Sentenze recenti successioni ed eredità

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  • La successione ereditaria comporta la devoluzione di tutti i beni, diritti e rapporti giuridici facenti capo al de cuius al momento dell'apertura della successione, ivi compresa l'azienda di cui il de cuius era titolare, indipendentemente dal fatto che la relativa licenza amministrativa sia stata successivamente intestata ad uno solo dei coeredi. Pertanto, l'azienda ereditaria deve essere considerata oggetto di comunione tra i coeredi, i quali hanno diritto di percepire la quota parte degli utili prodotti dalla stessa, salvo il caso in cui uno o più coeredi abbiano provveduto a gestire l'azienda apportando nuovi conferimenti e investimenti, dando così luogo ad una società di fatto o irregolare, con la conseguente attribuzione degli utili solo a coloro che hanno partecipato alla gestione. Tuttavia, anche in tale ipotesi, i coeredi non gestori hanno diritto di percepire a titolo di conguaglio la quota parte dei frutti civili dell'azienda, ovvero il corrispettivo del godimento che si sarebbe potuto trarre dalla concessione a terzi, con l'aggiunta della rivalutazione monetaria e degli interessi. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nel valutare l'opportunità di disporre un supplemento di consulenza tecnica d'ufficio, senza che il suo provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità, ove risulti l'irrilevanza o la superfluità dell'indagine richiesta.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La successione ereditaria è regolata dalla legge vigente al momento dell'apertura della successione, la quale disciplina la devoluzione dei beni, la determinazione delle quote spettanti ai legittimari e la prova della rinuncia all'eredità. Pertanto, il giudice, nel decidere le controversie successorie, deve applicare la normativa in vigore al tempo dell'apertura della successione, senza poter ricorrere a prove presuntive di rinuncia all'eredità in assenza di espressa previsione legislativa, dovendo invece accertare l'esistenza di una valida dichiarazione di rinuncia. Inoltre, la composizione della massa ereditaria e la determinazione delle quote spettanti ai legittimari devono essere effettuate in conformità alle disposizioni testamentarie e alle norme codicistiche vigenti all'epoca dell'apertura della successione, senza poter considerare atti dispositivi intervenuti successivamente tra gli eredi. Infine, la risoluzione consensuale di negozi giuridici relativi alla successione produce effetti solo tra le parti contraenti, senza incidere sulla devoluzione della quota ereditaria in caso di sopravvenuta morte di uno degli eredi.

  • La successione ereditaria è regolata dalle norme di legge e dal testamento, ove presente, senza che sia possibile l'accrescimento a favore degli altri eredi della quota del coerede deceduto in corso di causa. Nella divisione dell'asse ereditario, il valore dei beni ricevuti dal defunto per successione o per donazione deve essere imputato alla sua quota, senza che sia necessaria la collazione, salvo il caso di lesione della legittima. Il criterio della soccombenza, ai fini della ripartizione delle spese processuali, si applica unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi l'esito favorevole conseguito dalla parte in una fase o grado del giudizio.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e determina la creazione di una comunione ereditaria tra gli eredi, i quali hanno diritto alla quota di eredità loro spettante per legge. Qualora il testamento del de cuius sia dichiarato falso, si apre la successione ab intestato e i beni ereditari rientrano nella comunione ereditaria tra gli eredi legittimi, ciascuno per la propria quota. Il giudice, nel decidere sulla domanda di divisione ereditaria, deve tener conto della regolarità edilizia dei beni immobili compresi nell'asse ereditario, non potendo disporre lo scioglimento della comunione su immobili abusivi o privi di idoneo titolo edilizio. Nell'assegnazione delle quote ereditarie, il criterio dell'estrazione a sorte previsto dall'art. 729 c.c. non ha carattere assoluto e può essere derogato dal giudice sulla base di valutazioni discrezionali, anche di natura soggettiva, purché adeguatamente motivate. Il coerede che ha effettuato migliorie sui beni ereditari durante la comunione può chiedere il rimborso delle relative spese, ma tale domanda deve essere proposta tempestivamente nel giudizio di divisione ereditaria.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e comporta il trasferimento del suo patrimonio agli eredi legittimi e/o testamentari. La determinazione della massa ereditaria, degli eredi e delle rispettive quote di spettanza deve avvenire nel rispetto dei principi di diritto successorio, in particolare della riserva di legittima a favore dei figli e della validità delle disposizioni testamentarie nei limiti della quota disponibile. Ove siano presenti più masse ereditarie, derivanti da successioni distinte, esse devono essere ricostruite e divise separatamente, senza possibilità di unificazione, salvo diversa volontà delle parti. Le spese anticipate dagli eredi per la gestione della successione possono essere poste a carico della massa ereditaria solo se effettivamente sostenute nell'interesse comune e adeguatamente provate, con esclusione di quelle relative a dichiarazioni di successione o altri atti compiuti nell'esclusivo interesse di singoli coeredi.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e i suoi beni, diritti e obbligazioni si trasmettono agli eredi legittimi, i quali subentrano nella titolarità di tali rapporti giuridici in proporzione alle rispettive quote ereditarie. Gli eredi sono tenuti a contribuire al pagamento dei debiti ereditari in proporzione alle loro quote, senza solidarietà passiva, salvo che per le spese sostenute nell'interesse della comunione ereditaria, per le quali sussiste solidarietà passiva. I frutti civili dei beni caduti in successione, maturati dopo l'apertura della successione, appartengono alla comunione ereditaria e devono essere ripartiti tra gli eredi in proporzione alle loro quote, indipendentemente dal fatto che uno di essi ne abbia avuto il godimento esclusivo. L'eccezione relativa ai frutti civili non è soggetta a termini di decadenza, in quanto attiene alla ripartizione di un bene comune e non all'annullamento di un atto negoziale.

  • La successione ereditaria legittima si apre con il decesso del de cuius senza testamento, con conseguente devoluzione del patrimonio relitto ai suoi eredi legittimi secondo le quote stabilite dalla legge. Il giudizio di divisione ereditaria ha lo scopo di porre fine alla comunione ereditaria, attribuendo a ciascun erede la quota di patrimonio ad esso spettante, anche mediante assegnazione di singoli beni indivisibili. Nell'ambito di tale giudizio, il giudice deve procedere alla ricostruzione del patrimonio ereditario, comprendente sia i beni immobili che quelli mobili, tenendo conto anche delle eventuali passività gravanti su di esso. Ove i beni non siano comodamente divisibili in natura, il giudice può disporne l'assegnazione al condividente che ne abbia fatto richiesta, con obbligo di conguaglio a favore degli altri partecipanti. Le spese di lite sono poste a carico delle parti in proporzione alla rispettiva quota ereditaria, salvo ipotesi di reciproca soccombenza che ne giustifichino la compensazione parziale. Le spese della consulenza tecnica d'ufficio, invece, sono ripartite tra i coeredi in proporzione alle rispettive quote.

  • La successione legittima si apre in mancanza di testamento, con la devoluzione dell'eredità secondo le quote stabilite dalla legge. Il coniuge superstite, anche se separato senza addebito, ha diritto a 1/3 dell'asse ereditario, mentre i figli si dividono i restanti 2/3 in parti uguali. I beni donati in vita dal de cuius ai discendenti sono soggetti a collazione, ossia devono essere reintegrati nella massa ereditaria, salvo dispensa, al fine di assicurare l'equilibrio e la parità di trattamento tra i condividenti. La collazione può avvenire in natura o per imputazione del valore del bene al tempo dell'apertura della successione. Anche le liberalità indirette, come i premi pagati per contratti di assicurazione sulla vita a favore dei discendenti, sono soggette a collazione, limitatamente alla minor somma tra i premi versati e il capitale liquidato. L'eredità risponde dei debiti del de cuius, tra cui le spese funerarie e quelle per la redazione dell'inventario, mentre non sono imputabili alla massa i compensi dei professionisti incaricati dai singoli coeredi. La divisione ereditaria mira a ripartire i beni relitti e quelli donati, secondo le quote spettanti a ciascun erede.

  • Il provvedimento amministrativo che impone obblighi a carico di un soggetto deve essere adottato previa esatta individuazione del titolo che legittima tale soggetto quale destinatario del provvedimento stesso. L'amministrazione non può fondare l'attribuzione della legittimazione passiva su elementi insufficienti, come la mera sottoscrizione di una delega per presa visione di documenti, senza condurre un'adeguata istruttoria volta a verificare la sussistenza del titolo di proprietà o altro diritto reale in capo al destinatario del provvedimento. In particolare, in caso di successione ereditaria, l'amministrazione deve accertare con precisione gli effettivi meccanismi successori che hanno determinato il trasferimento del bene, non potendo presumere la titolarità in capo a soggetti diversi dagli eredi legittimi, in assenza di atti idonei a comprovare il passaggio di proprietà. Ove l'amministrazione ometta di svolgere tale doverosa istruttoria e adotti il provvedimento sulla base di elementi insufficienti, lo stesso deve essere annullato per carenza di legittimazione passiva del destinatario.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e comporta il trasferimento del suo patrimonio agli eredi legittimi, i quali partecipano alla successione in quote determinate dalla legge. Nell'ambito del giudizio di divisione ereditaria, il giudice è chiamato a determinare la consistenza della massa ereditaria, accertando quali beni e diritti vi rientrino, nonché eventuali donazioni effettuate in vita dal de cuius a favore di alcuni eredi. Tali donazioni, salvo espressa dispensa del de cuius, devono essere conferite dagli eredi beneficiari alla massa ereditaria, al fine di garantire l'equa ripartizione del patrimonio tra tutti gli aventi diritto. La domanda di accertamento dell'esistenza di una donazione indiretta, pregiudiziale all'accoglimento della domanda di collazione, è soggetta ai termini di decadenza previsti per la proposizione delle domande giudiziali e non può essere formulata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni, integrando un'ipotesi di ampliamento o mutamento della domanda. Inoltre, il giudice non può pronunciarsi su domande nuove, volte all'accertamento di crediti o debiti tra gli eredi, non dedotte tempestivamente in giudizio. Infine, l'onere della prova circa l'effettivo sostenimento di spese a favore del de cuius grava sull'erede che ne chiede il rimborso.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e gli eredi legittimi subentrano a titolo universale nei diritti e negli obblighi del defunto. Il possesso dei beni ereditari da parte di uno degli eredi non determina automaticamente il suo diritto esclusivo su di essi, essendo necessaria la prova del titolo di acquisto. Qualora uno degli eredi abbia apportato miglioramenti ai beni ereditari, egli ha diritto al rimborso delle spese sostenute, purché ne fornisca adeguata prova. I frutti dei beni ereditari spettano agli eredi in proporzione alle rispettive quote di eredità, con decorrenza dalla data di apertura della successione. Tuttavia, per i beni in comunione ordinaria tra gli eredi, i frutti sono dovuti a decorrere dalla data di acquisto del bene. La rivalutazione monetaria e gli interessi legali sono dovuti sul credito risarcitorio per il mancato godimento dei beni ereditari, in quanto trattasi di debito di valore.

  • La successione ereditaria è regolata dal testamento pubblico del de cuius, salvo che non sia stato validamente impugnato per vizi di forma o di volontà. Il testamento, una volta divenuto definitivo, è vincolante per i legittimari, i quali non possono chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della loro quota di riserva, se non hanno accettato l'eredità con beneficio d'inventario. L'asse ereditario comprende solo i beni relitti al momento dell'apertura della successione, essendo esclusi i beni donati in vita dal de cuius ai suoi eredi, salvo che non sia dimostrata la simulazione degli atti di donazione. La divisione ereditaria deve essere effettuata secondo i criteri di legge, attribuendo a ciascun coerede quote proporzionali al suo diritto, senza che il giudice possa modificare unilateralmente la composizione dell'asse o il valore dei singoli cespiti, in assenza di specifiche richieste e contestazioni delle parti. Il giudice è tenuto a motivare adeguatamente le proprie decisioni, senza omettere l'esame di fatti e circostanze rilevanti per la risoluzione della controversia, ma non è obbligato ad esaminare ogni singolo elemento probatorio, essendo sufficiente che la motivazione consenta di comprendere il percorso logico-giuridico seguito. Il giudice che ha partecipato alla formazione di una precedente pronuncia non è tenuto ad astenersi, in assenza di una specifica richiesta di ricusazione.

  • La successione ereditaria di un soggetto è regolata dalla legge nazionale del de cuius al momento del decesso, in applicazione del principio di universalità ed unitarietà della successione. Tale principio, sancito dall'art. 46, comma 1, della L. n. 218 del 1995, comporta che l'intera successione sia disciplinata da un'unica legge, indipendentemente dalla localizzazione dei singoli beni ereditari. Tuttavia, il sistema di diritto internazionale privato italiano, introdotto dalla riforma del 1995, prevede che il giudice debba tener conto del rinvio operato dalla legge straniera richiamata, ai sensi dell'art. 13, comma 1, della L. n. 218 del 1995. Ciò può comportare l'applicazione di leggi diverse per la disciplina della successione mobiliare e di quella immobiliare, in base al criterio della scissione dello statuto successorio adottato in alcuni ordinamenti, come quello inglese. In tal caso, la legge nazionale del de cuius regola gli aspetti sostanziali della successione, come l'individuazione degli eredi, le quote di legittima e la validità del testamento, mentre la lex rei sitae si applica per disciplinare le modalità di acquisto dei beni immobili ereditari. Tuttavia, l'operatività di tale rinvio parziale deve essere valutata alla luce del principio di universalità della successione, al fine di evitare frammentazioni incompatibili con tale principio fondamentale. Inoltre, la qualificazione degli istituti e delle materie ai fini dell'individuazione delle norme sostanziali applicabili deve essere effettuata in base ai criteri dell'ordinamento straniero richiamato, salvo il limite dell'ordine pubblico. Pertanto, la revoca del testamento per successivo matrimonio, ove disciplinata dalla legge nazionale del de cuius come istituto di diritto successorio e non matrimoniale, deve essere applicata anche agli immobili situati in Italia, fatti salvi i diritti di legittima. In conclusione, il sistema di diritto internazionale privato italiano, pur sancendo il principio di universalità della successione, ammette deroghe e temperamenti derivanti dal rinvio alle norme di conflitto straniere, la cui operatività deve essere valutata caso per caso al fine di garantire l'effettività delle decisioni e il coordinamento tra i diversi ordinamenti coinvolti, nel rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento italiano.

  • Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni dal momento dell'apertura della successione, ai sensi dell'art. 480 c.c. L'apertura della successione avviene al momento della morte del de cuius, ai sensi dell'art. 456 c.c., determinando la delazione dell'eredità, ossia l'offerta del patrimonio ereditario al chiamato. Tuttavia, l'acquisto della qualità di erede si realizza solo con l'accettazione, ai sensi dell'art. 459 c.c. In assenza di limitazioni normative, la prescrizione del diritto di accettare l'eredità opera a favore di chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo all'eredità. Pertanto, il mancato esercizio del diritto di accettazione entro il termine decennale dalla morte del de cuius comporta la perdita della legittimazione ad agire in giudizio per far valere diritti ereditari, in quanto la titolarità del diritto sostanziale non può essere fatta valere in assenza della legittimazione ad agire, quale condizione necessaria dell'azione.

  • La successione ereditaria è regolata dal principio per cui colui che intende subentrare nella posizione processuale del proprio dante causa in sede di impugnazione deve allegare e provare non solo il decesso di quest'ultimo, ma anche la propria qualità di erede. Tale onere probatorio, attinente alla legittimazione ad causam, è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, sicché in mancanza della relativa dimostrazione l'impugnazione deve essere dichiarata inammissibile. Il soggetto che agisce in giudizio nell'asserita qualità di erede deve quindi fornire idonea documentazione comprovante sia il decesso della parte originaria, sia la propria successione a titolo universale, non essendo sufficiente la mera allegazione di tale status. Il principio di diritto trova applicazione sia in sede di appello, sia in sede di ricorso per cassazione, in quanto la legittimazione ad impugnare è subordinata alla dimostrazione della qualità di erede, a tutela della regolare instaurazione del contraddittorio.

  • Il diritto di successione ereditaria si determina con riferimento alla situazione patrimoniale del de cuius al momento dell'apertura della successione, senza che possano rilevare eventuali vicende societarie successive, come aumenti di capitale, che modifichino la consistenza della quota ereditaria. Pertanto, il giudice, nel determinare la quota ereditaria spettante all'erede, deve fare riferimento alla situazione patrimoniale del de cuius al momento dell'apertura della successione, senza essere vincolato da eventuali accordi o posizioni assunte dalle parti in sede stragiudiziale. Inoltre, il giudice è tenuto a esaminare attentamente tutti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della determinazione della quota ereditaria, come l'entità del capitale sociale e le relative variazioni intervenute, al fine di garantire la corretta attribuzione della quota spettante all'erede in base alla situazione patrimoniale del de cuius al momento dell'apertura della successione. Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) impone al giudice di pronunciarsi su tutti gli elementi rilevanti per la determinazione della quota ereditaria, senza omettere di esaminare profili essenziali come l'entità della partecipazione societaria del de cuius.

  • La successione ereditaria si apre con il decesso del de cuius e gli eredi legittimi, in mancanza di testamento, sono i figli in parti uguali. L'asse ereditario è composto dai beni del defunto e gli eredi hanno diritto di ottenerne la divisione in natura, salvo che i beni non siano comodamente divisibili, nel qual caso si procede all'assegnazione mediante estrazione a sorte. Le spese funerarie e di assistenza premorte costituiscono pesi ereditari che gravano sull'asse e possono essere rimborsate dall'erede che le ha anticipate agli altri condividenti, indipendentemente dalla composizione della quota ereditaria. Il giudice, nel procedimento di divisione ereditaria, può derogare al principio dell'assegnazione a sorte solo in presenza di specifiche circostanze relative ai beni da dividere, e non in base a considerazioni sulla composizione delle quote o sui crediti vantati dai condividenti.

  • La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: Il trasferimento di beni da parte del disponente ad un trust costituito con atto inter vivos non integra una devoluzione mortis causa, ma una donazione indiretta, rientrante nell'ambito delle liberalità non donative di cui all'art. 809 c.c. Pertanto, le controversie relative a tale trasferimento non rientrano nella materia successoria e la giurisdizione italiana può essere derogata in favore di un arbitrato estero, in presenza di una valida clausola compromissoria, trattandosi di diritti disponibili. Diversamente, le controversie relative alla divisione ereditaria di beni facenti parte dell'asse ereditario, anche se riguardanti un immobile situato all'estero, rientrano nella giurisdizione italiana ai sensi dell'art. 50 della legge n. 218 del 1995, salvo che le parti non abbiano validamente devoluto la relativa controversia ad un giudice straniero, in applicazione dell'art. 4, comma 2, della medesima legge.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e comporta la devoluzione dell'intero patrimonio ereditario ai legittimi eredi, in proporzione delle rispettive quote. Il regolamento divisorio della comunione ereditaria deve avvenire nel rispetto dei principi di equità e proporzionalità, tenendo conto dello stato di fatto esistente, dei miglioramenti apportati dai condividenti e del valore dei beni al momento dell'apertura della successione. I frutti civili dei beni comuni spettano ai condividenti in proporzione delle rispettive quote, mentre le spese per migliorie eseguite sui beni ereditari durante la vita del de cuius si presumono a carico del proprietario, salvo prova contraria. Le somme percepite dal coniuge superstite a titolo di rendita infortunistica non rientrano nel patrimonio ereditario. Nel giudizio divisorio, le spese processuali relative agli atti volti alla determinazione delle quote vanno poste a carico di tutti i condividenti in proporzione delle rispettive quote, mentre quelle relative a questioni incidentali seguono il principio della soccombenza, salvo compensazione.

  • La successione ereditaria si apre con il decesso del de cuius e comporta lo scioglimento della comunione ereditaria sui beni relitti, i quali devono essere ricompresi nella massa divisionale, salvo che non vi siano circostanze ostative previste dalla legge. Il giudice, nel dichiarare aperta la successione e sciolta la comunione ereditaria, non può procedere direttamente all'assegnazione delle quote ai condividenti, ma deve limitarsi ad accertare i beni facenti parte della comunione, rinviando a una fase successiva, che può essere anche stragiudiziale, la concreta divisione dei beni, la quale può avvenire solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divisione. Le domande di rimborso delle spese sostenute o dei frutti percepiti dai condividenti sui beni ereditari devono essere rigettate in assenza di prova documentale. Le spese di lite, comprese quelle per la consulenza tecnica d'ufficio, possono essere compensate integralmente tra le parti in considerazione della peculiarità delle questioni trattate.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e gli eredi legittimi sono individuati secondo le disposizioni di legge. Nella divisione dell'asse ereditario, il giudice deve accertare la consistenza del patrimonio, attivo e passivo, tenendo conto dei beni effettivamente caduti in successione, dei crediti e debiti ereditari, nonché delle spese sostenute dai condividenti per la conservazione e il godimento dei beni comuni. Ai fini della divisione, il giudice deve ripartire le quote ereditarie in proporzione ai diritti di ciascun erede, senza riconoscere rimborsi per spese non comprovate come necessarie per la conservazione della cosa comune. Ove l'immobile ereditario non sia comodamente divisibile, il giudice può disporre l'attribuzione dello stesso ad uno degli eredi, previo conguaglio in denaro a favore degli altri. Le operazioni divisionali devono essere rimesse ad un separato procedimento, nel quale le parti potranno assumere le proprie determinazioni in relazione a quanto stabilito in sentenza.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius, il quale lascia quali eredi legittimi in pari quote i soggetti individuati dalla legge. La comunione ereditaria sui beni relitti dal de cuius può essere sciolta mediante accordo tra gli eredi, il quale comporta la divisione e l'attribuzione dei singoli cespiti patrimoniali, nel rispetto dei diritti d'autore sulle opere letterarie del de cuius. Gli eredi sono tenuti a garantire la corretta conservazione e gestione responsabile del patrimonio ereditario, anche ai fini della promozione e rivalutazione dell'opera letteraria del de cuius, privilegiando l'utilizzo di case editrici di primaria importanza per eventuali pubblicazioni, senza danneggiare i diritti, anche economici, delle altre parti.

  • La successione ereditaria si apre con la morte del de cuius e gli eredi hanno un termine di prescrizione per accettare l'eredità, decorso il quale il loro diritto si estingue. Qualora alcuni eredi non accettino l'eredità entro il termine di prescrizione, il diritto di accrescimento opera a favore degli altri coeredi. La divisione ereditaria può essere richiesta giudizialmente e il giudice, una volta dichiarata la comunione ereditaria e lo scioglimento della stessa, deve rimettere alle parti la formazione del progetto di divisione, che potrà essere attuato solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divisione. Le spese sostenute per la conservazione dei beni ereditari possono essere oggetto di rimborso tra i condividenti, ma tale domanda deve essere espressamente formulata e non può essere esaminata d'ufficio dal giudice. Il giudizio di divisione ereditaria ha natura di giudizio di cognizione, mentre la fase di assegnazione dei beni ha natura di volontaria giurisdizione, con la conseguenza che il giudice non può procedere all'assegnazione dei beni prima del passaggio in giudicato della sentenza di divisione.

  • Il diritto di successione ereditaria è un diritto fondamentale tutelato dall'ordinamento giuridico, che si applica in modo uniforme a tutti i chiamati alla successione, senza distinzioni o discriminazioni. Tale diritto implica il trasferimento dell'intero patrimonio del de cuius ai suoi legittimi eredi, secondo l'ordine di vocazione ereditaria stabilito dalla legge. Pertanto, l'esclusione di taluni eredi dalla successione, in assenza di valide ragioni giuridiche, costituisce una violazione del principio di uguaglianza e del diritto di successione, che deve essere tutelato in sede giurisdizionale. I giudici sono tenuti a interpretare e applicare le norme sulla successione ereditaria in modo da garantire il rispetto di tali principi fondamentali, assicurando la devoluzione dell'intero patrimonio ereditario ai legittimi eredi, senza arbitrarie limitazioni o discriminazioni. Ciò implica il dovere di accertare con rigore la sussistenza dei presupposti di legge per l'esclusione di taluni eredi, respingendo pretese fondate su meri formalismi o su interpretazioni restrittive delle norme, che contrastino con la ratio legis e con i valori costituzionali di tutela della famiglia e della proprietà privata. In tale contesto, il giudice è chiamato a svolgere un ruolo attivo nella ricostruzione della effettiva volontà del de cuius e nella verifica della legittimità delle pretese avanzate dai diversi soggetti coinvolti nella successione, al fine di assicurare il pieno rispetto del diritto ereditario.

  • Il diritto di accettare l'eredità si prescrive nel termine decennale dalla data di apertura della successione, anche per i chiamati successivi per rappresentazione, salvo il caso in cui vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e il loro acquisto ereditario sia venuto meno. Ai fini dell'accettazione tacita dell'eredità, non sono sufficienti atti di natura prevalentemente fiscale, come la denuncia di successione o il pagamento delle relative imposte, essendo necessario un comportamento obiettivo di acquiescenza che esprima in modo certo l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede. Inoltre, per l'acquisto della qualità di erede non è sufficiente la sola delazione dell'eredità, essendo necessaria l'accettazione espressa o tacita del chiamato. Infine, ai fini della successione per rappresentazione, è necessario che il discendente sia già nato o almeno concepito al momento dell'apertura della successione, non essendo sufficiente la sola nascita prima della rinuncia da parte del chiamato.

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