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Il regolamento condominiale, in quanto contratto avente efficacia vincolante per tutti i condomini, impone il divieto di produrre rumori molesti all'interno dell'edificio, a prescindere dalla destinazione d'uso dei locali, anche se non si raggiunga la soglia di intollerabilità prevista dall'art. 844 c.c. Pertanto, la violazione di tale divieto da parte del conduttore di un locale commerciale, con la conseguente produzione di rumori molesti, legittima i condomini a richiedere la cessazione dell'attività e il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla menomazione del pieno godimento del diritto di proprietà, liquidabile in via equitativa. L'accertamento della natura molesta dei rumori non richiede una valutazione fonometrica, essendo sufficiente la prova testimoniale e documentale della reiterata emissione di rumori in violazione degli orari di riposo stabiliti dal regolamento condominiale.
Il superamento dei limiti di normale tollerabilità dei rumori e delle immissioni sonore provenienti da un'attività di intrattenimento, anche se non accompagnato da un numero elevato di soggetti lamentanti, integra il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone di cui all'art. 659 c.p., in quanto l'interesse tutelato dalla norma è quello della pubblica quiete, che risulta compromesso quando le emissioni sonore hanno una tale diffusività da essere potenzialmente idonee a disturbare la collettività residente nell'area interessata, indipendentemente dal numero di soggetti che concretamente si lamentino. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente che le risultanze istruttorie, anche attraverso le dichiarazioni di coloro che hanno percepito i rumori, dimostrino l'oggettiva idoneità delle emissioni sonore a disturbare la pubblica quiete, senza che sia necessario l'accertamento di un numero elevato di soggetti disturbati. Inoltre, la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va effettuata in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica, a prescindere da eventuali incongruenze o vizi formali riscontrati in una consulenza tecnica.
Il reato di molestia o disturbo alle persone di cui all'art. 659 c.p. richiede la prova del superamento oggettivo della soglia di normale tollerabilità dei rumori, non essendo sufficiente la mera asserzione delle persone offese, le quali devono essere sottoposte a un rigoroso controllo di attendibilità, specie se costituite parte civile e portatrici di pretese economiche. Occorre altresì la dimostrazione che i rumori siano idonei a disturbare un numero indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto come un condominio, non essendo sufficiente il mero disturbo di singoli vicini. In assenza di tali elementi probatori, desumibili anche dalle deposizioni di testimoni terzi, non può ritenersi integrato il reato contestato.
Il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, di cui all'art. 659 c.p., è configurabile solo quando i rumori prodotti abbiano una certa attitudine a propagarsi, in modo da essere idonei a disturbare una parte notevole degli occupanti di un edificio condominiale o delle persone abitanti nelle vicinanze. Pertanto, ai fini della sussistenza del reato, è necessario accertare non solo la natura dei rumori prodotti dal soggetto agente, ma anche la loro diffusività tale da arrecare disturbo a un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio. In assenza di tale requisito della diffusività, si configura al più un illecito civile da inquadrare nell'ambito dei rapporti di vicinato. Inoltre, qualora sia decorso il termine massimo di prescrizione del reato, il giudice è tenuto a dichiararne l'estinzione, senza poter rilevare eventuali vizi di motivazione della sentenza impugnata.
Il reato di atti persecutori (stalking) di cui all'art. 612-bis c.p. richiede, ai fini della sua configurabilità, che la condotta del soggetto attivo, caratterizzata da reiterate molestie e minacce, sia idonea a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, ovvero a ingenerare un fondato timore per la propria incolumità o per quella di persone a essa vicine, in modo da alterare le sue abitudini di vita. Pertanto, la mera reiterazione di rumori molesti, anche se particolarmente intensi e protratti nel tempo, non è sufficiente a integrare il delitto di stalking, ove non emerga un disegno persecutorio volto a costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vita. Il giudice è tenuto a valutare con particolare rigore gli elementi probatori, anche in presenza di dichiarazioni della persona offesa ritenute attendibili, ove risulti un clima di forte conflittualità tra le parti, al fine di accertare l'effettiva sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti per l'applicazione di una misura cautelare personale.
La commissione di reati di minaccia e molestia, caratterizzati da condotte oggettivamente idonee a determinare l'altrui molestia e disturbo, quali l'emissione di rumori molesti, l'insulto, la minaccia e l'aggressione verbale reiterata nei confronti di più soggetti, integra il reato di molestia, anche in presenza di un atteggiamento di insistenza eccessiva, arrogante invadenza e intromissione continua e pressante nell'altrui sfera di quiete e libertà, nonostante la procedibilità a querela di parte. Tuttavia, qualora l'autore di tali condotte sia affetto da grave psicosi paranoide cronica e disturbo borderline di personalità, che escludono la capacità di intendere e di volere al momento del fatto, egli deve essere prosciolto per difetto di imputabilità, con applicazione di una misura di sicurezza della libertà vigilata, in ragione della sua pericolosità sociale, al fine di tutelare la sua salute e contenere il pericolo di reiterazione di condotte delittuose, attraverso un adeguato percorso terapeutico-riabilitativo.
Il giudice, nel valutare la sussistenza di immissioni intollerabili ai sensi dell'art. 844 c.c. tra condomini, deve contemperare le contrapposte esigenze, tenendo conto delle condizioni soggettive della persona che ha causato i rumori molesti e della circoscrizione temporale e spaziale degli stessi. Qualora i rumori siano arrecati da una persona con disturbi psichiatrici e siano percepiti solo dagli abitanti del piano immediatamente sottostante o sovrastante, tali rumori devono ritenersi rientranti nella normale tollerabilità, non integrando un fatto illecito generativo di un danno giuridicamente rilevante. Inoltre, il locatore non è tenuto a garantire il conduttore dalle mere molestie di fatto ad opera di terzi che non pretendano di avere diritti, ai sensi dell'art. 1585, comma 2, c.c. Tuttavia, il proprietario dell'immobile sovrastante è responsabile per i danni causati dalle infiltrazioni provenienti dal suo appartamento, essendo tenuto a risarcire i danni all'immobile sottostante, fermo restando che, per una maggiore riuscita dei lavori di ristrutturazione, potrebbe essere necessario un preventivo rifacimento degli impianti dell'immobile dei convenuti, pur in assenza di una specifica richiesta in tal senso.
La provocazione prevista dall'articolo 599, comma 2, del codice penale, quale causa di non punibilità, si applica esclusivamente ai reati di ingiuria e diffamazione di cui agli articoli 594 e 595 del codice penale, e non può essere estesa in via analogica al reato di molestie di cui all'articolo 660 del codice penale. La ratio della scriminante risiede nella particolare considerazione data dal legislatore allo stato d'ira determinato dal fatto ingiusto altrui, subito dopo che esso si è verificato, e non può essere applicata a condotte reiterate o prolungate nel tempo che si concretizzano in semplici rumori molesti, in quanto in tali casi viene in considerazione l'ordine pubblico, essendo il reato di molestie plurioffensivo e perseguibile d'ufficio. Pertanto, l'applicazione analogica della causa di non punibilità prevista dall'articolo 599, comma 2, del codice penale al reato di molestie di cui all'articolo 660 del codice penale configura un'errata interpretazione ed applicazione della legge penale.
Il reato di disturbo della quiete pubblica di cui all'art. 659 c.p. sussiste quando i rumori, anche se provenienti da un'abitazione privata, siano di tale intensità e durata da superare la normale tollerabilità e da essere percepiti come fonte di disturbo da un numero indeterminato di persone, a prescindere dal fatto che abbiano effettivamente arrecato disturbo solo ad alcuni soggetti. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che i rumori siano udibili da una pluralità di persone, essendo sufficiente che essi abbiano una potenzialità tale da poter essere percepiti come fonte di disturbo da un numero indeterminato di soggetti, anche se di fatto abbiano arrecato disturbo solo ad alcuni di essi. Inoltre, la valutazione della sussistenza del reato spetta al giudice di merito, il quale, nel motivare il proprio giudizio, può legittimamente attribuire prevalenza alle dichiarazioni dei testimoni d'accusa rispetto a quelle dei testimoni a discarico, purché tale scelta sia sorretta da una motivazione logica e congrua, anche in relazione alla credibilità e attendibilità dei diversi testi, senza che ciò possa essere sindacato in sede di legittimità, salvo i casi di manifesta illogicità o travisamento della prova.
Il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone di cui all'art. 659, comma 1, c.p. è integrato quando i rumori provenienti da attività autorizzate, anche se all'interno dello stesso complesso edilizio, abbiano una tale diffusività da essere potenzialmente idonei a disturbare un numero indeterminato di persone, pur se concretamente solo talune se ne possano lamentare. Il superamento dei limiti di rumorosità stabiliti dalle autorità competenti integra il reato di cui all'art. 659, comma 2, c.p., a tutela della quiete pubblica, anche quando l'attività rumorosa sia autorizzata, non essendo tale illecito penale implicitamente abrogato dalla previsione dell'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della Legge n. 447 del 1995, che tutela il diverso bene della salute umana.
Il disturbo della quiete pubblica mediante l'emissione di rumori molesti, anche se provenienti da un'attività commerciale autorizzata, integra il reato di cui all'art. 659 c.p. quando il rumore supera la normale tollerabilità e risulta idoneo a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone, a prescindere dall'effettiva lamentela di una sola persona. Il giudice può fondare il proprio convincimento sulla base di elementi probatori diversi dalla perizia tecnica, come le dichiarazioni di coloro che hanno percepito il rumore, purché risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità. La libertà di iniziativa economica è consentita, ma non può dar luogo a immissioni rumorose che eccedano tale soglia, a tutela dell'interesse pubblico alla quiete e al riposo delle persone.
Il disturbo al riposo delle persone, causato da rumori molesti derivanti dallo svolgimento di attività lavorative, integra il reato di cui all'art. 659 c.p. anche in assenza di una perizia tecnica, essendo sufficiente la prova testimoniale della persona offesa in merito alle caratteristiche e agli effetti dei rumori percepiti, purché risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità. La condotta illecita, reiterata nonostante le richieste della persona offesa, determina un danno morale risarcibile, la cui quantificazione deve tenere conto della durata e della fascia oraria in cui si sono verificati i rumori molesti.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il reato di emissione di rumori, polveri e gas maleodoranti in quantità tale da recare molestia e disturbo a più persone (art. 674 c.p.) sussiste anche in assenza di superamento dei limiti di tollerabilità previsti dalla normativa, essendo sufficiente l'accertamento di una situazione di fastidio, disagio e turbamento della tranquillità e quiete pubblica che incida negativamente sull'esercizio delle normali attività quotidiane. Il danno, anche morale, derivante da tali condotte può essere liquidato in via equitativa dal giudice, rinviando le parti davanti al giudice civile per la quantificazione del risarcimento. L'eventuale inosservanza dei termini per la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari non comporta nullità del decreto di citazione, in assenza di espressa previsione di tale sanzione. Il giudice di merito può legittimamente escludere la rilevanza penale del fatto o l'addebitabilità all'imputato, anche in presenza di una causa estintiva del reato per prescrizione, ove risulti accertata la materialità storica dell'illecito e la sua riferibilità all'imputato sulla base di una valutazione complessiva della "corposa documentazione" in atti.
Il reato di molestia, per sua natura non necessariamente abituale, può essere realizzato anche con una sola azione, come nel caso di una telefonata effettuata nel cuore della notte per segnalare rumori molesti provenienti da un'abitazione, costringendo così il molestato a subire l'intervento delle forze dell'ordine. Tuttavia, la telefonata al numero di emergenza che lamenta rumori molesti, pur potendo integrare il reato di molestie di cui all'art. 660 c.p., non integra il reato di cui all'art. 658 c.p. (annuncio di disastri, infortuni o pericoli inesistenti), in quanto il fatto denunciato non è idoneo a suscitare allarme pubblico, ma costituisce un mero disturbo alla quiete privata. Nell'accertamento della responsabilità penale, il giudice deve motivare adeguatamente in merito alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, non essendo sufficiente una mera ricostruzione fattuale. Inoltre, nella determinazione della pena, il giudice deve esplicitare i criteri di computo, con riferimento alla pena base, alla continuazione, alla diminuente del rito abbreviato e alla scelta tra pena detentiva e pecuniaria, al fine di consentire un effettivo controllo sulla legittimità della decisione.
Il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, di cui agli artt. 81 e 659 c.p., sussiste anche quando i rumori e gli schiamazzi molesti provengano da un esercizio commerciale e siano percepiti solo da un numero circoscritto di vicini, in quanto l'interesse tutelato dalla norma penale è la pubblica quiete, la cui lesione è configurabile anche quando il disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se concretamente solo talune se ne possano lamentare. Pertanto, la rilevanza penale della condotta non viene meno per il fatto che i rumori molesti possano provenire anche da altre fonti accessorie, come l'utilizzo di un'area di parcheggio da parte di giovani nottambuli, atteso che la condotta principale rimane comunque quella dell'esercente che non abbia impedito le emissioni di disturbo alla quiete pubblica provenienti dal proprio locale. L'inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione, pur se maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice.
Il comportamento molesto e reiterato di un condomino nei confronti degli altri condomini, consistente nell'uso abituale e ingiustificato di rumori e suoni molesti, nonché nell'adozione di condotte aggressive e offensive, integra il reato di disturbo della quiete pubblica di cui all'art. 660 c.p., anche in assenza di una specifica e diretta minaccia o offesa rivolta a una singola persona determinata, essendo sufficiente che le condotte siano idonee a turbare la tranquillità e il riposo di una pluralità di soggetti individuabili nell'ambito di una comunità condominiale. La valutazione della credibilità e attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, in quanto parti lese, deve essere effettuata con particolare rigore e penetrazione, verificandone la coerenza, logicità e concordanza, anche in assenza di ulteriori riscontri probatori, purché il loro racconto risulti intrinsecamente attendibile. La documentazione prodotta dalla difesa, se priva di riferimenti specifici agli orari e alle circostanze contestate, non è idonea a inficiare l'attendibilità delle dichiarazioni testimoniali, specie quando queste ultime risultino convergenti e coerenti nel ricostruire il quadro complessivo delle condotte moleste poste in essere dall'imputato.
Il reato di molestie e disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, di cui all'art. 660 c.p., si configura quando l'agente pone in essere condotte reiterate e intrusive, come insulti, suoni molesti, telefonate anche notturne, che superano i limiti della normale tollerabilità e sono idonee a disturbare la quiete e il riposo di un numero indeterminato di persone, anche se non tutte concretamente disturbate, in luoghi aperti al pubblico come balconi, scale condominiali e aree comuni. La valutazione dell'entità del fenomeno rumoroso può essere effettuata sulla base delle dichiarazioni di testimoni informati sui fatti, senza necessità di perizia, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbare la tranquillità pubblica. Il reato di cui all'art. 659 c.p. si perfeziona anche con un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo che, in determinate circostanze, rechi effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, senza che sia necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una pluralità di individui, essendo sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone.
Il disturbo abituale e reiterato della quiete pubblica, anche in ambito condominiale, attraverso rumori molesti, lanci di oggetti e urla, costituisce reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone ai sensi dell'art. 659 c.p., a prescindere dal fatto che le condotte disturbanti siano dirette nei confronti di uno o più condomini, essendo sufficiente che esse arrechino pregiudizio alla tranquillità di una pluralità indeterminata di persone che si trovano in diretto contatto con il luogo ove i rumori si verificano. Ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che i rumori disturbino l'intera collettività condominiale, essendo sufficiente che essi arrechino disturbo alla generalità degli occupanti di tutto il condominio o della maggior parte di esso. Pertanto, la condotta abituale e reiterata di un condomino che, con rumori molesti, lanci di oggetti e urla, disturba la quiete e il riposo degli altri condomini, integra il reato di cui all'art. 659 c.p., anche qualora le condotte disturbanti siano dirette nei confronti di uno o più condomini, purché arrechino pregiudizio alla tranquillità di una pluralità indeterminata di persone che si trovano in diretto contatto con il luogo ove i rumori si verificano. In tali casi, la condanna dell'imputato può essere accompagnata dalla concessione delle circostanze attenuanti generiche, in considerazione della tenuità del fatto, dell'età avanzata dell'imputato e della sua incensuratezza, nonché dalla condanna al risarcimento del danno in separato giudizio civile.
Il reato di disturbo del riposo delle persone, di cui all'art. 659 c.p., richiede che i rumori siano di tale intensità e diffusività da costituire un potenziale disturbo per la quiete pubblica, ovvero per le occupazioni e il riposo di un numero indeterminato di persone. Pertanto, ai fini della condanna, il giudice deve accertare in concreto, attraverso un'adeguata motivazione, che i rumori denunciati avessero caratteristiche tali da essere percepibili da un numero indeterminato di persone, anche se solo alcune se ne siano effettivamente lamentate. Inoltre, il giudice deve verificare in modo penetrante e rigoroso la credibilità soggettiva e l'attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa, soprattutto in presenza di risultanze istruttorie contrarie o di specifiche ragioni di astio tra le parti, senza potersi limitare a un mero richiamo alle deposizioni dei testi d'accusa. La condanna può essere pronunciata solo se l'imputato risulta colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, non potendo tale dubbio fondarsi su un'ipotesi alternativa, pur plausibile, che non sia adeguatamente esclusa dalla motivazione.
La contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone di cui all'art. 659 c.p. è configurabile solo quando i rumori, gli schiamazzi e le altre fonti sonore superino la normale tollerabilità e abbiano l'attitudine a propagarsi e a disturbare un numero indeterminato di persone, a prescindere dal fatto che in concreto alcune persone siano state effettivamente disturbate. Pertanto, il reato non sussiste nei casi in cui le emissioni rumorose non superino la normale tollerabilità o sia oggettivamente impossibile il disturbo di un numero indeterminato di persone, ma siano offesi solamente i soggetti che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori, in quanto tale ipotesi deve essere inquadrata nell'ambito dei rapporti di vicinato tra immobili confinanti, disciplinato dal codice civile.
Il reato di molestie, di cui all'art. 660 c.p., si configura quando la condotta dell'agente rende insostenibile la convivenza nello stesso edificio, attraverso la produzione di rumori molesti e continui, tali da esasperare i soggetti danneggiati. La responsabilità penale può essere accertata sulla base di prove testimoniali e di registrazioni audio-video che documentino i comportamenti disturbanti dell'imputato. Tuttavia, l'estinzione del reato per prescrizione, essendo causa di non punibilità prevalente rispetto all'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, in assenza di evidenza dell'innocenza dell'imputato.
Il disturbo del riposo altrui causato da rumori molesti, anche se provenienti da animali domestici, integra il reato di cui all'art. 659 c.p. qualora la condotta abbia la potenzialità di arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, a prescindere dal fatto che solo alcuni vicini abbiano effettivamente lamentato il disturbo. La condotta è punibile anche se il disturbo è stato accertato in via indiretta, attraverso l'esito di un procedimento civile o l'intervento delle forze dell'ordine, senza che sia necessaria la diretta percezione del rumore da parte del denunciante. Inoltre, la circostanza che il denunciante assuma psicofarmaci o che altri vicini non abbiano lamentato disturbi non esclude la rilevanza penale della condotta, in quanto il reato si configura in presenza della mera potenzialità di arrecare disturbo al riposo di una pluralità di soggetti, a prescindere dalle condizioni soggettive dei singoli. Infine, l'impugnazione proposta dal solo difensore non abilitato alla difesa presso le giurisdizioni superiori determina l'inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così sintetizzato: Il giudice, nel valutare la prova testimoniale e il complessivo quadro probatorio in una controversia relativa a immissioni moleste, gode di ampio potere discrezionale nell'apprezzamento della credibilità e concludenza delle testimonianze, nonché nell'individuazione delle fonti di convincimento, senza che il suo apprezzamento possa essere sindacato in sede di legittimità, se logicamente e giuridicamente corretto. Pertanto, la mancata comparizione del convenuto all'interrogatorio formale non comporta automaticamente l'effetto della confessione, essendo il giudice comunque tenuto a valutare tutti gli elementi di prova nel loro complesso. Inoltre, l'esclusione del nesso causale tra le immissioni e i danni lamentati dall'attore rientra nell'ambito del libero convincimento del giudice di merito, il quale non è tenuto ad ammettere una consulenza tecnica ove ritenga che gli elementi acquisiti siano sufficienti a escludere tale nesso, senza incorrere in un vizio di motivazione.
Il comportamento molesto, ai sensi dell'art. 77, comma 1, n. 4 del regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario, comprende tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e turbamento della tranquillità e della quiete della comunità penitenziaria, che producono un impatto negativo, anche solo psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane, di relazione e di lavoro di quanti facciano parte di tale comunità. Pertanto, le emissioni sonore prodotte dalle battiture collettive sui cancelli blindati, anche se originate da rivendicazioni attinenti all'ordinaria vita carceraria, possono integrare tale fattispecie di illecito disciplinare, qualora superino una soglia fisiologica di ordinaria tollerabilità, valutata in relazione alla durata, frequenza e intensità della protesta, nonché alle ragioni che l'hanno determinata. Spetta alla magistratura di sorveglianza, in sede di reclamo avverso la sanzione disciplinare, apprezzare in concreto la rilevanza disciplinare della condotta, motivando adeguatamente la propria valutazione secondo canoni di ragionevolezza e plausibilità logica.
Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante da immissioni sonore eccedenti la normale tollerabilità è subordinato alla prova di una effettiva lesione della salute del soggetto danneggiato, non essendo sufficiente la mera molestia o il disagio subito. Pertanto, il mero riferimento a stati di ansia, irritazione o aggravamento di sintomi preesistenti, senza la dimostrazione di un nesso causale con le immissioni e di una specifica compromissione patologica della salute, non integra il danno risarcibile. Analogamente, il danno esistenziale deve essere provato in concreto, attraverso la dimostrazione di un'alterazione giuridicamente apprezzabile dei ritmi e delle abitudini di vita del soggetto leso, con incidenza sulla sua personalità sotto il profilo personale e relazionale. L'onere probatorio grava sulla parte danneggiata, non essendo sufficiente una consulenza tecnica meramente esplorativa, in assenza di adeguate allegazioni. Il giudice può procedere a una valutazione equitativa del danno solo laddove risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per la parte interessata provarne l'esatto ammontare, ma tale valutazione presuppone comunque l'accertamento della sussistenza e dell'entità materiale del pregiudizio.
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