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Il trust è un istituto giuridico riconosciuto nell'ordinamento italiano in virtù della Convenzione dell'Aja del 1985, ratificata con Legge n. 364/1989, che consente la segregazione patrimoniale di beni e diritti conferiti da un disponente (settlor) sotto il controllo di un trustee, nell'interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno scopo determinato. Affinché il trust sia considerato valido e riconoscibile ai sensi della Convenzione, è necessario che i beni conferiti siano effettivamente separati dal patrimonio personale del disponente e sottoposti al controllo e all'amministrazione del trustee, il quale è tenuto a gestirli nel rispetto delle finalità prefissate nell'atto istitutivo, anche in presenza di poteri di controllo e di indirizzo attribuiti ad un guardiano (protector). Il trust autodichiarato, in cui il disponente e il trustee coincidono nella stessa persona, è parimenti riconoscibile purché siano rispettati i requisiti essenziali di segregazione patrimoniale e di destinazione dei beni al perseguimento di uno scopo meritevole di tutela. La validità delle singole clausole dell'atto istitutivo del trust va valutata alla luce della legge regolatrice prescelta, che nel caso di specie è quella inglese. La tutela dei diritti dei legittimari eventualmente lesi dalle disposizioni del trust non si realizza attraverso la declaratoria di nullità dell'atto istitutivo, bensì mediante l'esercizio dell'azione di riduzione, la cui legittimazione spetta esclusivamente ai legittimari o ai loro eredi o aventi causa, e che può essere esperita solo all'apertura della successione del disponente.
Il vincolo di destinazione urbanistica imposto dal piano regolatore generale, anche se incidente su beni determinati, non ha carattere espropriativo qualora lasci residuare uno spazio di intervento del privato, sia pure in regime di concessione, consentendo uno sfruttamento economico privatistico armonico con la destinazione impressa. Tali vincoli conformativi, volti a individuare la funzionalità generale cui deve tendere l'utilizzo di determinate aree, non sono soggetti alla decadenza quinquennale prevista per i vincoli espropriativi, ma hanno validità a tempo indeterminato e non danno luogo all'obbligo di indennizzo. L'Amministrazione comunale, pertanto, non è tenuta a provvedere sulla richiesta di riclassificazione di tali aree, in assenza di un obbligo giuridico di riesame derivante dalla decadenza del vincolo.
Il vincolo di destinazione a "Zone per la viabilità" imposto dal Piano Regolatore Generale su un determinato lotto di terreno, finalizzato alla realizzazione di un'opera pubblica di infrastruttura stradale, costituisce un vincolo preordinato all'esproprio ai sensi dell'art. 9 del D.P.R. n. 327/2001, con conseguente obbligo di dichiarazione di pubblica utilità entro il termine quinquennale, decorso il quale il vincolo decade. Tale vincolo, incidente su beni determinati e non su una intera categoria di beni, comporta una rilevantissima compressione del diritto di proprietà, non connaturale al sistema vigente, senza prevedere una destinazione realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, e pertanto non può essere qualificato come mero vincolo conformativo di zonizzazione, pena la violazione dei principi affermati dalla Corte Costituzionale in materia di tutela del diritto di proprietà. Conseguentemente, l'Amministrazione è tenuta a valutare l'istanza di riqualificazione urbanistica presentata dal proprietario del lotto interessato dal vincolo, in considerazione del decorso del termine quinquennale senza la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.
Il vincolo di destinazione urbanistica imposto dall'amministrazione comunale nell'esercizio del potere di pianificazione territoriale, anche se di natura conformativa e non espropriativa, non è soggetto a decadenza e non può essere rimosso unilateralmente dal privato proprietario. Tale vincolo, finalizzato alla realizzazione di opere e strutture di interesse pubblico generale, come strade, verde pubblico e attrezzature collettive, è opponibile al proprietario anche in assenza di un formale atto di cessione o di un procedimento ablatorio, essendo sufficiente l'approvazione dello strumento urbanistico che lo prevede. Il proprietario, pur mantenendo la titolarità del diritto reale, è tenuto a conformare il proprio uso del bene alle prescrizioni urbanistiche, senza poter pretendere una riqualificazione unilaterale delle aree. L'amministrazione, nell'esercizio del potere di pianificazione, può legittimamente imporre vincoli conformativi sulla proprietà privata, anche senza procedere a espropriazione, purché tali vincoli siano funzionali alla realizzazione di opere e infrastrutture di interesse pubblico generale e non risultino sproporzionati o irragionevoli. Il proprietario, in tali casi, non può invocare la decadenza del vincolo per decorso del tempo, essendo tenuto a rispettare la destinazione urbanistica imposta dallo strumento di pianificazione, anche in assenza di un formale procedimento ablatorio o di un atto di cessione.
Il vincolo di destinazione a viabilità esistente impresso su una proprietà privata deve corrispondere all'effettiva dimensione e conformazione della strada, risultante da una puntuale ricognizione dello stato dei luoghi. Qualora il piano regolatore generale rappresenti graficamente una viabilità di dimensioni maggiori rispetto a quelle reali, invadendo indebitamente la proprietà privata, tale previsione è illegittima per travisamento della realtà e difetto di istruttoria. Inoltre, il vincolo espropriativo così impresso non può essere reiterato oltre i termini di legge senza la previsione di un adeguato indennizzo a favore del proprietario. In tali casi, il Comune è tenuto a procedere con una variante specifica al piano regolatore per adeguare la cartografia alla situazione di fatto, eliminando il vincolo illegittimo sulla proprietà privata.
Il vincolo di destinazione a parcheggio imposto dalla legge urbanistica per le nuove costruzioni costituisce un limite legale di natura pubblicistica alla proprietà privata, che si traduce in un diritto reale di uso a favore di tutti i condomini dell'edificio, il quale non può essere derogato da atti privati di disposizione degli spazi interessati. Tale vincolo sussiste indipendentemente dalla provenienza della dichiarazione che lo attesta, purché essa sia conforme alla normativa vigente, e non può essere eliso da successivi atti negoziali relativi all'area. Tuttavia, l'amministrazione procedente è tenuta a compiere un'istruttoria completa e approfondita, anche in relazione a eventuali difformità costruttive rispetto ai titoli edilizi originari che possano incidere sull'estensione e sulla quantificazione del vincolo, senza limitarsi a considerazioni meramente formali. In particolare, la mancata realizzazione di parcheggi previsti nei titoli edilizi precedenti e l'abusiva edificazione di aree originariamente destinate a parcheggio devono essere adeguatamente valutate al fine di determinare correttamente l'area residua legalmente vincolata, senza che ciò possa comportare automaticamente l'estensione del vincolo alla proprietà di terzi, ove la soddisfazione dello stesso possa trovare capienza all'interno delle aree pertinenziali dell'edificio condominiale.
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