. 21/06/2018, Demasi, Rv. 27309301). Dunque, puo' affermarsi come l'insorgenza di un nuovo "gruppo" finalisticamente e metodologicamente orientato al perseguimento di finalita' mafiose, ben possa "sfruttare" - volgendole a proprio vantaggio di sodalizio "neonato" - proprio la notorieta' ed il conseguente assoggettamento omertoso derivante dalla attivita' - pregressa e perdurante - di gruppi mafiosi gia' occupanti in maniera stabilmente radicata il medesimo ambito territoriale, soprattutto allorche' tale nuova formazione si ponga quale diretta "derivazione" di quelle storicamente insistenti proprio in quel territorio di "competenza" e al contempo si rimette all'osservanza di regole, rituali proprie dell'organismo sovraordinato, di cui si riconosce l'autorita' di carattere organico e funzionale. D'altra parte, e' del tutto evidente come la continuita' del quadro ambientale di riferimento giovi, si potrebbe dire, sul piano ontologico, quante volte il nuovo sodalizio si ponga come "derivazione" storica di altra preesistente e notoria struttura, della quale finisce per costituire una sorta di "costola", dotata di vita e operativita' proprie. Questa Corte, infatti, non ha mancato di sottolineare che, in tema di associazione di tipo mafioso, la costituzione di una nuova organizzazione, alternativa ed autonoma rispetto ai gruppi storici presenti sul territorio, puo' essere desunta da plurimi indicatori fattuali quali le modalita' con cui sono commessi i delitti-scopo, la disponibilita' di armi, l'esercizio di una forza intimidatoria derivante dal vincolo associativo, nonche' dal riconoscimento, da parte dell'associazione storicamente egemone di una paritaria capacita' criminosa al gruppo emergente. (Fattispecie in cui dalle intercettazioni telefoniche risultava che esponenti del gruppo "storico", nonostante il consolidato predominio sul territorio, manifestavano preoccupazione per la contrapposizione con il gruppo emergente, attese la capacita' di quest'ultimo di subentrare nel controllo delle attivita' illecite e la comprovata forza intimidatrice della nuova formazione - Sez. 6, n. 42369 del 17/07/2019, Rv. 277206). Ma se tutto cio' e' vero in un ambito di concorrenzialita' territoriale in cui l'esprimersi del nuovo sodalizio operi, o possa operare, come elemento di "disturbo" per i clan tradizionali, e' evidente che la "continuita'" e compresenza mafiosa sia assai piu' agevolmente dimostrabile laddove - come nella specie la nuova realta' associativa sia controllata proprio da un elemento che al vecchio gruppo egemone faceva notoriamente riferimento (il (OMISSIS)), e - soprattutto - da questo gruppo non sia stato in alcun modo "ostacolato" nei suoi iniziali propositi di dar vita ad una "propria associazione", con un nomen che non si pone in alcuna antinomia esterna con quelli di piu' risalente "tradizione" pur insistenti nel territorio di causa. Ebbene, in tale quadro di riferimento, il "manifestarsi" del gruppo facente capo al (OMISSIS) si ammanta - per modalita', struttura, "notorieta'" del contesto âEuroËœndranghetista di provenienza, insistenza operativa del nuovo gruppo proprio sullo stesso territorio di pertinenza di quello stesso contesto mafioso, senza che cio' avesse ingenerato alcun tipo di frizione (dato, questo, anch'esso "evidente" nel territorio gia' oggetto di quell'assoggettamento omertoso) - di tutte le "prerogative" mafiose che gia' connotavano in passato l'attivita' dello stesso (OMISSIS) e delle altre locali di riferimento. Una fenomenologia, dunque, quella che viene qui in discorso, distinta da quella delle cosiddette "nuove mafie locali", che hanno trovato disamina giurisprudenziale in recenti approdi di questa Corte (Sez. 2, n. 10255 del 29/2019, deo. 2020, 278745). Nelle neoformazioni, infatti, e' del tutto assente quella "assimilazione per rendita di posizione" o di utilizzo a propri fini dell'avviamento criminale ascrivibile ai consessi ivi insistenti, derivante dalla presenza sul territorio di associazioni nominativamente riconducibili al genus ed al paradigma di cui all'articolo 416-bis c.p., nel cui alveo il "nuovo" gruppo si e' formato e consolidato, condividendone gli scopi ed i metodi e realizzando la stessa tipologia di reati. La "nuova" articolazione del (OMISSIS), infatti, non solo ripete le gesta notoriamente proprie delle associazioni di stampo âEuroËœndranghetista da cui deriva, ma ha causalmente fruito, sotto il profilo rappresentativo, della traccia euristica genetica costituita dagli accertamenti giudiziari che hanno preceduto la sua formazione, della quale si e' avvalsa non mediante meri propositi di carattere intimidatorio, ma esercitando in un'ottica di continuita' in quel territorio la forza di intimidazione di tali conosciuti consessi organizzati. Insomma, una storia che si ripete, con analoghe metodologie e finalita' ed anche comprimari (a quell'ambiente riferibili), che si e' tradotta materialmente in atto. Non si assiste, dunque, ad una novazione, bensi' ad una successione a titolo particolare di un consesso che utilizza lo stesso metodo e si pone le medesime finalita' criminali del precedente, nell'ambito di un pactum avente eguale natura - perfettamente riconducibile alla medesima societatis sceleris per modello e tipo - e destinato ad insistere in una realta' territoriale notoriamente gia' adusa a confrontarsi con realta' di tal fatta. La stretta continuita' di tipo delinquenziale si lega poi ad una riscontrata operativita' interna ed esterna del gruppo, che da' ragionevolmente conto della ricaduta del nomen sulla realta' circostante e del clima che ad essa ne consegue. Quest'ultima appare evidente, si legge nella sentenza impugnata, alla luce della consolidamento del progetto criminale all'interno della stessa cosca e prendendo le mosse dalla locale di âEuroËœndrangheta gia' accertato, anche in via giudiziale, che e' quello in oggetto, riconosciuto all'esterno per il suo potere impositivo di natura estorsiva come le estorsioni del "bosco" (vicende oggetto delle contestazioni mosse ai capi 38 e 61), tra le altre, dimostrano, nonche' detentore del traffico di armi anche da guerra, che passano indisturbate da casa (OMISSIS), che unitamente al collaboratore (OMISSIS) diviene un rifornitore costante dei singoli associati e dei personaggi di altre zone criminali che con loro si interfacciano stabilmente a questo scopo, in cio' mantenendo una costante delinquenziale che consente di integrare l'accesso al nuovo progetto delittuoso come naturale evoluzione e fattivo avvicendamento di quello gia' in atto da anni ed anni. Il motivo di ricorso, pertanto, risulta infondato sotto entrambi i vizi denunziati, avendo la Corte di merito fatto corretta applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte in tema di associazione mafiosa, di cui ha dato atto con congrua argomentazione. 2. Il secondo motivo in tema di trattamento sanzionatorio presenta profili tanto di manifesta infondatezza che di infondatezza. 2.1. Manifestamente infondata e' la censura in ordine all'aumento per la continuazione. Invero, nella sentenza impugnata si rinviene diffusa motivazione in ordine alla misura degli aumenti operati per la continuazione, avendo la Corte di merito fatto precedere al relativo calcolo l'indicazione di precisi elementi di disvalore dei fatti giudicati, nonche' evidenziato anche spiccati elementi di capacita' a delinquere attinenti alla posizione del ricorrente (vedi pagg. 992-993). L'onere di motivazione quindi risulta reso, in ossequio anche agli orientamenti recenti assunti da questa Corte in materia (S.U., n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269). 2.2. E', invece, infondato il rilievo attinente all'esatta determinazione della pena conseguente al riconoscimento della continuazione con i fatti per cui l'imputato e' stato gia' giudicato con i fatti di cui al procedimento c.d. (OMISSIS) definitivo con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 21.3.2018 esecutiva il 4.9.2018, che a sua volta riconosceva la continuazione tra i fatti di quel processo e quelli decisi con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 20 marzo 2008 esecutiva il 2.12.2008. Al riguardo, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la pena complessivamente inflitta al ricorrente e' stata determinata - in riforma di quella inflitta dal primo giudice - nel seguente modo: ritenuti piu' gravi i fatti oggetto del presente giudizio (in ragione dell'entita' delle pene stabilite dalla legge, della tipologia dei reati contestati e del numero particolarmente elevato delle imputazioni contestate), si e' proceduto alla determinazione della pena stabilita per tali reati (indicandosi la pena base e la misura di ciascun aumento dovuto alla recidiva qualificata ed alla continuazione), nella complessiva misura di anni 47 di reclusione ed Euro 111.000,00 di multa; si e' quindi proceduto ad applicare, sulla reclusione, la regola di temperamento del cumulo materiale di cui all'articolo 78 c.p., comma 1 n. 1, stabilendosi, per l'effetto, una pena di anni 30 di reclusione ed Euro 109.000,00 di multa. Si e' provveduto poi ad applicare la diminuente di un terzo stante la scelta del rito abbreviato, cosi' giungendosi ad una pena di anni 20 di reclusione ed Euro 72.000 di multa. A questo punto si e' rideterminata ex articolo 81 cpv. c.p. in anni 9 di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa, indicandosi la misura di ogni aumento per ciascun reato contemplato, la pena in continuazione per i fatti di cui alle predette sentenze di condanna gia' definitive. Ad avviso del ricorrente, invece, il giudice del merito avrebbe dapprima dovuto procedere ad un'unica sommatoria ex articolo 81 cpv. c.p. delle pene stabilite per i fatti di cui al presente giudizio con quelli di cui al procedimento c.d. FIORE ed altro ad esso gia' unito in continuazione, applicare la regola di temperamento del cumulo materiale ex articolo 78 c.p. e, poi, la riduzione per la scelta del rito abbreviato, cosi' pervenendosi ad una pena finale di anni venti di reclusione ed Euro 85.000,00 di multa. Tale prospettazione non puo' tuttavia essere condivisa alla luce del condivisibile orientamento espresso dalla Quinta sezione di questa Corte (sentenza n. 47073 del 20/06/2014, Rv. 262144), al quale il Collegio intende aderire. Ora, se e' vero che la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena e' stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli articoli 71 c.p.ss., fra le quali vi e' anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, in forza della quale la pena della reclusione non puo' essere superiore ad anni trenta di reclusione (S.U., n. 45583 del 25/10/2007), e' altresi' vero che la diminuente del rito abbreviato puo' essere applicata solo nei processi celebrati col rito speciale suddetto, non essendo consentite estensioni della disciplina di favore oltre i casi espressamente stabiliti. E', infatti, affermazione ricorrente in giurisprudenza quella per cui, ove venga riconosciuta - in fase cognitiva o esecutiva - la continuazione tra piu' reati, alcuni dei quali oggetto di condanna all'esito di giudizio abbreviato, e altri di condanna all'esito di giudizio ordinario, la riduzione ex articolo 442 c.p.p. opera solo sui reati giudicati con rito abbreviato (Cass., n. 9038 del 20/11/2012; Cass., n. 33856 del 2008). Il caso oggetto del presente giudizio presenta una particolarita', rappresentata dalla interferenza del principio da ultimo richiamato col criterio moderatore posto dall'articolo 78 c.p.. Normalmente (vale dire, ove non venga in questione l'articolo 78 c.p.), la determinazione della pena viene operata, anche nel caso di piu' reati uniti per continuazione e giudicati in procedimenti celebrati con rito diverso, nel modo seguente: la riduzione di un terzo opera sulla (sola) pena irrogata all'esito di giudizio abbreviato e - ove il reato piu' grave sia quello giudicato con rito abbreviato - gli aumenti per i reati satellite avvengono secondo le regole ordinarie (senza riduzioni per il rito). Tale soluzione, valevole per i casi di minore gravita', non puo' differire da quella ipotizzabile per le situazioni piu' gravi, in cui si tratta di fare applicazione dell'articolo 78 cit.. Percio', quando il cumulo delle pene - si ripete: irrogate in procedimenti diversi, celebrati con rito diverso - supera gli anni trenta di reclusione, la riduzione di un terzo (ex articolo 442 c.p.p.) non puo' operare sull'unica pena "temperata" ex articolo 78, giacche' questa pena (come quella risultante dal cumulo materiale) esita a procedimenti celebrati con riti differenti. Alla sua determinazione concorrono, infatti, piu' reati, in ordine ai quali l'imputato ha operato scelte processuali diverse, sicche' e' da escludere l'indiscriminata estensione del trattamento di favore a tutti quelli unificati per continuazione per l'esclusiva ragione che vi e' stata, in un caso, scelta del rito speciale. In tal caso, l'autonomia dei procedimenti e l'applicazione del principio di premialita' esigono che la diminuente venga riconosciuta solo in relazione a quello celebrato in forma contratta, analogamente a quanto avviene in sede esecutiva. Si tratta, in entrambi i casi, di una diversita' di moduli applicativi nella determinazione della pena che trova giustificazione nell'oggettiva diversita' delle situazioni processuali. L'opposta soluzione ermeneutica - propugnata dal ricorrente - darebbe luogo ad un'ingiustificata disparita' di trattamento, equiparando la posizione dell'imputato giudicato col rito abbreviato a quella dell'imputato giudicato col rito ordinario (S.U., n. 35852 del 22/02/2018, Rv. 273547). La Corte di merito ha fatto quindi corretta applicazione dei principi rilevanti nella specie. 3. Il terzo motivo di ricorso in tema di recidiva e' generico, in quanto non scandito dalla necessaria critica ed analisi delle specifiche argomentazioni poste a base del capo della sentenza impugnata relativo all'applicazione dell'aggravante speciale nei confronti del ricorrente. (OMISSIS). Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato in quanto l'asserita contraddittorieta' e illogicita' della motivazione sono smentite dalla lettura della sentenza impugnata, che dimostra l'esistenza di un impianto motivazionale congruo e connotato da lineare e. coerente logicita' in punto di responsabilita' penale del ricorrente e di qualificazione giuridica dei fatti di cui al capo 23) dell'imputazione. Inoltre, la disamina della pronuncia oggetto di gravame sul punto evidenzia come i giudici di merito risultano aver fatto corretta applicazione ed interpretazione delle norme penali in materia di armi, sicche' le censure mosse con il motivo di ricorso in esame si traducono nella prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dettato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimita'. Infatti, nella parte motiva della sentenza impugnata si precisa come la qualificazione giuridica in termini di reato consumato della condotta di partecipazione alle trattative per la compravendita di armi risulta dalla sussunzione di detto fatto nella fattispecie di "porre in vendita" di cui alla L. n. 895 del 196, articolo 1, che per sua natura assorbe e tipizza la fase prenegoziale, collocandosi in un momento antecedente rispetto alla conclusione dell'accordo illecito. Dunque, la norma penale in esame, incriminando la condotta di messa in vendita di armi, anticipa la soglia di consumazione del reato alla sola offerta, che fenomenologicamente si estrinseca nella fase precontrattuale delle trattative e non richiede la conclusione dell'accordo di vendita ai fini del suo perfezionamento, ne' la materiale consegna delle armi. Quanto appena affermato rivela l'ontologica incompatibilita', fattuale e giuridica, della condotta di "porre in vendita" con la fattispecie del tentativo ex articolo 56 c.p., posto che gia' di per se' tale condotta risulta collocata in una fase dell'iter criminis antecedente rispetto alla conclusione dell'accordo illecito. La qualificazione giuridica della condotta di partecipazione alle trattative finalizzate alla vendita di armi in termini di delitto consumato da parte dei giudici di merito, di cui si da' conto nella parte motiva della sentenza impugnata (pagg. 639 e 660), risulta pertanto scevra da vizi logici, nonche' conforme ai principi affermati in materia da questa Corte, secondo cui ai fini dell'integrazione del delitto di vendita illegale di armi o munizioni da guerra non e' necessario che alla condotta dell'agente siano seguiti effetti traslativi della proprieta' o la traditio del bene, ma e' sufficiente "porre in vendita" lo stesso, in quanto tale nozione e' comprensiva anche delle trattative (Sez. 1, n. 5619 del 14/01/2008, Rv. 238861). Alla luce di quanto appena affermato, l'esito infruttuoso delle trattative non incide sulla qualificazione giuridica del fatto in termini di delitto consumato. Inoltre, la Corte territoriale da' conto del perfezionamento del requisito della serieta' delle trattative (desunta dalla raccolta preventiva di denaro, dal numero delle armi e dalla tipologia delle stesse, dalla serieta' dei dialoghi), ritenuto necessario ai fini della integrazione della fattispecie contestata, in tal senso aderendo al consolidato principio di diritto affermato a piu' riprese dalla giurisprudenza di questa Corte, in forza del quale integra il reato previsto dalla L. n. 865 del 1967, articolo 1 anche la semplice offerta in vendita, che ha riguardo ad ogni attivita' negoziale e prenegoziale, ivi comprese le trattative, purche' serie (Sez. 6, n. 3667 del 3/12/2021, dep. 2022; Sez. 1, n. 10071 del 25/06/2014, Rv. 262691; Sez. 1, n. 5570 del 11/11/2011, Rv. 251835; Sez. 2, n. 43054 del 23/10/2007, Rv. 238310). Quanto alla profilata irragionevole disparita' di trattamento tra la condotta di cui al capo 23) avente riguardo alle armi e la condotta contestata al capo 26) concernente gli stupefacenti, derivante dalla qualificazione dell'una in termini di delitto consumato e dell'altra in termini di delitto tentato, seppure a fronte della loro "sostanziale omogeneita'", la censura parte da una errata premessa, che si rinviene proprio nella asserita sovrapponibilita' dei due fatti ascritti al ricorrente. Invero, dalla lettura della sentenza impugnata si rileva come la diversa qualificazione giuridica della condotta in materia di armi rispetto a quella concernente le sostanze stupefacenti sia il portato della divergente attivita' posta in essere dal ricorrente nei due contesti di riferimento. Infatti, i giudici di merito hanno accertato la responsabilita' penale dell'imputato per i fatti di cui al capo 23) in quanto concorrente nella messa in vendita di armi comuni da sparo ed armi da guerra, e parimenti per i fatti contestato al capo 26) per aver compiuto atti diretti in modo non equivoco ad acquistare sostante stupefacenti. Ebbene, la prima condotta e' stata correttamente qualificata in termini di reato consumato, posto che l'offerta in vendita di armi, includendo la fase delle trattative, e' sufficiente al perfezionamento della fattispecie incriminatrice contestata che non richiede la conclusione dell'accordo di vendita. La seconda condotta in materia di stupefacenti, invece, e' stata ritenuta integrativa del delitto tentato alla luce della considerazione per cui la fattispecie di "acquisto" di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 non assorbe la fase precontrattuale delle trattative, richiedendo la conclusione dell'accordo tra le due parti negoziali ai fini del suo perfezionamento, e pertanto e' suscettibile di configurarsi ontologicamente e normativamente nella forma del tentativo. Infatti, la Corte territoriale, sulla scorta della considerazione per cui la fattispecie di acquisto si perfeziona quando sia stato raggiunto l'accordo sulla qualita', quantita' e prezzo, ha correttamente inquadrato la contrattazione non conclusasi nella fattispecie del tentativo, richiamando in tal senso il principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui si configura il tentativo di acquisto di sostanze stupefacenti quando l'iter criminis si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore (Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Rv. 268749; Sez. 4, n. 6781 del 23/01/2014, Rv. 259283 e Rv. 259284). Pertanto, la qualificazione della condotta di partecipazione alla trattativa finalizzata all'acquisto di sostanze stupefacenti in termini di delitto tentato trova il proprio antecedente logico necessario sul piano fattuale nell'accertamento del diverso ruolo svolto dal ricorrente (intermediario per conto dell'acquirente), e sul piano giuridico nel differente significato normativo delle condotte tipizzate e nel differente ambito applicativo. Cio' posto, l'operazione ermeneutica ed applicativa delle norme in materia di armi e stupefacenti, di cui si da' conto nella parte motiva della sentenza impugnata, risulta esente da vizi logici e, pertanto, insindacabile in sede di legittimita'. Infine, per completezza in punto di inammissibilita', va anche rilevato che il motivo di ricorso risulta pedissequamente riproduttivo di quello di appello, esaminato e disatteso dalla Corte territoriale con argomentazioni logiche e coerenti con le risultanze probatorie, con cui il ricorrente non si confronta specificamente. 2. Il secondo motivo di ricorso, riguardante l'inclusione nell'oggetto delle trattative anche di armi da guerra, e' manifestamente infondato in quanto l'asserita illogicita' e contraddittorieta' della motivazione sono smentite dalla lettura della sentenza impugnata, che evidenzia l'esistenza di un impianto motivazionale logico, congruo e coerente con le risultanze probatorie. Il riconoscimento della circostanza aggravante delle armi da guerra, infatti, risulta sorretto dalla complessiva disamina degli elementi probatori (in particolare delle intercettazioni ambientali) dimostrativi di come l'oggetto della trattativa di compravendita includesse non solo armi comuni, ma anche e soprattutto armi da guerra (68 pezzi tra cui bazooka, CZ, kalashnikov, Skorpion), nonche' espressivi della consapevolezza del ricorrente in ordine alla qualita' delle armi, anche considerato il ruolo attivo di intermediario da questo svolto nelle trattative. Ulteriore profilo di manifesta infondatezza del motivo in esame si rinviene nella pedissequa riproduzione di censure gia' dedotte dinanzi ai giudici di merito, e da questi vagliate e disattese con motivazione scevra da vizi logici, con cui il ricorrente non si confronta. 3. Il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio di motivazione in ordine alla responsabilita' del ricorrente per la violazione della legge armi di cui al capo 25), e' manifestamente infondato, in quanto la disamina del provvedimento impugnato dimostra l'esistenza di un apparato motivazionale connotato da lineare e coerente logicita', conforme all'esauriente disamina dei dati probatori sul punto. In tal senso, la Corte territoriale valorizza il contenuto delle captazioni ambientali e le risultanze istruttorie gia' divenute definitive nell'ambito del procedimento 1982/14 RGNR DDA in quanto elementi idonei ad attribuire al ricorrente il ruolo di soggetto per cui conto ed a cui favore il (OMISSIS) custodiva le armi, riconoscimento ritenuto coerente e conferente con lo svolgimento dell'attivita' di intermediario nella vendita di dette armi da parte del ricorrente medesimo. A fronte dell'indicazione di tali elementi di prova, il ricorrente finisce per prospettare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, nella specie del contenuto delle captazioni telefoniche, estranea al sindacato di legittimita', trattandosi di questione di fatto rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito (Sez. 2, n. 35181 del 22/5/2013, Rv. 257784; Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, Rv. 268389). Quanto alla asserita mancanza di rilievi fotografici che attestino la traditio di armi da parte del ricorrente presso l'abitazione del (OMISSIS), la Corte territoriale ha ritenuto decisivo, ai fini dell'affermazione di responsabilita', il contenuto delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che precisa come vi fosse un'ulteriore via di accesso alla casa del (OMISSIS), posta sul retro, che non poteva essere ripresa dalla videocamera apposta dalla PG in prossimita' dell'ingresso principale. Anche sotto tale profilo il motivo in esame si traduce, pertanto, in una prospettazione alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimita' e avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito. Va, infatti, rammentato che sono inammissibili in questa sede tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', la stessa illogicita', quando non manifesta, cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965). 4. Il quarto motivo di ricorso, con cui si deduce l'illogicita' della motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' del ricorrente per i fatti di cui al capo 26), e' manifestamente infondato. La lettura della sentenza impugnata dimostra l'esistenza di un impianto motivazionale scevro da vizi logici, che da' conto di come la Corte territoriale sia pervenuta all'accertamento della partecipazione dell'imputato alle trattative finalizzate alla compravendita di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, e non solo marijuana e hashish come prospettato nel ricorso, sulla scorta della complessiva e coerente valutazione delle risultanze probatorie acquisite sul punto. In particolare, i giudici di merito ritengono provata la circostanza che sin da subito la negoziazione illecita aveva ad oggetto sia droghe leggere che droghe pesanti ("erba" e "polvere"), in ragione del contenuto delle copiose captazioni ambientali che hanno coinvolto il ricorrente e che ne hanno confermato il ruolo di intermediario quale soggetto attivo nelle operazioni di finanziamento per l'acquisto dello stupefacente e di scelta del tipo e della quantita' di droga da acquistare. Inoltre, a conferma della inclusione delle due tipologie di sostanza stupefacente ("dell'una e dell'altra") nell'oggetto delle trattative, la Corte di merito fa riferimento all'ordinanza del Tribunale del Riesame, la quale avallava l'esistenza di un doppio binario nella negoziazione, che coinvolgeva l'acquisto o lo scambio della "polvere" (cocaina) oltre che del "fieno per cavalli" (marijuana). Cio' posto, le doglianze sollevate con il motivo di ricorso in esame si traducono in mere doglianze in punto di fatto, non ammesse in sede di legittimita', e sono volte a prefigurare una rivalutazione ed alternativa lettura del materiale probatorio, che esulano dalla portata del giudizio di questa Corte. Ulteriore profilo di manifesta infondatezza del motivo di ricorso in esame si rileva nella pedissequa riproduzione delle doglianze gia' dedotte con l'atto di appello e gia' ampiamente disattese dalla Corte di merito con argomentazioni congrue ed esenti da censure in punto di logicita' e coerenza, con cui il ricorrente non si confronta. 5. Il quinto motivo di ricorso, avente riguardo al vizio di motivazione in relazione all'imputazione soggettiva dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1. c.p. per i fatti di cui ai capi 23) e 26), e' manifestamente infondato. Invero, la sentenza impugnata risulta essere corredata da una motivazione scevra da vizi logici in punto di riconoscimento dell'aggravante in discorso, sotto il profilo dell'agevolazione mafiosa, accertata con riguardo sia ai fatti in materia di armi sia a quelli in materia di stupefacenti. In tal senso, la Corte territoriale ha enunciato plurimi elementi dimostrativi della finalizzazione delle condotte poste in essere dal ricorrente, nonche' della consapevolezza dello stesso circa la proiezione teleologica delle operazioni illecite realizzate e condivise anche dai correi. Si e' fatto riferimento, in particolare, al contenuto dei dialoghi captati (viene sottolineato il contenuto dell'intercettazione del 15/03/2014), in cui il ricorrente veniva identificato quale soggetto intraneo alla âEuroËœndrangheta, peraltro in posizione apicale, come anche confermato dalla condanna del ricorrente, con sentenza passata in giudicato, per il delitto di cui all'articolo 416-bis c.p. in qualita' di reggente nell'ambito del sodalizio mafioso operante nel territorio di (OMISSIS) e denominato (OMISSIS)- (OMISSIS)- (OMISSIS). Inoltre, anche alla luce di tali elementi, la Corte territoriale ha operato una valutazione logica e coerente delle espressioni captate, in cui il ricorrente ed i correi venivano rappresentati quali "fratelli" o "fratelli nostri" ai soggetti con cui i traffici illeciti di armi e droga venivano intrattenuti, proprio al fine di qualificarne il ruolo di affiliati, nonche' al fine di attestarne l'affidabilita' negoziale. Tali elementi, in uno con il contesto materiale e logico in cui risultano collocati, esprimono, nella valutazione dei giudici di merito, la finalizzazione ultima delle condotte negoziali e prenegoziali ascritte al ricorrente, che viene identificata nell'agevolazione e nel rafforzamento della compagine criminale di appartenenza e dei sodalizi mafiosi ad esso contigui ("famiglie"). Nella motivazione della sentenza impugnata, peraltro, si da' conto di come il dichiarato parzialmente confessorio del ricorrente, laddove quest'ultimo affermava di aver partecipato alle trattative illecite a titolo esclusivamente personale, trovi esplicita smentita nei dialoghi oggetto delle captazioni ambientali, che esprimono l'interesse dello stesso imputato e dei correi alla conclusione degli affari illeciti al fine di implementare il mercato nero delle armi in guisa da detenerne il controllo "per conto di tutti". Della valenza indiziante di tale contenuto i giudici di merito hanno fornito, pertanto, una ricostruzione coerente con l'editto accusatorio, anche operando una valutazione complessiva delle circostanze emerse, relative alla persona del ricorrente, in ragione del contesto fattuale dei dialoghi captati e del ruolo, anche associativo, rivestito da taluni degli interlocutori. I motivi di ricorso finiscono, dunque, per proporre, in questa sede, una rinnovata ponderazione delle emergenze processuali, alternativa a quella correttamente effettuata dai giudici di merito, introducendo problematiche che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di legittimita' (ex multis Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482). Inoltre, i motivi dedotti risultano interamente riproduttivi delle doglianze gia' proposte in sede di appello ed esaminate nonche' disattese dalla Corte territoriale con motivazione congrua e scevra da vizi logici, con cui il ricorrente omette di confrontarsi. 6. Il sesto motivo di ricorso, afferente al trattamento sanzionatorio, e' manifestamente infondato in quanto la parte motiva della sentenza oggetto di gravame sul punto risulta aver fornito adeguato esame delle deduzioni difensive, e risulta essere sufficiente e non illogica. In particolare, la Corte territoriale, anche richiamando la sentenza del primo giudice, ha fatto riferimento a plurimi criteri ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, in particolare all'entita' della condotta, alla modalita' dell'azione, alla variegata tipologia di armi e narcotico trafficati, alla finalita' agevolatrice, ai precedenti penali del ricorrente, peraltro operando una diminuzione di pena per effetto dell'applicazione della disciplina maggiormente favorevole disposta dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 40 del 2019. Pertanto, la graduazione della pena, anche in relazione alla diminuzione prevista ex articolo 56 c.p. per il tentativo, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che la esercita, cosi' come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e' inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita' della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142), cio' che, nel caso di specie, non ricorre. Inoltre, in tema di ricorso per cassazione, non puo' essere considerato come indice del vizio di motivazione il diverso trattamento sanzionatorio riservato nel medesimo procedimento ai coimputati, anche se correi, salvo che il giudizio di merito sul diverso trattamento del caso, che si prospetta come identico, sia sostenuto da asserzioni irragionevoli o paradossali (Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015, Rv. 264020; Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012, Rv. 252880). 7. In conclusione, nulla aggiungendo la memoria depositata, va dichiarata l'inammissibilita' del ricorso. (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)). Il ricorso e' infondato. 1. Il primo motivo relativo all'affermazione di responsabilita' in ordine ai delitti in materia di armi e' infondato. Anzitutto, correttamente la sentenza impugnata ha escluso la ricorrenza di un'ipotesi di "armi parlate" evidenziando come gli elementi indicativi delle caratteristiche delle armi menzionate nel corso dei dialoghi intercettati si riferissero a strumenti idonei ad offendere (all'uopo rilevano le indicazioni dei diversi calibri o dei modelli, elementi sufficienti a dare conto che non si tratta di armi giocattolo), in ragione della provenienza e del prezzo per una di esse corrisposto dal (OMISSIS) ed anche da quanto ammesso poi dallo stesso ricorrente nel riferire di avere visionato delle armi reali una volta entrato in casa del cognato (vedi pag. 906 ove si da' atto che il (OMISSIS) ne portava una alla cinta). 1.1. Quanto al capo 68), la detenzione dell'arma Beretta serie 81 e' stata correttamente tratta dal giudice del merito da un passaggio dell'intercettazione ambientale in cui e' lo stesso ricorrente a riferire al (OMISSIS) di avere la disponibilita' di un'arma (Beretta serie 81), mediante l'utilizzo del verbo avere, indicativo di possesso, in difetto di allegazione che si trattasse proprio della stessa arma legalmente detenuta dal padre, circostanza, quest'ultima, logicamente esclusa dalla Corte di merito mediante il riferimento al fatto che si trattava di un oggetto nuovo e contenuto in un pacco e che l'arma paterna, della cui serie vi e' incertezza, fosse invece stata acquistata molto tempo prima. Peraltro, la sentenza impugnata indica anche un elemento risolutivo costituito dal riferimento di un coimputato, che distingue l'arma posseduta dal ricorrente da quella di cui era titolare il padre. 1.2. Quanto alla pistola P38 calibro 9 Luger (riferibile tanto al capo 68 che a quello 70 trattandosi dell'arma per la quale vi e' contestazione di messa in vendita), la consumazione del reato di detenzione illegale e' stata ricavata dall'avvenuta conclusione del negozio di vendita intervenuto con il (OMISSIS) che prevedeva la consegna di due pistole di cui una gia' promessa in vendita da parte del ricorrente ad un terzo. La stessa Corte di merito da' atto di come la traditio non fosse intervenuta a causa di difficolta' sopravvenute (dapprima per difficolta' inerenti all'individuazione del luogo di occultamento stante l'ora notturna, poi perche' vennero scoperte le telecamere che monitoravano l'abitazione del (OMISSIS)), ma evidenzia, ai fini della consumazione, come fosse stato ormai concluso uno specifico accordo con il (OMISSIS) per l'avvenuta cessione delle armi, prontamente reperibili nei dintorni dell'abitazione del venditore (nascoste nella terra nei dintorni di casa). In forza di tale accordo, pertanto, muta la veste giuridica della detenzione delle armi compravendute da parte del (OMISSIS), il quale, da quel preciso momento, detiene nomine alieno, ossia in nome e per conto del ricorrente. Il fatto, dunque, che nel frangente monitorato dalle intercettazioni non si sia materialmente operata la consegna non e' elemento decisivo ai fini dell'esclusione del reato, in quanto, sulla scorta della ricostruzione operata dai giudici di merito, risulta come tra le parti - anche in forza dei rapporti di parentela tra le stesse intercorrenti fossero stati gia' concordati tempi, luogo e modalita' del ritiro e come fosse stabilito che quelle armi erano gia' divenute di proprieta' del ricorrente che, pertanto, ne poteva validamente disporre, anche ponendole in vendita ad un terzo al quale le aveva promesse. A conferma della validita' di tale ricostruzione, la Corte di merito cita anche la significativa circostanza di come proprio il giorno dopo fosse stato stabilito l'incontro con il terzo a cui erano gia' promesse in vendita le armi. Corretta, pertanto, risulta, sulla scorta della motivazione resa e degli elementi di fatto enunciati, la qualificazione giuridica data al fatto dalla sentenza impugnata. L'assunzione dell'impegno in capo al ricorrente di vendita delle armi in favore di un terzo, sulla scorta di un contratto gia' concluso per quanto si ricava sia dall'individuazione del compratore che del relativo prezzo di vendita, rende del tutto ragionevole la conclusione raggiunta dalla Corte di merito, in ossequio all'orientamento di questa Corte a mente del quale lo svolgimento di trattative serie tra soggetti interessati alla negoziazione di armi o munizioni senza licenza integra il reato previsto dalla L. n. 895 del 1967, articolo 1 (mod. dalla L. n. 497 del 1974, articolo 9), ravvisandosi in esso la condotta di "porre in vendita" prevista dalla norma, a nulla rilevando la diretta disponibilita', nei potenziali contraenti, delle armi e del denaro o l'accertamento dei limiti dei rispettivi mandati (Sez. 1, n. 5570 del 11/11/2011, dep. 2012, Rv. 251835; in termini con riguardo al caso di specie in sede cautelare (Cass. pen., sez. 5, n. 54973 del 18/11/2016). Del resto, che la trattativa, per come risulta dai dialoghi in sentenza riportati, fosse seria ed incombente, viene anche ricavato dalla particolare premura mostrata dal ricorrente nell'ottenerne la consegna, comportamento che logicamente si spiega proprio con l'obbligo negoziale gia' assunto dal ricorrente verso il terzo e non, come alternativamente prospettato nel ricorso, che lo riconduce ad un pretesto al fine di ottenere velocemente la consegna delle armi dal (OMISSIS). 2. Anche il secondo motivo di ricorso e' infondato. Quanto alla ricettazione (che attiene precisamente al capo 69, essendo invece nel capo 70 contestata la violazione della legge armi con riguardo all'ipotesi della messa in vendita), per avere acquistato dal (OMISSIS) un'arma di provenienza delittuosa, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio enunciato da questa Corte secondo cui, ai fini della consumazione del delitto di ricettazione, non e' necessario che all'acquisto, perfezionatosi in virtu' dell'accordo intervenuto tra le parti, segua materialmente la consegna della âEuroËœres', poiche' l'articolo 648 c.p. distingue l'ipotesi dell'acquisto da quella della ricezione (fattispecie in cui il fermo della merce di provenienza delittuosa presso la Dogana aveva impedito la ricezione da parte dell'imputato; Sez. 2, n. 40382 del 12/06/2015, Rv. 264559; conforme Sez. 2, n. 33957 del 14/06/2017, Rv. 270734). Peraltro, la censura risulta anche inammissibile nella parte in cui finisce per investire il significato delle intercettazioni con particolare riguardo alla individuazione dei modelli delle armi successivamente messe in vendita dal ricorrente, profilo che la sentenza di merito ha affrontato e risolto con motivazione non affatto illogica in ragione dei chiari elementi identificativi delle armi comuni da sparo comunque declinati nelle conversazioni e in ragione del contesto di fatto in cui avviene l'acquisto delle armi dal (OMISSIS). Il fatto che l'arma fosse con munizioni 9 Luger o 9 parabellum, implica anche l'esistenza del reato presupposto di cui al Decreto Legislativo n. 204 del 2010, articolo 5, considerato che a norma di tale disposizione le armi corte in cal. 9 Luger (9x19) pur essendo armi comuni (non da guerra per come correttamente rilevato dalla stessa sentenza impugnata accogliendo sul punto il rilievo della difesa) sono vietate ai civili e ne e' vietata anche la vendita; sono tuttavia costruibili regolarmente. Il fatto, poi, che le armi circolino al di fuori dei canali ufficiali di vendita basta a dare conto dell'elemento soggettivo del dolo generico richiesto per la sussistenza della fattispecie. 3. La dosimetria della pena, anche della pena base, e' adeguatamente motivata. La pena base e' stata correttamente parametrata su un valore prossimo al medio pari ad anni quattro di reclusione per la ricettazione, trattandosi di condotta azione che si innesta in un contestuale attivismo delinquenziale ben piu' ampio di cui la sentenza impugnata ha dato atto, essendosi anche richiamato l'ulteriore elemento di disvalore in cui il ricorrente fa anche da tramite per l'interesse al recupero di armi di (OMISSIS) e da canale di smercio per gli affari del Pronesti', oltre che del cognato (OMISSIS). 4. L'applicazione della recidiva rinviene congrua motivazione. Si da' atto, infatti, che il ricorrente annovera precedenti reiterati per reati contro il patrimonio (anche nel quinquennio), oltre al favoreggiamento personale verso il collaboratore (OMISSIS) e Giovanazzo (OMISSIS), nonche' varie pendenze per gravi addebiti in sede cautelare in materia di droga per i quali al momento della valutazione espressa dai giudici di merito si trovava contemporaneamente detenuto. Tali precedenti sono stati coerentemente apprezzati dal giudice del merito quali antecedenti di un percorso delinquenziale non interrotto alla luce anche della gravita' dei reati commessi, del contesto criminale in cui si inseriscono le condotte accertate e dei rapporti intrattenuti con soggetti di primo piano coinvolti nel presente procedimento ( (OMISSIS) e lo stesso (OMISSIS)). L'aumento disposto per la recidiva e' quello prescritto per legge, nella misura di due terzi della pena base, trattandosi di recidiva pluriqualificata: reiterata ed infranquinquennale. 5. Anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche rinviene congrua motivazione: al riguardo la Corte di merito ha richiamato stringenti indici ostativi, facendo riferimento vuoi alla negativa personalita' emersa e vuoi ad un atteggiamento "ondivago" anche nel dichiarato, durante il quale l'imputato continuava ad ammettere soltanto le questioni emerse in modo piu' evidente nelle intercettazioni, cercando "di edulcorare il proprio e l'altrui ruolo nelle vicende esaminate". Con la conseguenza che se e' certamente legittimo in un'ottica difensiva assumere un atteggiamento processuale volto al diniego delle contestazioni mosse, non si puo' pero' al contempo invocare la concessione delle attenuanti generiche sulla scorta di un dichiarato avente carattere parziale e privo di spontaneita'. 6. Anche l'aumento per la continuazione rinviene in ogni singolo aumento sufficiente motivazione. Si precisa, infatti, come la pena venga aumentata di un anno ed Euro 1.000 di multa per il capo 70) "consistito nella gravissima condotta di messa in vendita e quindi autonomo smercio della pistola illecita con scambio in natura e con propositi di vendita anche per la seconda da reperire, sicche' la determinazione in aumento appare piu' che giustificata e comunque contenuta alla luce della possibilita' di aumento fino al triplo della pena base a seconda della gravita' dei casi". Per la detenzione della pistola P.38 (in via mediata) e della Beretta serie 81 l'aumento - piu' contenuto di soli mesi 10 di reclusione, oltre la multa - l'aumento si fonda sul rilievo che trattasi di "ben due armi dalla micidiale potenza aggressiva". (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)). I ricorsi sono inammissibili. 1-2-3. I primi tre motivi di ricorso, che investono l'affermazione di responsabilita' per la partecipazione al sodalizio mafioso di cui al capo 1) - e di cui e' possibile una trattazione unitaria stante la connessione logica delle censure - sono manifestamente infondati. In particolare, la sentenza impugnata si e' lungamente soffermata sulla deposizione del collaboratore di giustizia (OMISSIS), evidenziandone l'attendibilita' riscontrata non solo mediante il richiamo dei passaggi significativi di quella di primo grado, ma anche sul rilievo che, sulla scorta dell'attivita' avviata a seguito delle dichiarazioni di tale collaborante, tutti gli imputati del procedimento n. 1982/14 R.G.N. R. sono stati condannati in sede di giudizio abbreviato dal G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, ad eccezione del (OMISSIS) nei cui confronti si e' proceduto separatamente. Proprio lo (OMISSIS), la cui deposizione ha fatto ampia luce sulle attuali dinamiche della locale della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS), ha indicato l'odierno ricorrente come affiliato al sodalizio criminale con la dote di "vangelo", spiegando, attraverso il riferimento alla sua storia "criminale", la valenza di tale qualifica nella scala gerarchica dell'associazione mafiosa in oggetto. La sentenza impugnata, oltre ad aver esposto in modo articolato gli elementi fattuali in base ai quali ha identificato nel ricorrente il (OMISSIS) indicato dal collaborante (titolarita' di autovettura Panda 4x4, frequentazione di mafiosi, precisa individuazione fotografica), ha altresi' indicato quale riscontro esterno individualizzante a quanto dichiarato dallo (OMISSIS) il contenuto dell'intercettazione ambientale della conversazione tra il (OMISSIS), esponente di spicco della locale di (OMISSIS) ed in procinto di costituire una propria cosca, ed altri affiliati. Il (OMISSIS), nell'elencare i componenti della locale di (OMISSIS) proprio nella prospettiva di costituire un'autonoma propria cosca, ha fatto riferimento anche al (OMISSIS), indicando la dote di "Vangelo" rivestita dal ricorrente. Orbene, e' proprio il richiamo effettuato sia dallo (OMISSIS) che dal (OMISSIS) al ruolo di spessore assunto dal ricorrente nel sodalizio criminoso che confuta l'assunto del (OMISSIS) secondo cui l'ordinanza impugnata non avrebbe indicato il contributo specifico fornito dallo stesso a vantaggio dell'organizzazione criminale. Al riguardo, va richiamato il recente arresto delle S.U. di questa Corte a mente del quale "La condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa della associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo, per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla "messa a disposizione" del sodalizio stesso, per il perseguimento dei comuni fini criminosi". "Nel rispetto del principio di materialita' ed offensivita' della condotta, l'affiliazione rituale puo' costituire indizio grave della condotta di partecipazione al sodalizio, ove risulti - sulla base di consolidate e comprovate massime di esperienza - alla luce degli elementi di contesto che ne comprovino la serieta' ed effettivita', l'espressione non di una mera manifestazione di volonta', bensi' di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione" (S.U. n. 36958 del 27/05/2021, dep. 11/10/2021, Rv. 281889). Cio', pertanto, sta a significare che la condotta di partecipazione puo' essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalita' di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purche' si tratti di indizi gravi, precisi e concordanti idonei a dimostrare la permanenza del vincolo. Di conseguenza, ove il ruolo formalmente conferito nella scala gerarchica caratterizzante l'organigramma interno dell'associazione corrisponda ad ambiti di rilievo via via crescenti in progressione, il valore indiziario ascrivibile al dato dell'affiliazione e' destinato ad assumere un significato maggiormente rilevante sul piano probatorio, laddove - come nel caso di specie - alla crescita per gradi corrispondano positive valutazioni "meritocratiche", in sostanza, meriti gia' acquisiti sul campo e concretati da pregresse condotte positivamente realizzate nell'interesse della compagine associativa (vedi sul tema anche in motivazione Sez. 6, n. 39112 del 20 maggio 2015; Sez. 5, n. 50839/2016; Sez. 1, n. 55359 del 17/06/2016, Rv. 269040). In questa ottica, il giudizio sull'intraneita' ad un'organizzazione di tipo mafioso puo' circoscriversi all'apprezzamento della carica formale - di rilievo nella scala dei valori interni all'associazione - rivestita dall'imputato. In conclusione, l'attribuzione di un grado qualificato - quale la dote all'interno del gruppo sulla base di una scala di progressione consolidata - ben puo' assurgere ad elemento dimostrativo della partecipazione associativa, ove si colleghi a ruoli e funzioni riconosciute all'interno di un territorio, ed integri una figura di riferimento indefettibile, che dimostra la sua valenza e stabilita' all'interno della compagine. In tale contesto, quindi, l'incarico ulteriore nell'ambito della scala gerarchica della âEuroËœndrangheta qualifica la condotta di partecipazione e la stessa permanente messa a disposizione, non risultando che tale conferimento sia stato la mera conseguenza di un "tramandato" di carattere familiare. Non pertinente, pertanto, si rivela il richiamo operato, nei motivi di ricorso, all'orientamento espresso a S.U. da questa Corte nella sentenza n. 36958 del 2021 (peraltro il richiamo risulta effettuato all'informativa provvisoria della decisione, essendo le motivazioni state depositate dopo la presentazione del ricorso). Ne' tale ritenuta partecipazione risulta aver assunto nella motivazione impugnata un mero riferimento di carattere "storico", in quanto il richiamo operato dal (OMISSIS) e' logicamente riferito, per il contesto del dialogo (vertente anche sugli uomini d'onore da trascinare con se' nella scelta di dar vita ad una autonoma âEuroËœndrina) e l'uso del verbo essere all'indicativo, ad una persona intranea, con carattere di attualita' della sua appartenenza, considerato che, nella declinazione degli affiliati, il (OMISSIS) stesso fa riferimento, a mo' di distinzione, anche a soggetti non piu' a disposizione della compagine. Insomma, nessuna illogicita' nell'aver desunto che il (OMISSIS) nel corso di tale dialogo stesse facendo "la conta degli attivi". Peraltro, ad esclusione della ricorrenza di "un'astrazione dell'imputato dai contesti mafiosi", si citano anche i controlli sul territorio del ricorrente con altri coimputati, quali (OMISSIS), (OMISSIS) e l'omonimo (OMISSIS), suo cugino. A cio' va anche aggiunto che dal dialogo del (OMISSIS) riportato in sentenza risulta che il ricorrente e' noto anche all'altro conversante, (OMISSIS), pure ritenuto un associato, il quale all'imputato attribuisce il dato, riscontrato e dal medesimo ammesso in sede di interrogatorio, del possesso di una Fiat Panda 4x4, cosi' dando dimostrazione di conoscerlo con certezza. La sentenza impugnata risulta, pertanto avere fatto corretta applicazione della disposizione sostanziale censurata, anche in applicazione del principio affermato da questa Corte a mente del quale in materia di reati associativi, la commissione dei "reati-fine" dell'associazione, di qualunque tipo essa sia, non e' necessaria, ne' ai fini della configurabilita' e nemmeno ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 3, n. 9459, del 6/11/2015, dep. 8/03/2016, Rv. 266710). Parimenti, va escluso anche il paventato vizio di motivazione, sul rilievo, peraltro gia' affermato proprio con riferimento alla tematica in oggetto da questa Corte, che in tema di associazione di tipo mafioso l'individuazione della c.d. " dote di âEuroËœndrangheta", concernente lo "status" di un affiliato ad una consorteria âEuroËœndranghetista, costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito che, ove sorretta da una motivazione esente da vizi logici o motivazionali, non e' sindacabile in sede di legittimita' (Sez. 1, n. 35775 del 20/11/2020, Rv. 280094). 4. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla contestazione di far parte di un'associazione armata. La censura attiene all'assenza di elementi dimostrativi della conoscenza da parte del ricorrente della disponibilita' in capo ai sodali coimputati di armi. Il ricorrente, peraltro, mai era stato visto presso il locale ove sarebbero avvenuti gli spostamenti delle armi. 4. Anche il quarto motivo in ordine all'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e' manifestamente infondato. Sul punto, infatti, non puo' ritenersi manifestamente illogico aver ricavato la consapevolezza anche da parte del ricorrente di essere l'associazione armata - quantomeno sotto il profilo dell'esclusione dell'ignoranza incolpevole - dalla circostanza che il possesso delle armi ad opera del (OMISSIS) e della sua consorteria, in ragione dell'elevatissimo numero delle armi, della loro potenzialita' e dei suoi stabili contatti con cosche limitrofe o di altra zona della Calabria, avesse assunto proprio in ragione della circolarita' di tali informazioni all'interno del panorama della âEuroËœndrangheta, non limitato alla locale di (OMISSIS), tanto che ai traffici di armi del (OMISSIS) erano interessati e coinvolti anche soggetti di provenienza "esterna" - la valenza di una vero e propria connotazione strutturale ben nota all'intero gruppo criminale, quantomeno sotto il profilo dell"assenza dell'ignoranza inevitabile. 5. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (ex multis, Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549). Nel caso di specie, a fronte dell'indicazione di indici non dotati di particolare pregnanza e generici, si e' fatto motivatamente riferimento ai precedenti penali ed al ruolo di particolare spessore rivestito dal ricorrente nella consorteria criminale. 6. Anche il motivo sulla recidiva risulta manifestamente infondato. Nessuna manifesta illogicita' e' dato ricavarsi nella motivazione della sentenza impugnata per avere ravvisato una continuita' delinquenziale tra i reati comuni in relazione ai quali il ricorrente annovera precedenti e quello "qualificato" oggetto del presente processo. Al riguardo, va, infatti, precisato che la recidiva e' stata ritenuta nella forma reiterata ed infraquinquennale. Pertanto, non e' affatto richiesto che tra i reati presi in considerazione dal giudice del merito sussistano, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati, caratteri fondamentali comuni, trattandosi, invece, di requisito prescritto in caso di recidiva specifica (ossia quella che involge delitti della stessa indole). Cio' che rileva, invece, e' che il giudice del merito dia conto, seppur con succinta motivazione, che la condotta costituisca significativa prosecuzione di un processo delinquenziale gia' avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782). E al proposito nessuna distonia e' ravvisabile nell'aver ritenuto che i diversi precedenti penali annoverati dal ricorrente (si indicano condanne le condanne per ricettazione, truffa, usura, estorsione, bancarotta fraudolenta e falso ideologico) si pongano quale antecedente logico di una scelta delinquenziale poi rivelatasi espressiva di una maggiore gravita', nell'ambito di una escalation manifestatasi anche con l'avanzamento nel "grado" acquisito all'interno del sodalizio criminale. E' dunque il vissuto giudiziario che denota una personalita' avvezza alle violazioni di legge, ritenuta chiara espressione di una rafforzata capacita' delinquenziale alla luce della obiettiva gravita' della condotta contestata nel presente giudizio. 7. Il settimo motivo di ricorso in ordine al trattamento sanzionatorio ratione temporis applicabile alla condotta di partecipazione e' manifestamente infondato. La sentenza impugnata, infatti, lungi dall'aver "ancorato" la condotta di partecipazione al periodo in cui il ricorrente era stato coinvolto nell'ambito dell'operazione cd. Decollo (culminata in provvedimenti cautelari emessi dal GIP di Catanzaro anche per i delitti di usura ed estorsione in relazione ai quali l'imputato ha poi riportato condanna definitiva), ha fatto riferimento ad un periodo ben successivo al 2010, in ragione non solo della chiamata dello (OMISSIS) (in cui il riferimento al coinvolgimento del ricorrente nell'operazione Decollo avviene esclusivamente a fini identificativi e non per delimitare temporalmente la condotta di partecipazione), del contenuto dell'intercettazione ambientale captata in data 15/3/2014 presso l'abitazione del (OMISSIS) e dei controlli operati sul territorio con gli altri coimputati. A fronte della ritenuta permanenza della condotta di partecipazione in aderenza alla contestazione del reato di cui al capo 1) della rubrica in forma aperta e permanente ("in (OMISSIS), Anoia e localita' limitrofe dal 1995 in poi e tuttora permanente"), competeva al ricorrente specificare gli elementi di merito confermativi di un'interruzione della partecipazione da parte del ricorrente in epoca antecedente all'entrata in vigore della normativa piu' sfavorevole che si ritiene applicata per la determinazione del trattamento sanzionatorio. Peraltro, il motivo risulta inammissibile anche sotto il profilo della carenza di interesse. Invero, entrambi i giudici di merito risultano avere stabilito la pena base in anni nove di reclusione, ossia in una misura che rientra appieno nell'ambito della forbice edittale della lex mitior riferibile al periodo storico in cui si vorrebbe cessata l'appartenenza al sodalizio (soltanto alla L. 27 maggio 2015, n. 69 si deve l'innalzamento della pena da dieci a quindici anni di reclusione). Ne' l'interesse a sostegno del motivo puo' ravvisarsi nel fatto che la pena base comunque stabilita, pur compresa nella forbice edittale dei diversi interventi normativi che hanno modulato la pena (L. n. 251 del 2005 e Decreto Legge n. 92 del 2008), si sia comunque attestata sul massimo e, dunque, necessitava di una piu' stringente motivazione. Al di la', infatti, del rilievo che tale censura non e' stata mossa, va anche evidenziato come la sentenza impugnata abbia motivatamente riconosciuto al ricorrente un ruolo "qualificato", in virtu' della dote del v (OMISSIS) posseduta, evidenziando, al contempo, che l'applicazione di una pena relativa al mero partecipe (per come stabilito dal primo giudice) era conseguenza del rispetto del divieto di reformatio in peius avendo il pubblico ministero omesso di proporre appello sul punto. (OMISSIS): Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso e' manifestamente infondato in quanto afferente a violazioni di norme processuali smentite dagli atti processuali. Invero, la Corte territoriale ha correttamente applicato la disciplina di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 3-bis, disponendo la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale a fronte dell'appello del pubblico ministero contro la sentenza di proscioglimento di primo grado per motivi attinenti anche alla valutazione di prove dichiarative assunte nel corso del primo giudizio. Nel caso di specie, la Corte d'appello ammetteva l'audizione del collaboratore di giustizia (OMISSIS), sulla scorta della ritenuta decisivita' delle sue dichiarazioni ai fini della valutazione della posizione del ricorrente, limitatamente ai fatti di cui al capo 12) ("limitatamente alle imputazioni di favoreggiamento anche ascritte al (OMISSIS)", p. 12 della sentenza impugnata), rispetto ai quali la sentenza di secondo grado ha confermato l'assoluzione dell'imputato. Correttamente, il giudice di seconde cure ha disposto la riassunzione della prova dichiarativa in questione solo ed esclusivamente con riferimento ai delitti di cui al capo 12) alla luce del principio, affermato da questa Corte, secondo cui costituiscono prove decisive ai fini della valutazione della necessita' di procedere alla rinnovazione della istruzione dibattimentale delle prove dichiarative nel caso di riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado, quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l'assoluzione e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio, nonche' quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti -da sole o insieme ad altri elementi di prova- ai fini dell'esito della condanna (S.U., n. 27620 del 28/04/2016 (dep. 2016) Rv. 267491). Stante il principio secondo cui nel giudizio di appello avverso la sentenza emessa all'esito di rito abbreviato e' ammessa la rinnovazione istruttoria esclusivamente ai sensi dell'articolo 603 c.p.p., comma 3, e, quindi, solo nel caso in cui il giudice ritenga l'assunzione della prova assolutamente necessaria, perche' potenzialmente idonea ad incidere sulla valutazione del complesso degli elementi acquisiti, la Corte territoriale ha escluso ogni riferimento alla prova dichiarativa in questione dalla parte motiva della sentenza in punto di condanna del ricorrente sulla scorta della valutazione di non decisivita' del propalato del collaboratore rispetto ai fatti di cui al capo 10). La decisione del primo giudice e' stata, infatti, riformata solo nella parte relativa ai reati di cui al capo 10), per i quali e' stata accertata la responsabilita' penale del ricorrente in forza di altri elementi rispetto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, quali le intercettazioni telefoniche. La censura dedotta con tale motivo di ricorso, secondo cui l'asserita violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 3 bis, deriverebbe dalla ritenuta decisivita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia ai fini della rinnovazione istruttoria e dalla successiva elisione delle stesse dal percorso argomentativo in punto di condanna del ricorrente, risulta pertanto infondata ed anche generica, in quanto non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata. Inoltre, la Corte territoriale ha legittimamente fondato la decisione di condanna sulla scorta di una valutazione approfondita del materiale intercettivo, ammessa in sede di appello stante la assoluta pienezza di cognizione e di rivalutazione del merito di quanto e' stato devoluto, nonche' corredata da un impianto motivazionale congruo e scevro da vizi logici, adempiendo peraltro all'obbligo di motivazione rafforzata che si impone nel caso di riforma della sentenza di assoluzione di primo grado. In tale prospettiva, si rende necessario precisare il principio, affermato a piu' riprese da questa Corte, in forza del quale il giudice di appello che riformi la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piu' rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (S.U. n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231679). La condanna in appello dell'imputato assolto in primo grado, pertanto, e' suscettibile di fondarsi anche sulla diversa valutazione dei medesimi elementi di prova posti alla base della prima decisione, purche' sia adempiuto l'obbligo di motivazione rafforzata che impone al giudice di giustificare il diverso apprezzamento come l'unico ricostruibile oltre ogni ragionevole dubbio ex articolo 533 c.p.p. Dunque, dalla lettura della sentenza impugnata se ne ricava che la Corte di merito abbia fatto buon governo dei principi in materia affermati da questa Corte. 2.-3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che vengono trattati congiuntamente in quanto omogenei e strettamente connessi, sono manifestamente infondati. In particolare, l'asserita violazione della legge sostanziale risulta fondata su assunti relativi alla ricostruzione dinamica della fattispecie concreta non rivisitabile nel giudizio di legittimita'. Nel caso di specie, la profilata violazione dell'articolo 326 c.p. avrebbe causa nella ritenuta idoneita', secondo la valutazione operata dai giudici di seconde cure, della condotta del ricorrente ad integrare il delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreto d'ufficio, sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Ebbene, dalla lettura della sentenza impugnata si rileva la corretta applicazione della legge penale sostanziale al caso concreto da parte della Corte territoriale mediante un'operazione, sostenuta da una motivazione non manifestamente illogica, di sussunzione dei fatti ascritti al ricorrente sotto l'ipotesi delittuosa prevista in astratto dal legislatore alla luce degli elementi probatori assunti nel corso del giudizio di merito. La Corte di appello, infatti, ha accertato la violazione, da parte dell'imputato, del dovere di segretezza impostogli in qualita' di pubblico ufficiale, mediante una condotta che e' stata ritenuta spingersi "ben oltre" la semplice sollecitazione funzionale ad acquisire informazioni utili ai fini dell'identificazione dell'autore dell'omicidio del (OMISSIS). Dalle risultanze probatorie emergeva come, proprio in tale occasione, il ricorrente forniva al (OMISSIS), suo confidente, il nominativo del possibile autore dell'omicidio, verso il quale si stavano orientando le indagini. Orbene, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, proprio l'iniziativa dell' (OMISSIS) di comunicare il nome del sospettato al (OMISSIS), nel corso dell'attivita' investigativa, integrava l'elemento oggettivo della fattispecie di cui all'articolo 326 c.p., stante la qualificazione dell'informazione rivelata come "non necessitata" dall'incombente investigativo e "non funzionale" ad ottenere spiegazioni circa il soggetto su cui concentrare le indagini. Anzi, era lo stesso agente ad orientare l'informatore sulla direzione assunta dall'attivita' di investigazione, in guisa da ottenere conferma circa la bonta' della pista investigativa, tuttavia assumendo il rischio concreto di compromissione della stessa mediante la rivelazione ad un extraneus dell'oggetto e della direzione delle indagini. Peraltro, contrariamente alla prospettazione difensiva, dalle intercettazioni telefoniche risultava come il (OMISSIS) non fosse venuto a conoscenza aliunde della informazione e come il nome del sospettato non fosse affatto notizia di dominio pubblico. Dunque, la Corte territoriale accertava, sulla base di tali elementi, anche l'idoneita' causale della condotta posta in essere dal ricorrente a creare un pericolo concreto per l'integrita' del bene protetto dalla norma incriminatrice in discorso, che si identifica nel buon funzionamento della pubblica amministrazione, e, nel caso di specie, nel corretto andamento dell'azione investigativa. Peraltro, i giudici di seconde cure ritenevano la non applicabilita' della causa di giustificazione ex articolo 54 c.p. alla condotta ascritta all'imputato, poiche' dalle risultanze probatorie si rilevava come il ricorrente non avesse agito poiche' costretto dalla necessita' di verificare, a pena di un male peggiore, l'esattezza della pista investigativa e che non ricorreva una situazione di urgenza tale da rendere necessario fermare il sospettato. Inoltre, la Corte d'appello rilevava la non operativita', rispetto alla posizione dell'imputato, della scriminante di cui all'articolo 51 c.p., in quanto egli non aveva agito nell'adempimento del dovere informativo cui era tenuto nel suo ruolo di ricerca del nome del soggetto autore dell'omicidio, considerato che era stato lo stesso ricorrente a fornire tale informazione al confidente e che avrebbe potuto sollecitare eventuali conoscenze dell'informatore anche senza fare il nome del sospettato, dunque anche tenendo una condotta alternativa lecita. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, sarebbe stato ben possibile e doveroso da parte dell'imputato sollecitare l'informatore per ottenere notizie utili a dare impulso alle indagini in corso, senza per cio' solo rivelare, alla luce dello specifico contesto di fatto delineato, il nome del sospettato. Non a caso, tali considerazioni sono coerentemente poste a fondamento dell'assoluzione dell'imputato per i fatti contestati con il medesimo capo di imputazione (concernenti il danneggiamento a mezzo di colpi di arma da fuoco subito da Improvolo (OMISSIS), ed il rinvenimento di sostanza stupefacente nella disponibilita' di un'avvocatessa, vedi capo 10), rispetto ai quali i giudici di appello hanno accertato la scriminabilita' della condotta, in quanto posta in essere nei limiti dell'esercizio del dovere informativo di cui il ricorrente era onerato. Ebbene, dalla lettura della parte motiva della sentenza impugnata, si ricava come la Corte territoriale, nella identificazione degli elementi essenziali e del disvalore espresso dalla fattispecie censurata, abbia fatto, quindi, corretta applicazione dell'articolo 326 c.p., anche alla luce dei principi di diritto espressi in materia da questa Corte, secondo cui il reato di rivelazione di segreti di ufficio e' un reato di pericolo concreto, posto a tutela del buon andamento e dell'imparzialita' della pubblica amministrazione, la cui configurabilita' va esclusa quando la notizia sia divenuta di dominio pubblico, e quando essa, sebbene ancora segreta, sia rivelata a persone che, pur estranee alla pubblica amministrazione, ne siano gia' venute altrimenti a conoscenza, fermo restando, con riferimento a queste ultime, il limite della non conoscibilita' dell'ulteriore evoluzione della notizia stessa (Sez. U., n 4694 del 27/10/2011 (dep.2012), Rv. 251271; Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019 (dep.2020), Rv. 279555). Dunque, sulla base della qualificazione della fattispecie in esame come reato di pericolo concreto e non meramente presunto, rileva precisare che la rivelazione di segreti d'ufficio e' punibile, non gia' in se' e per se', ma in quanto suscettibile di produrre nocumento a mezzo della notizia da tenere segreta, come accertato nel caso di specie, in cui, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, il ricorrente, in quanto onerato dal dovere di segretezza circa la direzione assunta dalla indagini in virtu' della qualita' di ufficiale di polizia giudiziaria, avrebbe dovuto operare in guisa da ottenere dal confidente informazioni autonome ed esterne, idonee a consentire l'allargamento dell'inchiesta, "al di la' di quanto gia' maturato all'interno dell'ambiente investigativo, e soprattutto per non compromettere gli esiti e sviluppi possibili ed ulteriori" (p. 180 della sentenza impugnata). Stante quanto appena affermato, l'ulteriore profilo di censura, che concerne l'erronea applicazione dell'articolo 326 c.p., comma 1, in luogo del comma 2 della medesima disposizione normativa, derivante dalla asserita mancata considerazione dell'elemento psicologico da parte dei giudici di merito, e' manifestamente infondato in quanto volto a prospettare una ricostruzione alternativa della fattispecie concreta, non consentita in sede di legittimita'. Dalla lettura della sentenza impugnata, infatti, si desume come la Corte territoriale abbia operato una valutazione complessiva dei fatti ascritti al ricorrente anche sotto il profilo della colpevolezza, sulla scorta delle risultanze probatorie emerse nel corso del giudizio di merito, che hanno condotto all'accertamento della sussistenza dell'elemento del dolo ed alla conseguente applicazione dell'articolo 326 c.p., comma 1Posto che l'elemento soggettivo richiesto ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui all'articolo 326 c.p., comma 1 si indentifica nel dolo, anche eventuale, deve ritenersi necessario e sufficiente che gli elementi della fattispecie siano concretamente sorretti da rappresentazione e volizione del soggetto agente, atteggiamento soggettivo che la Corte di merito ritiene sussistente e dimostrato nel caso di specie. In tale prospettiva, viene in rilievo la parte motiva della sentenza impugnata in cui i giudici di seconde cure danno conto della conoscenza, da parte del ricorrente, della segretezza dell'informazione avente ad oggetto il nome del possibile autore dell'omicidio nonche' della consapevolezza che la rivelazione di detta informazione ad un extraneus, per lo piu' vicino alle cosche di âEuroËœndrangheta, avrebbe potuto compromettere la pista investigativa su cui le indagini erano orientate. La motivazione della sentenza impugnata, inoltre, specifica gli elementi espressivi della colpevolezza dell'imputato rispetto al fatto ascrittogli, che si identificano, in particolare, nella atipicita' dell'approccio con aspirazione probatoria adottato dal ricorrente, nonche' nella personale ed eccessiva fiducia riposta dall' (OMISSIS) nei confronti dell'informatore, tale da elidere "colpevolmente" il dovere di mantenere segrete le notizie circa gli iniziali approcci investigativi. Ebbene, stante l'individuazione dell'oggetto materiale del delitto di cui all'articolo 326 c.p. nelle notizie coperte da segreto, cioe' sottratte alla divulgazione in ogni tempo e luogo e nei confronti di chiunque per legge, per regolamento o dalla natura stessa della notizia che puo' recare danno all'amministrazione (Sez. 1, n. 8201 del 10/02/2010, Rv. 246623), la Corte di merito ritiene comprovata la rappresentazione in capo al ricorrente di tale elemento della fattispecie, nonche' la volontaria comunicazione dell'informazione al (OMISSIS) e la consapevolezza circa il concreto pericolo per il corretto andamento dell'attivita' investigativa potenzialmente derivante dalla divulgazione della notizia all'extraneus. La rivelazione dell'informazione riservata circa il nome del possibile autore dell'omicidio ad un soggetto estraneo alle indagini esprime, secondo la ricostruzione della Corte di merito, l'accettazione del rischio, da parte dell'imputato, che detta informazione potesse essere comunicata al soggetto indagato e che costui potesse in tal modo alterare l'esito di eventuali prove stubs o strumenti di ricerca della prova ad impatto diretto e di verifica dell'iniziale ipotesi investigativa. Tali argomentazioni rendono corretta la decisione di condanna per il delitto ascritto all'imputato a titolo di dolo, e la conseguente esclusione dell'ipotesi colposa prevista dall'articolo 326 c.p., comma 2. Alla luce di tutto quanto appena affermato, il terzo motivo di ricorso, con cui si denuncia "l'illogicita' ed il difetto di motivazione", e' manifestamente infondato in quanto la lettura della sentenza impugnata dimostra la sussistenza di un impianto argomentativo connotato da lineare e coerente logicita', conforme all'esauriente disamina dei dati probatori, nonche' idoneo a garantire una motivazione rafforzata in punto di colpevolezza dell'imputato, che si impone al giudice di seconde cure nel caso di riforma della sentenza di assoluzione di primo grado. Ebbene, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di giudizio di appello, la motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonche' in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore. (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, Rv. 278056). Inoltre, la diversa spiegazione di un fatto non puo' semplicemente basarsi sulla mera possibile alternativa, disancorata dalla realta' processuale, ma deve fondarsi su specifici dati fattuali che rendano verosimile la conclusione di un "iter" logico cui si pervenga senza affermazioni apodittiche ma nelle forme corrette del ragionamento probatorio (Sez. 4, n. 7630 del 29/11/2004, Rv. 231136). Orbene, nel caso di specie la motivazione corredata al provvedimento impugnato da' conto della maggiore forza persuasiva della ricostruzione operata dai giudici di seconde cure rispetto a quella asseverata dal giudice di primo grado, idonea a comprovare la responsabilita' penale del ricorrente sul piano sia oggettivo che soggettivo oltre ogni ragionevole dubbio, sulla scorta della complessiva disamina di tutti gli elementi probatori emersi nel corso del processo. Le argomentazioni spese in ordine al secondo motivo di ricorso, che dimostrano la sussistenza di un impianto motivazionale congruo e scevro da vizi logici nonche' conforme all'obbligo di motivazione rafforzata, rilevano anche ai fini della valutazione di manifesta infondatezza delle censure dedotte con il terzo motivo di ricorso. Inoltre, le censure dedotte con il terzo motivo di ricorso risultano precluse in sede di legittimita', in quanto costituite da mere doglianze in punto di fatto, volte a prefigurare una ricostruzione alternativa rispetto a quella cristallizzata nella sentenza di secondo grado ed una diversa valutazione delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimita' ed avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di seconde cure. 4. Il quarto motivo di ricorso, concernente il trattamento sanzionatorio, e' manifestamente infondato in quanto l'asserita inosservanza della legge penale sostanziale, da cui si fa discendere l'illegalita' della pena, e' basata su assunti relativi alla ricostruzione dinamica della fattispecie concreta non rivisitabile nel giudizio di legittimita', e la profilata illogicita' della motivazione e' confutata dalla lettura della sentenza impugnata, che evidenzia la sussistenza di un impianto motivazionale connotato da lineare e coerente logicita' anche in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio. Stante la manifesta infondatezza delle censure dedotte con i precedenti motivi, che costituiscono l'antecedente logico necessario del motivo di ricorso ora in esame, risulta giocoforza giungere alla medesima conclusione in ordine alla doglianza in punto di determinazione della pena. All'insindacabilita' della ricostruzione del fatto ascritto al ricorrente come integrativo dell'ipotesi delittuosa prevista dall'articolo 326 c.p., comma 1 in quanto corredata da una motivazione congrua, coerente e scevra da vizi logici in punto di responsabilita' dell'imputato, consegue la non censurabilita' in sede di legittimita' della sentenza impugnata nella parte concernente la determinazione della pena poiche' corredata da un impianto motivazionale che risulta congruo ed esente da manifesta illogicita'. In tale prospettiva, deve ritenersi adempiuto l'obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorche' siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell'ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all'articolo 133 c.p. (Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013 (dep.2014), Rv. 258410). Nel caso di specie, la Corte territoriale, nell'esercizio della discrezionalita' riconosciutale nell'ordinamento penale ai fini della determinazione della pena nel caso concreto, comunque stabilita in misura contenuta con il riconoscimento dei doppi benefici di legge, fa riferimento alla natura fortemente ambigua e compromessa dei rapporti tra l'imputato ed il (OMISSIS), alla violazione del limite professionale imposto al pubblico ufficiale nella relazione con il proprio informatore, alla scarsa capacita' di impermeabilita' alle pulsioni del territorio, connotato dalla forte insistenza di associazioni di stampo mafioso, ed al comportamento deontologico del ricorrente, connotato da favoritismi nei confronti del (OMISSIS). (OMISSIS). Il ricorso e' infondato. 1-2. I primi due motivi di ricorso, in tema di sussistenza del sodalizio di stampo mafioso e della relativa condotta di partecipazione ascritta al ricorrente, sono infondati. Il primo rilievo, secondo cui la sentenza impugnata non darebbe conto in termini sufficienti della consistenza e dell'operativita' della cosca della âEuroËœndrangheta operante in (OMISSIS), si scontra con due ordini di considerazioni: da un lato la giurisprudenza di questa Corte e' orientata nel senso che "In materia di associazioni mafiose "storiche", l'onere di motivazione del giudice e' significativamente attenuato in relazione all'esistenza del sodalizio, che trova conferma in decenni di storia giudiziaria, mentre non subisce alcuna incisione in relazione alla partecipazione del singolo alla consorteria, che deve sempre essere dimostrata con i parametri di giudizio tipici della fase: ragionevole probabilita' di colpevolezza nella fase cautelare o certezza non incisa dal ragionevole dubbio nella fase di merito" (Sez. 2, n. 28602 del 06/05/2015 Rv. 264138); dall'altro, nella sentenza impugnata si da' ampio conto delle affermazioni dei collaboratori di giustizia secondo cui la cosca oggetto dell'indagine e' attualmente operante ed attiva sul territorio, secondo gli schemi tipici della âEuroËœndrangheta. Quindi, l'onere motivazionale e' attenuato con riferimento all'esistenza di un sodalizio criminoso denominato âEuroËœndrangheta, strutturato in articolazioni territoriali, che si manifesta nei termini sanzionati dall'articolo 416-bis c.p., ed il dubbio prospettato circa l'attualita' della presenza dell'articolazione territoriale, denominata cosca di (OMISSIS), Anoia e localita' limitrofe, e' superato dalle convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia riportate nelle sentenze di merito, da cui emergono incontri con cadenza mensile degli associati, rapporti costanti con altre articolazioni territoriali, riunioni indette per decidere della destinazione dei proventi delle attivita' illegali, faide fra appartenenti alle diverse âEuroËœndrine, coinvolgimento degli imputati nella realizzazione di condotte illecite riferibili a detto contesto, ecc., nonche' dalle stesse captazioni ambientali del (OMISSIS), il quale proprio nel coltivare il progetto di dare vita ad un'autonoma âEuroËœndrina riferisce circostanze di spiccato rilievo sull'esistenza della locale oggetto di imputazione. Quanto al giudizio di credibilita' soggettiva del (OMISSIS), prima fonte dichiarativa a carico dell'imputato, va al riguardo evidenziato che l'attendibilita' di tale collaboratore non e' stata messa in discussione neppure dal primo giudice che ha, invece, assolto il ricorrente sulla scorta dell'assenza di validi riscontri alla chiamata. La doglianza sul punto e', peraltro, inammissibile poiche' tardiva, essendo stata introdotta con i motivi aggiunti e difettando la necessaria connessione con i motivi originariamente proposti (Sez. 2, n. 17693 del 17/1/2018, Rv. 272821; Sez. 2, n. 53630 del 17/11/2016, Rv. 268980; Sez. 4, n. 12995 del 5/2/2016, Rv. 266295). In ogni caso, e' anche generica, poiche' la Corte di merito, nella motivazione a fondamento del "ribaltamento" decisorio, non solo ha integralmente riportato anche i motivi di appello del P.M., condividendone criticamente il contenuto, ove si fa riferimento all'attendibilita' di detto collaboratore, evidenziando la coincidenza del narrato con gli esiti di accertamenti giudiziali espressamente menzionati, ma vi ha dedicato apposita motivazione (pag. 426 ss.), indicando anche gli specifici punti di riscontrata convergenza col propalato dell'altro collaboratore (OMISSIS). Inoltre, nel riportare ampi stralci dello stesso interrogatorio del (OMISSIS) e nell'esaminare le dichiarazioni dell'altro collaboratore (OMISSIS), di cui si discute l'attendibilita' e la valida convergenza, ha piu' volte richiamato elementi confermativi anche del narrato del primo. Pertanto, posta l'attendibilita' del collaboratore (OMISSIS), il quale colloca il ricorrente all'interno della locale di âEuroËœndrangheta di (OMISSIS) (da lui conosciuto in carcere, con cui aveva raggiunto un tipico accordo di matrice mafiosa ovvero l'impegno di allearsi, una volta usciti dal carcere, per vincere le guerre che i rispettivi gruppi avevano in corso con cosche rivali: il gruppo (OMISSIS) con i (OMISSIS) e la cosca dei (OMISSIS) con i (OMISSIS)), la questione posta attiene all'esistenza di una motivazione rafforzata resa dalla Corte territoriale a fondamento del convincimento di condanna, rispetto a quello assolutorio al quale era pervenuto il primo giudice. Sul punto, va anzitutto precisato che l'obbligo di motivazione rafforzata prescinde dalla rinnovazione dell'istruttoria, prevista dall'articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, in quanto trova fondamento nella necessita' di dare una spiegazione diversa rispetto a quella cui era pervenuta la sentenza di primo grado. Pertanto, la circostanza che si siano correttamente risentiti, nel contraddittorio delle parti, i due collaboratori non esaurisce il tema legato alla presenza di una motivazione che compiutamente indichi le ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado e che sia assicurato un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (Sez. 6, n. 51898 del 2019, Rv. 278056). Cio' premesso, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la Corte di merito si sia correttamente attenuta al principio sopra indicato. AI proposito, va, infatti, ribadito che compito della Corte di legittimita' non e' quello di operare una scelta tra le decisioni contrastanti adottate dai giudici di merito, ma di verificare se il giudice di secondo grado, al quale l'ordinamento processuale consente, su appello del pubblico ministero, di pervenire ad un risultato differente sulla responsabilita' dell'imputato rispetto a quello a cui e' giunto il primo giudice, abbia dato conto, in modo esauriente, delle ragioni del suo discostamento. Ebbene, sullo specifico tema, occorreva dimostrare come il narrato dell'altro collaboratore (OMISSIS) fosse utilmente valutabile quale riscontro esterno alla diretta chiamata del (OMISSIS). E al riguardo, non puo' affatto essere condivisa la prospettazione difensiva, ribadita nei motivi aggiunti, secondo cui, una volta asseverato che un collaborante ha inizialmente mentito, il successivo dichiarato non rileverebbe, in ragione degli esiti difformi, ai fini della valutazione probatoria da compiersi alla stregua dell'articolo 192 c.p.p., comma 3. Molteplici sono infatti le disposizioni processuali che disciplinano i casi in cui il giudice possa trovarsi dinanzi a dichiarati che, pur provenienti dalla stessa fonte di prova, risultano contrastanti; cio' non toglie, tuttavia, che tali contributi debbano essere apprezzati in funzione delle regole stabilite per le diverse fasi processuali in cui sono stati acquisiti. Quanto alle chiamate in correita', pur dovendo essere spontanee, costanti, univoche e disinteressate, tuttavia ben possono assumere valore probatorio anche in mancanza di una o di alcune di tali caratteristiche, quando trovino appoggio e controllo in ulteriori elementi di prova, che conferiscono carattere di certezza circa il fatto da provare, tanto che si e' condivisibilmente affermato che la chiamata di correo ha validita' probatoria e puo' essere anche assunta quale fonte di prova, se confortata da elementi obiettivi di riscontro, anche se sia stata una o piu' volte ritrattata (Sez. 1, n. 1933 del 02/07/1973, dep. 1974, Rv. 126396). Cosi' si e' anche di recente precisato che, in tema di valutazione delle prove, la ritrattazione, da parte di un collaboratore di giustizia, di dichiarazioni accusatorie in precedenza rese non costituisce elemento in grado di escluderne di per se' l'attendibilita', potendo il giudice legittimamente riconoscere valore probatorio alle stesse, a condizione che eserciti su di esse un controllo piu' incisivo, esteso ai motivi della variazione del dichiarato, potendo anche ritenere che la ritrattazione si traduca in un ulteriore elemento di conferma delle originarie accuse. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione di condanna fondata su dichiarazioni accusatorie di un collaboratore di giustizia, successivamente ritrattate mediante l'invio di una lettera al difensore dell'imputato, il quale la depositava in copia chiedendo l'escussione del collaborante, richiesta immotivatamente disattesa dal giudice del merito che si limitava a sottolineare che la ritrattazione prodotta in copia era priva di valenza probatoria; Sez. 6, n. 35680 del 30/05/2019, Rv. 276693). Ebbene, la sentenza impugnata, con diffusa motivazione, risulta essersi criticamente soffermata sulle ragioni che avevano portato il primo giudice ad assolvere l'imputato - tanto che si e' premunita di riportarne le relative argomentazioni - pervenendo ad un ribaltamento di tale decisum sulla scorta di un approfondito esame del complesso del narrato reso da (OMISSIS), risolvendo con passaggi argomentativi congrui e sulla scorta delle dichiarazioni acquisite al processo nel contraddittorio delle parti, i dubbi del primo giudice. E a tanto si e' pervenuti - e in cio' e' ravvisabile un ulteriore profilo di infondatezza della censura difensiva - non mediante una mera valutazione differente del compendio probatorio, ma in forza di un novum costituito proprio dalla piena convergenza delle dichiarazioni rese in sede dibattimentale a seguito della disposta rinnovazione. Il sapere conoscitivo del giudice di seconde cure si e', dunque, venuto ad arricchire rispetto a quanto appreso dal primo giudice. Non si e' dunque operata una "scelta" tra il contenuto dei diversi verbali di dichiarazioni rese dal collaboratore, ma nel rispetto dei principi del giusto processo; la Corte di merito si e' fatta carico di esplorare de visu le ragioni della ritrattazione a carico dell'imputato successivamente operata dallo (OMISSIS), ritenendola pienamente attendibile in ragione degli elementi di carattere logico che inizialmente lo avevano determinato ad allontanare le accuse a detto imputato, verso cui nutriva indubbia riconoscenza per averlo soccorso in occasione dell'attentato subito, fatto di particolare rilievo che, logicamente, rendeva possibile un atteggiamento iniziale volto ad escludere il coinvolgimento. Inoltre, in tale rigoroso procedere, la sentenza impugnata si e' fatta carico di passare in rassegna gli elementi di possibile "distonia", indicando per ciascuno di essi le ragioni, anche di carattere fattuale e logico, che ne hanno consentito di superare la possibile interferenza, tenuto conto anche degli ulteriori elementi di prova successivamente acquisiti (vedi pagg. 420-424). Assunta, quindi, legittimamente nell'alveo delle altre fonti di prova utili a confermare l'attendibilita' di una chiamata, le propalazioni di (OMISSIS) si prestano ad assumere valenza di idoneo riscontro alla chiamata del (OMISSIS), in ragione dei molteplici elementi di convergenza indicati dalla sentenza impugnata, peraltro non oggetto di specifica censura, in ossequio al principio enunciato da questa Corte a mente del quale la c.d. convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e riguardare sia la persona dell'incolpato sia le imputazioni a lui ascritte, fermo restando che non puo' pretendersi una completa sovrapponibilita' degli elementi d'accusa forniti dai dichiaranti, ma deve privilegiarsi l'aspetto sostanziale della loro concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (Sez. 2, Sentenza n. 13473 del 04/03/2008, Rv. 239744; Sez. 2, n. 35923 dell'11/07/2019, Rv. 276744). In conclusione, la Corte di merito risulta avere "depurato" il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dallo stesso dichiarante, pervenendo ad una valutazione logica, razionale e completa, imposta dal canone dell'"oltre ogni ragionevole dubbio". Ne' si presta ad inficiare tale risultato probatorio, in punto di univocita', la segnalata mancata menzione del ricorrente da parte del (OMISSIS) nel compendio intercettivo. Sul punto, la doglianza e' generica, in quanto non si confronta con gli argomenti, pur presenti nella sentenza impugnata attraverso l'espresso richiamo dei motivi di appello del P.M. che risultano essere stati condivisi, in cui si fornisce una spiegazione logica di tale carenza: "l'imputato non e' stato menzionato nelle significative ambientali captate a casa del (OMISSIS), dimenticandosi di considerare che il predetto - all'epoca in cui era in corso l'attivita' tecnica era detenuto (v. Operazione (OMISSIS))". Tale conclusione, peraltro, risulta logicamente avvalorata anche dalla ricognizione del contenuto delle ambientali captate presso l'abitazione del (OMISSIS) che la Corte di merito passa in rassegna. Si precisa, infatti, che i dialoghi riguardano: i soggetti con cui (OMISSIS) aveva in corso affari illeciti; i soggetti facenti parte della locale di (OMISSIS) ai quali (OMISSIS) avrebbe dovuto rendere conto del distacco della sua âEuroËœndrina (v. ad es. (OMISSIS), nella qualita' di capo locale in carica); i soggetti che (OMISSIS) si proponeva di reclutare nelle fila della sua âEuroËœndrina, nonche' gli affiliati nei confronti dei quali lo stesso muoveva delle critiche. Alla luce, dunque, del tenore dei colloqui registrati, non appare manifestamente illogica la motivazione della sentenza impugnata che, in ragione del fatto che l'imputato in quel periodo si trovava detenuto, ha ritenuto non anomalo il mancato riferimento al (OMISSIS). Infine, manifestamente infondata per genericita' e' la dedotta lacuna in ordine al periodo temporale della condotta, rinvenendosi sul punto specifica motivazione nella sentenza impugnata, laddove espressamente precisa che e' infondata, come pure piu' volte sottolineato, l'obiezione sollevata da molte delle difese in ordine all'inattendibilita' del narrato del collaboratore, avendo egli collocato il predetto rituale di affiliazione nel 2011, dopo la vicenda dell'omicidio (OMISSIS), che lo stesso (OMISSIS) avrebbe sponsorizzato, in un'epoca in cui il collaboratore viveva un momento di difficolta' all'interno del sodalizio (il periodo di c.d. "trascuranza") per avere intessuto una relazione sentimentale con (OMISSIS). Sul punto il collaboratore ha precisato che cio' gli aveva comportato un allentamento alla partecipazione alla vita associativa (ad esempio nel presenziare a riunioni di âEuroËœndrangheta, gia' diradate rispetto alla frequenza mensile di un tempo in ragione dei maggiori controlli di polizia connessi alle operazioni di polizia e giudiziarie ad ampio raggio quali "(OMISSIS)") e che tuttavia cio' non aveva causato la definitiva rottura dei rapporti con gli altri associati, ne' la sua formale dissociazione, anzi al contrario si e' evidenziato come lo stesso ne avesse guadagnato una certa autorevolezza delinquenziale legata ai traffici di armi e droga in corso al punto da porsi con maggiore autonomia ed alla pari (alle volte anche in termini di rivalita', si pensi all'incendio al capannone della GICOS commissionato dallo (OMISSIS) per ritorsione ai danni di (OMISSIS)) con i maggiorenti delle famiglie dei (OMISSIS) e dei (OMISSIS), alla luce delle fattispecie estorsive sopra esaminate ed eseguite in concorso con i predetti e con la sua fattiva collaborazione. Quanto, infine, alla condotta di partecipazione, la sentenza impugnata risulta corredata da idonea motivazione e sfugge alla violazione di legge denunciata, essendosi evidenziati idonei indici dimostrativi di una permanente e fattiva messa a disposizione del ricorrente. Richiamandosi il contenuto delle propalazioni del (OMISSIS), si e' indicato il ricorrente come il referente della locale di (OMISSIS) durante la detenzione in carcere e attivamente impegnato, una volta uscito dal carcere, a dare vita ad un'alleanza di tipica matrice mafiosa, al fine di "risolvere", anche mediante il ricorso alle armi, un conflitto in corso in danno delle cosche ostili, cosi' da assumere il controllo dei vari traffici illeciti, anche nell'ambito del settore degli stupefacenti. Essere additato come persona in grado di tessere le fila di un accordo che coinvolge altri soggetti di primo piano delle diverse consorterie coinvolte e che prevede anche la possibilita' di fronteggiare in modo ostile gli avversari denota l'esistenza in capo al ricorrente di un particolare munus che ben si coniuga anche con il rilievo che allo stesso imputato viene riconosciuto dall'altro chiamante in correita' (OMISSIS) il quale, nel riferire sulla storia criminale del (OMISSIS), gli attribuisce anche qualifiche o attributi associativi di rilievo, ricoperti nel tempo in seno alla locale. E' sempre il (OMISSIS), poi, ad apprendere dal ricorrente del danneggiamento di un nightclub riconducibile alla famiglia (OMISSIS), danneggiamento imputabile alla locale di (OMISSIS) la quale non aveva gradito l'avvio dell'attivita' nel territorio di sua "competenza" senza il suo preventivo assenso, in linea con consolidate regole mafiose, e perche' ritenuto "moralmente" riprovevole. Al di la' dell'assenza di specifica censura sul punto, si tratta comunque di un indice di conoscenza di fatti interni al sodalizio notoriamente patrimonio conoscitivo degli associati che non si rivelano a soggetti estranei alla consorteria. Si cita poi il propalato dello (OMISSIS), il quale accusa il ricorrente di essere a sua fattiva disposizione per compiere delitti, facendo comunque intendere che li abbia commessi, additandolo anche del possesso di doti e qualifiche notoriamente attribuite in ragione dei contributi criminali prestati, citando l'episodio del danneggiamento del locale night club in cui la Corte di appello lo ritiene coinvolto, nonche' quelli in cui unitamente ad altri avrebbe favorito diversi latitanti (tra cui il propalante indica (OMISSIS), di cui avrebbe anche riferito essere sempre armato). Nessun contrasto, quindi, si ravvisa nelle conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata con il recente arresto delle S.U. "Modaffari", per come dal Collegio precisato a proposito dei motivi di ricorso del coimputato (OMISSIS) a cui puo' rinviarsi (sub 1, 2 e 3 della relativa impugnazione). 3. Il terzo motivo di ricorso con cui si censura l'attribuzione al ricorrente dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e' manifestamente infondato. Invero, dalla lettura della sentenza impugnata si ricava come l'aggravante non si fondi su una sorta di traslazione delle armi del (OMISSIS), elemento comunque di rilievo in quanto ad esso si lega la notorieta' dell'uso e dello scambio di armi in quel di (OMISSIS), bensi' su elementi di carattere individualizzante ricavati dal compendio probatorio declinato a corredo della condotta di partecipazione, quali i danneggiamenti commissionati con l'uso delle armi dallo (OMISSIS) e l'accordo di matrice mafiosa raggiunto con il (OMISSIS), consistente nell'impegno, tornati in liberta', di allearsi in danno delle cosche a loro ostili ("avevamo fatto l'alleanza... ci ha cercato l'alleanza.. ci uniamo tutti e due e spariamo sia a destra che a sinistra"), da fronteggiare anche con l'uso delle armi. Si tratta di circostanze pienamente idonee a dimostrare la consapevolezza in capo al ricorrente della disponibilita' di armi da parte della locale, di cui anch'egli avrebbe potuto, all'occorrenza, disporre. 4. Il quarto motivo in ordine alla delimitazione temporale della condotta di partecipazione e' generico. La sentenza impugnata ha, infatti, attribuito rilievo anche a condotte (la cd. alleanza) che trovano la loro collocazione nel periodo della comune detenzione con il (OMISSIS) (anni 2013 e 2014) e, comunque, anche a detto periodo la Corte territoriale riferisce l'intraneita' del ricorrente alla locale, non cessata a seguito della carcerazione, avendolo il collaboratore (OMISSIS) additato come attuale referente (piu' in particolare, nel corso dell'interrogatorio del settembre 2015, il collaboratore indicava nel (OMISSIS), conosciuto in carcere, un referente, per la locale di (OMISSIS), della consorteria mafiosa dei (OMISSIS) (cui apparteneva il (OMISSIS)) con cui aveva raggiunto un tipico accordo di matrice mafiosa, consistente nell'impegno, tornati in liberta', di allearsi in danno delle cosche a loro ostili (avevamo fatto l'alleanza... ci ha cercato l'alleanza.. ci uniamo tutti e due e spariamo sia a destra che a sinistra), ovvero i (OMISSIS) e i (OMISSIS)" (pag. 402). A fronte di tali elementi, il motivo di ricorso contrappone un'alternativa di merito - ossia che la partecipazione sarebbe cessata "sicuramente negli anni precedenti al 2010" e financo al 2008 che non solo non e' asseverata dalla sentenza impugnata, ma nemmeno supportata dall'indicazione dei relativi elementi fattuali di specifico sostegno. (OMISSIS) e (OMISSIS): I ricorsi sono inammissibili. 1. Il primo motivo di ricorso in ordine alla sussistenza del delitto estorsivo di cui al capo 38) e' manifestamente infondato. Invero, le deduzioni difensive sono volte a prefigurare un'alternativa di merito - secondo cui l'aggressione operata dai ricorrenti ai danni dello (OMISSIS) sarebbe riconducibile ad una controversia di carattere privatistico in ordine alla raccolta della legna da un albero caduto a causa delle intemperie - volta a sollecitare una rilettura delle fonti probatorie estranea al sindacato di legittimita' e riproduttiva di profili di censura gia' adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito. L'esclusione di qualunque valenza "privatistica" della vicenda si fonda, invece, su una coerente lettura del compendio intercettivo, puntualmente passato in rassegna dalla sentenza impugnata non solo sulla scorta del chiaro significato dei dialoghi, ma letto alla luce del quadro di insieme che caratterizza il narrato (a cui hanno contribuito pure le propalazioni collaborative di un coimputato), connotato dall'esistenza di specifiche dinamiche estorsive in merito alla raccolta della legna e alla delimitazione delle rispettive aree di "intervento" in capo a chi era stato dalle cosche specificamente autorizzato all'esercizio di tale attivita'. Ed e' proprio tale contesto che consente di attribuire un significato logico all'aggressione ordita dagli imputati ai danni del dipendente della ditta "rea", a torto o a ragione, di avere sconfinato dai limiti territoriali imposti dal pagamento alla cosca di riferimento. Da un lato i ricorrenti, i quali, adducendo il pretesto che la ditta del (OMISSIS), tramite lo (OMISSIS), avesse sconfinato dagli ambiti territoriali che la cosca gli aveva consentito, intendevano prendersi gli alberi caduti e, dall'altro, lo (OMISSIS) il quale, invece, riteneva di essersi legittimamente mosso nell'ambito "consentito" e per cui la ditta onorava la tangente estorsiva. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo - ed infatti sul punto nulla argomenta il ricorso - per cui una vicenda destinata a restare nell'ambito di un mero conflitto tra privati (in fondo si sarebbe trattato della mera raccolta di legna da un unico albero caduto per intemperie) assuma, invece, rilievo quale questione "della cosca di (OMISSIS)", e cio' consegua proprio all'iniziativa dello (OMISSIS), il quale nell'immediatezza dell'accaduto, ritenendo di avere correttamente operato in una zona di "spettanza", rivolge le sue rimostranze verso chi di tale consesso fa parte (il (OMISSIS)) ed e' al corrente della sottoposizione della ditta del (OMISSIS) ad estorsione. E parimenti non si spiegherebbe la ragione per cui il (OMISSIS), presente lo (OMISSIS), ritenendo corretto l'agire di quest'ultimo e pretestuose le richieste dei ricorrenti, ne renda immediatamente partecipi i fratelli (OMISSIS), appartenenti alla cosca, arrivando persino a temere, in ragione di tali avventate iniziative (il riferimento e' all'operato dei "giovani" ricorrenti) volte a sottoporre ad ulteriore estorsione soggetti che gia' pagano alla cosca il pizzo, ripercussioni sia di carattere interno che esterno. Al riguardo, si evidenzia, infatti, come l'avventata azione dei ricorrenti avrebbe potuto scatenare la reazione di (OMISSIS), il quale, avendo imposto la tangente alla ditta ed avendo assicurato con la sua parola il rispetto del lavoro accordato, avrebbe certamente compiuto gravi ritorsioni. Inoltre, si e' altresi' osservato come la vicenda avrebbe potuto incidere sull'autorevolezza esteriore del consesso mafioso additato di non far rispettare gli accordi intrapresi, portando ad esasperazione la vittima gia' soggetta ad estorsione, evocandosi, al proposito, anche un precedente che aveva portato l'estorto ( (OMISSIS), considerato, al pari del (OMISSIS), un forestiero in quanto proveniente da Giffoni) a denunciare l'accaduto all'autorita' giudiziaria. Significativo, infine, e' che uno dei ricorrenti ( (OMISSIS)) si sia poi portato dal (OMISSIS) per rassicurarlo, rappresentandogli che la questione era stata chiarita, essendo stato intimato al (OMISSIS) di non far rimuovere la legna da terra, in quanto, a suo dire, aveva - tramite l'attivita' dello (OMISSIS) sconfinato in una zona diversa da quella concordata con la locale; ed altrettanto significativo e' che il (OMISSIS) lo abbia messo al corrente delle rimostranze dello (OMISSIS) e dell'opera che egli stesso aveva intrapreso per dissuaderlo dal coinvolgere il (OMISSIS), vero dominus dell'estorsione ai danni del (OMISSIS), il quale aveva assicurato con la sua parola il rispetto del lavoro accordato. Ma se questa e' la vicenda che emerge dalle intercettazioni ed il contesto in cui si muove la condotta degli imputati - in relazione alla quale assume valenza dimostrativa del contesto impositivo sopra menzionato anche l'ulteriore significativa vicenda di cui al capo 61) che vede coinvolti da un lato i fratelli (OMISSIS) ed il Tigano e dall'altro l'imprenditore (OMISSIS) - privi di rilievo sono i riferimenti all'esistenza di prassi o di regole dettate da successivi regolamenti comunali, cosi' come nessuna illogicita' sconta la sentenza impugnata per non aver ritenuto credibili le versioni difensive rese al difensore dallo (OMISSIS) e dal (OMISSIS), in ordine al contenuto delle quali la Corte di merito risulta avere messo in evidenza lacune, contraddizioni ed anche profili di inverosimiglianza, tanto che dei relativi verbali si e' disposta la trasmissione all'autorita' giudiziaria perche' si proceda per il reato di cui all'articolo 391-ter c.p.. Infine, manifestamente infondata si rivela anche la dedotta violazione di legge in ordine alla valutazione probatoria del compendio intercettivo, considerato che la sentenza impugnata risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte a mente del quale le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (S.U. n. 22471 del 2015, Rv. 263714). Nel caso di specie, a differenza di quanto prospettato, va evidenziato come dalla successione temporale dei dialoghi riportati in sentenza risulti che anche il ricorrente vi ha preso parte (vedi pag. 208) ed anzi e' proprio la conversazione finale intervenuta tra questi ed il (OMISSIS) che avvalora la ricostruzione accusatoria delle precedenti conversazioni intervenute tra lo (OMISSIS), il (OMISSIS) ed i fratelli (OMISSIS). Inoltre, al di la' del chiaro contenuto delle conversazioni e del fatto che non vi sia alcun dubbio che gli interlocutori si riferiscano all'imputato, cio' che rileva ai fini dell'univocita' del dato probatorio e' che le conversazioni intervengano proprio a ridosso del fatto, senza soluzione di continuita', e riguardino soggetti che allo stesso vi hanno preso parte (lo (OMISSIS) e, da ultimo, il ricorrente), ovvero, pur non essendovi direttamente coinvolti, riferiscono di circostanze anche a carattere auto-indiziante su fatti che risultano giudizialmente accertati nel presente giudizio. 2. Il secondo motivo, con cui si prospetta l'ipotesi tentata e non consumata dell'estorsione, e' manifestamente infondato. Invero, la censura difensiva muove da un'alternativa di fatto - ossia che la contesa riguardasse il "prelievo" di un unico albero abbattuto da eventi atmosferici - che risulta essere stata motivatamente esclusa dalle sentenze di merito. Correttamente, pertanto, e' stata ricavata la consumazione dal contenuto dell'intercettazione ambientale che vede il ricorrente protagonista e che da' esplicitamente atto di come, a seguito dell'aggressione subita dallo (OMISSIS), il messaggio intimidatorio di non rimuovere il legname tagliato nella zona di "non spettanza" fosse chiaramente arrivato al destinatario (la ditta del (OMISSIS)), tanto che la questione era stata "risolta", avendo questi assunto la relativa obbligazione. 3. Il terzo motivo con cui si lamenta la mancata qualificazione giuridica del fatto quale esercizio arbitrario delle proprie ragioni e' manifestamente infondato in ragione delle argomentazioni con cui la sentenza impugnata ha escluso che potesse ricondursi ad una controversia in materia di rispetto di usi civici la causale della successiva aggressione perpetrata dai ricorrenti ai danni dello (OMISSIS). 4. Anche il quarto motivo di ricorso in ordine all'aggravante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e' manifestamente infondato. Invero, la circostanza che l'estorsione non sia diretta conseguenza dell'imposizione a cui la ditta gia' sottostava, o strumentale all'attuazione della stessa pretesa, non priva la condotta di connotazioni "mafiose": la sentenza impugnata ha, infatti, precisato come l'azione aggressiva venne compiuta davanti l'abitazione di un appartenente della cosca che aveva imposto l'estorsione e con caratteri di esemplarita' e, inoltre, come la condotta si innestasse - e di cio' erano consapevoli i ricorrenti - su un'estorsione imposta dalla locale cosca, a cui la ditta pagava la tangente. Pertanto, la Corte di merito ha evocato precise circostanze di fatto che danno conto di come la vittima ebbe chiaramente a percepire che la minaccia non proveniva da comuni criminali, ma da soggetti quanto meno contigui per mentalita' e prossimi per parentela ai maggiorenti di âEuroËœndrangheta con i quali aveva preso precisi accordi per la realizzazione dell'appalto, per come avvalorato dalle successive "interlocuzioni" che con tali ambienti criminali ebbero tanto la vittima che gli autori. Al riguardo, va infatti ribadito il principio di diritto enunciato da questa Corte, secondo cui ai fini della configurabilita' dell'aggravante dell'utilizzazione del "metodo mafioso" non e' necessario che sia stata dimostrata o contestata l'esistenza di un'associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente ed alla sensibilita' del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, Rv. 263525; Sez. 2, n. 38094 del 05/06/2013, Rv. 257065). 5. Il quinto motivo di ricorso con cui si lamenta la mancata esclusione dell'aggravante delle persone riunite e' manifestamente infondato. Invero, la doglianza muove da una lettura parcellizzata dello sviluppo della vicenda estorsiva, al fine di escludere (legittimamente in un'ottica difensiva) la valenza concorsuale attribuita alla presenza del ricorrente all'azione aggressiva ai danni dello (OMISSIS) compiuta dal (OMISSIS), che avrebbe cercato di trattenere dal portare a compimento l'aggressione Invece, il giudice del merito ha, al proposito, evidenziato come tale azione sia ascrivibile ad entrambi i ricorrenti, sia perche' avevano seguito con la loro auto lo (OMISSIS), intimandogli poi di fermarsi, sia perche' era stato (OMISSIS) a sostenere, verso la cosca che aveva imposto l'estorsione, la "bonta'" delle ragioni del loro operato, ai danni di quelle sostenute dallo (OMISSIS), nonche' a risolvere la questione con il titolare della ditta, affinche' venisse conseguito l'ingiusto profitto avuto di mira. Pertanto, correttamente le sentenze di merito hanno attribuito alla presenza congiunta di entrambi gli imputati una maggiore valenza intimidatoria dell'azione aggressiva compiuta da (OMISSIS), per come riscontrato dal chiaro comportamento dello (OMISSIS), il quale intimidito si porto' immediatamente dal (OMISSIS). Nel reato di estorsione, la circostanza aggravante speciale delle piu' persone riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia e non che la minaccia sia resa con il contributo materiale di entrambe potendo essere posta in essere anche soltanto da taluno dei concorrenti (Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012, Rv. 252518). Cio' che conta e' che sia riscontrata la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e nel momento della realizzazione della violenza o della minaccia, in quanto solo in tal modo si verificano, in conformita' alla "ratio" della norma, quegli effetti fisici e psichici di maggior pressione sulla vittima che ne riducono la forza di reazione e giustificano l'applicazione dell'aumento della pena. Infine, va esclusa qualsiasi paventata violazione dell'articolo 522 c.p.p., in quanto ai fini della contestazione della circostanza aggravante delle piu' persone riunite non e' indispensabile una formula specifica espressa con una particolare enunciazione letterale, ne' l'indicazione della disposizione di legge che la prevede, essendo sufficiente che, conformemente al principio di correlazione tra accusa e decisione, l'imputato sia posto nelle condizioni di espletare pienamente la difesa sugli elementi di fatto che lo integrano. Nel caso in esame, nel capo di imputazione risulta descritto l'intero accadimento che vede come responsabili entrambi gli imputati concorrenti e presenti al fatto enunciato; inoltre, alla luce anche del rito seguito, lo sviluppo dei fatti da cui origina la circostanza era ben noto agli imputati, con esclusione pertanto di una lesione del diritto di difesa. Di conseguenza l'aver ritenuto (vedi pag. 262) ed applicato il relativo aumento di pena si sottrae al vizio di legittimita' denunziato. 6. Il sesto motivo, in ordine all'affermata responsabilita' del (OMISSIS) per il delitto di furto di cui al capo 40) della rubrica, e' manifestamente infondato. Invero, la censura - che finisce per riprodurre il relativo motivo di appello - attiene all'interpretazione del contenuto delle conversazioni ambientali, non deducibile in questa sede, costituendo questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. (Sez. 2, n. 35181 del 22/5/2013, rv. 257784; Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, Rv. 268389). Nel caso in esame, la sentenza impugnata si sottrae al vizio di legittimita' denunciato, in quanto ha dato conto, per come evidenziato nel paragrafo relativo alla sussistenza del capo 38), degli elementi in forza dei quali le captazioni assumono valenza direttamente indiziante nei confronti del ricorrente in ordine al furto di legname contestato, evidenziando come dalle stesse parole dello (OMISSIS) - il quale, come la sentenza rammenta, e' il cognato del (OMISSIS) da cui aveva appreso i fatti, nonche' soggetto ben inserito nell'ambito delle attivita' dell'impresa presso cui lavorava, tanto da essere al corrente che la stessa era sottoposta ad estorsione dalle cosche locali emergesse come il titolare della ditta (il (OMISSIS)), lungi dall'aver consentito tale abusivo accaparramento di legname, in realta' avesse finito per coprire gli imputati al fine di tenersi buone le varie famiglie mafiose che insistevano sul territorio. Nessuna attribuzione di responsabilita' pertanto de relato, ma in virtu' di precisi elementi dichiarativi acquisiti dal compendio intercettivo, pienamente utilizzabili a carico del ricorrente, in quanto provenienti da soggetti che, per le loro qualita' e in ragione del diretto coinvolgimento nelle attivita' della p.o. (lo (OMISSIS) anzitutto), sono risultati affidabili, per come anche riscontrato dagli accertamenti di PG che danno conto dell'esistenza "storica" della vicenda narrata. Ne' l'esistenza di un eventuale rapporto di lavoro che legasse all'epoca effettivamente i ricorrenti all'asserita p.o. "committente" escluderebbe il furto: posto che il (OMISSIS) ha escluso di avere consentito tale accaparramento, sarebbe comunque integrata l'ipotesi del furto aggravato dall'abuso di relazione qualificata. Infine, va dato atto che il delitto di furto aggravato (da una sola circostanza) non risulta estinto per prescrizione, tenuto conto,: ai fini della sospensione del relativo termine, vanno computati i 929 giorni di sospensione dei termini di custodia cautelare che rilevano a detto fine (Sez. 5, n. 14863 del 2020, dep. 2021, Rv. 281138). 7-8. Entrambi i motivi dedotti in ordine al trattamento sanzionatorio sono manifestamente infondati. Tanto la dosimetria della pena che il diniego delle attenuanti generiche rinvengono congrua motivazione, essendosi evidenziati plurimi indici di disvalore attinenti alla gravita' dei reati commessi e alla capacita' a delinquere, in applicazione, peraltro, del principio espresso da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269). Peraltro, la pena base e' stata sostanzialmente commisurata in misure pressoche' prossima al minimo edittale (anni sette di reclusione a fronte di un minimo all'epoca del fatto di anni sei), come gli stessi aumenti per l'aggravante speciale e la continuazione per il (OMISSIS). (OMISSIS): Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso in tema di partecipazione alla locale di cui al capo 1) della rubrica e' manifestamente infondato. Invero, il dato di fatto che ha consentito alla Corte di merito di affermare la continuita' partecipativa al sodalizio del ricorrente - presente nel 1994, anche nella veste di capo societa', al battesimo del propalante (OMISSIS) e promotore dell'affiliazione di (OMISSIS) - e' costituito dalla partecipazione, successivamente all'aprile 2004 (data di esecuzione delle misure cautelari di natura coercitiva nell'ambito dell'operazione cd. "(OMISSIS)"), al "consiglio degli anziani" che da quel momento in avanti si sarebbe occupato della gestione delle estorsioni consumate dall'omonima cosca di âEuroËœndrangheta. Si tratta di una circostanza di rilievo in quanto consente di attualizzare la condotta partecipativa del ricorrente nell'omonimo consesso, della cui esistenza vi e' accertamento passato in giudicato (sentenza del Tribunale di Palmi del 12/10/2001 non avente effetto di giudicato nei confronti del ricorrente in quanto all'epoca non indagato ne' imputato, dovendosi il suo coinvolgimento alle successive propalazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS)) e di attribuirgli quel connotato di stabilita' e necessaria strumentalita' al perseguimento dei comuni fini criminosi. Ebbene, sul punto la censura e' incentrata sul rilievo che il collaboratore, nel fare riferimento a coloro che avrebbero partecipato a tale summit - di spiccata valenza dimostrativa sia per l'autorevolezza dei personaggi che vi prendono parte sia per l'importanza delle questioni trattate, tanto che di tale rilievo non ci si duole - avrebbe indicato tale (OMISSIS), anziche' (OMISSIS). Tale rilievo, tuttavia, risulta privo del carattere di decisivita', in quanto dalla lettura della sentenza impugnata, la quale riporta testualmente il propalato del collaboratore, risulta che a tale riferimento nominativo venne accostato anche l'ulteriore elemento, di certa riferibilita' all'imputato, costituito dalla circostanza dell'uccisione del padre (OMISSIS), oltre chiare indicazioni relative tanto al luogo di dimora, alla professione di autotrasportatore svolta e all'arresto subito dal figlio. La convergenza poi, tratta dalle stesse conversazioni del (OMISSIS), dell'indicazione del ricorrente come colui che aveva introdotto nella locale di (OMISSIS) (OMISSIS) (garantendo per la "solidita'" di vocazione del nuovo affiliato), costituisce un ulteriore dato di conferma all'individuazione fotografica operata dal collaboratore di giustizia, oltreche' un valido elemento di riscontro alla chiamata. Cio' posto, nessuna illogicita' e violazione di legge sconta la sentenza impugnata con riguardo alla ritenuta persistenza ed apprezzabilita' della partecipazione del ricorrente anche in un arco temporale successivo alle originarie condotte poste in essere in epoca antecedente (sino al 2014), in quanto, sulla scorta anche del dichiarato (intercettato) del (OMISSIS) e dell'assenza di fatti recessivi, si e' cosi' attribuito al ricorrente un ruolo quanto mai attivo nel preservare al gruppo " (OMISSIS)" i proventi delle estorsioni in corso sotto l'egida del mandato morale, in passato assunto dalla cosca nei confronti dei figli del capo (OMISSIS) assassinato il 17/11/1987 a (OMISSIS). Il ricorrente, pertanto, e' additato di avere assunto una posizione di rilievo in quel consesso, tanto da essere stato investito del ruolo di capo societa' (carica quest'ultima che girava solo tra gli anziani del gruppo, in ragione della loro affidabilita'), manifestando una volonta' preservatrice dei diritti di "prelazione" nel campo delle estorsioni del gruppo (OMISSIS) all'interno della locale di âEuroËœndrangheta di riferimento, imponendo agli altri sodali questa sua posizione in accordo al capo locale (OMISSIS). Di conseguenza, non affatto illogico da parte della Corte di merito aver letto tale rilevante dato probatorio in un'ottica di continuita' con quel ruolo di primo piano che lo stesso ricorrente e' indicato di avere rivestito in passato sempre nell'ambito della consorteria di stampo âEuroËœndranghetista. Del resto, la partecipazione ad un summit cosi' rilevante in tanto si spiega in quanto si e' investiti di un ruolo decisionale e qualificato all'interno della âEuroËœndrina di riferimento e, pertanto, tale intervento si pone in perfetta coerenza con l'attributo passato. Il giudice del merito, pertanto, proprio mediante il riferimento a tale successivo "consesso", ha dato motivatamente conto di condotte diverse da quelle risalenti nel tempo, cosi' superando le "obiezioni" a cui si era esposta l'ordinanza cautelare in sede di riesame, per quanto affermato dalla sentenza della 5'' sezione penale di questa Corte richiamata nel ricorso (vedi pag. 2, primo capoverso). Con la conseguenza che altrettanto non prive di rilievo indiziario e di riscontro risultano le frequentazioni indicate in sentenza e registrate dal 2009 al 2014, con soggetti coimputati e indicati come appartenenti alla locale di (OMISSIS), anche con ruoli di primo piano (vengono segnalate, in particolare, quelle con il capo locale (OMISSIS), nonche' con gli attuali imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), oltre che con altri soggetti pregiudicati quali (OMISSIS) e (OMISSIS)). Il rilievo che tali incontri sarebbero stati sporadici, tenuto conto dell'ampio arco temporale in cui sono stati registrati, e' logicamente disatteso dalla Corte di merito evidenziando come, soprattutto prima delle dichiarazioni dello (OMISSIS) (2013), l'imputato non fosse oggetto di specifica attenzione investigativa, stante anche l'assenza di coinvolgimento nel procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale di Palmi che, nel 2001, aveva asseverato l'esistenza in (OMISSIS) della locale di âEuroËœndrangheta. A conferma di cio' si richiama la stessa informativa dei Carabinieri di Taurianova che e' datata 2015. In conclusione, le sentenze di merito non hanno dunque asseverato la condotta di partecipazione del ricorrente sulla scorta di un fatto accaduto nel 1994 (allorche' presenzio' al battesimo dello (OMISSIS)) e da isolate frequentazioni, ma hanno declinato ulteriori elementi fattuali, ricavati dalla piena convergenza del dichiarato dello (OMISSIS) e del captato del (OMISSIS), dimostrativi dell'assunzione di un ruolo di primo piano (capo societa') che gli consentiva di essere considerato uno degli anziani, e dunque in quanto tale legittimato ad interloquire con la Provincia, e, ancor piu', ad imporre, all'interno della locale, la linea da seguire in ordine alla spartizione dei proventi delle estorsioni, che come noto rappresentano uno dei settori "elettivi" di intervento della cosca sul territorio. E la carica di capo societa', che gli era stata riconosciuta in un determinato momento, consegue non solo ad un mero dato formale, bensi' costituisce logicamente un indicatore concreto dell'impegno prestato dal ricorrente per la realizzazione del pactum sceleris. 2. Il secondo motivo di ricorso, in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis c.p., comma 4 e' manifestamente infondato. La sentenza impugnata, infatti, lungi dall'operare un rigido automatismo tra la partecipazione alla âEuroËœndrangheta e la sussistenza della circostanza aggravante, ha anzitutto indicato una serie di elementi logicamente dimostrativi che il ricorrente avesse contezza dell'uso di armi ad opera della locale, precisando come i (OMISSIS) "mantenessero la signoria sulle estorsioni anche a suon di danneggiamenti e di imposizioni con la forza del loro potere, che a queste latitudini si mantiene con la notoria disponibilita' di armi in capo ai sodali, come i sequestri a (OMISSIS) hanno ampiamente dimostrato". Inoltre, ha valorizzato, in punto di corretta esclusione dell'ignoranza incolpevole, la continua notorieta' della presenza di armi nell'ambito della cosca di (OMISSIS), in ragione dei conflitti armati ivi insistenti che hanno caratterizzato nel tempo anche l'evoluzione dei rapporti tra le differenti âEuroËœndrine ed i contrasti tra le stesse sorti, quali fatti che certamente non potevano essere ignorati senza colpa da coloro che di tali consessi vi hanno fatto parte e vi hanno svolto ruoli comunque significativi come lo stesso ricorrente per un tempo apprezzabile. (OMISSIS). Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso, in ordine all'affermazione di responsabilita' per il reato associativo e l'estorsione c.d della legna, e' inammissibile. Invero, in tema di vizio di motivazione questa Corte ha affermato che la sentenza di merito non e' tenuta a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo e' stato tenuto presente, si' da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 26600 del 13/05/2011, Rv. 250900, Sez. 2, n. 47115/2017 non mass. pag. 4; Sez. 7, n. 43185/2021; Sez. 4, n. 37104/2021). Tanto premesso, la sentenza impugnata ha delineato il percorso logico seguito dal giudice per affermare la responsabilita' dell'imputato, indicando le molteplici fonti di prova dalle quali ha tratto gli elementi fondamentali per ritenere integrati i reati ascrittigli (vedi pag. 217 ss., con riferimento al delitto associativo), tra cui rilevano non solo le propalazioni del collaboratore di giustizia, ma anche gli accertamenti di PG di volta in volta evidenziati a conferma del narrato, le intercettazioni ambientali che contengono diretti riferimenti al ricorrente ed al ruolo di primo piano dallo stesso svolto nell'omonima locale e, quanto al reato associativo, anche la chiara riconducibilita' del delitto fine ascritto al contesto di stampo mafioso; il ricorrente, pertanto, era tenuto anzitutto a confrontarsi con detti elementi al fine di svilirne la pregnanza contenutistica. Inoltre, la Corte di merito risulta avere dato conto delle diverse questioni poste con l'atto di appello (specificamente e graficamente richiamate con riferimento alla posizione del ricorrente) e fornito diffusa ed adeguata motivazione in punto di credibilita' intrinseca ed estrinseca del collaboratore di giustizia (vedi pagine 228-244). Pertanto, anche sotto tale profilo il motivo di ricorso risulta inammissibile poiche' riproduce genericamente i motivi di appello senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni resa al riguardo dalla Corte territoriale. Ad analoga conclusione deve giungersi anche con riferimento ai profili di censura rivolti all'affermazione di responsabilita' in ordine all'estorsione ai danni dell'imprenditore (OMISSIS) per il taglio della legna nei boschi. Sul punto possono richiamarsi le argomentazioni spese a proposito delle posizioni dei cugini (OMISSIS) (vedi sub 1 dei rispettivi motivi di ricorso) da cui risulta come l'azione di quest'ultimi ai danni del (OMISSIS) - che da' origine al reato estorsivo di cui al capo 38) della rubrica - in realta', lungi dall'escludere la sussistenza del pactum estorsivo stipulato a monte dall'imprenditore con i maggiorenti della cosca locale ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), pur assumendo natura pretestuosa, proprio a tale antefatto illecito faccia riferimento, cosi' avvalorandone sul piano probatorio la stessa sussistenza. 2. Il secondo motivo di ricorso in tema di recidiva e' manifestamente infondato. Il riconoscimento della recidiva rinviene congrua motivazione, in quanto il richiamo dei precedenti penali, di particolare gravita', in tutt'uno con l'applicazione di misura di prevenzione della sorveglianza speciale che connota la pericolosita' sociale del ricorrente, si lega ad una valutazione che tiene ben conto dell'incidenza di detti fattori in ordine all'aver intrapreso un percorso delinquenziale definito "mai sopito" e culminato con i fatti oggetto del presente giudizio. In tale contesto, contrariamente a quanto dedotto, la Corte di merito non ha affatto preso in considerazione i fatti associativi da cui il ricorrente era stato assolto (ben definiti nel loro perimetro temporale dalla sentenza impugnata che ne ha tenuto conto ai fini della "decorrenza" del reato di cui al capo 1), ma, anzi, ha espressamente precisato come l'adesione al codice mafioso prenda avvio proprio "a far data dal 24 settembre 2005 (limite temporale imposto dalla sentenza del processo c.d. (OMISSIS) in cui il ricorrente restava assolto)", apprezzando poi "il ruolo di tale delicatezza e potere" che gli e' stato attribuito nel presente giudizio, "che trova le sue radici nelle iniziali attivita' delinquenziali di ordine piu' sparso, ancorche' significativamente aggressive ai danni del patrimonio e della persona, nonche' sintomatiche di un peculiare approccio con il territorio". La motivazione resa si sottrae dunque ai vizi di legittimita' denunziati. 3. Anche il terzo motivo di ricorso, in ordine alla sussistenza dell'aggravante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p., ritenuto in sentenza in relazione all'estorsione di cui al capo 39) della rubrica, e' manifestamente infondato con riguardo ad entrambe le declinazioni contestate (metodo ed agevolazione). Al riguardo, la Corte di merito ha evidenziato, in punto di fatto, come il "benestare" all'accettazione del contratto per il taglio del leccio rilasciato dai due maggiorenti mafiosi (il ricorrente ed il (OMISSIS)), nell'ambito del piu' antico copione delle estorsioni della "montagna", come dimostrano i precedenti in materia (si richiamano le sentenze riversate in atti relative ai procedimenti cd. "mafie dei boschi" etc.), integri l'ipotesi classica di estorsione. Il rituale per lo "straniero" (il (OMISSIS) e' della vicina Giffoni, ma considerato "straniero" in ragione della rigida divisione criminale del territorio con cui opera la âEuroËœndrangheta), che si vede costretto a "pagare" il benestare e la guardiania ai locali âEuroËœndranghetisti solo per potere lavorare senza grandi aggressioni ai suoi beni ed al prodotto del suo lavoro, rinviene conferma proprio in questo tipo di estorsione. Si tratta del piu' rigoroso e fedele repertorio delle estorsioni di mafia, che qui trova massima realizzazione, integrando l'aggravante sotto il profilo del metodo, vieppiu' che a garanzia del patto estorsivo si collocano i due vertici delle famiglie mafiose del luogo - (OMISSIS), gia' condannato per associazione di stampo mafioso in veste di comando, e (OMISSIS) - che si spartiscono i proventi estorsivi in forza di un rinnovato patto collaborativo, gia' messo in crisi negli anni (con prevalenza della famiglia (OMISSIS) sul giogo estorsivo) dall'accidentale (mediante rissa) omicidio di alcuni dei giovani rampolli seguaci delle due famiglie, che aveva creato in passato non poche fratture tra i sodali. Pertanto, l'agevolazione mafiosa non va letta soltanto come contributo economico ai due "maggiorenti", ma come simbolo di una ricostruzione della unitarieta' mafiosa che certamente ha capacita' rafforzative e rigenerative per la âEuroËœndrangheta del luogo oltre che agevolarne le casse" (vedi pagg. 245-246). Si tratta, dunque, per quanto tratteggiato dalla sentenza impugnata, di un'estorsione di mafia in cui il pagamento del prezzo costituisce il pizzo dovuto dall'imprenditore "straniero" per poter lavorare sui territori di diretto insediamento della cosca senza incorrere in ritorsioni o danneggiamenti dei suoi beni di impresa, la cui corresponsione e' funzionale tanto alla riaffermazione del potere mafioso su quel territorio, quanto al rafforzamento della stessa cosca sul piano economico. Corretta risulta pertanto la motivazione adottata nell'aver ritenuto sussistente l'aggravante speciale con riferimento non solo alla finalita' di agevolazione mafiosa, ma anche del metodo. A questo riguardo, va, infatti, ribadito l'orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di estorsione cd. "ambientale", integra la circostanza aggravante del metodo mafioso la condotta di chi, pur senza fare uso di una esplicita minaccia, pretenda dalla persona offesa il pagamento di somme di denaro per assicurarle protezione, in un territorio notoriamente soggetto all'influsso di consorterie mafiose, senza che sia necessario che la vittima conosca l'estorsore e la sua appartenenza ad un clan determinato (Sez. 2, n. 21707 del 17/04/2019, Rv. 276115; Sez. 2, n. 22976 del 13/04/2017, Rv. 270175). 4. Il motivo con cui si deduce il vizio di omessa motivazione con riferimento agli aumenti operati per la continuazione e' manifestamente infondato. Invero, nella sentenza impugnata si rinviene diffusa motivazione in ordine alla misura degli aumenti operati per la continuazione, avendo la Corte di merito fatto precedere al relativo calcolo l'indicazione di precisi elementi di disvalore dei fatti giudicati, nonche' evidenziato anche spiccati elementi di capacita' a delinquere attinenti alla posizione del ricorrente, da intendersi riferibili anche alla misura dell'unico aumento ex articolo 81 cpv. c.p. apportato, conseguenziale al calcolo della pena base stabilita. 5-6-7-8-9-10. Le doglianze sollevate dal quinto al decimo motivo di ricorso sono inammissibili poiche' non vi sono specifici riferimenti alla posizione del ricorrente ovvero perche' si riferiscono a fattispecie di reato non oggetto di contestazione (verosimilmente le censure sono da ricondursi ad errore materiale nella collazione dell'atto essendo piu' volte richiamata la posizione di altro coimputato non ricorrente, cosi' quelle relative alla partecipazione al sodalizio mafioso, ai delitti fine di intestazione fittizia ed al ruolo qualificato allo stesso attribuito) ovvero ancora perche' del tutto generiche ed omettono di confrontarsi con le motivazioni al riguardo addotte dalla sentenza impugnata: cosi', in tema di riconoscimento della natura armata dell'associazione e dell'attribuzione della relativa aggravante al ricorrente, la censura e' generica omettendo il ricorrente di confrontarsi con le specifiche parti motivazionali dedicate dalla sentenza impugnata tanto alle ragioni che hanno portato a riconoscere detta aggravante a tutte le âEuroËœndrine od omonime cosche facenti parte della locale (pag. 26 e ss.) quanto ad ascriverla soggettivamente all'imputato (vedi pag. 247); cosi' il diniego delle attenuanti generiche e la determinazione della pena non si fonda sul generico riferimento alla gravita' del reato, ma rinviene specifica motivazione, avendo la sentenza impugnata richiamato precisi indici di disvalore relativi alla personalita' del reo (del quale si ricostruisce nella parte iniziale della relativa posizione la biografia criminale, riprendendola in tema di recidiva), all'intensita' del dolo ed alla la pericolosita' dei reati (vedi pag. 247). (OMISSIS): Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo in ordine al delitto di furto di cui al capo 40) della rubrica e' manifestamente infondato per le considerazioni gia' espresse a proposito della posizione del coimputato (OMISSIS), al cui esame puo' integralmente rinviarsi. 2-3. Entrambi i motivi dedotti in ordine al trattamento sanzionatorio sono manifestamente infondati. Tanto la dosimetria della pena che il diniego delle attenuanti generiche rinvengono congrua motivazione, essendosi evidenziati plurimi indici di disvalore attinenti alla gravita' dei reati commessi e alla capacita' a delinquere, in applicazione, peraltro, del principio espresso da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Rv. 248244; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269). Nel caso in esame, si e' evidenziato come il furto, ben lungi dall'essere un episodio del tutto isolato e privo di apprezzabile disvalore, in realta' si inserisca in un "disegno di tracotanza dei "locali" rispetto agli "stranieri" (la ditta del (OMISSIS) era di Giffoni), "laddove i primi si sentono in diritto "di prendersi" la legna della ditta (OMISSIS), proprio perche' l'appalto viene a realizzarsi nella loro zona, con una concetto deviato di appartenenza foriero di maggiori e piu' preoccupanti equilibri delinquenziali sui quali gli atteggiamenti e le azioni di adesione al codice mafioso in quel territorio si innestano. Pertanto, la lettura in termini di spiccata gravita' del reato operata dalla Corte territoriale non sconta alcun vizio di motivazione, in quanto anche l'azione furtiva commessa dal ricorrente in concorso con gli altri imputati risponde alla deprecabile logica di evidente approfittamento di quegli imprenditori che per lavorare in quel territorio sono costretti a pagare la tangente estorsiva ovvero a subire supinamente atti delinquenziali di depredazione del loro "patrimonio". Inoltre, la sentenza impugnata ha poi indicato, quale ulteriore elemento di disvalore attinente alla capacita' a delinquere, lo status di pregiudicato del ricorrente in conseguenza delle condanne annoverate. Ne' il fatto che la Corte di merito abbia ritenuto tali elementi idonei ad assumere valenza ostativa tanto ai fini della determinazione della pena quanto ai fini del diniego delle attenuanti generiche concreta alcuna violazione di legge, avendo questa Corte di legittimita' precisato che, ai fini della determinazione della pena, il giudice puo' tenere conto piu' volte del medesimo dato di fatto sotto differenti profili e per distinti fini senza che cio' comporti lesione del principio del "ne bis in idem", in quanto legittimamente lo stesso elemento puo' essere rivalutato in vista di una diversa finalita'. (Nella specie la Corte ha ritenuto immune da vizi la motivazione della Corte d'appello che ha fatto riferimento ai medesimi elementi indicativi della gravita' del fatto per determinare la pena in misura superiore al minimo e per negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche). (Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275904; Sez. 2, n. 933 dell'11/10/2013, dep. 2014, Rv. 258011). Pizzinqa (OMISSIS); Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo in ordine alla violazione della legge armi (capo 30 della rubrica) e' manifestamente infondato. Cio' premesso, l'error che, ad avviso del ricorrente, avrebbe portato ad un risultato di prova del tutto diverso da quello corrispondente al significato del compendio intercettivo e' costituito da un passaggio della conversazione ambientale intervenuta tra il (OMISSIS) ed il ricorrente in cui il primo, facendo riferimento al fatto che "stasera arrivano", avrebbe rassicurato l'imputato (che si poneva come acquirente) dell'effettiva disponibilita' delle armi oggetto di trattativa e, dunque, della serieta' dell'offerta. Invece, si sostiene che il riferimento all'intera frase "ora penso che stasera arrivano di nuovo", avrebbe dovuto condurre i giudici di merito alla differente conclusione che il (OMISSIS) si fosse espresso in termini dubitativi posto che, al momento, non aveva alcuna disponibilita' nemmeno mediata delle armi. Cio' premesso, la lettura della sentenza impugnata - la quale anche mediante il riferimento grafico a quella di primo grado ha riportato l'intero compendio delle conversazioni intercettate tra il ricorrente ed il (OMISSIS) consente di escludere il dedotto travisamento della prova. Infatti, va anzitutto precisato che l'esatta frase ricavata dalle intercettazioni e' la seguente: " (OMISSIS): ora penso che stasera.. stasera arrivano di nuovo.." (vedi pag. 708). Non vi e', dunque, nella frase, quell'assenza di soluzione di continuita' ("ora penso che stasera arrivano di nuovo") su cui si fonda la prospettata doglianza. Tanto basterebbe ad escludere il travisamento, in quanto l'iniziale parte ipotetica ("ora penso che stasera") e' poi seguita da un'affermativa ("stasera arrivano di nuovo"). Si rientra, pertanto, nell'ambito dell'interpretazione del contenuto dell'intercettazione e, sul punto, quanto ritenuto in sentenza, ossia che il (OMISSIS), quale intermediario, avesse la disponibilita' delle armi che andava offrendo in vendita, e' sostenuto da motivazione non manifestamente illogica. Infatti, al di la' della frase riportata - alla quale comunque segue l'ulteriore affermativa non priva di significato del (OMISSIS) ".. (inc.).. stasera li porta che oggi e' andato a trovare (OMISSIS): e non vedi ora di chiamarlo che.. (inc.) (OMISSIS):.. (inc.) te lo prendi ti faccio andare a prenderlo" - la Corte di merito ha indicato un complesso di elementi di fatto sulla scorta dei quali l'acquisto era tutt'altro che incerto nel se e nel quando, a fronte dell'imminente arrivo di nuove armi, dello stesso tipo, e stante l'affidamento che il (OMISSIS) riponeva fondatamente sulla precedente fornitura, personalmente visionata dagli intermediatori degli aspiranti acquirenti. L'offerta di armi e' stata dunque unitariamente letta alla luce delle altre vicende che avevano interessato non solo quei carichi, ma la stessa capacita' operativa del coimputato ad assumere la seria veste di intermediario nel settore, per come comprovato non solo dalle numerose condanne in materia di armi inflitte nel presente giudizio ma anche dall'ulteriore episodio relativo alla fornitura delle pistole Glock, rispetto alle quali il tenore complessivo della conversazione era tale per cui, a fronte dell'interesse del ricorrente, si registrava la precisazione del (OMISSIS) sull'oggettiva possibilita' di reperire celermente le armi. E che le pistole Glock esistessero e fossero gia' state oggetto di sistematici e coevi tentativi del (OMISSIS) di piazzarle e che si trattasse di quelle detenute presso il coimputato (OMISSIS) risulta dalla motivazione relativa alla sussistenza dei reati contestati ai capi 44), 45) e 46) della rubrica, in cui si evidenzia come il (OMISSIS), nella mattinata del 13 marzo 2014 (appena 3 giorni prima), aveva proposto alla coppia (OMISSIS) - (OMISSIS) l'acquisto, da un suo conoscente, di un carico di dieci pistole semiautomatiche di marca Glock, al prezzo di Euro 1.500 ciascuna. E', dunque, logico, affermare che la corrispondenza temporale, di tipo (Glock), di numero di armi (10) e di prezzo (Euro 1.500 ciascuna) consente di identificare proprio in (OMISSIS) il detentore ed offerente di quelle pistole, anche in considerazione che vi era un espresso riferimento al fatto che le armi erano detenute proprio a (OMISSIS). Di conseguenza, che non si sia contestata al (OMISSIS) la detenzione delle Skorpion o delle altre armi da guerra richiestegli dal ricorrente non rende illogica la motivazione di condanna, in quanto, per come osservato dalla sentenza impugnata, e' diretta conseguenza del suo ruolo di intermediazione per conto terzi, che detenevano fisicamente le armi. Ma se questa e' la prospettiva fatta propria dalla sentenza impugnata, corretta e' la conclusione che se ne ricava, reputandosi che le condotte del ricorrente costituiscano atti diretti, in maniera non equivoca, all'acquisto, e dunque ad ottenere la detenzione delle armi di cui alla imputazione. 2. Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla vicenda inerente il tentativo acquisto di sostanza stupefacente dal (OMISSIS), e' manifestamente infondato. In tal caso, infatti, per come osservato dalla sentenza impugnata, la mancata certezza della realizzanda cessione si fonda su una lettura frammentaria del compendio intercettivo, eludendo il principale elemento di certezza in ordine all'effettiva esistenza e disponibilita' della cocaina in capo al (OMISSIS), ancorche' in via mediata presso terzi, e cioe' la circostanza che lo stesso (OMISSIS) descrive le caratteristiche visive della cocaina, individuata anche a mezzo del colore, indicazioni da cui e' stato corretto e ragionevole ritenere che egli l'abbia vista direttamente presso il rivenditore (vedi pag. 721 e ss.). Sul punto, pertanto, i giudici di merito risultano avere fatto corretta applicazione del principio enunciato da questa Corte a mente del quale la condotta criminosa di "offerta" di sostanze stupefacenti si perfeziona nel momento in cui l'agente manifesta la disponibilita' a procurare ad altri droga, indipendentemente dall'accettazione del destinatario, a condizione, tuttavia, che si tratti di un'offerta collegata ad una effettiva disponibilita', sia pure non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilita' di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalita' che "garantiscano" il cessionario (cfr., S.U., sentenza n. 22471 del 26/02/2015, rv. 263716). Se, da un lato, infatti, va tenuta distinta la ipotesi della offerta da quella della semplice promessa (in quanto quest'ultima si' caratterizza per essere incerta an et quando), dall'altro, non puo' pretendersi che l'offerente abbia presso di se' lo stupefacente, in quanto in tal caso, evidentemente, sarebbe integrerebbe la condotta di detenzione. In questa prospettiva, in punto di fatto, sono state lette dalla sentenza impugnata le iniziative del (OMISSIS) (capo 34), il quale: - proponeva al ricorrente di acquistare della cocaina da una persona di sua conoscenza, al prezzo compreso tra Euro 21.000 ed Euro 22.000, spiegando che la sostanza si presentava di colore bianco e nero, per come egli stesso aveva potuto verificare (mi ha mostrato quella cosa), ribadendo in piu' passaggi, visto l'interesse del (OMISSIS) (ce la prendiamo (OMISSIS).. pure due tre pacchi alla volta... poi andiamo a prendercela), la disponibilita' dello stupefacente (quando tu la vuoi vedere... c'e' sicuro- Sicurissimo); ne' la ricostruzione, come invece sostenuto dalla difesa, e' contraddetta dal passaggio in cui il (OMISSIS) si diceva in attesa di una risposta (mi dai la risposta allora, che altrimenti te le ordiniamo subito, Pe', poi andiamo a prendercela), essendo evidente, dal tenore complessivo del dialogo, che la trattativa necessitava dell'ulteriore specificazione del prezzo; d'altro canto, ove vi fosse stato l'accordo su prezzo e quantita', sarebbe mutato il titolo di reato; - proponeva all'imputato di acquistare dell'"erba", che era gia' nella sua disponibilita' (ce l'ho lo in mano) al prezzo di Euro 1.400 al chilogrammo e, ricevuto un iniziale diniego (no erba no), insisteva sulla qualita' del prodotto (non c'e' neanche un chicco di seme...), riuscendo cosi' a convincere l'interlocutore circa l'opportunita' di visionare la sostanza (e vediamo di veder la'). Non occorre, come prospetta il ricorrente, che l'offerta sia "effettiva", se con tale termine si vuole intendere - appunto - la possibilita' di consegnare illico et immediate "la merce", essendo sufficiente che l'offerente ne abbia la disponibilita' (non necessariamente fisica), vale a dire possa procurarsela e smistarla o farla smistare in tempi ragionevoli e con modalita' che "garantiscano" il cessionario: e, nel caso in esame, (OMISSIS), seppur agli arresti domiciliari, ben sapeva come, dove e quando procurarsi la sostanza che si impegnava a consegnare a terzi. D'altro canto, lo stesso (OMISSIS), per come risulta diffusamente dalla lettura della sentenza impugnata, era dedito, con i suoi sodali, alla stessa lavorazione della sostanza stupefacente (peraltro pure rinvenuta nel corso delle perquisizioni), ragion per cui e' stato escluso trovarsi dinanzi a mera millanteria. A fronte di tale offerta, il ricorrente mostrava ampia disponibilita', sollecitando il (OMISSIS) a farsi latore delle sue necessita' presso il fornitore; sicche', difettando la prova dell'effettivo raggiungimento dell'accordo, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto l'ipotesi tentata, come correttamente hanno richiamato il principio di diritto affermato da questa Corte (Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Rv. 268749), secondo cui si configura il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio quando l'iter criminis si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore in ordine alla quantita', alla qualita' e al prezzo della sostanza. Il ripetuto riferimento della difesa alla regola di cui all'articolo 115 c.p., del resto, non tiene conto delle peculiarita' ricostruttive del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, norma come noto a piu' fattispecie (tra le condotte plurime punite vi e' infatti la sola offerta in vendita per il venditore ed il tentativo di acquisto al fine di spaccio, come le dosi richieste ed in trattativa dimostrano - si procede per chilogrammi - per il compratore: in termini per la sussistenza del tentativo di acquisto di droga in sede cautelare, vedi Sez. 5, n. 54188 del 26/9/2016). 3. Il terzo motivo in tema di recidiva e' manifestamente infondato, rinvenendo l'applicazione della circostanza aggravante adeguata motivazione in osservanza del principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui, in tema di recidiva facoltativa, il dovere di motivazione risulta adempiuto nel caso in cui, con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale gia' avviato (ex multis, Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782). Nel caso in esame, con riguardo alla posizione di ciascun ricorrente, la sentenza impugnata ha dato atto di come i reati commessi siano espressione, per modalita' e contesto e per i precedenti penali specifici annoverati da ciascun imputato, di un giudizio di maggiore gravita' in termini sia di maggiore intensita' di colpevolezza che di pericolosita' sociale, nell'ambito di un percorso criminale non definitivamente interrotto. Quanto al ricorrente, e' stato motivatamente escluso che l'essere stata accertata un'unica presenza presso l'abitazione del (OMISSIS) risulti insignificante, essendosi, invece, precisato come dai dialoghi intercettati emergesse una significativa contrattazione trai due imputati ed una consuetudine acquisita di certo in precedenza. Al riguardo, in punto di fatto, si e' osservato come il ricorrente faccia riferimento anche all'emissario del (OMISSIS), " (OMISSIS)" (ossia il (OMISSIS)), dimostrando come i passaggi di merce tra i due erano affidati anche a terzi, sicche' il dato della sua presenza in loco non risulta scagionante rispetto a pregressi contatti delinquenziali. Inoltre, l'essersi rivolto al (OMISSIS), di cui si e' accertata la caratura criminale, rende logica l'affermazione resa dalla sentenza impugnata che, al di la' della intervenuta esclusione della L. n. 203 del 1991, articolo 7, il ricorrente "si serva di canali di rifornimento e di compagni di delitto assai qualificati". 4. Il motivo in ordine al trattamento sanzionatorio e' del tutto generico in quanto, contrariamente a quanto dedotto, la sentenza impugnata ha indicato precisi indici tanto di gravita' dei fatti che di pericolosita' sociale che danno congruamente conto dell'assolvimento dell'obbligo di motivazione sul punto (vedi pag. 729). Anche in ossequio al principio enunciato da questa Corte secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita' del giudice di merito, che la esercita, cosi' come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e' inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita' della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142), cio' che - nel caso di specie - non ricorre. In particolare, si e' evidenziato come la pena base si giustifichi alla luce della molteplicita' dei traffici trattati dal ricorrente presso l'abitazione del (OMISSIS), "che spaziano dalle armi da guerra (certamente non utili per episodi di violenza spicciola) all'acquisto di droga pesante, alla progettazione di recupero di animali vivi per la macellazione clandestina", elementi tutti che rendono congruo l'accesso ad un trattamento sanzionatorio non determinato nei limiti edittali. (OMISSIS): Il ricorso non e' fondato. 1-2. I primi due motivi di ricorso, i cui profili di censura investono i capi 1), 11) e 12) della rubrica, sono infondati. 1. Con riguardo al giudizio di attendibilita' intrinseca del collaboratore (OMISSIS), la Corte di merito, proprio con riferimento alla censura di assenza della pregnanza delle relative propalazioni in ragione del fatto che il collaboratore era stato "tralasciato" dalla rispettiva cosca di appartenenza, ha diffusamente affrontato la questione (nell'ambito della trattazione dei motivi comuni a piu' appellanti), evidenziando come la "percezione" di essere stato "tralasciato" da parte del collaboratore non ha corrisposto ad una cesoia con quel mondo criminale, ma al piu' ha portato ad una attenuazione della sua partecipazione attiva alle riunioni ed alla distribuzioni delle doti di âEuroËœndrangheta, mentre il suo patrimonio conoscitivo delle dinamiche criminali locali e' rimasto pressoche' inalterato. Inoltre, la sentenza impugnata si e' premunita di smentire, con congrua motivazione cosi' superando anche le ulteriori obiezioni contenute nel motivi aggiunti, che il narrato del collaboratore a carico del ricorrente fosse animato da risentimento, passando in rassegna sia le dichiarazioni complessivamente rese, sottolineando, in punto di spontaneita', come sia stato lo stesso (OMISSIS) a precisare quando le circostanze riferite erano state apprese ovvero frutto una sua deduzione o di un ripensamento, sia svalutando gli elementi difensivi citati a sostegno della falsita' delle accuse. A tale riguardo, va, infatti, precisato che le censure mosse sul punto dal ricorrente risultano ben lungi dall'integrare ipotesi di travisamento della prova (per come dedotto nei motivi aggiunti), ma attengono ad enunciati di carattere valutativo motivatamente disattesi dalla sentenza impugnata e si sostanziano in prospettate letture alternative di merito non consentite in questa sede (tanto che si allegano anche i relativi enunciati), peraltro aventi anche carattere parziale al fine di svilire (legittimamente in un'ottica difensiva) la pregnanza contenutistica delle molteplici argomentazioni rese dalla sentenza impugnata sul tema "credibilita' (OMISSIS)-vicende collegate" (annotazione di servizio del maresciallo (OMISSIS), ipotesi non gradita delle amicizie del ricorrente con il carabiniere (OMISSIS) e le forze dell'ordine ovvero convinzione che l'imputato aveva che fosse stato lo (OMISSIS) ad avere distrutto le coltivazioni del padre; vedi pagg. 108 e ss.). Esclusa quindi l'esistenza di ragioni per ritenere "spogliata" la chiamata in correita' dello (OMISSIS) e, dunque, non intrinsecamente attendibile, la sentenza impugnata sfugge ai vizi di legittimita' denunziati anche in punto di indicazione dei necessari riscontri a supportare la chiamata resa dal collaboratore di estrinseca attendibilita'. Al riguardo, infatti, l'avere il (OMISSIS), soggetto non solo intraneo alle cosche di âEuroËœndrangheta ma con un ruolo di rilievo proprio in ragione del suo vissuto (criminale), additato il ricorrente di essere un affiliato e' stato letto quale elemento di logico raccordo con il diretto riferimento di intraneita' affermato dal collaboratore (OMISSIS). A tanto si e' anche pervenuti valorizzando altra intercettazione del 2002 il cui contenuto - riferito al (OMISSIS) e proveniente da altri e differenti affiliati quali i (OMISSIS), vicini al collaboratore (OMISSIS) - e' stato riletto in termini accusatori alla luce dei nuovi elementi raccolti che hanno consentito al giudice del merito di ritenere quel riferimento, seppur privo del nominativo, assumere carattere individualizzante a carico del ricorrente. Insomma, si e' indicata una convergenza a piu' voci di spiccata ed "autorevole" provenienza da parte di personaggi riferibili o espressivi della locale di âEuroËœndrangheta. Ed a tale riguardo, con motivazione non manifestamente illogica, si e' esclusa la prospettata contraddittorieta' tra quanto dichiarato dallo (OMISSIS), che vorrebbe il (OMISSIS) affiliato con la dote di sgarrista, addetto al traffico delle armi e "iniziato" alla âEuroËœndrangheta da (OMISSIS), e viceversa quanto affermato dal (OMISSIS) nella intercettazione captata il quale si vanta di avere lui "portato" (OMISSIS). Al di la' del nucleo comune delle accuse, che additano il ricorrente di intraneita' alla locale di (OMISSIS) - e della lettura che ne da' la Corte territoriale la quale, alla luce del contesto in cui vengono captate le dichiarazioni del (OMISSIS), non esclude che si tratti di affiliazione cronologicamente scollegata - viene indicato il dato di sicuro rilievo emergente da altra captazione proveniente da altri affiliati (ed acquisita da altro procedimento, si tratta di quella dei (OMISSIS)) in cui si evidenzia - e ci si lamenta - della fulminante progressione in carriera di âEuroËœndranghetista operata dal ricorrente (vedi pag. 113). Parimenti, con motivazione congrua, si e' escluso analogo rilievo a discarico all'assenza di frequentazioni, vuoi in ragione del ruolo "doppiogiochista" attribuito al ricorrente dalle sentenze di merito (e sul punto non e' manifestamente illogico aver ritenuto che l'assenza del riscontro di persistenti frequentazioni con gli altri sodali deponesse a suo favore in ragione invece proprio del ruolo dallo stesso assunto, il quale si accompagnava anche, notoriamente, a personaggi delle forze dell'ordine), vuoi anche in ragione di un dato, costituito dal contenuto della richiesta di intercettazioni delle utenze dei vari soggetti coinvolti nel presente procedimento, ove si dava atto che il ricorrente era presentato come un usuale frequentatore dello (OMISSIS), del (OMISSIS) e di diversi componenti delle famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS), ossia proprio di coloro ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) da cui proviene il contenuto intercettivo posto a fondamento dell'accusa. A conferma del ruolo partecipativo la sentenza impugnata evidenzia, altresi', un dato di carattere logico costituito dalle reazioni del (OMISSIS) - e dello stesso Tigano, il quale arriva anche a rinfacciare al ricorrente di essere "un infame" - alla scoperta della telecamera, logicamente lette in chiave associativa. Gia' il giudice di primo grado, infatti, di cui si riportano ampi stralci della motivazione, aveva osservato che, se cosi' non fosse, non si spiegherebbe l'esplosione di rabbia del (OMISSIS) alla notizia della scoperta della telecamera che lo avrebbe inchiodato alle sue responsabilita', financo a volerlo eliminare, rancore diretto unicamente verso il sodale, dal quale, con ogni evidenza, per la sua duplice "vicinanza" geografica (della sua campagna con l'abitazione (OMISSIS)) e morale (per il rapporto a doppio mandata dagli anni dell'operazione di polizia c.d. (OMISSIS)" con la polizia), era l'unico tra i suoi sodali a potergli fornire qualche avvisaglia sull'esistenza della videocamera. Inoltre, al dichiarato del (OMISSIS) la Corte di merito aggiunge anche un altro elemento di conferma costituito dal dichiarato dell'altro collaboratore (OMISSIS), il quale, nel riferire sui rapporti tra il ricorrente ed il (OMISSIS) incentrati sulle armi, attribuisce all'imputato la conoscenza del nascondiglio ove il (OMISSIS) occultava le armi nei pressi della sua abitazione: si tratta di una circostanza di spiccato rilievo conoscitivo che non puo' logicamente e notoriamente essere condivisa con chi non e' associato e, dunque, correttamente, e' stata valutata dalla Corte di merito quale indizio logico di riscontro alle "chiamate" di partecipazione. E il dichiarato del (OMISSIS) rinviene diretto riscontro nella parte in cui la sentenza impugnata, nel passare in rassegna il materiale probatorio posto a fondamento della condanna per i delitti in materia di armi (in particolare il riferimento e' al capo 2 della rubrica), richiama i relativi dialoghi tra il (OMISSIS) ed il Tigano, da cui e' stato ricavato come il ricorrente fosse un punto di riferimento nel settore su cui i coimputati facevano affidamento. In tale contesto argomentativo, la censura difensiva che incentra il profilo di inattendibilita' del collaboratore (OMISSIS) in relazione al cambio versione da questi operato sulle dicerie relative allo stato di gravidanza di (OMISSIS), difetta, pertanto, della necessaria decisivita', in quanto, anche nel caso in cui si accedesse alla prospettazione che vuole la rappresentazione fatta dallo (OMISSIS) alla donna essere fantasiosa (per saggiare la riservatezza della (OMISSIS), (OMISSIS) avrebbe inventato di essere venuto a conoscenza dal (OMISSIS) che ella era in attesa), cio' non porta automaticamente a ritenere inattendibile la prima parte della proposizione ossia a ritenere che anche la notizia al collaboratore di essere intercettato non provenisse dal ricorrente, ma fosse stata una mera intuizione dello (OMISSIS), tenuto conto che la differente versione della vicenda (OMISSIS) proviene dallo stesso (OMISSIS), nonche' dell'elemento di conferma citato dal primo giudice che richiama il riferimento fatto sul punto in ambientale da (OMISSIS). Posto, quindi, che la prova su cui si fonda la responsabilita' per il reato associativo e' stata fondata dalla Corte territoriale su una pluralita' di elementi di convergenza aventi carattere esterno ed uno dei quali anche di pregnanza autonoma (il dichiarato intercettato "eteroaccusatorio" del (OMISSIS)), la denuncia di omessa valutazione della prova "esclusiva" di accusa, ribadita anche con i motivi aggiunti, risulta infondata. Manifestamente infondata e' l'ulteriore obiezione svolta nei motivi aggiunti in ordine alla condotta di partecipazione del ricorrente al sodalizio. La sentenza impugnata tanto con riguardo al conferimento di doti ovvero di posizioni qualificate all'interno della locale, quanto con riguardo al ruolo di doppiogiochista approvato dal (OMISSIS), quanto, infine, alla vicenda delle armi, ha dato conto di come l'affiliazione, connotata da serieta' ed effettivita', si fosse tradotta in una fattiva messa a disposizione agli interessi della locale, cosi' uniformandosi ai principi dettati da questa Corte in materia (da ultimo S.U., n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889). 2. Parimenti infondata e' la doglianza mossa in ordine al concorso nei delitti di "rivelazione" e favoreggiamento, strettamente connessi, di cui ai capi 11) e 12) della rubrica, considerato che la censura si fonda su un'alternativa di merito volta ad escludere la tesi complottista del cd. "doppio gioco" utilizzata dal ricorrente per sapere in anticipo le mosse degli inquirenti e per mantenere nei loro confronti un sicuro credito che lo esentasse da responsabilita' (pag. 117 e ss.). Una volta asseverato con congrua motivazione che il ricorrente sarebbe stato affiliato alla locale di (OMISSIS), nessuna manifesta illogicita' sconta la sentenza impugnata per avere, da tale dato di fatto, operato una lettura delle emergenze processuali in senso accusatorio. Delle due l'una: se il (OMISSIS) era un affidabile confidente, tanto che la PG proprio in forza di quanto dallo stesso "diffusamente" riferito poteva ed ha potuto svolgere proficuamente indagini pervenendo anche alla cattura dei responsabili, allora non e' manifestamente illogico avere legato tale elemento di conoscenza con l'accertata intraneita' del ricorrente alla locale, unico contesto di fatto da cui egli poteva acquisire informazioni aventi carattere cosi' riservato (e ritenute apprezzabili dalla stessa PG) e notoriamente accessibili soltanto ai soggetti appartenenti. Del resto, la doglianza ripropone - quali elementi fattuali di "presupposto" - i temi dell'inimicizia dello (OMISSIS) e del (OMISSIS), quelli dell'estraneita' con gli altri presunti associati e di ostentata vicinanza con le forze dell'ordine, temi su cui invece la Corte di merito si e' lungamente diffusa e che risultano essere stati apprezzati, in termini di necessaria gravita', in modo coerente con le emergenze probatorie puntualmente passate in rassegna anche mediante il richiamo della sentenza del primo giudice (vedi al riguardo pagg. 31 e ss. e 47 e ss.). Anche rispetto a tali capi di imputazione, in cui la condotta di "fuga di notizie" avente rilievo penale risulta specificamente indicata e non genericamente ravvisata in una "capacita' ad essere sistematicamente informato di tutte le iniziative investigative", la censura muove dall'alternativa rappresentazione che il ricorrente fosse si' un confidente, ma non perche' egli facesse parte della âEuroËœndrangheta, circostanza che tuttavia stride con il contenuto delle riservate propalazioni. Ne' elementi decisivi alla fondatezza dei rilievi mossi si rinvengono nella vicenda relativa alle telecamere installate nella proprieta' del (OMISSIS): anche in tal caso l'affermazione che il ricorrente non si recasse piu' nel suo terreno confinante con quello del (OMISSIS) perche' consapevole della loro presenza (tanto da apporre un lucchetto al cancello), viene confutata nel motivo di ricorso con argomenti di merito che finiscono per proporre una differente lettura del compendio intercettivo, anche dettata da premesse ipotetiche, non consentita in questa sede. 3. Il terzo motivo di ricorso in ordine alla vicenda relativa alle armi (capi 2 e 7 della rubrica) e' manifestamente infondato. La Corte di merito ha, al proposito, evidenziato, con motivazione congrua e scevra da vizi logici, come la mutua corroboration del narrato dei due collaboranti nel caso di specie non si realizza sui singoli episodi, ma sulla sostanziale omogeneita' della chiamata che vede il (OMISSIS) trafficare in armi (capo 2). In tal senso, assume valenza di riscontro esterno quanto riferito dal (OMISSIS), non potendosi esigere una completa sovrapponibilita' degli elementi d'accusa forniti dai dichiaranti dovendo privilegiarsi l'aspetto sostanziale della loro concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere, mentre non e' richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova "autosufficiente" perche', in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correita' (Sez. 2, Sentenza n. 13473 del 04/03/2008, Rv. 239744; Sez. 2, n. 35923 dell'11/07/2019, Rv. 276744). Inoltre, la sentenza impugnata cita anche riscontri: (OMISSIS), indicato dallo (OMISSIS) come colui che gli cedeva, dietro corrispettivo, le armi che poi il collaboratore cedeva a sua volta all'imputato risulta avere precedenti specifici per traffico d'armi ed essere stato trovato in possesso, nel periodo in contestazione, di un ingente quantitativo di armi e munizioni, per la cui illegale detenzione e' stato condannato. Anche il (OMISSIS) indica il (OMISSIS) come soggetto che riforniva di armi vari personaggi gravitanti negli ambienti di criminalita' organizzata. Che l'imputato fosse coinvolto nel traffico di armi viene poi ricavato anche dalle captazioni relative alla cessione di una pistola cal. 22 (capo 7 per cui e' stata esclusa l'aggravante speciale), le cui censure difensive si appalesano inammissibili in quanto volte a prospettare una alternativa lettura del compendio, motivatamente esclusa dalla Corte territoriale che ha dato conto di come si tratti di una cessione illecita in favore di (OMISSIS) (sul punto sono anche richiamate le argomentazioni del primo giudice alle pagg. 81-83). I riscontri nello specifico settore delle armi provengono anche dalle intercettazioni, essendosi evidenziato, in punto di fatto, come dal relativo compendio si ricavi che il ricorrente dialoga apertamente ed in claris della cessione di armi non legalmente detenute (vedi capo 7 in cui si ascolta dalla viva voce del (OMISSIS), cosi' come captata in ambientale in data 11 agosto 2013, la sua propensione per la cessione di armi "... lo gli avevo dato una bella pistola... una 22... bella'), ceda munizioni a mezzo del fratello minore (OMISSIS) (" (OMISSIS) (condannato dal Tribunale di Palmi con sentenza del 16.11.2018 nel troncone deciso con giudizio ordinario di questo procedimento penale c.d. saggio compagno per i capi 1, 9 (relativo ad una pistola e al munizionamento procuratogli da (OMISSIS)), 15, 27, 42, 57 e 61, inerenti altri episodi di commercio di armi anche da guerra, alla pena di anni 13 di reclusione): stamattina e' salito (OMISSIS) davanti casa... mi ha detto che mi ha dato quelle cose suo fratello, i colpi della nove."). Si e' poi valorizzato lo spessore criminale dei suoi aventi o cedenti causa come il (OMISSIS) e come (OMISSIS), indicato come colui il quale aveva, per il tramite dello (OMISSIS), piu' volte ceduto armi al (OMISSIS), e gia' condannato per essere stato trovato in possesso in periodo contemporaneo a questi fatti il 5 febbraio 2014 - di un ingente quantitativo di armi e munizioni illegalmente detenute, tra cui armi da guerra e clandestine. Sul punto si richiama altresi' l'intercettazione tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), di particolare rilievo in quanto smentisce la prospettazione difensiva secondo cui dal compendio intercettivo nessuno degli affiliati faceva riferimento al ricorrente per acquistare o vendere armi (vedi pagg. 114 e 115 della sentenza) e soprattutto consente di escludere l'ipotesi che il ricorrente si profilasse quale mero acquirente di armi, estraneo alle dinamiche delle cosche di riferimento posto che e' lui stesso che rifornisce altro sodale (il (OMISSIS)) di munizioni, sempre tramite il fratello (OMISSIS) (a mo' di consuetudine organizzativa per il narrato di (OMISSIS)) e di tale circostanza, si precisa, se ne parla tra (OMISSIS) e (OMISSIS), con la conseguenza che non e' affatto illogico l'aver ritenuto patrimonio comune della locale che il ricorrente trafficasse in armi. Che, poi, non si tratti di acquisti leciti e' ricavato dallo spessore criminale dei contraenti (il (OMISSIS) qui commercia con i personaggi piu' noti ed attivi della provincia reggina nel mercato delle armi) e dalla natura clandestina delle armi. Anche il contesto descritto dal (OMISSIS) e' quello di una intensa condivisione della "passione" per le armi di un certo "peso", richiamandosi anche l'attribuzione al ricorrente della detenzione nel suo terreno, indiviso con quello del (OMISSIS), delle numerose armi sequestrate in avvio del procedimento n. 1982/14 RGNR DDA, a conferma di quanto il (OMISSIS) lo ritenesse coinvolto e partecipe "di quell'andirivieni di armi di provenienza illecita". Il ricorrente, dunque, al pari del (OMISSIS) veniva considerato dal gruppo un estimatore ed un conoscitore di armi, che alle volte comprava ed alle volte rivendeva cosi' potenziando, anche per tale via, la forza criminale della âEuroËœndrangheta di (OMISSIS), giacche' e' notorio che la capacita' di intimidazione di un gruppo delinquenziale si accresce vieppiu' se esso si presenta ed appare ancor piu' potente, anche per essere attraverso i suoi affiliati un riferimento costante per il reperimento di armi e munizioni, come una consorteria armata capace di attuare, anche per tale via, i propri propositi criminali. E non e' affatto illogico allora sostenere, come fa la sentenza impugnata, che, in assenza di un collegamento sistematico tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), l'esistenza di un rapporto intermediato dallo (OMISSIS) conferma la natura della relazione criminale ancora attiva tra lo (OMISSIS) ed il ricorrente e rafforza la genuinita' e la spontaneita' del suo narrato che trae spunto da episodi di vita vissuta con i suoi coimputati. Il fatto che, poi, che il ricorrente - per quanto dedotto - potesse utilizzare le armi solo per "armare le braccia" dei suoi consociati oppure per anche fame mercato e' circostanza che non elide la sua qualita' di trafficante di armi. Rinviene congrua motivazione anche la ritenuta sussistenza dell'aggravante speciale di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. quanto al delitto di cui al capo 2) della rubrica, genericamente censurata nei motivi di ricorso, essendosi al riguardo affermato come le condotte tenute siano tese a rafforzare il potere criminale del gruppo di appartenenza, laddove i reiterati traffici vissuti come uno sfogo di accrescimento delle potenzialita' di difesa e di attacco del gruppo mafioso sono sintomatici della capacita' a delinquere dell'associazione di stampo mafioso in esame. E sul punto non privo di rilievo e' il riferimento al dichiarato dello (OMISSIS), secondo cui le cessioni di armi al ricorrente avvenivano nella sua qualita' di âEuroËœndranghetista, anche in ragione della natura clandestina delle stesse, logicamente compatibile con il contesto di criminalita' organizzata descritto dai giudici di merito e degli stretti canali di provenienze a quel contesto specificamente riferibili. Infine, quanto alla denunciata genericita' delle armi, la censura risulta manifestamente infondata poiche' sono richiamate le dichiarazioni dello (OMISSIS) che indica le armi facendo riferimento al modello, al calibro ed al munizionamento. Allo stesso modo il (OMISSIS). 4. Il quarto motivo, in relazione al reato di cui al capo 7) della rubrica, e' inammissibile poiche' si risolve in un prospettata alternativa significante del contenuto delle intercettazioni alle quali prende parte anche il ricorrente, che la Corte di merito ha interpretato e letto in modo logico e coerente con il contesto fattuale di riferimento. In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo' essere sindacato in sede di legittimita' se non nei limiti della manifesta illogicita' ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. (Sez. 2, n. 35181 del 22/5/2013, rv. 257784; Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, Rv. 268389). 5. Il quinto motivo di ricorso in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. in relazione ai delitti contestati ai capi 2) e 7) della rubrica e' inammissibile. 5.1. Con riguardo al delitto di cui al capo 7), per carenza di interesse, essendo l'aggravante speciale stata espressamente esclusa (vedi pag. 127). 5.2. E', invece, manifestamente infondato con riguardo alla tenuta logica delle argomentazioni con le quali la Corte ricava l'aggravante per la violazione della legge armi contestata al capo 2) della rubrica, escludendo che tali condotte siano state realizzate a vantaggio del singolo e non della cosca. Non solo assumono rilievo, al riguardo, le decisive accuse dello (OMISSIS), una volta scrutinata e ritenuta la loro attendibilita', in quanto riferisce i traffici di armi alla cosca (a questa aggiunge il contributo fornito per la presenza di microspie presso il Fungo, tuttavia non decisivo poiche' l'aggravante deve essere riferita alle armi quali delitti fine), ma anche i numerosi passaggi motivazionali in cui la Corte di appello spiega perche' alla âEuroËœndrangheta facesse comodo avere il ricorrente tra le sue fila. Rileva, inoltre, in modo significativo, anche il contenuto dell'intercettazione tra (OMISSIS)- (OMISSIS). Sullo specifico punto il motivo di ricorso risulta anche generico in quanto si limita a riprodurre, in modo del tutto sintetico, gli argomenti di merito di "contestazione", omettendo di confrontarsi specificamente con gli arresti resi dalla sentenza impugnata. 6. Il sesto motivo in ordine alla disposta confisca dei beni e' inammissibile poiche' generico e volto a censurare la motivazione del provvedimento non consentito in questa sede ove e' ammessa soltanto la denuncia di violazione di legge. 6.1. La superfluita' di ricorrere ad una perizia di ufficio rinviene comunque congrua motivazione, sul rilievo che erano stati gia' stati allegati ed esaminati i documenti di parte ed inquadrati in una visione piu' complessiva che ben poteva formare oggetto di riesame da parte dello stesso giudice del merito, alla luce dei rilievo difensivi, non mancandosi di sottolineare che il provvedimento reale, nella sua motivazione e nei suoi presupposti genetici, ha trovato gia' ampia giustificazione in atti per come gia' precisato con analitica motivazione dalla sentenza della Sesta sezione penale di questa Corte, espressamente richiamata (sentenza n. 31510 del 24.5.2017). 6.2. Quanto alla confisca del conto corrente cointestato al fratello del ricorrente su cui confluirebbero gli stipendi di quest'ultimo, si e' evidenziato invece come si tratti di conto corrente promiscuo, sul quale il ricorrente trattiene la delega ad operare a dimostrazione che la provvista sia stata mantenuta con il significativo contributo dell'odierno imputato, che peraltro intratteneva redditizi commerci di traffico di armi che potevano consentirgli un risparmio certamente idoneo ad implementarne le iniziali somme, nonostante l'incapienza del suo reddito rispetto alle uscite ordinarie di vita. Non c'e' dunque alcun vizio di apparenza di motivazione avendo la Corte di appello evocato logici elementi di disponibilita' in capo al ricorrente delle somme comunque ivi confluite in assenza di una prova certa della esclusiva provenienza da fonti lecite del terzo, solo in questa sede affermata. (OMISSIS) (vedi sub motivazione ricorso (OMISSIS)). (OMISSIS): Il ricorso e' inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso articolato in ordine alla sussistenza dei delitti in materia di armi e' inammissibile sotto differenti aspetti. 1.1. Quanto al profilo di censura avente carattere preliminare, trattasi di doglianza del tutto generica: non puo' infatti affermarsi che la sentenza impugnata non abbia dato conto, in modo analitico, degli elementi di prova offerti dalle parti e della loro esegesi per come interpretata dal primo giudice con riferimenti mirati a quelle frasi o porzioni di dialogo da cui il primo decidente traeva argomenti di prova funzionali al proprio ragionamento probatorio e formanti oggetto dei motivi di appello specificamente richiamati. 1.2. Parimenti generica e' la doglianza riguardo alla valenza millantatoria dei discorsi intervenuti tra i due imputati, ipotesi del tutto sfornita di agganci di merito e, peraltro, contrastante anche con il passaggio delle captazioni in cui si sente maneggiare un'arma ed estrarre delle cartucce dal caricatore. Con riguardo al mancato possesso delle armi, si tratta di censura che si fonda su un'interpretazione atomistica di una delle conversazioni intercettate, inammissibile in questa sede, posto che dal complesso dei dialoghi captati tra il ricorrente ed il (OMISSIS) dall'11 al 12 marzo 2014 (che comprende anche quello su cui il ricorrente fonda la sua censura) la Corte di merito ne ha correttamente ricavato come il (OMISSIS) fosse gia' in possesso di una delle 11 Glock di cui attendeva la consegna e che stava per consegnare al (OMISSIS) l'11 marzo; pertanto, a tale rimanenza deve riferirsi il successivo dialogo in cui il (OMISSIS) chiede se le Glock sono arrivate, con conseguente assenza di interferenza sul risultato probatorio unitariamente e logicamente ricavato dal giudice del merito. Inoltre, quanto alla mancanza di effettiva detenzione delle armi (genericamente riferita nel motivo di ricorso anche a tutto il compendio) il motivo non si confronta con la motivazione resa dalla sentenza impugnata, secondo cui la consegna al (OMISSIS) di almeno una delle Glock, come esecuzione frazionata dell'accordo raggiunto con "i napoletani" per l'acquisto di un totale di undici pistole di questo tipo, ammanta di assoluta serieta' l'accordo per la transazione raggiunta e la disponibilita' in capo al (OMISSIS), sia pure ancora presso il venditore napoletano quanto alle rimanenti dieci. Quanto al porto, la circostanza che almeno una delle Glock fosse gia' nella disponibilita' del ricorrente, tanto che questi stava per consegnarla al (OMISSIS) in esecuzione dello scambio tra di loro concordato, da' contezza anche del precedente porto, costituendo un'alternativa di merito quella secondo cui tutte le armi sarebbero state portate dai presunti venditori napoletani al ricorrente. La circostanza, invece, che l'alterazione della matricola delle pistole sia avvenuta ad opera dei "napoletani" non incide affatto, per come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, sull'illegale detenzione e offerta delle armi, caratteristica di cui il ricorrente era a conoscenza per quanto asseverato dalle sentenze di merito in virtu' dei chiari riferimenti contenuti nel compendio intercettivo. Sfornita di specifica argomentazione, e', infine, la censura rivolta alla sussistenza della ricettazione contestata al capo 46). 2. Il secondo motivo di ricorso relativo al capo 48 (vicenda del tentativo di acquisto sino a 10 chilogrammi di marjivana) e' manifestamente infondato. A fronte della serieta' della trattativa, ricavata da precisi elementi di fatto declinati in sentenza e la cui rivisitazione non e' consentita in questa sede, il giudice del merito risulta avere fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte - che si attaglia alla fattispecie in esame - a mente del quale si configura il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio quando l'"iter criminis" si sia interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore in ordine alla quantita', alla qualita' e al prezzo della sostanza. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna per tentato acquisto, in una fattispecie in cui erano state intercettate comunicazioni tra l'imputato ed altro soggetto nelle quali il primo, manifestando la volonta' di acquistare cocaina presso un fornitore ed al prezzo indicatogli dal secondo, chiedeva a quest'ultimo di mettersi in contatto con il predetto fornitore, per verificare la disponibilita' dello stupefacente).(Sez. 5, n. 54188 del 26/09/2016, Rv. 268749). 3. Il terzo motivo in relazione alla ritenuta circostanza aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. e' inammissibile in quanto non scandito dalla necessaria critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata. La Corte territoriale, infatti, mediante il richiamo di precisi indici fattuali costituiti dal ruolo di primo piano assunto dal (OMISSIS) all'interno della locale di âEuroËœndrangheta, dal contesto territoriale che animava i rapporti negoziali tra il ricorrente e il (OMISSIS), dal numero delle armi oggetto di compravendita, dai chiari riferimenti alle altre armi detenute dallo stesso (OMISSIS) (che non risulta essere un collezionista) e ai soggetti della sua cerchia che avrebbero dovuto recarsi a prelevarle, dalla contezza da parte del ricorrente dell'inserimento criminale dei fratelli (OMISSIS) e della possibile loro latitanza, dallo scambio di informazioni relative ad aspetti nevralgici e vitali della âEuroËœndrina del (OMISSIS) risulta avere declinato un complesso di elementi la cui combinazione logica da' ragionevolmente conto quantomeno dell'assenza di profili di ignoranza inevitabile in capo all'imputato (in termini in fase cautelare sulla sussistenza dell'aggravante speciale vedi Sez. 5, n. 4871/2017). 4. Anche l'ultimo motivo in ordine al trattamento sanzionatorio e' manifestamente infondato. Invero, dalla lettura della sentenza impugnata risultano declinati una serie di indici di spiccata gravita' dei reati commessi, in ragione tanto della potenzialita' delle armi oggetto di negoziazione, quanto della quantita' di droga per lo spaccio all'ingrosso, unitamente ad indici di pericolosita' sociale desunti dalla contiguita' compiacente manifestata verso agli accoliti del (OMISSIS) (si richiama la disponibilita' in prevenzione a favorire la latitanza dei due (OMISSIS) all'epoca in permesso premio per reato di omicidio, vedi pag. 759), che danno motivatamente conto dell'espresso diniego delle attenuanti generiche, cosi' escludendosi la dedotta incompatibilita' "ontologica" con il riconoscimento dell'aggravante mafiosa. In conclusione: - va annullata la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla durata della misura di sicurezza della liberta' vigilata, con rinvio a diversa sezione della Corte d'appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto. Va rigettato il ricorso nel resto e dichiarata irrevocabile l'affermazione di responsabilita'; - va annullata senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla pena in continuazione, rideterminata in anni diciannove di reclusione e 9.000,00 Euro di multa; va, invece, dichiarato inammissibile il ricorso nel resto; - vanno rigettati i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali; - vanno dichiarati inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, in ragione dei profili di inammissibilita' rilevati; - vanno condannati in solido gli imputati per i quali vi e' stata affermazione di responsabilita' per il capo 1) e per i reati per cui e' stata riconosciuta l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado in favore delle parti civili comune di (OMISSIS) e comune di Anoia liquidate come in dispositivo in ragione della tariffa legale e dell'attivita' defensionale svolta. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed alla durata della misura di sicurezza della liberta' vigilata, con rinvio a diversa sezione della Corte d'appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio sul punto. Rigetta il ricorso nel resto e dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilita'. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla pena in continuazione, che ridetermina in anni diciannove di reclusione ed Euro 9.000,00 di multa. Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Condanna in solido gli imputati per i quali vi e' stata affermazione di responsabilita' per il capo 1) e per i reati per cui e' stata riconosciuta l'aggravante di cui all'articolo 416-bis.1 c.p. alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado in favore delle parti civili comune di (OMISSIS) e comune di Anoia che liquida in complessive Euro 5.000,00 ciascuna, oltre accessori di legge.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. - Consigliere Dott. TERRUSI Francesco - rel. Consigliere Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 25470/2018 proposto da: (OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - contro (OMISSIS) S.p.a., gia' (OMISSIS) S.p.a. e prima (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - avverso la sentenza n. 998/2018 della CORTE D'APPELLO di TORINO, pubblicata il 23/05/2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/03/2022 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO; lette le conclusioni scritte, Decreto Legge n. 137 del 2020, ex articolo 23 comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 176 del 2020, del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FICHERA Giuseppe, che chiede che la Prima sezione civile respinga il ricorso. Conseguenze di legge. FATTI DI CAUSA Nell'ottobre 2013 la (OMISSIS) s.r.l. convenne la (OMISSIS) s.p.a. dinanzi al Tribunale di Torino, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguiti al recesso dal contratto di concessione di vendita delle auto Fiat e Alfa Romeo in essere tra le parti dal 2003. Sostenne che al recesso, motivato con la necessita' di riorganizzare l'intera rete di vendita, non aveva fatto seguito il rinnovo della concessione a essa istante, invero sostituita da altra piccola concessionaria; cosa che si sarebbe dovuta ascrivere a violazione del principio di correttezza e buona fede contrattuale (articoli 1175, 1337 e 1375 c.c.), abuso di dipendenza economica e di posizione di dominio, nonche' a violazione della disciplina Europea con particolare riferimento al Regolamento (CE) n. 1400/2002. Nella resistenza della convenuta l'adito tribunale respinse la domanda, sul rilievo che il recesso era stato esercitato legittimamente, in base alle previsioni contrattuali; in accoglimento della riconvenzionale di (OMISSIS), inibi' a (OMISSIS) l'uso dei segni distintivi di (OMISSIS) rappresentativi di un'attivita' di vendita non piu' in essere, condannandola altresi' al risarcimento dei danni. Il gravame della (OMISSIS) e' stato a sua volta respinto dalla corte d'appello di Torino con la sentenza depositata il 23-5-2018, avverso la quale e' ora proposto ricorso per cassazione in quattro motivi, illustrati da memoria. (OMISSIS) ha replicato con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE I. - Col primo mezzo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'articolo 101, paragrafi 1 e 3, del TFUE (gia' articolo 81 del Trattato CE), nel combinato disposto del Considerando n. 5, nonche' dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera f., lettera g., lettera h., dell'articolo 3, paragrafo 4, e paragrafo 5, lettera b, sub ii, del Regolamento (CE) n. 1400/2002, dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera i, del Regolamento (UE) n. 461/2010 e dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera e, del Regolamento (UE) n. 330/2010, la ricorrente censura la sentenza per aver ritenuto che il fornitore, il quale abbia costituito una struttura distributiva verticale attraverso un sistema di concessioni di vendita, sia insindacabilmente libero, all'esito della riorganizzazione della rete di vendita, di scegliere il distributore cui affidare le aree territoriali non interessate da alcuna concreta misura riorganizzativa. Col secondo mezzo denunzia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 342 c.p.c., per avere la corte d'appello ritenuto in parte qua inammissibile il gravame, erroneamente considerandolo come meramente riproduttivo delle difese di primo grado, senza formulazione di specifica censura della sentenza impugnata; nonche' la violazione e falsa applicazione dei canoni di buona fede oggettiva e correttezza ex articoli 1175, 1337 e 1375 c.c., e del divieto di abuso del diritto, per avere la stessa corte ritenuto in ogni caso non lesiva del precedente distributore la scelta immotivata di un nuovo distributore cui affidare i medesimi punti-vendita. Ancora col terzo mezzo denunzia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 101, paragrafi 1 e 3, del TFUE, nonche' degli articoli 1175, 1337 e 1375 c.c. e del divieto di abuso del diritto, e degli articoli 2043 e 1218 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., articolo 253 citato codice, articoli 2697, 2721, 2724 e 2729 c.c., per esser stata esclusa dalla corte territoriale la configurazione di un illecito produttivo di responsabilita' civile, essendosi respinta la domanda di danni senza dar corso alle istanze istruttorie riproposte in appello. Infine, col quarto mezzo, deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1384, 1382 e 1218 c.c., per essere stata affermata l'incertezza del dovere di adempimento e nondimeno applicata a carico di essa (OMISSIS) la penale contrattuale da inadempimento. II. - I primi tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente perche' tra loro connessi. E' rilievo preliminare che la corte d'appello di Torino non ha affatto ritenuto che il gravame di (OMISSIS) fosse inammissibile ai sensi dell'articolo 342 c.p.c., ma anzi ha esplicitamente disatteso l'avversa eccezione di (OMISSIS), invocando a supporto la sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 27199 del 2017. Ne deriva che sono inconferenti i profili di doglianza a tal riguardo formulati da (OMISSIS), nel pur unitario contesto del secondo motivo, per un'asserita violazione dell'articolo 342 c.p.c.. III. - Ancora deve osservarsi che nella sentenza si dice non aver costituito oggetto di specifica impugnazione la parte della decisione di primo grado relativa all'esistenza del programma di riorganizzazione della rete commerciale di (OMISSIS), nell'ambito del quale collocare il recesso della stessa da tutti i contratti in essere, compreso quello con la (OMISSIS), nonche' la parte relativa all'esercizio del recesso in coerenza con le previsioni del contratto tra le parti. L'affermazione integra da entrambi i punti di vista una ratio involgente il giudicato sui corrispondenti profili, come formatosi in dipendenza della mancata impugnazione della sentenza di primo grado, e non e' attinta dai motivi di ricorso. IV. - La questione giuridica, alla quale i motivi alludono, attiene invece (propriamente) alle implicazioni dell'accertamento, per l'asserito fraintendimento dei precetti comunitari contenuti nel Regolamento (CE) n. 1400/2002, e quindi dell'articolo 101, paragrafo 1, del TFUE. La ricorrente assume che sarebbe errata la conseguenza tratta dalla corte d'appello di Torino nel ritenere che il produttore-fornitore automobilistico abbia il diritto di recedere dai contratti di concessione di vendita con i distributori per esigenze di riorganizzazione dell'attivita', e contesta, comunque, che se intenda valersi, per il futuro, di un criterio di selezione meramente quantitativo (basato, cioe', sulla preindividuazione del numero dei punti-vendita) anziche' di uno qualitativo (senza limiti al numero di punti-vendita e con previsione di requisiti oggettivi in presenza dei quali chiunque ne faccia richiesta debba poter essere ammesso nel novero dei concessionari), egli sia infine libero di scegliere senza vincoli i nuovi concessionari. Codesta contestazione rappresenta il nucleo fondativo di tutte le censure, poiche' egualmente errato sarebbe, per derivazione, il riconoscimento di una sfera di piena liberta' in capo al produttore-fornitore nello scegliere il distributore cui affidare lo stesso punto-vendita prima affidato a un altro, e specularmente il disconoscimento della esistenza, invece, di una sfera giuridicamente meritevole di tutela in capo a questo. V. - La tesi della ricorrente, che pur muove da un presupposto corretto, non puo' essere condivisa. Il presupposto e' che il Regolamento (CE) n. 1400/2002 ha esentato gli accordi verticali e le pratiche concordate nel settore automobilistico dall'applicazione dell'articolo 81 del Trattato CE (ora articolo 101 del TFUE), e che la Corte di giustizia, attesi gli effetti sulla libera concorrenza, ha ritenuto la legittimita' degli accordi istitutivi di sistemi selettivi di distribuzione commerciale, purche' pero' la scelta dei rivenditori avvenga secondo criteri oggettivi d'indole qualitativa riguardanti la qualificazione professionale del rivenditore, del suo personale e dei suoi impianti. Ne deriverebbe che, ferma la liberta' di recesso (sempre che siano soddisfatte le ragioni riorganizzative poste alla sua base) e ferma la liberta' del produttore di valersi per il futuro di un sistema distributivo nuovo, il passaggio dal vecchio al nuovo sistema incide sulla sfera del concessionario originario e ne qualifica, per cio' solo, il legittimo interesse a che il produttore non usi del proprio diritto a scegliere la futura controparte abusandone in suo danno, e violando i canoni della correttezza e buona fede. VI. - Nella considerazione iniziale la tesi e' certamente da approvare. Solo che non giustifica l'inferenza consequenziale, e cioe' che da tale punto di vista il produttore, che pur non e' libero di perseguire in concreto, tramite il recesso, finalita' diverse da quelle riorganizzative dichiarate, neppure sia libero di redistribuire, dopo un recesso rettamente esercitato, gli incarichi concessori a propria discrezione, abbandonando un concessionario e preferendogli un altro per la stessa zona. VII. - Non possiede base normativa l'affermazione secondo la quale vi sarebbe una essenziale differenza tra quel che accade nella costruzione iniziale di una struttura distributiva territoriale, in cui non vi sono situazioni soggettive di terzi giuridicamente rilevanti, e quel che accade invece nella prosecuzione dell'attivita' dopo il passaggio attraverso il recesso dai rapporti di concessione originari. Difatti quel che in modo dirimente va osservato e' che non esiste, una volta che il recesso dal contratto sia stato fatto in coerenza con la facolta' in esso stabilita, una correlativa situazione di diritto soggettivo da preservare in capo ai distributori originari, ove la parte receduta voglia stipulare nuovi contratti di concessione in vendita. Esiste unicamente una condizione di legittima aspettativa, in via di fatto, a che il rapporto venga nuovamente attivato con loro. Per tale ragione la tesi alla quale e' affidato il cuore delle censure non ha fondamento. Va detto che la prospettata esistenza di un abuso nell'esercizio del diritto di recesso da parte della (OMISSIS) intercetta a vario titolo profili di merito, volta che la corte d'appello ha affermato, invece, che il ridetto abuso era stato escluso gia' dal tribunale, in uno all'accertamento circa il fatto che tutti i contratti coi concessionari erano stati collocati nella complessiva operazione riorganizzativa della rete commerciale di vendita. Allo stesso tempo l'accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede, porta a dire che la disdetta era stata rivolta a tutti con un periodo di preavviso addirittura doppio rispetto a quello contrattualmente stabilito; e che la ristrutturazione della rete distributiva non aveva costituito un abuso ne' di posizione dominante ne' di dipendenza economica, ma una scelta imprenditoriale, giustificata da ragioni di competizione sul mercato e quindi pienamente legittima. VIII. - Diversamente da quanto paventato dalla (OMISSIS), non puo' costringersi una impresa come (OMISSIS), che opera in condizioni di dipendenza economica da una casa produttrice, a conservare un numero precostituito di concessionari quando questa condizione pregiudica secondo le sue insindacabili valutazioni - la piena valorizzazione dei programmi attinenti ai marchi di cui e' distributrice. L'assunto, che aleggia tra le righe del ricorso, e' nel senso della portata discriminatoria dell'operazione di ristrutturazione, e cioe' che a essa sia conseguita semplicemente la discriminatoria esclusione di alcuni distributori gia' presenti sul mercato, come la (OMISSIS), a favore di altri. Ma tale assunto non puo' trovare seguito, poiche' ancora una volta implica censure in fatto, essendo stata giustappunto esclusa dalla corte del merito la portata discriminatoria dell'operazione. Di contro - e in iure - nessuna norma puo' essere utilmente evocata per attribuire un diritto al cessato contraente-distributore di essere parte, a tempo indeterminato, della rete distributiva attuata dopo la riorganizzazione. IX. - A tal proposito e' necessario svolgere un'ulteriore considerazione, di ordine piu' generale, determinata dal fatto che sulla specifica questione non sussistono precedenti di questa Corte. La ricorrente richiama a sostegno il Regolamento (CE) n. 1400 del 2002, relativo all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico. Tale Regolamento, vigente al momento del contratto inter partes e poi sostituito (ma con analogia di precetti) dal Regolamento (UE) n. 461 del 2010 (ancora relativo all'applicazione dell'articolo 101, paragrafo 3, del TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico), e' relativo all'esenzione per categorie e si applica agli accordi relativi alla distribuzione di autoveicoli nuovi e pezzi di ricambio e agli accordi di distribuzione che regolano la fornitura di servizi di riparazione e manutenzione da parte di riparatori autorizzati. Esso in effetti contiene la definizione di "distribuzione selettiva", e si incentra essenzialmente sulla necessita' di garantire che non venga limitata un'effettiva concorrenza all'interno del mercato comune e tra distributori situati in Stati membri diversi, qualora un fornitore utilizzi la distribuzione selettiva su tali mercati e altre forme di distribuzione su altri (v. Considerando 13). In particolare, esclude dal beneficio dell'esenzione gli accordi di distribuzione selettiva che limitano le vendite passive a utilizzatori finali o a distributori non autorizzati situati in mercati nei quali vengono attribuiti territori esclusivi, nonche' gli accordi di distribuzione selettiva che limitano le vendite passive a gruppi di consumatori che sono stati attribuiti in maniera esclusiva ad altri distributori. Tuttavia, nel contesto del cd. "sistema di distribuzione selettiva" - con la quale espressione si intende un sistema di distribuzione "nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori o riparatori selezionati in base a criteri specifici, e nel quale i distributori o riparatori si impegnano a non vendere tali beni e servizi a distributori non autorizzati o riparatori indipendenti" (fatta salva la facolta' di vendere pezzi di ricambio o l'obbligo di fornire agli operatori indipendenti tutte le informazioni tecniche necessarie) - il Regolamento semplicemente distingue tra: (i) un "sistema di distribuzione selettiva basato su criteri quantitativi", vale a dire un sistema "nel quale il fornitore utilizza per la selezione dei distributori o dei riparatori criteri che ne limitano direttamente il numero" e; (ii) un "sistema di distribuzione selettiva basato su criteri qualitativi", cioe' un sistema "nel quale il fornitore utilizza per la selezione dei distributori o dei riparatori criteri di carattere esclusivamente qualitativo, richiesti dalla natura dei beni o servizi oggetto del contratto, che sono stabiliti in maniera uniforme per tutti i distributori o riparatori che chiedono di far parte del sistema di distribuzione, non sono applicati in modo discriminatorio e non limitano direttamente il numero dei distributori o dei riparatori". La congerie di definizioni non presuppone di validare un regime conservativo per la selezione specifica, dopo una riorganizzazione aziendale. Cosa che proprio la Corte di giustizia ha chiarito a mezzo dell'affermazione che in un sistema di distribuzione basato su criteri quantitativi non e' necessario che tali criteri siano oggettivamente giustificati e applicati in maniera uniforme e indifferenziata nei confronti di tutti i candidati all'autorizzazione (v. C. giust. 14-6-2012, causa C158/2011). Cio' vuol dire che il recesso dai contratti per riorganizzazione dell'attivita', quanto alla distribuzione selettiva nell'uno o nell'altro senso, e' consentito dal Regolamento alle condizioni contrattuali di volta in volta stabilite - condizioni che nel caso concreto la corte d'appello ha accertato esser state rispettate; dopodiche' la valutazione relativa alla stipula dei nuovi contratti, completata la riorganizzazione, diventa espressione della (nuova) libera scelta del contraente. La quale non e' comprimibile da ipotetici e non previsti obblighi a contrarre, e non e' sindacabile - in quanto tale - da parte del giudice. X. - Naturalmente non si nega che possano soccorrere, anche in questa materia, i principi di correttezza e buona fede nella formazione, nell'esecuzione e nell'interpretazione dei contratti, i quali rilevano sia sul piano dell'individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti. E non si nega neppure che sotto il primo punto di vista tali principi impongano alle parti di adempiere obblighi anche non espressamente previsti dal contratto o dalla legge, ove cio' sia necessario per preservare gli interessi della controparte; ne' che, sotto il secondo punto di vista, consentano al giudice di intervenire anche in senso modificativo o integrativo sul contenuto del contratto, qualora cio' sia necessario per garantire l'equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l'abuso del diritto. Sennonche', l'integrazione presuppone che esista pur sempre una fonte contrattuale idonea tra le parti. Il principio di buona fede o di affidamento non puo' essere invocato per sostenere, invece, l'esistenza di un obbligo del contraente di stipulare nuovi contratti con lo stesso soggetto dopo il legittimo esercizio del recesso da un contratto anteriore. Il principio di buona fede non e' invocabile nel caso concreto neppure secondo l'ottica dell'ingiustificato recesso da trattative per il rinnovo del contratto in concessione. In linea generale la responsabilita' precontrattuale ai sensi dell'articolo 1337 c.c., puo' certamente conseguire tanto in relazione al processo formativo del contratto quanto in rapporto alle semplici trattative riguardate come qualcosa di diverso da esso, ossia come quella fase anteriore in cui le parti si limitano a manifestare la loro tendenza verso la stipulazione del contratto senza ancora porre in essere alcuno di quegli atti di proposta e di accettazione che integrano il vero e proprio processo formativo. Solo pero' se lo svolgimento delle trattative e', per serieta' e concludenza, tale da determinare un affidamento nella stipulazione del contratto, la parte che ne receda senza giusta causa, violando volontariamente l'obbligo di comportarsi secondo buona fede, e' tenuta al risarcimento dei danni (nei limiti dell'interesse negativo: v. Cass. n. 1632-00, Cass. n. 11243-03, Cass. n. 7768-07). Difatti va condiviso il principio secondo cui la regola posta dall'articolo 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative, ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto, non determinabile in modo preciso, implica pur sempre il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione di un contratto (v. Cass. n. 24795-08, Cass. n. 21255-13). Nel caso concreto non risulta che sia stata neppure ventilata una simile condizione dinanzi al giudice del merito, essendosi la ricorrente basata sull'apodittico asserto che il sistema di distribuzione selettiva avrebbe praticamente imposto - esso in quanto tale - alla (OMISSIS) di rinnovare contratto con i vecchi concessionari, quasi che per definizione essi fossero da considerare in possesso dei criteri di carattere qualitativo richiesti dalla natura dei beni o servizi oggetto del contratto, ovvero alternativamente che, dinanzi a una riorganizzazione quantitativa, quei criteri non dovessero rilevare affatto. XI. - In conclusione va affermato il seguente principio di diritto: - ne' il Regolamento (CE) n. 1400 del 2002, ne' altre fonti, attribuiscono all'impresa che abbia fatto parte di una rete distributiva automobilistica ristrutturata il diritto di accedervi anche dopo la ristrutturazione, ove il contratto anteriormente in essere con la titolare della rete distributiva sia stato legittimamente sciolto per recesso convenzionale di questa; in particolare il citato Regolamento impone soltanto di utilizzare i criteri di selezione in vista del perseguimento delle finalita' dettate dai Considerando, e di non applicarli in senso discriminatorio; fermo restando pero' che, fuori da tale limite, una volta prefissato il numero delle imprese distributrici, la scelta dei contraenti rimane assolutamente libera e non sindacabile in sede giurisdizionale. XII. - Il quarto motivo e' inammissibile per difetto del presupposto. La ricorrente assume che la corte d'appello sarebbe incorsa in violazione della disciplina della penale contrattuale, perche' nonostante l'affermazione che (OMISSIS) poteva essere in dubbio circa la liceita' del persistente utilizzo da parte sua delle insegne e dei marchi Fiat, ha confermato l'applicazione della penale contrattuale a suo carico, benche' in misura ridotta rispetto a quella richiesta da (OMISSIS). Cosi' statuendo la corte territoriale avrebbe mancato di considerare che la penale contrattuale rappresenta una liquidazione convenzionale del danno da inadempimento, sicche' postula gli stessi presupposti necessari per la configurazione del danno risarcibile, e quindi l'inadempimento imputabile ex articolo 1218 c.c.; imputabilita' da escludere in ipotesi di mancanza di colpa. Viceversa, deve osservarsi che la corte d'appello ha svolto un ben differente apprezzamento. Essa ha sottolineato che il dubbio circa la liceita' del persistente utilizzo dei segni distintivi (OMISSIS) era stato correttamente posto (dal tribunale) a fondamento della riduzione della penale secondo equita'. Non ha affatto stabilito che il suddetto dubbio fosse anche sintomo di mancanza di colpa. Tale differente deduzione corrisponde a un personale asserto della parte ricorrente, che tuttavia e' inammissibile poiche' presuppone un accertamento di fatto che dalla sentenza non emerge e che men che meno puo' essere richiesto alla Corte di cassazione. XIII. - Il ricorso e' rigettato. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 6.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro, per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNA Felice - Presidente Dott. GORJAN Sergio - Consigliere Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere Dott. ABETE Luigi - Consigliere Dott. GIANNACCARI Rossana - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:   SENTENZA sul ricorso 11113-2016 proposto da: (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS); - ricorrenti - contro (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende; - controricorrente e ricorrente incidentale - avverso la sentenza n. 232/2016 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 10/02/2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI; udite le conclusioni del Procuratore Generale nella persona della Dott.ssa Dott. Ceroni Francesca. FATTI DI CAUSA 1. L'Avv. (OMISSIS), con citazione notificata il 7.6.2010, convenne in giudizio l' (OMISSIS) s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni nella misura di Euro 214.434,79. 1.1. L'attore espose di aver curato, sin dal 1997, il contenzioso del Banco di Sicilia e di aver sottoscritto, dopo la fusione per incorporazione da parte dell' (OMISSIS) s.p.a., in data 19.3.2008, una nuova convenzione con la societa' incorporante, con la quale venivano regolati i rapporti in corso. Con il nuovo accordo, l'Avv. (OMISSIS) si impegno' a trasferire, in formato digitale, tutto il materiale cartaceo relativo al contenzioso in corso in modo da permettere alla banca un costante monitoraggio della sua attivita', valutandone l'efficienza, anche attraverso l'attribuzione di un punteggio. 1.2. La convenzione del 19.3.2008, nel prevedere una nuova regolamentazione dei rapporti, modifico' il tariffario, riducendo l'importo delle voci dovute al professionista. 1.3. L'attore espose che l' (OMISSIS) s.p.a. aveva tenuto degli incontri con i legali del (OMISSIS) ed aveva inviato ulteriori comunicazioni, con le quali prospettava una futura collaborazione ma, nonostante egli avesse il punteggio piu' alto in graduatoria degli avvocati nella Provincia di Ragusa, non aveva ottenuto nessun altro incarico. 1.4. L' (OMISSIS) s.p.a. si costitui' per resistere alla domanda. 1.5. Il Tribunale di Ragusa accolse, per quanto di ragione, la domanda dell'Avv. (OMISSIS) e condanno' l' (OMISSIS) s.pa al risarcimento dei' danni, per violazione dell'articolo 1337 c.c., nella misura di Euro 25.000,00 oltre interessi. 1.6. Interpose appello l'Avv. (OMISSIS), resistito dall' (OMISSIS) s.p.a., che propose appello incidentale. 1.7. La Corte d'appello di Catania, con sentenza del 10.2.2016, rigetto' l'appello principale e l'appello incidentale, confermando integralmente la decisione di primo grado. 1.8. La Corte di merito escluse che la corrispondenza antecedente alla stipula della convenzione e, segnatamente la nota del 7.3.2008, obbligasse l' (OMISSIS) s.p.a. a conferire all'Avv. (OMISSIS) ulteriori incarichi in quanto con tali missive veniva offerta soltanto la mera possibilita' di una maggiore affluenza del contenzioso qualora il professionista si fosse dotato di un sistema operativo in grado di colloquiare costantemente con la banca. La circostanza che l' (OMISSIS) s.p.a. non avesse conferito ulteriori incarichi non costituiva inadempimento contrattuale ma integrava un'ipotesi di responsabilita' per violazione del principio di buona fede, che doveva improntare la condotta delle parti oltre che nella fase della trattativa individuale, anche per il tempo successivo alla conclusione del contratto e per tutto il periodo di esecuzione dello stesso. 1.9. La Corte distrettuale aderi' quindi all'orientamento giurisprudenziale che ravvisa un'ipotesi di responsabilita' precontrattuale non solo nell'ipotesi di rottura ingiustificata delle trattative ma anche nell'ipotesi in cui il contratto concluso, benche' valido, sia pregiudizievole per la vittima del comportamento scorretto. 1.10. Tale domanda era stata regolarmente proposta dall'Avv. (OMISSIS) nell'atto di citazione. 1.11. Nel caso di specie, l' (OMISSIS) s.p.a., con numerose note inviate al professionista, aveva espresso apprezzamento per il rating dell'Avv. Criscio Cassi', il piu' alto tra i professionisti nella Provincia di Ragusa, generando la legittima aspettativa circa la concreta possibilita' di ricevere ulteriori incarichi. In vista di una collaborazione futura, l'Avv. (OMISSIS) aveva infatti accettato condizioni meno favorevoli in relazione al contratto in corso. 1.12. In ordine al quantum debeatur, la Corte liquido' equitativarnente il danno nei limiti dell'interesse negativo, pari alla meta' del fatturato delle prestazioni riscosse nel biennio 2005-2007, pari ad Euro 49.334,25, tenuto conto del minor rating per le pratiche gia' assegnate, dell'aggravio dell'attivita' professionale per il raggiungimento del miglior rating e del mancato realizzo reddituale conseguente alla legittima aspettativa del conferimento di nuovi incarichi mai conferiti. 1.13. La Corte rigetto' la richiesta di rimborso delle spese necessarie per l'adeguamento dell'organizzazione dello studio, trattandosi di spese collegate all'esecuzione dell'accordo convenzione. 2. Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso l'Avv. (OMISSIS) sulla base di quattro motivi. 2.1. Ha resistito con controricorso l' (OMISSIS) s.p.a., che ha svolto ricorso incidentale sulla base di cinque motivi, di cui uno svolto in via principale e quattro in via subordinata. 2.2. Il Pubblico Ministero nella persona della Dott.ssa Francesca Ceroni ha chiesto, in via principale, la remissione degli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite in ordine alla questione, avente rilevanza nomofilattica, dell'applicabilita' deil'articolo 1337 c.c. quale clausola generale applicabile in ogni ipotesi di lesione della liberta' contrattuale e non soltanto nell'ipotesi di rottura ingiustificata delle trattative; in subordine, ha chiesto l'inammissibilita' o il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale. 2.3. In prossimita' dell'udienza, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1366 e 1371 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito valutato, nell'ambito dell'attivita' di interpretazione del contratto, anche la documentazione antecedente l'accordo - convenzione del 19.3.2008. In particolare, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che non fosse parte integrante dell'accordo contrattuale la missiva del 7.12008, con cui l' (OMISSIS), allegando il nuovo "accordo-convenzione" avrebbe assicurato al professionista un "trend duraturo di soddisfazioni". Il ricorrente si duole quindi dell'errata interpretazione delle intenzioni dei contraenti, anche in considerazione del comportamento successivo alla conclusione del contratto, avuto particolare riguardo alle rassicurazioni, da parte della banca sul conferimento di "nuove pratiche" che avrebbe ricevuto in futuro, alla necessita' di prestare attenzione ai cosiddetti "warnings" relativi alle schede informatizzate, che avrebbero bloccato le nuove assegnazioni ed alla richiesta, contenuta nella missiva del 17.11.2009, con cui era stato richiesto ai professionisti un ribasso dei compensi in vista della collaborazione futura. Detta corrispondenza, inoltrata dalla banca nel corso del rapporto contrattuale, sarebbe espressione di un chiaro vincolo contrattuale in relazione all'impegno di un conferimento di incarichi futuri e non costituirebbe una mera promessa, prive di contenuto negoziale. 2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la nullita' della sentenza, con riferimento all'articolo 132 c.p.c., n. 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte di merito mal interpretato le conclusioni contenute nell'atto di citazione, con le quali non sarebbe stata chiesto l'accertamento degli obblighi di lealta' nelle trattative e di buona fede e correttezza nel corso del rapporto sicche' la sentenza sarebbe priva di motivazione in relazione in relazione al contenuto della documentazione in atti, integrativa dell'accordo - convenzione. 3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1126, 1223 e 1218 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; il ricorrente sostiene di aver sottoscritto l'accordo del 19.3.2008, modificativo dell'accordo in corso non per la prosecuzione degli incarichi gia' assegnati ma per l'ottenimento di ulteriori incarichi. In considerazione del grave inadempimento contrattuale, la Corte avrebbe errato nel non riconoscere il danno da lucro cessante, per avere il professionista perso altre opportunita' di lavoro. Anche in caso di accertamento della responsabilita' precontrattuale, la corte avrebbe commesso errori di calcolo nella determinazione del danno. 4. Con il primo motivo del ricorso incidentale, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1337 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche' il riconoscimento della responsabilita' precontrattuale non sarebbe ipotizzabile in caso di conclusione del contratto per violazione del principio di buona fede. Si sottolinea che la giurisprudenza di questa Corte non e' pacifica nel ritenere applicabile l'articolo 1337 c.c. anche nell'ipotesi di contratto concluso, valido ed efficace, come chiaramente affermato da Cass. 5273/2007, che esprime un principio di diritto diametralmente opposto da quello affermato nella sentenza impugnata ovvero che la stipulazione del contratto preclude la configurabilita' della responsabilita' precontrattuale. Nel caso in cui le trattative abbiano condotto alla conclusione di un contratto valido ed efficace, le obbligazioni avrebbero origine unicamente dal contratto mentre la responsabilita' precontrattuale sarebbe limitata alla violazione dell'obbligo di buona fede nelle trattative. 5. L' (OMISSIS) s.p.a. ha proposto, in via subordinata, altri quattro motivi di ricorso. 5.1. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 costituito dall'errata valutazione del contenuto dei messaggi inoltrati dalla banca all'Avv. (OMISSIS), con i quali il professionista sarebbe stato avvertito che, in caso di mancata implementazione del fascicolo elettronico, non sarebbe stato possibile l'affidamento di eventuali nuovi incarichi. Detti avvisi conterrebbero mere raccomandazioni dalle quali non deriverebbe alcuna chance di ottenere ulteriori incarichi ma costituirebbe una mera aspettativa di fatto non tutelabile. 6. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce l'erronea determinazione del danno, con violazione dell'articolo 1337 c.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 che avrebbe dovuto essere liquidato nei limiti dell'interesse negativo e non secondo i criteri dettati per la lesione dell'interesse positivo. 7. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'articolo 2697 c.c. perche' l'attore non avrebbe fornito la prova del danno da lesione dell'interesse negativo, non essendo a tal fine sufficiente la documentazione attestante il corrispettivo ricevuto nel triennio 2005-2007. 8. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all'ammissibilita' della liquidazione equitativa del danno, ai sensi dell'articolo 1337 c.c., che avrebbe dovuto comprendere la perdita subita ed il mancato guadagno purche' in relazione immediata e diretta con la lesione dell'affidamento e non del contratto sicche' la prova avrebbe dovuto riguardare le spese sostenute, le occasioni di lavoro mancate mentre, nel caso di specie sarebbe stato risarcito il danno da inadempimento contrattuale. 9. I motivi del ricorso principale ed incidentale vanno trattati congiuntamente per la loro connessione in quanto vertono sulla configurabilita' della responsabilita' precontrattuale in caso in cui il contratto sia stato concluso in violazione del principio di buona fede nelle trattative e della liquidazione del danno da responsabilita' precontrattuale. 8.1. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale sono infondati. 8.2. L'interpretazione di un atto negoziale e' tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimita', se non nell'ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui all'articolo 1362 c.c., e segg., o di motivazione inidonea a consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione. L'interpretazione data dal giudice del merito al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178) sicche' quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu' interpretazioni, non e' consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimita' del fatto che sia stata privilegiata l'altra (Cass. 7500/2007; 24539/2009). 8.3. Per far valere una violazione delle regole di interpretazione, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d'interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma altresi' precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; e' conseguentemente inammissibile il motivo di ricorso che si fondi sull'asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realta', nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536). 8.4. Nel caso di specie, non e' ravvisabile una violazione delle norme interpretative, ne', tanto meno il vizio di apparenza della motivazione in quanto nell'indagare sulla comune volonta' dei contraenti, la Corte non ha violato il criterio dell'interpretazione letterale ed ha tenuto della documentazione antecedente e successiva all'accordo ma non ha reputato che essa costituisse parte integrante del vincolo contrattuale, spiegando le ragioni per le quali la banca non si fosse obbligata a conferire all'Avv. (OMISSIS) ulteriori incarichi. 8.5. Secondo la plausibile interpretazione adottata dalla Corte di merito, l'accordo convenzione costituiva unicamente lo strumento necessario per l'eventuale affidamento di successivi incarichi da espletare secondo le formalita' individuate dall'istituto di credito. 8.6. La Corte ha esaminato la nota del 7.3.2008, richiamata dal ricorrente, antecedente alla sottoscrizione dell'accordo ravvisandovi non un atto integrativo dell'accordo ma la mera prospettazione della possibilita' di ricevere nuovi incarichi attraverso l'adeguamento alle direttive operative fornite dalla banca; parimenti, le note successive, secondo l'apprezzamento del giudice di merito, non determinavano alcun vincolo contrattuale, integrativo dell'accordo- convenzione. 8.7. Detti comportamenti erano contrari all'obbligo della banca di comportarsi secondo buona fede perche' idonei ad ingenerare nel professionista l'aspettativa di poter ricevere ulteriori incarichi. 8.8. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione dell'articolo 1337 c.c., estendendo il principio della buona fede non solo alle condotte antecedenti all'accordo, e quindi ai casi di rottura ingiustificata delle trattative o all'ipotesi in cui il contratto si fosse rivelato invalido, ma anche alle condotte successive che si innestano nella fase di esecuzione del contratto. 8.9. Secondo l'impostazione tradizionale della dottrina, che aveva avuto largo seguito nella giurisprudenza di questa Corte, non era ravvisabile un'ipotesi di responsabilita' precontrattuale nelle ipotesi in cui l'accordo tra le parti si fosse formato, sia pur a condizioni diverse da quelle che si sarebbero avute se la parte non avesse tenuto un comportamento contrario alla buona fede, in quanto si riteneva che la configurabilita' della responsabilita' precontrattuale fosse preclusa dalla intervenuta conclusione del contratto (tra le tante Cass. 16.4.1994, n. 3621, Cass. 11 settembre 1989, n. 3922 e, piu' di recente Cassazione civile sez. II, 05/02/2007, n. 2479, richiamata dall' (OMISSIS) s.p.a.). 8.10. La responsabilita' ai sensi dell'articolo 1337 c.c. era concepibile solo in presenza del mancato perfezionamento dell'accordo, ovvero nel caso di contratto invalido, previsto dall'articolo 1338 c.c. mentre, una volta concluso il contratto, l'unica forma di responsabilita' configurabile era quella contrattuale ed eventuali scorrettezze precontrattuali potevano rilevare solo se si traducevano in inadempimento. 8.11. La giurisprudenza successiva ha cambiato indirizzo e puo' dirsi consolidata - tanto che il collegio non reputa necessaria la rimessione alle Sezioni Unite - nell'estendere la responsabilita' precontrattuale anche nelle ipotesi in cui il contratto si sia concluso, attraverso un'applicazione generalizzata dell'articolo 1337 c.c. 8.12. Il cambiamento di indirizzo ha colto le riflessioni di autorevole dottrina e le innovazioni derivanti dalla legislazione e dalla giurisprudenza comunitaria. 8.13. In primo luogo, e' stato osservato che il dato letterale dell'articolo 1337 c.c. " le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede" non preclude l'applicabilita' della norma alla fase successiva alla conclusione del contratto ed a tutto il periodo di esecuzione dello stesso. 8.14. E' stata sottoposta a rimeditazione la ripartizione e la regola di non interferenza tra regole di comportamento e regole di validita': secondo l'impostazione tradizionale, la violazione dei doveri di comportamento ha conseguenze esclusivamente sul piano risarcitorio e non puo' incidere sulla validita' dell'atto mentre le regole di validita' attengono alla struttura dell'atto e l'assenza dei requisiti di validita' impedisce all'atto di produrre effetti giuridici. 8.15. Si e' superato il principio di non interferenza tra regole comportamento e regole di validita', osservandosi come nella legislazione di matrice comunitaria in tema di contratti venga individuata, tra i requisiti di validita', l'osservanza di norme comportamentali, come accade per i contratti del consumatore o tra imprese con abuso di posizione economica dominante, in cui sussiste una asimmetria del potere contrattuale delle parti. 8.16. In tale ottica, una parte della dottrina ha ravvisato nell'articolo 1337 c.c. una norma di chiusura rispetto alle regole di validita' nel senso che conferisce rilevanza a scorrettezze non considerate da tali norme, assumendo una funzione correttiva dell'equilibrio economico risultante da un contratto valido. 8.17. Con la sentenza della I Sezione Civile del 29/09/2005, n. 19024 viene definitivamente superato il filone giurisprudenziale per il quale la configurabilita' della responsabilita' precontrattuale ex articolo 1337 c.c. e' preclusa dalla intervenuta conclusione del contratto e tale orientamento, salvo occasionale oscillazione di segno contrario (tra cui proprio Cassazione civile sez. II, 05/02/2007, n. 2479) e' divenuta dominante. 8.18. La Corte ha affermato in modo chiaro che la "contrarieta'" a norme imperative, considerata dall'articolo 1418 c.c., comma 1 quale "causa di nullita'" del contratto, postula che essa attenga ad elementi "intrinseci" della fattispecie negoziale, che riguardino, cioe', la struttura o il contenuto del contratto (articolo 1418 c.c., comma 2). I comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle trattative o durante l'esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale, sicche' la loro eventuale illegittimita', quale che sia la natura delle norme violate, non puo' dar luogo alla nullita' del contratto a meno che tale incidenza non sia espressamente prevista dal legislatore (ad es., articolo 1469 ter c.c., comma 4, in relazione all'articolo 1469, quinquies, comma 1 cit. codice). 8.19, L'ambito di rilevanza della responsabilita' contrattuale non e' quindi circoscritto alle ipotesi in cui il comportamento non conforme a buona fede abbia impedito la conclusione del contratto o abbia determinato la conclusione di una contratto invalido ovvero inefficace. 8.20. La Corte ha chiarito che l'ambito di rilevanza della regola posta dall'articolo 1337 c.c. va ben oltre l'ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative e assume il valore di una clausola generale, il cui contenuto non puo' essere predeterminato in maniera precisa, ma certamente implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. 8.21. L'esame delle norme positivamente dettate dal legislatore pone in evidenza che la violazione di tale regola di comportamento assume rilievo non solo nel caso di rottura ingiustificata delle trattative (e, quindi, di mancata conclusione del contratto) o di conclusione di un contratto invalido o comunque inefficace (articoli 1338, 1398 c.c.), ma anche quando il contratto posto in essere sia valido, e tuttavia pregiudizievole per la parte vittima del comportamento scorretto (1440 c.c.). 8.22. Da tale ultimo orientamento deriva il convincimento che la disposizione dell'articolo 1337 c.c. sia, al pari di quelle degli articoli 1175 e 1375 c.c., norma meramente precettiva o imperativa positiva, dettata a tutela ed a limitazione degli interessi privatistici nella formazione ed esecuzione dei contratti, e non puo', percio', essere inclusa tra le "norme imperative", aventi invece contenuto proibitivo, considerate dall'articolo 1418 c.c., comma 1 la cui violazione determina la nullita' del contratto. Fuori dell'ipotesi di responsabilita' precontrattuale (che si ha quando una parte receda dalle trattative dopo aver determinato nell'altra l'affidamento sulla conclusione del contratto), la violazione dell'obbligo generico di comportarsi secondo buona fede non implica ne' responsabilita' civile, ne' invalidita' del contratto, ove il comportamento scorretto non integri una determinata ipotesi legale cui sia connessa quella specifica sanzione civilistica, come confermato anche dalla disciplina dettata, in tema di dolo, dagli articolo 1439 e 1440 c.c. 8.23. Per quanto riguarda la determinazione del danno, in caso di comportamenti precontrattuali od esecutivi illegittimi, qualora esso derivi da un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minor vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti', salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto. 8.24. Sul solco della citata pronuncia, si pone Cass. N. 2497/2005 che consolida la tesi della compatibilita' tra validita' del contratto e responsabilita' ex articolo 1337 c.c. Anche in tale decisione, si afferma che, in caso di comportamenti scorretti, il risarcimento va ragguagliato al minor vantaggio o al maggior aggravio economico determinato dal comportamento scorretto (Cassazione civile sez. III, 08/10/2008, n. 24795). 8.25. Successivamente, le Sezioni Unite, sia pur in un obiter dictum, hanno consolidato l'orientamento che estende la responsabilita' precontrattuale anche all'ipotesi della conclusione di un valido contratto (Cass. 19.12.2007, n. 26724). 8.26. Si e' giunti, quindi, in tempi piu' recenti ad affermare funditus che la regola posta dall'articolo 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale e che la violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto (Cassazione civile sez. I, 23/03/2016, n. 5762; Cassazione civile sez. VI, 21/10/2013, n. 23873). 8.27. Puo' dirsi quindi assodato che la responsabilita' precontrattuale non viene piu' considerata come un insieme chiuso di ipotesi sanzionatorie rigidamente predeterminate bensi' come uno strumento flessibile per sanzionare comportamenti scorretti anche in presenza di un contratto valido ma svantaggioso, concluso a causa di una condotta sleale che non si traduce in dolo ma in un comportamento non conforme a buona fede. 8.28. Attraverso tale ricostruzione, vengono abbattuti i limiti dell'interesse negativo sicche' il risarcimento va commisurato al "minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle condizioni diverse a cui sarebbe stato stipulato il contratto, senza l'interferenza del comportamento scorretto di una delle parti e comunque avendo riguardo a tutti i danni collegati a tale comportamento da un rapporto conseguenziale e diretto. 8.29. E' rimesso al giudice di merito l'accertamento in fatto della responsabilita' della parte alla quale sia imputabile il comportamento scorretto o l'omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso. 8.30. Nel caso di specie, la corte di merito ha accertato che l'Istituto di credito, con ripetute note trasmesse all'indirizzo dell'avvocato prospetto' l'ipotesi di una crescita del fatturato e si complimento' con il professionista per i risultati raggiunti nel sistema di indicatori di rating, che erano i piu' alti nel foro di appartenenza, creando nel professionista una ragionevole aspettativa di ricevere ulteriori incarichi. 8.31. In particolare, con la corrispondenza antecedente alla stipula della convenzione e, segnatamente con la nota del 7.3.2008, l' (OMISSIS) s.p.a. prospetto' all'Avv. (OMISSIS) che l'adesione alla convenzione avrebbe potuto determinare una prospettiva di maggiore affluenza del contenzioso affidato dall'istituto bancario. Del medesimo tenore erano le note trasmesse dopo la stipula dell'accordo- convenzione sicche', secondo l'apprezzamento della corte di merito, non era ravvisabile in nessuno di tali documenti un atto di integrazione dell'accordo che obbligasse la banca a conferire ulteriori incarichi ne' tale obbligo era rinvenibile nel testo del contratto. L'accordo -convenzione era uno strumento operativo che consentiva al professionista di colloquiare costantemente con la banca sicche' la circostanza che l' (OMISSIS) s.p.a. non avesse conferito ulteriori incarichi non costituiva inadempimento contrattuale. 8.32. Nondimeno, il comportamento dell'istituto di credito integrava un'ipotesi di responsabilita' precontrattuale per violazione del principio di buona fede, in quanto con ripetute note indirizzate all'avvocato veniva prospettata una crescita del fatturato e, dopo la sottoscrizione dell'accordo, veniva riconosciuto l'ottimo risultato raggiunto secondo gli standard previsti dall'istituto di credito, che dispensava elogi al professionista per il rating raggiunto. 8.33. Detti comportamenti, anteriori e successivi all'accordo, erano idonei a generare una concreta aspettativa di collaborazione e, quindi, di opportunita' di lavoro, grazie ad una riorganizzazione dello studio professionale sicche' la mancata assegnazione di ulteriori pratiche, senza alcuna plausibile giustificazione e nonostante le ripetute promesse, possono dirsi idonee ad integrare la violazione dell'articolo 1337 c.c. 8.34. Furono i comportamenti scorretti dell' (OMISSIS) s.p.a. ad indurre l'Avv. (OMISSIS) alla riduzione dei compensi professionali in relazione agli incarichi affidati in vista della promessa di conferimento di nuovi incarichi, giustificati dal raggiungimento degli standard richiesti dall'Istituto e dal piu' alto rating del foro di appartenenza. 8.35. Alla luce di tale accertamento, e' irrilevante che la violazione del dovere di buona fede sia intervenuto cronologicamente a valle e non a monte della conclusione per escludere la responsabilita', anche in caso di comportamenti scorretti in costanza o in epoca successiva alla conclusione del contratto. 8.36. Corretta e' stata altresi' la determinazione del risarcimento del danno nei limiti dell'interesse negativo, tenendo conto del contenuto piu' oneroso dell'accordo-convenzione stipulato in seguito al comportamento scorretto della banca e dell'aggravio dell'attivita' professionale richiesta in vista del raggiungimento del rating migliore. 8.37. La liquidazione del danno e' avvenuto sulla base del criterio equitativo ed e' stato parametrato alla meta' del fatturato delle prestazioni riscosse negli anni 2005-2007, considerando il minor reddito rinveniente dalle pratiche gia' assegnate ed il mancato realizzo reddituale conseguente alla legittima aspettativa del conferimento di nuovi incarichi. 8.29. La corte di merito si e' quindi conformata al principio secondo cui, in tema di responsabilita' precontrattuale, qualora il danno derivi da un contratto valido ed efficace ma sconveniente, il risarcimento deve essere ragguagliato al minor vantaggio o al maggiore aggravio economico determinato dal contegno sleale di una delle parti, salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto. 9. Con il quarto motivo del ricorso principale, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 relativo al rimborso della somma di Euro 20.000,00 per trasformare gli atti dei fascicoli in files informatici anche sotto il profilo dell'indebito arricchimento. 9.1. Il motivo non e' fondato. 9.2. La corte di merito ha motivato sulla domanda relativa alla richiesta di rimborso delle spese sostenute per trasformare gli atti dei fascicoli in files informatici, ritenendo che si trattasse di un obbligo rientrante nella convenzione, sicche' non e' ravvisabile alcun vizio motivazionale, neanche sotto il profilo dell'indebito arricchimento, escluso dall'esistenza di un accordo negoziale. 10. Vanno quindi rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale". 11. Attesa la reciproca soccombenza, le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti. 12. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale ed incidentale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SCARLINI Enrico V.S. - Presidente Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere Dott. ROMANO Michele - Consigliere Dott. SESSA Renata - Consigliere Dott. RICCARDI Giuseppe - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso la sentenza del 08/06/2020 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ORSI Luigi, che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' dei ricorsi; uditi i difensori: - l'Avv. (OMISSIS), per la parte civile Citta' METROPOLITANA DI REGGIO CALABRIA, quale sostituto processuale, deposita conclusioni e nota spese a firma Avv. (OMISSIS) alle quali si riporta; - L'Avv. (OMISSIS), per la parte civile COMUNE (OMISSIS), quale sostituto processuale, deposita conclusioni e nota spese a firma avv. (OMISSIS); - l'Avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell'Avv. (OMISSIS), si riporta ai motivi di ricorso; - L'Avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell'Avv. (OMISSIS), si riporta ai motivi di ricorso; - L'Avv. (OMISSIS), anche in sostituzione per delega orale dell'Avv. (OMISSIS), il quale arriva successivamente all'apertura del verbale, si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento degli stessi; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS), anche in sostituzione dell'Avv. (OMISSIS), si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell'Avv. (OMISSIS) e dell'avv. (OMISSIS), si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS), anche quale sostituto processuale dell'avv. (OMISSIS), si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS), si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso; - L'Avv. (OMISSIS), arrivato in un momento successivo all'apertura del verbale, alle 13:55 conclude riportandosi ai motivi di ricorso e insistendo per raccoglimento degli stessi. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 08/06/2020 la Corte di Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza emessa, all'esito del giudizio abbreviato, dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria il 07/07/2017, ha confermato l'affermazione di responsabilita' penale nei confronti di numerosi imputati per i reati associativi di cui all'articolo 416 bis c.p. (capo 30) e di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, (capo 1), nonche' per una serie di reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, in materia di narcotraffico, e per una serie di reati-fine del sodalizio mafioso (porto e detenzione di armi, ricettazione, intestazione fittizia di beni), loro rispettivamente ascritti. In particolare, il procedimento trae origine dalle indagini svolte per la ricerca e la cattura dei latitanti della famiglia (OMISSIS) di (OMISSIS), nell'ambito delle quali sono emerse le figure dei fratelli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), legati da rapporti di parentela con gli (OMISSIS). L'attivita' investigativa e' stata suddivisa in due principali settori: il primo riguarda il narcotraffico interno ed internazionale, gestito dall'organizzazione capeggiata dai fratelli (OMISSIS), in contatto con trafficanti stranieri operanti tra l'Europa ed altri continenti; il secondo concerne il delitto di associazione mafiosa di cui al capo 30 e i delitti scopo. Nell'ambito di tali indagini sono state avviate intercettazioni telefoniche ed ambientali: in particolare dal 21 dicembre 2012, in seguito alla scarcerazione di (OMISSIS), sono stati captati dialoghi all'interno dell'abitazione di (OMISSIS) ritenuti rilevanti per l'inquadramento degli assetti del gruppo mafioso di riferimento, confermando il ruolo apicale rivestito da (OMISSIS). Analogamente intercettazioni ambientali sono state realizzate per due anni all'interno delle abitazioni di (OMISSIS), considerato tra i principali gregari di (OMISSIS). Inoltre, mediante rogatoria internazionale sono state acquisite le intercettazioni ambientali eseguite nei locali della ditta (OMISSIS), in (OMISSIS), concernenti le attivita' delle famiglie (OMISSIS) e (OMISSIS). Secondo gli esiti investigativi e le risultanze delle sentenze irrevocabili pronunciate nei processi "Nostromo" e "Crimine", e' emersa l'esistenza e l'operativita' di tre cosche locali: 1) il "locale" di Siderno facente capo ai (OMISSIS), e collegato altresi' all'articolazione mafiosa insediatasi a Toronto, in Canada (secondo quanto gia' accertato nei processi (OMISSIS) e (OMISSIS)); 2) il "locale" di (OMISSIS), facente capo a (OMISSIS); 3) il "locale" di (OMISSIS), facente capo ai (OMISSIS)- (OMISSIS). Tali cosche operavano all'interno della struttura unitaria della âEuroËœndrangheta, accertata nell'ambito del processo (OMISSIS). 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto due motivi. Condannato per il reato di cui all'articolo 512 bis c.p., aggravato dall'agevolazione mafiosa di cui al capo 29. 2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione ed il travisamento della prova in relazione al contenuto delle intercettazioni valorizzate per l'affermazione di responsabilita'. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un travisamento della prova, in quanto dalla intercettazione del 22/01/2013 emergerebbe l'estraneita' sia del (OMISSIS), sia del suo interlocutore, (OMISSIS), in ordine alla proprieta' della pescheria, in quanto gli stessi rievocavano fatti del passato, gia' oggetto di indagini nel procedimento c.d. (OMISSIS), e sottoposta a sequestro. Quanto al monologo del ricorrente, captato il 11/10/2012, la sentenza ha ritenuto che l'imputato volesse prepararsi il discorso da fare al cognato, (OMISSIS), ma la Corte avrebbe travisato il contenuto della conversazione captata il 22/01/2013, in quanto la pescheria cui facevano riferimento gli interlocutori era quella gia' sottoposta a sequestro nel processo (OMISSIS). Erroneo sarebbe anche il riconoscimento dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa, trattandosi di attivita' commerciale con una situazione debitoria seria, ed esclusa dal Tribunale di Locri nel giudizio ordinario. 2.2. Con un secondo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche, lamentando che non siano stati valorizzati gli elementi presi in considerazione per ridurre la pena ed escludere la recidiva. 3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi. Condannato per il reato di trasporto di 5,8 kg. di marijuana, esclusa l'aggravante dall'agevolazione mafiosa, di cui al capo 6. 3.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p., ed il vizio di motivazione in relazione all'individuazione del ricorrente con riferimento all'utenza telefonica attribuita. Sostiene al riguardo che il contenuto della conversazione intercettata ("ha detto mio fra' se sei andato a prendergli il motorino di suo figlio") nei confronti del fratello, (OMISSIS), sarebbe stato travisato, sulla base di un ragionamento ipotetico e congetturale; la circostanza che l'imputato avesse un figlio all'epoca di soli 4 anni, che non poteva avere il motorino, non sarebbe indiziante di un linguaggio criptico, ed inoltre la data di nascita dell'imputato non sarebbe quella del 25/11/1979. 3.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge, lamentando che la gravita' indiziaria sia stata ricavata solo da intercettazioni etero-accusatorie generiche, in assenza di riscontri esterni obiettivi, e comunque sulla base di elementi ritenuti insufficienti per il reato di cessione e riacquisto della droga, valorizzando una conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) (a p. 343 della sentenza) che non sarebbe esaustiva. 3.3. Con il terzo motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche. 4. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto due motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato per il reato di trasporto di 5,8 kg. di marijuana, esclusa l'aggravante dall'agevolazione mafiosa, di cui al capo 6. 4.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'articolo 192 c.p.p., ed il vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita'. Premessi diffusi richiami alla giurisprudenza di legittimita' in materia di valutazione della prova indiziaria e del principio del ragionevole dubbio, lamenta che la condanna di (OMISSIS) - per avere, insieme al fratello (OMISSIS), rivestito il ruolo di fornitore di stupefacente per il gruppo facente capo a (OMISSIS), della sostanza che e' stata poi affidata a (OMISSIS) per il trasporto sul mercato, e sequestrata il 31 maggio 2013 a (OMISSIS) - sarebbe erronea, in quanto dagli elementi emersi deve escludersi qualsivoglia asserito collegamento tra (OMISSIS) e i fratelli (OMISSIS), come desumibile dalla conversazione captata l'8 giugno 2013 tra quest'ultimo e la moglie di (OMISSIS), (OMISSIS), attestante la disistima del (OMISSIS) nei confronti degli (OMISSIS); anche la valutazione della conversazione del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe congetturale, avendo la Corte territoriale ritenuto che il (OMISSIS), durante l'assenza per detenzione di (OMISSIS), avrebbe portato dei "sanlucoti" con un personaggio di (OMISSIS) dai siciliani, ordinari acquirenti della droga del gruppo facente capo ai (OMISSIS), e solo poi grazie all'intervento di (OMISSIS) Francesco, detto "(OMISSIS)", richiesto da (OMISSIS) e (OMISSIS), era stato possibile appianare i rapporti tra i gruppi criminali (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). Sottolinea al riguardo l'assenza di qualsivoglia indicazione nominativa, stante la generica menzione dei "sanlucoti", ma soprattutto l'inesistenza di qualsivoglia illecito collegamento tra (OMISSIS) e (OMISSIS); censura altresi' l'equivoca identificazione di (OMISSIS) desunta dal contenuto della conversazione del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dalla quale emergerebbe esclusivamente che il (OMISSIS) racconta alla donna di quanto avvenuto piu' di un anno prima quando le stesse persone, gli (OMISSIS), avrebbero tratto in inganno (OMISSIS); deduce altresi' l'assoluta lacunosita' delle dichiarazioni di (OMISSIS) e del riferimento alla moglie di (OMISSIS), individuata come "quella magrolina a nome (OMISSIS)", in difetto di qualsiasi dato di univocita' indiziaria comprovante la riferibilita' dell'asserzione alla signora (OMISSIS), moglie dell'imputato. La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare una serie di elementi, tra cui: l'inesistenza di qualsivoglia contatto visivo e telefonico con (OMISSIS), l'assenza dell'imputato nel periodo in contestazione dalla piazza di spaccio in Roma, l'insussistenza di contatti tra i germani (OMISSIS) nel periodo antecedente al trasporto dello stupefacente, l'assenza del ricorrente in occasione del prelievo del (OMISSIS) nel maggio 2013 dal rientro in Calabria da Roma presso la stazione FS di (OMISSIS), la mancata presenza di (OMISSIS) in Roma nelle giornate antecedenti al 31 maggio 2013, l'inesistenza di qualsiasi dichiarazione accusatoria del coimputato (OMISSIS), l'assenza dell'utilizzo di utenze telefoniche occulte o criptiche, e l'omessa valutazione di alcuni spunti della conversazione ambientale dell'8 giugno 2013. Oggetto di travisamento sarebbe altresi' la valutazione della visita di (OMISSIS), di rientro da Roma presso l'abitazione di (OMISSIS), ritenuta finalizzata a consegnargli danaro, mentre la predetta somma risulterebbe essere la rimanenza della cifra di 18.000 Euro che (OMISSIS) ha corrisposto a (OMISSIS) per l'acquisto di un'autovettura. 4.2. Con il secondo motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche. 5. Ha proposto ricorso per cassazione altresi' (OMISSIS), con atto degli Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto due motivi. Condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione ed Euro 24.000,00 per il reato di cui all'articolo 73, comma 5 di cui ai capi 9 e 10. 5.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge, sostenendo che non e' stato sequestrato neppure un grammo di droga e l'affermazione di responsabilita' si fonda unicamente sulla c.d. "droga parlata", ma le intercettazioni sarebbero di contenuto tutt'altro che univoco. La motivazione sarebbe contraddittoria laddove, da un lato, ritiene che i quantitativi di sostanza menzionati dai coimputati siano svariati e diversi tra loro, e, dall'altro, ritiene provato l'acquisto da parte del (OMISSIS) di 350 grammi di cocaina; nella specie, difetterebbe la prova anche dello stesso accordo del dell'acquisto dei 350 grammi, non emergendo neppure il prezzo della pattuizione. 5.2. Con il secondo motivo lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, sostenendo che il diniego sarebbe stato fondato su un precedente penale oggetto di patteggiamento, e dunque estinto ex articolo 445 c.p.p., e senza tener conto del comportamento ammissivo dell'imputato e della condotta di vita tenuta dallo stesso. 6. Ha proposto ricorso per cassazione l'Avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) - condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno nell'associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, di cui al capo 1 (cosi' riqualificato dalla Corte territoriale l'originaria imputazione di partecipazione) -, che ha dedotto il vizio di motivazione sostenendo che la Corte territoriale sarebbe incorsa in una contraddizione nella parte in cui ha escluso l'intraneita' del ricorrente nell'associazione dedita al narcotraffico, non di meno riconoscendo il concorso esterno dell'imputato sulla base di elementi che non consentirebbero di sostenere neppure che il soggetto avesse conoscenza dell'esistenza di un'associazione. Sotto altro profilo lamenta la contraddittorieta' della motivazione nella parte in cui ha assolto il coimputato (OMISSIS), nonostante la posizione processuale del tutto sovrapponibile rispetto a quella del (OMISSIS), anche per gli elementi probatori che vi erano a suo carico (contatti con (OMISSIS) e conversazioni telefoniche da cui sono emersi trasporti di stupefacente a Palermo per conto di quest'ultimo). 7. Ha proposto ricorso per cassazione altresi' (OMISSIS), con atto degli Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto due motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 10 anni di reclusione per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., di cui al capo 30. 7.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il ruolo di partecipe, con funzioni di capo organizzatore, dell'associazione di âEuroËœndrangheta denominata "(OMISSIS)". Lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di individuare qualsivoglia condotta di partecipazione intesa, secondo i principi affermati fin dalle Sezioni Unite "Mannino", come rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio. In particolare, tenendo conto dell'ampio profilo temporale considerato nel capo di imputazione, dal gennaio 2005 al settembre 2015, la Corte territoriale avrebbe svalutato la circostanza che per la gran parte del tempo indicato nell'imputazione (OMISSIS) si trovava in stato di arresto o di latitanza per poi emigrare in Canada; invero l'imputato era stato libero da gennaio 2005 al 27 settembre 2007, era stato latitante dal 27 settembre 2007 al 29 luglio 2008, aveva riacquistato la liberta' e nel dicembre 2009 si era trasferito in Canada, infine dal 23 agosto 2013 al settembre 2015 risultava detenuto in Canada. Cio' posto, durante i pochi periodi di liberta' in Italia, per un periodo complessivo di 2 anni e 8 mesi circa, a fronte di una contestazione che copre circa 10 anni, non e' emersa la commissione da parte del (OMISSIS) di alcuna condotta di partecipazione di un sodalizio mafioso. Cio' nonostante la Corte territoriale ha ritenuto compatibile con la condotta partecipativa anche i periodi di latitanza, arresto o trasferimento in Canada ritenendo che anzi lo stato di latitanza fosse un elemento indiziario unitamente al vincolo di parentela con (OMISSIS), ma pur in assenza di uno specifico accertamento giurisdizionale. Con riferimento al trasferimento in Canada dal dicembre 2009, fino alla successiva estradizione in Italia nel settembre 2015, lamenta che la sentenza impugnata abbia neutralizzato la valenza difensiva della circostanza, ritenendo invece che il trasferimento in Canada dimostrasse i suoi legami con la consorteria sidernese, essendo in Canada insediato un nutrito e ben organizzato gruppo criminale; tuttavia non vi sono elementi concreti dimostrativi di condotte partecipative del (OMISSIS) durante la permanenza in Canada, o comunque la loro strumentalita' rispetto ad affari di natura illecita riconducibile alla cosca mafiosa operante in (OMISSIS). La Corte d'appello avrebbe erroneamente rovesciato gli ordinari criteri di accertamento processuale ritenendo che anche l'arresto nell'ambito del procedimento (OMISSIS) non potesse dimostrare la dissociazione del (OMISSIS) dal sodalizio di appartenenza, e avrebbe omesso di richiamare qualsivoglia contatto degli imputati con uno degli altri esponenti della cosca di riferimento durante il periodo di latitanza o di detenzione. Non puo' esser sufficiente il richiamo generico ad intercettazioni tra soggetti diversi dal (OMISSIS) in cui viene fatto il suo nome; dalle intercettazioni emerge anzi il distacco di (OMISSIS) della cosca di appartenenza, come si ricava dalla conversazione del 9 marzo 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nel corso della quale si afferma che " (OMISSIS) se ne fotte dei suoi", facendo riferimento a vicende accadute proprio in Canada. Anche il contenuto della conversazione del 1 maggio 2008 (p. 795 della sentenza) in cui si fa riferimento alla reggenza della Locale di (OMISSIS), affermandosi che "ora (OMISSIS) e' latitante e dovrebbe essere (OMISSIS)", sarebbe stata erroneamente utilizzato dalla Corte territoriale per affermare che comunque (OMISSIS) sarebbe rimasto un membro apicale della cosca (OMISSIS), ma in assenza di qualsivoglia base fattuale. Le conclusioni della Corte territoriale sarebbero contraddette da una serie di elementi quali: 1) intercettazione del 14 agosto 2009 tra (OMISSIS) e il " (OMISSIS)", ovvero (OMISSIS), valorizzata solo in parte, senza tener conto che (OMISSIS) dimostra di non conoscere minimamente gli assetti del territorio a quella data; 2) l'intercettazione del 20 agosto 2009, da cui si desume che (OMISSIS) partecipa al ricevimento tenuto in occasione del matrimonio della figlia di (OMISSIS), ma non alla riunione che si tiene subito prima a (OMISSIS) durante la quale vengono conferite alte cariche mafiose; 3) la vicenda del (OMISSIS), l'unico episodio cui partecipa (OMISSIS) rispetto ad una contestazione che copre ben 10 anni, ed insufficiente a dimostrare una partecipazione attiva dello stesso al sodalizio; 4) le dichiarazioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), rese de relato e non confortate da altri elementi probatori. 7.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualifica di capo organizzatore della (OMISSIS), affermata in assenza di una specifica e precisa motivazione e dedotta quasi automaticamente. 8. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 2 anni di reclusione per il reato di cui all'articolo 512 bis c.p., di cui al capo 27. 8.1. Con un primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di trasferimento fraudolento di beni, con riferimento all'intestazione del "tabacchino" in passato appartenuto alla famiglia di (OMISSIS). Evidenzia al riguardo che, dalla conversazione ambientale del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), e' risultato che: il tabacchino era in passato appartenuto alla famiglia di (OMISSIS), che per ragioni economiche era stata costretto a venderlo; il tabacchino era stato acquistato dal cognato di (OMISSIS), (OMISSIS), e dal fratello di costui, (OMISSIS); inoltre, mentre (OMISSIS) era ancora latitante, quindi prima del 2008, anno del suo arresto, i fratelli (OMISSIS) sono andati a trovarlo per rappresentargli che stavano per vendere alla persona che all'epoca lo stava gestendo in affitto; percio' (OMISSIS) si adiro' e decise di ricomprarsi il tabacchino. Tuttavia, l'esercizio commerciale "sali e tabacchi" e' stato venduto soltanto in data 20 aprile 2015 da (OMISSIS) a (OMISSIS), il quale per circa due anni prima dell'acquisto era stato dipendente della ditta di (OMISSIS), proprio per valutare la convenienza dell'acquisto. Sostiene che la sentenza impugnata sia al riguardo manifestamente illogica e apodittica nell'affermare che, al contrario, (OMISSIS) si sia avvalso di (OMISSIS) per creare una continuita' nell'apparenza gestionale, come si evincerebbe anche da una conversazione ambientale del 18 marzo 2013 richiamata. Aggiunge che la Corte territoriale ha formulato una congettura nella parte in cui ha affermato che (OMISSIS) aveva manifestato ai (OMISSIS) la volonta' di non proseguire oltre in quella apparente titolarita', e in cui ha ritenuto inverosimile l'ipotesi alternativa che (OMISSIS) abbia ad un certo punto cambiato idea lasciando che un terzo soggetto ne acquistasse la piena esclusiva titolarita'. Del resto il "tabacchino" di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono nell'intercettazione ambientale del 22 gennaio 2013 non e' da identificarsi nella licenza per la vendita di "sali e tabacchi" acquistata il 20 aprile 2015 da (OMISSIS) dopo un periodo di gestione, ma nella proprieta' del locale che ospita la predetta rivendita; tant'e' che il (OMISSIS), dopo l'acquisto della licenza commerciale nel 2015, ha continuato a corrispondere il canone di locazione del tabacchino agli stessi danti causa della licenza commerciale, cioe' i fratelli (OMISSIS). Dall'intercettazione ambientale del 22 gennaio 2013 si evince invece che (OMISSIS) riferisce a (OMISSIS) che il tabacchino era finito nelle mani di suo cognato, (OMISSIS), e del fratello, e che questi, durante il periodo di latitanza di (OMISSIS), lo avevano chiamato per rappresentargli la loro volonta' di venderlo alla persona che gia' lo aveva in affitto; il (OMISSIS) si era indispettito e lo aveva acquistato per ragioni affettive e per costituire una possibile rendita nel tempo per la madre; nessun elemento probatorio e argomentazione logica viene offerta invece per dimostrare che dalla suddetta conversazione ambientale si evinca che la gestione sia rimasta in capo a (OMISSIS), anche perche' non vi era necessita' di sostituire (OMISSIS) ai fratelli (OMISSIS) ai quali (OMISSIS) avrebbe continuato a corrispondere l'affitto. Lamenta inoltre la contraddittorieta' della sentenza nella parte in cui ha ritenuto irrilevante l'assoluzione di (OMISSIS), nonostante l'ipotesi di reato contestata sia originata dalle dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che aveva parlato di un tabacchino a (OMISSIS) gestito da (OMISSIS), e ritenute inattendibili. Deduce infine l'omessa motivazione in ordine alla sussistenza di una condotta idonea ad integrare il reato di trasferimento fraudolento di bene, non essendo emersa alcuna prova che (OMISSIS) fosse il gestore di fatto dell'attivita' intestata a (OMISSIS), nonche' in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo con particolare riferimento alla consapevolezza di (OMISSIS) che la titolarita' del tabacchino che stava acquistando era dei (OMISSIS) e non di (OMISSIS). 8.2. Con un secondo motivo lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l'esclusione dell'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, e la severita' del trattamento sanzionatorio determinato non nel minimo edittale di due anni, bensi' nella pena base di tre anni di reclusione nonostante l'incensuratezza, la giovane eta', l'occasionalita' della condotta, la scarsa gravita' del fatto, e l'esclusione della circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa. 9. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 10 anni di reclusione per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., di cui al capo 30. 9.1. Con un primo motivo deduce la violazione di legge processuale in relazione all'articolo 169 c.p.p.. Eccepisce la nullita' della comunicazione ex articolo 169 c.p.p., inviata al domicilio estero di (OMISSIS), mancando in tale comunicazione l'indicazione del titolo del reato ascritto e della data e del luogo in cui sarebbe stato commesso, con conseguente nullita' degli atti successivi compresa la sentenza. L'articolo 169 c.p.p., e' diretto ad assicurare al destinatario l'effettiva conoscenza dei dati rilevanti, e, nel caso di specie, la mancata conoscenza del titolo del reato, del luogo e della data di commissione non ha consentito a (OMISSIS) di poter azionare tempestivamente il proprio diritto di difesa, come le facolta' di cui all'articolo 374 c.p.p., di rendere dichiarazioni spontanee. 9.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all'inutilizzabilita' delle intercettazioni ambientali eseguite all'estero, ed acquisite per rogatoria dall'Olanda, nell'ambito del procedimento c.d. (OMISSIS). Sotto un primo profilo, si deduce l'inutilizzabilita' delle intercettazioni captate in Olanda, nei locali della (OMISSIS) B.V., il 20/01/2015 ed il 09/03/2015, in quanto le autorita' olandesi non hanno trasmesso ne' i decreti autorizzativi ne' i verbali di registrazione delle intercettazioni. Lamenta al riguardo che la sentenza impugnata abbia rigettato l'eccezione richiamando una decisione della Corte di Cassazione resa nei confronti del coimputato (OMISSIS), nell'ambito della fase cautelare del medesimo procedimento (Sez. 2, n. 2173 del 22/12/2016, dep. 2017), sostenendo che alcuna inutilizzabilita' discenderebbe dal mancato deposito al fascicolo del procedimento italiano degli atti concernenti le intercettazioni assunte nel procedimento olandese, trattandosi di sanzione che non e' prevista dall'articolo 270 c.p.p., e non rientra tra quelle indicate dell'articolo 271. Tuttavia, la disciplina olandese delle intercettazioni presenterebbe profili di contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, in quanto i decreti di autorizzazione alle intercettazioni adottati dal giudice sono privi di motivazione, essendo soltanto la richiesta del pubblico ministero motivata; in tal senso il sistema olandese rispetterebbe la riserva di legge, ma non la riserva di giurisdizione. Il modello normativo olandese prevede dunque un sistema autorizzativo che demanda l'assolvimento dell'obbligo di motivare la richiesta ad un organo del potere esecutivo e percio' le intercettazioni olandesi sarebbero inutilizzabili. Sotto diverso profilo, viene dedotta l'inutilizzabilita' delle intercettazioni, per il mancato deposito dei verbali di ascolto e delle richieste di autorizzazione del pubblico ministero; tuttavia l'articolo 270 c.p.p., comma 2, richiede il deposito dei verbali di ascolto e delle registrazioni nel diverso procedimento proprio ai fini dell'utilizzazione di cui al comma 1, e i verbali di ascolto costituiscono proprio la prova della ricorrenza dei presupposti di legge per procedere alla intrusione nelle comunicazioni private, che altrimenti non sarebbero suscettibili di verifica. Nel richiamare giurisprudenza della Corte EDU e della Corte di Cassazione, il ricorrente sostiene che non essendo ipotizzabile l'esercizio all'estero del diritto di richiedere copie di atti del procedimento previsto dall'articolo 116 c.p.p., l'assenza dei verbali di ascolto e dei provvedimenti di richiesta del pubblico ministero avrebbe impedito il controllo del procedimento di captazione. 9.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di partecipazione, con funzioni apicali, all'associazione mafiosa. Mancherebbe una motivazione sugli elementi costitutivi dell'associazione mafiosa, e sulla partecipazione alla stessa dell'imputato, nonche' sul suo ruolo di capo; la sentenza impugnata avrebbe inoltre omesso la valutazione dei motivi di appello e degli argomenti difensivi. In particolare, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente attribuito rilievo alla mera adesione al sodalizio, la c.d. messa a disposizione, in contrasto con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimita' che richiedono l'esplicazione di un ruolo attivo, di una fattiva partecipazione al sodalizio, di un contributo causale all'integrazione del delitto associativo funzionale agli scopi del sodalizio. La sentenza impugnata avrebbe inoltre omesso di individuare le caratteristiche dei ruoli di capo e di organizzatore attribuite al (OMISSIS) senza delineare il contenuto degli elementi che distinguono il ruolo apicale da quello di mero partecipe, ed avrebbe omesso di rispondere su una serie di argomenti espressi nei motivi di appello, analiticamente richiamati, e concernenti, in particolare, l'identificazione di (OMISSIS) classe (OMISSIS) nel soggetto indicato nelle conversazioni intercettate come lo "Scelto" e i suoi interventi nella vita del sodalizio mafioso; mancherebbe inoltre l'indicazione di elementi aventi capacita' dimostrativa della adesione al sodalizio e della messa a disposizione, e l'affermazione di responsabilita' sarebbe fondata soltanto su generiche affermazioni fatte da terze persone nel corso di conversazioni alle quali l'imputato non ha partecipato, in assenza di elementi di riscontro. In particolare, l'affermazione di responsabilita' di (OMISSIS) e' fondata esclusivamente sul contenuto delle conversazioni intercettate intercorse tra (OMISSIS) e (OMISSIS): la sentenza impugnata ritiene affidabili tali conversazioni, sostenendo che (OMISSIS) e (OMISSIS) erano certamente a conoscenza diretta delle dinamiche piu' rilevanti del sodalizio, ma la Corte territoriale non spiega come mai dal tenore della conversazione si desumono una serie di affermazioni con le quali gli interlocutori dichiarano di non sapere e di non essere a conoscenza degli elementi invece attribuiti al (OMISSIS); anche su tali argomenti la sentenza impugnata avrebbe omesso di rispondere ai motivi di appello, limitandosi a rinviare alla sentenza di primo grado, che a sua volta si limitava ad una mera riproduzione del contenuto delle conversazioni intercettate. Lamenta inoltre che la sentenza impugnata non abbia spiegato una serie di vicende che avrebbero dimostrato l'intraneita' alla vita del sodalizio (come la vicenda di "(OMISSIS)" e della presunta confessione del Verduci), e non abbia motivato in ordine al ruolo di capo ed organizzatore pure attribuitogli. Sostiene infine che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto (OMISSIS) coinvolto nella lotta intestina alla âEuroËœndrangheta jonica tra i (OMISSIS) e i (OMISSIS), quale bersaglio del duplice tentato omicidio del 3 maggio 1987, in quanto vittima del tentato omicidio e' stato tale (OMISSIS) e non (OMISSIS). 10. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto quattro motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 2 anni di reclusione ed Euro 2000 di multa per il reato di ricettazione di cioccolata di cui all'articolo 648 c.p., di cui al capo 31. 10.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla omessa declaratoria di improcedibilita' per precedente giudicato assolutorio. Rappresenta di essere stato gia' giudicato per il medesimo reato e assolto dal Tribunale di Latina in relazione alla medesima vicenda della ricettazione della cioccolata Lindt commessa, secondo l'accusa, da (OMISSIS) in Latina, e redistribuita in Calabria, in Olanda e in Canada. La sentenza di assoluzione del Tribunale di Latina, emessa l'8 aprile 2019, e' divenuta irrevocabile il 23 settembre 2019 e concerne i medesimi fatti contestati nel presente procedimento, nel quale e' stata peraltro esclusa l'aggravante della agevolazione di un sodalizio mafioso. Innanzitutto, e' inconferente il riferimento all'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, in quanto l'identita' del fatto prescinde dall'idem legale, e sostiene che, una volta che (OMISSIS) e' stato giudicato per aver concorso con il padre nella ricettazione in Latina di tutta la partita di cioccolata di provenienza furtiva, non e' consentito nuovamente giudicarlo per averne successivamente ricevuto una parte in Canada. Deduce al riguardo la contraddittorieta' della sentenza impugnata nella parte in cui, rigettando la diversa eccezione di difetto di giurisdizione, ha richiamato la sentenza della Corte di Cassazione emessa in sede cautelare che aveva evidenziato come le diverse condotte di ricezione della merce hanno rappresentato frazioni di carattere esecutivo della piu' ampia e precedente operazione di acquisto della cioccolata rubata, finalizzata alla rivendita; in tal senso, l'unicita' del fatto di ricettazione e' stata disconosciuta ai fini del rigetto dell'eccezione di bis in idem. 10.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all'inutilizzabilita' delle intercettazioni ambientali eseguite all'estero, ed acquisite per rogatoria dall'Olanda, nell'ambito del procedimento c.d. (OMISSIS), proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate infra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). 10.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato di ricettazione, in particolare sotto il profilo dell'elemento soggettivo. Sotto un primo profilo lamenta che la responsabilita' sia stata affermata sulla base di dialoghi tra terzi soggetti ed in particolare di conversazioni di (OMISSIS) con (OMISSIS) o con tale (OMISSIS) da (OMISSIS) o tale (OMISSIS) del Canada. Lamenta inoltre che la conversazione del 20 gennaio 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non abbia quella capacita' dimostrativa che gli viene attribuita in relazione alla vendita sottocosto della merce; sostiene che (OMISSIS), che vive da sempre in Canada ed e' cittadino canadese, ha col padre correnti e cospicui rapporti di import-export di prodotti alimentari italiani, e percio' sussisterebbe una situazione di affidamento che escluderebbe la consapevolezza della provenienza illecita della merce; quanto all'asserita assenza di documenti di trasporto regolari ne contesta la fondatezza sotto un profilo fattuale. Con riferimento ai due dialoghi ai quali il ricorrente partecipa (29 novembre 2014 e 14 gennaio 2015), sempre soltanto con il padre (OMISSIS), ne contesta la significativita', evidenziando che l'impellenza a concludere la vendita del prodotto oltreoceano e' un elemento ambivalente sotto il profilo probatorio, trattandosi di prodotti alimentari in magazzino da tempo e soggetti peraltro a scadenza; in riferimento alla telefonata del 29 novembre deduce una criticita' della motivazione ed un travisamento della conversazione, evidenziando che era stato auspicato il riascolto della stessa che la Corte ha rigettato senza spiegare il motivo. 10.4. Con un quarto motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche. 11. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 8 anni di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30. 11.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all'inutilizzabilita' delle intercettazioni ambientali eseguite all'estero, ed acquisite per rogatoria dall'Olanda, nell'ambito del procedimento c.d. (OMISSIS), proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate infra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). Aggiunge al riguardo il sistema olandese rispetterebbe la riserva di legge, ma non la riserva di giurisdizione, in quanto il PM e' sottoposto alle direttive dell'esecutivo, secondo quanto stabilito anche dalla Corte EDU, Grande Camera, in una recente sentenza (24/11/2020). Il modello normativo olandese prevede dunque un sistema autorizzativo che demanda l'assolvimento dell'obbligo di motivare la richiesta ad un organo del potere esecutivo e percio' le intercettazioni olandesi sarebbero inutilizzabili. 11.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilita' per il reato associativo di cui al capo 30. (OMISSIS) era originariamente imputato di far parte della cosca (OMISSIS), ed in particolare della âEuroËœndrina di contrada Donisi di (OMISSIS), con ruolo apicale; tuttavia, e' stata esclusa la qualifica apicale, affermando esclusivamente la partecipazione dell'imputato. Lamenta che siano stati tuttavia obliterati nella decisione di appello i contributi dichiarativi dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), in tal modo omettendo di pronunciarsi sulle censure proposte con l'atto di appello e sulla valenza di prova a discarico della documentazione prodotta al riguardo dalla difesa; in particolare, (OMISSIS) aveva riferito che uno dei gruppi in odore di mafia aveva discendenti che possedevano un salone da barbiere a Toronto in Canada, mentre nella stessa citta' canadese era presente un'altra famiglia (OMISSIS) che aveva un panificio che nulla aveva in comune con gli imputati di questo processo, ne' con la âEuroËœndrangheta; (OMISSIS), invece, pur confessando di non poter affermare di sapere con certezza della loro appartenenza alla âEuroËœndrangheta, riferiva che i (OMISSIS) hanno un negozio di fiori e un vivaio anche a (OMISSIS); la difesa ha infatti prodotto documentazione per attestare che gli imputati di questo processo sono proprio i discendenti di coloro che avevano un panificio a Toronto, e che dunque non hanno nulla in comune con la âEuroËœndrangheta, e non hanno, ne' hanno mai avuto, un vivaio nei pressi di una concessionaria in (OMISSIS). Sotto tale profilo lamenta dunque una carenza di motivazione, a maggior ragione perche' la Corte territoriale aveva con ordinanza del 17 Febbraio 2020 ammesso la produzione documentale della difesa. Sotto altro punto di vista lamenta che la sentenza abbia escluso la contestata qualita' di apicale dell'imputato, ma abbia affermato la partecipazione al sodalizio mafioso sulla base della logica del piu' che contiene il meno, senza tuttavia verificare il quomodo della condotta. Nel contestare che si tratti effettivamente di una doppia conforme, in considerazione del vuoto motivazionale pressoche' assoluto della sentenza di primo grado, evidenza che la sentenza impugnata valorizza le intercettazioni ambientali tra il ricorrente e il cognato (OMISSIS) sotto il profilo della durata dei dialoghi e dell'interesse con cui i due trattano argomenti di sicura rilevanza per la consorteria considerata; gli elementi indiziari del ruolo di partecipe del ricorrente si ripeterebbero dunque dal contenuto dei dialoghi captati, ma soprattutto dal fatto che i due cognati impiegavano porzioni rilevantissime del loro tempo sul luogo di lavoro per discutere di questioni di rilievo per la consorteria, producendo pagine e pagine di trascrizione. Cio' posto lamenta tuttavia che gli elementi valorizzati dalla Corte territoriale non integrino i requisiti minimi per l'affermazione di responsabilita' a titolo di partecipazione al sodalizio mafioso, costituiti dall'affectio societatis sul terreno soggettivo, e sul piano oggettivo dal fattivo inserimento nell'organizzazione criminale, e dal ruolo concretamente svolto dall'agente; la Corte territoriale sembra invece aver ritenuto sufficiente una mera adesione morale al consorzio illecito, accontentandosi di una prova, basata sul contenuto dei dialoghi intercettati, che non dimostra alcun contributo fattuale alla vita e all'organizzazione del sodalizio; del resto la prova derivante dalle intercettazioni pone problemi allorquando gli elementi costitutivi del reato sono molti e differenti tra loro. Evidenzia inoltre come le dichiarazioni intercettate nel loro complesso non dimostrino un'appartenenza al sodalizio, ove si consideri che in plurimi passaggi il ricorrente dichiara apertamente di non voler essere coinvolto in affari illeciti. Peraltro, anche la durata dei dialoghi e' in realta' frutto di una suggestione, in quanto riguardano essenzialmente tre giorni a fronte di un'intercettazione durata circa 160 giorni, e durano poco tempo, oltre ad essere del tutto episodici. Aggiunge che il ricorrente si era recato in Canada per la gestione dei propri affari e non certo per ragioni inerenti al sodalizio criminale, e aveva ripetutamente, in maniera esplicita ed inequivocabile, dichiarato al cognato di non voler in alcun modo essere coinvolto in affari illeciti, con una condotta logicamente incompatibile con la figura dell'affiliato alla âEuroËœndrangheta. 11.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche. Lamenta che la pena sia stata determinata sulla base dell'aggravamento sanzionatorio disposto con la L. n. 69 del 2015, nonostante la prova del reato sia costituita dall'intercettazione ambientale del 9 marzo 2015, e non sia stata dimostrata una protrazione della condotta per il periodo successivo alla modifica normativa. Deduce inoltre che il diniego delle attenuanti generiche e' stato basato su un ragionamento illogico, valorizzando il pieno coinvolgimento nelle dinamiche associative, la partecipazione ad attivita' illecita di vario tipo, e l'assenza di segni di resipiscenza. 12. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con due distinti atti dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 8 anni e 6 mesi di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30. Ricorso Avv. (OMISSIS). 12.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 268, 271, 696, 729 e 729 bis c.p.p., e all'articolo 50, comma 3, Convenzione di Schengen, e l'inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite in Olanda. Sotto un primo profilo lamenta l'assenza dei decreti autorizzativi delle intercettazioni e dei verbali di ascolto, e la violazione dell'articolo 270 c.p.p., comma 2, con conseguente impossibilita' di verificare la legalita' delle operazioni di intercettazione, proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate infra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). Sotto un diverso profilo censura l'inutilizzabilita' delle intercettazioni per violazione delle norme sulle rogatorie: la rogatoria era stata infatti assunta in relazione al procedimento n. 1242/2013 RGNR Mod. 44 a carico di ignoti, mentre e' stata utilizzata nel diverso procedimento n. 7498/2010 RGNR. Il procedimento per il quale fu richiesta e concessa cooperazione tra gli Stati e' dunque diverso dal procedimento nel quale il risultato di tale cooperazione si pretende di utilizzare, non essendo sufficiente la pretesa identita' di tipologia di reato, l'associazione a delinquere di tipo mafioso, ne' l'assenza di condizioni poste dallo Stato richiesto. 12.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 416 bis, lamentando la mancanza o l'insufficienza della motivazione in relazione ai motivi di appello proposte. Deduce che a fondamento dell'affermazione di responsabilita' sia stata posta l'esaltazione del dato parentale, come momento di coesione criminale, evidenziando che (OMISSIS), gia' coniuge di (OMISSIS), sorella di un asserito capoclan, tradiva quest'ultima con un'altra donna appartenente ad altra famiglie di âEuroËœndrangheta, benche' gravitante nell'ambito della stessa consorteria (OMISSIS). Tanto premesso, denuncia il travisamento della prova da intercettazione sostenendo che l'interpretazione delle conversazioni captate, da parte dei giudici del merito, sia errata, e proponendo una diversa interpretazione di alcune conversazioni: l'intercettazione del 9 gennaio 2009 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui il (OMISSIS) riferisce una colorita espressione di tale (OMISSIS) riguardante il (OMISSIS), del seguente tenore "perche' prima era (OMISSIS) di (OMISSIS) e ora (OMISSIS) di (OMISSIS)", e' stata interpretata come una collocazione di ordine criminale associativo, nel senso che il (OMISSIS), allorquando era coniuge di (OMISSIS), sorella di (OMISSIS) inteso "il (OMISSIS)", faceva parte della compagine di quest'ultimo; nel momento in cui interveniva la vicenda sentimentale tra il (OMISSIS) e (OMISSIS), figlia di (OMISSIS), altro partecipe apicale della consorteria (OMISSIS), il (OMISSIS) diveniva un sodale di (OMISSIS). Analogamente la conversazione del 5 febbraio 2015 tra (OMISSIS), fratello del ricorrente, e (OMISSIS), in cui il primo censura il comportamento del (OMISSIS) consistito nell'aver invitato i compaesani in terra canadese a non salutare o comunque ad isolare (OMISSIS); la conversazione del 12 gennaio 2010 tra (OMISSIS), inteso "il (OMISSIS)", e tale (OMISSIS), in cui quest'ultimo afferma che (OMISSIS) sarebbe stato cacciato dalla societa' ad opera del fratello. Al riguardo deduce che l'estromissione del (OMISSIS) non riguardava una societa' criminale, bensi' la societa' commerciale florovivaistica della famiglia (OMISSIS), secondo quanto documentato dalla difesa; gli incontri e le frequentazioni tra (OMISSIS) e il cognato (OMISSIS) classe 56, ritenuto ai vertici dell'associazione, e' un dato neutro. Evidenzia che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria aveva gia' annullato per assenza di gravita' indiziaria l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, sottolineando l'assenza di condotte specifiche, e le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS); l'ordinanza veniva confermata dalla Corte di Cassazione (Sez. 5, n. 3870 del 04/10/2016). Lamenta che l'appartenenza associativa dell'imputato sia stata fondata sugli stessi elementi ritenuti inidonei indiziariamente a sorreggere la misura cautelare, valorizzando la vicenda sentimentale del ricorrente con (OMISSIS), sulla cui connotazione personale non puo' residuare alcun dubbio. Denuncia al riguardo la violazione dei criteri di valutazione della prova e della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio, lamentando il travisamento delle intercettazioni, posto che: la conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) del 9 gennaio 2009 e' connotata da scherno ed ironia, e comunque non evidenzierebbe alcuna sostanziale mutazione di schieramento, poiche' sia il (OMISSIS) sia il (OMISSIS) (OMISSIS) appartenevano al medesimo sodalizio mafioso; la conversazione del 5 febbraio 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe priva di valenza indiziaria, in quanto il primo si lamenta delle reazioni di (OMISSIS) tendente a isolare i (OMISSIS); in ogni caso il significato dei colloqui e' ambiguo, e, a maggior ragione con riferimento al reato associativo, non appare in grado di risolvere i problemi interpretativi e valutativi. Nel richiamare gli approdi della giurisprudenza di legittimita', ed in particolare delle Sezioni Unite "Mannino", nonche' i confini tra connivenza compiacente o mera frequentazione episodica di soggetti apicali e vera e propria condotta partecipativa, sostiene che manchi la prova di un apporto concreto, di un contributo fattivo alla vita del sodalizio del ricorrente, limitandosi la Corte territoriale ad una affermazione di mera appartenenza. Per altro evidenzia la speculare posizione dell'odierno ricorrente con quella del fratello (OMISSIS), che e' stato assolto. 12.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al reato di ricettazione della cioccolata di cui al capo 31. Evidenzia al riguardo che la dichiarazione resa da (OMISSIS), che aveva riferito del viaggio di (OMISSIS) in Olanda per prelevare il server della societa' (OMISSIS) in quanto poteva contenere prove importanti, non puo' essere valutata a carico, in quanto, come sottolineato dalla memoria difensiva depositata ed ignorata, il (OMISSIS) ha recuperato il server per fornirlo agli inquirenti, tanto che e' stato messo a disposizione dei magistrati di Latina e di Roma per la ricostruzione della storia contabile della societa' olandese; inoltre non e' stato considerato che il (OMISSIS) aveva riferito del ruolo del tutto marginale di (OMISSIS) nelle aziende di famiglia, essendosi egli relazionato quasi esclusivamente con (OMISSIS). Quanto all'asserita condotta di ricettazione, vengono evidenziati una serie di contatti telefonici tra (OMISSIS) e il fratello (OMISSIS); al riguardo, sostiene che la conversazione del 31 luglio 2014 valorizzata dalla Corte territoriale non e' intercorsa con (OMISSIS), bensi' tra (OMISSIS) e (OMISSIS). Inoltre, dalla conversazione del 31 luglio 2014 emerge che (OMISSIS) si mostra indifferente, quasi infastidito, rispetto all'invito del fratello (OMISSIS) di proporre al supermercato MD di (OMISSIS) l'acquisto della cioccolata. Con riferimento all'aggravante dell'agevolazione mafiosa lamenta l'assenza di qualsivoglia motivazione. Infine deduce la violazione del divieto di un secondo giudizio ex ad 649 c.p.p., evidenziando che l'imputato e' stato gia' assolto con sentenza irrevocabile dal tribunale di Latina, con riferimento al medesimo fatto storico. 12.4. Con il quarto motivo deduce vizi di motivazione in relazione al riconoscimento della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche. 12.5. L'Avv. (OMISSIS) ha depositato motivi nuovi, reiterando le doglianze proposte. Ricorso Avv. (OMISSIS). 12.6. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 268, 271, 696, 729 e 729 bis c.p.p., e all'articolo 50, comma 3, Convenzione di Schengen, e l'inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite in Olanda. 12.7. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'articolo 416 bis c.p. (capo 30), sulla base di argomentazioni sovrapponibili a quelle proposte dall'Avv. (OMISSIS). 12.8. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ricettazione della cioccolata (capo 31), sostenendo che non vi era consapevolezza della provenienza illecita, vista la tracciabilita' bancaria del pagamento, ne' la prova di collegamento con la fase antecedente. 12.9. Con il quarto motivo deduce la violazione del divieto di un secondo giudizio ex articolo 649 c.p.p., evidenziando che l'imputato e' stato gia' assolto con sentenza irrevocabile dal tribunale di Latina, con riferimento al medesimo fatto storico. 12.10. Con il quinto motivo lamenta il riconoscimento dell'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, con riferimento al reato di ricettazione, in assenza di prova del dolo specifico. 12.11. Con il sesto motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche, lamentando che la pena sia stata determinata sulla base dell'aggravamento sanzionatorio disposto con la L. n. 69 del 2015, nonostante la prova del reato sia costituita dall'intercettazione ambientale del 9 marzo 2015, e non sia stata dimostrata una protrazione della condotta per il periodo successivo alla modifica normativa. 13. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 8 anni di reclusione per concorso esterno nel reato associativo di cui al capo 30. 13.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge processuale in relazione agli articoli 191, 270, 271 e 729 bis c.p.p., in ordine all'inutilizzabilita' delle intercettazioni ambientali eseguite all'estero, ed acquisite per rogatoria dall'Olanda, nell'ambito del procedimento c.d. (OMISSIS), per l'assenza della documentazione a corredo delle captazioni trasmesse, e della conseguente inutilizzabilita' patologica, proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate in fra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). 13.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione per l'omessa valutazione autonoma delle intercettazioni e delle memorie difensive che sono state depositate nel giudizio di appello, con le quali veniva proposta una interpretazione alternativa delle conversazioni captate, con particolare riferimento al fatto che la conoscenza del (OMISSIS) con (OMISSIS) ed il cognato era legata ad affari leciti, cioe' l'attivita' di broker nel mercato dei fiori, che l'imputato risulta estraneo ad ogni altro troncone giudiziario in cui sono coinvolti i coimputati, che le modalita' di collaborazione dell'imputato nella ricettazione della cioccolata dimostrano una sua iniziale assenza di consapevolezza che si trattasse di provento di furto, e dell'assenza di consapevolezza che la famiglia (OMISSIS) fosse âEuroËœndranghetista. Lamenta dunque l'illegittimita' di una motivazione per relationem, mancando una autonoma valutazione del giudice di appello, in particolare delle memorie difensive prodotte. 13.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 416 bis. Sotto un primo profilo lamenta insufficienza della motivazione nella parte in cui, pur avendo enucleato una serie di indicatori fattuali sulla base dei quali aveva affermato l'intraneita' dell'imputato al sodalizio, ha poi riqualificato il fatto nel concorso esterno in associazione mafiosa; trattandosi tuttavia di due modalita' diverse di manifestazione del delitto associativo, il percorso motivazionale impiegato per la partecipazione non puo' esser riferito anche al concorso esterno. Sotto altro profilo lamenta la mancanza di motivazione in ordine all'elemento soggettivo proprio del concorso esterno, e dalla consapevolezza del contributo al perseguimento della realizzazione del programma delinquenziale del sodalizio. Inoltre deduce la mancanza di motivazione in ordine al profilo oggettivo del reato, non essendo descritto in cosa sia consistito il concreto consapevole e volontario contributo dell'imputato, essendosi la Corte territoriale limitata a richiamare l'episodio della cioccolata Lindt, che, tuttavia, oltre a non essere contestata nella forma aggravata dall'articolo 7, risulta un episodio occasionale e avulso dal contesto associativo, essendo l'associazione criminosa diretta e finalizzata alla commissione di altro genere di reati. Lamenta inoltre il travisamento della prova con riferimento alle 5 intercettazioni di dialoghi ai quali il (OMISSIS) avrebbe partecipato: in particolare l'intercettazione del 24 febbraio 2015 sarebbe insufficiente a dimostrare la partecipazione di (OMISSIS), in quanto anche la frase "sono 25 anni che mastico ndrangheta" avrebbe avuto un tono scherzoso, come affermato dal Tribunale del riesame nel provvedimento di annullamento dell'ordinanza cautelare; con riferimento agli altri dialoghi, non risulta che l'imputato partecipi agli stessi, essendo soltanto presente in alcuni di essi. Lamenta che anche gli interrogatori resi dal (OMISSIS) siano stati travisati, ritenendoli indizianti della sua partecipazione al sodalizio. Sotto un ulteriore profilo deduce che la vicenda della cioccolata Lindt sia stata erroneamente individuata come l'estrinsecazione di un contributo alla vita del sodalizio, mentre l'episodio costituisce evidentemente una vicenda estemporanea rispetto al programma criminale della consorteria; inoltre, l'imputato era intervenuto successivamente nella vicenda, non avendo egli partecipato all'acquisto della cioccolata, e non conoscendo originariamente la provenienza delittuosa della cioccolata. Deduce inoltre l'illogicita' della motivazione in ordine alla diversa valutazione della posizione di (OMISSIS), assolto dal delitto associativo pur in presenza di elementi di prova identici, e nonostante quest'ultimo fosse parente dei due partecipanti alle conversazioni captate: con riferimento al coimputato assolto, la vicenda della ricettazione della cioccolata e' stata ritenuta infatti insufficiente ad enucleare un contributo causale alla vita del sodalizio mafioso. 13.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al giudicato cautelare, evidenziando che il Tribunale del riesame aveva a suo tempo annullato l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di (OMISSIS), ritenendo che la condotta della ricettazione della cioccolata fosse specifica, isolata nel tempo e non direttamente ricollegabile al programma criminoso del sodalizio mafioso, tale dunque da non integrare quel concreto e rilevante contributo al perseguimento degli scopi associativi. Lamenta che anche gli interrogatori dell'imputato siano stati travisati, non avendo egli mai fornito ammissioni di un suo contributo partecipativo, ed essendo comunque stato assolto nel processo dinanzi al Tribunale di Latina. 13.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 114 c.p., nonostante non abbia partecipato fin dall'origine alla ricettazione della cioccolata rubata, e la valenza del contributo vada individuata con riferimento al reato associativo, e non gia' al reato di ricettazione. 13.6. Con il sesto ed il settimo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche. Lamenta che la pena sia stata determinata sulla base dell'aggravamento sanzionatorio disposto con la L. n. 69 del 2015, nonostante la prova del reato sia cessata con l'intercettazione ambientale del 24/02/2015, e non sia stata dimostrata una protrazione della condotta per il periodo successivo alla modifica normativa, considerando anche che si tratta di un concorso esterno. Deduce inoltre che il diniego delle attenuanti generiche e' stato basato su un ragionamento illogico, formulato nonostante l'esclusione della recidiva. 14. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannati a 10 anni e 6 mesi di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per la ricettazione della cioccolata (capo 31). 14.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge processuale in relazione all'articolo 129 c.p.p., articolo 345 c.p.p., comma 2, e articolo 721 c.p.p., sostenendo l'improcedibilita' dell'azione penale esercitata in danno dei fratelli (OMISSIS), in quanto la richiesta di estradizione in data 17 agosto 2016 non era ancora stata accordata dallo Stato canadese; in virtu' del principio di specialita' il soggetto estradato per determinati fatti-reato non puo' essere processato se non per i titoli per i quali e' stato consegnato allo stato richiedente. 14.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione all'articolo 169 c.p.p.. Eccepisce la nullita' della comunicazione ex articolo 169, inviata al domicilio estero dei fratelli (OMISSIS), mancando in tale comunicazione l'indicazione del titolo del reato ascritto e della data e del luogo in cui sarebbe stato commesso, con conseguente nullita' degli atti successivi compresa la sentenza. L'articolo 169, e' diretto ad assicurare l'effettiva conoscenza al destinatario dei dati rilevanti. 14.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 268, 270 e 271 c.p.p., e l'inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite in Olanda, proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate in fra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). 14.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 416 bis, lamentando che nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) siano state utilizzate sentenze irrevocabili rese in procedimenti penali nei quali non erano imputati, e contestando altresi' l'identificazione dei soggetti indicati nelle conversazioni intercettate come " (OMISSIS)" o " (OMISSIS)", e " (OMISSIS)" o " (OMISSIS)", o " (OMISSIS)". L'identificazione sarebbe dubbia anche perche' i timori espressi da (OMISSIS) sulla scarsa riservatezza dei fratelli nelle carceri e' incompatibile con il fatto che (OMISSIS) e' incensurato e non e' mai stato in carcere e che (OMISSIS) e' stato in carcere 17 anni prima della captazione. Sotto altro profilo deduce la totale assenza di prova dell'esercizio concreto del ruolo apicale che viene riconosciuto agli imputati, e l'incompatibilita' logica con la circostanza che uno e' incensurato e l'altro e' stato condannato per reato associativo cessato nel 1992. Deduce che in relazione alle intercettazioni inter alios, in particolare quelle eseguite in Olanda tra (OMISSIS) e (OMISSIS) non siano emersi riscontri, in assenza di univocita' dei dialoghi, e contesta che in esse i colloquianti si riferissero agli imputati (OMISSIS). La sentenza della Corte di Cassazione n. 570 del 2017 aveva del resto annullato l'ordinanza del riesame proprio in relazione alla corretta identificazione dei ricorrenti quali soggetti evocati con gli appellativi (OMISSIS) e (OMISSIS) o con quello (OMISSIS). Lamenta inoltre che nella sentenza di primo grado sia stata trasposta integralmente una memoria del PM in violazione del contraddittorio. Sotto altro profilo deduce che manchi la prova di un contributo concreto alla vita del sodalizio e dunque di una partecipazione all'associazione di tipo mafioso, desunto esclusivamente dalle intercettazioni tra terzi captate; manca al riguardo sia l'elemento oggettivo del contributo causale, sia l'elemento soggettivo della consapevolezza di far parte del sodalizio. 14.5. Con il quarto ed il quinto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato di ricettazione della cioccolata (capo 31) ed all'aggravante di cui all'articolo 416 bis.1 c.p.. La fonte di prova sarebbe costituita comunque da conversazioni tra terzi, mancando captazioni dirette, e mancherebbe comunque la prova della consapevolezza della provenienza delittuosa della cioccolata ricevuta dai fratelli (OMISSIS) in Canada dai figli di (OMISSIS), non emergendo elementi in tal senso da alcuna delle captazioni valorizzate. In ogni caso non ricorre l'aggravante dell'agevolazione del sodalizio mafioso trattandosi di una vicenda che riguarda singoli associati, che non coinvolge l'attivita' dell'associazione mafiosa. 14.6. Con il settimo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche. Lamenta che la pena sia stata determinata sulla base dell'aggravamento sanzionatorio disposto con la L. n. 69 del 2015 nonostante la prova del reato sia cessata con l'intercettazione ambientale del 09/03/2015, e non sia stato dimostrata una protrazione della condotta per il periodo successivo alla modifica normativa. Deduce inoltre che il diniego delle attenuanti generiche e' stato basato su un ragionamento illogico. 15. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 10 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), due reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi 12 e 14), e per il reato di partecipazione all'associazione mafiosa capeggiata dai (OMISSIS) (capo 30). 15.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo finalizzato al traffico di stupefacenti (capo 1). Sostiene che la prova del delitto associativo si e' fondata essenzialmente sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) - che descrive il ricorrente quale factotum dei (OMISSIS) - e sul contenuto di alcune intercettazioni; quali riscontri viene richiamato il rinvenimento di una microspia ambientale all'interno di un decoder (OMISSIS) a casa di (OMISSIS), oggetto della conversazione del 14 maggio 2013, ed una serie di conversazioni, anche ambientali, nonche' le indicazioni aventi ad oggetto sostanze stupefacenti contenute sul foglietto intestato a (OMISSIS) di (OMISSIS) rinvenuto in occasione dell'arresto di (OMISSIS), e relative a somme di denaro asseritamente imputabili all'acquisto di 2 kg di cocaina. Lamenta tuttavia che gli elementi di prova richiamati riguardino l'esistenza del sodalizio, non gia' la partecipazione del (OMISSIS) al medesimo, trattandosi di elementi inconferenti o che non contengono alcun oggettivo riferimento che consenta di individuare il (OMISSIS) di cui si parla nelle conversazioni intercettate nell'odierno ricorrente. Quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS) lamenta l'omessa considerazione, ai fini dell'attendibilita' delle sue propalazioni, della circostanza che proprio con riferimento a (OMISSIS) le circostanze riferite dal (OMISSIS) siano risultate prive di riscontro e addirittura smentite da prove di segno contrario: in particolare, (OMISSIS) e' stato assolto dal reato di cui al capo 27, in tal senso smentendo le dichiarazioni di (OMISSIS), che aveva riferito che l'esercizio commerciale, il tabacchino, era stato acquistato dai (OMISSIS) e da (OMISSIS) con i proventi della compravendita di 700/800 kg. di fumo. L'unico dato direttamente riferibile all'imputato attiene al rinvenimento del foglietto intestato al negozio del (OMISSIS), ma non si comprende in che termini tale circostanza possa dirsi idonea a riscontrare il narrato del collaboratore, trattandosi della mera intestazione di un block-notes di natura pubblicitaria sul quale (OMISSIS) scrive i suoi appunti. Con riferimento alla conversazione del 13 aprile 2015 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e tale (OMISSIS), che riscontrerebbe il narrato del collaboratore circa l'importazione di sostanza stupefacente dal Marocco, (OMISSIS) afferma in realta' che la sera precedente gli era stato comunicato che l'affare era sfumato, il che testimonia la mendacita' delle propalazioni del collaboratore, anche in riferimento alla collocazione temporale della presunta operazione, da questi alternativamente indicata nell'estate del 2013 o del 2014; la motivazione della sentenza impugnata e' sul punto congetturale, nella parte in cui sostiene che il tentativo fallito ad aprile 2014 e in un'occasione precedente potrebbe essere riuscito successivamente, ad inizio estate del 2014. Con riferimento al contenuto di alcune intercettazioni da cui si desumerebbe il coinvolgimento del (OMISSIS) nell'ambito del traffico di stupefacenti ascritto ai (OMISSIS), e richiamato quale prova del coinvolgimento nelle cessioni contestate ai capi 12 e 14, evidenzia come il ricorrente sia stato assolto dalla maggior parte degli episodi di compravendita di stupefacente contestati ai capi 2, 4, 5, 7, 9, 10, 11, 13, 15 e 27. Evidenzia al riguardo come l'asserita partecipazione del (OMISSIS) unicamente a due episodi di cessione non puo' essere posto a fondamento dell'affermazione di responsabilita' per il reato associativo, e sostiene al riguardo che, nella fattispecie, non sia configurabile il reato associativo di cui all'articolo 74 Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, bensi' un concorso di persone nel reato, mancando gli elementi caratterizzanti del sodalizio sotto il profilo della permanenza del vincolo e dell'elemento soggettivo. In particolare, dalla conversazione del 2 gennaio 2013 si evince come (OMISSIS) replichi alle lamentele di (OMISSIS) indicando quattro persone, che costituirebbero il vero organigramma dell'associazione, senza alcun riferimento a (OMISSIS), il quale non compare nell'elenco stilato da (OMISSIS); l'odierno ricorrente, dunque, non era intraneo al gruppo, anche per l'assoluta assenza di contatti con i coimputati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Con riferimento alle aggravanti dell'agevolazione di un sodalizio mafioso e della disponibilita' delle armi (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4), lamenta che la motivazione sia affidata ad una mera formula di stile secondo cui le attivita' di narcotraffico erano gestite al fine di agevolare le cosche mafiose di cui al capo 30, ma senza alcun concreto riferimento a dati fattuali, ed in particolare agli eventuali flussi in entrata, per l'associazione mafiosa, dei ricavi dell'attivita' legata al narcotraffico. Anche l'aggravante della disponibilita' delle armi e' stata affermata sulla base di una presunzione di conoscenza della disponibilita', ma senza alcuna indicazione di elementi concreti da cui desumere tale effettiva disponibilita' in capo ad almeno uno degli associati. 15.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al capo 30, sostenendo che al (OMISSIS) sia stata imputata anche la partecipazione al sodalizio mafioso dei (OMISSIS) senza che sia tuttavia emersa una condotta associativa distinta da quella finalizzata al narcotraffico. Pur essendo possibile la coesistenza di due distinte organizzazioni criminali, e dunque un concorso di reati, mancherebbe nella fattispecie la prova della partecipazione del ricorrente ad entrambi i sodalizi con il ruolo di partecipe allo stesso ascritto; non puo' attribuirsi automaticamente ai singoli la partecipazione all'associazione di stampo mafioso per il solo fatto della partecipazione ad un sodalizio dedito al narcotraffico. La partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio ndranghetistico di cui al capo 30 e' essenzialmente fondata sulla sua ritenuta partecipazione all'attivita' di narcotraffico, mentre non trova riscontro alcuno l'ulteriore segmento di condotta contestato, riferito alla collaborazione nella gestione dei patrimoni frutto di attivita' illecite, e dall'attivita' di procurare telefoni ai (OMISSIS), riferita dal collaboratore (OMISSIS), rimasta senza riscontro. Anche la conversazione del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), gia' richiamata, non e' chiaro se sia riferibile all'ordinamento gerarchico del sodalizio dentro il narcotraffico, o all'associazione ndranghetistica, o ad entrambe. Al riguardo il collaboratore (OMISSIS) aveva riferito inizialmente di non essere a conoscenza dell'appartenenza del ricorrente alla âEuroËœndrangheta, mentre ha successivamente sostenuto che il (OMISSIS) facesse parte della âEuroËœndrangheta perche' solo un appartenente ad essa puo' essere a conoscenza di notizie cosi' riservate, avuto riguardo agli organigrammi di un "locale" quale quello canadese, clone di quello di (OMISSIS). Privi di valenza di riscontro appaiono invece gli ulteriori elementi, quali l'impegno per sollecitare la partecipazione ai funerali di (OMISSIS), non essendo neppure emerso se il defunto fosse un partecipe alla âEuroËœndrangheta o anche solo un contiguo alla stessa, la presunta spedizione punitiva perpetrata contro una persona che non avrebbe adeguatamente mostrato rispetto verso (OMISSIS), desunto da una conversazione dell'8 settembre 2013, in cui vi e' menzione da parte degli interlocutori soltanto della presenza di tale (OMISSIS), senza che emergano ulteriori indici individualizzanti; inoltre (OMISSIS) era del tutto estraneo al processo (OMISSIS) nel quale erano imputati i fratelli (OMISSIS). Con riferimento all'aggravante della disponibilita' di armi lamenta l'assenza di elementi concreti da cui desumere tale effettiva disponibilita' in capo ad almeno uno degli associati, essendosi la sentenza trincerata dietro il richiamo alla natura storica del sodalizio di âEuroËœndrangheta. 15.3. Con un ulteriore motivo viene denunciata la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai reati di cui ai capi 12 e 14. Con riferimento al capo 12 viene contestato al (OMISSIS) di aver detenuto e ceduto, in concorso con (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), sostanza stupefacente del tipo cocaina, marijuana e hashish, e che il (OMISSIS) avrebbe, su direttiva dei (OMISSIS) (assolti), assicurato la disponibilita' dello stupefacente, mentre (OMISSIS) e (OMISSIS) provvedevano a detenerlo presso l'abitazione di (OMISSIS); il collegamento dell'odierno ricorrente alla vicenda in oggetto viene desunto esclusivamente dall'intercettazione del 17 gennaio 2014 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui si farebbe riferimento ad un quantitativo di stupefacente di (OMISSIS), ma materialmente in possesso di (OMISSIS), in cui entrambi riferivano che la sostanza doveva essere tagliata con caffeina ed efedrina e successivamente sistemata; la prova dell'operazione di compravendita di cocaina e' stata desunta dall'arresto di (OMISSIS), trovato in possesso di cocaina e delle due citate sostanze da taglio. Tuttavia l'arresto del (OMISSIS) e' avvenuto piu' di un anno dopo, nel marzo 2015, rispetto alla richiamata conversazione ambientale. La motivazione della Corte territoriale sarebbe erronea nella parte in cui sostiene che il gap temporale tra la conversazione e l'arresto di (OMISSIS) rafforzerebbe la tesi del coinvolgimento del (OMISSIS), in quanto, trattandosi di un reato permanente, il decorso del tempo non accompagnato dalla prova che incombeva sulla difesa della interruzione di ogni attivita' o rapporto del (OMISSIS) nel settore illecito varrebbe a dimostrarne la perdurante operativita' e l'incessante relazione tra lui e gli altri coimputati nell'ambito del narcotraffico. La motivazione sarebbe erronea in quanto puo' assumere natura permanente soltanto laddove sia accertata una prolungata relazione di disponibilita' della sostanza stupefacente da parte dell'agente, mentre mancano conversazioni riferibili alla cessione in oggetto, pur risultando conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nel periodo che va da gennaio 2014 a marzo 2015. Manca infine qualsiasi motivazione specifica in merito all'aggravante mafiosa. Con riferimento al capo 14 viene contestato al (OMISSIS) di aver commissionato, insieme ai fratelli (OMISSIS) e a (OMISSIS), l'acquisto di oltre 800 kg. di hashish, trasportati in Italia con l'ausilio di (OMISSIS), con l'aggravante dell'ingente quantita'. La prova principale e' rappresentata dalle conversazioni ambientali del 12 e 13 aprile 2014, in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) parlano di pescherecci che si sarebbero dovuti incontrare in alto mare; la circostanza sarebbe confermata dalle dichiarazioni di (OMISSIS), al quale (OMISSIS) avrebbe riferito di un traffico di fumo di 800 kg. da lui organizzato insieme a (OMISSIS). In realta' nella conversazione del 13 aprile (OMISSIS) afferma che la sera precedente gli era stato comunicato che l'affare era sfumato, il che confermerebbe la mendacita' delle propalazioni del collaboratore; inoltre, nel frammento di dialogo in cui (OMISSIS) fa riferimento a (OMISSIS), e quindi alla famiglia (OMISSIS), vi e' un passaggio in cui (OMISSIS) dimostra di non conoscere questi ultimi; inoltre, (OMISSIS), rivolgendosi alla moglie, riferisce che (OMISSIS) e' andato a farsi prestare i soldi, a dimostrazione della completa estraneita' di (OMISSIS) a qualsiasi gruppo criminale, altrimenti non sarebbe andato a farsi prestare dei soldi. Ulteriore smentita alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS) proverrebbe dalla vicenda dell'acquisto del tabacchino, gia' richiamata, in ordine alla quale (OMISSIS) e' stato assolto. 15.4. Con un ultimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, all'aumento per la continuazione e al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Lamenta in particolare che sia stata esclusa la qualifica di promotore contestata con riferimento al capo 30, benche' tale qualifica fosse stata gia' esclusa dalla sentenza di primo grado; l'errore avrebbe riverberato i propri effetti sulla determinazione della pena base, che avrebbe dovuto essere assai piu' favorevole. Sostiene che sia poi ingiustificata la misura dei singoli aumenti per i diritti avvinti dal vincolo della continuazione e lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e lo scostamento della pena dal minimo edittale. 15.5. I difensori hanno depositato motivi aggiunti, reiterando le doglianze gia' proposte con riferimento alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), alle conversazioni in ambientale tra (OMISSIS) e (OMISSIS), al reato associativo mafioso ed ai reati-fine. 16. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 13 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso (capo 30), in continuazione con la precedente condanna nel procedimento c.d. (OMISSIS). 16.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo. Premette che di essere imputato per aver fatto parte della âEuroËœndrangheta, nella sua articolazione denominata locale di (OMISSIS), con ruolo apicale, con contestazione dal 22 marzo 2011 fino al settembre 2015, e di essere stato gia' definitivamente condannato per il medesimo reato, nel procedimento (OMISSIS), contestato come commesso fino al 21 marzo 2011; dopo il termine finale della prima contestazione associativa (OMISSIS) ha trascorso un periodo, fino al 10 febbraio 2012, in stato di latitanza, mentre dal 15 febbraio 2012 ad oggi e' stato ininterrottamente detenuto in regime speciale di cui all'articolo 41 bis OP. Censura un primo argomento della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha affermato la responsabilita' dell'imputato sostenendo la permanenza di (OMISSIS) nell'associazione âEuroËœndranghetistica calabrese sulla base della assenza di segni di dissociazione o di resipiscenza e dello stato di latitanza per ben 19 mesi, trascorsi nella sua zona di influenza, essendo stato arrestato mentre era nascosto in un vano ricavato nel sottotetto della sua abitazione. Lamenta al riguardo che la permanenza del reato associativo e' stata interrotta con la contestazione chiusa formulata nel procedimento (OMISSIS), al 21 marzo 2011, e comunque sarebbe cessata con la sentenza di condanna di primo grado dell'8 marzo 2012. Seguendo il ragionamento della Corte territoriale l'imputato potrebbe essere condannato ciclicamente fino alla fine dei suoi giorni, ritenendolo âEuroËœndranghetista a vita. Nel richiamare principi giurisprudenziali di legittimita', afferma la necessita' della prova di una nuova condotta partecipativa, di un contributo, anche morale, alla vita e all'organizzazione del sodalizio. Contesta altresi' la circostanza, valorizzata dalla Corte territoriale, dello stato di latitanza per 19 mesi, ritenuta impossibile senza un concreto e sicuro appoggio di sodali fidati e di una generale omerta': l'imputato e' stato infatti catturato nel sottotetto della propria abitazione, e cio' farebbe desumere che abbia ricevuto l'aiuto dei propri familiari con lui conviventi (moglie e figli), che non risultano tra i sodali fidati, ne' sono mai stati incriminati per il reato associativo; la latitanza e' stata trascorsa interamente all'interno della propria abitazione, come desunto anche dalle intercettazioni ambientali, delle quali si evince che (OMISSIS) colloquiava con i propri familiari, nascondendosi nel sottotetto all'arrivo dei carabinieri. Censura un secondo argomento della motivazione, nella parte in cui valorizza le conversazioni intercettate durante la latitanza di (OMISSIS), dalle quali emergerebbe con chiarezza il mantenimento, anche in epoca successiva al marzo del 2011, di un ruolo di particolare rilievo e prestigio nella compagine associativa: in particolare, dalla conversazione del 16 novembre 2011 captata nell'abitazione di (OMISSIS) emergerebbe che questi, benche' latitante, era in grado di convocare diversi soggetti, nella specie (OMISSIS), contando sulla loro omerta', per essere tenuto al corrente di diverse attivita' economiche evidentemente ai limiti della legalita'; dalla conversazione intercettata il 20 febbraio 2013 nell'abitazione di (OMISSIS) si evince che (OMISSIS) e (OMISSIS) si propongono di far intervenire dei contatti politici per alleggerire in appello la condanna riportata da (OMISSIS). Deduce il travisamento della prova e l'illogicita' della motivazione, evidenziando che l'intercettazione comprende tre conversazioni presso l'abitazione dell'imputato, una con la cognata (OMISSIS), irrilevante in quanto avente ad oggetto il sequestro dei beni all'epoca subita nel processo (OMISSIS), una con la moglie e i due figli gemelli (OMISSIS) e (OMISSIS), e una terza con (OMISSIS); con riferimento a tale terza conversazione lamenta che non risulta che (OMISSIS) fosse in grado di convocare diverse soggetti, e che gli unici soggetti con i quali interloquisce nella conversazione sono il figlio (OMISSIS) e il genero (OMISSIS), ne' (OMISSIS) impartisce disposizioni ad alcuno, posto che i gemelli cui fa riferimento non sono altro che i due figli gemelli (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre (OMISSIS) e' stato assolto dalla stessa Corte di Appello, sul rilievo che non emergesse un coinvolgimento in attivita' criminose della cosca. Con riferimento alla conversazione del 20 febbraio 2013, captata nell'abitazione di (OMISSIS), evidenzia che manca la prova di qualsivoglia condotta posta in essere da (OMISSIS), che e' stato arrestato il 10 febbraio 2012 e posto in regime detentivo speciale; (OMISSIS) invece e' stato ininterrottamente detenuto in regime di 41 bis dal suo arresto risalente al 2008 fino al dicembre del 2012; quando (OMISSIS) e' stato scarcerato nel dicembre del 2012, quindi, (OMISSIS) era gia' detenuto da oltre 10 mesi in regime di 41 bis; la conversazione intercettata tra (OMISSIS) ed (OMISSIS) e' del 20 febbraio 2013, allorquando (OMISSIS) era gia' detenuto da oltre un anno, ne' prima costui aveva avuto alcun contatto con (OMISSIS), ne' con (OMISSIS), ne' con (OMISSIS), ne' con (OMISSIS). Pertanto, (OMISSIS) era completamente estraneo ai propositi espressi nella conversazione del 20 febbraio 2013. Lamenta che la sentenza impugnata ha raggiunto la conclusione che (OMISSIS) abbia reiterato il reato in forza della natura permanente della fattispecie criminosa, ignorando la cessazione della permanenza conseguente alla contestazione chiusa al 21 marzo 2011 nel primo processo, e della considerazione che (OMISSIS) dimostra di avere per l'imputato, prescindendo completamente dalla verifica di una condotta posta in essere dall'imputato, integrativa della fattispecie criminosa di cui all'articolo 416 bis. L'affectio societatis, infatti, e' integrato dalla consapevolezza e volonta' del singolo di far parte stabilmente del gruppo criminoso, non gia' dalla considerazione che altri hanno di lui. Nella fattispecie non esiste un solo elemento da cui possa inferirsi l'esplicazione della volonta' di (OMISSIS) di far parte del sodalizio criminoso successivamente al 21 marzo 2011; inoltre, essendo la permanenza del reato associativo cessata in quella data, non e' l'imputato a dover dare dimostrazioni di segni di resipiscenza o di dissociazione, ma sarebbe stato necessario accertare se dopo tale data l'imputato avesse dato prova di voler continuare ad aderire al sodalizio criminoso cosi' integrando l'elemento soggettivo. Inoltre, la Corte ha completamente omesso di motivare il ruolo apicale attribuitogli, essendo impossibile che abbia potuto promuovere o dirigere il sodalizio criminoso dal carcere in regime detentivo speciale ex articolo 41 bis. La sentenza inoltre ha omesso di motivare in ordine all'elemento oggettivo in quanto la contestazione chiusa al 21 marzo 2011 segna la cessazione giudiziale della permanenza del reato, e dopo quella data non e' ravvisabile alcuna condotta dell'imputato che valga dimostrare la sua partecipazione, per di piu' con un ruolo apicale, ad un sodalizio criminale. Censura un terzo argomento della motivazione concernente le dichiarazioni rese dal collaboratore (OMISSIS): al riguardo la Corte omette di verificare il contenuto delle dichiarazioni, e perfino di illustrarne il profilo temporale in relazione all'epoca della contestazione del nuovo delitto associativo; nel richiamare estratti delle dichiarazioni rese all'udienza del 16 gennaio 2016, evidenzia come il collaboratore (OMISSIS) non fosse neppure a conoscenza del fatto se (OMISSIS) e il fratello (OMISSIS) facessero parte di una cosca di âEuroËœndrangheta; tali dichiarazioni sarebbero state ignorate dalla Corte territoriale, che non si sarebbe neanche preoccupata di collocare temporalmente le circostanze riferite da (OMISSIS), per accertare se si trattasse di fatti e circostanze antecedenti al 21 marzo 2011. Del resto, gli stessi elementi indiziari presi in considerazione per la condanna preesistevano alla richiesta di applicazione della misura di custodia cautelare, e sono stati ritenuti insufficienti ad integrare la gravita' indiziaria dal Gip della cautela. Inoltre, non sarebbe chiaro (OMISSIS) al vertice di quale cosca sia collocato e con quale perimetro territoriale operi. Censura, infine, un quarto profilo della motivazione, lamentando la completa omissione di una motivazione con riferimento al ruolo di promotore del sodalizio criminoso, gia' riconosciuto nel processo (OMISSIS), in assenza di qualsivoglia condotta posso in essere dall'imputato nell'arco temporale del 22 marzo 2011 al settembre 2015. 16.2. Con un secondo motivo lamenta l'erronea individuazione dell'arco temporale del commesso delitto e per l'effetto della sanzione da applicare, con conseguente illegittima applicazione della disciplina della continuazione. Nel caso in esame la contestazione di partecipazione al sodalizio criminoso nel procedimento (OMISSIS) era stata chiusa al 21 marzo 2011, mentre nel procedimento in esame e' stata contestata come decorrente dal 22 marzo 2011 fino al settembre 2015; al riguardo, richiama un principio giurisprudenziale secondo cui, in assenza di soluzione di continuita', la partecipazione del prevenuto al medesimo sodalizio mafioso, anche se contestata in tempi diversi, integra un unico reato permanente, con la conseguenza che il trattamento sanzionatorio deve essere commisurato alla maggior durata del reato permanente, dovendosi escludere la continuazione. Del resto le posizioni degli altri coimputati incriminati anche nel procedimento (OMISSIS), come (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), sono state oggetto di differente trattamento con applicazione di una pena base di 15 anni di reclusione, e non gia' come nel caso (OMISSIS), di 16 anni. Deduce inoltre censure in relazione alla circostanza aggravante della disponibilita' delle armi, desunta dal possesso di armi contestate ai capi 16,17, 18, 19, 20, 22, 23, 24 e 25; tuttavia la disponibilita' delle armi deve essere riferibile all'associazione, e nella fattispecie non risulta la disponibilita' collettiva; inoltre, non si comprende come l'aggravante possa essere trasmessa anche ad (OMISSIS), atteso che nell'arco temporale di riferimento l'imputato e' stato ininterrottamente detenuto al regime detentivo speciale. Quanto alla misura della pena inflitta lamenta la maggior misura della pena base, 16 anni, irrogata al ricorrente, rispetto a quella di anni 15 irrogata a tutti gli altri coimputati, in assenza peraltro di motivazione del punto. Infine, deduce la illegittima determinazione della pena per effetto dell'applicazione della disciplina della continuazione, in considerazione della insussistenza di soluzione di continuita' tra la contestazione associativa chiusa il 21 marzo 2011 nel processo (OMISSIS) e l'odierna contestazione fatta decorrere dal 22 marzo 2011. 16.3. Deduce infine la violazione di legge in relazione alle statuizioni civili di condanna al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, evidenziando che la posizione dell'imputato, per un difetto di notifica, era stata stralciata alla prima udienza preliminare, e riunita successivamente alla costituzione delle parti civili; nell'udienza successiva, ormai tardivamente, solo il Comune di (OMISSIS), e non quello anche di Gioiosa Jonica, chiedeva di costituirsi parte civile nei confronti di (OMISSIS). 17. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 20 anni reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), e due reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi 2, 3), i reati di detenzione di armi (capi 16 e 19, il primo ritenuto assorbito nel secondo), e per associazione di tipo mafioso (capo 30). 17.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Contesta innanzitutto che si verte in un'ipotesi di doppia conforme, in quanto la Corte di Appello ha assolto l'imputato dall'articolo 416 bis, comma 2, confermandone la sola partecipazione, e sostiene che la decisione dei giudici sia disumana. Nel richiamare massime giurisprudenziali, sovente avulse dal pur incerto contesto argomentativo, nonche' frammenti fattuali privi di apprezzabile rilevanza autonoma (p. 3-4, 6), sostiene che (OMISSIS) non abbia alcun ruolo direttivo nel sodalizio dedito al narcotraffico, non avendo il controllo dei soggetti che si vorrebbero a lui sottoposti, e venendo addirittura messo da parte dagli stessi che gestivano affari autonomamente; in tal senso, dalla conversazione del 27 gennaio 2014 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) emergerebbe che il secondo afferma di non avere alcuna subordinazione nei confronti dello (OMISSIS) ("io me ne fotto di (OMISSIS)"); anche la posizione attribuita a (OMISSIS) nell'ambito del gruppo dei (OMISSIS), ritenuta dalla Corte territoriale essere la terza, sarebbe errata, in quanto (OMISSIS) sarebbe quinto tra otto, e non ricoprirebbe nessun ruolo direttivo che neppure sa di ricoprire; quando (OMISSIS) dice "dopo me e (OMISSIS) vieni tu e poi (OMISSIS)", (OMISSIS) appare incredulo, in tal senso evidenziando il ruolo di meno che gregario dell'imputato, essendo in realta' materialmente sottoposto per valore sul campo a (OMISSIS) e a (OMISSIS). 17.2. Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Sostiene al riguardo che nella fattispecie non sia configurabile il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, bensi' un concorso di persone nel reato, mancando gli elementi caratterizzanti del sodalizio sotto il profilo della permanenza del vincolo e dell'elemento soggettivo; dalla conversazione del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) emergerebbero contrasti e addirittura prevaricazioni di alcuni appartenenti e la sua estromissione dagli affari, mentre da altre intercettazioni emergerebbe la noncuranza di (OMISSIS) rispetto ad eventuali interessi comuni. 17.3. Con riferimento ai reati fine, ed in particolare alla cessione di 300 kg. di marijuana consegnata nel mese di gennaio 2013 ai siciliani, dalle intercettazioni non emergerebbe il coinvolgimento di (OMISSIS), ne' la partecipazione al summit del 28 gennaio 2014 organizzato presso l'abitazione di (OMISSIS). Anche con riferimento alla cessione di cocaina, dalle conversazioni risulterebbe che non vi e' stato alcuno scambio di stupefacente, in quanto l'affare non si sarebbe concluso. 17.4. Con riferimento ai reati di detenzione illegale di armi da guerra contestati ai capi 16, 19 e 20, deduce che (OMISSIS) non compare in alcuna delle conversazioni intercettate aventi ad oggetto le armi tranne quella del 22 gennaio 2013, in cui, rispondendo a (OMISSIS), l'imputato afferma "ce le avete tutte voi". 17.5. Deduce inoltre violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 416 bis c.p.. Evidenzia come (OMISSIS) non sia stato coinvolto in nessuno dei processi che hanno riguardato il territorio della (OMISSIS) - e che non sia stato imputato di alcun reato fine del sodalizio mafioso; le captazioni intercettate riguardano soltanto la droga, mentre non emerge alcun contatto con altri imputati del procedimento, non e' conosciuto da nessuno dei collaboratori di giustizia ed e' estraneo ad una serie di vicende del sodalizio, richiamate in maniera circostanziale ed assertiva; manca in particolare la prova di un qualsiasi ruolo dinamico e funzionale assunto all'interno del sodalizio, emergendo invece rapporti esclusivamente con (OMISSIS), e i dialoghi hanno ad oggetto soltanto gli stupefacenti; evidenzia inoltre che nessuno dei tre collaboratori - (OMISSIS), appartenente al gruppo di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) appartenenti al gruppo di (OMISSIS) - conosca (OMISSIS). 17.6. Con un'ultima censura lamenta che non sia stata ridotta la pena nonostante l'imputato sia stato assolto dal ruolo direttivo di cui all'articolo 416 bis, comma 2, e sia stata esclusa l'aggravante della transnazionalita'. 17.7. Il difensore ha depositato motivi nuovi, reiterando le doglianze gia' proposte. 18. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. Francesco (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), e un reato-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo 2). 18.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo 2). Dopo una premessa sui limiti della motivazione per relationem e sulla c.d. "doppia conforme", che deve consistere in una integrazione reciproca delle decisioni di merito, non gia' nella riproposizione dei medesimi errori, lamenta che le fonti di prova per affermare la responsabilita' con riferimento al capo 2 derivino da un esiguo numero di intercettazioni ambientali, tutte inter alios, dalle quali si e' desunto che (OMISSIS) e (OMISSIS) si siano recati in Sicilia con lo specifico fine di recuperare 50.000 Euro mancanti relativi alla transazione avente ad oggetto la cessione dei 300 kg. di marijuana ceduti dal (OMISSIS) al gruppo siciliano nel gennaio 2013; tale viaggio sarebbe riscontrato da un controllo di polizia in data 8 giugno 2013. Cio' posto contesta innanzitutto l'effettiva riferibilita' all'imputato delle intercettazioni inter alios, e in secondo luogo la possibilita' di affermare con certezza che effettivamente (OMISSIS) si sia recato a Palermo insieme a (OMISSIS), in mancanza di una prova di natura tecnica che avesse accertato gli spostamenti del ricorrente quel determinato giorno. Invero il giudice di primo grado aveva ritenuto che (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero stati controllati a Messina al rientro da un viaggio finalizzato a portare i messaggi ai siciliani, nonche' per recuperare somme dovute per lo stupefacente ceduto nel gennaio 2013, mentre invece risulta che i due sono stati controllati una volta giunti a Messina, subito dopo essere scesi dal traghetto, mentre andavano in Sicilia, ognuno per gli affari propri, (OMISSIS) diretto a Gela, approfittando del passaggio del cugino, e non gia' a Palermo. Con riferimento alla conversazione del 28 giugno 2013 tra (OMISSIS) e la moglie (OMISSIS) non vi e' traccia del riferimento ad (OMISSIS), e l'allusione a tale " (OMISSIS)" non puo' esser riferita ad (OMISSIS), in quanto il nome di battesimo dello stesso e' (OMISSIS), e come emerso dal resto delle conversazioni intercettate viene indicato con i diminutivi di (OMISSIS), ma mai (OMISSIS). Del resto, (OMISSIS) si era recato in Sicilia anche in altre occasioni, e in una delle conversazioni si fa riferimento a lavori che hanno avuto oggetto "neve", dunque cocaina, non gia' la marijuana contestata al capo 2. Inoltre, dalla missione di (OMISSIS) di essersi recato in Sicilia non si puo' inferire che egli si sia recato a Palermo, in quanto e' stato documentato che egli si era recato a (OMISSIS) per il montaggio degli arredamenti di un Mc Donald a (OMISSIS) come attestato da due fatture. 18.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 (capo 1). All'imputato e' contestato di aver ricoperto il ruolo di corriere, esattore di proventi illeciti, latore di comunicazioni a clienti o fornitori. Sostiene al riguardo che nella fattispecie non sia configurabile il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, bensi' un concorso di persone nel reato, mancando gli elementi caratterizzanti del sodalizio sotto il profilo della permanenza del vincolo, della struttura organizzativa e dell'elemento soggettivo: in particolare, benche' il reato associativo sia contestato dal 2004 al 2015, il capo del sodalizio, (OMISSIS), e' stato ininterrottamente detenuto al regime del 41 bis dall'agosto 2008, dopo un lungo periodo di latitanza dal 2005, e (OMISSIS) risulta avere avuto contatti solo con (OMISSIS) e con il cugino (OMISSIS). 18.3. Con il terzo e il quarto motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla pena inflitta, superiore al minimo edittale. 19. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto cinque motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 14 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), due reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capo 13 e 15) e per associazione di tipo mafioso (capo 30). 19.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 416 bis c.p. (capo 30). Lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciarsi sulle specifiche censure mosse dall'appellante avverso la sentenza di primo grado, e che abbia fondato l'affermazione di responsabilita' su un modesto numero di conversazioni intercettate, richiamando piu' che altro due episodi nell'ambito dei quali il (OMISSIS) aveva esternato un proprio interesse, il primo relativo all'acquisizione della scuola di formazione per estetisti e il secondo relativo all'inserimento nei lavori per la posa della fibra ottica nel Comune di (OMISSIS). Entrambi i lavori, tuttavia, risultano iniziative economiche regolari, come pure riconosciuto dalla Corte territoriale, ed e' contraddittoria la motivazione nella parte in cui ritiene che il disappunto della moglie del (OMISSIS) all'assunzione di (OMISSIS) con mansioni di bidello nella scuola non fosse indice di estraneita'. Anche con riferimento alla vicenda della fibra ottica non risulta che si sia trattato di affari illeciti, essendo state evocate soltanto alcune frasi caratterizzate da assoluta genericita', in assenza di riscontri che avrebbero dovuto confermare la particolare lettura delle comunicazioni fornita dal giudice di appello; dopo oltre due anni di intercettazioni telefoniche ed ambientali le conversazioni indizianti sono un numero assolutamente esiguo e peraltro distanziate nel tempo. Inoltre, al (OMISSIS) non e' contestato alcuno dei reati fine dell'associazione mafiosa, ne' risulta concretamente una condotta associativa o un contributo partecipativo, in quanto gli episodi evocati nella motivazione sono irrilevanti. 19.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 74 (capo 1) ed ai reati-fine (capi 2, 4, 7, 9, 10, 12, 13, e 15). Sostiene al riguardo che nella fattispecie non sia configurabile il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, bensi' un concorso di persone nel reato, mancando gli elementi caratterizzanti del sodalizio sotto il profilo della permanenza del vincolo e dell'elemento soggettivo: in particolare, benche' il reato associativo sia contestato dal 2004 al 2015, le fonti di prova concernenti (OMISSIS) sono collocate in un ambito temporale molto ristretto, dal maggio 2013 ad aprile 2014; inoltra risultano soltanto 14 conversazioni captate nel 2013, e 5 nel 2014, circostanza che esclude una frequenza di contatti o di frequentazioni tra i presunti membri del sodalizio, mentre risultano mesi interi caratterizzati dall'assenza di qualsivoglia contatto con i ritenuti sodali. Sotto il profilo del reato associativo, contesta l'insussistenza del requisito dell'organizzazione, sia pur rudimentale, di mezzi e persone, che non potrebbe essere affidato al tenore della conversazione ambientale del 3 maggio 2013 in cui (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) della collocazione di uno spray, ritenuto utilizzato per coprire l'odore del narcotico; tale conversazione sarebbe infatti priva di attitudine dimostrativa dell'esistenza di un sodalizio. Tutte le conversazioni captate in casa di (OMISSIS) rivestono un carattere di accidentalita', e sono avulse da qualsivoglia logica associativa. Con riferimento ai reati-fine lamenta che la condanna si e' basata sullo stralcio di conversazione del 3 maggio 2013 nel corso della quale (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) quando vedra' nuovamente una persona, laddove il riferimento sarebbe ad un tale " (OMISSIS)", ipotetico emissario della famiglia (OMISSIS) di Palermo e cio' dimostrerebbe secondo la Corte territoriale la reiterazione dei viaggi in Sicilia svolti dagli imputati; tuttavia il ragionamento sarebbe congetturale e non considererebbe che l'ipotizzato referente delle cessioni di stupefacente sarebbe stato assolto. Lamenta in ogni caso che le imputazioni in materia di stupefacenti siano fondate esclusivamente sulla c.d. "droga parlata", in assenza di riscontri costituiti da sequestri di stupefacente o da individuazione dei fornitori o degli acquirenti, e il presunto acquirente del gruppo siciliano e' stato assolto in relazione al capo 2 dal Tribunale di Locri. 19.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai reati di detenzione illecita di armi (capi 19, 22, 23, 24 e 25). La Corte, pur dando atto che "(OMISSIS)" non era da identificarsi nel (OMISSIS), riteneva comunque il ricorrente responsabile in ordine ai reati contestati ai capi 19 e 16; ma se "(OMISSIS)" non si identifica nell'odierno ricorrente viene meno anche la prova sulla detenzione delle armi contestato al capo 19, essendo la prova ricavata da un semplice foglietto sequestrato nel corso della perquisizione eseguita nei confronti di tale (OMISSIS), in assenza di qualsivoglia sequestro, nonostante il coimputato (OMISSIS) sia stato assolto dal medesimo reato. In ordine ai capi 22, 23 e 24 il materiale indiziario e' costituito da una sola intercettazione ambientale del 14 settembre 2013 presso l'abitazione del (OMISSIS), dalla quale non emergerebbe con certezza che l'arma rinvenuta ben sei giorni dopo presso l'abitazione del (OMISSIS) fosse stata ceduta del ricorrente; in ogni caso al (OMISSIS) non avrebbe potuto essere contestata la ricettazione, mancando la prova che sia stato il ricorrente ad obliterare la matricola dell'arma. Con riferimento al capo 25 la conversazione si presta ad interpretazioni alternative, in assenza di un sequestro dell'arma. 19.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'aggravante dell'agevolazione di associazione mafiosa. 19.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche. 20. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto tre motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 8 anni 10 mesi e 20 giorni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), e tre reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi 2, 4 e 15). 20.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo. Sostiene al riguardo che nella fattispecie non sia configurabile il reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, bensi' un concorso di persone nel reato, mancando gli elementi caratterizzanti del sodalizio sotto il profilo della permanenza del vincolo e dell'elemento soggettivo: in particolare, benche' il reato associativo sia contestato dal 2004 al 2015, le fonti di prova concernenti (OMISSIS) sono collocate in un ambito temporale molto ristretto, dal maggio 2013 a giugno 2014; inoltra risultano soltanto 7 conversazioni in captazione ambientale ricondotte al (OMISSIS) nell'arco di tutto il periodo di un anno di presunta appartenenza del ricorrente all'ipotizzato sodalizio, circostanza che esclude una frequenza di contatti o di frequentazioni tra i presunti membri del sodalizio, mentre risultano mesi interi caratterizzati dall'assenza di qualsivoglia contatto con i ritenuti sodali; inoltre, la sentenza impugnata ipotizza una sorta di messa da parte di (OMISSIS), in quanto ritenuto inaffidabile, senza che tuttavia una circostanza di rilievo per l'associazione criminosa risulti a conoscenza dello stesso interessato. Sotto il profilo del reato associativo, contesta l'insussistenza del requisito dell'organizzazione, sia pur rudimentale, di mezzi e persone, che non potrebbe essere affidato al tenore della conversazione ambientale del 3 maggio 2013 in cui (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) della collocazione di uno spray, ritenuto utilizzato per coprire l'odore del narcotico; tale conversazione sarebbe infatti priva di attitudine dimostrativa dell'esistenza di un sodalizio. (OMISSIS) e' stato intercettato esclusivamente in conversazioni ambientali presso l'abitazione di (OMISSIS), che risulta il suo interlocutore esclusivo, mentre non vi e' traccia di rapporti di alcun tipo con altri presunti sodali; anche con riferimento all'elemento soggettivo, tutte le conversazioni captate in casa di (OMISSIS) rivestono un carattere di accidentalita', e sono avulse da qualsivoglia logica associativa. Con riferimento al reato associativo e ai reati-fine lamenta che la condanna si e' basata sullo stralcio di conversazione del 3 maggio 2013 nel corso della quale (OMISSIS) chiede a (OMISSIS) quando vedra' nuovamente una persona, laddove il riferimento sarebbe ad un tale (OMISSIS), ipotetico emissario della famiglia (OMISSIS) di Palermo, e cio' dimostrerebbe secondo la Corte territoriale la reiterazione dei viaggi in Sicilia svolti da (OMISSIS); tuttavia il ragionamento sarebbe congetturale e non considererebbe che l'ipotizzato referente delle cessioni di stupefacente sarebbe stato assolto. Lamenta in ogni caso che le imputazioni in materia di stupefacenti siano fondate esclusivamente sulla cosiddetta âEuroËœdroga parlata', in assenza di riscontri costituiti da sequestri di stupefacente o da individuazione dei fornitori o degli acquirenti, e il presunto acquirente del gruppo siciliano e' stato assolto in relazione al capo 2 dal Tribunale di Locri. 20.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'aggravante della agevolazione di un sodalizio mafioso riconosciuta esclusivamente con riferimento al reato di cui al capo 15. Evidenzia, invero, che la medesima aggravante e' stata esclusa sia con riferimento al reato associativo, sia con riferimento ai reati fine contestati ai capi 2 e 4, sul rilievo che mancasse la dimostrazione della consapevolezza di (OMISSIS) di agevolare l'associazione (OMISSIS)- (OMISSIS) alla quale egli e' estraneo; lamenta pertanto la contraddittorieta' della sentenza laddove, sulla base dei medesimi presupposti, ha invece riconosciuto l'aggravante dell'agevolazione con riferimento al solo capo 15, che pure concerne un'ipotesi di cessione di sostanze stupefacenti, in contrasto peraltro con il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nel 2020 e sul rilievo che la circostanza non puo' essere estesa in base al solo criterio della rappresentazione, come pure sostenuto dalla Corte territoriale. 20.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche. 21. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto due motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannata a 2 anni di reclusione, pena sospesa, per il reato di trasferimento fraudolento di un tabacchino di cui all'articolo 512 bis c.p., contestato al capo 32. 21.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'articolo 512 bis c.p.. Sostiene che la sentenza impugnata si e' fondata su vizi logici e su una errata interpretazione delle conversazioni ambientali, valorizzando la situazione di pregiudizio giudiziario a carico del concorrente nel reato, (OMISSIS), che si ritiene dovesse essere nota alla ricorrente. Nel caso di specie e' rimasta inalterata la titolarita' formale e sostanziale del tabacchino in capo alla ricorrente, mancando elementi che possono accreditare il trasferimento in favore di (OMISSIS); sarebbe del tutto congetturale la prova del subentro del titolare occulto, mancando altresi' la prova di qualsivoglia trasferimento di denaro, di altri beni o utilita'; peraltro, va esclusa la rilevanza penale dell'ipotetico trasferimento fittizio laddove l'eventuale provvedimento della misura di prevenzione sia intervenuto in tempi antecedenti al trasferimento del bene. In ordine alla tracciabilita' del denaro utilizzato dalla (OMISSIS) per organizzare la nuova rivendita, la sentenza impugnata sarebbe erronea laddove afferma l'astratta possibilita' di una sorta di dissimulazione della reale fonte di provenienza delle risorse del soggetto interponente, nel cui interesse il trasferimento fraudolento e' attuato, risultando certificata la tracciabilita' delle somme utilizzate dalla ricorrente, come desunto dai bonifici di pagamento e dal libretto di risparmio, le cui copie sono state allegate al ricorso. Lamenta inoltre la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo specifico e del presupposto che la ricorrente fosse a conoscenza della vulnerabilita' giudiziaria del (OMISSIS) per via di qualche precedente penale o di prevenzione, nonostante l'intervenuta definitiva assoluzione di (OMISSIS) e la successiva revoca della misura di prevenzione. Tali considerazioni fondano altresi' l'impugnazione della confisca della tabaccheria di proprieta' di (OMISSIS), disposta quale corpo del reato. 21.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche e all'eccessivita' della pena inflitta. 22. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atti dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto sei motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 10 anni e 4 mesi di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per il reato di trasferimento fraudolento di un tabacchino di cui all'articolo 512 bis c.p., contestato al capo 32. 22.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 268, 271, 696, 729 e 729 bis c.p.p., e all'articolo 50, comma 3, Convenzione di Schengen, e l'inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite in Olanda, proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate infra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). Sotto un diverso profilo censura l'inutilizzabilita' delle intercettazioni per violazione delle norme sulle rogatorie: la rogatoria era stata infatti assunta in relazione al procedimento n. 1242/2013 RGNR Mod. 44 a carico di ignoti, mentre e' stata utilizzata nel diverso procedimento n. 7498/2010 RGNR. Il procedimento per il quale fu richiesta e concessa cooperazione tra gli Stati e' dunque diverso dal procedimento nel quale il risultato di tale cooperazione si pretende di utilizzare, non essendo sufficiente la pretesa identita' di tipologia di reato, l'associazione a delinquere di tipo mafioso, ne' l'assenza di condizioni poste dallo Stato richiesto. 22.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui all'articolo 416 bis, lamentando la mancanza o l'insufficienza della motivazione in relazione ai motivi di appello proposti. Sotto altro profilo denuncia il travisamento della prova da intercettazione, sostenendo che l'interpretazione delle conversazioni captate da parte dei giudici del merito sia errata e proponendo una diversa interpretazione di alcune conversazioni: quella del 9 marzo 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui manca la prova che l' (OMISSIS) di cui si parla si identifichi nell'odierno ricorrente, e che il preteso incontro con il (OMISSIS), afferente a questioni canadesi, si sia effettivamente svolto; quella del 2 agosto 2015 avente ad oggetto lavori edili stradali nel Comune di (OMISSIS), intercorsa tra (OMISSIS) e terzi soggetti, in cui non vi e' alcun intervento del ricorrente; quella del 28 aprile 2015, posto a base di un preteso interesse del ricorrente a sostenere politicamente la candidatura di tale (OMISSIS), da cui emerge l'assenza di qualsiasi intervento di (OMISSIS); inoltre, l'asserito "(OMISSIS)", identificato congetturalmente in (OMISSIS), non sarebbe l'odierno ricorrente, bensi' tale (OMISSIS). Lamenta la congetturalita' del ragionamento proposto dalla Corte territoriale, e la natura soltanto indiretta ed indiziaria del contenuto delle intercettazioni captate tra soggetti terzi rispetto all'imputato, in assenza di una gravita' e di una univocita' delle stesse, anche sotto il profilo della individuazione del soggetto di cui si parla. Deduce inoltre che il periodo temporale associativo contestato in sentenza e' collocato da gennaio 2011 a settembre 2015, nel corso del quale il (OMISSIS) e' stato ininterrottamente detenuto fino al 13 maggio 2014; cio' posto mancherebbe qualsiasi comportamento attivo o contributo al sodalizio che comprovi il vincolo associativo, anche sotto il profilo della ipotetica messa a disposizione della propria persona per scopi criminali. Con riferimento all'aggravante della posizione apicale, lamenta che la Corte territoriale l'abbia riconosciuta in assenza di qualsiasi esercizio di poteri autonomi e di elaborazione di scelte rilevanti per il sodalizio, limitandosi ad una esaltazione suggestiva della asserita caratura criminale del (OMISSIS). 22.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con la precedente condanna per il medesimo reato nel processo c.d. "(OMISSIS)", motivato sulla base del notevole intervallo temporale tra la cessazione della permanenza del reato definitivamente giudicato e quello successivamente contestato. Evidenzia tuttavia che al (OMISSIS) e' stato riconosciuto il ruolo di capo dell'omonimo locale nella sentenza definitiva e che tale condotta e' stata accreditata nell'ambito del presente processo per riconoscere il ruolo apicale, ma e' stata poi disconosciuta per negare l'istituto della continuazione, nonostante si tratti della medesima articolazione mafiosa. 22.4. Con il quarto ed il quinto motivo deduce vizi di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche e dalla pena inflitta. 22.5. Con il sesto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'articolo 512 bis c.p., (capo 32), articolando il medesimo motivo gia' esposto con riferimento a (OMISSIS) (sub p. 21.1), aggiungendo la carenza di univocita' nell'esito della perquisizione dell'autovettura di tale (OMISSIS), asserito accompagnatore dell'odierno ricorrente, indicato come concorrente nel reato contestato alla (OMISSIS), e del rinvenimento di bollettini postali a nome della (OMISSIS), con gli estremi della sua rivendita di tabacchi, per il pagamento di concessioni governative. 22.6. I difensori hanno depositato memoria, allegando la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria emessa nei confronti di (OMISSIS) nel giudizio ordinario, e motivi nuovi, ribadendo le doglianze gia' proposte. 23. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), che ha dedotto dieci motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 11 anni di reclusione per i reati associativi di cui ai capi 1 e 30, nonche' per reati di traffico di stupefacenti (capo 7) e di illecita detenzione di armi (capi 16, 17 e 19). 23.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli articoli 268, 270 e 271 c.p.p., e l'inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite in Olanda, lamentando l'assenza dei decreti autorizzativi delle intercettazioni e dei verbali di ascolto, e la violazione dell'articolo 270 c.p.p., comma 2, con conseguente impossibilita' di verificare la legalita' delle operazioni di intercettazione proponendo le medesime, anche sotto il profilo lessicale, argomentazioni gia' richiamate infra p. 9.2. a proposito del ricorso di (OMISSIS). 23.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, sostenendo che non sia emersa una organizzazione ed una struttura sufficienti ad integrare il reato associativo e che l'arco temporale di esercizio delle condotte sia estremamente limitato; si tratterebbe di singoli episodi del tutto sconnessi tra loro, dai quali emergerebbe che gli imputati agivano in totale autonomia, a titolo personale e fuori da contesti e logiche associative. Mancherebbe inoltre la prova di canali di approvvigionamento, di messa in comune di risorse economiche, e la carenza di attribuzione di ruoli ai singoli. 23.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla partecipazione al reato associativo di cui all'articolo 74, mancando indici positivi di appartenenza, I'affectio societatis e la stabilita' della messa a disposizione in seno al presunto gruppo criminale. L'associazione sarebbe stata operativa dal 2004 fino al 25 marzo 2015, mentre (OMISSIS) nel 2004 era ancora minorenne, e dal 2014 al 2015 si trovava in Canada per completare i propri studi. Deduce che, a fondamento dell'affermazione di responsabilita', vi sarebbero soltanto 9 conversazioni, due intervenute nel settembre del 2013, 1 nel dicembre del 2013 e 5 nel gennaio del 2014: l'esiguita' del materiale probatorio e il ridottissimo spazio temporale in cui le captazioni sono state registrate escluderebbero la sussistenza di una condotta di partecipazione. 23.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla aggravante della disponibilita' di armi di cui all'articolo 74, comma 4, contestando la consapevolezza della disponibilita' di armi in capo al (OMISSIS). 23.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento al capo 7 per il concorso nel reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, lamentando il mancato confronto con le doglianze difensive proposte negli atti di appello, e sostenendo che la motivazione sarebbe generica e che le conversazioni intercettate non sarebbero univoche. Le censure sono dirette altresi' nei confronti dell'aggravante dell'agevolazione del sodalizio mafioso trattandosi di episodio del tutto avulso dal contesto dei reati oggetto di giudizio. 23.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui al capo 17 concernente la detenzione di una pistola del tipo Beretta. La fonte di prova sarebbe costituita da una singola intercettazione dell'8 dicembre 2013 captata nelle abitazioni di (OMISSIS) (OMISSIS) tra quest'ultimo e (OMISSIS). Lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto immotivatamente non plausibile l'argomento difensivo che la conversazione fosse minata da una carica di millanteria del (OMISSIS) per il suo tentativo di pavoneggiarsi e fare il gradasso. 23.7. Con il settimo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione ai capi 19 e 20, ritenendo insufficiente la prova del concorso del (OMISSIS) nella detenzione di armi emergente dalla conversazione del 22 gennaio 2013, in cui si farebbe riferimento ad un grado di parentela che non e' proprio dell'imputato (OMISSIS). 23.8. Con l'ottavo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla partecipazione all'associazione di tipo mafioso di cui al capo 30, lamentando innanzitutto l'inutilizzabilita' delle c.d. intercettazioni olandesi, e sostenendo comunque che i colloqui tra (OMISSIS) e (OMISSIS) sono privi di elementi di riscontro; inoltre, l'appartenenza al sodalizio mafioso sarebbe desunta dalla presunta partecipazione alla diversa associazione finalizzata al narcotraffico. 23.9. Con il nono motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'aggravante della disponibilita' delle armi, affermata sulla base della sola disponibilita' di armi in capo al sodalizio e del concorso dell'imputato nei delitti in materia di armi, ma senza che sia emersa una consapevolezza del (OMISSIS) della messa a disposizione di tali armi per la funzionalita' del gruppo mafioso. 23.10. Con il decimo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche, nonostante la giovane eta' e l'incensuratezza dell'imputato. 23.11. I difensori hanno depositato motivi nuovi, ribadendo le doglianze gia' proposte. 24. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto i seguenti motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 8 anni di reclusione per concorso esterno nel reato associativo di cui al capo 30. 24.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla qualificazione della condotta in termini di concorso esterno in associazione mafiosa. L'affermazione della responsabilita' penale e' fondata esclusivamente sul tenore della conversazione del 20 febbraio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), e sul tono confidenziale registrato tra i due, nonche' sulla missione corruttiva affidatagli, ai fini dell'aggiustamento del processo a carico di (OMISSIS). Evidenzia che mentre il giudice di primo grado ha qualificato tale condotta come partecipazione, la Corte di Appello l'ha qualificata come concorso esterno; tuttavia, la Corte di Cassazione, decidendo in sede cautelare (Sez. 6, 24/03/2016), aveva annullato l'ordinanza cautelare ritenendo gli elementi insufficienti per sostenere l'accusa formulata, ed affermando che la mera disponibilita' dell'indagato a veicolare la richiesta corruttiva risultasse di non univoca interpretazione. Tanto premesso, lamenta che il materiale investigativo che ha determinato l'annullamento della Corte di Cassazione e' il medesimo valutato in termini di concorso esterno della Corte di appello. Aggiunge che non vi e' prova che (OMISSIS) abbia poi incontrato lo (OMISSIS) di cui si era parlato con (OMISSIS), ne' di quanto si siano eventualmente detti, ne' di alcun successivo intervento sulla Corte di Appello. Sicche' l'affermazione della Corte territoriale secondo cui e' sufficiente l'atteggiamento verso la proposta di corruzione in atti giudiziari per integrare il reato sarebbe debitrice di una colpa d'autore, diretta a punire un qualcosa di assolutamente prodromico rispetto alla condotta tipica del delitto di istigazione alla corruzione. Evidenzia che l'originaria contestazione della condotta di partecipazione, ormai svuotata di contenuto probatorio, e' stata mutata in un episodico contributo rilevante come concorso esterno, senza considerare che, secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite "Mannino", il concorrente esterno e' colui che fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo al sodalizio, sempre che questo abbia un'effettiva rilevanza causale; nel caso di specie mancano tutti gli elementi del concorso esterno, non essendovi innanzitutto la prova del contributo causale richiesto all'imputato. Sotto altro profilo lamenta il vizio di motivazione in ordine al tenore della conversazione, che sarebbe stata valorizzata sulla base di un approccio moralistico emozionale. 24.2. Deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla pena inflitta, applicata sulla base di una norma entrata in vigore il 14 giugno 2015, introdotto dalla legge numero 69 del 2015, nonostante l'episodio ascritto all'imputato risalga al 2013. 24.3. Deduce infine la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, all'applicazione dell'aggravante della disponibilita' di armi, nonostante sia stato riconosciuto il ruolo di concorrente esterno, e al diniego delle attenuanti generiche. 25. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto quattordici motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 10 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per il reato di cui al capo 27. 25.1. Con il primo motivo deduce l'inutilizzabilita' degli atti di indagine espletati tra il 12/09/2012 ed il 01/02/2016. Eccepisce l'inutilizzabilita' degli atti d'indagine compiuti tra la data del decreto di archiviazione nei confronti di (OMISSIS) nel procedimento c.d. (OMISSIS) per il reato di quell'articolo 416 bis e la tardiva riapertura delle indagini preliminari nel presente procedimento, avvenuta solo in data 1 febbraio 2016. Evidenzia al riguardo che si tratta del medesimo fatto di reato, essendo anche nel procedimento (OMISSIS) oggetto di indagine un'associazione per delinquere operante nel territorio di (OMISSIS) a partire dal 2008, e richiama al riguardo Sezioni Unite Giuliani del 2010. Aggiunge che, con riferimento ai reati permanenti, l'archiviazione non seguita dall'autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni solo con riferimento ai comportamenti successivi a quelli oggetto del procedimento di archiviazione. Sussiste l'identita' sostanziale del reato associativo nei due procedimenti, in quanto nel procedimento (OMISSIS) era contestato il ruolo di capo promotore e l'arco temporale di riferimento, trattandosi di contestazione aperta, era quello intercorrente tra il 13 novembre 2008 (data di iscrizione nel registro degli indagati) ed il 12 settembre 2012 (data del decreto di archiviazione); coincide, dunque, il ruolo apicale di (OMISSIS) in seno all'associazione, il radicamento territoriale dell'associazione, i reati fine del sodalizio, l'operativita' della cosca in Canada, e l'arco temporale di operativita'. L'imputazione dell'odierno procedimento riguarda infatti un arco temporale intercorrente tra il 2005 ed il 2015, che comprende altresi' quello oggetto di indagine nel procedimento (OMISSIS). Aggiunge che le prove acquisite nell'ambito del presente procedimento hanno per oggetto anche il periodo precedente al termine della detenzione di (OMISSIS), e quindi precedenti al 2012, come si evince dal decreto di intercettazione d'urgenza del 21 settembre 2012, e dal contenuto dell'intercettazione ambientale del 22 gennaio 2013, in cui (OMISSIS), conversando con (OMISSIS), riferirebbe di una condotta di (OMISSIS) parlando sempre al passato. 25.2. Con il secondo motivo deduce la violazione del principio del ne bis in idem ex articolo 649 c.p.p.. Rappresenta che, per i medesimi fatti, (OMISSIS) e' stato assolto con sentenza divenuta irrevocabile 111 marzo 2014 nel procedimento c.d. (OMISSIS), avente ad oggetto la medesima associazione di tipo mafioso operante nel medesimo ambito territoriale, con contestazione dal settembre 2002 con condotta perdurante, a nulla rilevando eventuali minime differenze riguardanti la composizione soggettiva del sodalizio. 25.3. Con il terzo motivo deduce l'improcedibilita' del nuovo giudizio in seguito alla assoluzione per lo stesso fatto e la violazione dell'articolo 669 c.p.p.. Premette che, secondo il Tribunale, "sono stati raccolti elementi probatori certamente nuovi, frutto della captazione dei colloqui ambientali tra (OMISSIS) e (OMISSIS) e tra (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali sono successivi alla sentenza assolutoria del procedimento (OMISSIS)"; l'ipotesi associativa nel presente procedimento era stata ritenuta sussistente dal gennaio 2005 fino a settembre 2015, mentre nel processo (OMISSIS) la contestazione aveva ad oggetto il periodo da settembre 2002 con condotta perdurante, chiusa dunque al marzo 2014; inoltre, nel procedimento Circolo Formato il reato concerneva il periodo da luglio 1993 al maggio 2010 ed e' stato archiviato il 20 aprile 2012. Si puo' dunque ritenere che dal settembre 2002 al marzo 2014 (OMISSIS), in base al giudicato del processo (OMISSIS), debba essere ritenuto estraneo all'associazione mafiosa riconducibile alla cosca contestata nel presente processo. Peraltro (OMISSIS) e' stato detenuto dal 9 maggio 2009 fino al 5 dicembre 2013, agli arresti domiciliari fino a 4 luglio 2014, e poi soggetto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Roccella Jonica fino al fermo per il presente procedimento avvenuto in data 25 settembre 2015; le nuove prove dunque dovrebbero collocarsi nel periodo dal marzo 2014 al settembre 2015, in quanto, se riferite ad un periodo precedente, anche se raccolte dopo il marzo 2014, non potrebbero essere utilizzate contro (OMISSIS), perche' rispetto a tale periodo e' stato assolto con la formula piu' ampia. La Corte di Appello si e' sottratta a tale accertamento limitandosi a citare due intercettazioni come prove nuove: quella del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che comunque si riferisce a condotte precedenti all'arresto di (OMISSIS) avvenuto il 9 maggio 2009, non potendo sostenersi che nonostante la detenzione (OMISSIS) abbia continuato a seguire gli interessi economici e gli investimenti immobiliari della cosca; quella del 9 marzo 2015 captata in Olanda tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che sarebbe irrilevante in quanto (OMISSIS) era rientrato da un suo viaggio in Canada durato dal 26 febbraio 2015 al 9 marzo 2015, mentre (OMISSIS) era sottoposto alla misura di prevenzione con obbligo di soggiorno in (OMISSIS), e non poteva recarsi in Canada in quel periodo. Il giudicato assolutorio nel processo (OMISSIS), dunque, esclude la sua partecipazione dal settembre 2002 al marzo 2014. 25.4. Con il quarto motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine a specifici motivi di appello, lamentando che la Corte territoriale abbia omesso di rendere specifica motivazione in ordine all'eccezione sul ne bis in idem, sulla riapertura delle indagini e sulle questioni proposte con riferimento al l'insussistenza della partecipazione all'associazione di tipo mafioso. 25.5. Con il quinto motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine al requisito del metodo mafioso. Premette che nel procedimento in oggetto le "locali" oggetto di accertamento sarebbero: 1) la societa' di (OMISSIS), facente capo ai (OMISSIS); 2) la societa' di (OMISSIS), facente capo a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 3) la (OMISSIS), facente capo a (OMISSIS). Trattandosi di filiali della "casa madre", sarebbe dunque necessaria l'estrinsecazione della forza di intimidazione e del metodo mafioso; su tale profilo la Corte territoriale ha omesso qualsivoglia motivazione, limitandosi a richiamare gli esiti delle sentenze emesse nei procedimenti (OMISSIS), (OMISSIS), la (OMISSIS) sugli appalti, (OMISSIS); tuttavia, tali sentenze non hanno affatto accertato l'esistenza di una cosca (OMISSIS), anzi l'hanno esclusa, o hanno escluso la partecipazione di (OMISSIS), quantomeno per gli archi temporali presi in considerazione. Conclude nel senso che o l'associazione ex articolo 416 bis, oggetto dei richiamati procedimenti, e' la medesima, e quindi opera l'articolo 649 c.p.p., oppure si tratta di una diversa associazione, e allora manca l'accertamento sul metodo mafioso. 25.6. Con il sesto motivo deduce il travisamento della prova in ordine alla partecipazione di (OMISSIS) alla associazione mafiosa, lamentando l'erronea interpretazione delle due intercettazioni richiamate, e la mancata considerazione dei passi decisivi da cui risulterebbe che si trattava di affari di famiglia, e non gia' di affari illeciti. Con riferimento alla vicenda del tabacchino, sostiene che dal contenuto delle conversazioni emerga come si trattasse di un affare di famiglia dei (OMISSIS); con riferimento alla intercettazione del 9 marzo 2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), contesta che "(OMISSIS)" cui alludono gli interlocutori, come colui che avrebbe litigato con tale Riccardo (OMISSIS), sia identificabile in (OMISSIS), che non e' stato mai menzionato con tale soprannome nel compendio probatorio a disposizione; su tale profilo la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare. 25.7. Con il settimo motivo deduce l'omessa motivazione in ordine al ruolo apicale di (OMISSIS), affermato in maniera apodittica e senza l'indicazione di alcun concreto esercizio dello stesso. 25.8. Con l'ottavo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine all'aggravante della disponibilita' di armi, lamentando che sia stata ascritta la circostanza all'imputato in maniera apodittica sulla base del solo ruolo apicale attribuitogli. 25.9. Con il nono motivo deduce la violazione dell'articolo 521 c.p.p., con riferimento al reato di intestazione fittizia del tabacchino a (OMISSIS), contestato al capo 27. 25.10. Con il decimo motivo deduce il travisamento della prova ed il vizio di motivazione con riferimento al medesimo capo 27, evidenziando come l'intercettazione posta fondamento dell'affermazione di responsabilita' risalga al 22 gennaio 2013, mentre la titolarita' dal tabacchino e' stata trasferita nel 2015; evidenzia inoltre come non e' indicata alcuna condotta attiva di (OMISSIS) nella attribuzione della rivendita e nel riacquisto della stessa. 25.11. Con l'undicesimo motivo deduce il travisamento della prova con riferimento al reato di intestazione fittizia di una pescheria, contestato al capo 29. Sostiene al riguardo che esisteva una prima pescheria, intestata alla madre dei (OMISSIS), (OMISSIS), successivamente sottoposta a sequestro; nel 2009 e' stata creata la ditta intestata ad (OMISSIS), denominata anch'essa pescheria (OMISSIS). Le conversazioni del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche' la conversazione ambientale captata 111 ottobre 2012 all'interno del veicolo in uso ad (OMISSIS), sarebbero state erroneamente interpretate dalla Corte territoriale, essendo evidente che viene menzionata la pescheria creata nel 2006, in cui (OMISSIS) era del tutto estraneo, essendo intestata alla madre dei (OMISSIS). 25.12. Con il dodicesimo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al concorso di (OMISSIS) nell'intestazione fittizia ad (OMISSIS), in quanto la pescheria e' stata costituita nel 2009, quando l'imputato era detenuto, e la sentenza non ha indicato alcun fatto da cui risulti un coinvolgimento dell'imputato nella intestazione fittizia della pescheria nel 2009. 25.13. Con il tredicesimo motivo deduce l'insussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 7 riconosciuta con riferimento al capo 29, evidenziando che anche il Tribunale di Locri, nel parallelo giudizio ordinario, ha escluso la sussistenza della circostanza, sostenendo che si trattasse di attivita' di carattere personale e familiare, non appannaggio della cosca. 25.14. Con un ultimo motivo deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l'esclusione della recidiva. 25.15. I difensori hanno depositato motivi nuovi, ribadendo le doglianze in ordine all'aggravante di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 6, e in ordine alla mancata considerazione della documentazione attestante lo stato detentivo a partire dal 2009 ed i successivi provvedimenti. 26. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), con atto dei difensori Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che ha dedotto otto motivi, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Condannato a 20 anni di reclusione per i reati associativi di cui ai capi 1 e 30, per i reati di illecita detenzione di armi di cui ai capi 16 e 19 (in quest'ultimo assorbito il primo), e per i reati di cui ai capi 27 e 29. 26.1. Con il primo motivo deduce l'inutilizzabilita' ex articolo 414 c.p.p. degli atti di indagine compiuti tra la data del decreto di archiviazione nei confronti di (OMISSIS) nel procedimento c.d. (OMISSIS) per il reato di cui all'articolo 416 bis e la tardiva riapertura delle indagini preliminari nel presente procedimento avvenuta solo in data 1 febbraio 2016. 26.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al capo 30 e l'omessa pronuncia su specifiche censure proposte con l'atto di appello. Lamenta che non si tratti di una doppia conforme, ma di una mera reiterazione dei medesimi elementi ed argomenti esposti della sentenza di primo grado, in assenza di un concreto confronto con i motivi di appello. Deduce il travisamento delle prove, sostenendo che non ricorra la prova della affectio societatis, ed il concreto fattivo inserimento nell'organizzazione criminale, secondo i principi affermati dalle Sezioni Unite "Mannino". Sostiene che la Corte territoriale abbia erroneamente valutato le sentenze rese nei processi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) sugli appalti e (OMISSIS), che hanno escluso la sussistenza di una cosca (OMISSIS) operante in (OMISSIS); in tali procedimenti, infatti, i fratelli (OMISSIS) sono stati assolti dal reato associativo o addirittura archiviati. Quanto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), lamenta che, benche' fosse stato acquisito ex articolo 603 c.p.p., il verbale delle dichiarazioni rese all'udienza del 30 novembre 2017 dinanzi al Tribunale di Locri, la Corte territoriale abbia valutato soltanto le dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari, omettendo la valutazione di una prova decisiva; il travisamento della prova dichiarativa consisterebbe, infatti, nello scrutinio solo parziale delle dichiarazioni del collaboratore, in quanto, pur avendo ritenuto necessario acquisire il verbale reso nel giudizio ordinario, ha omesso di valutarlo, non considerando che in quella circostanza aveva escluso che qualcuno dei fratelli (OMISSIS) avesse mai partecipato a riunioni di âEuroËœndrangheta, precisando di non essere a conoscenza se gli stessi facessero parte della consorteria denominata âEuroËœndrangheta. Sostiene inoltre che le dichiarazioni del collaboratore siano confuse, approssimative, generiche e contraddittorie, e che su tali censure la Corte territoriale abbia in realta' omesso di pronunciarsi, limitandosi a richiamare asseriti riscontri esterni non specificamente menzionati. Lamenta inoltre che la Corte territoriale abbia valorizzato presunti fatti concludenti dimostrativi della partecipazione dell'imputato alla consorteria criminosa, sulla base di un ragionamento congetturale e tautologico, in quanto l'acquisizione da parte di (OMISSIS) della scuola di formazione professionale per estetisti e' il risultato di un'attivita' acquisita in via autonoma e del tutto lecita, mentre per quanto riguarda la pescheria e il tabacchino non risulta alcun coinvolgimento di (OMISSIS) nella loro intestazione, avvenuta allorquando egli si trovava in regime di 41 bis; analogamente rilevante sarebbe la vicenda inerente al pagamento del pizzo imposto da (OMISSIS) alla societa' (OMISSIS) per i lavori di messa in opera della fibra ottica, che sarebbe attribuita a (OMISSIS) sulla base del solo ruolo apicale, e in assenza di qualunque prova su un suo concreto coinvolgimento. L'unica condotta ascrivibile a (OMISSIS) sarebbe quella relativa all'interessamento alle sorti del processo penale a carico di (OMISSIS), che tuttavia sarebbe avulsa da riferimenti a logiche associative, bensi' rivolta alla realizzazione degli interessi del singolo; anche l'affermazione "qua senza di lui siamo rovinati", valorizzata dalla Corte territoriale, sarebbe un segmento di conversazione dal contenuto neutro. Lamenta inoltre l'erronea interpretazione delle conversazioni ambientali intercettate il 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che avrebbero ad oggetto non gia' attivita' illecite di carattere associativo, bensi' loro pregresse attivita' commerciali imprenditoriali di natura immobiliare e la gestione economica delle stesse e la divisione dei profitti; l'esame della Corte territoriale sul contenuto di tali conversazioni sarebbe superficiale e parcellizzato, mentre riguarderebbe lecite vicende di natura societaria, in ordine alle quali la Corte territoriale ha omesso di spiegare la valenza probatoria del contenuto del dialogo; anche il segmento del dialogo avente ad oggetto il programma e l'elencazione dell'organigramma concernerebbe in realta' tali interessi di natura immobiliare e la necessita', affermata da (OMISSIS), che qualsiasi provento economico proveniente dalle attivita' delle loro societa' dovesse essere ripartito secondo le quote societarie da ognuno possedute, al di fuori di una logica associativa. Ancor piu' inconferente il contenuto delle conversazioni olandesi del 24 febbraio e del 9 marzo 2015 per l'assoluta genericita' ed ambiguita' dei discorsi affrontati da (OMISSIS) e (OMISSIS), che peraltro vivevano altrove e non potevano avere conoscenza diretta dei fatti, limitandosi ad ipotizzare le possibili ragioni dell'accaduto relativo all'omicidio di (OMISSIS) avvenuto in Canada; in ordine a tali contestazioni proposte con i motivi di appello la Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi. 26.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge del vizio di motivazione in relazione al reato associativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74. Sostiene che le fonti di prova siano rappresentate soltanto da 10 conversazioni intercettate, 8 delle quali inter alios, e dalla dichiarazione del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Tuttavia il ricorrente e' stato assolto dall'unico reato fine per cui in primo grado era stata affermata la sua responsabilita', e i contenuti della conversazione del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui si farebbe riferimento al traffico degli stupefacenti non sarebbe indicativo di un'attivita' attuale, in quanto l'imputato dal 2005 ha trascorso un lungo periodo di latitanza in Canada fino al 2008, allorquando e' stato ristretto in regime di 41 bis fino al dicembre del 2012; il contenuto della conversazione dunque concernerebbe il disappunto espresso dal (OMISSIS) in ordine ad una sua estromissione dalle dinamiche decisionali e dai proventi relativi al traffico di stupefacenti, ed avrebbe comunque ad oggetto un'attivita' passata. Il secondo tema riguardante il traffico di stupefacenti oggetto della conversazione riguarda invece il disappunto per le condotte poste in essere da (OMISSIS) per i rapporti intrattenuti con taluni siciliani suoi conoscenti, spendendo arbitrariamente il suo nome; in tale contesto il (OMISSIS) esprime l'esigenza di rappresentare al (OMISSIS) di considerarsi libero di intessere rapporti illeciti con chi crede, ma senza avvalersi del suo nome, senno' si deve cominciare a sparare. Anche con riferimento alla prospettazione di un possibile futuro suo coinvolgimento diretto nel traffico illecito di cocaina da acquistare a Milano, l'unico elemento sarebbe una conversazione del 17 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che tuttavia risulta priva di qualsivoglia sviluppo. Sostiene che sia paradossale che un soggetto, scarcerato nel dicembre 2012 dopo una lunga detenzione in regime di 41 bis, che aspirerebbe a riassumere le redini di un sodalizio ai cui presunti componenti non viene pero' contestato alcun reato ne' alcuna condotta nell'arco temporale che va dal 2004 al dicembre 2012, sia individuato come l'organizzatore di un'associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. Cio' che e' emerso infatti e' la sostanziale assenza dalla scena del (OMISSIS) nell'arco temporale successivo alle intercettazioni richiamate, e la estraneita' a tutti i numerosi reati-fine attribuiti ai presunti componenti del sodalizio. Lamenta che anche il contributo dichiarativo del collaboratore di giustizia (OMISSIS) sia inaffidabile, avendo appreso de relato dal (OMISSIS) circa il coinvolgimento del (OMISSIS) nell'importazione di un carico di 700/800 kg. di "fumo" giunto in Italia dal Marocco tramite pescherecci messi a disposizione da siciliani, in quanto l'importazione non e' stata portata a compimento; peraltro, la conclusione si pone in contraddizione interna con l'assoluzione del (OMISSIS) dal capo 14. Nel contestare la genericita' di ulteriori dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sostiene che non sarebbe possibile una duplicazione della qualificazione giuridica del sodalizio in termini dell'articolo 416 bis, e di Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, in quanto il nucleo centrale delle due supposte associazioni sarebbe costituito dagli stessi soggetti, e il traffico degli stupefacenti costituirebbe un ramo d'azienda dell'associazione mafiosa. 26.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione ai reati di trasferimento fraudolento di beni contestati ai capi 27 e 29. Con riferimento al tabacchino, deduce che non sia stato spiegato il contributo fornito da (OMISSIS) nel 2015, quando la rivendita e' stata trasferita a (OMISSIS), mentre la conversazione del 22 gennaio 2013 fornisce la prova che (OMISSIS), in epoca anteriore, avrebbe attribuito la titolarita' a (OMISSIS). Con riferimento alla fittizia intestazione della pescheria di cui al capo 29, al (OMISSIS) viene attribuito un concorso morale nella fittizia intestazione in capo ad (OMISSIS) in data 27 marzo 2009; tuttavia (OMISSIS) all'epoca dei fatti era detenuto in regime di carcerazione speciale di cui al 41 bis, e non emerge alcuna prova che egli abbia realmente concorso nella commissione del reato. 26.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla aggravante dell'agevolazione di un sodalizio mafioso riconosciuto con riferimento al capo 29, sostenendo che l'attivita' commerciale ha avuto una gestione personale da parte del ricorrente, ed autonoma da quella del programma dell'ente criminoso. 26.6. Con il sesto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla illecita detenzione di armi, di cui ai capi 16 e 19 delle imputazioni. (OMISSIS) non ha mai avuto la disponibilita' delle armi detenute da (OMISSIS), tanto che chiede lumi in merito a (OMISSIS) nel corso della conversazione del 22 gennaio 2013. 26.7. Con il settimo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla qualifica di organizzatore dei reati associativi contestati ai capi 1 e 30 delle imputazioni, in assenza delle indicazioni di un concreto esercizio dei corrispondenti poteri. Il ruolo apicale sarebbe stato desunto soltanto dalla conversazione in cui, rivolgendosi a (OMISSIS), disse "tutti devono dare conto alla persona che al momento tiene le redini nelle mani", senza considerare che l'imputato era assente dalla scena da ben 8 anni. 26.8. I difensori hanno depositato due atti contenenti motivi nuovi ed una memoria, ribadendo le doglianze gia' proposte e chiedendo la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, mediante acquisizione di atti del processo di appello concernenti le dichiarazioni rese da (OMISSIS) e (OMISSIS). CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Preliminarmente va valutato il motivo relativo alla eccepita inutilizzabilita' delle intercettazioni eseguite all'estero, in quanto comune a numerosi ricorrenti, essendo stato riproposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS). Il motivo e' manifestamente infondato. 1.1. Il primo profilo di doglianza e' manifestamente infondato, poiche' possono essere utilizzate in un procedimento italiano le intercettazioni disposte in procedimenti penali svoltisi all'estero, acquisite per rogatoria dall'autorita' giudiziaria italiana, purche' siano rispettate le condizioni eventualmente poste dall'autorita' estera all'utilizzabilita' degli atti richiesti e sempre che le intercettazioni stesse siano avvenute nel rispetto delle regole formali e sostanziali che le disciplinano e altresi' nel rispetto dei fondamentali principi di garanzia, aventi rilievo di ordine costituzionale, propri del nostro ordinamento (Sez. 1, n. 4048 del 06/07/1998, Bonelli, Rv. 211301, in una fattispecie in tema di intercettazioni disposte dall'autorita' giudiziaria tedesca). Nel caso di specie, risulta che le intercettazioni telefoniche utilizzate siano state eseguite nel rispetto delle norme processuali olandesi, ma nel rispetto, altresi', dei principi di garanzia previsti dal nostro ordinamento: invero, come evidenziato dalla stessa sentenza impugnata (p. 27), le captazioni sono avvenute sotto il controllo ed in forza di un'autorizzazione di una Autorita' giudiziaria (quella olandese), nel rispetto di determinati termini di durata e nel rispetto dell'esigenza di contemperare il diritto alla riservatezza ed alla segretezza delle comunicazioni con la necessita' di perseguire i reati di particolare allarme sociale; in altri termini, risultano salvaguardati i principi di garanzia sottesi alla doppia riserva, di legge e di giurisdizione, che sancisce la legittimita' costituzionale delle intercettazioni (articolo 15 Cost., comma 2). Naturalmente, gli standard motivazionali dei decreti autorizzativi, oggetto di una generica censura, sono conformi all'ordinamento nel quale sono stati adottati, e la doglianza relativa alla mancanza di motivazione e' inammissibile per difetto di specificita', non essendo stati prodotti i decreti dei quali si lamenta l'inutilizzabilita' (Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muia', Rv. 254109: "Allorche' i risultati di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni autorizzate con provvedimento motivato "per relationem" siano acquisiti in procedimento diverso da quello in cui furono disposte, la parte che ne eccepisce l'inutilizzabilita', per essere la relativa motivazione solo apparente, ha l'onere di produrre sia il decreto di autorizzazione sia il documento al quale esso rinvia, in modo da porre il giudice del procedimento "ad quem" in grado di verificare l'effettiva inesistenza, nel procedimento "a quo", del controllo giurisdizionale prescritto dall'articolo 15 Cost."). Quanto al rispetto della riserva di giurisdizione, e' sufficiente rilevare che la motivazione del decreto e' stata formulata dal Pubblico Ministero olandese che, a prescindere dalle garanze ordinamentali riconosciute nel Paese estero, rientra nella nozione di "autorita' giudiziaria" - e sottoposta al controllo di un giudice. Del resto, questa Corte ha gia' chiarito, proprio con riferimento a ricorsi proposti nella fase cautelare del presente procedimento, che, in tema di rogatoria internazionale, trovano applicazione le norme processuali dello Stato in cui l'atto viene compiuto, con l'unico limite che la prova non puo' essere acquisita in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano e dunque con il diritto di difesa (Sez. 2, n. 2173 del 22/12/2016, dep. 2017, (OMISSIS), Rv. 269000, con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure il provvedimento impugnato che aveva respinto l'eccezione di inutilizzabilita' di intercettazioni ambientali disposte ed acquisite dall'autorita' olandese, essendo la procedura penale olandese in tema di intercettazioni conforme ai principi garantiti dall'articolo 15 Cost.); l'utilizzazione degli atti non ripetibili compiuti in territorio estero dalla polizia straniera e acquisiti nel fascicolo per il dibattimento non e' condizionata all'accertamento, da parte del giudice italiano, della regolarita' degli atti compiuti dall'autorita' straniera - vigendo una presunzione di legittimita' dell'attivita' svolta e spettando al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l'eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarita' riscontrate - bensi' alla compatibilita' del diritto straniero sulla base del quale l'atto sia compiuto con i principi inderogabili dell'ordinamento interno, spettando, comunque, a colui che eccepisca il difetto di compatibilita' darne la prova, tanto piu' ove si tratti di Paese membro dell'Unione Europea (Sez. 5, n. 45002 del 13/07/2016, Crupi, Rv. 268457). 1.2. In ordine alla doglianza concernente il mancato deposito dei decreti autorizzativi e dei verbali di ascolto delle intercettazioni, la censura e' manifestamente infondata. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui, ai fini dell'utilizzabilita' degli esiti di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, non occorre la produzione del relativo decreto autorizzativo, essendo sufficiente il deposito, presso l'Autorita' giudiziaria competente per il "diverso" procedimento, dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni medesime (Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004, Esposito, Rv. 229244). Dunque, il deposito dei decreti autorizzativi, dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni doveva avvenire nel "diverso" procedimento presso l'A.G. olandese. Del resto, anche il profilo di inutilizzabilita' dedotto e' manifestamente infondato, essendo consolidato il principio secondo cui, in tema di intercettazioni telefoniche da utilizzare in altri procedimenti, il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni sussiste soltanto, ai sensi dell'articolo 271 c.p.p., comma 1, quando esse siano eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dall'articolo 267 c.p.p., e articolo 268 c.p.p., commi 1 e 3, e non pure nel caso in cui non siano state osservate le disposizioni previste dall'articolo 268, comma 4 e ss., o dall'articolo 270 c.p.p., comma 2, relativi al deposito dei verbali o delle registrazioni delle intercettazioni (Sez. 5, n. 788 del 06/08/1991, Luise, Rv. 188105); deve escludersi che possa dar luogo a inutilizzabilita' dei risultati di intercettazioni in processo diverso da quello in cui le intercettazioni stesse sono state disposte il mancato deposito, in violazione dell'articolo 270 c.p.p., comma 2, dei verbali e delle registrazioni, come pure quello dei decreti di autorizzazione (ove si ritenga che anche a tali decreti debba estendersi l'obbligo previsto dalla suddetta disposizione normativa), atteso che tali inosservanze non rientrano fra quelle indicate, con carattere di tassativita', dall'articolo 271 c.p.p. (Sez. 1, n. 790 del 17/12/1999, dep. 2000, Santoro, Rv. 215108). In tal senso si sono pronunciate anche le Sezioni Unite, affermando che l'inutilizzabilita' dei risultati di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni per violazione dell'articolo 267 c.p.p., e articolo 268 c.p.p., commi 1 e 3, e' rilevata dal giudice del procedimento diverso da quello nel quale furono autorizzate solo quando essa risulti dagli atti di tale procedimento, non essendo tenuto il giudice a ricercarne d'ufficio la prova. Grava, infatti, sulla parte interessata a farla valere l'onere di allegare e provare il fatto dal quale dipende l'eccepita inutilizzabilita', sulla base di copia degli atti rilevanti del procedimento originario che la parte stessa ha diritto di ottenere, a tal fine, in applicazione dell'articolo 116 stesso codice (Sez. U, n. 45189 del 17/11/2004, Esposito, Rv. 229245, che, in motivazione, ha osservato che anche nel giudizio "a quo", poiche' l'inutilizzabilita' discende dalla violazione delle norme richiamate dall'articolo 271 c.p.p., comma 1, e non dalla mera indisponibilita' degli atti concernenti l'intercettazione e la sua legittimita', incombe alla parte l'onere di dedurne la sussistenza). Anche la giurisprudenza successiva ha confermato che il mancato deposito, presso l'autorita' competente per il diverso procedimento, dei verbali delle intercettazioni altrove disposte, non determina l'inutilizzabilita' dei relativi risultati, in quanto tale sanzione processuale non e' prevista dagli articoli 270 e 271 c.p.p. (Sez. 6, n. 27042 del 18/02/2008, Morabito, Rv. 240972), e che, ai fini dell'utilizzabilita' degli esiti di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in procedimento diverso da quello nel quale esse furono disposte, non occorre la produzione del relativo decreto autorizzativo, essendo sufficiente il deposito, presso l'Autorita' giudiziaria competente per il "diverso" procedimento, dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni medesime (Sez. 1, n. 38626 del 21/10/2010, Romeo, Rv. 248665; Sez. 1, n. 19791 del 06/02/2015, Alberti, Rv. 263571); in tema di intercettazioni disposte in altro procedimento, l'omesso deposito degli atti concernenti le intercettazioni disposte nel procedimento "a quo" - tra cui anche i nastri di registrazione presso l'autorita' competente per il procedimento "ad quem" non determina l'inutilizzabilita' dei risultati intercettativi, in quanto detta sanzione non e' prevista dall'articolo 270 c.p.p. e non rientra tra quelle tassativamente indicate dall'articolo 271 c.p.p. (Sez. 5, n. 4758 del 10/07/2015, dep. 2016, Bagnato, Rv. 265993; Sez. 5, n. 14783 del 13/03/2009 Badescu, Rv. 243609; Sez. 5, n. 1801 del 16/07/2015, dep. 2016, Tunno, Rv. 266410). Peraltro, va aggiunto che comunque l'omesso deposito dei supporti magnetici ed il conseguente mancato accesso agli stessi da parte dei difensori da' luogo ad una nullita' di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'articolo 178 c.p.p., lettera c), non piu' deducibile, in quanto sanata, con la scelta del giudizio abbreviato. (Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, dep. 2012, Bianco, Rv. 252850; Sez. 6, n. 19191 del 07/02/2013, Stanganelli, Rv. 255130; Sez. 2, n. 22500 del 10/07/2020, Sette, Rv. 280422). 3.3. Il terzo profilo di doglianza, concernente l'asserita violazione dell'articolo 50, comma 3, dell'Accordo di Schengen, riproposto soltanto da (OMISSIS) e (OMISSIS), e' manifestamente infondato. Sul punto, nel rilevare che non risulta violata alcuna norma in materia, va osservato, trattandosi di procedimento fondato in maniera significativa sugli esiti delle intercettazioni telefoniche, eseguite anche all'estero (in particolare in Olanda), che, al riguardo, e' stato sovente ribadito che "in tema di utilizzabilita' di atti assunti per rogatoria, le intercettazioni telefoniche ritualmente compiute da un'Autorita' di Polizia straniera e da questa trasmesse di propria iniziativa, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata con L. 23 febbraio 1961, n. 215, e dell'articolo 46 dell'Accordo di Schengen, ratificato con 1.30 settembre 1993 n. 388, senza l'apposizione di "condizioni all'utilizzabilita'", alle Autorita' italiane interessate alle informazioni, rilevanti ai fini dell'assistenza per la repressione di reati commessi sul loro territorio, possono essere validamente acquisite al fascicolo del pubblico ministero, ai sensi dell'articolo 78 disp. att. c.p.p., comma 2, trattandosi di atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera" (Sez. 1, n. 42478 del 31/10/2002, Moio D, Rv. 222984), e che "possono essere utilizzate in un procedimento italiano le intercettazioni disposte in procedimenti penali svoltisi all'estero, acquisite per rogatoria dall'autorita' giudiziaria italiana, purche' siano rispettate le condizioni eventualmente poste dall'autorita' estera all'utilizzabilita' degli atti richiesti e sempre che le intercettazioni stesse siano avvenute nel rispetto delle regole formali e sostanziali che le disciplinano e altresi' nel rispetto dei fondamentali principi di garanzia, aventi rilievo di ordine costituzionale, propri del nostro ordinamento" (Sez. 1, n. 4048 del 06/07/1998, Bonelli, Rv. 211301, in tema di intercettazioni disposte dall'autorita' giudiziaria tedesca; in senso analogo, Sez. 5, n. 5170 del 26/11/1996, dep. 1997, Lavorato, Rv. 207867, secondo cui "in tema di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni telefoniche in altri procedimenti, possono essere utilizzate in un procedimento italiano le intercettazioni telefoniche disposte in procedimenti penali esteri, acquisite per rogatoria dall'autorita' giudiziaria italiana, purche' siano rispettate le condizioni eventualmente poste dall'autorita' estera all'utilizzabilita' degli atti richiesti, come previsto dall'articolo 729 c.p.p."). Nel caso in esame, non risulta siano state poste condizioni all'utilizzabilita' degli atti richiesti, ne' tale profilo e' stato dedotto. L'articolo 50, comma 3, della Convenzione applicativa Accordo di Schengen, la cui violazione viene lamentata dai ricorrenti, prevede che "La Parte contraente richiedente non puo' trasmettere ne' utilizzare le informazioni o i mezzi di prova ottenuti dalla Parte contraente richiesta per indagini, perseguimenti (poursuites) o procedimenti diversi da quelli menzionati nella domanda, senza il preventivo consenso della Parte contraente richiesta". Tuttavia, come e' stato gia' affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di intercettazioni telefoniche eseguite all'estero, il Protocollo alla Convenzione Europea di assistenza giudiziaria, firmato il 16 ottobre 2001 ed entrato in vigore il 5 ottobre 2005, ha abrogato l'articolo 50, comma 3, della Convenzione del 19 giugno 1990 per l'applicazione dell'Accordo di Schengen, con la conseguenza che e' venuto meno, per i Paesi aderenti alla suddetta Convenzione, il limite alla utilizzazione degli atti trasmessi nell'ambito di una procedura rogatoriale in procedimenti diversi da quello nel quale sia stata accolta la richiesta, salvo che tale limite sia apposto dal Paese concedente nell'atto di trasmissione (Sez. 5, n. 26885 del 18/05/2016, COMMISSO, Rv. 267265; Sez. 2, n. 1926 del 13/12/2016, dep. 2017, COMMISSO, Rv. 268760). Ne consegue che la doglianza dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), secondo cui la rogatoria sarebbe stata utilizzata in relazione a procedimento diverso da quello per il quale era stata concessa, e' basata su una norma non piu' vigente, ed e' manifestamente infondata. 2. E' fondato il motivo di ricorso proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) in merito alla improcedibilita' in ordine al reato di ricettazione di cui al capo 31. I due ricorrenti sono stati gia' giudicati per il medesimo reato e assolti dal Tribunale di Latina in relazione alla medesima vicenda della ricettazione della cioccolata Lindt commessa, secondo l'accusa, da (OMISSIS) in Latina, e redistribuita in Calabria, in Olanda e in Canada. La sentenza impugnata ha rigettato l'eccezione di bis in idem sul rilievo che non vi sarebbe stata identita' piena tra le due fattispecie, sia sotto il profilo oggettivo (quantitativi trattati, numero e identita' dei correi, specifica condotta contestata), sia quanto alla contestazione della aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7. La sentenza di assoluzione del Tribunale di Latina, emessa l'8 aprile 2019, e divenuta irrevocabile il 23 settembre 2019, concerne tuttavia i medesimi fatti contestati nel presente procedimento, nel quale e' stata peraltro esclusa l'aggravante della agevolazione di un sodalizio mafioso. 2.1. Innanzitutto, e' inconferente il riferimento all'aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, in quanto l'identita' del fatto prescinde dall'idem legale. Con la sentenza n. 200 del 21/07/2016, la Corte costituzionale - che ha dichiarato illegittimo l'articolo 649 c.p.p., nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato gia' giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui e' iniziato il nuovo procedimento penale - ha ridefinito il principio del ne bis in idem processuale, recependo, sul piano ermeneutico, l'opzione della Corte EDU, cristallizzata dalla Grande Camera, 10/2/2009, caso Sergey Zolotukhin c. Russia, in cio' affermando il criterio dell'idem factum, e non dell'idem legale, ai fini della valutazione della medesimezza del fatto storico oggetto di nuovo giudizio. L'affrancamento dall'inquadramento giuridico (non, pero', dai criteri normativi di individuazione) del fatto (Corte Cost., n. 200 del 2016, p. 4), cioe' dall'idem legale, ha comportato la riaffermazione della "dimensione esclusivamente processuale" del divieto di bis in idem, che "preclude non il simultaneus processus per distinti reati commessi con il medesimo fatto, ma una seconda iniziativa penale, laddove tale fatto sia gia' stato oggetto di una pronuncia di carattere definitivo" (Corte Cost., n. 200 del 2016, p. 10). Tanto premesso, ne consegue che l'estensione del bis in idem processuale e' diversa, e di regola piu' ampia, rispetto al bis in idem sostanziale, e, soprattutto, come pure affermato dalla piu' consapevole dottrina (secondo cui, efficacemente, il divieto di un secondo giudizio "e' puro fenomeno giudiziario"), concerne rapporti diversi: l'articolo 649 c.p.p., infatti, riguarda il rapporto tra il fatto storico oggetto di giudicato ed il nuovo giudizio, e, nella sua dimensione storico-naturalistica, prescinde dalle eventualmente diverse qualificazioni giuridiche; il bis in idem sostanziale, invece, concerne il rapporto tra norme incriminatrici astratte, e prescinde dal raffronto con il fatto storico. In tal senso, questa Corte ha di recente chiarito che, "in tema di divieto di un secondo giudizio, le nozioni di "bis in idem" processuale e di "bis in idem" sostanziale non coincidono in quanto la prima, piu' ampia, ha riguardo al rapporto tra il fatto storico, oggetto di giudicato, ed il nuovo giudizio e, prescindendo dalle eventuali differenti qualificazioni giuridiche, preclude una seconda iniziativa penale la' dove il medesimo fatto, nella sua dimensione storico-naturalistica, sia stato gia' oggetto di una pronuncia di carattere definitivo; la seconda, invece, concerne il rapporto tra norme incriminatrici astratte e prescinde dal raffronto con il fatto storico (Sez. 7, n. 32631 del 01/10/2020, Barbato, Rv. 280774, che, in applicazione del principio, nonostante la qualificazione sostanziale del fatto storico consentisse il concorso formale tra il delitto di cui all'articolo 642 c.p. e quello di cui all'articolo 497 bis c.p., e, quindi, la non operativita' del "bis in idem" sostanziale, ha ravvisato il "bis in idem" processuale, in quanto il precedente giudizio aveva riguardato il medesimo fatto storico, qualificato ai sensi dell'articolo 642 c.p.). 2.2. Va altresi' rilevato che la sentenza impugnata e' contraddittoria, nella parte in cui, nel rigettare l'eccezione di difetto di giurisdizione, richiama la sentenza di questa Corte (Sez. 5, n. 12010 del 28/11/2016, dep. 2017, Crupi), che aveva evidenziato l'unitarieta' della vicenda criminosa, articolatasi in piu' condotte strettamente collegate non solo sul piano negoziale, ma soprattutto ideativo ed esecutivo (p. 983-985 della sentenza impugnata), per poi invece negare l'identita' del fatto con riferimento alla condotta di ricettazione giudicata dinanzi all'A.G. di Latina. La sentenza n. 12010 del 28/11/2016, dep. 2017, Crupi, in merito all'eccezione di difetto di giurisdizione, aveva sul punto evidenziato: "l'ordinanza impugnata risulta aver fatto buon governo dei principi appena richiamati: dopo aver rilevato, in relazione alla prospettazione accusatoria, che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano ricevuto dal padre, (OMISSIS) vertice della omonima consorteria confederata alla potente cosca di âEuroËœndrangheta " (OMISSIS)", operante sul versante ionico-reggino - una parte (pari a 25 pedane) di una ben piu' consistente quantita' (250 tonnellate, divise in 344 pedane, per un valore di oltre 7 milioni di Euro) di cioccolata Lindt rubata in data antecedente al 20/08/2014, e l'avevano ceduta, dietro corrispettivo, a (OMISSIS) e (OMISSIS), che la acquistavano per immetterla nel mercato canadese, la giurisdizione italiana e' stata affermata sul corretto presupposto che il reato di ricettazione contestato fosse stato commesso, anche in parte, in Italia, dove e' stata ricevuta da (OMISSIS), e, successivamente, distribuita in Italia e all'estero (in Olanda e in Canada, dove si trovavano i figli); alla stregua dell'analitica ricostruzione dei fatti e dei contatti intercorsi tra i concorrenti nel reato (riassunti alle p. 9-11 dell'ordinanza impugnata), il Tribunale del riesame ha dunque affermato che la condotta di ricettazione si era svolta per segmenti collegati e conseguenti, connotati prima da trattative funzionali alla compravendita, poi dalla distribuzione sul mercato italiano e canadese, e poi dalla successiva rivendita sottocosto della merce. In altri termini, pur avendo il reato di ricettazione natura istantanea, consumandosi nel momento in cui l'agente ottiene il possesso della cosa (Sez. 2, n. 38230 del 06/10/2010, Quiroga, Rv. 248538), nondimeno, nel caso di specie, la ricostruzione dei fatti e la concreta qualificazione del reato contestato hanno fondato l'affermazione della giurisdizione italiana, poiche' le condotte di ricezione che si sono succedute ( (OMISSIS), poi i figli, (OMISSIS) e (OMISSIS), infine (OMISSIS) e (OMISSIS)) non possono essere, naturalisticamente e giuridicamente, parcellizzate in altrettanti autonomi fatti-reato, essendo al contrario emerso un concorso di persone nell'originario reato di ricettazione commesso da (OMISSIS), connotato dai frequenti e (OMISSIS)nti contatti per il trasporto della merce in Canada e per la successiva rivendita ai fratelli (OMISSIS); proprio per il collegamento, non solo negoziale, ma ideativo ed esecutivo, che ha connotato la complessa operazione di ricettazione della cioccolata, finalizzata al conseguimento di un profitto derivante dalla rivendita della merce, le singole condotte naturalistiche di ricezione appartengono al medesimo fatto di ricettazione; invero, le diverse condotte di ricezione della merce hanno rappresentato frazioni, di carattere esecutivo, della piu' ampia e precedente operazione di acquisto della cioccolata rubata, finalizzata alla rivendita". Tanto premesso, va dunque condivisa la ricostruzione unitaria della fattispecie di ricettazione della cioccolata, poiche' le condotte di ricezione che si sono succedute ( (OMISSIS), poi i figli, (OMISSIS) e (OMISSIS), infine (OMISSIS) e (OMISSIS)) non possono essere, naturalisticamente e giuridicamente, parcellizzate in altrettanti autonomi fatti-reato, essendo al contrario emerso un concorso di persone nell'originario reato di ricettazione commesso da (OMISSIS), connotato dai frequenti e (OMISSIS)nti contatti per il trasporto della merce in Canada e per la successiva rivendita ai fratelli (OMISSIS). 2.3. Ne consegue che il fatto storico oggetto della sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Latina e' identico a quello oggetto della sentenza impugnata. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente al reato di ricettazione di cui al capo 31, per essere l'azione penale improcedibile. Sono assorbiti gli altri motivi di ricorso di (OMISSIS), condannato esclusivamente in ordine al reato di cui al capo 31. 3. Ai fini di una piu' chiara illustrazione delle argomentazioni e delle decisioni di questa Corte, appare opportuno considerare unitariamente i profili di doglianza proposti dai ricorrenti concernenti la partecipazione all'associazione di tipo mafioso di cui al capo 30. Invero, il sindacato sollecitato a questa Corte, pur sfociando sovente in una non consentita rivalutazione del merito - che non verra' dunque considerata ai fini della verifica di legittimita' -, coinvolge i profili, spesso connessi, del contributo minimo per aversi condotta partecipativa e della relativa prova. 3.1. Al riguardo, giova richiamare gli approdi consolidati della giurisprudenza di legittimita' in materia. Sul punto, occorre partire dal fondamentale principio affermato dalle Sezioni Unite "Mannino" nel 2005, secondo cui, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione e' riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu' che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670, che, in motivazione, ha osservato che la partecipazione puo' essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalita' di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purche' si tratti di indizi gravi e precisi - tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di "uomo d'onore", la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e pero' significativi "facta concludentia" -, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall'imputazione; in tal senso, di recente, Sez. 5, n. 45840 del 14/06/2018, M., Rv. 274180, con riferimento ad una fattispecie in cui l'imputato, infermiere in servizio presso un istituto penitenziario, svolgeva la funzione di "messaggero", consentendo di mantenere i collegamenti tra gli associati in liberta' e quelli ristretti, facendo entrare nell'istituto oggetti personali destinati ai componenti del sodalizio e partecipando a riunioni ed incontri con esponenti di altre cosche operanti nel medesimo territorio). Ancora recentemente le Sezioni Unite "Modaffari" hanno ribadito che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua "messa a disposizione" in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 01), e che l'affiliazione rituale puo' costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d'esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serieta' ed effettivita', espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un'offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 02, che, in motivazione, relativa a fattispecie inerente a misura cautelare personale, ha incluso, tra gli indici valutabili dal giudice, la qualita' dell'adesione ed il tipo di percorso che l'ha preceduta, la dimostrata affidabilita' criminale dell'affiliando, la serieta' del contesto ambientale in cui la decisione e' maturata, il rispetto delle forme rituali, con riferimento, tra l'altro, ai poteri di chi propone l'affiliando, di chi lo presenta e di chi officia il rito, la tipologia del reciproco impegno preso e la misura della disponibilita' pretesa od offerta). In particolare, va rilevato, a fini che rilevano in questa sede, che le Sezioni Unite âEuroËœModaffari' hanno sottolineato che: "La partecipazione non si esaurisce ne' in una mera manifestazione di volonta' unilaterale ne' in una affermazione di status: essa, al contrario, implica un'attivazione fattiva a favore della consorteria che attribuisca dinamicita', concretezza e riconoscibilita' alla condotta che si sostanzia nel "prendere parte". L'opera di concretizzazione giurisprudenziale del significato della locuzione normativa "fa parte" di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 1, non puo' pertanto lasciare spazio ad ipotesi di identificazione della condotta punibile che risultino del tutto svincolate dalla verifica di un contributo, anche in forme atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell'organizzazione criminosa" (p. 11.2). Pertanto, ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione ad un'associazione mafiosa, l'affiliazione rituale puo' non essere sufficiente qualora alla stessa non si correlino concreti indici fattuali rivelatori dello stabile inserimento del soggetto con ruolo attivo nel sodalizio (Sez. 5, n. 38786 del 23/05/2017, De Caro, Rv. 271205). Premesso che, in materia di reati associativi, la commissione dei "reati-fine", di qualunque tipo essa sia, non e' necessaria ne' ai fini della configurabilita' dell'associazione ne' ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Scarcello, Rv. 280703 - 02), il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si consuma nel momento in cui il soggetto entra a far parte dell'organizzazione criminale, senza che sia necessario il compimento, da parte dello stesso, di specifici atti esecutivi della condotta illecita programmata, poiche', trattandosi di reato di pericolo presunto, per integrare l'offesa all'ordine pubblico e' sufficiente la dichiarata adesione al sodalizio, con la c.d. "messa a disposizione", che e' di per se' idonea a rafforzare il proposito criminoso degli altri associati e ad accrescere le potenzialita' operative e la capacita' di intimidazione e di infiltrazione del sodalizio nel tessuto sociale (Sez. 5, n. 27672 del 03/06/2019, Geraci, Rv. 276897; Sez. 2, n. 27394 del 10/05/2017, Pontari, Rv. 271169); ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, non e' necessario che il membro del sodalizio si renda protagonista di specifici atti esecutivi del programma criminoso, essendo sufficiente che lo stesso assuma o gli venga riconosciuto il ruolo di componente del sodalizio e aderisca consapevolmente al programma criminoso, accrescendo per cio' solo la potenziale capacita' operativa e la temibilita' dell'associazione (Sez. 2, n. 56088 del 12/10/2017, Agostino, Rv. 271698, che, in motivazione, ha aggiunto, che qualora non sia stata acquisita la dimostrazione dell'inserimento formale del singolo all'interno della cosca, la prova della partecipazione puo' essere ricavata dal compimento di una o piu' attivita' significative nell'interesse dell'associazione mafiosa). Invero, la condotta di partecipazione all'associazione per delinquere di cui all'articolo 416 bis c.p., e' a forma libera e puo' realizzarsi in forme e contenuti diversi, indipendenti dall'esistenza di un formale atto di inserimento nel sodalizio e da uno stretto contatto con gli altri sodali, sicche' il partecipe puo' anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri affiliati essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzarne gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l'utilizzazione di metodi mafiosi (Sez. 2, n. 55141 del 16/07/2018, Galati, Rv. 274250). E' stato, pertanto, affermato che integra il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso la condotta di chi offre il proprio contributo materiale, con carattere continuativo e fiduciario, ai fini della trasmissione di messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale latitante e gli appartenenti alla consorteria in liberta', cosi' da consentire al primo di continuare a dirigere l'associazione mafiosa, in quanto tale attivita' si risolve in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio nonche' alla conservazione ed al rafforzamento di quest'ultimo (Sez. 6, n. 3595 del 04/11/2020, dep. 2021, T., Rv. 280349; Sez. 2, n. 41736 del 09/04/2018, M., Rv. 274077, con riferimento ad una fattispecie relativa alla moglie di un capo clan che informava regolarmente il marito ristretto in carcere della condizione dei sodali latitanti e dell'andamento del traffico di stupefacenti gestito dall'organizzazione; Sez. 2, n. 7872 del 28/01/2020, Pellicano', Rv. 278425), sebbene non sia sufficiente la collaborazione episodica alla trasmissione di messaggi scritti (c.d. pizzini) tra il capo cosca e soggetti affiliati alla stessa, richiedendosi, invece, un'attivita' di carattere continuativo e fiduciario di "veicolatore abituale di notizie", idonea a fornire un contributo causale e volontario alla realizzazione dei fini del sodalizio criminale, nonche' alla sua conservazione e rafforzamento (Sez. 5, n. 26306 del 16/03/2018, D'Agostino, Rv. 273336, con riferimento ad una fattispecie relativa alla consegna di messaggi in due sole occasioni, in cui la Corte ha annullato con rinvio per difetto di motivazione l'ordinanza cautelare che non spiegava come aveva tratto da tale dato di fatto il convincimento della stabilita' del contributo del ricorrente). Analogamente, rappresenta comportamento concludente, idoneo a costituire indizio di intraneita' al sodalizio criminale, l'essere posto a conoscenza dell'organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell'identita' dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati, nonche' l'essere stato ammesso a partecipare ad incontri deputati all'inserimento di nuovi sodali (Sez. 5, n. 25838 del 23/07/2020, Prestia, Rv. 279597 - 02, con riferimento ad una fattispecie relativa alla assunzione, da parte dell'affiliato, del grado di "capo bastone giovane" all'interno di una cosca locale di âEuroËœndrangheta); va infatti considerato comportamento concludente idoneo, sul piano logico, a costituire indizio di intraneita' al sodalizio criminale la presenza e la partecipazione attiva ad una cerimonia di affiliazione, essendo illogico ritenere che il rito di affiliazione o di conferimento di un grado gerarchico all'interno di un'organizzazione mafiosa possa essere officiato da soggetti estranei (Sez. 2, n. 27428 del 03/03/2017, Serratore, Rv. 270315, con riferimento ad una fattispecie in cui la Corte ha giudicato immune da censure l'ordinanza impugnata, la quale aveva ritenuto che l'appartenenza dell'imputato alla âEuroËœndrangheta fosse dimostrata, in particolare, dalla sua presenza al pranzo di affiliazione di altri sodali). La condotta partecipativa puo' ancora consistere nell'attivita' di "paciere", svolta da parte di esponenti di primo piano di una cosca, in ordine alla composizione di contrasti interni per fatti attinenti all'attivita' ed al funzionamento dell'organizzazione, avendo essa la funzione di assicurare la stabilita' e la tenuta di quest'ultima (Sez. 3, n. 25994 del 22/07/2020, Gullo, Rv. 279825, con riferimento ad una fattispecie in cui l'attivita' di composizione del contrasto, previa convocazione e richiesta di rendiconto, avveniva tra membri di rilievo dell'organizzazione in merito al versamento dei ricavi derivanti dallo spaccio di stupefacenti); nella condotta di chi si fa intestare fittiziamente, in ripetute occasioni, beni immobili riconducibili alla compagine criminale (Sez. 6, n. 13444 del 10/03/2016, Borrata, Rv. 266925). Dalla breve rassegna dei piu' recenti approdi giurisprudenziali di questa Corte, dunque, emerge che la condotta partecipativa deve consistere nell'assunzione, stabile, di un ruolo dinamico nella vita del sodalizio, essendo insufficiente il mero status di affiliato, che puo' costituire solo un indice. Invero, ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione all'associazione di tipo mafioso, puo' essere insufficiente la mera indicazione della qualita' formale di affiliato, laddove alla stessa non si correli la realizzazione di un qualsivoglia "apporto" alla vita dell'associazione, idoneo a far ritenere che il soggetto si sia inserito nel sodalizio in modo stabile e pienamente consapevole (Sez. 6, n. 46070 del 21/07/2015 Alcaro, Rv. 265536). Tant'e' che, e' stato pure affermato, il possesso della c.d. "dote di âEuroËœndrangheta", pur implicante una posizione di rango elevato nel sodalizio, non e' sufficiente a provare l'effettiva operativita' dell'associazione ed il ruolo ricoperto dal possessore al suo interno, definendone epoca e concreta durata della sua partecipazione (Sez. 6, n. 16543 del 19/01/2021, Barbaro, Rv. 281054 - 01). E' rilevante, dunque, delimitare la tipicita' della condotta di partecipazione verso il "basso", ovvero verso le forme di mera vicinanza o di contiguita' compiacente, penalmente irrilevante, anche sulla base, naturalmente, della prova della condotta processualmente raggiunta, alla stregua di una lettura non atomistica, ma unitaria, degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all'interno dello stesso (Sez. 5, n. 4864 del 17/10/2016, dep. 2017, Di Marco, Rv. 269207: "Ai fini dell'integrazione della condotta di partecipazione ad un'associazione di tipo mafioso, l'investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali agli interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica, ma unitaria, degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all'interno dello stesso (nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che detto ruolo potesse evincersi, sulla base di una valutazione complessiva delle risultanze fattuali, in relazione ad un indagato che, pur non raggiunto da indizi circa la sottoposizione a rituale affiliazione e la commissione di specifici reati-fine, godeva della possibilita' di confrontarsi direttamente con soggetti di comprovata "mafiosita'", frequentava il "luogo di appuntamenti" dei sodali ed intratteneva, con i medesimi, movimentazioni di denaro)". Infatti, nel solco di una interpretazione costituzionalmente orientata verso un "diritto penale del fatto", e non dell"autore', va ribadito il principio secondo cui, in tema di associazione di tipo mafioso, la mera "contiguita' compiacente", cosi' come la "vicinanza" o "disponibilita'" nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, non costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare la condotta di partecipazione all'organizzazione, ove non sia dimostrato che l'asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria (Sez. 6, n. 40746 del 24/06/2016, Panicola, Rv. 268325; Sez. 1, n. 25799 del 08/01/2015, Di Maio, Rv. 263953). Alla stregua delle coordinate ermeneutiche appena richiamate va dunque operato il sindacato di legittimita' delle singole posizioni processuali in ordine alle quali e' stato proposto ricorso con riferimento ai requisiti ed alla prova della condotta partecipativa. 4. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. Nel rinviare infra p. 2 per l'annullamento senza rinvio in ordine al distinto capo 31, la sentenza impugnata va annullata con rinvio nei confronti di (OMISSIS) anche in relazione al reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui al capo 30. La Corte territoriale ha infatti affermato la responsabilita' penale di (OMISSIS) valorizzando, da un lato, i legami personali e familiari con esponenti, anche apicali, della cosca (OMISSIS) - per avere l'imputato sposato (OMISSIS), sorella di (OMISSIS), dello il (OMISSIS) -, e dall'altro intercettazioni tra terzi che alludevano alla vicenda della separazione dell'odierno ricorrente, per avere tradito la moglie con una donna ( (OMISSIS)) appartenente ad un nucleo familiare sempre gravitante nella consorteria. Tuttavia, nel rilevare che gli unici elementi, non privi di equivocita' probatoria, derivano da conversazioni intercettate tra terze persone, dalla motivazione della Corte territoriale non risulta alcuna condotta partecipativa, alcun contributo alla conservazione o al rafforzamento della consorteria âEuroËœndranghetista. Emergono, di fatto, soltanto relazioni di natura familiare, relative ad una vicenda di natura personale - la rottura del matrimonio tra lo stesso (OMISSIS) e la sorella del capo-cosca (OMISSIS) -, ed ai riflessi, inevitabili, che tale evento aveva comportato sugli equilibri all'interno del gruppo dei (OMISSIS). Tuttavia, la mera conoscenza, da parte del ricorrente, del calibro mafioso di (OMISSIS), detto il (OMISSIS), non puo' avere di per se' significato di intraneita' all'organizzazione; ne' il risentimento di quest'ultimo verso la famiglia (OMISSIS), cui era conseguito l'isolamento dell'odierno ricorrente, poteva riflettersi sulla posizione di costui nel senso di una partecipazione ad un sodalizio mafioso; anche la conversazione del 9 gennaio 2009, dalla quale e' stato ricavato un mutamento degli assetti di potere tra i (OMISSIS) ed i (OMISSIS) ("perche' prima era (OMISSIS) di (OMISSIS) e ora e' (OMISSIS) di (OMISSIS)"), non scioglie l'ambiguita' delle espressioni usate dai conversanti circa l'allontanamento del ricorrente dai (OMISSIS), potendo le stesse spiegarsi nell'ambito di rapporti familiari naturali, incrinati dall'avvenuta rottura tra (OMISSIS) e la moglie. Va pertanto ribadito che la mera "contiguita' compiacente", cosi' come la "vicinanza" o "disponibilita'" nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, non costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare la condotta di partecipazione all'organizzazione, ove non sia dimostrato che l'asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria. Sul punto, non appare ridondante evidenziare che questa Corte aveva gia' ritenuto immune da censure il provvedimento che, in fase cautelare, aveva escluso la gravita' indiziaria del reato di partecipazione ad associazione mafiosa (Sez. 5, n. 3870 del 04/10/2016, dep. 2017, (OMISSIS)). Gli altri motivi proposti da (OMISSIS) devono ritenersi assorbiti. 5. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. La sentenza impugnata va annullata con rinvio nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui al capo 30. La Corte territoriale ha infatti affermato la responsabilita' penale di (OMISSIS) valorizzando la circostanza che l'imputato fosse l'interlocutore dei lunghi colloqui captati con (OMISSIS), cognato e socio in affari: i due interlocutori parlano delle vicende riguardanti il gruppo calabrese insediato in Canada, esprimono timori sulle rivalita' interne al gruppo "canadese", si riferiscono a personaggi di rilievo della âEuroËœndrangheta fonica, come (OMISSIS), il (OMISSIS), - cognato di (OMISSIS), per avere il fratello (OMISSIS) sposato la sorella del (OMISSIS) -, criticato per avere ordinato di non salutare piu' i (OMISSIS) in seguito alla separazione, e discutono delle dinamiche interne al gruppo "canadese" anche in relazione alla vicenda dell'omicidio (OMISSIS) consumato in Canada; dalle intercettazioni emerge anche l'incontro sul lungomare di (OMISSIS) con (OMISSIS), al quale confida che, terminata la sottoposizione agli obblighi, sarebbe "scappato". Anche in tal caso, tuttavia, gli unici elementi indiziari, desunti da conversazioni intercettate, sottolineano la diretta conoscenza di fatti e persone legate alla consorteria, soprattutto nella sua articolazione canadese, e l'interesse per la ricostruzione degli stessi, senza che, dalla motivazione della Corte territoriale, risulti alcuna condotta partecipativa, alcun contributo alla conservazione o al rafforzamento della consorteria âEuroËœndranghetista. A fondamento dell'affermazione di responsabilita', in altri termini, vengono richiamati esclusivamente dialoghi dell'imputato nel corso dei quali si discute di vicende legate (anche) al gruppo mafioso, ma senza che se ne possa desumere una inequivocabile condotta partecipativa che esuli dalla mera adesione morale, o il riferimento ad attivita' associative illecite. Neppure risulta una dichiarata adesione al sodalizio, con la c.d. "messa a disposizione", che pure sarebbe idonea a rafforzare il proposito criminoso degli altri associati e ad accrescere le potenzialita' operative e la capacita' di intimidazione e di infiltrazione del sodalizio nel tessuto sociale. Inoltre, la Corte territoriale, pur richiamando analiticamente i motivi di appello, non ha motivato in ordine al contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione al profilo, devoluto con l'impugnazione, che entrambi i dichiaranti non avrebbero affermato l'appartenenza di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta e che (OMISSIS) avrebbe riferito dell'esistenza di un ramo familiare omonimo insediato in Canada, al quale apparterrebbe il ricorrente, del tutto estraneo alle logiche mafiose. Anche in tal caso emerge, dunque, una mera "contiguita' compiacente", una "vicinanza" o "disponibilita'" nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, che non costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare la condotta di partecipazione all'organizzazione, ove non sia dimostrato che l'asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria. Gli altri motivi proposti da (OMISSIS) devono ritenersi assorbiti. 6. Il ricorso di (OMISSIS) e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. Condannato a 8 anni di reclusione per concorso esterno nel reato associativo di cui al capo 30, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per ragioni analoghe concernenti il vizio di motivazione. La Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilita', riqualificando la condotta come concorso esterno, e non come partecipazione, valorizzando la presenza del (OMISSIS) alle conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), la consapevolezza dei loro "traffici" illeciti, soprattutto nel settore degli stupefacenti, desunta dai continuativi rapporti di collaborazione con il (OMISSIS), e dalle sue ammissioni in ordine alle attivita' truffaldine o di evasione fiscale, e l'interesse per la buona riuscita dell'operazione della ricettazione della cioccolata (OMISSIS). Al riguardo, va premesso che (OMISSIS) - al quale era originariamente contestata la partecipazione alla cosca (OMISSIS), in quanto coadiuvava (OMISSIS) e (OMISSIS) nelle attivita' illecite del sodalizio era collaboratore dei (OMISSIS) nel commercio internazionale di fiori, e percio' frequentava i locali della (OMISSIS) in Olanda, dove sono state captate le conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS); ebbene, nel rinviare infra p. 5 per la insufficienza dimostrativa dei dialoghi tra (OMISSIS) e (OMISSIS) a delineare un contributo efficiente al sodalizio mafioso, e nel sottolineare che (OMISSIS) risulta essere stato soltanto presente ad essi, va evidenziato che la motivazione della Corte territoriale non risulta appagante nel delineare, in termini fattuali, un contributo efficiente e causale per la conservazione e il rafforzamento del sodalizio mafioso. La Corte territoriale, infatti, evidenzia "la vicinanza a soggetti accoscati" (p. 900), senza tuttavia delineare il contributo causale fornito al sodalizio; contributo che neppure puo' essere desunto da altre attivita' illecite (traffico di stupefacenti dietro lo schermo del commercio floreale, frodi fiscali, ecc.) - alle quali (OMISSIS) avrebbe partecipato, o delle quali sarebbe stato a conoscenza - estranee all'oggetto sociale della cosca di âEuroËœndrangheta; anche l'interesse alla riuscita dell'operazione della ricettazione della cioccolata Lindt non appare indice di un contributo - sia pur nei termini di un concorso esterno - all'attivita' del sodalizio mafioso, ove si consideri che (OMISSIS) non e' imputato del reato di cui al capo 31, e che - sia pur con riferimento al solo (OMISSIS), con motivazione contraddetta in relazione agli altri coimputati - l'aggravante dell'agevolazione del sodalizio mafioso e' stata esclusa, sul rilievo che non vi fosse prova che la ricettazione di cioccolata fosse diretta a favorire il perseguimento degli scopi illeciti dell'associazione. Del resto, (OMISSIS) risulta, secondo la contestazione, figura adiacente a quella di (OMISSIS), nei confronti del quale pure e' stata annullata con rinvio la sentenza impugnata. Va aggiunto che il concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso non puo' ritenersi un minus rispetto alla condotta partecipativa, quasi che occorresse uno standard probatorio meno stringente; si tratta, invece, di una condotta diversa, che comunque non puo' prescindere dalla prova di un contributo causale, a maggior ragione per l'assenza dell'affectio societatis che connota invece la partecipazione. Al riguardo, le Sezioni Unite "Mannino" hanno chiarito che, in tema di associazione di tipo mafioso, assume il ruolo di "concorrente esterno" il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell'associazione e privo dell'"affectio societatis", fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un'effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione (o, per quelle operanti su larga scala come "Cosa nostra", di un suo particolare settore e ramo di attivita' o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671). Pertanto, la partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno costituiscono fenomeni completamente alternativi fra loro, in quanto la condotta associativa implica la conclusione di un "pactum sceleris" fra il singolo e l'organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane stabilmente a disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo sociale, con la volonta' di appartenere al gruppo, e l'organizzazione lo riconosce ed include nella propria struttura, anche "per facta concludentia" e senza necessita' di manifestazioni formali o rituali, mentre il concorrente esterno e' estraneo al vincolo associativo, pur fornendo un contributo causalmente orientato alla conservazione o al rafforzamento delle capacita' operative dell'associazione, ovvero di un suo particolare settore di attivita' o articolazione territoriale, e diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima (Sez. 6, n. 16958 del 08/01/2014, Costantino, Rv. 261475, che, in motivazione, ha chiarito che un unico percorso motivazionale non puo' essere fungibilmente riferito all'una o all'altra delle due fattispecie, che si pongono in rapporto di alternativita' fra loro). I residui motivi proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono assorbiti. 7. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 8 anni di reclusione per concorso esterno nel reato associativo di cui al capo 30 -, e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. La sentenza impugnata va annullata con rinvio per ragioni analoghe a quelle di (OMISSIS), concernenti il vizio di motivazione. La Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilita', tuttavia riqualificando la condotta come concorso esterno, e non come partecipazione al reato di associazione mafiosa denominata âEuroËœndrangheta, operante nel territorio della provincia di Reggio Calabria, ed in particolare alla sua articolazione denominata "locale" di (OMISSIS), facente capo alla famiglia (OMISSIS)- (OMISSIS). L'affermazione di responsabilita' e' stata fondata sulla conversazione del 20 febbraio 2013, avvenuta all'interno dell'abitazione di (OMISSIS), nel corso della quale il fratello (OMISSIS) - promotore ed organizzatore del sodalizio, da poco scarcerato -, chiedeva all'imputato, in ragione dei buoni rapporti commerciali con la societa' dell'ex senatore (OMISSIS), un intervento di quest'ultimo per ottenere il ridimensionamento in appello della pesante condanna inflitta in primo grado ad (OMISSIS) (capocosca, condannato dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria alla pena di 11 anni e 2 mesi di reclusione per associazione mafiosa ed altri delitti), trovando la pronta adesione dell' (OMISSIS), resosi disponibile a formulare la richiesta allo (OMISSIS) nella consapevolezza della possibilita' e del potere di intervento di quest'ultimo, che aveva gia' posto in essere interventi analoghi, nonche' nella consapevolezza del ruolo apicale dell' (OMISSIS) e dell'interesse del sodalizio alla sorte di questi. Va innanzitutto evidenziato che l'affermazione di responsabilita' ha circoscritto la partecipazione concorsuale all'associazione mafiosa, facente capo alle famiglie (OMISSIS)- (OMISSIS), all'episodio emerso nel corso della conversazione del 20 febbraio 2013, captata all'interno dell'abitazione di (OMISSIS), ed intercorsa tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e l'imputato. La Corte territoriale ha fondato su quest'unico episodio l'affermazione di responsabilita', in ragione della rilevanza degli elementi ricavabili dalla conversazione intercettata, in quanto il colloquio avviene con un esponente apicale del sodalizio, (OMISSIS), che, appena scarcerato, aveva ripreso in mano le redini dell'associazione, occupandosi dei rapporti con le altre cosche, del narcotraffico e degli affari, della situazione interna del gruppo, pretendendo informazioni sulla gestione del patrimonio e degli investimenti immobiliari e convocando i sodali. Tramite il (OMISSIS), fidanzato della figlia del capocosca (OMISSIS), (OMISSIS) aveva convocato (OMISSIS) e gli aveva esposto in termini chiari l'esigenza di un intervento corruttivo sui giudici della Corte d'appello per ottenere il ridimensionamento della pena inflitta in primo grado ad (OMISSIS), condannato dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria per associazione mafiosa alla pena di 11 anni e 2 mesi di reclusione: in particolare, gli aveva chiesto in modo esplicito di parlarne con l'ex onorevole (OMISSIS), con il quale l' (OMISSIS) era in rapporti imprenditoriali, per tentare, tramite questi, di influire sui giudici, che avrebbero trattato il processo in grado di appello. All'evidenza il colloquio, riportato nella sentenza impugnata, da' conto della fiducia riposta dal (OMISSIS) nell'imputato, che risulta perfettamente a conoscenza della posizione apicale dell'interlocutore e del soggetto da favorire (il (OMISSIS) gli dice chiaramente che "li' e' la mamma di tutti, sono tutti figliocci suoi, sono tutti sotto di lui; qua senza di lui siamo rovinati"), nonche' della posizione di altri componenti del sodalizio, della cui sorte il (OMISSIS) non si preoccupa, anche perche' condannati a pene piu' miti, in gran parte gia' scontate; dimostra che l' (OMISSIS) sa del potere di influenza del senatore, gia' attivatosi in precedenti occasioni per interventi analoghi, ed in buoni rapporti con la âEuroËœndrangheta, dalla quale aveva ricevuto favori, ed il (OMISSIS), che, sottolineando l'indispensabilita' di tali rapporti per mantenere certi equilibri, lo sollecita a riferire allo (OMISSIS) della loro disponibilita' ad aiutarlo in caso di bisogno (se dice "ho bisogno di... in caso pure qua", poi uno vede di impegnarsi", "l'impossibile da parte nostra vediamo quello che.. lo possiamo servire in tutti i modi se ci aiuta su questo fatto di (OMISSIS) ci vendiamo pure l'anima al diavolo"); dimostra ancora che l'imputato e' pronto e disponibile a parlare con l'ex senatore, garantendo che questi si e' sempre interessato di queste cose. Dalle indagini emergeva che (OMISSIS) si era recato il 15 marzo 2013 presso la sede della societa' (OMISSIS) s.p.a., dell'ex senatore (OMISSIS), anche se non vi e' prova che abbia incontrato proprio lo (OMISSIS), ne' di quanto si siano effettivamente detti, ne' dell'effettivo espletamento dell'incarico affidatogli e dell'eventuale interessamento del politico nel senso richiesto. Tanto premesso, la motivazione della Corte territoriale non appare persuasiva non solo per l'unicita' dell'episodio, privo di riscontro, ma soprattutto, per l'assenza di ulteriori elementi fattuali, emergenti dal testo della sentenza impugnata, indicativi di una stabile appartenenza al sodalizio o, comunque, di un contributo concorsuale occasionale (secondo la riqualificazione dei fatti operata dalla Corte territoriale); la sentenza impugnata, al contrario, afferma che "e' sufficiente il suo atteggiamento verso la proposta di corruzione in atti giudiziari esplicitamente sollecitata da (OMISSIS) (...) che dimostrano convergenza di interessi, pronta e totale disponibilita' a fornire alla cosca informazioni ed appoggi" (p. 774). La motivazione, che sembrerebbe piu' aderente ad una condotta partecipativa, che non ad un concorso esterno, appare lacunosa, non evidenziando il contributo effettivamente prestato dall'imputato alla vita e al rafforzamento del sodalizio mafioso, ed accontentandosi di una mera manifestazione di disponibilita' ad attivarsi in favore di un capo-cosca, sulla base del solo atteggiamento adesivo. Pur valorizzandosi la provenienza della richiesta da un esponente apicale del sodalizio e l'importanza del favore per la vita dell'organizzazione, e pur considerando che, trattandosi di una richiesta illecita, certamente non poteva essere rivolta ad un soggetto men che fidato, sulla cui disponibilita' e riservatezza assoluta si poteva fare affidamento, tali elementi, in assenza di altri dati di fatto, risultano insufficienti per fondare l'affermazione di responsabilita' per il reato associativo - a maggior ragione nella sua qualificazione concorsuale, e non partecipativa -, atteso che la consapevolezza dell' (OMISSIS) dell'esistenza del sodalizio, del ruolo apicale del (OMISSIS) e dell' (OMISSIS) e dei rapporti del politico con la âEuroËœndrangheta non puo' ritenersi patrimonio di informazioni esclusivo di un sodale in un ambiente circoscritto e ad alta densita' mafiosa, come quello accertato, specie avuto riguardo ai rapporti commerciali dell'imputato con la societa' dello (OMISSIS), nonche' con il (OMISSIS), lo (OMISSIS) e (OMISSIS). Dato il contesto ambientale ed i rapporti commerciali esistenti con appartenenti al sodalizio, la mera disponibilita' dell'imputato a veicolare la richiesta, emersa nella vicenda in esame, risulta insufficiente a provare il contributo effettivo alla vita ed al mantenimento del sodalizio mafioso necessario per configurare il concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso. Anche in tal caso, premesso che il concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso non puo' ritenersi un minus rispetto alla condotta partecipativa, quasi che occorresse uno standard probatorio meno stringente, trattandosi, invece, di una condotta diversa, che comunque non puo' prescindere dalla prova di un contributo causale, a maggior ragione per l'assenza dell'affectio societatis che connota invece la partecipazione, va ribadito che la "mera contiguita' compiacente", la "vicinanza" o "disponibilita'" nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio mafioso, non qualificano la condotta del partecipe (in termini, Sez. 5, n. 12679 del 24/01/2007, Mercadante, Rv. 235986), ne' del concorrente âEuroËœesterno'. Va, inoltre, ribadito il principio secondo cui la mera frequentazione di soggetti affiliati al sodalizio criminale per motivi di parentela, amicizia o rapporti d'affari, ovvero la presenza di occasionali o sporadici contatti in occasione di eventi pubblici e in contesti territoriali ristretti non costituiscono elementi di per se' sintomatici dell'appartenenza all'associazione, ma possono essere utilizzati come riscontri da valutare ai sensi dell'articolo 192, comma 3, c.p.p., quando risultino qualificati da una abituale o significativa reiterazione e connotati dal necessario carattere individualizzante (Sez. F, n. 38881 del 30/07/2015, Salerno, Rv. 264515; Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, dep. 08/03/2012, Biondo, Rv. 252281). Sul punto, non appare ridondante evidenziare che questa Corte aveva gia' ritenuto immune da censure il provvedimento che, in fase cautelare, aveva escluso la gravita' indiziaria del reato di partecipazione ad associazione mafiosa (Sez. 6, n. 12554 del 01/03/2016, (OMISSIS), Rv. 267418, che, nel ribadire che, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione e' riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piu' che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi, ha ritenuto insufficiente, al fine di dimostrare l'adesione dell'indagato al sodalizio criminale e, quindi, la sua permanente e stabile messa a disposizione per il perseguimento dello scopo sociale, l'esistenza di un'unica conversazione oggetto di intercettazione ambientale, rimasta priva di riscontri, nel corso della quale l'indagato si era impegnato, nei confronti di uno dei promotori ed organizzatori del sodalizio criminale, a sollecitare l'intervento di un ex parlamentare, con cui lo stesso indagato era in rapporti di affari, allo scopo di influire sui giudici di appello per ottenere il ridimensionamento della pena inflitta in primo grado ad un esponente di spicco dell'organizzazione). I residui motivi proposti nell'interesse di (OMISSIS) sono assorbiti. 8. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 10 anni di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 -, e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. 8.1. Il primo motivo, con cui eccepisce la violazione dell'articolo 169 c.p.p., e' inammissibile, in quanto privo di specificita', avendo omesso di allegare la comunicazione prevista per le notificazioni all'imputato all'estero. Pur trattandosi di un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di Cassazione e' anche giudice del fatto, potendo accedere agli atti processuali, il ricorrente non ha indicato specificamente la collocazione dell'atto asseritamente nullo - che, peraltro, risalendo alla fase delle indagini preliminari, secondo le deduzioni difensive, non risulta acquisito al fascicolo processuale trasmesso a questa Corte -, ne' tanto meno lo ha allegato al ricorso. Al riguardo, giova rammentare il principio affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui, nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullita' o inutilizzabilita' collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale (perche' appartenenti ad altro procedimento o anche - qualora si proceda con le forme del dibattimento - al fascicolo del pubblico ministero), al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l'eccezione si accompagna l'ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali - positive o negative - addotte a fondamento del vizio processuale (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, De Iorio, Rv. 244329). 8.2. E' invece fondato il terzo motivo. Prescindendo dalla generica e laconica doglianza concernente la struttura dell'associazione mafiosa, che non appare peraltro seriamente suscettibile di messa in discussione, va rilevato che la sentenza impugnata presenta profili di carenza motivazionale che fondano un annullamento con rinvio. (OMISSIS) (c. 56) e', infatti, ritenuto partecipe, con funzioni apicali, della cosca (OMISSIS) di (OMISSIS), ed in particolare dell'articolazione insediata a Toronto, in Canada; tuttavia, tale partecipazione qualificata e' basata sulla mera ricostruzione delle ascendenze familiari dell'imputato - figlio e nipote di due capi della cosca risultata vincitrice della faida con i (OMISSIS) -, e sui contenuti delle conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS), con i reiterati riferimento a "(OMISSIS)", e agli interventi di costui nelle controversie canadesi seguite alla vicenda (OMISSIS). Va tuttavia rilevato che la sentenza appare del tutto priva di motivazione (limitandosi ad un ellittico, quanto generico, riferimento a precedenti sentenze irrevocabili) in ordine al profilo - devoluto con i motivi di appello, ed evidentemente decisivo ai fini dell'affermazione di responsabilita' - della individuazione dell'odierno ricorrente come "(OMISSIS)"; ma la sentenza appare altresi' carente nella individuazione del contributo causale alla vita del sodalizio mafioso, limitandosi a richiamare, peraltro in maniera eccessivamente laconica, estratti delle conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), dalle quali, oltre ad un âEuroËœruolo' statico di referente per le dinamiche del gruppo canadese, non emerge quel contributo effettivo e causale che necessariamente deve connotare, a livello di piattaforma probatoria, la partecipazione ad una associazione mafiosa, a maggior ragione con funzioni apicali. In altri termini, l'affermazione di responsabilita' risulta fondata sulle ascendenze familiari e su una conversazione tra terzi, il cui contenuto non appare dotato - almeno nei richiami operati dalla sentenza impugnata - di univocita' e idoneita' dimostrativa di una condotta partecipativa effettiva e causale. Al riguardo, va rammentato quanto recentemente affermato dalle Sezioni Unite âEuroËœModaffari', secondo cui "l'opera di concretizzazione giurisprudenziale del significato della locuzione normativa "fa parte" di cui all'articolo 416 bis c.p., comma 1, non puo' pertanto lasciare spazio ad ipotesi di identificazione della condotta punibile che risultino del tutto svincolate dalla verifica di un contributo, anche in forme atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell'organizzazione criminosa" (p. 11.2). Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) (cl. (OMISSIS)), con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame. 9. Il ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) - condannati a 10 anni e 6 mesi di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per il reato di ricettazione di cui al capo 31 -, e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. 9.1. Il primo motivo, con cui si eccepisce la nullita' della sentenza per il difetto della estradizione, e' inammissibile, in quanto privo di specificita', avendo omesso di allegare gli atti necessari per l'esame della doglianza, proposta sotto il profilo del principio di specialita'. Pur trattandosi di un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di Cassazione e' anche giudice del fatto, potendo accedere agli atti processuali, i ricorrenti non hanno indicato specificamente la collocazione della richiesta di estradizione (non ancora ottenuta), ne' tanto meno l'hanno allegata al ricorso, non consentendo di apprezzare la necessita' del rispetto del principio di specialita' e la sua asserita violazione. Del resto, correttamente la Corte territoriale ha rigettato l'eccezione, rilevando che, in mancanza della consegna, il principio di specialita' non trova applicazione. 9.2. Anche il secondo motivo, con cui eccepisce la violazione dell'articolo 169 c.p.p., e' inammissibile, in quanto privo di specificita', avendo omesso di allegare la comunicazione prevista per le notificazioni all'imputato all'estero. Nel rinviare a quanto gia' evidenziato infra p. 8.1., pur trattandosi di un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di Cassazione e' anche giudice del fatto, potendo accedere agli atti processuali, i ricorrenti non hanno indicato specificamente la collocazione dell'atto asseritamente nullo - che, peraltro, risalendo alla fase delle indagini preliminari, secondo le deduzioni difensive, non risulta acquisito al fascicolo processuale trasmesso a questa Corte -, ne' tanto meno lo hanno allegato al ricorso. 9.3. E' invece fondato il quarto motivo. La Corte territoriale ha affermato la responsabilita' dei fratelli (OMISSIS), quali membri di vertice del gruppo "canadese" insediato a Toronto sulla base delle conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nei locali olandesi della (OMISSIS), e dei continui riferimenti ad " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)", o ai " (OMISSIS)". La sentenza impugnata risulta tuttavia carente sotto un duplice profilo, oggetto di specifica devoluzione con i motivi di appello, concernente, da un lato, la identificazione di " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)" negli odierni ricorrenti, e, dall'altro, l'individuazione del contributo causale, effettivo e concreto, fornito al sodalizio mafioso. Quanto al profilo della individuazione degli odierni ricorrenti quali partecipi del sodalizio mafioso, oltre che autori della ricettazione di cui al capo 31, la sentenza impugnata identifica i germani (OMISSIS) con l' (OMISSIS) ed il (OMISSIS) menzionati nelle conversazioni intrattenute tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) in Olanda quali (tra l'altro) partecipi del gruppo "canadese" e destinatari di una parte del quantitativo di cioccolata rubato sulla base di una serie di indici esterni, nonche' del fatto che nel corso delle suddette conversazioni, oltre che ricorrendo ai loro nomi di battesimo, gli stessi verrebbero evocati mediante l'appellativo con il quale sarebbero comunemente noti (i " (OMISSIS)"). Al riguardo, giova rilevare che questa Corte, decidendo il ricorso proposto dai fratelli (OMISSIS) in sede cautelare (Sez. 5, n. 570 del 08/11/2016, dep. 2017, Figliomeni, Rv. 268599), ha annullato con rinvio, rilevando, con considerazioni che questo Collegio condivide, e che appaiono replicabili nella presente sede, quanto segue: "Quanto ai suddetti indici esterni, il Tribunale si limita pero' alla loro enunciazione, senza spiegare le ragioni della loro funzionalita' rispetto all'obiettivo probatorio perseguito. Ed infatti che gli indagati siano intestatari od utilizzatori delle due utenze telefoniche canadesi menzionate nella motivazione dell'ordinanza e' circostanza di cui non e' possibile valutare la rilevanza posto che alcuna intercettazione effettuata sulle medesime ed eventualmente pertinente alla presente vicenda viene riportata o menzionata dai giudici del riesame. Parimenti, gli ulteriori elementi descritti (la partecipazione ai funerali del "boss" (OMISSIS) assassinato in territorio canadese e i precedenti giudiziari e di polizia dei (OMISSIS)) possono al piu' costituire indizi dell'appartenenza degli indagati all'ambiente ndranghetista, ma ancora non consentono di collegarli al contenuto delle ambientali menzionate. Il provvedimento impugnato sembrerebbe poi aver attribuito valore indiziario alle evocate circostanze nella misura in cui le stesse convergerebbero con gli altri due elementi di cui si e' detto a restringere il "campo" dei soggetti cui si riferivano il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) nel corso delle loro conversazioni (il condizionale e' d'obbligo, giacche' tale sviluppo argomentativo non viene esplicitato dai giudici del riesame, che si limita ad esporre i fatti menzionati). Ora non e' dubbio che l'evocazione di " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)" nelle suddette conversazioni costituisca un dato indiziante (posto che questi sono effettivamente i nomi di battesimo degli indagati), non pero' sufficiente a connotare della necessaria gravita' il compendio probatorio sul punto, posto che i suddetti nomi vengono evocati in maniera autonoma ed in momenti diversi delle conversazioni e che effettivamente nelle stesse (come osservato a p. 20 del ricorso) si fa riferimento al tentativo del (OMISSIS) di incontrare il (OMISSIS) il giorno precedente, circostanza apparentemente incompatibile con il fatto che il primo si trovasse in Olanda ed il secondo probabilmente in Canada. Centrale allora, nell'economia della motivazione dell'ordinanza, appare il fatto che i conversanti ripetutamente associno " (OMISSIS)" e " (OMISSIS)" all'appellativo " (OMISSIS)". Che pero' tale appellativo effettivamente li identifichi e' circostanza solo affermata dal Tribunale, ma non anche dimostrata in maniera inequivoca. Infatti a p. 13 dell'ordinanza viene ricordato come nel 2014 una sentenza di Tribunale di Locri abbia accertato l'appartenenza dei fratelli (OMISSIS) al c.d. "(OMISSIS)" e nell'occasione viene menzionato il fatto che gli stessi sarebbero noti, per l'appunto, come "i (OMISSIS)", ma non e' precisato se tale ultimo dato sia stato ricavato dalla suddetta pronunzia e comunque quale sarebbe la sua fonte probatoria. Cio' rivela una esiziale lacuna dell'apparato giustificativo del provvedimento impugnato che ne mina la tenuta, posto che se non si puo' ritenere certo il significato indiziante del dato identificativo viene meno il primo presupposto della gravita' degli indizi di colpevolezza e cioe' l'identita' tra gli autori del reato contestato e i soggetti destinatari dell'intervento cautelare". Il profilo della identificazione degli odierni ricorrenti non appare risolto dal richiamo, operato dalla sentenza impugnata, all'accertamento (contenuto nella sentenza c.d. "(OMISSIS)") che (OMISSIS) era legato, quale affiliato, alla cosca mafiosa dei (OMISSIS), che aveva stabilito una "filiale" a (OMISSIS), ovvero alla partecipazione di (OMISSIS) ad un pranzo per il sostegno elettorale della cosca ad un candidato, tenutosi a (OMISSIS) il 18/05/2010; ne' appare assorbente la improbabilita' statistica di un riferimento reiterato ad entrambi i nomi nello stesso contesto di tempo e di luogo, soprattutto quando il riferimento alla scarsa riservatezza dei germani nelle carceri risulta contraddetto dal rilievo che (OMISSIS) e' incensurato e (OMISSIS) ha cessato lo stato di detenzione nel 1992. Quanto alla individuazione del contributo partecipativo, la sentenza risulta ancor piu' carente, in quanto si limita a richiamare estratti, peraltro non particolarmente significativi, delle conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui, discutendo delle vicende del "gruppo canadese" e dei contrasti ivi insorti, vengono evocati "Angelino" e "Cosimello", o i " (OMISSIS)", senza che, tuttavia, venga delineato il contributo effettivo e causale alla vita e/o al rafforzamento del sodalizio mafioso. 9.4. Sono altresi' fondati i motivi concernenti il reato di ricettazione di cui al capo 31 in relazione alla sussistenza del dolo. Al riguardo, oltre al profilo (gia' evidenziato supra p. 9.3.) della individuazione, va rilevato che la sentenza impugnata ha omesso di motivare in merito alla consapevolezza, da parte dei fratelli (OMISSIS) - qualora fossero loro i "ricettatori" di una parte della cioccolata -, della provenienza furtiva della merce. In assenza di intercettazioni dirette, infatti, anche in relazione a tale capo di imputazione l'affermazione di responsabilita' e' fondata esclusivamente sulle conversazioni intercettate tra (OMISSIS) e (OMISSIS); tuttavia, poiche', secondo la ricostruzione dei fatti accertata, (OMISSIS) aveva originariamente ricevuto la cioccolata rubata, per poi cederne una parte ai figli Francesco e (OMISSIS) in Canada, i quali, a loro volta, l'avrebbero ceduta, in parte, ai fratelli (OMISSIS), la Corte territoriale non ha motivato in merito al dolo della ricettazione, sotto il profilo della consapevolezza, da parte dei âEuroËœricettatori di 3 grado', della provenienza furtiva della merce. 9.5. Assorbiti gli ulteriori motivi, la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame. 10. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 10 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), due reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi 12 e 14), e di partecipazione all'associazione mafiosa capeggiata dai (OMISSIS) (capo 30) -, e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. 10.1. Il primo motivo, concernente la partecipazione all'associazione finalizzata al narcotraffico (capo 1), e' inammissibile, perche', oltre ad essere del tutto generico, non confrontandosi concretamente con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata, sul punto ampiamente motivata, propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta', una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita', sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., sono in realta' dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'articolo 606, lettera e), c.p.p. ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla prova della partecipazione al sodalizio finalizzato al narcotraffico, e dunque coinvolto nel traffico di stupefacenti, ed alla valenza probatoria delle intercettazioni e degli altri elementi indiziari posti a fondamento dell'affermazione di responsabilita'. Il controllo di legittimita', tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia' il rapporto tra prova e decisione; sicche' il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia' nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e' estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta', evidenziando che la partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio criminale e' fondato sul contenuto delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), che aveva riferito dei contatti intrattenuti con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed era stato riscontrato da una serie di elementi (tra cui il rinvenimento di una microspia ambientale in un decoder (OMISSIS) in casa di (OMISSIS)), e su una serie di conversazioni intercettate, contenenti riferimenti univoci a sostanze stupefacenti e da taglio ed a pagamenti, dotate di autonoma valenza probatoria (richiamate da p. 236 a p. 250): tra queste, spicca per l'idoneita' dimostrativa, la conversazione del 22/01/2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che delinea una sorta di organigramma del sodalizio ("a me non le deve dire le cose (OMISSIS), a me tu me le devi dire, no (OMISSIS)...mancando lo e (OMISSIS), il punto di riferimento sei o u o Vice"), nel quale (OMISSIS) risulta sottordinato a (OMISSIS). Con riferimento alla valenza probatoria delle intercettazioni, va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), e che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). 10.2. E', invece, fondato il motivo concernente le aggravanti dell'associazione finalizzata al narcotraffico. L'aggravante della disponibilita' di armi, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4, e' stata infatti riconosciuta sulla base della mera appartenenza dell'imputato all'associazione di tipo mafioso di cui al capo 30, che, come si dira', e' stata oggetto di annullamento; analoga motivazione e' stata posta a fondamento dell'aggravante dell'agevolazione di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7, (ora articolo 416 bis.1 c.p.), sul rilievo che percio' il traffico di droga ed i relativi proventi fossero finalizzati ad agevolare le cosche della zona fonica del reggino. Essendo venuto meno il presupposto della partecipazione all'associazione di tipo mafioso, ed essendo la motivazione calibrata su un ragionamento congetturale, la sentenza impugnata va dunque annullata, nei confronti di (OMISSIS), limitatamente alle aggravanti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 4, e all'articolo 416 bis.1 c.p., contestate in riferimento al reato di cui al capo 1. 10-3. E', analogamente, fondato il motivo concernente il reato di associazione di tipo mafioso di cui al capo 30. Al riguardo, infatti, la partecipazione del (OMISSIS) e' stata affermata sulla base del suo coinvolgimento nelle attivita' del sodalizio dedito al narcotraffico, in considerazione della parziale corrispondenza e coincidenza del vertice ( (OMISSIS)). Tuttavia, se i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. U, n. 1149 del 25/09/2008, dep. 2009, Magistris, Rv. 241883), va tuttavia precisato che l'elemento che caratterizza l'associazione di tipo mafioso rispetto all'associazione dedita al narcotraffico e' costituito dal profilo programmatico dell'utilizzo del metodo, che, nell'associazione di cui all'articolo 416 bis c.p., si estrinseca nell'imposizione di una sfera di dominio sul territorio, con un'operativita' non limitata al traffico di sostanze stupefacenti, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l'acquisizione della gestione o del controllo di attivita' economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, l'impedimento al libero esercizio del voto, il procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali (Sez. 6, n. 31908 del 14/05/2019, Perrone, Rv. 276469, che, in motivazione, ha precisato che e' configurabile il concorso tra i due delitti quando il sodalizio mafioso strutturi al proprio interno un riconoscibile assetto organizzativo specificamente funzionale al narcotraffico). Nel caso in esame, la Corte territoriale ha affermato il concorso tra i due reati associativi alla stregua di un non consentito automatismo, senza valutare la sussistenza dei presupposti per l'affermazione della partecipazione anche al sodalizio di tipo mafioso; non e' stato affermato, infatti, che il narcotraffico gestito dal sodalizio di cui al capo 1 costituisse un asset, un oggetto sociale precipuo, del sodalizio mafioso, ma soprattutto non sono emersi elementi tali da enucleare una condotta partecipativa del (OMISSIS) all'associazione âEuroËœndranghetistica di cui al capo 30; in tal senso non rilevando, quale prova di un contributo effettivo e causale, le pressioni per la partecipazione ai funerali di (OMISSIS), o la spedizione punitiva alla quale avrebbe partecipato anche " (OMISSIS)", senza che sia certa l'individuazione di costui e la finalita' della "spedizione", considerando altresi' le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), che non ha saputo riferire in merito all'appartenenza dell'imputato anche alla âEuroËœndrangheta. La sentenza impugnata va dunque annullata, nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo 30, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame. 10.4. Il motivo concernente il reato di traffico di sostanze stupefacenti di cui al capo 12 e' inammissibile, perche' propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta', una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita', sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944). Nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta', evidenziando le molteplici conversazioni intercettate, dalle quali si desume il coinvolgimento diretto del (OMISSIS) negli acquisti, e nelle successive rivendite, di diversi tipi di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana), per gli espliciti riferimenti ai prezzi al kg., alle sostanze "da taglio"; il riscontro fornito dagli esiti della perquisizione eseguita in occasione dell'arresto di (OMISSIS), in data 25 marzo 2015, non risulta sminuito dall'asserito lungo lasso temporale, ove si consideri che l'imputazione ha ad oggetto una serie di condotte di acquisto e successiva rivendita, e non soltanto quella a cui gli interlocutori ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) fanno riferimento nella conversazione del 17 gennaio 2014; peraltro, sul punto la Corte territoriale ha fornito una motivazione congrua, ed immune da censure di illogicita'. 10.5. E', invece, fondato il motivo concernente il reato di traffico di sostanze stupefacenti di cui al capo 14, concernente l'importazione di 800 kg. di hashish dal nord Africa. La sentenza impugnata, infatti, pur richiamando le conversazioni captate nell'aprile del 2014, che danno conto "di un'operazione di importazione dal nord-Africa non condotta a termine, per esserne falliti due tentativi", nondimeno afferma la responsabilita' penale di (OMISSIS) sulla base di un ragionamento del tutto congetturale, sostenendo che "il contrasto non esiste perche' e' ben possibile, anzi piu' che plausibile, stante il tenore dell'ultimo dialogo captato in proposito tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) (dove costui ha indicato la via piu' efficace da seguire per potere ottenere l'appoggio effettivo dei "siciliani" e attuare la programmata importazione), che, dopo i due fallimenti, l'operazione sia stata finalmente portata a compimento" (p. 568). Al riguardo, va rammentato che, in tema di prova, gli "indizi", suscettibili di valutazione ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, sono elementi di fatto noti dai quali desumere, in via inferenziale, il fatto ignoto da provare sulla base di regole scientifiche ovvero di massime di esperienza, mentre il "sospetto" si identifica con la congettura, un fenomeno soggettivo di ipotesi con prove da ricercare, ovvero con l'indizio debole o equivoco, tale da assecondare distinte, alternative - ed anche contrapposte - ipotesi nella spiegazione dei fatti oggetto di prova (Sez. 5, n. 5209 del 11/12/2020, dep. 2021, Ottino, Rv. 280408 - 02; Sez. 5, n. 17231 del 17/01/2020, Mazza, Rv. 279168). 10.6. Premesso che i motivi nuovi depositati si limitano ad estendere l'argomentazione posta a fondamento dei motivi principali, ed il loro vaglio deve dunque ritenersi assorbito dalle considerazioni che precedono, e assorbiti gli ulteriori motivi, la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame sui punti evidenziati. 11. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 8 anni 10 mesi e 20 giorni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), e tre reati-fine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 (capi 2, 4 e 15) -, e' fondato nei limiti di cui alla motivazione. 11.1. Il primo motivo, concernente la partecipazione all'associazione finalizzata al narcotraffico (capo 1), e' inammissibile, perche', oltre ad essere del tutto generico, non confrontandosi concretamente con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata, sul punto ampiamente motivata, propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta', una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita', sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., sono in realta' dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla sussistenza del reato associativo ed alla prova della partecipazione al sodalizio finalizzato al narcotraffico, ed alla valenza probatoria delle intercettazioni e degli altri elementi indiziari posti a fondamento dell'affermazione di responsabilita'. Il controllo di legittimita', tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia' il rapporto tra prova e decisione; sicche' il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia' nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e' estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta'. Quanto alla sussistenza del reato associativo, e non di un mero concorso di persone, premesso che l'elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell'accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell'esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6, n. 17467 del 21/11/2018, dep. 2019, Noure, Rv. 275550, che, in motivazione, ha precisato che il reato associativo richiede la predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione dei delitti ed il contributo effettivo da parte dei singoli per il raggiungimento dello scopo, poiche', solo nel momento in cui diviene operativa e permanente la struttura organizzativa, si realizza la situazione antigiuridica che giustifica le gravi sanzioni previste per tale fattispecie), la sentenza impugnata ha ampiamente motivato in ordine alla struttura organizzativa ed alla permanenza del vincolo associativo, dimostrata altresi' dalla commissione di diversi reati-fine. Quanto alla partecipazione del (OMISSIS) al sodalizio criminale, premesso che doglianze sono rivolte ad una mera contestazione della idoneita' dimostrativa, sul rilievo che si tratterebbe di condotte circoscritte nel tempo, provate da un numero esiguo di intercettazioni, va evidenziato che l'affermazione di responsabilita' per il reato associativo di cui al capo 1 e' fondata su una serie di conversazioni - analiticamente richiamate e valutate da p. 87 a p. 98 -, dalle quali si desumono i reiterati viaggi verso la Sicilia, gli stretti contatti con (OMISSIS), l'invio di (OMISSIS) presso altre persone per riscuotere i crediti, il coinvolgimento nelle vicende associative (come quando l'imputato manifesta a (OMISSIS) la doglianza di (OMISSIS) per l'ammanco di sostanza stupefacente, a dimostrazione della natura collettiva, e non individuale, della sua partecipazione). Con riferimento alla valenza probatoria delle intercettazioni, va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), e che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). 11.2. E', invece, fondato il motivo concernente l'aggravante dell'agevolazione di cui all'articolo 416 bis.1 c.p., con riferimento al reato di cui al capo 15. Invero, l'aggravante e' stata esclusa, nei confronti di (OMISSIS), sia con riferimento al reato associativo (p. 100), sia con riferimento agli reati-fine per i quali e' stato condannato; contraddittoriamente la sentenza impugnata ha invece affermato la sussistenza dell'aggravante dell'agevolazione di un sodalizio mafioso con riferimento al solo reato-fine di cui al capo 15 (p. 596). 11.3. Il motivo con cui lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche e' inammissibile, perche' del tutto generico. Premesso che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l'assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche. Sicche' la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244). 11.4. La sentenza impugnata va dunque annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente all'articolo 416 bis.1 c.p., contestato in riferimento al reato di cui al capo 15, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame, anche in relazione al trattamento sanzionatorio. Il ricorso va rigettato nel resto. 12. La sentenza impugnata va annullata con rinvio anche con riferimento al reato di cui all'articolo 512 bis c.p., di cui al capo 27, nei confronti di (OMISSIS) - condannato a 2 anni di reclusione per il reato di cui al capo 27 -, nonche' nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), i cui ricorsi, per la sovrapponibilita' delle questioni concernenti il reato in esame, meritano una valutazione congiunta (limitatamente al capo in esame). La Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilita' per il reato di trasferimento fraudolento di beni, escludendo l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, in relazione alla cessione della rivendita di tabacchi ubicata a (OMISSIS), a (OMISSIS) a (OMISSIS). In particolare, secondo la ricostruzione dei fatti accertata sulla base del contenuto di una serie di intercettazioni - ed in particolare della conversazione del 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) -, e' emerso che i (OMISSIS), da sempre interessati alla gestione del "tabacchino", in quanto originariamente nella titolarita' del padre, lo avevano intestato al cognato di (OMISSIS) - (OMISSIS) -, che lo gestiva insieme al fratello (OMISSIS); i (OMISSIS) avevano riacquistato il "tabacchino" in una logica estranea al contesto associativo, bensi' per onorare la memoria del padre, e attribuire una fonte di reddito alla madre; tuttavia, secondo quanto spiegato da (OMISSIS) a (OMISSIS), che aveva esternato lamentele a proposito della mancata condivisione dei profitti, (OMISSIS) aveva manifestato il proposito di cedere il tabacchino, e glielo aveva comunicato recandosi nel luogo ove trascorreva la latitanza; (OMISSIS) si era pero' opposto a tale proposta, e aveva convocato il cognato finanche in carcere. Cio' posto, risulta che il tabacchino e' stato ceduto, con atto notarile del 20 aprile 2015, a (OMISSIS), che gia' lo gestiva di fatto da circa due anni. Tanto premesso, la sentenza impugnata presenta profili di illogicita', e deve essere pertanto annullata con rinvio pe nuovo esame sul punto. Invero, premesso che il delitto di trasferimento fraudolento di valori (gia' previsto dal Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12 quinquies, conv. in L. 7 agosto 1992, n. 356, e ora dall'articolo 512 bis c.p.) integra un'ipotesi di reato a forma libera, istantaneo con effetti permanenti, che si consuma nel momento in cui viene realizzata consapevolmente la difformita' tra titolarita' formale e apparente e titolarita' di fatto dei beni, con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione o di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter c.p., (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199), dalla ricostruzione dei fatti accertata dai giudici di merito puo' ritenersi provato il trasferimento fraudolento di beni in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), ma non altresi' quello in favore di (OMISSIS). Al riguardo, infatti, premesso che le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS) - secondo cui il tabacchino sarebbe stato comprato da (OMISSIS) con il ricavato della vendita di 700 kg. di hashish - non risultano riscontrate, tanto che (OMISSIS) e' stato assolto in relazione al reato di cui al capo 27, va evidenziato che la principale fonte di prova e' costituita dalla conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) intercettata il 22 gennaio 2013; ebbene, da tale eloquente conversazione si evince appunto che la titolarita' formale del bene e' stata attribuita a (OMISSIS) e (OMISSIS), ma non e' dato evincere che la stessa sia stata, peraltro due anni dopo, attribuita a (OMISSIS). Se e' vero che i (OMISSIS) erano storicamente interessati al tabacchino, il ragionamento della Corte territoriale assume cadenze congetturali, nella parte in cui afferma che "la vicenda commerciale, cosi' come emerge dalle parole di (OMISSIS), e' dunque stata sempre diretta e condotta dalla famiglia (OMISSIS) e, una volta scarcerato il predetto, si puo' ritenere provato, in base al dato logico e presuntivo, che l'uomo abbia fatto ricorso alla persona di (OMISSIS) (apparentemente terzo estraneo, ma in realta' fratello di (OMISSIS), amico e sodale dei (OMISSIS)) per creare una continuita' nell'apparenza gestionale, nel contempo liberando gli (OMISSIS) anche dagli impegni economici divenutigli gravosi" (p. 701). Il "dato logico e presuntivo" non consente, infatti, di fondare la prova della scissione della titolarita' del tabacchino, non essendovi prova che il bene sia stato trasferito in maniera fittizia a (OMISSIS), ed essendo il ragionamento probatorio fondato su una intercettazione precedente di due anni rispetto al momento della cessione, avvenuta nel 2015; la conversazione, in altri termini, "fotografa" una situazione risalente al 2013, e non e' in grado, in assenza di altri elementi indiziari, di fondare, sia pure sul piano logico, la prova di una situazione successiva, risalente al 2015. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo 27, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame. 13. I ricorsi proposti da (OMISSIS), nonche' da (OMISSIS) e (OMISSIS) - i cui ricorsi, per la sovrapponibilita' delle questioni concernenti il reato in esame, meritano una valutazione congiunta (limitatamente al capo in esame) -, in relazione al reato di trasferimento fraudolento di una pescheria di cui al capo 29, sono inammissibili. La Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilita' per il reato di trasferimento fraudolento di beni, con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, in relazione alla cessione, da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS) della pescheria ubicata a (OMISSIS), a (OMISSIS): in particolare, in seguito al sequestro eseguito nel 2005 (nell'ambito del procedimento (OMISSIS)) dell'attivita' gestita da (OMISSIS) (madre dei (OMISSIS)), i fratelli (OMISSIS) aprivano un'attivita' commerciale nello stesso indirizzo, ponendo quale formale titolare (OMISSIS). Le fonti di prova sono costituite essenzialmente dalla conversazione captata in ambientale il 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che chiede spiegazioni al primo sul fatto di non essere stato messo al corrente di proprieta' acquistate dai (OMISSIS) con i soldi della "cassa comune" della cosca, e dalla conversazione captata in ambientale il 11 ottobre 2012 all'interno del veicolo di (OMISSIS), il quale, parlando tra se' e se' ad alta voce, sembra prepararsi il discorso da fare a (OMISSIS), suo cognato, con riferimento alla gestione della pescheria; tale ultima intercettazione contiene riferimenti a somme di danaro ("mi hai dato...di 200.000 Euro") ed a difficolta' gestionali che rendono arduo il compito di portare l'incasso ai titolari effettivi ("come faccio a portarti l'incasso-"). 13.1. Tanto premesso, i ricorsi di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS) sono inammissibili, limitandosi ad una mera contestazione del significato delle intercettazioni e della ricostruzione dei fatti. Al riguardo, va rammentato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714), e che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715). Manifestamente infondata e' altresi' la deduzione secondo cui il riferimento di (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbe ad una diversa pescheria, gia' sequestrata nel 2005, atteso che, come ben chiarito dalla Corte territoriale, l'attivita' della pescheria "(OMISSIS)" gestita dalla madre dei (OMISSIS), sequestrata nel 2005 nell'ambito del procedimento (OMISSIS), e' stata successivamente proseguita mediante avviamento di una pescheria, denominata "Pescheria (OMISSIS) di (OMISSIS)", ubicata presso lo stesso indirizzo della prima. La doglianza con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) sostengono che, al momento della costituzione della pescheria nel 2009, gli imputati erano detenuti, e non avrebbero potuto disporre l'intestazione fittizia, e' manifestamente infondata, in quanto il trasferimento fraudolento di beni e' un reato a forma libera, e non necessita, per l'integrazione della tipicita', della formale partecipazione ad un atto negoziale, occorrendo invece un trasferimento, di fatto, di beni o di valori al fittizio intestatario; in tal senso, si e' evidenziato che integra il reato di trasferimento fraudolento di valori, previsto dalla L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies, comma 1, la fittizia costituzione di una nuova societa' commerciale volta ad eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, attraverso l'intestazione delle quote a soggetti utilizzati come prestanome dei reali proprietari, risultati essere amministratori e soci occulti di altra societa' dichiarata fallita (Sez. 2, n. 6939 del 26/01/2011, Melodia, Rv. 249457). Peraltro, la titolarita' effettiva del bene e' emersa in maniera univoca sia dalla conversazione di (OMISSIS) con (OMISSIS), sia dai riferimenti di (OMISSIS) alle somme a lui attribuite per l'avviamento della pescheria, nell'interesse dei (OMISSIS). Quanto all'aggravante dell'agevolazione mafiosa, la Corte territoriale ha congruamente motivato in merito alla finalita' ed alla consapevolezza di implementare, mediante il trasferimento fraudolento del bene, gli interessi finanziari della cosca (OMISSIS), sicche' le doglianze proposte sono manifestamente infondate e non consentite, nella parte in cui propongono una lettura alternativa del materiale probatorio. 13.2. Il secondo motivo di (OMISSIS), con cui lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche e' inammissibile, perche' del tutto generico. Premesso che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l'assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche e la gravita' del fatto, finalizzato altresi' ad agevolare un sodalizio mafioso. Sicche' la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244). 14. I ricorsi proposti da (OMISSIS) - condannata a 2 anni di reclusione, pena sospesa, per il reato di cui al capo 32 -, nonche' da (OMISSIS) - il cui ricorso, per la sovrapponibilita' delle questioni concernenti il reato in esame, merita una valutazione congiunta (limitatamente al capo in esame) -, in relazione al reato di trasferimento fraudolento di un tabacchino di cui al capo 32, sono inammissibili. La Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilita' per il reato di trasferimento fraudolento di beni, in relazione alla intestazione fittizia di un tabacchino presso il centro commerciale la Gru in (OMISSIS) a (OMISSIS). Le fonti di prova sono molteplici: la conversazione captata tra (OMISSIS) e la moglie (OMISSIS) (OMISSIS) in data 25/09/2015, allorquando, discutendo della prescrizione di trovarsi un lavoro imposta a (OMISSIS) il giorno precedente con la sottoposizione alla liberta' vigilata, la donna chiede se non possa lavorare "nel tabacchino suo", ricevendo la replica del marito, che sottolinea che cio' non sarebbe stato possibile, altrimenti sarebbe stato sottoposto a confisca ("no, al tabacchino, se sanno che ha il tabacchino, se sanno che e' suo, se lo prendono"); la conversazione captata il 29/07/2015 nell'auto di (OMISSIS), tra costui, la moglie e (OMISSIS), durante la quale la donna chiede dove avrebbe dovuto essere assunta una persona, e (OMISSIS) risponde che avrebbe lavorato presso la rivendita di tabacchi che stava per aprire presso la Gru; la conversazione del 18/09/2015 tra (OMISSIS) e (OMISSIS) in merito al pagamento di alcuni âEuroËœbollettini', poi rinvenuti, all'esito di una perquisizione, nell'auto del secondo, ed intestati a (OMISSIS), ed alla Rivendita di tabacchi in (OMISSIS); le conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in cui discutono di documenti da far firmare, di bonifici, di insegna. Tali elementi sono stati dunque ritenuti assorbenti per affermare che il reale dominus dell'attivita' commerciale era (OMISSIS), e che (OMISSIS) era solo una prestanome, consapevole di esserlo, considerando le numerose volte in cui si e' rivolta al (OMISSIS) per la gestione dell'esercizio, e che la fittizia intestazione era funzionale ad eludere eventuali provvedimenti ablatori (come evidenziato dall'intercettazione di (OMISSIS)). 14.1. Tanto premesso, i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono inammissibili, limitandosi ad una mera contestazione del significato delle intercettazioni e della ricostruzione dei fatti: in particolare, con le censure proposte i ricorrenti non lamentano una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla sussistenza del reato ed alla prova della fittizia intestazione, che evidentemente, essendo un reato a forma libera, non puo' ritenersi escluso dalla documentazione attestante l'utilizzo di fonti proprie, atteso che cio' che rileverebbe sarebbe la reale provenienza delle provviste. Al riguardo, va rammentato che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714), e che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715). Quanto al dolo, pacifico quello di (OMISSIS), desunto peraltro dalla consapevolezza esternata da (OMISSIS) che il tabacchi sarebbe stato confiscato, se si fosse appresa la reale titolarita', anche quello di (OMISSIS) e' stato ritenuto sussistente, sulla base di un apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita', e dunque insindacabile in sede di legittimita', che ha valorizzato la conoscenza da parte dell'imputata del calibro criminale del (OMISSIS), partecipe della omonima cosca operativa a (OMISSIS), ed il senso di soggezione nei suoi confronti manifestato nel corso dei colloqui intercettati; del resto, non e' emerso alcun diverso, lecito, motivo per acconsentire ad una intestazione fittizia. 14.2. Il secondo motivo di (OMISSIS), con cui lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche e' inammissibile, perche' del tutto generico. Premesso che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l'assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche e la gravita' del fatto. Sicche' la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244). 15. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile, cosi' come i motivi nuovi depositati che si limitano a ribadire o ad estendere l'argomentazione posta a fondamento dei motivi principali, ed il loro vaglio deve dunque ritenersi assorbito dalle considerazioni che seguono. Va innanzitutto rilevato che il ricorso non rispetta alcuno dei criteri normativi di ammissibilita', essendo redatto, in parte, in maniera lessicalmente incerta, con proposizioni che, a tratti, sembrano meri appunti da sviluppare, ed essendo infarcito di richiami giurisprudenziali non pertinenti e di flash fattuali assertivi e privi di rilevanza nell'economia della pur incerta argomentazione; inoltre, si risolve in una mera contestazione della decisione, ma manca un reale confronto con la motivazione. 15.1. Oltre alla tecnica di redazione, il ricorso e' altresi' inammissibile, perche' propone doglianze non consentite e manifestamente infondate. Quanto al secondo motivo, con cui contesta la sussistenza del reato associativo finalizzato al narcotraffico, nel rilevare la genericita' e l'assertivita' della doglianza, e' sufficiente rinviare a quanto gia' esposto infra p. 11.1. Il primo motivo, concernente la partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio di cui al capo 1, e' del tutto versato in fatto, limitandosi ad una contestazione della ricostruzione dei fatti e del ruolo assunto nel sodalizio. Oltre a trattarsi di doglianze non consentite, i motivi sono altresi' manifestamente infondati, in quanto la sentenza impugnata, richiamando analiticamente il tenore testuale delle conversazioni intercettate, ha chiarito come (OMISSIS) rivestisse un ruolo apicale, riconosciutogli dallo stesso (OMISSIS) nell'intercettazione del 22 gennaio 2013 ("mancando lo e (OMISSIS), il punto di riferimento sei tu o Vice"; "quando manchiamo noi, sei tu il riferimento nostro"). 15.2. Le doglianze concernenti i reati-fine di traffico di stupefacenti sono del tutto generici, non indicando neppure il capo oggetto di censura, e mancando qualsivoglia confronto argomentativo con la sentenza impugnata. In ogni caso, con riferimento alla cessione di 300 kg. di marijuana a (OMISSIS) (capo 2), il coinvolgimento di (OMISSIS) e' stato desunto da una serie di conversazioni intercettate e richiamate da p. 277 a p. 283 della sentenza impugnata, con cui il ricorso omette qualsivoglia confronto argomentativo. Con riferimento al reato di cui al capo 3, concernente il traffico di 2 kg. di cocaina, la doglianza con cui si lamenta che non vi e' stato alcuno scambio di stupefacente, in quanto l'affare non si sarebbe concluso, non si confronta con la sentenza impugnata, che, proprio sulla base di tale elemento, ha riqualificato il fatto in termini di offerta di sostanza stupefacente, e non di cessione. 15.3. Con riferimento ai reati di detenzione illecita di armi, premesso che la Corte territoriale ha ritenuto il reato contestato al capo 16 assorbito nel reato di cui al capo 19, la doglianza con cui si lamenta che (OMISSIS) non comparirebbe in alcuna intercettazione e' smentita dal tenore della conversazione intercettata il 22 gennaio 2013, nel corso della quale, discorrendo con (OMISSIS), l'odierno ricorrente fa riferimenti piu' che espliciti ad armi e munizionamento (la "7 parabellum", una "quarantacinque", i "colpi", il "silenziatore") detenuti dal sodalizio. 15.4. Le doglianze concernenti la partecipazione al reato associativo mafioso sono inammissibili, in quanto non consentite e manifestamente infondate. Lungi dall'aver assunto un ruolo esclusivamente nel traffico di stupefacenti, (OMISSIS) risulta partecipe altresi' del sodalizio mafioso capeggiato dai fratelli (OMISSIS), come si evince in maniera univoca del tenore della conversazione intrattenuta, per ore, il 22 gennaio 2013, con (OMISSIS), appena scarcerato, che lo convoca per ricevere informazioni sugli affari del gruppo: nel corso di tale colloquio, una sorta di "chiamata a rapporto", risulta il pieno coinvolgimento di (OMISSIS) negli affari della cosca, la posizione di supremazia di (OMISSIS) e la sua esigenza di essere informato della situazione finanziaria e degli investimenti immobiliari; (OMISSIS) risulta a conoscenza dell'utilizzo di somme ingenti di denaro e di rapporti, anche finanziari, con i fratelli (OMISSIS), e riferisce di aver provveduto al versamento di somme di denaro ai familiari dei detenuti o latitanti (in particolare, mille Euro al mese alla madre dei (OMISSIS)). Al riguardo, e' configurabile il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa nell'ipotesi in cui l'autore della condotta svolga il ruolo di "alter ego" del soggetto di vertice di un gruppo mafioso, ponendo in essere attivita' di ausilio ed intermediazione nei suoi riguardi, con carattere continuativo e fiduciario, tali da risolversi in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio, nonche' alla conservazione ed al rafforzamento di quest'ultimo (Sez. 5, n. 35277 del 16/06/2017, Panebianco, Rv. 270654), cosi' come riveste efficacia indiziante del reato di partecipazione ad associazione mafiosa, ex articolo 416 bis c.p., la condotta di colui che partecipi ad un fondo di solidarieta' (cosiddetta "colletta") a favore di detenuti inseriti nell'associazione mafiosa (Sez. 5, n. 35997 del 05/06/2013, Caglioti, Rv. 256947). 15.5. Il motivo sul trattamento sanzionatorio e' inammissibile, in quanto generico, non avendo illustrato i motivi dell'erroneita' del calcolo, tenuto conto che la pena finale di 20 anni di reclusione rappresenta l'esito dell'applicazione del limite previsto dall'articolo 78 c.p. e dell'applicazione della diminuente del rito. 16. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 10 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per i reati di trasferimento fraudolento di beni di cui ai capi 27 e 29 - e' fondato limitatamente al capo 27 (in ordine al quale si veda infra p. 12), essendo nel resto, nel suo complesso, infondato. 16.1. Il primo motivo e' inammissibile, innanzitutto perche' generico, avendo omesso di indicare quali sarebbero gli atti di indagine affetti da inutilizzabilita', trattandosi di doglianza omnicomprensiva concernente un periodo. Al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, e' onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilita' di atti processuali indicare, pena l'inammissibilita' del ricorso per genericita' del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresi' la incidenza sul complessivo compendio indiziario gia' valutato, si' da potersene inferire la decisivita' in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416, con riferimento ad una fattispecie relativa ad atti asseritamente compiuti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari). In ogni caso, va evidenziato che se il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l'inutilizzabilita' degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e preclude l'esercizio dell'azione penale per lo stesso fatto di reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero (Sez. U, n. 33885 del 24/06/2010, Giuliani, Rv. 247834), nell'ipotesi di reato permanente (nella specie quello di associazione di stampo mafioso) l'archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni in merito al medesimo illecito con riferimento ai comportamenti successivi a quelli oggetto del provvedimento di archiviazione, con eventuale applicazione di una misura cautelare per tali fatti ulteriori; ne consegue che l'eventuale riapertura delle indagini in ordine alle condotte precedenti, intervenuta successivamente alla disposta misura, non costituisce elemento nuovo idoneo a scardinare il giudicato cautelare formatosi rispetto all'oggetto della misura gia' emessa (Sez. 2, n. 14777 del 19/01/2017, Caponera, Rv. 270221); secondo il principio consolidato, dunque, nell'ipotesi di reato permanente, l'archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni e, quindi, l'esercizio dell'azione penale in relazione a fatti e comportamenti atti a dimostrare la consumazione dell'illecito limitatamente ai segmenti temporali successivi all'archiviazione. Ne consegue che la sanzione di inutilizzabilita' derivante dalla violazione dell'articolo 414 c.p.p., colpisce solo gli atti che riguardano lo stesso fatto oggetto dell'indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione, e non anche fatti diversi o successivi, benche' collegati con i fatti oggetto della precedente indagine (Sez. 5, n. 43663 del 14/05/2015, Caponera, Rv. 264923); in tema di archiviazione, nell'ipotesi di reato permanente, l'efficacia preclusiva del decreto emesso dal gip, non seguito dall'autorizzazione alla riapertura delle indagini, non impedisce lo svolgimento di nuove investigazioni e, quindi, l'esercizio dell'azione penale in relazione a fatti e comportamenti atti a dimostrare la consumazione dell'illecito limitatamente a segmenti temporali successivi all'archiviazione (Sez. 2, n. 26762 del 17/03/2015, Sciascia, Rv. 264222, che ha ritenuto legittimo l'esercizio dell'azione penale per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., posto che l'imputazione riguardava un segmento temporale successivo al decreto di archiviazione e il relativo accertamento era fondato su fatti diversi da quelli valutati nel precedente provvedimento di archiviazione; Sez. 2, n. 3255 del 10/10/2013, dep. 2014, Rostan, Rv. 258528); nell'ipotesi di reato permanente, l'archiviazione non seguita dalla riapertura delle indagini ai sensi dell'articolo 414 c.p.p., non preclude la possibilita' di valutare i comportamenti ed i fatti successivi all'archiviazione, che valgano a dimostrare la consumazione del reato anche alla luce delle condotte pregresse poste in essere dall'imputato (Sez. 6, n. 6547 del 10/10/2011, dep. 2012, Panzeca, Rv. 252113); nell'ipotesi di reato permanente, qualora la contestazione sia formulata senza indicazione dell'epoca di cessazione della permanenza - c.d. contestazione "aperta" -, in difetto di richiesta di riapertura delle indagini a seguito di decreto di archiviazione, il limite temporale della preclusione allo svolgimento delle indagini ed all'esercizio dell'azione penale per gli stessi fatti va individuato non nel momento dell'emissione del decreto di archiviazione dal parte del giudice per le indagini preliminari ma nella data della relativa richiesta formulata dal pubblico ministero, mentre per i segmenti temporali successivi e' consentito l'esercizio dell'azione penale per il medesimo titolo di reato, ove sia proseguita la condotta criminosa oggetto dell'originaria contestazione con mutamento della caratteristiche strutturali del reato (Sez. 2, n. 5220 del 28/06/2018, dep. 2019, Alampi, Rv. 276049). Tanto premesso, la Corte territoriale ha escluso che venisse in rilievo un identico fatto storico, con riferimento al procedimento oggetto di archiviazione in data 20/04/2012, trattandosi di condotte che, sebbene esplicatesi in un medesimo ambito territoriale, riguardavano periodi diversi e soggetti anche diversi rispetto ai coimputati del capo 30; con riferimento al procedimento "(OMISSIS)", nel quale (OMISSIS) e' stato assolto, la sentenza impugnata ha rilevato, inoltre, che la pronuncia di primo grado, e quindi la cessazione della permanenza, risale al 26/11/2006; sicche' i fatti associativi contestati nel presente procedimento non risultano sovrapponibili. 16.2. Il secondo motivo, concernente la violazione del bis in idem, e' altresi' manifestamente infondato. Per quanto gia' evidenziato, nel procedimento "(OMISSIS)", (OMISSIS) e' stato assolto con la sentenza di primo grado - che, quindi, individua la cessazione della permanenza - del 26/11/2006; sicche' i fatti associativi contestati nel presente procedimento non risultano sovrapponibili, se non in minima parte, trattandosi, secondo l'imputazione, di condotte dal 2005 al 2015. Al riguardo, premesso che, in tema di reato associativo, laddove la contestazione sia formulata senza specificazione del termine finale della condotta, la pronuncia della sentenza di primo grado segna il termine ultimo e invalicabile della protrazione della permanenza del reato, in quanto la condotta futura dell'imputato trascende necessariamente l'oggetto del giudizio (Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, Amato, Rv. 259482), va rammentato che, in tema di applicazione del principio del "ne bis in idem", il precedente giudicato per il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., non impedisce la configurabilita' di un nuovo reato del medesimo tipo in relazione ad un periodo immediatamente successivo, quand'anche le condotte poste in essere siano identiche, per tipologia e modalita', a quelle gia' giudicate, trattandosi in ogni caso di fatti diversi sotto il profilo storico-naturalistico e frutto di un rinnovato "prendere parte" al fenomeno associativo (Sez. 6, n. 40899 del 14/06/2018, C., Rv. 274149 - 03); ai fini della preclusione del giudicato, l'identita' del fatto e' configurabile solo quando questo si realizza nelle medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone; ne consegue che costituisce fatto diverso quello che, pur violando la stessa norma ed integrando gli estremi del medesimo reato, sia un'ulteriore estrinsecazione dell'attivita' del soggetto agente, diversa e distinta nello spazio e nel tempo da quella posta in essere in precedenza ed accertata con sentenza definitiva (Sez. 2, n. 292 del 04/12/2013, dep. 2014, Coccorullo, Rv. 257992). 16.3. Il terzo motivo e' manifestamente infondato, in quanto si invoca l'applicazione di una norma, l'articolo 669 c.p.p., che concerne la fase dell'esecuzione, e che presuppone la definitivita' della decisione anche nel presente procedimento. In ogni caso, e' assorbente rilevare che il giudicato assolutorio, invocato dal ricorrente, copre fino al 2006, e non gia' fino al 2014. 16.4. Il quarto motivo, con cui si lamenta l'omessa motivazione in ordine alle eccezioni proposte in appello, e' manifestamente infondato, avendo la sentenza impugnata espressamente motivato in merito alle questioni processuali (p. 41-48) ed alla partecipazione all'associazione di tipo mafioso (p. 815-826). 16.5. Il quinto motivo, concernente l'esteriorizzazione del metodo mafioso, e' manifestamente infondato, in quanto riposa sull'erroneo presupposto che la cosca dei (OMISSIS) costituisca una âEuroËœfiliale' delocalizzata della "casa madre", per la quale e' necessaria la prova dell'estrinsecazione del metodo mafioso. Al contrario, la cosca (OMISSIS), secondo la ricostruzione operata dalla sentenza impugnata e dalle altre precedenti sentenze che hanno accertato l'operativita' del sodalizio, e' una articolazione locale (non delocalizzata), insediata nel tradizionale territorio calabre, della âEuroËœndrangheta, che ha una struttura verticistica. Ne consegue che non viene in rilievo il diverso fenomeno della âEuroËœneoformazione' o della âEuroËœfiliale delocalizzata' (in quanto operante all'estero o in territori nazionali non tradizionalmente penetrati dalle organizzazioni mafiose) della "casa madre", bensi' quello della articolazione territoriale delle c.d. mafie storiche. Al riguardo, comunque, e' stato condivisibilmente affermato che, ricorrendone i presupposti strutturali, organizzativi e operativi, la cd. "mafia silente" rientra nel paradigma normativo dell'articolo 416 bis c.p., in quanto e' capace di avvalersi di una forza di intimidazione intrinseca alla struttura delle associazioni mafiose, nelle sue componenti centrali e delocalizzate, pur in assenza di forme di esteriorizzazione eclatante del metodo mafioso e della forza di intimidazione. (Sez. F, n. 56596 del 03/09/2018, Balsebre, Rv. 274753 02); il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., e' configurabile anche nel caso di "ricostituzione" di un gruppo criminale a distanza di tempo da parte di noto capo mafia, di dimostrata caratura criminale, inserito in ambito di mafie storiche (nel caso di specie "Cosa Nostra"), senza che sia necessaria un'esteriorizzazione della forza di intimidazione, considerato il capitale criminale della associazione mafiosa di riferimento e il diffuso riconoscimento della capacita' di aggressione di persone e patrimoni da parte della stessa, anche nel caso di riferimento "implicito o contratto" alla forza criminale del sodalizio mafioso (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, Furnari, Rv. 276111), ed e' configurabile - con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza - anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una gia' attuale pericolosita' per l'ordine pubblico (Sez. 2, n. 24850 del 28/03/2017, Cataldo, Rv. 270290, che, in motivazione, ha osservato come diverso sia invece il caso di una neoformazione che si presenta quale struttura autonoma ed originale, ancorche' caratterizzata dal proposito di utilizzare la stessa metodica delinquenziale delle mafie storiche, giacche', rispetto ad essa, e' imprescindibile la verifica, in concreto, dei presupposti costitutivi della fattispecie ex articolo 416 bis c.p., tra cui la manifestazione all'esterno del metodo mafioso, quale fattore di produzione della tipica condizione di assoggettamento ed omerta' nell'ambiente circostante). Del resto, anche con riferimento alle articolazioni estere di mafie storiche, e' stato affermato che il reato di cui all'articolo 416 bis c.p., e' configurabile con riferimento ad un'articolazione territoriale di una mafia storica (nella specie, una cosca tedesca di âEuroËœndrangheta), allorche' la stessa, per effetto del collegamento organico-funzionale con la casa-madre, dotato del carattere della riconoscibilita' esterna e non limitato, pertanto, a forme di collegamento che si consumino soltanto al suo interno sul piano dell'adozione di moduli organizzativi e di rituali di adesione, si avvalga di una forza di intimidazione intrinseca che, pur non necessitando di forme eclatanti di esteriorizzazione del metodo mafioso, non consiste nella mera potenzialita', non esercitata e quindi meramente presuntiva, dell'impiego della forza, ma nella spendita d'una vera e propria fama criminale ereditata dalla casa-madre (Sez. 1, n. 51489 del 29/11/2019, Albanese, Rv. 277913; analogamente, Sez. 5, n. 47535 del 11/07/2018, N., Rv. 274138: "Il reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e' configurabile - con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. "locale") di un sodalizio mafioso radicato nell'area tradizionale di competenza anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella "madre" del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, con conseguente forza di intimidazione "intrinseca" alla accertata capacita' di egemonizzazione criminale del territorio. (Fattispecie relativa a c.d. "locale di ndrangheta" stabilita in territorio elvetico, in cui erano emersi in seguenti indizi: il collegamento con la "casa madre" calabrese, la composizione della "locale" con soggetti esclusivamente di origine calabrese, la struttura organizzativa secondo una divisione dei ruoli ben precisa, l'attribuzione di cariche interne mutuate da quelle tradizionali della "ndrangheta", nonche' il rispetto rigoroso di rituali tipici della "casa madre")". Va, infine, evidenziato che la sentenza impugnata ha altresi' sottolineato come (OMISSIS) avesse partecipato allo scontro tra le cosche (OMISSIS)- (OMISSIS) e (OMISSIS) per il controllo politico sul territorio jonico calabrese, in occasione delle elezioni del 2008, giungendo a condotte minacciose e manifestando la propria adesione ai metodi ed alle finalita' della consorteria di appartenenza. 16.6. Il sesto ed il settimo motivo, con cui si contesta la prova della partecipazione e del ruolo apicale, sono inammissibili, in quanto si limitano a contestare l'interpretazione delle intercettazioni dalle quali e' stata desunta la prova del ruolo partecipativo apicale di (OMISSIS) all'interno della omonima cosca. Al riguardo, nel ribadire che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), va evidenziato che la sentenza impugnata ha congruamente fondato l'affermazione di responsabilita' su una serie di elementi: - (OMISSIS) e' riuscito a rimanere latitante fino al 10/05/2009 senza abbandonare il proprio "territorio" di riferimento, nascondendosi in un bunker ricavato nella abitazione, e facendo dunque affidamento su una sicura e consolidata rete di sostegno e omerta', sintomatica di una posizione di prestigio criminale; - l'intercettazione della conversazione captata in ambientale proprio all'interno della sua abitazione il 22 gennaio 2013 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), allorquando il primo, appena scarcerato, convoca il secondo per ricevere informazioni sugli affari del gruppo: nel corso di tale colloquio, una sorta di "chiamata a rapporto", risulta la posizione di supremazia di (OMISSIS) e del fratello (OMISSIS), e l'esigenza di essere informato della situazione finanziaria e degli investimenti immobiliari, il ruolo attivo assunto da (OMISSIS) negli affari immobiliari della cosca, seguiti, sia pur con qualche difficolta', anche durante la latitanza; - (OMISSIS) delinea una sorta di organigramma della cosca, individuando proprio in lui, e nel fratello (OMISSIS) i vertici del sodalizio, cui rendere conto. 16.7. Il settimo motivo, concernente l'aggravante della disponibilita' di armi, e' generico e manifestamente infondato, essendo emersa la prova della disponibilita' di armi, anche da guerra, da parte della cosca, come si desume, tra le altre, dal tenore della conversazione intercettata il 22 gennaio 2013, nel corso della quale, discorrendo con (OMISSIS), (OMISSIS) fa riferimenti piu' che espliciti ad armi e munizionamento (la "7 parabellum", una "quarantacinque", i "colpi", il "silenziatore") detenuti dal sodalizio. Sul punto, premesso che il ruolo apicale dell'imputato esclude che la disponibilita' di armi da parte del sodalizio sia ignorata, e' consolidato il principio secondo cui, in tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, l'aggravante della disponibilita' di armi, di cui all'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 5, e' configurabile a carico dei partecipi che siano consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che, per colpa, lo ignorino (Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 276831 - 02, con riferimento ad una fattispecie relativa alla riconosciuta esistenza di un'associazione autonoma, formata da cellule "locali" di âEuroËœndrangheta federate, in cui la Corte ha ritenuto che, ai fini della ravvisabilita' dell'anzidetta aggravante, e' necessario fare riferimento al sodalizio nel suo complesso, prescindendo dallo specifico soggetto o dalla specifica cellula "locale" che abbia la concreta disponibilita' delle armi). 16.8. Nel rinviare, quanto ai motivi concernenti il capo 27 ed il capo 29, infra p.p. 12 e 13, l'ultimo motivo, concernente il diniego delle attenuanti generiche, nonostante l'esclusione della recidiva, e' manifestamente infondato, essendo pacifico che l'esistenza di precedenti penali specifici puo' rilevare ai fini del diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge anche quando il giudice, sulla base di una valutazione complessiva del fatto oggetto del giudizio e della personalita' dell'imputato, esclude che la reiterazione delle condotte denoti la presenza di uno spessore criminologico tale da giustificare l'applicazione della recidiva (ex multis, Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444). 16.9. Premesso che i motivi nuovi depositati si limitano ad estendere l'argomentazione posta a fondamento dei motivi principali, ed il loro vaglio deve dunque ritenersi assorbito dalle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata va dunque annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo 27, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame. Il ricorso va rigettato nel resto. 17. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 20 anni di reclusione per il reato di associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo 1, per il reato associativo di cui al capo 30 e per i reati di trasferimento fraudolento di beni di cui ai capi 27 e 29 - e' fondato limitatamente al capo 27 (in ordine al quale si veda infra p. 12), essendo nel resto, nel suo complesso, infondato. 17.1. Quanto al primo motivo, analogo a quello proposto anche nell'interesse di (OMISSIS), e' sufficiente rinviare infra p. 16.1. 17.2. Il secondo ed il settimo motivo, concernenti la partecipazione, con ruolo apicale, all'associazione di tipo mafioso, sono inammissibili, in quanto si limitano a contestare l'interpretazione delle intercettazioni dalle quali e' stata desunta la prova del ruolo partecipativo apicale di (OMISSIS) all'interno della omonima cosca, e l'attendibilita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Al riguardo, nel ribadire che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), va evidenziato che la sentenza impugnata ha congruamente fondato l'affermazione di responsabilita' su una serie di elementi: - (OMISSIS), nipote dello storico capo cosca di (OMISSIS) (OMISSIS), e fratello dei coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest'ultimo condannato a 30 anni di reclusione nel giudizio ordinario), e' riuscito a rimanere latitante non solo in Calabria, ma anche in Canada, facendo dunque affidamento su una sicura e consolidata rete di sostegno e omerta', sintomatica di una posizione di prestigio criminale; - le dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS), valutate attendibili dai giudici di merito, con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita', e dunque insindacabile in sede di legittimita', che ha riferito di essere a conoscenza della appartenenza dei (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta, non solo de relato, ma per aver discusso con (OMISSIS) degli appoggi in Canada per il traffico di droga da importare dal Brasile, e per la partecipazione ad una riunione congiunta tra le famiglie (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); - la eloquente conversazione del 20 febbraio 2013, avvenuta all'interno dell'abitazione di (OMISSIS), nel corso della quale il (OMISSIS) promotore ed organizzatore del sodalizio, da poco scarcerato -, chiedeva all'imputato, in ragione dei buoni rapporti commerciali con la societa' dell'ex senatore (OMISSIS), un intervento di quest'ultimo per ottenere il ridimensionamento in appello della pesante condanna inflitta in primo grado ad (OMISSIS) (capocosca, condannato dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria alla pena di 11 anni e 2 mesi di reclusione per associazione mafiosa ed altri delitti), trovando la pronta adesione dell' (OMISSIS), resosi disponibile a formulare la richiesta allo (OMISSIS) nella consapevolezza della possibilita' e del potere di intervento di quest'ultimo, che aveva gia' posto in essere interventi analoghi, nonche' nella consapevolezza del ruolo apicale dell' (OMISSIS) e dell'interesse del sodalizio alla sorte di questi; tramite il (OMISSIS), fidanzato della figlia del capocosca (OMISSIS), (OMISSIS) aveva convocato (OMISSIS) e gli aveva esposto in termini chiari l'esigenza di un intervento corruttivo sui giudici della Corte d'appello per ottenere il ridimensionamento della pena inflitta in primo grado ad (OMISSIS), condannato dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria per associazione mafiosa alla pena di 11 anni e 2 mesi di reclusione: in particolare, gli aveva chiesto in modo esplicito di parlarne con l'ex onorevole (OMISSIS), con il quale l' (OMISSIS) era in rapporti imprenditoriali, per tentare, tramite questi, di influire sui giudici, che avrebbero trattato il processo in grado di appello; all'evidenza il colloquio, riportato nella sentenza impugnata, da' conto della fiducia riposta dal (OMISSIS) nell' (OMISSIS), che risulta perfettamente a conoscenza della posizione apicale dell'interlocutore e del soggetto da favorire (il (OMISSIS) gli dice chiaramente che "li' e' la mamma di tutti, sono tutti figliocci suoi, sono tutti sotto di lui; qua senza di lui siamo rovinati"), nonche' della posizione di altri componenti del sodalizio, della cui sorte il (OMISSIS) non si preoccupa, anche perche' condannati a pene piu' miti, in gran parte gia' scontate; dimostra che l' (OMISSIS) sa del potere di influenza del senatore, gia' attivatosi in precedenti occasioni per interventi analoghi, ed in buoni rapporti con la âEuroËœndrangheta, dalla quale aveva ricevuto favori, ed il (OMISSIS), che, sottolineando l'indispensabilita' di tali rapporti per mantenere certi equilibri, lo sollecita a riferire allo (OMISSIS) della loro disponibilita' ad aiutarlo in caso di bisogno (se dice "ho bisogno di... in caso pure qua", poi uno vede di impegnarsi', "l'impossibile da parte nostra vediamo quello che.. lo possiamo servire in tutti i modi se ci aiuta su questo fatto di (OMISSIS) ci vendiamo pure l'anima al diavolo"); tutti elementi evidenziati dalla sentenza impugnata per sottolineare la dimensione associativa della richiesta di intervento, ed escludere la pur invocata preoccupazione individuale e familiare; - la conversazione intrattenuta, per ore, il 22 gennaio 2013, tra (OMISSIS), appena scarcerato, e (OMISSIS), convocato per rendere informazioni sugli affari del gruppo: nel corso di tale colloquio, una sorta di "chiamata a rapporto", emerge inequivocabilmente la posizione di supremazia di (OMISSIS) e la sua esigenza di essere informato della situazione finanziaria e degli investimenti immobiliari, il sostegno ricevuto durante la detenzione (avendo (OMISSIS) provveduto al versamento di somme di denaro ai familiari dei detenuti o latitanti, consegnando, in particolare, mille Euro al mese alla madre dei (OMISSIS)); (OMISSIS) delinea una sorta di organigramma della cosca, individuando proprio in lui, e nel fratello (OMISSIS) i vertici del sodalizio, cui rendere conto; emerge inoltre il programma di acquisto, su Milano, di "cinque, sei pacchi" di droga, e la pretesa di ottenere chiarimenti e tenere, in una logica associativa, i conti della "cassa comune" ("poi se dobbiamo tenere i conti...poi vieni qua e ci sediamo...perche' se no non siamo una societa', non siamo un gruppo"); - la conversazione, sempre con (OMISSIS) e (OMISSIS), avente ad oggetto le armi nella disponibilita' del gruppo, con l'esortazione a tenere sempre un'arma "a portata di mano", in quanto "possono servire all'improvviso"; - la conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) nei locali olandesi della (OMISSIS), da cui emerge la posizione di rilievo di (OMISSIS) nelle dinamiche del sodalizio mafioso. Tanto premesso, con le doglianze proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asserita mente sbagliata in merito alla valenza probatoria delle intercettazioni, alla attendibilita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia e degli altri elementi indiziari posti a fondamento dell'affermazione di responsabilita'. Va aggiunto che, prescindendo dall'interessamento alla scuola di formazione di (OMISSIS) ed al "pizzo" richiesto alla (OMISSIS) per i lavori di messa in opera della fibra ottica, che comunque non rivestono profili di decisivita' ai fini dell'affermazione di responsabilita', la doglianza concernente la mancata valutazione delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Locri non costituisce travisamento della prova, limitandosi a sollecitare una diversa interpretazione delle dichiarazioni. Al riguardo, va rammentato che non ricorrono i presupposti del pur lamentato travisamento, risolvendosi le censure in una non consentita lettura alternativa degli elementi di prova, basata su estratti, parziali ed arbitrariamente selezionati, delle prove dichiarative. Al riguardo, infatti, giova rammentare che, ai fini della configurabilita' del vizio di travisamento della prova dichiarativa, e' necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406). Tuttavia, premesso che l'esame nel giudizio di legittimita' del travisamento della prova, quale ulteriore criterio di valutazione della contradditorieta' estrinseca della motivazione, deve riguardare uno o piu' specifici atti del giudizio, non il fatto nella sua interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911), nel caso di specie, il ricorso non deduce una palese e non controvertibile difformita' tra il senso intrinseco delle dichiarazioni e quello tratto dal giudice, limitandosi ad estrapolare estratti parziali del testimoniale per sostenere un presunto errore nella valutazione del significato probatorio delle dichiarazioni, a proposito del "fatto" della partecipazione di (OMISSIS) alla âEuroËœndrangheta. 17.3. Il terzo motivo, concernente la partecipazione all'associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo 1, e' inammissibile, in quanto si limita a contestare l'interpretazione delle intercettazioni dalle quali e' stata desunta la prova del ruolo partecipativo apicale di (OMISSIS) all'interno del sodalizio, e l'attendibilita' delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia (OMISSIS). Al riguardo, nel ribadire che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), va evidenziato che la sentenza impugnata ha congruamente fondato l'affermazione di responsabilita' su una serie di intercettazioni, analiticamente richiamate e valutate da p. 105 a p. 126, dalle quali e' emerso che: (OMISSIS) discute con (OMISSIS) dell'importazione di cocaina, da acquistare a Milano al prezzo di 38/39 mila Euro al kg, per poi rivenderla a 47/48 mila ("prendiamo cinque, sei pacchi"), chiede il rendiconto di quanto accaduto in sua assenza, durante il periodo di detenzione, rivendicando il proprio ruolo apicale ("tutti devono dare conto alla persona che al momento tiene le redini nelle mani. Quando manca quella persona, poi...deve dare conto a quella altra persona"), ed avverte che se si intendere operare in autonomia, bisogna lasciare il gruppo, e non spendere il suo nome ("se no si deve cominciare a sparare Anto'"); fa riferimento ad una "cassa comune"; emerge il ruolo apicale, nell'impartire direttive agli altri sodali, soprattutto con riferimento ai rapporti con la famiglia (OMISSIS) in Sicilia, debitrice del pagamento di una importazione avvenuta nel gennaio 2013; la programmazione di una importazione di droga dal Brasile, di cui (OMISSIS) discute con (OMISSIS), che, pur non essendo stata portata a termine, conferma la sussistenza del sodalizio capeggiato dal (OMISSIS). Al riguardo, peraltro, il collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha altresi' dichiarato di essere stato contattato da (OMISSIS), che, alla presenza di (OMISSIS) e di (OMISSIS), gli aveva proposto di collaborare nel narcotraffico, utilizzando dei pescherecci per importare "fumo" dal Marocco; dichiarazione non de relato, come dedotto dal ricorrente, bensi' diretta, in quanto il collaboratore ha riferito di avere incontrato personalmente (OMISSIS). Tanto premesso, le doglianze proposte, che si limitano ad un tentativo di contestazione e ridimensionamento del significato probatorio delle conversazioni intercettate, anche mediante una non consentita parcellizzazione valutativa, oltre ad essere non consentite, per quanto gia' evidenziato, sono manifestamente infondate e generiche, per l'omesso concreto confronto argomentativo con la sentenza impugnata, di cui contestano esclusivamente la valutazione probatoria di alcune conversazioni. Manifestamente infondata e' altresi' la deduzione con cui si contesta la partecipazione al reato associativo, sul rilievo della mancata condanna per reati-fine: e' infatti pacifico, in materia di reati associativi, che la commissione dei "reati-fine", di qualunque tipo essa sia, non e' necessaria ne' ai fini della configurabilita' dell'associazione ne' ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (ex multis, Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, Scarcello, Rv. 280703 - 02) 17.4. Il motivo concernente la detenzione illecita di armi (capi 16 e 19) e' inammissibile, essendo emersa la prova della disponibilita' di armi, anche da guerra, da parte della cosca, come si desume, tra le altre, dal tenore della conversazione intercettata il 22 gennaio 2013, nel corso della quale, discorrendo con (OMISSIS), (OMISSIS) fa riferimenti piu' che espliciti ad armi e munizionamento (la "7 parabellum", una "quarantacinque", i "colpi", il "silenziatore") detenuti dal sodalizio; sicche' non e' predicabile una ignoranza, tanto meno incolpevole, del ricorrente. Al riguardo, premesso che la circostanza aggravante prevista dall'articolo 416 bis c.p., commi 4 e 5, e' integrata dalla mera disponibilita' delle armi da parte dell'associazione, indipendentemente dal fatto che essa configuri le ipotesi delittuose di porto e detenzione, sia perche' la disponibilita' non necessariamente corrisponde all'attuale ed effettiva detenzione, e tanto meno al porto, sia perche' essa puo' riguardare perfino armi legalmente detenute, con la conseguenza che l'associazione mafiosa armata non e' un reato complesso nel quale possono restare assorbiti l'illegale detenzione o porto di armi (Sez. 2, n. 2833 del 27/09/2012, dep. 2013, Adamo, Rv. 254295), dal materiale probatorio richiamato dalla sentenza impugnata emerge la piena consapevolezza di (OMISSIS) della detenzione di armi, anche da guerra, e la volonta' di disporne per finalita' associativa, anche invitando i sodali a "tenerle a portata di mano"; dalla conversazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS) emerge altresi' l'esistenza di un fucile a canne mozze di "(OMISSIS)" ( (OMISSIS)), nascosto in un borsone all'interno della casa di (OMISSIS), e rinvenuto in sede di perquisizione nei confronti di (OMISSIS). 17.5. Premesso che i motivi nuovi depositati si limitano ad estendere l'argomentazione posta a fondamento dei motivi principali, ed il loro vaglio deve dunque ritenersi assorbito dalle considerazioni che precedono, nel rinviare, quanto ai motivi concernenti il capo 27 ed il capo 29, infra p.p. 12 e 13, la sentenza impugnata va dunque annullata nei confronti di (OMISSIS), limitatamente al reato di cui al capo 27, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per nuovo esame. Il ricorso va rigettato nel resto. 18. I ricorsi di (OMISSIS) e di (OMISSIS), che meritano una valutazione congiunta per la sovrapponibilita' delle questioni, sono inammissibili. Entrambi sono stati condannati per il reato di trasporto di 5,8 kg. di marijuana, esclusa l'aggravante dall'agevolazione mafiosa, di cui al capo 6, per avere rivestito il ruolo di fornitori di stupefacente per il gruppo facente capo a (OMISSIS), della sostanza che e' stata poi affidata a (OMISSIS) per il trasporto sul mercato, e sequestrata il 31 maggio 2013 a (OMISSIS) 18.1. I primi due motivi di (OMISSIS), concernente l'individuazione del ricorrente con riferimento all'utenza telefonica attribuita e la valenza probatoria delle intercettazioni etero-accusatorie, in assenza di riscontri esterni obiettivi, ed il primo motivo di (OMISSIS) sono inammissibili, perche', oltre ad essere del tutto generici, non confrontandosi concretamente con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata, sul punto ampiamente motivata, propongono doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realta', una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita', sulla base di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e', in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita' la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu' adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., sono in realta' dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). In particolare, con le censure proposte i ricorrenti non lamentano una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., lettera e), ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla individuazione quale utilizzatore dell'utenza cellulare intercettata, e dunque coinvolto nel traffico di stupefacenti, ed alla valenza probatoria delle intercettazioni e degli altri elementi indiziari posti a fondamento dell'affermazione di responsabilita'. Il controllo di legittimita', tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non gia' il rapporto tra prova e decisione; sicche' il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non gia' nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, e' estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione e' giudice della motivazione, non gia' della decisione, ed esclusa l'ammissibilita' di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicita' (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta', evidenziando che l'utilizzatore dell'utenza intercettata era, nel frangente, non gia' (OMISSIS), bensi' il fratello (OMISSIS), e che gli elementi probatori - l'intercettazione ambientale del 22/01/2013 tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con il riferimento ai "sanlucoti" (i fratelli (OMISSIS)) con un altro di (OMISSIS) ( (OMISSIS)) portati da (OMISSIS) dai "siciliani", e l'intercettazione del 08/06/2013 tra (OMISSIS) e la moglie di (OMISSIS), durante la quale il primo aveva indicato i fratelli (OMISSIS) come i soggetti per i quali (OMISSIS) stava trasportando lo stupefacente quando e' stato arrestato - dai quali e' stata desunta la partecipazione degli imputati al traffico di stupefacenti erano molteplici; elementi elusi, o semplicemente contestati, dai ricorrenti, che hanno omesso qualsivoglia confronto argomentativo, sollecitando una non consentita rivalutazione del merito. Con riferimento alla valenza probatoria delle intercettazioni, va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita' (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), e che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attivita' di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall'articolo 192 c.p.p., comma 3, (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714). 18.2. Il motivo con cui lamentano la mancata concessione delle attenuanti generiche e' inammissibile. Premesso che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l'assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, e la gravita' del fatto, nonche', con riferimento a (OMISSIS), un precedente specifico. Sicche' la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244). 19. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. 19.1. Condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione ed Euro 24.000,00 per i reati di cui all'articolo 73, comma 5, di cui al capi 9 e 10, con il primo motivo deduce la violazione di legge, sostenendo che non e' stato sequestrato neppure un grammo di droga e l'affermazione di responsabilita' si fonda unicamente sulla c.d. "droga parlata", ma le intercettazioni sarebbero di contenuto tutt'altro che univoco; la motivazione sarebbe poi contraddittoria laddove da un lato ritiene che i quantitativi di sostanza menzionati dai coimputati siano svariati e diversi tra loro, e dall'altro ritiene provato l'acquisto da parte del (OMISSIS) di 350 grammi di cocaina; nella specie difetterebbe la prova anche dello stesso accordo del dell'acquisto dei 350 grammi, non emergendo neppure il prezzo della pattuizione. Il motivo e' del tutto generico, omettendo completamente di confrontarsi con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata - che ha analizzato la posizione di (OMISSIS) da p. 419 a p. 464 -, e limitandosi a contestare la valenza probatoria della c.d. "droga parlata", senza neppure distinguere tra le due imputazioni per le quali e' stata affermata la responsabilita' penale. Al riguardo, la sentenza impugnata - che richiama l'ampia piattaforma probatoria costituita dalle intercettazioni, con i riferimenti alle quantita' ed al prezzo della cocaina - appare conforme al principio affermato da questa Corte, secondo cui in tema di stupefacenti, la sussistenza del reato di cessione di sostanze stupefacenti puo' essere desunta anche dal contenuto delle conversazioni intercettate qualora il loro tenore sia sintomatico dell'organizzazione di una attivita' illecita e, nel caso in cui ai dialoghi captati non abbia fatto seguito alcun sequestro, l'identificazione degli acquirenti finali, l'accertamento di trasferimenti in denaro o altra indagine di riscontro e controllo, il giudice di merito, al fine di affermare la responsabilita' degli imputati, e' gravato da un onere di rigorosa motivazione, in particolare con riferimento alle modalita' con le quali e' risalito alle diverse qualita' e tipologie della droga movimentata (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, De Simone, Rv. 279251); in tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente (la c.d. droga parlata), la loro valutazione, ai sensi dell'articolo 192 c.p.p., comma 2, deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate piu' ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell'imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio "al di la' di ogni ragionevole dubbio", caratterizzato da un alto grado di credibilita' razionale, con esclusione soltanto delle eventualita' piu' remote (Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299). 19.2. Il secondo motivo, con cui lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche, e' inammissibile. Premesso che il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e' insindacabile in sede di legittimita', purche' sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche puo' essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non e' piu' sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l'assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, la gravita' dei fatti ed un precedente penale specifico. Va al riguardo rammentato che, ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza di applicazione della pena, in quanto equiparata a sentenza di condanna, e' valutabile anche nell'ipotesi in cui sia gia' intervenuta, ai sensi dell'articolo 445 c.p.p., comma 2, l'estinzione del reato cui essa si riferisce (Sez. 3, n. 23952 del 30/04/2015, Di Pietro, Rv. 263850); peraltro, la deduzione e' generica e non documentata. Sicche' la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e' giustificata da motivazione esente da manifesta illogicita', che, pertanto, e' insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non e' necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e' sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244). 20. Il ricorso di (OMISSIS) e' inammissibile. Condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione per concorso esterno nell'associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, di cui al capo 1 (cosi' riqualificato dalla Corte territoriale l'originaria imputazione di partecipazione), deduce il vizio di motivazione sostenendo che la Corte territoriale sarebbe incorsa in una contraddizione nella parte in cui ha escluso l'intraneita' del ricorrente nell'associazione dedita al narcotraffico, non di meno riconoscendo il concorso esterno dell'imputato sulla base di elementi che non consentirebbero di sostenere neppure che il soggetto avesse conoscenza dell'esistenza di un'associazione; sotto altro profilo lamenta la contraddittorieta' della motivazione nella parte in cui ha assolto il coimputato (OMISSIS), nonostante la posizione processuale del tutto sovrapponibile rispetto a quella del (OMISSIS), anche per gli elementi probatori che vi erano a suo carico (contatti con (OMISSIS) e conversazioni telefoniche da cui sono emersi trasporti di stupefacente a Palermo per conto di quest'ultimo). Il ricorso e' del tutto generico, limitandosi a richiamare estratti della motivazione della sentenza impugnata, per contestarne, sia pur laconicamente ed assertivamente, le valutazioni, senza un concreto confronto argomentativo con l'apparato motivazionale della Corte territoriale. Al contrario, la sentenza impugnata ha compiutamente ricostruito il ruolo assunto da (OMISSIS), sulla base delle conversazioni intercettate e dell'arresto in flagranza, in occasione del quale e' stato trovato in possesso di stupefacente, evidenziando come l'imputato, pur operando autonomamente, avesse costantemente e consapevolmente agevolato l'attivita' dell'associazione per delinquere contestata al capo 1, occupandosi di circa venti trasporti di droga, per conto di (OMISSIS), verso i "palermitani"; pur evidenziando l'autonomia operativa del (OMISSIS), che ha dunque consentito di escluderne l'intraneita' al sodalizio, la sentenza ha motivato in merito alla sua consapevolezza di agevolare il traffico del sodalizio in considerazione del carattere non occasionale, bensi' reiterato, dei "viaggi" fatti per conto dell'associazione e delle comunicazioni riservate (le "imbasciate", come definite dal (OMISSIS)) veicolate al gruppo dei "siciliani" ai quali trasportava le partite di stupefacente. Non vi e' alcuna contraddittorieta' con la motivazione concernente (OMISSIS), in quanto la Corte territoriale ha valorizzato le differenti circostanze di fatto, per porre in dubbio la consapevolezza dell'imputato di agevolare l'attivita' dell'associazione, anziche' del singolo ( (OMISSIS)). 21. Il ricorso di (OMISSIS) - condannato a 10 anni e 4 mesi di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per il reato di trasferimento fraudolento di un tabacchino di cui all'articolo 512 bis c.p. contestato al capo 32 - e' inammissibile. 21.1. Nel rinviare infra p. 1 per l'eccezione di inutiliz