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La presenza di reati ostativi, ai sensi degli artt. 5 e 26 del d.lgs. n. 286/1998, non può operare automaticamente come causa ostativa al rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, in quanto tale automatismo è stato superato dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale n. 88/2023, la quale ha chiarito che la commissione di tali reati non determina necessariamente e in modo inderogabile il diniego del titolo di soggiorno, essendo necessaria una valutazione caso per caso che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti, tra cui la gravità del reato, il tempo trascorso, il comportamento successivo del richiedente e il suo effettivo inserimento sociale e lavorativo. Pertanto, l'Amministrazione è tenuta a un riesame puntuale della fattispecie, senza poter applicare in modo rigido e automatico le cause di esclusione previste dalla normativa, dovendo invece effettuare una valutazione complessiva e proporzionata della situazione del richiedente, al fine di bilanciare le esigenze di ordine pubblico e sicurezza con il diritto allo sviluppo della vita privata e familiare dello straniero.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il processo amministrativo è informato al principio dispositivo, in base al quale la parte che ha attivato il giudizio può, sino al momento in cui la causa viene trattenuta in decisione, dichiarare di non avere più interesse all'annullamento degli atti impugnati, determinando così l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo. Tale principio trova applicazione anche nel caso in cui il ricorrente abbia impugnato il silenzio-rigetto formatosi sull'istanza di accesso agli atti, in quanto il processo amministrativo è comunque rimesso alla disponibilità della parte che lo ha attivato.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche è competente a conoscere dei ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che, sebbene adottati da autorità diverse da quelle preposte alla tutela delle acque pubbliche, incidono in maniera diretta e immediata sul regime delle acque pubbliche e sulla realizzazione di opere idrauliche, interferendo con il sistema di utilizzazione delle acque stesse. Ciò in quanto la giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. a) del R.D. n. 1775/1933, ha per oggetto i ricorsi per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche. Tale giurisdizione specializzata si estende non solo agli atti provenienti da organi istituzionalmente preposti alla cura del settore delle acque pubbliche, ma anche a quelli adottati da altre autorità, purché incidano in maniera diretta e non occasionale sul regime delle acque pubbliche e sul relativo demanio. Pertanto, rientrano nella competenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche anche i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi, come ordinanze sindacali, che prescrivono interventi di polizia idraulica sui corsi d'acqua pubblici, finalizzati alla messa in sicurezza e al miglioramento del deflusso idraulico, in quanto tali atti interferiscono direttamente con l'utilizzazione delle acque pubbliche e la realizzazione di opere idrauliche, indipendentemente dalla natura dell'autorità che li ha adottati.
Il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) rilasciato dalla Regione Calabria per un progetto di deposito preliminare e trattamento di rifiuti connesso a un progetto di bonifica di discariche e aree industriali in un sito di interesse nazionale (SIN) è legittimo, a condizione che il sito di smaltimento finale dei rifiuti trattati sia individuato al di fuori del territorio regionale, in conformità alle indicazioni della Regione Calabria e degli enti territoriali locali. Tale prescrizione, volta a garantire la tutela dell'ambiente e della salute pubblica, rientra nei poteri della Regione di disciplinare la gestione dei rifiuti nel proprio territorio, nel rispetto dei principi di prevenzione e prossimità, nonché dell'esigenza di assicurare un corretto smaltimento dei rifiuti in siti idonei e adeguatamente autorizzati, al di fuori delle aree maggiormente compromesse dal punto di vista ambientale. La scelta di individuare il sito di smaltimento finale al di fuori della Regione Calabria, pur non essendo un obbligo assoluto, risulta giustificata dall'elevato grado di compromissione ambientale del territorio regionale, in particolare dell'area SIN interessata dal progetto, e dalla necessità di evitare ulteriori pressioni sull'ambiente locale, privilegiando soluzioni che consentano di indirizzare i rifiuti verso impianti di smaltimento collocati in aree meno sensibili sotto il profilo ambientale e sanitario. Tale prescrizione, pertanto, non eccede i limiti dei poteri regionali in materia di gestione dei rifiuti e risulta proporzionata e ragionevole al fine di tutelare in modo adeguato l'ambiente e la salute pubblica, senza imporre un onere eccessivo o sproporzionato all'operatore economico interessato.
Il provvedimento amministrativo di diniego del rinnovo del porto d'armi per uso caccia, fondato esclusivamente su un precedente penale per il quale l'interessato è stato successivamente assolto, è illegittimo in quanto la valutazione di affidabilità e buona condotta dell'istante deve essere effettuata sulla base di elementi concreti e attuali, idonei a fondare un giudizio prognostico di inaffidabilità e pericolo di abuso del titolo, senza poter fare riferimento a vicende giudiziarie conclusesi con sentenza di assoluzione. L'amministrazione, in sede di riesame, è tenuta a valutare la complessiva condotta dell'interessato, senza poter fondare il diniego esclusivamente su un precedente penale ormai superato per effetto della pronuncia assolutoria.
Il Comune, d'intesa con l'Azienda Sanitaria Locale, è tenuto a predisporre, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale per la piena integrazione della persona disabile nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 328/2000 e della legge regionale n. 23/2003. Tale obbligo, gravante sull'amministrazione comunale, implica la valutazione diagnostico-funzionale o il Profilo di funzionamento della persona disabile, l'individuazione delle prestazioni di cura e riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, del Piano educativo individualizzato a cura delle istituzioni scolastiche, dei servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché delle misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Il progetto individuale deve essere definito tenendo conto delle potenzialità e degli eventuali sostegni per il nucleo familiare, nell'ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli artt. 18 e 19 della legge n. 328/2000. In caso di inerzia dell'amministrazione comunale, il giudice amministrativo può nominare un Commissario ad acta per l'adozione del provvedimento, senza tuttavia poter entrare nel merito della definizione del progetto individuale, riservata alla discrezionalità dell'ente locale.
Il diritto di accesso agli atti amministrativi, disciplinato dalla legge n. 241/1990, si applica non solo alle pubbliche amministrazioni in senso stretto, ma anche ai soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, purché tale attività sia disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. Tuttavia, quando l'istanza di accesso riguarda attività di diritto privato, come il contratto di conto corrente bancario, essa non rientra nell'ambito di applicazione della normativa sull'accesso, essendo estranea all'attività di pubblico interesse. Diversamente, l'accesso è ammesso per gli atti relativi all'attività pubblicistica dell'ente, come fatture, giustificativi e atti di pagamento, la cui conoscenza è necessaria per la tutela di posizioni giuridiche soggettive, come nel caso di un creditore che intenda verificare la destinazione di somme vincolate ai sensi di una specifica normativa.
Il riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata dal personale del comparto scuola assunto con contratti a tempo determinato ai fini della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato, con conseguente disapplicazione delle disposizioni contrattuali che commisurano la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale, costituisce un principio di diritto di diretta applicazione, in attuazione della clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/70/CE. Tale principio impone all'amministrazione scolastica di procedere al ricalcolo dell'anzianità di servizio e al pagamento delle relative differenze retributive, senza che il giudice dell'ottemperanza possa sindacare ulteriori profili non espressamente statuiti nel giudicato, dovendo limitarsi ad accertare l'avvenuta esecuzione di quanto disposto dalla sentenza passata in giudicato.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare il ricorso per l'ottemperanza di un decreto della Corte d'Appello che condannava il Ministero della Giustizia al pagamento di una somma a titolo di equa riparazione, ha affermato i seguenti principi di diritto: 1. Il decreto giurisdizionale che ha acquisito autorità di giudicato deve essere prontamente eseguito dalla pubblica amministrazione, senza che sia necessaria la notificazione del titolo esecutivo e il decorso del relativo termine dilatorio. 2. Decorsi sei mesi dalla richiesta di esecuzione del decreto senza che l'amministrazione vi abbia dato seguito, il giudice amministrativo può nominare un Commissario ad acta per provvedere all'adempimento, con oneri a carico dell'amministrazione inadempiente. 3. Le spese del giudizio di ottemperanza, liquidate dal giudice sulla base dei parametri previsti per l'esecuzione mobiliare, devono essere rimborsate dall'amministrazione soccombente. In caso di ulteriore inerzia, il Commissario ad acta può provvedere direttamente al pagamento di tali spese. 4. Il principio di pienezza e concentrazione delle tutele giurisdizionali, nonché ragioni di economia processuale, impongono di attribuire al Commissario ad acta il compito di dare esecuzione integrale al dictum giurisdizionale, compreso il pagamento delle spese di lite, al fine di evitare un ulteriore giudizio di ottemperanza.
Il ritardo ingiustificato dell'amministrazione nel riscontrare la richiesta di accesso agli atti, pur quando la documentazione richiesta sia successivamente fornita, comporta la condanna alle spese di lite a carico dell'amministrazione medesima in applicazione del principio della soccombenza virtuale, in quanto il ritardo nell'esercizio del diritto di accesso lede il diritto di difesa del cittadino e determina un ingiustificato aggravio di oneri e spese a suo carico. L'amministrazione è tenuta a garantire il tempestivo esercizio del diritto di accesso agli atti, quale corollario del principio di trasparenza e buon andamento, senza imporre al cittadino oneri e spese ulteriori per ottenere l'accesso a documenti di cui è già titolare. Il ritardo nell'esercizio del diritto di accesso, pur quando la documentazione sia successivamente fornita, integra una condotta illegittima dell'amministrazione che deve essere sanzionata con la condanna alle spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza virtuale, a tutela del diritto di difesa e del buon andamento dell'azione amministrativa.
L'amministrazione ha l'obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di acquisizione sanante di cui all'art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, al fine di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto e far venir meno la situazione di occupazione sine titulo dell'immobile, provvedendo in alternativa all'acquisizione o alla restituzione del bene. Qualora l'amministrazione rimanga inerte, il giudice amministrativo può nominare un commissario ad acta che provveda in via sostitutiva. La scelta tra acquisizione e restituzione rientra nella discrezionalità dell'amministrazione, mentre le pretese di carattere patrimoniale, come l'indennizzo o il risarcimento del danno, possono essere esaminate solo dopo che sia stato chiarito il regime proprietario del terreno.
La controversia avente ad oggetto la richiesta di pagamento del canone dovuto per l'occupazione abusiva di un'area demaniale appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto riguarda la quantificazione dell'indennizzo preteso dall'amministrazione per l'occupazione sine titulo di tale area, senza che assuma rilievo un potere di intervento della pubblica amministrazione a tutela di interessi generali. Ciò in quanto la controversia non coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, né investe l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone, ma si configura come una questione relativa ai rispettivi diritti soggettivi delle parti nell'ambito di un rapporto paritetico. Pertanto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, dinanzi al quale la controversia potrà essere riassunta nei termini di cui all'articolo 11 del codice del processo amministrativo.
Il diritto di accesso civico generalizzato, di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, consente ai cittadini di accedere a dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di un interesse diretto, concreto e attuale, al fine di promuovere la trasparenza e la partecipazione democratica. Tale diritto può essere esercitato nei confronti di tutti i soggetti pubblici, incluse le aziende sanitarie, che sono tenute a fornire riscontro alle richieste di accesso entro trenta giorni, salvo i casi di esclusione o differimento previsti dalla legge. Il silenzio serbato dalla pubblica amministrazione interpellata integra una violazione dell'obbligo di provvedere, legittimando il ricorrente a chiedere l'intervento del giudice amministrativo per ottenere l'ostensione dei documenti richiesti o l'adozione di un provvedimento espresso. Tuttavia, il venir meno dell'interesse del ricorrente, per sopravvenuta acquisizione dei dati richiesti, determina l'improcedibilità del ricorso, con compensazione delle spese di lite, in considerazione della novità della fattispecie in materia di epidemia da SARS-CoV2.
Il diritto di accesso civico generalizzato, introdotto dal d.lgs. n. 33/2013, rappresenta una "rivoluzione copernicana" nell'ordinamento nazionale, in quanto consente a "chiunque" di accedere a dati e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione, senza necessità di dimostrare un interesse specifico e senza alcun onere di motivazione. Tale diritto, dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull'attività amministrativa e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonché a promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, è protetto in sé, salvo che non ricorrano specifiche eccezioni di legge relative a esigenze di riservatezza o di tutela di interessi pubblici o privati prevalenti. Pertanto, l'amministrazione è tenuta a fornire i dati richiesti attraverso l'esercizio del diritto di accesso civico generalizzato, a meno che non dimostri la sussistenza di una delle predette eccezioni, le quali devono essere interpretate in modo restrittivo, in ossequio ai principi di trasparenza e buon andamento dell'azione amministrativa. In caso di inerzia dell'amministrazione, il giudice amministrativo può condannarla all'ostensione dei documenti richiesti e, in caso di persistente inadempimento, nominare un commissario ad acta per l'adempimento dell'obbligo.
Il diritto di accesso civico generalizzato, introdotto dal d.lgs. n. 33/2013 come modificato dal d.lgs. n. 97/2016, rappresenta una "rivoluzione copernicana" nell'ordinamento nazionale, in quanto consente a "chiunque" di accedere a dati e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione, senza necessità di dimostrare un interesse specifico e senza alcun onere di motivazione. Tale diritto, dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull'attività amministrativa e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonché a promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, è protetto in sé, in attuazione dei principi di trasparenza e buon andamento, salvo che non vi siano contrarie ragioni di interesse pubblico o privato, meglio declinate nell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013. Ne consegue che, in assenza di tali eccezioni, l'amministrazione è tenuta a fornire i dati richiesti, senza poter opporre alcun rifiuto, pena la condanna all'ostensione della documentazione e, in caso di persistente inerzia, la nomina di un commissario ad acta per l'adempimento.
Il diritto del paziente affetto da disturbi dello spettro autistico ad ottenere dall'Azienda Sanitaria Pubblica la somministrazione, anche in via indiretta, del trattamento riabilitativo mediante la metodologia ABA, indicata dalle linee guida per il trattamento di tale patologia, è un diritto soggettivo perfetto, che sorge in capo al paziente a seguito di una sentenza passata in giudicato che ne abbia accertato l'esistenza. L'Azienda Sanitaria è pertanto tenuta a sottoporre il paziente agli accertamenti diagnostici necessari, a prescrivere la terapia ABA più appropriata rispetto alle sue condizioni di salute, a prenderlo in carico e ad assicurargli l'erogazione diretta o indiretta dei relativi trattamenti sanitari. Qualora l'Azienda Sanitaria non abbia dato esecuzione alla sentenza, il paziente ha diritto al rimborso delle spese autonomamente sostenute per l'acquisto delle terapie necessarie, senza che l'Amministrazione possa contestare l'appropriatezza del metodo ABA o l'idoneità del professionista che le ha erogate, salvo che non dimostri di aver indirizzato il paziente verso strutture pubbliche o private convenzionate per l'erogazione di tali trattamenti. Il giudice amministrativo, nell'ambito del giudizio di ottemperanza, può quindi accertare il diritto del paziente al rimborso di tali spese, in quanto tale accertamento è funzionale e strumentale all'esecuzione della sentenza passata in giudicato, senza che ciò comporti un'indebita invasione della sfera di competenza del giudice ordinario. Il mancato adempimento da parte dell'Azienda Sanitaria degli obblighi derivanti dalla sentenza passata in giudicato legittima il paziente a chiedere la nomina di un commissario ad acta per l'esecuzione della stessa.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è che, in materia di concorsi pubblici, il soccorso istruttorio deve essere ammesso per consentire ai candidati di sanare irregolarità o omissioni meramente formali nella presentazione della domanda di partecipazione, senza compromettere la par condicio tra i concorrenti, al fine di garantire una selezione equa dei migliori candidati nell'interesse pubblico. Pertanto, l'amministrazione non può escludere un candidato dalla procedura concorsuale per la mancata allegazione di un titolo o requisito effettivamente posseduto, se questo può essere facilmente integrato senza alterare la posizione degli altri partecipanti. Il limite all'attivazione del soccorso istruttorio sussiste solo quando si tratta di mancata allegazione di un requisito di partecipazione o di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché in tal caso consentire l'integrazione successiva violerebbe il principio di parità di trattamento. Tuttavia, ove i titoli siano già in possesso dell'amministrazione, è sufficiente che nella domanda di partecipazione vi sia l'esatta indicazione dei loro estremi, senza necessità di allegare nuovamente la relativa documentazione.
Il Comune non può ordinare la demolizione di un manufatto edilizio in presenza di un titolo abilitativo ancora efficace, senza previamente annullare in autotutela tale titolo. Infatti, il mero richiamo a precedenti pronunce giurisdizionali che hanno annullato un provvedimento di archiviazione di un procedimento di autotutela, senza disporre l'annullamento dei titoli edilizi, non legittima l'ordine di demolizione, in quanto il titolo edilizio originario rimane valido ed efficace. L'Amministrazione comunale, pertanto, è tenuta a riattivarsi nel procedimento di autotutela, seguendo le indicazioni del giudice amministrativo, e a concluderlo con la motivata adozione - o meno - di un provvedimento di annullamento dei titoli edilizi, prima di poter disporre la demolizione delle opere realizzate. Il mancato rispetto di tale sequenza procedimentale determina l'illegittimità dell'ordine di demolizione, in quanto viola il principio del giudicato e il divieto di elusione dello stesso.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'ambito di una procedura di gara per l'affidamento di un servizio di conduzione, gestione e manutenzione degli impianti a servizio degli immobili di un'Azienda Ospedaliero Universitaria, ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dalla società esclusa dalla gara per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto la stessa società ricorrente aveva comunicato la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che, nel giudizio amministrativo, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile qualora sopravvenga il difetto di interesse della parte ricorrente, in applicazione dell'art. 35, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo. Ciò in quanto il processo amministrativo, essendo volto alla tutela di situazioni giuridiche soggettive, presuppone la permanenza dell'interesse del ricorrente per tutta la durata del giudizio. Pertanto, il venir meno dell'interesse della parte ricorrente, per fatti sopravvenuti, determina l'improcedibilità del ricorso, a prescindere dalla fondatezza o meno delle censure inizialmente proposte. La dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse consente di evitare un inutile dispendio di attività processuale, in quanto il giudizio non avrebbe più alcuna utilità pratica per il ricorrente. Tale principio si applica anche nel caso in cui il ricorrente abbia inizialmente proposto domande di annullamento e di risarcimento del danno, in quanto il venir meno dell'interesse all'annullamento determina l'improcedibilità dell'intero ricorso, compresa la domanda risarcitoria. Inoltre, la sentenza evidenzia che le spese di lite possono essere compensate dal giudice amministrativo in ragione della peculiarità della fattispecie, in applicazione del principio di equità processuale, che consente di derogare al criterio della soccombenza ove ricorrano giusti motivi.
Il ricorso amministrativo è dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse della parte ricorrente, in quanto la stessa ha manifestato la carenza di interesse alla decisione del giudizio. Il principio di diritto affermato nella sentenza è che, ai fini della declaratoria di estinzione del processo amministrativo, è sufficiente la mera dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse da parte del ricorrente, senza che sia necessaria la sussistenza di un interesse attuale alla decisione del ricorso. Tale principio si fonda sull'art. 35, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo, che prevede l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. La sentenza sottolinea come, in presenza di tale dichiarazione, il giudice non debba procedere alla delibazione dell'istanza di estinzione, essendo sufficiente la manifestazione di carenza di interesse da parte del ricorrente. Inoltre, la decisione di compensare le spese di lite è motivata dalla peculiarità della fattispecie, in cui il ricorrente ha rinunciato al proprio interesse alla decisione del giudizio.
La mancata autorizzazione per le attività di autosmaltimento e recupero dei veicoli incidentati non costituisce motivo di esclusione dalla procedura di appalto per il servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto di sequestro amministrativo, fermo o confisca, in quanto tali attività non sono inscindibilmente connesse al deposito dei veicoli e possono essere svolte in altri impianti autorizzati. Inoltre, la presentazione di certificazioni relative alle acque di dilavamento e di prima e seconda pioggia, che dimostrano il rispetto dei limiti di inquinanti, è sufficiente a comprovare la regolarità dell'area di deposito, senza che sia necessaria un'autorizzazione specifica per lo scarico in corpi idrici diversi dalla rete fognaria. Infine, la mancata trasmissione di documentazione antincendio, se successivamente prodotta, non può costituire motivo di esclusione, dovendo la stazione appaltante valutare attentamente tutta la documentazione presentata dal concorrente prima di adottare un provvedimento di esclusione.
La pubblica amministrazione è tenuta all'esecuzione spontanea e integrale delle sentenze passate in giudicato, senza che sia necessaria l'attivazione di un giudizio di ottemperanza. Il mancato adempimento dell'obbligo di esecuzione della sentenza definitiva, entro il termine di 120 giorni dalla sua notificazione, legittima il ricorso all'ottemperanza e la nomina di un commissario ad acta per l'adempimento coattivo, con addebito delle relative spese a carico dell'amministrazione inadempiente. Il giudice amministrativo, in sede di giudizio di ottemperanza, è tenuto a dichiarare l'obbligo dell'amministrazione di dare esecuzione alla sentenza passata in giudicato, assegnando un termine perentorio per l'adempimento e, in caso di ulteriore inerzia, a nominare un commissario ad acta per l'esecuzione coattiva del giudicato, a spese dell'amministrazione.
Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, rientra nel cd. pubblico impiego privatizzato, disciplinato dalle disposizioni che regolano i rapporti di lavoro subordinato nel campo privatistico e regolato contrattualmente. Pertanto, le controversie relative a detti rapporti di lavoro sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, con la sola eccezione delle controversie in materia di procedure concorsuali indette per l'assunzione alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e di quelle inerenti i particolari rapporti di lavoro tratteggiati all'art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001. Conseguentemente, i provvedimenti adottati dall'amministrazione scolastica nell'esercizio dei poteri propri del privato datore di lavoro, quali quelli impugnati nel presente giudizio, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto configurabili soltanto diritti soggettivi, e non poteri discrezionali pubblicistici. Pertanto, il ricorso proposto avanti il giudice amministrativo deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
Il giudicato formatosi sulle sentenze del Tribunale di Cosenza e della Corte d'Appello di Catanzaro, confermate dalla Corte di Cassazione, impone all'amministrazione comunale intimata l'obbligo giuridico di dare esatta esecuzione alle statuizioni ivi contenute, corrispondendo alle ricorrenti le somme riconosciute loro dovute, comprensive degli accessori e degli interessi dalla proposizione del ricorso sino all'effettivo soddisfo. In caso di perdurante inadempienza, il Tribunale Amministrativo Regionale nomina un commissario ad acta con il compito di provvedere all'integrale esecuzione del giudicato, con addebito delle relative spese a carico dell'amministrazione comunale. Il principio di diritto affermato è espressione del generale dovere di leale collaborazione tra poteri dello Stato e della necessità di assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, attraverso il rispetto e l'attuazione dei provvedimenti giudiziari passati in giudicato, anche nei confronti della pubblica amministrazione. Tale principio, di rango costituzionale, si fonda sull'art. 24 Cost. e sull'art. 111 Cost., nonché sull'art. 112, comma 2, lett. c), del Codice del Processo Amministrativo, ed è volto a garantire l'attuazione del diritto di azione e di difesa e l'effettività della tutela giurisdizionale, impedendo che l'inerzia o il rifiuto della pubblica amministrazione di dare esecuzione ai giudicati possa vanificare l'accertamento giudiziale dei diritti. Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esercizio dei propri poteri di ottemperanza, assicura il rispetto di tale principio, ordinando l'adempimento coattivo del giudicato e, in caso di ulteriore inadempienza, nominando un commissario ad acta con il compito di provvedere all'integrale esecuzione della sentenza, al fine di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale e il rispetto della legalità.
Il diritto di accesso a una strada pubblica, finalizzato all'esercizio di un diritto di proprietà su terreni ad essa confinanti, configura una situazione giuridica di diritto soggettivo, non rientrante nella giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo. Pertanto, l'azione proposta avverso il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione sull'istanza di ripristino della percorribilità di una strada comunale, pur essendo ammissibile in quanto finalizzata all'emanazione di un provvedimento espresso, non fonda la giurisdizione del giudice amministrativo, la quale presuppone la sussistenza di un interesse legittimo. In tali casi, il provvedimento emanato dalla pubblica amministrazione in seguito alla proposizione del ricorso, ancorché di rigetto della richiesta, determina la cessazione della materia del contendere, con conseguente compensazione delle spese di giudizio tra le parti, in considerazione del fondato dubbio sulla giurisdizione.
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