Sto cercando nella banca dati...
Risultati di ricerca:
La falsificazione della firma e del timbro di un pubblico ufficiale, quale il tutor responsabile di un reparto universitario di una struttura sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale, apposti in calce a un documento attestante la presenza di uno specializzando, integra il reato di falso in atto pubblico, in quanto tale documento rientra nell'esercizio delle funzioni certificative del pubblico ufficiale, anche se la modalità di rilevazione delle presenze non sia quella ordinaria del badge o della timbratura elettronica. La falsificazione di tale documento, funzionale all'erogazione della retribuzione mensile da parte dell'ente ospedaliero, in assenza dell'effettiva prestazione lavorativa, integra altresì il reato di truffa aggravata. La valutazione della prova, anche in relazione alla credibilità delle dichiarazioni testimoniali e all'attendibilità della versione difensiva, rientra nell'ambito del sindacato di legittimità solo ove risulti manifestamente illogica o contraddittoria. La modifica della qualificazione giuridica del fatto, operata dal giudice di merito all'esito dell'istruttoria dibattimentale, non determina violazione del diritto di difesa dell'imputato, purché la nuova definizione del reato sia nota o comunque prevedibile e non comporti in concreto una lesione dei diritti di difesa.
Il titolo di "tutor-istruttore" conferito con specifico provvedimento dirigenziale, che presuppone un'elevata specializzazione e competenza professionale nonché un rilevante aggravio di lavoro, deve essere valutato con l'attribuzione di almeno 2 punti aggiuntivi ai fini della formazione della graduatoria di merito per la partecipazione a concorsi pubblici, in applicazione dei criteri stabiliti dalla commissione esaminatrice e previsti dal bando di concorso. Tale titolo, infatti, rientra tra gli "incarichi e servizi speciali" di cui all'art. 6, lett. c) del bando, che comportano il riconoscimento di un punteggio fino a 6 punti in ragione della particolare competenza e responsabilità richiesta. L'illegittima attribuzione di un punteggio inferiore (0,2 punti) rispetto a quello previsto dalla tabella dei criteri adottata dalla commissione (2 punti) per il medesimo titolo determina l'illegittimità della graduatoria finale, con conseguente diritto del candidato a vedersi correttamente valutato il proprio titolo.
La figura del docente tutor nella scuola primaria e secondaria di primo grado, introdotta dal d.lgs. n. 59/2004, non costituisce una lesione del principio di collegialità e contitolarità dei docenti di una classe, in quanto essa è funzionale alla personalizzazione dei percorsi educativi e dei piani di studio, in attuazione dei principi e criteri direttivi dettati dalla legge delega n. 53/2003, che mirano a favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche. La figura del docente tutor, che svolge funzioni di orientamento, tutorato degli allievi, coordinamento delle attività educative e didattiche, cura delle relazioni con le famiglie e della documentazione del percorso formativo compiuto dall'allievo, con l'apporto degli altri docenti, rientra pienamente nel profilo professionale del docente e non comporta l'istituzione di una nuova figura professionale in posizione sovraordinata rispetto agli altri insegnanti, essendo volta a realizzare una scuola che persegue obiettivi di crescita personale mediante la personalizzazione dei percorsi educativi, nel rispetto del principio di collegialità e contitolarità dei docenti.
In tema di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, integra la condotta elusiva di cui all'art. 388, comma secondo, cod. pen. la inottemperanza da parte del tutore agli obblighi di cura ed assistenza dell'interdetto, atteso che il provvedimento giudiziale di nomina, a prescindere dai suoi contenuti formali, determina l'affidamento al medesimo del soggetto incapace, stante il richiamo operato dall'art. 424 cod. civ. alla disciplina relativa alla tutela dei minori, con il conseguente obbligo di provvedere non solo alla gestione del patrimonio, ma in primo luogo al soddisfacimento delle primarie esigenze personali. (Diff. Sez. 6, n. 6269 del 22/03/1984, Rv. 165147 - 01).
Il tutore nominato dal tribunale, in seguito alla sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, è l'unico soggetto legittimato a decidere in merito al trasferimento all'estero del minore sottoposto a sua tutela, senza che il genitore decaduto dalla responsabilità genitoriale possa opporsi a tale decisione. Ciò in quanto la rappresentanza legale del minore, anche sul piano sostanziale, appartiene esclusivamente al tutore, non essendo sufficiente l'interesse del genitore decaduto alla conservazione del rapporto familiare naturale per attribuirgli una legittimazione autonoma in tal senso. Il provvedimento del tribunale che rigetta il reclamo del genitore decaduto avverso la decisione del tutore di iscrivere il minore in una scuola estera è pertanto corretto, in quanto il genitore risulta privo di qualsivoglia potere rispetto a tale decisione, essendo stata la sua responsabilità genitoriale sospesa e sostituita dalla tutela del minore affidata ad un soggetto terzo.
Il tutore che, nell'esercizio delle sue funzioni, si appropri indebitamente di somme di denaro appartenenti alla persona sottoposta a tutela, commette il reato di peculato. Tale condotta è integrata anche qualora il tutore presenti al giudice tutelare rendiconti annuali falsi, occultando le appropriazioni indebite e le spese non autorizzate. Il tutore ha l'obbligo di rendicontare fedelmente la gestione del patrimonio della persona sottoposta a tutela, essendo gravato da un dovere di leale e diligente amministrazione. L'appropriazione indebita da parte del tutore delle somme appartenenti al tutelato, anche se in parte autorizzate dal giudice tutelare, integra il reato di peculato, in quanto il tutore esercita sui beni del tutelato poteri di fatto equivalenti a quelli del proprietario, in violazione dei doveri inerenti alla sua funzione. Pertanto, il tutore che si appropri indebitamente di somme di denaro appartenenti al tutelato e presenti al giudice tutelare rendiconti annuali falsi, occultando tali appropriazioni, commette i reati di peculato e di falso.
Il soggetto nominato tutore di una persona maggiorenne dichiarata interdetta per infermità di mente è il suo rappresentante legale, deputato a proteggerne gli interessi e legittimato ad esercitare in via esclusiva i diritti processuali di cui all'articolo 90 c.p.p. e all'articolo 120 c.p., tra cui il diritto di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione, in quanto la legge presume che l'interdetto non sia in grado di autodeterminarsi consapevolmente e volontariamente. Pertanto, il genitore o altro soggetto diverso dal tutore nominato non è legittimato a esercitare tali diritti in nome e per conto dell'interdetto, essendo il tutore l'unico soggetto abilitato a tutelare gli interessi processuali della persona interdetta.
Il rapporto di tirocinio extracurriculare di formazione e orientamento non può essere ricondotto al rapporto di lavoro subordinato quando risulta provato che il tirocinante è stato regolarmente formato e affiancato da personale esperto, senza essere mai impiegato per sostituire personale assente o far fronte a carenze di organico, e la sua attività è stata sottoposta solo alla verifica del tutor per il rispetto del processo formativo e degli obiettivi del progetto predisposto, senza essere assoggettato a controlli o verifiche di tipo gerarchico o disciplinare da parte del datore di lavoro. In tali casi, l'onere di provare la sussistenza dei requisiti della subordinazione grava sull'autorità amministrativa che contesta la natura del rapporto, mentre il datore di lavoro ha l'onere di provare l'effettiva esecuzione del tirocinio secondo le caratteristiche proprie di tale istituto, in particolare l'elemento dell'insegnamento tecnico-professionale che il tirocinante ha diritto di ricevere.
Il tutore di un interdetto può agire in giudizio per ottenere la restituzione di beni e somme di denaro appartenenti all'interdetto, nonché per far cessare occupazioni e coltivazioni abusive realizzate da terzi a danno della proprietà dell'interdetto. Il giudice, accertata la condizione di interdizione e le condotte illecite dei convenuti, può condannarli a rilasciare i beni occupati, a demolire le opere abusive realizzate e a restituire le somme di denaro indebitamente percepite, disponendone il reimpiego nell'interesse dell'interdetto. Il tutore ha il dovere di agire giudizialmente per tutelare il patrimonio e i diritti dell'interdetto, essendo tale attività rientrante nei poteri e doveri del suo ufficio. Il giudice, nel valutare la fondatezza delle domande del tutore, deve tenere conto della condizione di vulnerabilità dell'interdetto e dell'esigenza di assicurare la massima protezione del suo patrimonio e dei suoi interessi.
Il dirigente scolastico, nel rispetto delle prerogative degli organi collegiali, ha il potere-dovere di nominare i docenti tutor e il docente orientatore per l'anno scolastico, in attuazione delle Linee guida per l'orientamento adottate con D.M. 22 dicembre 2022, n. 328, al fine di garantire il diritto allo studio e ridurre la dispersione e l'insuccesso scolastico, anche in coerenza con gli obiettivi del PNRR in tema di potenziamento dell'orientamento. Il Collegio dei docenti, pur avendo competenza sulla progettazione dei percorsi di orientamento da inserire nel PTOF, non può impedire o rifiutare la nomina di tali figure, la cui istituzione è prevista dalla legge e dai relativi atti attuativi, in quanto ciò esporrebbe gli organi competenti a responsabilità civile, penale e contabile. Il dirigente scolastico, pertanto, può legittimamente procedere alla nomina dei docenti tutor e del docente orientatore, anche in assenza di una preventiva delibera favorevole del Collegio dei docenti, nel rispetto del principio di legalità e del prevalente interesse degli studenti e delle famiglie all'erogazione del servizio di orientamento e tutoraggio.
Le norme generali sull'istruzione, di competenza esclusiva dello Stato, sono quelle sorrette da esigenze unitarie e applicabili indistintamente su tutto il territorio nazionale, mentre i principi fondamentali, di competenza legislativa concorrente, informano altre norme più specifiche. Pertanto, la fissazione di limiti minimi di età per l'iscrizione alle scuole, l'individuazione di figure professionali docenti e la determinazione dell'organico del personale rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, in quanto espressione di esigenze di uniformità sull'intero territorio nazionale, fermo restando il rispetto del principio di leale collaborazione con le Regioni nelle fasi decisionali che incidono sulle loro competenze in materia di organizzazione e gestione del servizio scolastico.
Il contratto di apprendistato, quale contratto a causa mista finalizzato all'acquisizione di una professionalità qualificata, richiede la sussistenza di un effettivo e adeguato programma formativo, la cui mancanza determina la trasformazione del rapporto in un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall'inizio. Ove il lavoratore assunto con contratto di apprendistato possieda già una professionalità specifica superiore a quella richiesta per il livello di inquadramento previsto, il contratto di apprendistato è privo di causa e deve essere dichiarato nullo, con conseguente accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall'inizio. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo presuppone l'effettività e la non pretestuosità della riorganizzazione aziendale, con la conseguente soppressione del posto di lavoro, nonché il nesso di causalità tra la ragione organizzativa addotta e il recesso datoriale, non essendo sufficiente la mera redistribuzione delle mansioni tra il personale rimasto in servizio. In caso di accertata illegittimità del licenziamento per carenza del giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro è tenuto alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro o, in alternativa, al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'anzianità di servizio.
Il tutore, quale pubblico ufficiale investito di funzioni pubbliche, è penalmente responsabile del delitto di peculato per l'appropriazione indebita di somme e valori di cui abbia la disponibilità nell'esercizio delle sue funzioni, anche in assenza di una condotta permanente, essendo sufficiente la prova di plurime movimentazioni imputabili esclusivamente al tutore, il quale abbia omesso di dare conto della destinazione dei valori non rinvenuti, contravvenendo all'obbligo di rendiconto. La qualificazione giuridica del fatto come peculato, e non come truffa, è ravvisabile in ragione della disponibilità di base dei beni che già inerisce all'incarico di tutore, a prescindere dall'autorizzazione del giudice tutelare per talune operazioni, laddove il peculato si configura non tanto nello smobilizzo o nell'investimento in sé, ma nel mancato rendiconto della sorte finale dei valori movimentati in rappresentanza dell'incapace. Pertanto, la gravità della condotta appropriativa, valutata in relazione all'entità rilevante dei valori sottratti, e l'intensità del dolo, desunta dal concreto approfittamento del ruolo assunto, legittimano l'irrogazione di una pena severa, nonché l'applicazione della misura di sicurezza patrimoniale della confisca per equivalente, senza che assumano rilievo eventuali modeste spese effettuate dal tutore nell'interesse dell'incapace.
Il tutore di un incapace, nell'esercizio delle sue funzioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale. L'appropriazione di somme di denaro di cui venga in possesso per ragione del suo ufficio integra il reato di peculato e non quello di appropriazione indebita. Il tutore ha l'obbligo di redigere e presentare i rendiconti periodici e il rendiconto finale previsti dalla legge, il cui mancato adempimento costituisce il reato di omissione di atti d'ufficio, a prescindere dal fatto che tali omissioni siano state o meno tollerate in passato dai giudici tutelari. L'elemento psicologico del reato di omissione di atti d'ufficio è integrato dal dolo generico, ovvero dalla consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere adeguatamente motivato sulla base della gravità del fatto, commesso per mera bramosia di denaro, e dell'atteggiamento di iattanza tenuto dall'imputato nel fornire le proprie giustificazioni. In caso di diffusione della sentenza, devono essere oscurate le generalità e gli altri dati identificativi delle parti private, in applicazione della normativa sulla privacy.
La valutazione di un titolo posseduto dal candidato in un concorso pubblico deve essere effettuata in modo ragionevole e proporzionato, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del titolo stesso, in applicazione dei criteri previsti dal bando. L'attribuzione di un punteggio manifestamente irragionevole e sproporzionato rispetto al titolo posseduto, in violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, comporta l'annullamento della valutazione ai fini del riesame della stessa. In particolare, il titolo di "tutor istruzionale" per la formazione di personale specializzato, rilasciato su designazione dirigenziale e che presuppone una particolare competenza professionale, deve essere valutato con un punteggio adeguato, quantomeno pari al minimo previsto per gli incarichi di docenza, in applicazione dei criteri stabiliti dal bando di concorso.
Il tutore di un incapace, nell'esercizio delle sue funzioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale e l'appropriazione di somme di cui venga in possesso per ragione del suo ufficio integra il reato di peculato, e non quello di appropriazione indebita, anche qualora l'appropriazione sia avvenuta in violazione di specifiche autorizzazioni del giudice tutelare. L'autorizzazione del giudice tutelare, infatti, esplicita soltanto il vincolo di destinazione delle somme, la cui violazione da parte del tutore integra comunque il reato di peculato. Inoltre, la mancata concessione delle attenuanti generiche può essere adeguatamente motivata dalla gravità dei reati, desunta dalle modalità dell'azione, dal numero delle condotte, dalla reiterazione nel tempo, dall'entità del danno, dalla spregiudicatezza dell'azione da parte di un soggetto particolarmente qualificato per la professione forense e di commercialista rivestita e per il ruolo di curatore fallimentare, nonché da precedenti penali, ancorché risalenti. Infine, la pena accessoria dell'interdizione legale durante la pena può essere revocata in caso di riduzione della pena principale, in applicazione della disciplina speciale prevista dall'articolo 317-bis c.p.
Il giudice, nel dichiarare lo stato di adottabilità di un minore, deve accertare in modo approfondito e attuale l'incapacità dei genitori di svolgere adeguatamente il proprio ruolo genitoriale, valutando la possibilità di un loro recupero entro tempi compatibili con le esigenze di crescita e sviluppo del minore. Pur privilegiando il mantenimento del rapporto familiare, il preminente interesse del minore impone di dichiarare lo stato di adottabilità quando risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro un lasso di tempo ragionevole, tenuto conto del fattore tempo che gioca diversamente nella vita del minore rispetto all'adulto. La dichiarazione di adottabilità costituisce pertanto un'extrema ratio, fondata sull'accertamento della non recuperabilità della capacità genitoriale, a seguito di un percorso di sostegno e di verifica dell'evoluzione della situazione familiare, e non può essere disposta sulla base della sola condizione socio-economica o culturale dei genitori, dovendo emergere l'effettiva incapacità di questi di assicurare al minore un ambiente idoneo al suo sviluppo psico-fisico. Il giudice deve altresì valutare la possibilità di mantenere comunque alcuni aspetti del rapporto familiare, ove ciò risulti compatibile con le esigenze del minore.
Il tutore di un interdetto ha il dovere di vigilare sulla gestione della procedura concorsuale che lo riguarda e di adottare tempestivamente le iniziative necessarie a tutelare gli interessi personali e patrimoniali dell'interdetto. Tuttavia, per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata adozione di tali iniziative, l'interdetto o i suoi eredi devono dimostrare la probabile fondatezza delle azioni che si sarebbero potute intraprendere e i conseguenti benefici patrimoniali che ne sarebbero derivati. Il mero ritardo nella nomina di un professionista incaricato di verificare la gestione della procedura concorsuale non è sufficiente a far sorgere la responsabilità del tutore, se non viene provato che tale ritardo abbia effettivamente pregiudicato gli interessi dell'interdetto.
Il contratto di apprendistato professionalizzante è un contratto a causa mista con finalità formative, per cui il datore di lavoro è tenuto a organizzare un piano formativo per l'apprendista e a provvedere alla sua formazione teorica e pratica. In caso di mancata formazione, il contratto di apprendistato deve essere convertito ab origine in un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Tuttavia, la breve durata del rapporto di lavoro può giustificare il mancato svolgimento immediato della formazione teorica, purché il datore di lavoro abbia comunque predisposto le condizioni per l'attività formativa, come l'affiancamento dell'apprendista a un tutor esperto. Il datore di lavoro può legittimamente licenziare per giusta causa l'apprendista che, senza alcuna ragione, aggredisca fisicamente il datore di lavoro, violando gravemente gli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro e il vincolo fiduciario che lo caratterizza. In tal caso, il licenziamento non può essere considerato ritorsivo, in assenza di prova di un intento esclusivo e determinante del datore di lavoro di punire il lavoratore per ragioni estranee all'addebito contestato.
Il datore di lavoro è tenuto ad adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore successivamente acquisito, ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Il demansionamento si configura quando il datore di lavoro adibisce il lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto. Tuttavia, il risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, ma richiede una specifica allegazione e prova, da parte del lavoratore, dell'esistenza di un pregiudizio oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Inoltre, il contratto di apprendistato deve essere stipulato in forma scritta e contenere il piano formativo individuale, la cui mancata redazione comporta la conversione del rapporto in un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Il licenziamento intimato in assenza di una valida motivazione è inefficace, con conseguente diritto del lavoratore alla riassunzione o, in alternativa, al risarcimento del danno nella misura di 2,5-6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Il contratto di apprendistato professionalizzante è caratterizzato dall'obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all'acquisizione, da parte dell'apprendista, di una qualificazione professionale. Tale obbligo formativo rappresenta l'elemento essenziale di tale speciale figura contrattuale, la cui mancata o inadeguata attuazione determina la trasformazione del rapporto in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall'inizio. Il giudice, nel valutare la genuinità del contratto di apprendistato, deve accertare l'effettivo svolgimento della formazione prevista, sia interna che esterna all'azienda, nonché l'effettivo esercizio da parte del datore di lavoro dei poteri di organizzazione e direzione nei confronti dell'apprendista, essendo irrilevante la mera gestione amministrativa del rapporto. Ove l'inadempimento degli obblighi formativi sia totale o di non scarsa importanza, il contratto di apprendistato deve essere qualificato come ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall'inizio. Quanto al licenziamento, il giudice deve verificare la sussistenza dei fatti posti a suo fondamento, la loro gravità e la proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla condotta del lavoratore, tenendo conto dei criteri di cui all'art. 30 della L. n. 183/2010. In caso di violazione dell'obbligo di motivazione o delle procedure di cui all'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, il giudice dichiara l'estinzione del rapporto di lavoro e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria, da un minimo di 2 ad un massimo di 6 mensilità della retribuzione, in misura proporzionata all'anzianità di servizio, al numero di dipendenti, alle dimensioni dell'impresa e al comportamento delle parti.
Non è impugnabile, per carenza di interesse, l'ordinanza con la quale il giudice del dibattimento disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la diversità del fatto ritenuto rispetto a quello contestato, trattandosi di provvedimento meramente processuale, non incidente sul merito della regiudicanda, sulla competenza del giudice o sullo "status libertatis" del giudicabile, e tale da non compromettere la possibilità di difendersi nell'instaurando procedimento, in relazione alla diversa ipotesi di reato.
Il tutore, il curatore e l'amministratore di sostegno, nell'esercizio delle funzioni di protezione giuridica loro affidate dall'Autorità Giudiziaria, sono tenuti ad amministrare il patrimonio dei soggetti tutelati con la diligenza del buon padre di famiglia, rispondendo in proprio dei danni cagionati ai beneficiari per violazione dei propri doveri, anche in caso di delega a terzi professionisti, in quanto gli stessi sono considerati ausiliari del tutore/curatore/amministratore di sostegno, sottoposti ai suoi poteri di direzione e controllo. L'ente pubblico nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno non può esimersi dalla responsabilità per i danni causati ai soggetti protetti dal professionista delegato alla gestione del patrimonio, in quanto è tenuto a vigilare sull'operato di quest'ultimo e a selezionarlo con la dovuta diligenza, rispondendo in proprio per colpa in eligendo e in vigilando. Il professionista incaricato risponde in via diretta nei confronti dei soggetti tutelati per l'appropriazione indebita delle somme prelevate dai conti correnti a loro intestati.
Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.