Sentenze recenti violenza assistita

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  • Il Tribunale, accertata l'irreversibile cessazione dell'affectio coniugalis tra i coniugi, dispone la separazione personale, rigettando la domanda di addebito in assenza di prova di comportamenti imputabili a uno solo dei coniugi tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Pur in presenza di una conflittualità elevata tra i genitori, non emergendo condotte di grave pregiudizio nei confronti della prole, il Tribunale dispone l'affidamento condiviso della figlia minore, con collocamento presso la madre, prescrivendo al padre di collaborare lealmente con la madre per le decisioni inerenti l'educazione, la cura e l'assistenza della minore, di astenersi dal coinvolgerla nel conflitto coniugale e di concordare con la madre i tempi di permanenza della figlia presso di sé. Il Tribunale, nel regolare i rapporti economici, pone a carico del padre un contributo al mantenimento della figlia, oltre al concorso nelle spese straordinarie, in proporzione ai redditi dei coniugi.

  • Il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all'art. 572 c.p. si configura quando l'agente, con una pluralità di condotte violente, fisiche e verbali, reiterate nel tempo anche se in un limitato contesto temporale, determina una condizione di abituale patimento psichico e fisico della persona offesa, ledendone l'incolumità e la dignità, senza che sia necessario che le condotte siano poste in essere per un tempo prolungato. Il dolo richiesto è di tipo generico, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà di sottoporre la vittima a tale regime di vita familiare vessatorio. Le lesioni personali aggravate commesse in occasione e in esecuzione del delitto di maltrattamenti, pur essendo autonome fattispecie, non sono assorbite in quest'ultimo reato, configurandosi un concorso formale di reati, con la conseguente applicazione dell'aggravante di cui all'art. 576 n. 5 c.p. La sospensione della responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 34 co. 2 c.p. può essere disposta anche quando il reato di maltrattamenti sia stato commesso con la circostanza aggravante di cui all'art. 572 co. 2 c.p., in quanto tale condotta integra l'abuso della responsabilità genitoriale, essendo idonea a incidere negativamente sulla crescita e sull'evoluzione psico-fisica dei figli minori, costretti ad assistere alla violenza. La sostituzione della pena detentiva con la semilibertà, ai sensi dell'art. 53 L. n. 689/1981, può essere disposta quando il condannato dimostri un concreto percorso di ravvedimento e di reinserimento sociale, anche attraverso l'assunzione di responsabilità economica nei confronti della famiglia.

  • Il maltrattamento abituale in famiglia, anche se non accompagnato da lesioni fisiche gravi, integra il reato di cui all'art. 572 c.p. e può essere provato dalle dichiarazioni della persona offesa, purché sottoposte a un rigoroso vaglio di credibilità oggettiva e soggettiva, anche in assenza di denunce pregresse o certificazioni mediche, quando tali dichiarazioni risultino coerenti, prive di elementi di esagerazione e trovino riscontri esterni nelle testimonianze di terzi e negli atti di polizia giudiziaria. La presenza di un minore che assiste ai maltrattamenti nei confronti di un genitore costituisce una circostanza aggravante del reato di cui all'art. 572 c.p., ai sensi dell'art. 61 n. 11 quinquies c.p., e non un autonomo reato di maltrattamenti in danno del figlio, in applicazione del principio di cui all'art. 84 c.p. che esclude il concorso di reati quando la legge considera un fatto come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un solo reato.

  • L'abuso sessuale di persona interdetta, affetta da grave disabilità mentale, da parte di un operatore sociale che ne aveva il dovere di tutela e assistenza, integra il reato di violenza carnale, non configurandosi alcuna ipotesi di minore gravità, in quanto la totale incapacità della vittima di esprimere consenso e di opporsi agli atti sessuali subiti, unitamente all'abuso della posizione di potere e di garanzia dell'agente, rendono il fatto particolarmente odioso e lesivo della dignità e dell'integrità psico-fisica della persona offesa, con conseguente diritto al risarcimento del danno biologico e morale, anche in favore dei prossimi congiunti.

  • Il maltrattamento abituale del coniuge, consistente in umiliazioni, vessazioni e violenze fisiche e psicologiche, tali da rendere particolarmente dolorosa e intollerabile la convivenza, integra il reato di cui all'art. 572 c.p. e comporta la condanna del reo alla pena della reclusione, anche in continuazione con le lesioni personali arrecate in esecuzione di tale condotta. Il giudice, nel determinare la pena, deve tenere conto delle circostanze attenuanti generiche e della continuazione tra i reati, riconoscendo come più grave il reato di maltrattamenti. La condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita è altresì pronunciata, con dichiarazione di provvisoria esecutività.

  • Il delitto di violenza privata tutela la libertà psichica dell'individuo, reprimendo genericamente fatti di coercizione non espressamente considerati da altre norme di legge. La nozione di violenza è riferibile a qualsiasi atto o fatto posto in essere dall'agente, che si risolva nella coartazione della libertà fisica o psichica del soggetto passivo, inducendolo, contro la sua volontà, a fare, tollerare o omettere qualcosa. La violenza può consistere anche in una "violenza impropria", realizzata attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione, anche senza che il responsabile abbia compiuto atti di violenza o minaccia in senso stretto, purché il suo contegno assuma carattere di intimidazione in rapporto all'ambiente in cui la vicenda si svolge e la minaccia risulti idonea a eliminare o ridurre sensibilmente la capacità di autodeterminazione della persona offesa. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dall'assenza di elementi favorevoli, avuto riguardo alla gravità dell'azione e al contesto in cui essa è maturata, nonché dalla valutazione della capacità a delinquere del reo, desunta anche dalla sua biografia criminale, senza che ciò comporti una illegittima sovrapposizione di valutazioni. In tema di condizioni di procedibilità, la sopravvenienza della procedibilità a querela non opera come una ipotesi di abolitio criminis, prevalente sulla declaratoria di inammissibilità del ricorso, essendo onere della parte interessata attivare correttamente il rapporto processuale di impugnazione.

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