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  • La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) costituisce un atto di diritto privato, non un provvedimento amministrativo tacito, per cui il potere successivo dell'amministrazione di dichiararne l'inefficacia, ritenendo che ricorrano i presupposti di cui all'art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, non incide su un precedente atto amministrativo, ma costituisce esso stesso un provvedimento di primo grado, che deve essere adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza di specifiche ragioni di interesse pubblico ostative al cambio di destinazione d'uso richiesto, con un bilanciamento tra gli interessi pubblici e privati coinvolti; in assenza di tali requisiti, il provvedimento che dichiara l'inefficacia della SCIA è illegittimo, ferme restando le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dalla normativa vigente.

  • Il decorso del termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) comporta il consolidamento della situazione soggettiva del dichiarante, con conseguente definitiva consumazione del potere inibitorio dell'amministrazione comunale. Pertanto, l'adozione di un provvedimento repressivo-inibitorio oltre il suddetto termine, senza le garanzie procedimentali previste per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, è illegittima. L'amministrazione, in tal caso, potrà intervenire solo mediante l'avvio del procedimento di autotutela decisoria, nel rispetto dei principi di cui all'art. 21-nonies della legge n. 241/1990, con adeguata motivazione sull'interesse pubblico prevalente e sulla comparazione con l'interesse privato. Il potere generale di vigilanza e controllo in materia urbanistica non consente all'amministrazione di eludere tali garanzie procedimentali una volta decorso il termine perentorio per l'esercizio del potere inibitorio.

  • La SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) è uno strumento di massima semplificazione che consente al privato di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge, senza il previo consenso dell'Amministrazione, assumendo su di sé la responsabilità della sussistenza dei presupposti di legge. L'Amministrazione mantiene il potere di verificare la conformità a legge dell'attività denunciata e di adottare eventuali provvedimenti inibitori, entro il termine previsto dalla normativa. Decorso tale termine, in caso di dichiarazione inesatta o incompleta, l'Amministrazione conserva comunque il potere di inibire l'attività. La SCIA non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile, ma il terzo controinteressato può sollecitare l'esercizio dei poteri amministrativi e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione avverso il silenzio ai sensi dell'art. 31 del Codice del processo amministrativo. L'impugnazione è ammessa solo avverso un eventuale provvedimento espresso con cui l'Amministrazione affermi la legittimità dei lavori iniziati con la SCIA, mentre non è consentita l'impugnazione di un atto meramente ricognitivo della decadenza dei motivi che avevano determinato la sospensione della SCIA. Inoltre, le vicende relative all'impugnazione delle deliberazioni condominiali sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

  • La destinazione d'uso di un immobile costituisce un elemento essenziale che qualifica la connotazione funzionale dello stesso e risponde a esigenze di interesse pubblico perseguite dalla pianificazione urbanistica. Il cambio di destinazione d'uso, anche senza opere edilizie, è pertanto urbanisticamente rilevante e necessita del previo rilascio di apposito titolo abilitativo, quale il permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). L'esercizio di un'attività commerciale, in particolare di somministrazione di alimenti e bevande, è subordinato alla conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui essa viene svolta, sicché l'autorità amministrativa è legittimata ad inibire l'attività commerciale intrapresa in locali privi della prescritta destinazione d'uso, anche in assenza di opere edilizie, al fine di assicurare il rispetto della disciplina urbanistica e la tutela degli interessi pubblici prevalenti, come il corretto assetto del territorio e la salvaguardia degli standards urbanistici. La destinazione d'uso impressa dagli strumenti urbanistici prevale sulla libertà di iniziativa economica, non potendo quest'ultima prevalere sulle esigenze di pianificazione e di governo del territorio.

  • Il regime autorizzatorio per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza inferiore a determinate soglie, che prevede la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) con le relative norme procedimentali, non presenta sostanziali differenze rispetto alla procedura abilitativa semplificata (PAS) disciplinata dall'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, in quanto entrambi i modelli procedimentali legittimano il privato ad effettuare gli interventi edilizi, pur con le medesime scansioni e i medesimi poteri di intervento inibitorio del comune. Pertanto, il legislatore provinciale, nel prevedere la SCIA in luogo della PAS, non ha violato la competenza statale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, né ha leso l'autonomia speciale riconosciuta agli enti territoriali dagli artt. 4 e 8 dello statuto speciale. La disciplina provinciale, infatti, si inserisce legittimamente nell'ambito della competenza legislativa concorrente in materia di governo del territorio, nel rispetto dei principi fondamentali posti dalla normativa statale.

  • La Corte costituzionale, nell'esercizio della competenza legislativa di cui all'art. 14, primo comma, lettera o), dello statuto speciale, è tenuta a istituire i liberi Consorzi comunali e le città metropolitane nel rispetto della loro natura di enti autonomi garantita dagli artt. 5 e 114 Cost., nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali dettate dal legislatore statale. Il continuo rinvio delle elezioni degli organi di tali enti e la conseguente proroga della gestione commissariale si pongono in contrasto con i principi di democraticità, autonomia e rappresentatività degli enti locali, in violazione degli artt. 3, 5 e 114 Cost. Inoltre, il mancato trasferimento ai comuni delle funzioni di polizia amministrativa di cui agli artt. 68 e 69 TULPS, in assenza delle necessarie norme di attuazione statutaria, impedisce l'applicazione in Sicilia delle semplificazioni procedimentali previste a livello nazionale, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. e dell'art. 43 dello statuto speciale. Infine, la stabilizzazione degli effetti di variante urbanistica previsti in deroga per gli immobili destinati a comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con disabilità, anche in assenza del loro effettivo utilizzo a tali fini, sacrifica ingiustificatamente l'interesse all'ordinato assetto del territorio, in violazione degli artt. 3, 97 e 14, primo comma, lettera f), dello statuto speciale, in relazione all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942.

  • La SCIA costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso solo attraverso l'esercizio del potere di autotutela decisoria entro i termini di legge e nel rispetto delle garanzie procedimentali previste. In assenza di formale rimozione, il titolo edilizio in possesso del soggetto costituisce sufficiente e non disconoscibile condizione di regolarità e legittimità dell'attività svolta, anche sotto il profilo edilizio ed urbanistico. L'Amministrazione, nel valutare la regolarità dell'attività oggetto di SCIA, è tenuta a svolgere un'adeguata istruttoria e a motivare in modo specifico e congruo i provvedimenti adottati, senza poter fondare il diniego su meri "dubbi e perplessità". Il possesso dei requisiti previsti dal Regolamento CE 1071/2009 per l'esercizio dell'attività di trasporto su strada, accertato ai fini dell'iscrizione nel Registro elettronico nazionale, costituisce titolo sufficiente per lo svolgimento dell'attività, senza che l'Amministrazione comunale possa sindacarne nuovamente la sussistenza. La presentazione di un'unica SCIA è sufficiente per l'esercizio dell'attività, non essendo necessaria la presentazione di più segnalazioni per il medesimo titolo autorizzatorio.

  • Il decorso del termine perentorio di 60 giorni previsto dall'art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990 per l'adozione dei provvedimenti inibitori da parte dell'amministrazione competente a seguito della presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) determina l'inefficacia del successivo provvedimento inibitorio, fermi restando i poteri di autotutela decisoria previsti dall'art. 21-nonies della medesima legge, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni. Trascorso il termine di 60 giorni, la SCIA costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, nel rispetto delle garanzie procedimentali previste dalla legge. L'amministrazione, decorso il termine, conserva i poteri di controllo, inibizione e sanzionatori, ma solo nelle forme dell'autotutela, non potendo più adottare provvedimenti inibitori in via ordinaria. Il principio di tempestività dell'azione amministrativa e la tutela dell'affidamento del privato richiedono che, una volta scaduto il termine di 60 giorni, l'amministrazione non possa più contestare la legittimità della SCIA, se non attraverso l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, nel rispetto dei limiti e delle garanzie previsti dalla legge.

  • La mancata applicazione dell'art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell'edilizia) alle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) di cui all'art. 23 del medesimo Testo Unico non costituisce una disparità di trattamento irragionevole, in quanto il permesso di costruire e la SCIA sono istituti giuridici diversi, ai quali può essere applicata una disciplina differenziata. Infatti, il permesso di costruire è un provvedimento amministrativo di natura autorizzativa, rilasciato dall'Amministrazione su istanza del privato, mentre la SCIA è una dichiarazione proveniente direttamente dal privato, sotto la sua responsabilità e con l'assistenza di un tecnico abilitato, che gli consente di avviare immediatamente l'attività edilizia, salvo l'esercizio dei poteri di controllo da parte dell'Amministrazione. Pertanto, la SCIA rappresenta un istituto più "snello" rispetto al permesso di costruire, ma che pone in capo al privato maggiori oneri e responsabilità, il che giustifica un regime giuridico talora differenziato, come l'inapplicabilità della disciplina sulla proroga prevista per il permesso di costruire. Inoltre, l'ordinamento consente comunque di chiedere un permesso di costruire anche per le opere suscettibili di essere realizzate tramite SCIA, offrendo all'operatore una disciplina talora di maggiore garanzia, come quella del permesso di costruire. Proprio in ragione di tale differenza, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina della SCIA per una presunta disparità di trattamento rispetto al permesso di costruire.

  • La presentazione di una denuncia di inizio attività (DIA) o segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) da parte di un privato impone all'amministrazione comunale di verificare entro il termine perentorio di 30 giorni la sussistenza dei presupposti e requisiti di legge richiesti, esprimendosi esplicitamente sulla realizzabilità o meno delle opere contemplate. Decorso tale termine, l'amministrazione può intervenire solo mediante l'adozione di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli effetti dannosi, nel rispetto dei limiti e condizioni previsti dall'art. 21-nonies della legge n. 241/1990, con adeguata motivazione in ordine alle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali che giustificano l'intervento, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. L'omissione di tale procedimento e l'adozione di un provvedimento di rimozione senza alcun riferimento all'avvenuta presentazione della DIA e alle circostanze di fatto e di diritto rilevanti, determina l'illegittimità dell'atto impugnato per violazione delle norme che disciplinano il regime giuridico della DIA/SCIA e per difetto di motivazione.

  • Il decorso del termine perentorio di sessanta giorni previsto dall'art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990 per l'adozione del provvedimento di divieto di prosecuzione dell'attività avviata a seguito di presentazione di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) comporta l'inefficacia del successivo provvedimento inibitorio, anche in presenza di carenza dei requisiti e presupposti di legge per l'esercizio dell'attività, salvo che l'amministrazione non proceda all'annullamento d'ufficio nel rispetto delle garanzie previste dall'art. 21-nonies della medesima legge. Decorso il termine perentorio, l'amministrazione conserva i poteri di controllo, inibizione e sanzionatori, ma può esercitarli solo nelle forme dell'autotutela decisoria, nel rispetto del termine ragionevole. Il mancato rispetto del termine perentorio di sessanta giorni per l'adozione del provvedimento inibitorio comporta pertanto l'inefficacia di quest'ultimo, con conseguente validità ed efficacia della SCIA presentata, a prescindere dalla sussistenza o meno dei requisiti e presupposti di legge per l'esercizio dell'attività. L'amministrazione, in tal caso, può procedere all'annullamento d'ufficio della SCIA solo nel rispetto delle garanzie previste dall'art. 21-nonies della legge n. 241/1990, non potendo più adottare un provvedimento inibitorio oltre il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA.

  • Il decorso del termine di legge per l'adozione del provvedimento di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi, previsto dall'art. 19 della legge n. 241/1990 in materia di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), determina il definitivo consolidamento della posizione legittimante del privato, la quale non può essere rimossa se non attraverso l'esercizio dei poteri di autotutela amministrativa, previa adeguata ponderazione dell'interesse pubblico, ovvero in situazioni eccezionali e patologiche legate alla presentazione di dichiarazioni sostitutive di certificazione rivelatesi false o mendaci o all'insorgenza di pericoli di danno per interessi pubblici ritenuti particolarmente rilevanti dal comma 4 dell'art. 19. La SCIA, infatti, non costituisce un provvedimento amministrativo tacito direttamente impugnabile, ma un atto di natura privata inserito in uno schema ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche, per il cui esercizio non è più necessaria l'emanazione di un titolo provvedimentale di legittimazione, essendo il potere di verifica dell'Amministrazione finalizzato al mero controllo della corrispondenza di quanto dichiarato dall'interessato rispetto ai canoni normativi stabiliti, senza alcuna discrezionalità.

  • Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 49, comma 4- ter , del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122), impugnato dalla Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 8, primo comma, n. 5, e 9 dello Statuto trentino, e all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, nella parte in cui qualifica la disciplina sulla "segnalazione certificata di inizio attività" (SCIA) come attinente alla tutela della concorrenza, ne ribadisce la qualificazione come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e dispone che la disciplina sulla SCIA sostituisca direttamente quella della "dichiarazione di inizio attività" (DIA), recata da ogni normativa statale e regionale. Invero, come già affermato nella sentenza n. 203 del 2013, la SCIA si pone in rapporto di continuità con la DIA, che dalla prima è stata sostituita, e che perseguiva lo scopo di rendere più semplici le procedure amministrative, alleggerendo il carico di adempimenti gravanti sul cittadino. In tale quadro, si inscrive anche la SCIA, parimenti finalizzata alla semplificazione dei procedimenti di abilitazione all'esercizio di attività per le quali sia necessario un controllo della pubblica amministrazione. Il richiamo operato dal legislatore alla tutela della concorrenza, oltre ad essere privo di efficacia vincolante, è anche inappropriato poiché la disciplina della SCIA, con il principio di semplificazione ad essa sotteso, ha un ambito applicativo diretto alla generalità dei cittadini, essendo riferita ad "ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale", e per il quale "non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale". Al contrario, la disciplina della SCIA si presta ad essere ricondotta al parametro di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m ), Cost., che permette una restrizione dell'autonomia legislativa delle Regioni, giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione. Infatti - premesso che l'attività amministrativa può assurgere alla qualifica di "prestazione", della quale lo Stato è competente a fissare un livello essenziale a fronte di uno specifico diritto di individui, imprese, operatori economici e, in genere, soggetti privati - la normativa censurata prevede che gli interessati, in condizioni di parità su tutto il territorio nazionale, possano iniziare una determinata attività, previa segnalazione all'amministrazione competente. Si tratta, quindi, di una prestazione specifica, circoscritta all'inizio della fase procedimentale strutturata secondo un modello ad efficacia legittimante immediata, che attiene al principio di semplificazione dell'azione amministrativa ed è finalizzata ad agevolare l'iniziativa economica, tutelando il diritto dell'interessato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l'iniziativa medesima. Infine, non risulta pertinente il richiamo all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto l'art. 117, secondo comma, lett. m ), Cost. postula tutele necessariamente uniformi sul tutto il territorio nazionale e tale risultato non può essere assicurato dalla Regione, ancorchè ad autonomia differenziata, la cui potestà legislativa è pur sempre circoscritta all'ambito territoriale dell'ente. - Nel senso che, soltanto con la legge di conversione, il decreto legge assume stabilità e che, quindi, la Regione può, a sua scelta, impugnare tanto il solo decreto legge, quanto la sola legge di conversione, quanto entrambi, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 203/2012, 298/2009, 443/2007, 407/2005 e 25/1996. - Per l'affermazione che l'atto consiliare di ratifica della delibera ad impugnare adottata dalla Giunta provinciale in via d'urgenza debba essere prodotto in giudizio non oltre il termine di costituzione della parte ricorrente, v. la citata sentenza n. 142/2012. - Sulla scusabilità dell'errore circa il mancato rispetto del termine per il deposito della ratifica consiliare della delibera della Giunta provinciale a proporre ricorso, v. le citate sentenze nn. 203/2012, 202/2012, 178/2012 e 142/2012. - Per la non fondatezza di questioni aventi ad oggetto la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), v. le citate sentenze nn. 203/2013 e 164/2012. - Sulla semplificazione quale principio fondamentale dell'azione amministrativa, v. le citate sentenze nn. 282/2009 e 336/2005. - Nel senso che, per individuare la materia alla quale vanno ascritte le disposizioni oggetto di censura, non assume rilievo la qualificazione che di esse dà il legislatore, ma occorre fare riferimento all'oggetto e alla disciplina delle medesime, tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli effetti marginali e riflessi, in guisa da identificare correttamente anche l'interesse tutelato, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 207/2010, 1/2008, 169/2007, 447/2006, 406/2005 e 29/1995. - Nel senso che l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m ), Cost. si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi di diritto, v. le citate sentenze nn. 322/2009, 165/2008, 50/2008 e 387/2007. - Nel senso che il titolo di legittimazione dell'intervento statale è invocabile in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione e che con esso è stato attribuito al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto, v. le citate sentenze nn. 10/2010, 322/2009, 328/2006, 134/2006, 285/2005 e 120/2005. - In tema di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali configurabile, non tanto come una "materia" in senso stretto, ma come una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, in relazione alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare in modo generalizzato sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle, v. le citate sentenze nn. 322/2009 e 282/2002. - Nel senso che il parametro di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m ), Cost. costituisce la base giuridica anche della previsione e della diretta erogazione di una determinata provvidenza, oltre che della fissazione del livello strutturale e qualitativo di una data prestazione, al fine di assicurare più compiutamente il soddisfacimento dell'interesse ritenuto meritevole di tutela, quando ciò sia reso necessario da peculiari circostanze e situazioni, quale una fase di congiuntura economica eccezionalmente negativa, v. le citate sentenze nn. 10/2010, 248/2006, 383/2005 e 285/2005.

  • La liberalizzazione delle attività economiche, sancita dalla normativa nazionale in attuazione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi dell'Unione Europea, comporta l'abrogazione delle disposizioni regionali che prevedono contingenti, limiti territoriali o altri vincoli all'apertura di nuovi esercizi commerciali, salvo quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali. Pertanto, l'esercizio di attività commerciale non è più soggetto ad autorizzazione, ma a mera comunicazione (SCIA), con conseguente decadenza di ogni potere di programmazione e contingentamento da parte delle amministrazioni locali. L'unica verifica consentita è quella sulla sussistenza dei requisiti e presupposti previsti dalla legge per l'esercizio dell'attività, senza possibilità di valutazioni discrezionali o di impatto urbanistico-commerciale. In caso di inerzia o di illegittimo esercizio di poteri inibitori da parte della pubblica amministrazione, il privato può agire in giudizio per l'accertamento del proprio diritto alla libera iniziativa economica, senza essere tenuto a impugnare provvedimenti espressamente lesivi. Il risarcimento del danno è escluso in presenza di errore scusabile dovuto alla complessità del quadro normativo di riferimento.

  • La realizzazione di una struttura costituita da legno e vetrate a piano terra, lungo il marciapiede di una via pubblica, anche se posta su area privata e avente natura pertinenziale, è soggetta al previo rilascio di una concessione edilizia e non può essere autorizzata in sanatoria ai sensi della normativa vigente. Ciò in quanto la struttura, per le sue caratteristiche dimensionali e di stabilità, non può essere qualificata come mero manufatto precario o di modeste dimensioni, ma determina un'alterazione significativa dell'assetto urbanistico ed edilizio del territorio, con conseguente necessità di un titolo edilizio maggiore rispetto alla semplice autorizzazione. L'esercizio di un'attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande è subordinato al rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie relative ai locali in cui essa viene svolta, sicché l'accertamento di abusi edilizi comporta la decadenza dell'autorizzazione commerciale, con conseguente applicazione delle relative sanzioni, pur se limitatamente alla porzione di locale abusivamente realizzata e non all'intero esercizio commerciale.

  • La domanda presentata da un soggetto privato al Comune, avente ad oggetto la realizzazione di lavori di un ascensore all'interno del vano scala condominiale, non costituisce un atto o provvedimento amministrativo impugnabile dinanzi al giudice amministrativo. Infatti, in assenza di un esercizio o mancato esercizio del potere amministrativo, la controversia non riguarda interessi legittimi concernenti l'attività della pubblica amministrazione, come richiesto dall'art. 7, comma 1, del Codice del processo amministrativo. Inoltre, la denuncia di inizio attività (DIA) o la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili, essendo il privato tenuto a sollecitare l'esercizio dei poteri di controllo da parte della pubblica amministrazione e, in caso di inerzia, a esperire esclusivamente l'azione avverso il silenzio, ai sensi dell'art. 31, commi 1, 2 e 3, del Codice del processo amministrativo. Pertanto, il ricorso proposto avverso la domanda presentata al Comune per la realizzazione di un ascensore condominiale deve essere dichiarato inammissibile, in quanto manca un atto o provvedimento amministrativo impugnabile.

  • Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, commi 4- bis e 4- ter , del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, impugnato dalla Regione Toscana, nella parte in cui, qualificando la disciplina della «Segnalazione certificata di inizio attività» (SCIA), contenuta nel comma 4- bis , che modifica l'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), come attinente alla tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e ), Cost., e costituente livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi della lettera m ), e prevedendo che «le espressioni "segnalazione certificata di inizio attività" e "SCIA" sostituiscono, rispettivamente, quelle di "dichiarazione di inizio attività" e "DIA", non solo riguardo alla previgente normativa statale, ma anche a quella regionale, consentirebbe al privato di iniziare l'attività edilizia senza attendere alcun termine, restando alla pubblica amministrazione solo il potere di intervenire successivamente, quando i lavori sono già avviati (o anche finiti), con un danno urbanistico ormai prodotto, con interferenza nelle competenze regionali della materia del «governo del territorio», ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., mercé l'introduzione di una disciplina di dettaglio sui tempi di svolgimento dell'attività edilizia, senza permettere più un controllo preventivo della pubblica amministrazione, con violazione dell'art. 121, secondo comma, Cost., perché il legislatore statale non può intervenire direttamente ad abrogare e sostituire norme approvate dal Consiglio regionale spettando a quest'ultimo adeguarsi ai nuovi principi posti dal legislatore statale, e infine con violazione del principio di leale collaborazione. Posto che l'ambito applicativo della disciplina, diretto alla generalità dei cittadini, che trascende la materia della concorrenza, giustifica il richiamo al livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e permette una restrizione dell'autonomia legislativa delle Regioni, giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione, il riconoscimento della possibilità di dare immediato inizio ad una determinata attività, fermo restando l'esercizio dei poteri inibitori da parte della pubblica amministrazione, ricorrendone gli estremi, e fatto salvo il potere della stessa pubblica amministrazione di assumere determinazioni in via di autotutela, assicura la prestazione specifica di una attività amministrativa circoscritta all'inizio della fase procedimentale, strutturata secondo un modello ad efficacia legittimante immediata, che attiene al principio di semplificazione dell'azione amministrativa ed è finalizzata ad agevolare l'iniziativa economica, tutelando il diritto dell'interessato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l'iniziativa medesima, che può riguardare anche la materia edilizia, come ora in modo espresso dispone l'art. 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del d.l. n. 70 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011, entro i limiti e con le esclusioni previsti.

  • Il decorso del termine perentorio di 30 giorni previsto dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio in materia edilizia comporta che il Comune possa adottare provvedimenti sfavorevoli al privato solo mediante l'esercizio del potere di autotutela, nel rispetto delle garanzie formali e sostanziali previste dalla legge per l'esercizio di tale potere. Pertanto, una volta decorsi i termini per l'esercizio del potere inibitorio-repressivo, la SCIA costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso solo attraverso l'esercizio del potere di autotutela decisoria, con le relative garanzie procedimentali. Il Comune non può quindi dichiarare tardivamente l'inefficacia della SCIA senza rispettare i presupposti e le condizioni per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, né può disconoscere gli effetti abilitativi non formalmente inibiti o rimossi.

  • Il proprietario di un terreno non può realizzare opere edilizie, come un campo da tennis, in assenza della preventiva autorizzazione paesaggistica, anche se ha presentato una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) dichiarando l'inesistenza di vincoli paesaggistici sull'area. L'amministrazione comunale ha il potere-dovere di inibire immediatamente la prosecuzione dei lavori e ordinare la rimozione degli interventi già eseguiti, senza essere tenuta a comunicare l'avvio del procedimento o a indire una conferenza di servizi, in quanto la SCIA non costituisce un procedimento amministrativo ma una mera dichiarazione di volontà privata. L'onere di provare l'assenza di vincoli paesaggistici grava sul privato, il quale non può limitarsi a generiche affermazioni ma deve produrre idonea documentazione, come il certificato di destinazione urbanistica. L'amministrazione non è tenuta a indicare espressamente la specifica normativa che prevede il vincolo paesaggistico, essendo sufficiente il riferimento generico all'area sottoposta a tutela. Inoltre, l'amministrazione non è obbligata a informare il privato circa eventuali possibilità di sanatoria, essendo onere di quest'ultimo conoscere e avvalersi delle misure di beneficio previste dalla legge. Infine, l'accertamento del diritto del privato a realizzare l'opera non assentita è inammissibile, in quanto tende a ottenere una pronuncia sull'esistenza di un insussistente diritto soggettivo.

  • Il silenzio assenso sulla domanda di condono edilizio non si perfeziona per il solo fatto dell'inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria e del pagamento dell'oblazione, ma occorre altresì l'acquisizione da parte del Comune della prova della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, da verificarsi all'interno del relativo procedimento; in mancanza di tali requisiti, è inammissibile la domanda di accertamento della fondatezza della pretesa formulata in sede di giudizio avente ad oggetto l'inerzia del Comune. Pertanto, per poter accertare la formazione del silenzio assenso, il privato deve depositare copia (corredata di attestazione di conformità all'originale) di tutti gli atti e i documenti custoditi nel fascicolo costituito presso l'Ufficio condono edilizio del comune e documentarne la loro rispondenza a quelli prescritti dalla specifica normativa legislativa, regolamentare e alla prassi vigente. L'azione di accertamento autonomo del silenzio assenso, ove ammissibile, è soggetta al termine di decadenza di sessanta giorni previsto per l'azione di annullamento, non essendo applicabile un diverso termine di natura prescrizionale in quanto l'azione, ancorché di accertamento, non è diretta alla tutela di un diritto soggettivo, ma di un interesse legittimo.

  • Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare i ricorsi relativi a una vicenda edilizia, ha affermato i seguenti principi di diritto: 1. L'interesse a ricorrere deve essere concreto e attuale, in modo che la pronuncia giurisdizionale favorevole possa arrecare una diretta ed immediata utilità alla parte attrice. Pertanto, il ricorso è improcedibile quando l'annullamento del provvedimento impugnato non avrebbe alcuna diretta utilità per il ricorrente, in quanto l'attività costruttiva da svolgersi sul proprio fondo deve necessariamente conformarsi ad una successiva segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) presentata dal ricorrente. 2. La SCIA non è un provvedimento amministrativo, neppure tacito o implicito, ma un atto esclusivamente del privato, che sotto la propria responsabilità dichiara all'Amministrazione che intraprenderà una determinata attività. Pertanto, il ricorso contro il "titolo abilitativo" formatosi per silenzio a seguito della presentazione di una SCIA è inammissibile. 3. Nell'esercizio dei poteri di vigilanza e controllo in materia edilizia, l'Amministrazione comunale è tenuta a svolgere un'attività istruttoria volta ad accertare la sussistenza del titolo legittimante in capo al richiedente, senza dover risolvere eventuali conflitti tra parti private sull'assetto dominicale dell'area. Pertanto, il provvedimento che respinge l'istanza di annullamento in autotutela di una SCIA è legittimo, in assenza di elementi che dimostrino l'errata individuazione del confine di proprietà da parte dell'Amministrazione. 4. In caso di demolizione e ricostruzione di edifici, la ricostruzione è ammessa nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti, ai sensi dell'art. 2-bis, comma 1-ter, del Testo Unico dell'Edilizia. Pertanto, il provvedimento che respinge l'istanza di annullamento in autotutela di una SCIA è legittimo, in assenza di elementi che dimostrino il superamento delle distanze legittimamente preesistenti. 5. Resta impregiudicato l'obbligo del titolare della SCIA di dare esecuzione all'ordinanza comunale di demolizione di opere realizzate in violazione delle distanze, nonché il potere/dovere dell'Amministrazione di esecuzione in danno, al fine di ripristinare la legalità violata.

  • Il provvedimento con cui l'amministrazione comunale dichiara decaduti i motivi che avevano determinato la sospensione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) non è direttamente impugnabile dal terzo che si ritenga controinteressato, in quanto tale atto non ha valenza provvedimentale e non contiene alcuna implicita valutazione sulla legittimità della richiesta contenuta nella SCIA. In tali casi, gli interessati possono sollecitare l'esercizio dei poteri repressivi e sanzionatori dell'amministrazione e proporre l'azione di cui all'art. 31 del Codice del processo amministrativo, richiamata dall'art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990, ma non hanno legittimazione all'impugnazione di un atto privo di contenuto autorizzatorio. La SCIA, infatti, è uno strumento di liberalizzazione dell'attività privata, nei cui confronti la pubblica amministrazione interviene non esercitando poteri autorizzatori, ma solo inibitori qualora riscontri la mancanza dei presupposti di legge. Pertanto, il provvedimento con cui l'amministrazione dichiara decaduti i motivi che avevano determinato la sospensione della SCIA non è direttamente impugnabile dal terzo che si ritenga controinteressato, in quanto tale atto non ha valenza provvedimentale e non contiene alcuna implicita valutazione sulla legittimità della richiesta contenuta nella SCIA, ma si limita a ritenere assolto l'onere di integrazione documentale.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Nell'ambito territoriale n. 13 "Ex Raffineria" del Piano Regolatore Generale del Comune di Napoli, gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ammissibili solo previa approvazione di un piano attuativo, in quanto le norme tecniche di attuazione del piano regolatore prevalgono sulla disciplina statale di cui all'art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, che consente in via eccezionale la realizzazione diretta di tali interventi. Ciò in quanto il rinvio a un piano esecutivo contenuto nell'art. 143 delle NTA del PRG rende necessaria la preventiva approvazione di tale strumento attuativo, non potendosi ritenere concretamente edificabile l'area in assenza dello stesso. Pertanto, l'intervento di frazionamento e ristrutturazione edilizia progettato dalla società ricorrente, non preceduto dall'approvazione del piano attuativo previsto, non può essere assentito ai sensi della normativa urbanistica vigente.

  • Il decorso del termine perentorio di 60 giorni previsto dall'art. 19, comma 3, della legge n. 241/1990 per l'adozione del provvedimento inibitorio della SCIA comporta l'inefficacia del successivo provvedimento di divieto di prosecuzione dell'attività, fermi restando i poteri di autotutela decisoria dell'amministrazione ai sensi dell'art. 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni. Trascorso il termine di 60 giorni, la SCIA costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace, che può essere rimosso solo mediante l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, nel rispetto delle garanzie previste dall'ordinamento. L'amministrazione conserva i poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori, nel caso in cui difettano i presupposti per l'esercizio dell'attività di cui alla SCIA, ma solo nelle forme dell'autotutela.

  • La dichiarazione di inizio di attività (d.i.a.), inserita nell'art. 19 L. 7 agosto 1990 n. 241 dal D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005 n. 80, aveva lo scopo di rendere più semplici le procedure amministrative indicate nelle norme, alleggerendo il carico degli adempimenti gravanti sul cittadino; nel medesimo quadro si iscrive anche la segnalazione certificata di inizio di attività (s.c.i.a.), del pari finalizzata alla semplificazione dei procedimenti di abilitazione all'esercizio di attività per le quali sia necessario un controllo della Pubblica amministrazione, istituto che si pone alla sequela del principio, appunto, di semplificazione, di diretta derivazione comunitaria (Dir. 2006/123/C.E., relativa ai servizi del mercato interno, attuata con D.L.vo 26 marzo 2010 n. 59) e dunque catalogabile tra i principi fondamentali dell'azione amministrativa.

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