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La simulazione assoluta di un contratto di compravendita immobiliare si configura quando le parti, pur apparentemente concludendo un negozio, in realtà non intendono realizzare alcun effetto giuridico, essendo il contratto privo di causa reale. In tal caso, il creditore del simulato alienante può provare la simulazione anche attraverso presunzioni, senza essere soggetto ai limiti probatori previsti per le parti del contratto. Spetta all'acquirente l'onere di provare l'effettivo pagamento del prezzo, in mancanza del quale può desumersi il carattere fittizio dell'alienazione. L'atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c., pur perseguendo interessi meritevoli di tutela, può essere soggetto all'azione revocatoria del creditore, in quanto idoneo a sottrarre i beni vincolati alla garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 c.c. Sussiste l'eventus damni quando l'atto dispositivo comporta una variazione quantitativa e/o qualitativa del patrimonio del debitore, rendendo più incerta la soddisfazione del credito, mentre la scientia damni può desumersi dal contenuto del precedente decreto ingiuntivo non opposto, che costituisce giudicato implicito sulle ragioni del credito.
Il contratto di compravendita immobiliare è valido ed efficace anche qualora il prezzo sia stato pagato con denaro proveniente da una liberalità del venditore in favore dell'acquirente, purché non sia provata la simulazione relativa al pagamento del prezzo mediante la produzione di una controdichiarazione scritta, essendo preclusa la prova testimoniale di tale circostanza tra le parti contraenti. La mera appropriazione indebita di somme di denaro del venditore da parte dell'acquirente non è sufficiente a far ritenere simulato il contratto di compravendita, ma può eventualmente dar luogo ad un'azione di impugnazione per dolo. Inoltre, il rilascio dell'immobile può essere richiesto dal proprietario acquirente in forza del valido contratto di compravendita, in assenza di altri titoli opponibili che ne giustifichino il possesso da parte del venditore.
La simulazione di un atto giuridico, quale la compravendita immobiliare, comporta la declaratoria di nullità dell'atto stesso, in quanto privo di causa reale e genuina volontà negoziale delle parti. Il giudice, accertata la natura simulata del contratto, è tenuto a dichiararne la nullità, con conseguente restituzione delle prestazioni eseguite, al fine di ripristinare la situazione giuridica ed economica preesistente. Tale principio trova applicazione indipendentemente dalla buona o malafede dei contraenti, in quanto la simulazione, quale vizio genetico dell'atto, determina l'invalidità del negozio giuridico a prescindere dalla consapevolezza o meno delle parti circa la sua natura fittizia. Pertanto, la declaratoria di simulazione di un atto di compravendita immobiliare comporta la restituzione del bene trasferito e il ripristino della situazione patrimoniale antecedente, senza che rilevi la conoscenza o meno della simulazione da parte degli acquirenti. Il giudice, una volta accertata la simulazione, è tenuto a dichiarare la nullità del contratto e a disporre la restituzione del bene, al fine di rimuovere gli effetti dell'atto simulato e ricondurre le parti nella situazione giuridica ed economica precedente.
La simulazione assoluta di un contratto, ai sensi dell'art. 1414 c.c., si configura quando le parti stipulano un negozio giuridico senza alcuna reale intenzione di produrre gli effetti corrispondenti, mantenendo ferma la precedente situazione di fatto. Tale fattispecie può essere provata anche attraverso presunzioni, senza che operino le limitazioni probatorie previste dall'art. 2722 c.c. nei confronti dei terzi, come il creditore di una delle parti contraenti, il quale può dimostrare la simulazione con qualsiasi mezzo di prova. Pertanto, il giudice di merito, nel valutare la prova presuntiva della simulazione assoluta, deve apprezzare l'efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, considerati non solo analiticamente, ma anche nella loro globalità, al fine di accertare se le parti abbiano effettivamente inteso realizzare un assetto di interessi diverso da quello apparente, con conseguente nullità del negozio simulato nei confronti del terzo pregiudicato. In particolare, la dichiarazione relativa al versamento del prezzo di una compravendita immobiliare, contenuta nell'atto pubblico, non ha valore vincolante nei confronti del creditore di una delle parti che abbia proposto azione di simulazione, essendo questi un terzo rispetto ai soggetti contraenti.
L'azione di simulazione assoluta e quella revocatoria, pur essendo diverse per contenuto e finalità, possono essere proposte nello stesso giudizio in forma alternativa o subordinata, senza che l'esercizio dell'una precluda la proposizione dell'altra. Ai fini dell'accertamento della simulazione assoluta di un atto di compravendita, il giudice può fondare la propria decisione su elementi presuntivi, valutati non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, tali da consentire illazioni secondo l'id quod plerumque accidit, senza che tale apprezzamento sia censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico. In particolare, la simulazione può essere desunta dalla mancata dimostrazione certa dell'intervenuto pagamento del prezzo, dalla mancata allegazione di una plausibile spiegazione delle ragioni per cui le parti hanno dichiarato nell'atto notarile di essersi accordate per un prezzo inferiore a quello effettivamente corrisposto, dalla contiguità temporale della rivendita del bene, dalla ingiustificata dilazione del pagamento del prezzo senza garanzie e dall'inesistenza di contratti di comodato, locazione o promessa di vendita nonostante la dichiarata trasmissione del possesso, elementi questi che, nella loro convergenza, possono fondare il convincimento del giudice circa la simulazione assoluta dell'atto di compravendita.
La validità e l'efficacia di un accordo transattivo sono subordinate al verificarsi delle condizioni sospensive o risolutive espressamente previste dalle parti, le quali possono legittimamente condizionare l'efficacia del contratto all'adempimento di specifiche prestazioni, come il trasferimento di partecipazioni sociali, senza che ciò integri una condizione meramente potestativa. Il mancato avveramento di tali condizioni determina l'automatica inefficacia ex tunc dell'intero accordo transattivo, con conseguente rigetto delle domande di adempimento e di risarcimento danni fondate sul medesimo. L'interpretazione del contratto deve avvenire in conformità ai principi di cui agli artt. 1362 ss. c.c., tenendo conto della connessione funzionale tra le diverse clausole. Inoltre, le espressioni offensive contenute nell'atto introduttivo, pur superando i limiti della correttezza processuale, sono ritenute strumentali e necessarie alla difesa e, pertanto, non danno luogo all'obbligo di risarcimento del danno non patrimoniale.
Il negozio giuridico di costituzione di un fondo patrimoniale e di donazione di beni immobili, compiuto da una persona in vita a favore dei propri figli, non è nullo per simulazione assoluta né per illiceità della causa, anche se tale negozio sia stato posto in essere con l'intento di sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale di un creditore della disponente. Infatti, la simulazione assoluta richiede l'accordo tra le parti di non volere produrre alcun effetto giuridico, mentre nel caso di specie risulta evidente la reale volontà di trasferire la proprietà dei beni. Inoltre, il contratto in frode ai terzi, pur essendo stipulato con l'intento di recare pregiudizio ai diritti di un creditore, non integra gli estremi del contratto in frode alla legge, per il quale l'ordinamento prevede la nullità, bensì è tutelato da altri rimedi specifici, che il creditore pregiudicato avrebbe dovuto esperire nei termini di legge, senza poter invocare la nullità del negozio per illiceità della causa. Pertanto, il negozio dispositivo compiuto dal debitore in vita, pur se preordinato a sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale di un creditore, non è nullo, essendo rimesso al creditore l'onere di tutelare i propri diritti attraverso gli strumenti previsti dall'ordinamento, come l'azione revocatoria, senza poter invocare la nullità del negozio per simulazione o illiceità della causa.
La simulazione, nei suoi vari tipi, può riguardare qualsiasi contratto, ed attiene principalmente ai rapporti interni fra le parti, nel senso che è intesa a far apparire la costituzione fra i soggetti contraenti di un rapporto tra costoro in realtà inesistente perché le parti nulla vollero costituire, limitando la loro comune dichiarazione precettiva ad una vuota apparenza (simulazione assoluta), o perché le parti vollero costituire fra loro un rapporto diverso (simulazione relativa oggettiva), o perché il rapporto fu realmente costituito, ma tra una delle parti ed un soggetto diverso dall'altra parte figurante nel contratto apparente (simulazione relativa soggettiva o interposizione fittizia di persona).
La simulazione di un negozio giuridico, quale il conferimento di un bene immobile in una società di nuova costituzione, richiede la prova della partecipazione all'accordo simulatorio di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, ivi inclusi i soci fondatori della società. Pertanto, l'azione di simulazione proposta dai terzi creditori nei confronti di soli alcuni dei partecipanti all'operazione è destinata a fallire per difetto di contraddittorio, non essendo stati chiamati in causa tutti coloro che hanno concorso alla stipulazione del negozio simulato. La mancata integrazione del contraddittorio con tutti i soggetti che hanno preso parte all'atto impugnato determina la nullità del giudizio, con conseguente rinvio della causa al giudice di primo grado per la rinnovazione del processo nel contraddittorio di tutte le parti necessarie. Il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione è che la simulazione di un negozio giuridico, per essere provata dai terzi, richiede la partecipazione all'accordo simulatorio di tutti i soggetti che hanno concorso alla sua stipulazione, non essendo sufficiente l'azione promossa soltanto nei confronti di alcuni di essi.
Il contratto di compravendita immobiliare può essere dichiarato simulato quando risulti provata la mancanza di una reale volontà negoziale delle parti di trasferire la proprietà del bene, essendo il negozio concluso al solo scopo di realizzare un diverso assetto di interessi, non corrispondente alla sua apparenza formale. In tal caso, il giudice è tenuto ad accertare la reale natura del rapporto sottostante, al fine di ricostruire la effettiva volontà delle parti e tutelare la posizione del soggetto che abbia un interesse giuridicamente rilevante a far valere la simulazione. La prova della simulazione può essere fornita attraverso ogni mezzo di prova ammesso dall'ordinamento, ivi comprese le presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, le quali, se adeguatamente motivate, possono condurre alla declaratoria di simulazione del contratto, con conseguente accertamento della reale situazione giuridica sottostante. Ciò in quanto la simulazione, quale fenomeno di divergenza tra la volontà reale e quella dichiarata, incide sulla validità del negozio, determinandone l'inefficacia nei confronti dei terzi che abbiano interesse a far valere la realtà del rapporto. Pertanto, il giudice, una volta accertata la simulazione, è tenuto a ricostruire la effettiva volontà negoziale delle parti, al fine di tutelare la posizione di colui che abbia un interesse giuridicamente rilevante a far valere la divergenza tra la volontà reale e quella dichiarata.
La simulazione - che, in virtù del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, deve essere allegata dalle parti - se è fatta valere in via d'azione deve essere dedotta, a pena di inammissibilità, nel giudizio di primo grado, mentre, se è formulata come eccezione, può essere riproposta anche in appello.
La simulazione assoluta di un contratto di compravendita immobiliare ricorre quando risulti che le parti abbiano inteso creare solo l'apparenza del contratto, senza volere il prodursi degli effetti dello stesso. Ai fini della sua esistenza, è necessario accertare che i contraenti, oltre a non avere la specifica volontà dichiarata nell'atto, non ne avessero alcun'altra, essendo del tutto irrilevante la causa del comportamento delle parti. Il contratto simulato, lecito od illecito che sia il motivo della simulazione, è indefettibilmente nullo per difetto di causa. L'azione di simulazione mira ad ottenere una pronuncia di accertamento che accerti che un determinato negozio giuridico è simulato e i terzi pregiudicati dalla simulazione possono sempre farla valere nei confronti delle parti. L'onere probatorio grava sul soggetto che allega la simulazione, il quale deve fornire valide prove, anche presuntive, della ricorrenza dei relativi presupposti, tra cui il pregiudizio del creditore, ravvisabile in presenza di una diminuzione quantitativa o variazione qualitativa del patrimonio del debitore che renda più incerto, difficile o oneroso il soddisfacimento del credito. Tuttavia, il pregiudizio del creditore non può essere presunto in astratto, ma deve essere valutato in concreto, tenendo conto della residua consistenza patrimoniale del debitore e dell'entità del credito vantato, in modo da verificare se l'atto di disposizione abbia effettivamente reso più difficoltoso il soddisfacimento delle ragioni creditorie. Ove il patrimonio residuo del debitore risulti comunque adeguato a garantire il credito, difetta il presupposto dell'eventus damni e l'azione revocatoria non può essere accolta, a prescindere dalla sussistenza degli altri requisiti.
Il contratto di compravendita di un bene può essere dichiarato simulato quando risulti che le parti abbiano inteso creare solo l'apparenza del contratto, senza volere il prodursi degli effetti dello stesso. La simulazione può essere provata anche attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come l'esiguità del corrispettivo, la mancanza di garanzie per il pagamento del prezzo, la retentio possessionis da parte dell'apparente alienante e il suo successivo comportamento di fatto quale proprietario del bene. Ai fini dell'accoglimento della domanda di simulazione, è necessario che il creditore dimostri il pregiudizio derivante dalla diminuzione quantitativa o variazione qualitativa del patrimonio del debitore, che renda più incerto, difficile o oneroso il soddisfacimento del suo credito. La competenza territoriale per l'azione di simulazione, essendo questa relativa ad una obbligazione da tutelare attraverso la dichiarazione di inefficacia del negozio, deve essere determinata in base ai criteri di collegamento alternativamente previsti dagli artt. 18-20 c.p.c., con riferimento all'obbligazione sottostante e non all'atto da revocare.
La simulazione relativa di un atto negoziale, volta a dissimulare il reale intento delle parti, richiede la partecipazione consapevole e volontaria di tutti i soggetti coinvolti nell'accordo simulatorio, ivi compreso il terzo contraente, il quale deve manifestare la propria adesione all'intesa raggiunta dagli altri partecipanti. In assenza di tale elemento, non può configurarsi una fattispecie di interposizione fittizia di persona, ma piuttosto un'ipotesi di interposizione reale, nella quale il terzo contraente rifiuta la proposta dell'interponente e pretende di contrattare direttamente con l'interposto. Inoltre, la prova della simulazione deve essere fornita attraverso elementi gravi, precisi e concordanti, senza poter ricorrere a presunzioni basate su altre presunzioni, in violazione del divieto di praesumptio de praesumpto. Pertanto, ove non sia dimostrata la consapevole partecipazione di tutti i soggetti all'accordo simulatorio, nonché la provenienza della provvista per l'acquisto dal fallito, la domanda di declaratoria di simulazione e di inefficacia della donazione nei confronti del fallimento deve essere respinta.
Il reato di simulazione di reato si configura quando l'agente, attraverso una falsa denuncia o dichiarazione, induce in errore l'autorità giudiziaria o di polizia, facendo apparire come vero un fatto materiale che non corrisponde al vero, al fine di provocare l'avvio di un procedimento penale per un reato che non è stato commesso. Tale condotta, anche se prodromica ad altri reati come la ricettazione, integra autonomamente il reato di simulazione, in quanto idonea a determinare il pericolo di iniziare un procedimento penale, a prescindere dall'esito finale dello stesso. Pertanto, la simulazione di reato è configurabile anche quando il fatto denunciato come reato non si è effettivamente verificato, essendo sufficiente che l'agente abbia posto in essere una condotta idonea a indurre in errore l'autorità competente. Inoltre, la simulazione può realizzarsi attraverso qualsiasi atto o dichiarazione, anche non formalmente qualificata come "denuncia", purché idonea a provocare l'avvio di un procedimento penale. Infine, il dolo del reato di simulazione sussiste anche quando l'agente abbia agito con la consapevolezza e volontà di indurre in errore l'autorità, senza necessariamente perseguire uno specifico fine ulteriore.
Il curatore fallimentare, nell'esercitare l'azione di simulazione compresa nel patrimonio del contraente poi fallito, assume la posizione di terzo rispetto alle parti del negozio concluso dal debitore, con la conseguenza che la prova della simulazione da parte sua non soggiace alle limitazioni di cui all'art. 1417 c.c. e la simulazione può essere accertata dal giudice anche in base a presunzioni. Tuttavia, affinché tali presunzioni possano ritenersi gravi, precise e concordanti, è necessario che gli elementi presi in considerazione siano idonei a far apparire l'esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, secondo le regole di esperienza, senza che sia consentito al giudice, in mancanza di un fatto noto, fare riferimento ad un fatto presunto e far derivare da questo un'altra presunzione. Pertanto, la mera prossimità temporale del trasferimento alla data della sentenza dichiarativa di fallimento e la contraddittorietà delle versioni rese dal convenuto nel corso del giudizio non costituiscono elementi presuntivi sufficienti a provare la simulazione del contratto di compravendita, in assenza di altri indizi gravi, precisi e concordanti. Inoltre, il mancato pagamento del prezzo può rilevare solo sul piano dell'adempimento e non può incidere sulla validità e sull'efficacia del negozio traslativo, salvo che siano stati forniti elementi presuntivi del carattere simulato del negozio, nel qual caso il compratore ha l'onere di provare il pagamento del prezzo. Infine, ai fini della revocatoria fallimentare ex art. 67, comma 2, l.f., la conoscenza da parte del terzo dello stato di dissesto in cui versa il debitore al momento del compimento dell'atto dispositivo deve essere effettiva e non meramente potenziale, desumibile da elementi idonei a dimostrare l'effettività della conoscenza medesima, come la pubblicazione di protesti a carico del fallito, il mancato pagamento di effetti cambiari o di assegni, le risultanze della Centrale Rischi in merito alla valutazione dei bilanci dell'impresa, eventuali decreti ingiuntivi o atti di precetto, ritardi nei pagamenti, insoluti, ecc., senza che sia sufficiente la mera conoscenza personale tra il terzo acquirente e il fallito.
Il contratto simulato è un'operazione contrattuale con la quale le parti manifestano all'esterno volontà ed effetti contrattuali che in realtà non vogliono realizzare. In particolare, con la simulazione assoluta, nonostante il contratto simulato, non si costituisce tra le parti alcun rapporto giuridico vincolante né si produce alcun effetto contrattuale tra esse. L'ordinamento assicura ai terzi pregiudicati dalla simulazione la tutela attraverso la prevalenza della realtà rispetto all'apparenza, consentendo al creditore del simulato promittente alienante di proporre l'azione di simulazione volta a far dichiarare l'inefficacia originaria del negozio simulato, fornendo la prova della reale volontà dei simulanti, senza incorrere nelle limitazioni previste dagli artt. 2721 ss. c.c., anche mediante il ricorso alle presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti. La prova della simulazione è necessariamente indiziaria e presuntiva, dovendo essere valutata globalmente in relazione al complesso degli indizi, tra i quali rivestono particolare rilievo la fitta rete di legami tra i soggetti coinvolti, la tempistica della stipula del contratto preliminare rispetto all'azione esecutiva del creditore, l'esiguità del prezzo concordato rispetto al valore degli immobili e la mancata prova dell'effettivo pagamento del prezzo da parte del promissario acquirente. L'accoglimento della domanda di simulazione esime dall'esame delle questioni poste con l'azione revocatoria, in quanto formulate in via subordinata e quindi assorbite.
La simulazione assoluta e l'interposizione reale di persona sono due fattispecie distinte, con presupposti, finalità e petitum differenti. L'azione di simulazione assoluta mira a privare di effetti il negozio simulato, mentre l'azione di interposizione reale riconosce la validità del negozio, imponendo all'interposto l'obbligo di ritrasferire il diritto all'interponente. La proposizione dell'una non preclude la successiva proposizione dell'altra, essendo azioni autonome. Tuttavia, la domanda di accertamento dell'interposizione reale, formulata successivamente alla domanda di simulazione assoluta, costituisce una mutatio libelli inammissibile. Inoltre, anche nel merito, entrambe le domande sono infondate: manca la prova dell'accordo simulatorio e l'azione di interposizione reale è stata erroneamente proposta, non essendo stata chiesta la pronuncia ex art. 2932 c.c. per l'inadempimento dell'interposto all'obbligo di ritrasferire il diritto. Pertanto, il giudice rigetta entrambe le domande, compensando integralmente le spese di lite.
La simulazione relativa, quale ipotesi di interposizione fittizia di persona, richiede l'accordo tra i tre soggetti partecipanti - interposto, interponente e terzo contraente - affinché il negozio apparente non produca effetti nei confronti dei terzi, mentre il negozio dissimulato abbia efficacia tra le parti. In assenza dell'adesione o dell'accordo del terzo contraente, non è ravvisabile una simulazione relativa, ma piuttosto un'interposizione reale di persona, in cui il contratto produce i suoi effetti nei confronti dell'interposto, che è l'effettivo contraente, il quale è obbligato ad osservare un certo comportamento in virtù del rapporto interno con l'interponente. Pertanto, l'azione di simulazione è distinta dall'azione volta all'accertamento dell'interposizione reale di persona e all'esecuzione delle obbligazioni nascenti dal negozio tra interposto ed interponente, giacché con la prima si deduce l'inefficacia del contratto simulato, mentre con la seconda si deduce l'esistenza di un contratto valido ed efficace tra le parti e la costituzione di obbligazioni a carico dell'interposto di cui si chiede l'adempimento. Una volta proposta in citazione la domanda di simulazione, questa non può essere mutata nella domanda di accertamento dell'interposizione reale di persona e di adempimento del contratto, neppure con i successivi atti processuali.
La simulazione relativa soggettiva, o interposizione fittizia di persona, è una fattispecie in cui la divergenza tra la situazione negoziale reale e quella apparente non riguarda il piano oggettivo degli accordi negoziali, ma quello soggettivo, derivando da un'intesa tra le parti in virtù della quale si fa figurare come contraente un soggetto che è in realtà estraneo alla pattuizione. In tali casi, la prova dell'accordo simulatorio deve risultare da un atto scritto, essendo inidonee sia la testimonianza resa da soggetti terzi sia la confessione resa dal soggetto interposto a seguito di interrogatorio formale. L'azione di ripetizione dell'indebito oggettivo, lungi dal potersi profilare in via autonoma, subordinata o alternativa rispetto a quella di simulazione, ricava da quest'ultima il proprio presupposto fondante, essendo condizione essenziale per la sua esperibilità la dimostrazione dell'inefficacia del contratto simulato. Infine, la domanda volta all'accertamento della costituzione di un diritto di usufrutto sull'immobile compravenduto, se introdotta per la prima volta in giudizio con la memoria ex art. 170 e 180 c.p.c., è tardiva e non rientra nei limiti della emendatio libelli, in quanto introduce temi nuovi e del tutto alternativi rispetto alle deduzioni svolte nell'atto di citazione.
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