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La pubblica amministrazione, nell'adottare un provvedimento amministrativo, è tenuta a valutare attentamente la situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, considerando anche le eventuali modifiche intervenute durante il procedimento, in applicazione del principio del "tempus regit actum". Pertanto, il provvedimento che non tenga conto di tali mutamenti sopravvenuti è affetto da difetto di istruttoria e deve essere annullato, fermo restando il potere dell'amministrazione di riesercitare il proprio potere decisorio nel rispetto dell'effetto conformativo derivante dalla pronuncia di annullamento.
La conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso di soggiorno per motivi di lavoro o attesa occupazione, ai sensi dell'art. 32, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 286/1998, è subordinata al previo parere favorevole del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per i minori stranieri non accompagnati affidati o sottoposti a tutela, ovvero al requisito della permanenza triennale in Italia e dell'ammissione per almeno due anni in un progetto di integrazione sociale e civile per i minori non affidati o sottoposti a tutela. In assenza di tali presupposti, la Questura è legittimata a respingere la richiesta di conversione, non potendosi applicare in via estensiva la disciplina dell'affidamento di cui alla Legge n. 184/1983 in caso di mancata adozione del provvedimento di affidamento o tutela da parte dell'Autorità competente. Inoltre, il mancato rilascio del parere da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, imponendo tuttavia all'Amministrazione di effettuare ulteriori approfondimenti istruttori. Infine, la particolare condizione personale dello straniero, da poco divenuto maggiorenne, può essere tutelata attraverso altri strumenti previsti dalla normativa di settore, come l'affidamento ai servizi sociali disposto dal Tribunale per i Minorenni ai sensi dell'art. 13 della Legge n. 47/2017.
Il mancato invio di una comunicazione di integrazione documentale all'indirizzo di posta elettronica indicato dal richiedente nella domanda di emersione non determina la conoscenza legale del provvedimento di rigetto della domanda, essendo necessaria la notifica individuale all'interessato per far decorrere il termine di impugnazione. Inoltre, l'omessa pronuncia su motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado non comporta la formazione del giudicato, consentendo la riproposizione della domanda in un separato giudizio.
La marcatura CE dei dispositivi medico-diagnostici in vitro, ai sensi della Direttiva 98/79/CE, non impone l'obbligo di una ulteriore certificazione cumulativa che attesti il conforme impiego combinato tra strumentazione e reagenti, né un onere di indicazione nelle istruzioni d'uso o nell'inserto del prodotto della performance analitica di ciascun reagente riferita specificamente a ogni strumento analitico col quale possa trovare impiego. La normativa di gara, nel richiedere la validazione delle metodiche di coagulazione sugli strumenti offerti, si soddisfa con la semplice indicazione puntuale, nell'offerta tecnica, dei passaggi della documentazione in cui è rilevabile tale caratteristica, senza necessità di produrre ulteriore documentazione tecnico-scientifica a comprova. Pertanto, l'offerta di un operatore economico che abbia dichiarato la validazione dei reagenti di coagulazione sulla strumentazione offerta, indicando i relativi riferimenti documentali, deve ritenersi conforme alla lex specialis di gara, senza che possa essere esclusa per la mancata produzione di ulteriore documentazione tecnica non espressamente richiesta dalla disciplina di gara.
La valutazione della congruità dell'offerta economica in una procedura di gara pubblica è un potere tecnico-discrezionale della stazione appaltante, che deve essere esercitato in modo globale e sintetico, senza una parcellizzazione o atomizzazione delle singole voci di costo. Il giudizio di anomalia deve riguardare l'affidabilità complessiva dell'offerta ai fini della corretta esecuzione dell'appalto, senza che la mera difformità di alcune voci di costo rispetto a parametri di riferimento (come le tabelle ministeriali sul costo del lavoro) sia di per sé sufficiente a dimostrare l'incongruità dell'offerta, purché questa risulti nel suo complesso sostenibile e realizzabile. Le giustificazioni presentate dall'offerente in sede di verifica dell'anomalia possono anche contenere precisazioni o compensazioni tra sottostime e sovrastime, senza che ciò comporti una modifica radicale dell'offerta originaria, a condizione che l'equilibrio economico complessivo dell'offerta rimanga inalterato e che essa continui a dare garanzia di una seria esecuzione del contratto. Il controllo giurisdizionale su tale valutazione tecnico-discrezionale è limitato alla manifesta irragionevolezza o arbitrarietà dell'operato della stazione appaltante, non potendosi sindacare singoli profili di presunta incongruità in modo parcellizzato.
Il giudice amministrativo gode di ampia discrezionalità nel disporre la compensazione delle spese processuali, potendo valutare in via equitativa ogni elemento utile senza essere vincolato a specifiche motivazioni, purché non condanni alle spese la parte risultata vittoriosa o adotti statuizioni abnormi. La valutazione di merito sulla compensazione delle spese non è sindacabile per difetto di motivazione, essendo censurabile solo qualora le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte vittoriosa.
Il termine per l'impugnazione di un provvedimento di aggiudicazione di una gara pubblica decorre dalla data di pubblicazione dello stesso sull'albo pretorio on-line della stazione appaltante, anche qualora la comunicazione individuale ai partecipanti sia avvenuta in data successiva. Ai fini della tempestività del ricorso, rileva la conoscenza del provvedimento di aggiudicazione da parte del concorrente non aggiudicatario, a prescindere dalla conoscenza di tutti i documenti di gara, salvo che l'interessato abbia presentato tempestiva istanza di accesso agli atti, nel qual caso il termine per l'impugnazione decorre dalla data di conoscenza degli atti di gara acquisiti in esito all'accesso. Le valutazioni tecniche espresse dalla commissione giudicatrice nell'ambito della procedura di gara, in assenza di manifesta illogicità o erroneità, sono espressione di ampia discrezionalità tecnica e, pertanto, non sindacabili in sede giurisdizionale.
Il diritto di accesso agli atti amministrativi è subordinato al rispetto delle formalità previste dalla legge e dal regolamento dell'ente, tra cui la sottoscrizione dell'istanza da parte del diretto interessato o di un suo rappresentante munito di idonea documentazione. L'istanza di accesso che non rispetti tali requisiti formali non può dar luogo ad alcun obbligo di provvedere in capo all'amministrazione, la quale può legittimamente invitare il richiedente a riformulare la richiesta in conformità alle disposizioni vigenti. Ove l'interessato non ottemperi a tale invito, il successivo ricorso giurisdizionale avverso il mancato riscontro dell'istanza deve essere dichiarato manifestamente infondato, non potendosi configurare alcuna ipotesi di diniego illegittimo dell'accesso. Inoltre, il presupposto per l'ammissione al gratuito patrocinio è la non manifesta infondatezza delle pretese che l'interessato intende far valere; pertanto, allorché il giudizio si concluda con una sentenza di rigetto per manifesta infondatezza dell'impugnazione, deve ritenersi integrata la fattispecie che legittima il diniego o la revoca del beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, quale precipitato applicativo del principio di trasparenza, è riconosciuto dalla legge a favore di chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a situazioni giuridicamente tutelate e collegate al documento richiesto, anche se tale interesse non sia strettamente connesso a un giudizio pendente o da instaurarsi. L'interesse difensivo, in particolare, non deve essere inteso in senso restrittivo, ma deve essere valutato in modo ampio e comprensivo, ricomprendendo anche la possibilità di esperire rimedi straordinari come la revocazione, nonché l'interesse a verificare il permanere dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti in una procedura di gara, anche in vista di future iniziative. Pertanto, il diritto di accesso non può essere negato per il solo fatto che il giudizio principale sia stato definito, né può essere limitato alla sola documentazione già in possesso del richiedente, dovendo l'amministrazione rendere accessibili tutti i documenti detenuti, anche interni, purché attinenti all'attività di pubblico interesse, fermo restando il limite della materiale esistenza degli stessi e dell'impossibilità di elaborare nuovi dati. Il giudice amministrativo, nel valutare la sussistenza dell'interesse all'accesso, non deve effettuare un'indagine approfondita sulla decisività o ammissibilità dei documenti richiesti nell'eventuale giudizio, essendo sufficiente la prospettazione di un interesse difensivo plausibile e pertinente.
Il requisito di "monitoraggio e controllo esterno (anche con datalogger) della temperatura di incubazione dei campioni" previsto in una gara per la fornitura di un sistema analitico per la ricerca di batteri e miceti su campioni biologici deve essere interpretato in modo funzionale, tenendo conto della sua ratio e finalità di consentire il controllo costante della temperatura all'interno dell'incubatore senza necessità di aprirlo, al fine di scongiurare alterazioni dei risultati degli esami. Pertanto, tale requisito è soddisfatto da un dispositivo che permette di rilevare la temperatura interna dall'esterno mediante sonde e display, anche senza datalogger, purché consenta di verificare in modo semplice il corretto funzionamento del prodotto. Analogamente, il requisito della "capacità dello strumento di identificare i flaconi scaduti al momento dell'inserimento" è rispettato da un sistema che, pur non generando una reportistica storica, identifica automaticamente i flaconi scaduti impedendone l'utilizzo. Infine, l'omessa dichiarazione di subcontratti di modico valore per l'erogazione di attività formative accessorie, non rientranti nell'oggetto principale dell'appalto, non comporta l'esclusione del concorrente, in assenza di specifiche previsioni in tal senso nella lex specialis di gara.
Il piano paesaggistico regionale (PTPR) può legittimamente prevedere il divieto di installazione di cartelloni pubblicitari in determinate aree vincolate, anche in deroga alla disciplina del Codice della strada, in quanto tale pianificazione paesaggistica costituisce espressione di un potere discrezionale ampio e articolato, volto alla tutela complessiva e dettagliata del territorio regionale, che prevale sulle disposizioni di settore. Pertanto, l'installazione di impianti pubblicitari in violazione di tali previsioni del PTPR legittima l'adozione da parte del Comune di un provvedimento di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi della normativa paesaggistica e urbanistica, a prescindere dalla pregressa autorizzazione rilasciata dall'ANAS. Il Comune, infatti, è tenuto a valutare la compatibilità delle opere con la disciplina paesaggistica vigente al momento dell'adozione del provvedimento, anche in presenza di precedenti autorizzazioni rilasciate da altri enti, non potendo invocare la specialità della disciplina del Codice della strada, che comunque prevede la rimozione degli impianti pubblicitari non autorizzati. La tutela del paesaggio, in quanto valore costituzionalmente rilevante, prevale sulla libertà di iniziativa economica, la quale rimane subordinata alle esigenze di salvaguardia del patrimonio paesaggistico.
Il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo può essere legittimamente adottato quando il giudizio di pericolosità sociale dell'interessato, desumibile dalla gravità e attualità dei reati commessi, dalle modalità di commissione, dalle recenti condanne penali e dal concreto pericolo di reiterazione di condotte illecite, prevalga sulla valutazione della sua condizione di inserimento sociale, anche in presenza di richieste di misure alternative alla detenzione ancora pendenti. Il principio di proporzionalità impone di bilanciare le esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica con il diritto allo sviluppo della personalità e all'unità familiare dello straniero, ma tale bilanciamento può essere risolto a favore della revoca del permesso di soggiorno quando il pericolo per la collettività risulti attuale e concreto, in ragione della gravità e della recenza dei fatti delittuosi accertati con sentenze definitive, nonché dell'elevato rischio di recidiva, senza che assumano rilievo determinante le circostanze favorevoli di carattere personale e familiare, ove queste non siano idonee a neutralizzare il giudizio di pericolosità sociale.
Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato non può essere negato per la sola carenza di disponibilità di idonea sistemazione alloggiativa, qualora l'interessato dimostri di possedere gli altri requisiti previsti dalla legge, come un lavoro a tempo indeterminato e un'adeguata situazione reddituale, in assenza di profili di pericolosità sociale. L'Amministrazione ha l'onere di valutare attentamente tutti gli elementi sopravvenuti, anche successivamente all'adozione del provvedimento impugnato, che incidano sulla situazione giuridica dell'interessato, in applicazione del principio della ragione più liquida e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in un'ottica di tutela sostanziale della posizione giuridica del cittadino straniero, in assenza di ragioni ostative. Il giudice amministrativo, in tali casi, non si limita a verificare la legittimità formale dell'atto, ma è chiamato a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata, tenendo conto della evoluzione della situazione di fatto e di diritto intervenuta nel corso del giudizio.
Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato può essere rinnovato anche in presenza di irregolarità amministrative sanabili, come il mancato versamento dei contributi previdenziali dovuto a difficoltà temporanee del datore di lavoro, purché il lavoratore dimostri di possedere un contratto di lavoro a tempo indeterminato che gli consente di superare il requisito reddituale minimo. In tali casi, l'Amministrazione ha l'onere di approfondire l'istruttoria, valutando in modo sostanzialistico la situazione complessiva del richiedente, anziché limitarsi a una mera verifica formale dei requisiti. Il giudice amministrativo, nell'esaminare la legittimità del diniego di rinnovo, deve tenere conto non solo della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento, ma anche degli elementi sopravvenuti, purché rilevanti ai fini della tutela della posizione giuridica sostanziale dell'interessato. Ciò in applicazione del principio della ragione più liquida e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, che impongono al giudice di esaminare tutti gli aspetti rilevanti della vicenda, al fine di assicurare una tutela effettiva e completa della posizione del ricorrente.
Il professionista è tenuto a fornire al consumatore, fin dal primo contatto pubblicitario, informazioni chiare, complete e veritiere sulle caratteristiche essenziali del servizio offerto, senza che la mera possibilità per il consumatore di reperire ulteriori dettagli in un secondo momento possa sanare l'iniziale ingannevolezza del messaggio promozionale. Pertanto, il claim pubblicitario che enfatizzi in modo assoluto e senza adeguati temperamenti una caratteristica del servizio, come la tempestività della consegna, senza rappresentare contestualmente le effettive percentuali di ritardo e le condizioni di rimborso, integra una pratica commerciale scorretta, idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio. L'Autorità, nel valutare la gravità della violazione e nell'irrogare la relativa sanzione, può tenere conto della posizione di rilievo del professionista nel mercato di riferimento, della diffusione della pratica e del suo impatto in termini numerici e percentuali, indipendentemente dalla rilevanza statistica del dato di disservizio rispetto all'intero portafoglio clienti, essendo sufficiente che la pratica sia astrattamente idonea a incidere sulle scelte dei consumatori.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il diritto di difesa della parte ricorrente deve essere garantito attraverso la partecipazione del suo difensore alla discussione orale in udienza pubblica, anche in caso di richiesta di discussione da remoto presentata da altra parte. Il giudice non può precludere la partecipazione alla discussione al difensore della parte ricorrente che non abbia presentato apposita istanza, in quanto tale onere non è previsto dalla normativa di rango primario e secondario applicabile. In particolare, il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134 del 2020, adottato in attuazione dell'art. 4 del d.l. n. 28/2020, costituisce l'unica fonte legittimata a dettare le regole tecnico-operative per la sperimentazione e l'applicazione del processo amministrativo telematico, e prevale sulle eventuali disposizioni di rango inferiore emanate dai singoli uffici giudiziari in contrasto con essa. Pertanto, il mancato rispetto del diritto di difesa della parte ricorrente, attraverso la pretermissione del suo difensore dalla discussione orale, determina l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.
Il termine perentorio per la presentazione di una domanda di accesso a benefici pubblici, fissato in un bando o avviso, deve essere rispettato in modo rigoroso, senza possibilità di deroghe o interpretazioni estensive, al fine di garantire la parità di trattamento e la certezza delle situazioni giuridiche di tutti i partecipanti. Pertanto, il mancato rispetto anche di pochi secondi del termine previsto comporta l'irricevibilità della domanda, in quanto il termine deve intendersi scaduto all'esatto compimento dell'orario indicato, senza ulteriori margini temporali. Tale interpretazione, conforme ai principi di imparzialità, buon andamento, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, sottrae la fase di presentazione delle domande a qualsiasi forma di discrezionalità da parte della pubblica amministrazione procedente, assicurando il rispetto della par condicio tra i concorrenti. Eventuali ritardi, anche minimi, nella presentazione della domanda non possono essere giustificati o sanati in nome del favor partecipationis, dovendo prevalere l'esigenza di certezza e di parità di trattamento tra i partecipanti alla procedura.
Il titolo edilizio è necessario per la realizzazione di manufatti non precari e destinati alla stabile fruizione del suolo pubblico, a prescindere dalla loro eventuale precarietà strutturale, rimovibilità o assenza di opere murarie, come nel caso di chioschi. La presenza di una concessione amministrativa per l'occupazione del suolo pubblico non può ingenerare un legittimo affidamento del privato tale da escludere l'obbligo di munirsi del titolo edilizio, in quanto l'interesse pubblico al rispetto della legalità urbanistica ed edilizia prevale sull'interesse privato. L'ordine di demolizione di un manufatto abusivo realizzato su suolo pubblico è un provvedimento vincolato e non richiede una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse, essendo sufficiente il mero accertamento della violazione della normativa urbanistica ed edilizia. Il titolare attuale dell'abuso, anche se non responsabile della sua realizzazione, non può vantare un legittimo affidamento sulla conservazione del manufatto in assenza del prescritto titolo edilizio.
Il Comune, nell'esercizio della propria potestà urbanistico-pianificatoria e nell'ambito dell'autonomia statutaria e normativa, può disciplinare l'attività edilizia e introdurre limitazioni ritenute necessarie a salvaguardare e tutelare il patrimonio edilizio esistente, anche in deroga alle definizioni nazionali, purché nel rispetto del principio di sussidiarietà. Pertanto, il Comune può vietare modifiche della sagoma e del volume di un edificio, anche se contenute entro il limite del 2% previsto dall'art. 34-bis del d.P.R. n. 380/2001, qualora tali interventi risultino in contrasto con la specifica disciplina urbanistica comunale, come nel caso di ristrutturazione edilizia che non ammette alterazioni planivolumetriche. L'altezza massima di un edificio va misurata in relazione alle preesistenze, all'intradosso dell'ultimo solaio praticabile o alla linea di gronda se più alta, senza possibilità di effettuare medie tra fronti con altezze differenti. L'innalzamento di una falda del tetto per raggiungere l'altezza dell'altra, pur senza incremento volumetrico complessivo, costituisce comunque modifica della sagoma vietata dalla normativa comunale. Infine, eventuali novità normative sopravvenute, come le nuove tolleranze costruttive introdotte successivamente, non possono essere prese in considerazione ai fini della valutazione della legittimità del provvedimento originariamente impugnato, che va effettuata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione.
Il servizio prestato dal militare in sedi ordinarie e in sedi disagiate deve essere valutato separatamente ai fini dell'attribuzione del punteggio previsto dal bando di concorso, senza che sia consentita una duplicazione o triplicazione della valutazione dello stesso periodo di servizio. La qualifica di "idoneo non vincitore" in un precedente concorso non può essere riconosciuta al candidato che non abbia superato la soglia di sbarramento prevista dal bando, non essendo stato inserito in graduatoria. In assenza di espressa previsione nel bando di concorso, non può essere attribuito punteggio aggiuntivo per il possesso di onorificenze o benemerenze non espressamente indicate, non essendo consentita un'interpretazione analogica o estensiva da parte della commissione esaminatrice. Le disposizioni sugli avanzamenti o promozioni previste dal d.lgs. n. 95/2017 si applicano esclusivamente al personale in servizio alla data di entrata in vigore del decreto, con conseguente salvezza degli effetti delle procedure per le promozioni già effettuate o aventi decorrenza anteriore a tale data.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha affermato i seguenti principi di diritto: 1. Gli atti di polizia giudiziaria contenuti nel fascicolo di un procedimento amministrativo non rientrano nel perimetro applicativo degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990 sul diritto di accesso, in quanto vige l'obbligo di segreto per tutta la fase delle indagini preliminari ai sensi dell'art. 329 c.p.p., non potendo l'amministrazione divulgarli sino alla relativa conclusione. 2. L'obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi presentati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo non impone all'Amministrazione una formale, analitica confutazione in merito a ogni argomento ivi esposto, essendo sufficientemente adeguata un'esternazione motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell'azione amministrativa alle loro deduzioni partecipative. 3. Il privato che intende realizzare un intervento edilizio in sanatoria, che travalichi i limiti posti dalle norme urbanistiche, non può escludere un limite conformativo con lo strumento attuativo particolareggiato realizzando l'intervento abusivamente e poi chiedendone la sanatoria. 4. Nell'ambito di una domanda di permesso di costruire in sanatoria, il Comune è tenuto a verificare la conformità dell'intervento edilizio alla normativa urbanistica vigente, non potendosi il privato avvalere della mera tesi della cessazione dei vincoli d'inedificabilità per mancata adozione del piano particolareggiato. 5. La nozione di "volume tecnico" si riferisce a un'opera priva di autonomia funzionale, destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della stessa. Pertanto, un intervento edilizio di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, deve essere computato a ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell'altezza e delle distanze. 6. Nell'ambito di una domanda di permesso di costruire in sanatoria, le ragioni dell'abusività dell'intervento edilizio sono autosufficienti e non dipendono dall'esito di una eventuale precedente domanda di condono.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha stabilito che l'amministrazione, nel procedimento di revoca di agevolazioni concesse per la realizzazione di un programma di investimenti, deve motivare adeguatamente la scelta di procedere alla revoca totale anziché alla revoca parziale, valutando attentamente lo stato di avanzamento dei lavori e l'impatto del ritardo sul raggiungimento degli obiettivi prefissati. In particolare, la normativa contrattuale prevede due distinte ipotesi di revoca: la revoca totale, ai sensi dell'art. 9.1.1, in caso di mancata ultimazione degli investimenti entro i termini previsti, e la revoca parziale, ai sensi dell'art. 9.1.2, qualora il programma non venga completato entro i termini, ma i minori investimenti non determinino il mancato raggiungimento degli obiettivi. Pertanto, l'amministrazione, nel procedimento di revoca, deve verificare attentamente lo stato di avanzamento dei lavori, individuare le opere soggette a previo parere della Soprintendenza e quelle eventualmente realizzabili senza, e valutare l'impatto del ritardo sul raggiungimento degli obiettivi prefissati, motivando adeguatamente la scelta di procedere alla revoca totale anziché parziale. In mancanza di tale motivazione, il provvedimento di revoca totale è illegittimo per difetto di motivazione.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha affermato il seguente principio di diritto: L'Amministrazione, nell'organizzare la propria attività utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, deve realizzare sistemi informatici che consentano l'effettivo riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese, nel rispetto dei principi di semplificazione e partecipazione. Pertanto, la rigidità di un sistema informatico predisposto dall'Amministrazione, che non consente di inserire le attività effettivamente svolte dal richiedente l'agevolazione fiscale, non può essere di pregiudizio per il privato, il quale ha agito in buona fede compilando i prospetti messi a disposizione. In tal caso, l'Amministrazione non può negare l'agevolazione sulla base della mancata corrispondenza tra le dichiarazioni del richiedente e quelle dei soggetti che hanno usufruito dei suoi servizi, quando tale difformità è dipesa esclusivamente dall'impossibilità, imposta dal sistema informatico, di indicare puntualmente le attività effettivamente svolte. L'Amministrazione, in ossequio ai principi di collaborazione e buona fede che devono improntare i suoi rapporti con il cittadino, è tenuta a valutare la sostanza dell'attività svolta, anche attraverso ulteriori elementi probatori forniti dal privato, senza limitarsi a riscontrare mere difformità formali derivanti dall'utilizzo di un sistema informatico inidoneo allo scopo.
Il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano nazionale di controllo delle salmonellosi negli avicoli, in particolare l'omessa effettuazione dell'autocontrollo al momento dello spostamento o movimentazione degli animali nel locale destinato alla deposizione e il mancato esecuzione dell'autocontrollo ogni 15 settimane a partire dall'età di 24 ± 2 settimane delle galline, comporta il diniego dell'indennità prevista dalla legge n. 218 del 2008 per gli animali abbattuti a seguito di accertata positività alla salmonellosi. Tale diniego è legittimo in quanto la ratio della norma è quella di evitare che dalla commissione di violazioni delle norme di polizia veterinaria possa derivare un ingiustificato arricchimento del trasgressore, risultando incoerente, anche dal punto di vista sistematico, ritenere che il beneficio economico possa essere erogato a chi abbia posto in essere una trasgressione a norme a tutela di interessi primari quali la salute pubblica. Pertanto, il mancato rispetto delle prescrizioni del Piano nazionale di controllo delle salmonellosi negli avicoli, accertato dall'amministrazione, costituisce un valido presupposto per il diniego dell'indennità, non potendo il privato invocare l'affidamento o la buona fede in presenza di una sua condotta negligente e in violazione di norme poste a tutela di interessi generali. Inoltre, il provvedimento di diniego dell'indennità, che si fonda su più autonome ragioni, non è illegittimo per il mancato inserimento delle indicazioni di cui all'art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990, trattandosi di una mera irregolarità formale, né può essere annullato in autotutela, in quanto l'amministrazione ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale.
La mancanza dei requisiti di conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui si svolge un'attività commerciale, nonché l'intervenuta acquisizione di tali locali al patrimonio comunale a seguito di accertata abusività, costituiscono autonome e sufficienti ragioni per disporre la cessazione dell'attività, a prescindere dalla titolarità di precedenti abilitazioni o autorizzazioni, in quanto la conformità urbanistica rappresenta un presupposto imprescindibile per l'esercizio di attività commerciali, la cui carenza preclude la prosecuzione dell'attività stessa, anche in assenza di una specifica revoca dei titoli abilitativi. L'acquisizione al patrimonio comunale dei locali utilizzati per l'attività, a seguito di accertata abusività edilizia, legittima altresì l'ordine di cessazione dell'attività, in quanto i locali non sono più nella disponibilità del titolare. Né rileva, ai fini della prosecuzione dell'attività, la dedotta possibilità di sanatoria degli abusi edilizi, una volta intervenuta l'acquisizione dei beni al patrimonio comunale. Parimenti, non assumono rilievo eventuali precedenti titoli abilitativi non espressamente revocati, atteso che la mancanza di conformità urbanistica e l'acquisizione dei locali al patrimonio pubblico costituiscono di per sé elementi sufficienti a precludere lo svolgimento dell'attività commerciale, a prescindere dalla formale revoca di precedenti provvedimenti. Infine, le disposizioni in materia di liberalizzazione di alcune attività commerciali non incidono sulla necessità della conformità urbanistica dei locali in cui si svolge l'attività, né sulla legittimità del provvedimento di cessazione fondata su tale carenza.
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