Sentenze recenti Tribunale Amministrativo Regionale Piemonte - Torino

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  • Il giudizio di non ammissione di uno studente all'esame di Stato conclusivo del ciclo di studi si fonda sulla valutazione discrezionale dell'amministrazione scolastica circa il raggiungimento da parte dello studente di un livello di competenze adeguato per affrontare proficuamente l'esame, tenuto conto del suo rendimento scolastico complessivo, con particolare riferimento alle discipline di indirizzo. Tale giudizio non è viziato dalla mancata attivazione di corsi di recupero o dalla mancata comunicazione alla famiglia dell'andamento scolastico, in quanto la non ammissione si basa esclusivamente sulla constatazione oggettiva dell'insufficiente preparazione dello studente, senza alcuna finalità punitiva, essendo volta a consentirgli di riattivare un processo positivo di crescita con tempi adeguati ai suoi ritmi personali. Pertanto, la decisione di non ammissione all'esame di Stato, adeguatamente motivata in relazione alle specifiche carenze formative dello studente, rientra nella discrezionalità tecnica dell'amministrazione scolastica e non può essere sindacata in sede giurisdizionale, salvo che non risulti affetta da manifesta irragionevolezza o illogicità.

  • Il mancato rispetto del termine perentorio assegnato dal giudice per il deposito della prova della notificazione ai controinteressati comporta l'improcedibilità del ricorso, senza che possa trovare applicazione l'istituto dell'errore scusabile, in quanto la perentorietà del termine è espressamente indicata nell'ordinanza che lo ha fissato. Il giudice, in tali casi, è tenuto a dichiarare l'improcedibilità del ricorso, con compensazione delle spese di lite in ragione della peculiarità della questione che ha determinato la chiusura in rito del giudizio.

  • Il mancato rispetto del termine perentorio assegnato dal giudice per il deposito della prova della notifica ai controinteressati comporta l'improcedibilità del ricorso, senza possibilità di invocare l'errore scusabile, in quanto la perentorietà del termine è espressamente indicata nell'ordinanza che lo ha fissato, determinando in tal modo la decadenza dal diritto d'azione. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che il mancato rispetto di un termine perentorio fissato dal giudice per l'integrazione del contraddittorio nei confronti di controinteressati comporta l'improcedibilità del ricorso, senza possibilità di invocare l'errore scusabile. Ciò in quanto la perentorietà del termine, esplicitamente indicata nell'ordinanza che lo ha fissato, determina la decadenza dal diritto d'azione in caso di inosservanza. Tale principio si fonda sulla giurisprudenza amministrativa consolidata, secondo cui i termini assegnati dal giudice per l'integrazione del contraddittorio e per il deposito della relativa prova hanno carattere perentorio, di modo che la loro inosservanza comporta l'improcedibilità del ricorso. Questa regola non ammette deroghe per errore scusabile, in quanto la chiara indicazione della perentorietà del termine nell'ordinanza non lascia spazio a dubbi interpretativi. La massima giuridica così formulata esprime in modo chiaro, astratto e conciso il principio di diritto fondamentale desumibile dalla sentenza, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato e senza riferimenti al caso specifico, citazioni non essenziali o dettagli procedurali. Il testo è autosufficiente, applicabile a casi analoghi e contiene le principali argomentazioni e ragionamenti presenti nella motivazione della decisione.

  • Il giudice amministrativo, in sede di giudizio di ottemperanza, è tenuto ad ordinare all'amministrazione soccombente di dare esecuzione al giudicato formatosi su una precedente sentenza, entro un termine perentorio, e, in caso di persistente inadempimento, a nominare un commissario ad acta affinché, in sostituzione dell'amministrazione, ponga in essere tutti gli atti necessari all'integrale attuazione delle statuizioni giudiziali. Il giudice, inoltre, condanna l'amministrazione al pagamento delle spese di lite, con distrazione in favore del procuratore antistatario. Tale pronuncia si fonda sul principio di effettività della tutela giurisdizionale, in base al quale l'ordinamento deve garantire l'esecuzione delle decisioni giudiziarie, anche attraverso l'attivazione di poteri sostitutivi, al fine di assicurare la piena realizzazione del diritto riconosciuto in sede giurisdizionale. Ciò si pone in linea con il dovere di leale collaborazione tra poteri dello Stato e con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, che impongono alle autorità amministrative di conformarsi prontamente alle sentenze passate in giudicato. Il giudice, pertanto, nel giudizio di ottemperanza, esercita un penetrante controllo sull'adempimento degli obblighi derivanti dal giudicato, potendo adottare misure coercitive e sostitutive per garantirne l'effettiva esecuzione, in ossequio ai principi di effettività della tutela e di buon andamento dell'azione amministrativa.

  • Il giudice amministrativo, nell'ambito di un giudizio di ottemperanza, è tenuto a dichiarare la cessazione della materia del contendere qualora l'amministrazione resistente abbia spontaneamente adempiuto alle statuizioni contenute nel provvedimento giurisdizionale oggetto di esecuzione, provvedendo al pagamento integrale delle somme dovute. In tale ipotesi, il giudice condanna l'amministrazione al rimborso delle spese di lite in applicazione del principio della c.d. "soccombenza virtuale", in quanto il tardivo adempimento spontaneo conferma la fondatezza originaria del ricorso proposto dal ricorrente. La liquidazione delle spese di lite avviene sulla base dei parametri previsti dalla normativa vigente, soggetti a dimidiazione in ragione della natura semplice della controversia.

  • Il contributo di funzionamento dovuto all'Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ai sensi dell'art. 37 del D.L. 201/2011 non è dovuto dal gestore di un servizio di trasporto pubblico locale quando cessa la gestione di tale servizio e il relativo obbligo di servizio pubblico, in quanto in tale ipotesi viene meno il presupposto legale per l'imposizione del contributo. Pertanto, il gestore non è tenuto a corrispondere il contributo di funzionamento all'ART per le annualità successive alla cessazione della gestione del servizio di trasporto pubblico locale, né ha alcun obbligo dichiarativo in ordine a tale contributo. Il principio di diritto affermato dalla sentenza è applicabile a tutti i casi analoghi in cui il gestore di un servizio di trasporto pubblico locale cessi la propria attività, indipendentemente dalle specifiche modalità e circostanze della cessazione, in quanto il venir meno del presupposto legale per l'imposizione del contributo determina l'insussistenza del diritto dell'ART a riscuoterlo e dell'obbligo del gestore di corrisponderlo e di effettuare le relative dichiarazioni. Tale principio si fonda sulla necessità di garantire la coerenza del sistema normativo e la proporzionalità dell'imposizione contributiva, evitando che il gestore sia tenuto a versare un contributo in assenza del presupposto legale che lo legittima, ossia lo svolgimento del servizio di trasporto pubblico locale. La sentenza, pertanto, afferma un principio generale di diritto, applicabile a tutti i casi analoghi, volto a tutelare la posizione del gestore di fronte all'Autorità di regolazione, evitando l'imposizione di obblighi contributivi privi di giustificazione legale.

  • Il contributo di funzionamento dovuto all'Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ai sensi dell'art. 37 del D.L. 201/2011 è un obbligo di natura tributaria che grava sugli operatori del settore dei trasporti, il cui mancato assolvimento può legittimare l'adozione di atti di diffida e di recupero coattivo da parte dell'Autorità. Tuttavia, tale obbligo contributivo può essere contestato in sede giurisdizionale qualora l'operatore ritenga di non essere più assoggettato al relativo pagamento per sopravvenuta cessazione dell'attività di trasporto pubblico locale che ne costituisce il presupposto. In tali ipotesi, il giudice amministrativo è chiamato a verificare la sussistenza del requisito dell'interesse all'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo contributivo, potendo dichiarare l'improcedibilità del ricorso in caso di sopravvenuto difetto di interesse della parte ricorrente.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il privato che partecipa a una procedura pubblica per l'erogazione di finanziamenti ha diritto di richiedere l'ammissione al contributo fino a capienza disponibile, anche in caso di superamento del limite "de minimis", prima della conclusione della procedura e della conseguente "concessione" del beneficio. L'amministrazione non può pertanto rigettare la domanda di finanziamento per il solo motivo del superamento del de minimis, ma deve ammettere l'erogazione parziale del contributo nei limiti del massimale risultante dal Registro Nazionale degli Aiuti di Stato. Inoltre, l'amministrazione deve rispettare il contraddittorio procedimentale e motivare adeguatamente il provvedimento di diniego, senza poter integrare la motivazione in modo significativo nel corso del giudizio, salvo che ciò non avvenga mediante gli atti del procedimento e rifletta le concrete ragioni della determinazione assunta. In particolare, l'amministrazione deve valutare la conformità del progetto presentato dal privato alle specifiche tecniche richieste dal bando, senza introdurre nel giudizio nuovi motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza non previamente contestati al privato. Infine, l'amministrazione deve esaminare la coerenza complessiva del progetto proposto dal privato, motivando adeguatamente in merito all'eventuale incoerenza di singoli elementi progettuali rispetto agli obiettivi di riduzione del rischio tecnopatico indicati nel bando.

  • La realizzazione di un manufatto edilizio chiuso e stabilmente presente sul territorio, in totale discontinuità e diversità rispetto a una precedente tettoia aperta e assentita a titolo precario, configura un intervento di trasformazione edilizia che richiede il permesso di costruire e non può essere ricondotto al restauro e risanamento conservativo. In tal caso, l'ordinanza di demolizione e messa in pristino è coerente con l'art. 31 del d.p.r. n. 380/2001, non trattandosi né di difformità parziale né di variante non essenziale, ma di un organismo edilizio integralmente diverso da quello originariamente autorizzato. La motivazione dell'atto impugnato, che descrive le caratteristiche del manufatto realizzato e richiama la normativa applicabile, è adeguata e non integra vizi di eccesso di potere.

  • Il cambio di destinazione d'uso, l'aumento di superficie e le modifiche interne ed esterne di un immobile, valutati unitariamente, sono incompatibili con il restauro e il risanamento conservativo, in quanto comportano alterazioni della struttura, della distribuzione interna e della fisionomia dell'edificio, non consentite da tale tipologia di intervento edilizio. Ai fini della valutazione della domanda di sanatoria edilizia, il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate, per cui è legittimo il rigetto integrale dell'istanza relativa alla costruzione abusiva nella sua interezza, senza che il Comune debba interrogarsi sulla possibilità di una sanatoria parziale. Il titolo in sanatoria non può contenere prescrizioni che implichino una conformità ex post, condizionata all'esecuzione di interventi modificativi dello stato di fatto rilevato al momento dell'accertamento degli abusi, in quanto ciò contrasterebbe con il requisito della "doppia conformità" previsto dall'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

  • La realizzazione di manufatti, anche se privi di opere murarie, che comportano una significativa e permanente alterazione dello stato dei luoghi e sono destinati a soddisfare esigenze non precarie sotto il profilo funzionale, incidendo sul tessuto urbanistico ed edilizio, è subordinata al rilascio del permesso di costruire, a prescindere dal materiale impiegato. L'amministrazione è tenuta a motivare adeguatamente il superamento dei limiti propri dell'edilizia libera, descrivendo puntualmente le caratteristiche dimensionali, strutturali e funzionali dei manufatti, che non possono essere considerati come strutture leggere destinate a esigenze temporanee o di emergenza, ove risultino realizzati negli ultimi anni e non siano preordinati a permanere per un tempo predefinito e circoscritto. In tali ipotesi, l'assenza del prescritto titolo edilizio comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.

  • Il rilascio del contrassegno di circolazione e sosta per disabili, previsto dall'art. 381 del d.P.R. n. 495 del 1992, è subordinato all'accertamento medico dell'effettiva capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta del richiedente, a prescindere dal grado di invalidità civile riconosciuto. L'amministrazione competente, sulla base del parere vincolante dell'ASL, è tenuta a valutare esclusivamente tale presupposto normativo, senza margine di discrezionalità in ordine ad altri elementi fattuali, essendo il rilascio del contrassegno un provvedimento vincolato. Il parere dell'ASL, espressione di discrezionalità tecnica, deve pertanto considerare le condizioni mediche complessive del richiedente, senza che assumano rilievo valutazioni di mera opportunità, come l'esigenza di ridurre l'esposizione ai rumori del traffico urbano, non rilevanti ai fini del rilascio del contrassegno. Ove l'ASL accerti che la capacità deambulatoria del richiedente non sia impedita o sensibilmente ridotta, il parere negativo al rilascio del contrassegno risulta conforme alla normativa di riferimento e non può essere censurato per illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione sussiste quando, violando i principi di correttezza e buona fede, essa lede il legittimo affidamento maturato dal privato alla conclusione del contratto, anche in assenza di illegittimità dei provvedimenti adottati. Tale responsabilità ricorre non solo quando, dopo l'aggiudicazione definitiva, la P.A. omette di stipulare il contratto, ma anche quando, pur in presenza di ragioni che consigliano l'esercizio di poteri di autotutela, essa prolunga inutilmente lo svolgimento della procedura di gara, inducendo ingiustificatamente il concorrente a confidare nelle chances di conseguire l'appalto o di stipulare il contratto. In tali ipotesi, il privato ha diritto al risarcimento del danno da interesse negativo, che comprende sia il danno emergente per le spese sostenute in vista della conclusione del contratto, sia il lucro cessante per la perdita di ulteriori occasioni contrattuali. Tuttavia, il risarcimento non può essere esteso a tutte le spese sostenute dal privato, ma deve essere limitato a quelle che risultino effettivamente connesse alla condotta scorretta della P.A. e ragionevolmente prevedibili. Inoltre, il privato non ha diritto al ristoro del c.d. danno curriculare, in quanto esso attiene all'interesse positivo derivante dalla mancata esecuzione del contratto, e non all'interesse negativo tutelato dalla responsabilità precontrattuale.

  • Il concessionario di un'infrastruttura autostradale ha diritto, alla scadenza di ciascun periodo regolatorio quinquennale, di presentare una proposta di aggiornamento del piano economico-finanziario (PEF) della concessione, al fine di adeguarlo alle sopravvenute condizioni di fatto e di diritto. Il concedente, entro i termini stabiliti dalla convenzione e dalla normativa di settore, è tenuto a pronunciarsi espressamente sulla proposta, approvandola o respingendola, senza poter rimanere inerte. Il silenzio serbato dal concedente oltre i termini previsti integra un'illegittima omissione, che legittima il concessionario a chiedere l'accertamento giudiziale dell'obbligo di provvedere e la condanna del concedente a pronunciarsi sulla proposta di aggiornamento del PEF. Il giudice, in tal caso, può assegnare un termine perentorio al concedente per l'adozione del provvedimento espresso, impregiudicata la facoltà del concessionario di richiedere, in caso di ulteriore inerzia, la nomina di un commissario ad acta. La valutazione nel merito della proposta di aggiornamento del PEF rientra nella discrezionalità tecnica del concedente, ferma restando la possibilità per il concessionario di impugnare il provvedimento espresso ritenuto illegittimo.

  • Il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un immobile abusivo, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, presuppone la previa notifica dell'ordinanza di demolizione a tutti i proprietari dell'immobile, in quanto tale sanzione ablativa incide definitivamente sul diritto di proprietà e richiede il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa. Pertanto, qualora l'ordinanza di demolizione non sia stata notificata al proprietario dell'immobile al momento dell'adozione del provvedimento acquisitivo, quest'ultimo è illegittimo per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, non potendosi imputare l'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione a un soggetto che non ne abbia avuto conoscenza. L'accertamento della titolarità del diritto di proprietà sull'immobile al momento dell'adozione del provvedimento acquisitivo riveste carattere essenziale ai fini della legittimità dello stesso, non essendo sufficiente la mera presunzione di proprietà derivante dalla precedente titolarità. Inoltre, la nullità del contratto di compravendita prevista dall'art. 46 del D.P.R. n. 380/2001 è circoscritta ai soli casi di prima edificazione priva di titolo edilizio e non riguarda le difformità dal titolo medesimo, né si estende ai casi in cui le dichiarazioni previste dalla legge non corrispondano al vero.

  • Il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro autonomo, a seguito della produzione in giudizio della documentazione richiesta dall'amministrazione, costituisce un principio di diritto fondamentale secondo cui l'autorità competente, nel valutare la domanda di rinnovo, deve tenere conto della documentazione effettivamente prodotta dal richiedente, anche se non fornita tempestivamente in sede amministrativa. Tale principio si fonda sulla necessità di garantire il diritto dello straniero al rinnovo del titolo di soggiorno, laddove egli dimostri di possedere i requisiti previsti dalla legge, evitando che il mancato rispetto di meri adempimenti formali possa comportare l'irragionevole diniego della domanda. Ciò in quanto il permesso di soggiorno per lavoro autonomo rappresenta uno strumento essenziale per l'esercizio del diritto al lavoro e alla libera circolazione, tutelati dalla Costituzione e dalla normativa europea. Pertanto, l'amministrazione procedente, pur potendo richiedere la produzione di specifici documenti a supporto della domanda di rinnovo, è tenuta a valutare con favore la posizione dello straniero che, pur non avendo ottemperato tempestivamente alla richiesta, dimostri successivamente di possedere i requisiti necessari, evitando di adottare provvedimenti di diniego che risulterebbero sproporzionati e lesivi dei diritti fondamentali dell'individuo. In tale prospettiva, il rilascio del permesso di soggiorno, a seguito della produzione in sede giurisdizionale della documentazione richiesta, rappresenta un principio di diritto che impone all'amministrazione di superare eventuali carenze formali, privilegiando una valutazione sostanziale della posizione del richiedente e garantendo, in tal modo, l'effettività della tutela del diritto al lavoro e alla libera circolazione dello straniero.

  • La massima giuridica che può essere estratta dalla sentenza è la seguente: Nell'ambito di una procedura di gara d'appalto basata sull'offerta economicamente più vantaggiosa, l'attribuzione di punteggi premiali per proposte migliorative dell'offerta tecnica deve essere effettuata dalla commissione giudicatrice nel rispetto rigoroso dei requisiti e delle modalità di presentazione espressamente previsti dalla lex specialis di gara. In particolare, qualora il disciplinare di gara richieda l'indicazione di specifici elementi tecnici dell'offerta, come il modello e le caratteristiche di apparecchiature e macchinari offerti, l'omissione di tali indicazioni non può essere superata attraverso descrizioni generiche o richiami ad allegati, essendo necessaria la puntuale conformità dell'offerta alle prescrizioni della lex specialis. Inoltre, ove la lex specialis preveda che l'offerta tecnica debba essere corredata da documentazione comprovante determinati requisiti o caratteristiche migliorative, l'omissione di tale documentazione non può essere sanata in alcun modo, comportando l'illegittimità dell'attribuzione di punteggi premiali. Infine, qualora l'offerta tecnica faccia riferimento a prodotti o servizi di cui il concorrente non dimostri la disponibilità al momento della presentazione dell'offerta, l'attribuzione di punteggi premiali risulta illegittima, non potendo essere valutata come requisito di esecuzione da verificare successivamente all'aggiudicazione.

  • Il permesso di soggiorno per motivi di studio può essere convertito in permesso di lavoro, anche prima della sua scadenza, purché il richiedente dimostri di essere ancora iscritto a un corso di studi e presenti la domanda di conversione entro il termine di validità del titolo originario, senza che la mera presentazione di un modello errato possa essere equiparata a una nuova domanda, essendo sufficiente la successiva regolarizzazione della richiesta. L'amministrazione è pertanto tenuta a riesaminare la domanda di conversione, senza poter rigettare l'istanza per il solo fatto che il permesso di soggiorno da convertire risulti scaduto al momento della decisione, dovendo invece valutare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge al momento della presentazione della domanda.

  • Il provvedimento amministrativo contingibile e urgente, emesso dal Sindaco per ragioni di pubblica incolumità, deve essere proporzionato e adeguato alla situazione di pericolo concreta e attuale, circoscritto nel tempo e nello spazio, e può essere legittimamente adottato solo nei casi in cui l'amministrazione non disponga di altri strumenti ordinari per fronteggiare l'emergenza. L'ordinanza contingibile e urgente, in quanto misura eccezionale e derogatoria rispetto all'agire amministrativo ordinario, deve essere motivata in modo puntuale e specifico, indicando le ragioni di fatto e di diritto che ne giustificano l'adozione, nonché i presupposti di necessità e urgenza che la rendono indifferibile. L'amministrazione è tenuta a verificare attentamente la titolarità del bene oggetto dell'intervento, al fine di indirizzare correttamente il provvedimento nei confronti del soggetto effettivamente responsabile della situazione di pericolo, evitando di imporre obblighi a carico di soggetti estranei. Qualora l'amministrazione accerti l'erroneità del destinatario dell'ordinanza, è tenuta a revocarla tempestivamente e a riformularla correttamente. Il proprietario o il responsabile della situazione di pericolo, destinatario dell'ordinanza, ha l'onere di adempiere agli obblighi imposti, salvo dimostrare l'infondatezza dei presupposti di fatto e di diritto posti a base del provvedimento. In caso di inadempimento, l'amministrazione può procedere all'esecuzione d'ufficio, con addebito delle relative spese al soggetto inadempiente. Il sindaco, quale autorità locale di protezione civile, è tenuto a intervenire prontamente per rimuovere situazioni di pericolo imminente per la pubblica incolumità, adottando le misure più idonee e proporzionate al caso concreto, nel rispetto dei principi di legalità, ragionevolezza e buon andamento dell'azione amministrativa.

  • Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare il ricorso avverso l'ordinanza di esecuzione di interventi urgenti di manutenzione di un lastrico solare, afferma che il proprietario o l'amministratore condominiale hanno l'obbligo di provvedere tempestivamente alla revisione dell'impermeabilizzazione e all'adozione di misure provvisionali a tutela della pubblica e privata incolumità, al fine di prevenire infiltrazioni e danni a terzi. Tale obbligo discende dal principio generale di diligenza e buona manutenzione degli immobili, nonché dal dovere di prevenire situazioni di pericolo per la sicurezza. L'autorità amministrativa è pertanto legittimata ad intervenire con provvedimenti urgenti, anche in via sostitutiva, qualora i responsabili non provvedano spontaneamente. Il Tribunale, rilevata la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente, dichiara il ricorso improcedibile, compensando le spese di lite in considerazione della particolarità delle questioni dedotte.

  • Il ricorso giurisdizionale diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente, comportando la compensazione delle spese di lite tra le parti, in ragione della particolare complessità delle questioni dedotte. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che il venir meno dell'interesse della parte ricorrente a seguito di circostanze sopravvenute determina l'improcedibilità del ricorso giurisdizionale, con conseguente compensazione delle spese di lite tra le parti, in considerazione della peculiarità delle questioni oggetto del giudizio. La massima giuridica può essere così formulata: Il ricorso giurisdizionale diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente, comportando la compensazione delle spese di lite tra le parti, in ragione della particolare complessità e delicatezza delle questioni dedotte in giudizio. Il venir meno dell'interesse della parte ricorrente a seguito di circostanze sopravvenute determina l'improcedibilità del gravame, con conseguente compensazione delle spese di lite tra le parti, in considerazione della peculiarità delle questioni oggetto del giudizio amministrativo, che presentano profili di particolare difficoltà interpretativa e applicativa della normativa di riferimento. Il principio di diritto affermato dalla sentenza mira a contemperare l'esigenza di economia processuale con quella di assicurare un equo ristoro delle spese legali sostenute dalle parti, in ragione della complessità delle questioni trattate, anche in assenza di una definitiva pronuncia sul merito della controversia.

  • Il diritto di accesso agli atti di gara, quale espressione del diritto di difesa, prevale sulle esigenze di riservatezza dell'offerente, salvo che quest'ultimo non dimostri in modo specifico e concreto la sussistenza di segreti tecnici o commerciali meritevoli di tutela. L'amministrazione aggiudicatrice è pertanto tenuta a rendere disponibili, contestualmente alla comunicazione di aggiudicazione, i documenti di gara dei primi cinque classificati, ivi compresi l'offerta tecnica dell'aggiudicatario e dei successivi quattro concorrenti, nonché le relative giustificazioni, fermo restando l'oscuramento dei soli dati personali. Il differimento dell'accesso è ammissibile solo ove l'amministrazione dimostri l'effettiva sussistenza di ragioni di riservatezza, non essendo sufficiente la mera dichiarazione dell'offerente. Il diritto di accesso costituisce un corollario del principio di trasparenza e imparzialità dell'azione amministrativa, nonché del diritto di difesa del concorrente non aggiudicatario, il quale deve poter verificare la correttezza della procedura di gara e la legittimità dell'aggiudicazione.

  • Il ricorso è dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune, in applicazione del principio di soccombenza virtuale, nonostante il rigetto della domanda cautelare. Il Tribunale Amministrativo Regionale, nel decidere definitivamente sul ricorso, ritiene che la rinuncia del ricorrente all'interesse alla trattazione del gravame comporti l'improcedibilità dello stesso, con conseguente condanna alle spese di lite sulla base della valutazione delle motivazioni dell'ordinanza cautelare di rigetto, in applicazione dell'articolo 35 del Codice del Processo Amministrativo. La pronuncia afferma il principio per cui la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente determina l'improcedibilità del ricorso, con addebito delle spese di giudizio al soccombente virtuale, anche in assenza di una pronuncia di merito, qualora il Tribunale ritenga comunque di poter valutare le ragioni sottese al rigetto della domanda cautelare.

  • Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare il ricorso avverso gli atti relativi alla riqualificazione dell'area di valle dell'ex stadio olimpico del free style mediante la realizzazione di un campo di tiro a volo nel Comune di Sauze d'Oulx, afferma che: Il principio di diritto fondamentale è che la pubblica amministrazione, nel perseguire obiettivi di interesse pubblico, deve contemperare le esigenze di riqualificazione e valorizzazione di aree pubbliche con la tutela dell'ambiente e degli habitat naturali circostanti, garantendo il rispetto della normativa in materia ambientale e paesaggistica. Nello specifico, l'amministrazione comunale, nel deliberare la realizzazione di un campo di tiro a volo in un'area precedentemente adibita a impianto olimpico, deve valutare attentamente l'impatto acustico e ambientale dell'intervento, tenendo conto della presenza di siti di interesse comunitario e zone di ripopolamento e cattura limitrofi, al fine di assicurare la tutela della fauna e degli ecosistemi naturali. Inoltre, l'amministrazione deve garantire la trasparenza e il coinvolgimento della cittadinanza nel processo decisionale, consentendo la partecipazione di commissioni consiliari e associazioni rappresentative degli interessi della comunità locale. Infine, l'amministrazione deve motivare adeguatamente le proprie scelte, dimostrando che l'intervento di riqualificazione risponde a un effettivo interesse pubblico e che sono state valutate in modo approfondito tutte le possibili soluzioni alternative, al fine di contemperare le diverse esigenze in gioco.

  • Il Comune, quale autorità procedente, è tenuto all'istruttoria preliminare e alla verifica della legittimazione dei soggetti istanti nell'ambito di un procedimento complesso che vede l'interazione di interessi ambientali, urbanistici ed edilizi. Pertanto, l'onere di comunicare il preavviso di rigetto incombe in via prioritaria sul Comune, quale autorità competente all'adozione del provvedimento finale, fermo restando che, in caso di lacune istruttorie del Comune, la Soprintendenza può intervenire per colmarle nell'ottica di semplificare l'iter a beneficio dell'istante. L'istituto del silenzio assenso non è applicabile al procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del d.lgs. n. 42/2004, in quanto tale procedimento non rientra tra quelli per i quali è prevista la formazione del silenzio assenso. Inoltre, il termine di 90 giorni di cui all'art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004 decorre dalla presentazione di un'istanza completa e idonea a consentire l'avvio dell'istruttoria, non essendo sufficiente una mera richiesta generica o carente di documentazione. L'accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del d.lgs. n. 42/2004 è circoscritto agli abusi che coinvolgono gli edifici e non è applicabile agli interventi che comportano disboscamento di aree tutelate, in quanto tali fattispecie non rientrano tra quelle suscettibili di sanatoria. Pertanto, la Soprintendenza può legittimamente dichiarare l'inammissibilità dell'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica in relazione a interventi che non rientrano nell'ambito applicativo della norma. Infine, le modifiche apportate in fase esecutiva, che hanno comportato la realizzazione di un tracciato difforme da quello autorizzato, con un'ampiezza tale da renderlo percorribile anche da veicoli fuori strada, integrano un abuso non sanabile attraverso l'accertamento di compatibilità paesaggistica, in quanto incidono in modo significativo sull'impatto ambientale e paesaggistico dell'intervento.

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