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Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Quando il regime delle distanze tra costruzioni preveda la facoltà di costruire in aderenza, l'esercizio di tale facoltà da parte del proprietario preveniente determina il successivo regime, ossia inibisce l'applicabilità del solo distacco dal confine, costringendo il proprietario prevenuto all'alternativa tra costruzione a sua volta in aderenza o distacco dall'edificio del preveniente anziché dal solo confine. Pertanto, in assenza di una norma del regolamento edilizio comunale che prescriva una distanza minima assoluta dal confine, il principio della prevenzione trova applicazione, consentendo al proprietario preveniente di costruire sul confine e imponendo al proprietario prevenuto di costruire in aderenza o di arretrare la propria costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico tra gli edifici. La deroga disposta in un piano attuativo alla distanza canonica tra edifici, generalmente fissata nel piano urbanistico comunale, deve essere adeguatamente motivata in relazione alla valorizzazione di altri interessi pubblici attinenti alla qualità insediativa e della vita nelle aree interessate.
Il proprietario di un immobile che abbia realizzato opere edilizie in difformità dalla normativa urbanistica vigente può presentare istanza di sanatoria ai sensi dell'art. 95, commi 1 e 3, della legge provinciale n. 9/2018, al fine di ottenere la regolarizzazione della propria posizione, a condizione che le opere non risultino in contrasto con rilevanti interessi pubblici. L'amministrazione comunale, ove accerti la sussistenza dei presupposti di legge, è tenuta a valutare favorevolmente l'istanza di sanatoria, adottando i provvedimenti necessari per la regolarizzazione della situazione edilizia. Il proprietario non può essere sanzionato per le opere realizzate in buona fede, purché queste non risultino in contrasto con interessi pubblici prevalenti. L'amministrazione comunale, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, deve bilanciare gli interessi pubblici e privati coinvolti, al fine di addivenire ad una soluzione che consenta la regolarizzazione della situazione edilizia, salvo che le opere realizzate non risultino in contrasto con rilevanti interessi pubblici.
Il ricorso amministrativo può essere validamente rinunciato dalla parte ricorrente, con conseguente estinzione del procedimento e compensazione delle spese di giudizio, anche in presenza di atti amministrativi impugnati che incidono su interessi pubblici e privati rilevanti, purché la rinuncia sia manifestata espressamente e non risulti contraria a norme imperative o all'ordine pubblico. In tali casi, il giudice amministrativo, verificata la regolarità della rinuncia, ne prende atto e dichiara l'estinzione del giudizio, senza entrare nel merito della legittimità degli atti impugnati.
La stazione appaltante, nell'ambito di una procedura di gara per l'affidamento di una fornitura, è tenuta a valutare le offerte tecniche presentate dai concorrenti in conformità ai criteri e ai requisiti minimi previsti dalla lex specialis, senza poter ammettere soluzioni tecniche difformi o eludere il rispetto dei parametri prestabiliti. L'attribuzione di punteggi in violazione dei requisiti tecnici prescritti, anche a seguito di richieste di chiarimenti, determina l'illegittimità dell'aggiudicazione in favore del concorrente che abbia conseguito un punteggio superiore a quello spettante, con conseguente obbligo di ricalcolo della graduatoria e di aggiudicazione in favore del concorrente che risulti correttamente posizionato al primo posto. L'interpretazione delle clausole del bando e del disciplinare di gara deve essere condotta in via prioritaria secondo il criterio letterale, senza poter integrare o modificare il contenuto delle previsioni attraverso operazioni ermeneutiche che prescindano dal significato oggettivamente desumibile dal tenore testuale, in ossequio alle esigenze di certezza e di parità di trattamento sottese alle procedure di evidenza pubblica.
La modifica d'ufficio del piano urbanistico comunale per la realizzazione di un'infrastruttura di interesse provinciale, come la ricostruzione di un incrocio stradale e la soppressione di un passaggio a livello ferroviario, è ammissibile quando tale intervento sia necessario per garantire il coordinamento razionale delle infrastrutture di interesse statale, provinciale o sovracomunale, anche in assenza di una specifica iniziativa del comune interessato, purché siano rispettate le garanzie procedimentali previste dalla legge e sia adeguatamente motivata la deroga al normale procedimento di approvazione del piano urbanistico comunale. La decisione sulla verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica (VAS) di tale modifica del piano urbanistico costituisce un provvedimento autonomo e immediatamente impugnabile, la cui mancata impugnazione entro i termini previsti ne determina l'inoppugnabilità.
La valutazione numerica espressa dalla commissione esaminatrice in relazione alle prove scritte di un concorso pubblico, in assenza di una adeguata predeterminazione e comunicazione dei criteri e delle modalità di valutazione, non è idonea a integrare una sufficiente motivazione del giudizio assunto nei confronti del candidato. Infatti, la mera attribuzione di un punteggio numerico, senza l'esplicita indicazione del modo di attribuzione dello stesso e senza l'adozione di una griglia di valutazione che consenta di ricostruire il percorso logico seguito dalla commissione, non permette al candidato di comprendere le ragioni della propria esclusione dalla prova orale e non consente al giudice amministrativo un adeguato sindacato di legittimità. Pertanto, in tali casi, è necessario disporre una nuova correzione dell'elaborato da parte di una diversa commissione, previa determinazione di una modalità di valutazione adeguata, tale da superare i vizi evidenziati.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La legittimazione ad impugnare un atto amministrativo generale o un provvedimento di pianificazione richiede la sussistenza di un interesse concreto ed attuale alla rimozione dell'atto, non essendo sufficiente un interesse meramente ipotetico o potenziale. Pertanto, l'impugnazione di un atto di approvazione di uno strumento di pianificazione territoriale, come il Landschaftsleitbild, è inammissibile qualora il ricorrente non dimostri una lesione diretta e immediata della propria posizione giuridica, non essendo sufficiente il timore di una futura applicazione restrittiva di tale atto da parte della pubblica amministrazione in sede di adozione di provvedimenti attuativi. L'interesse ad agire deve sussistere al momento della proposizione del ricorso e non può fondarsi su meri presupposti ipotetici o eventuali.
La massima giuridica che si può estrarre dalla sentenza è la seguente: In presenza di oggettive e documentate difficoltà nel reperire un numero sufficiente di docenti di madrelingua tedesca da sottoporre a sorteggio per la composizione delle commissioni esaminatrici di concorsi pubblici indetti da istituti di alta formazione artistica e musicale, è legittimo il ricorso a modalità derogatorie di nomina dei commissari, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e competenza, mediante l'individuazione di docenti universitari o soggetti di comprovata esperienza, anche in deroga alle specifiche previsioni del decreto ministeriale che disciplina le procedure di reclutamento, purché tale scelta sia adeguatamente motivata e risulti l'unica soluzione percorribile per garantire il regolare svolgimento della procedura concorsuale. La mancata predeterminazione analitica dei criteri di valutazione delle prove d'esame non determina l'illegittimità della procedura, qualora tali criteri siano comunque resi conoscibili ai candidati prima dello svolgimento delle prove stesse, in ossequio ai principi di trasparenza e imparzialità dell'azione amministrativa. L'impugnazione di vizi meramente formali relativi alla composizione della commissione esaminatrice è inammissibile ove non sia allegata l'incidenza di tali vizi sui giudizi valutativi espressi dalla commissione o sull'esito complessivo del concorso.
Il Comune, nell'esercizio dei propri poteri di gestione e controllo delle aree pubbliche, può revocare l'affidamento della gestione di un parcheggio pubblico a un privato qualora accerti gravi violazioni delle condizioni contrattuali, come l'applicazione di tariffe non autorizzate e la gestione irregolare dei servizi e degli orari. Tuttavia, tale revoca deve essere adottata nel rispetto dei principi di legalità, buona fede, correttezza e imparzialità, a seguito di un adeguato procedimento amministrativo che garantisca il contraddittorio e la valutazione di tutti gli interessi coinvolti. Il Comune è tenuto a motivare adeguatamente la propria decisione, dimostrando la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto che la giustificano. In caso di annullamento dell'atto di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, il Comune è tenuto a ripristinare la situazione precedente, reintegrando il privato nella gestione del parcheggio pubblico, salvo che non intervenga una nuova decisione di revoca adeguatamente motivata e conforme ai principi dell'ordinamento.
Il rilascio di titoli edilizi postumi in sanatoria a favore dei ricorrenti, a seguito dell'annullamento di un provvedimento di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, comporta la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, rendendo lo stesso improcedibile. In tali casi, la soccombenza virtuale dei ricorrenti comporta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore dell'amministrazione resistente, in applicazione dei principi di economia processuale e di responsabilità per le spese laddove l'azione giudiziaria risulti priva di utilità per il ricorrente. Il giudice amministrativo, accertata la sopravvenuta carenza di interesse, è tenuto a dichiarare l'improcedibilità del ricorso e a condannare i ricorrenti alle spese di lite, in considerazione della loro soccombenza virtuale derivante dal successivo rilascio dei titoli edilizi richiesti.
Il piano comunale per il territorio e il paesaggio deve prevedere in modo chiaro e non contraddittorio le prescrizioni urbanistiche applicabili alle diverse zone, senza lasciare margini interpretativi che possano dar luogo a diverse e contrastanti valutazioni sulla conformità urbanistica dei progetti edilizi. In particolare, laddove il piano comunale ammetta la realizzazione di determinati interventi in una zona, esso deve altresì stabilire in modo puntuale i relativi parametri edilizi e urbanistici, quali l'indice di edificabilità, le dimensioni massime consentite, le tipologie costruttive ammesse (fisse o amovibili), al fine di assicurare la coerenza e la compatibilità degli interventi con le finalità di tutela e valorizzazione del territorio e del paesaggio perseguite dalla pianificazione urbanistica. L'Amministrazione comunale, nel rilasciare la dichiarazione di conformità urbanistica di un progetto edilizio, è tenuta a verificare la piena rispondenza dello stesso alle prescrizioni del piano comunale, senza poter supplire a lacune o contraddizioni presenti nella disciplina urbanistica, le quali comportano l'impossibilità di accertare con certezza la legittimità dell'intervento proposto. In tali casi, l'Amministrazione deve astenersi dal rilasciare la dichiarazione di conformità, rimettendo all'Autorità competente l'adozione degli opportuni provvedimenti di modifica o integrazione del piano comunale, al fine di rendere chiaro e univoco il quadro normativo di riferimento.
La mancata conformità dell'offerta tecnica ai requisiti minimi essenziali prescritti dalla lex specialis di gara, anche in relazione a caratteristiche dimensionali del prodotto offerto, comporta l'obbligo di esclusione del concorrente dalla procedura di gara, senza possibilità di applicare il principio di equivalenza, in quanto i requisiti minimi devono essere interpretati secondo il loro tenore letterale, senza possibilità di integrazioni o deroghe, in ossequio ai principi di imparzialità e parità di trattamento tra i concorrenti. L'eventuale previsione di punteggi premiali per il superamento dei requisiti minimi non incide sulla loro natura di requisiti essenziali, la cui mancanza determina l'esclusione. La stazione appaltante non può esercitare alcuna discrezionalità in merito all'esclusione del concorrente che non rispetti i requisiti minimi, essendo tale esclusione automatica e doverosa.
Il rilascio del permesso di soggiorno stagionale per lavoro subordinato è subordinato al rispetto di specifici requisiti, tra cui la regolarità dell'ingresso in Italia e lo svolgimento effettivo dell'attività lavorativa presso il datore di lavoro indicato nell'istanza. L'amministrazione competente, nell'esercizio dei propri poteri di verifica e controllo, è tenuta a valutare attentamente la sussistenza di tali presupposti, anche attraverso l'acquisizione di idonea documentazione, prima di adottare il provvedimento di accoglimento o di rigetto dell'istanza. In caso di accertata carenza dei requisiti richiesti, l'amministrazione può legittimamente dichiarare l'irricevibilità dell'istanza, fermo restando il diritto del richiedente di impugnare tale provvedimento dinanzi all'autorità giurisdizionale competente. Tuttavia, la rinuncia al ricorso da parte del richiedente, anche se formulata in modo irrituale, può essere rilevante ai fini della declaratoria di improcedibilità del giudizio per sopravvenuto difetto di interesse, in applicazione del principio della disponibilità dell'azione nel processo amministrativo. In tali ipotesi, il giudice può disporre la compensazione delle spese di lite, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto.
Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La modifica di uno strumento di pianificazione territoriale, come il piano paesaggistico comunale, al solo fine di consentire la realizzazione di un intervento edilizio di interesse particolare, senza che sussista un prevalente interesse pubblico, è illegittima per difetto di idonea motivazione. L'amministrazione è tenuta a valutare attentamente l'impatto paesaggistico dell'intervento e a bilanciare adeguatamente gli interessi pubblici e privati coinvolti, giustificando in modo chiaro e logico le proprie scelte. La semplice esigenza di un privato di realizzare una nuova costruzione non è di per sé sufficiente a legittimare una variante al piano paesaggistico, essendo necessario un interesse pubblico prevalente che giustifichi la modifica dello strumento urbanistico. L'amministrazione non può eludere il rispetto delle norme a tutela del paesaggio per soddisfare un interesse particolare, dovendo invece garantire la corretta applicazione della disciplina paesaggistica.
Il giudizio di inidoneità permanente al servizio militare incondizionato, espresso dalla Commissione Medica Ospedaliera sulla base di una valutazione tecnico-discrezionale, è legittimo quando si fondi su elementi di fatto accertati, quali la sussistenza di tratti personologici del soggetto che, pur non integrando una patologia psichiatrica, lo rendano inidoneo allo svolgimento delle mansioni militari a maggiore stress psichico, senza che tale giudizio risulti affetto da manifesta illogicità, irragionevolezza o travisamento dei dati tecnico-scientifici. L'omessa tempestiva impugnazione del verbale della Commissione Medica Ospedaliera, contenente il giudizio di inidoneità, comporta l'inammissibilità dell'impugnazione del successivo provvedimento di cessazione dal servizio e collocamento in congedo assoluto, in quanto atto meramente consequenziale e privo di autonoma lesività.
Il permesso di soggiorno per motivi di studio e formazione può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, ai sensi dell'art. 6, comma 1, del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico sull'Immigrazione), anche quando il percorso formativo non sia stato completato per cause di forza maggiore, come l'arresto dello straniero. L'Amministrazione è tenuta a valutare tale possibilità di conversione, non potendo limitarsi a rigettare la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio. Il provvedimento giurisdizionale che dispone misure alternative alla detenzione, come l'affidamento in prova al servizio sociale, costituisce ex lege il "titolo" idoneo a sospendere l'esecuzione dell'espulsione amministrativa e a legittimare la permanenza dello straniero sul territorio nazionale, nonché l'eventuale svolgimento di un'attività lavorativa per il periodo indicato nel medesimo provvedimento, anche in deroga alla disciplina dettata per tali soggetti in materia di accesso al lavoro. Pertanto, la posizione di soggiorno dello straniero ammesso a misure alternative alla detenzione non può essere considerata irregolare.
Il compenso professionale determinato ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 costituisce equo compenso ai sensi della legge n. 49/2023 e, pertanto, non è suscettibile di ribasso da parte dei concorrenti nelle procedure di affidamento di servizi di ingegneria e architettura. La stazione appaltante è tenuta a esplicitare nelle clausole della lex specialis che il ribasso formulato dai concorrenti potrà essere consentito esclusivamente su voci estranee al compenso professionale, con conseguente esclusione dei concorrenti che abbiano proposto ribassi incidenti sulla componente del prezzo riferita al compenso professionale. Tale principio si fonda sulla compatibilità e integrazione tra la disciplina del codice dei contratti pubblici e la normativa sull'equo compenso, senza che ciò comporti una compromissione della libera concorrenza e dei principi europei, in quanto il confronto competitivo tra gli operatori economici può comunque svolgersi sulle ulteriori componenti di costo dell'offerta, diverse dal compenso professionale. L'applicazione della legge sull'equo compenso alle procedure di affidamento di servizi di ingegneria e architettura è volta a tutelare i professionisti nella loro posizione di "contraenti deboli" anche nei confronti della pubblica amministrazione, senza peraltro precludere l'impiego del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
Il compenso del professionista determinato dalla pubblica amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 non è suscettibile di ribasso da parte degli operatori economici partecipanti alle procedure di gara per l'affidamento di servizi di ingegneria e architettura, in quanto costituisce "equo compenso" ai sensi della legge n. 49/2023, la cui violazione comporta l'esclusione dalla gara delle offerte che lo abbiano ribassato. La disciplina di gara deve essere eterointegrata con le norme imperative sulla tutela dell'equo compenso professionale, le quali non sono incompatibili con la normativa sui contratti pubblici, ma ne costituiscono un necessario completamento, consentendo il ribasso solo sulle ulteriori componenti di costo dell'offerta, ossia le spese e gli oneri accessori. L'aggiudicazione e gli atti impugnati sono pertanto illegittimi nella parte in cui la stazione appaltante non ha escluso dalla procedura le offerte che hanno ribassato il compenso determinato ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 e non ha aggiudicato la gara all'unico operatore che ha formulato un'offerta conforme alla legge sull'equo compenso. Conseguentemente, l'aggiudicazione deve essere annullata con il subentro nel contratto della ricorrente, quale unico operatore che ha presentato un'offerta legittima.
La sospensione parziale dei lavori disposta dal Direttore dei lavori per eventi meteorologici avversi non esclude il diritto del datore di lavoro all'integrazione salariale ordinaria, qualora l'evento meteo abbia comunque impedito lo svolgimento di una parte delle attività lavorative in corso, anche se non tutte. Il datore di lavoro deve solo dimostrare il nesso causale tra l'evento meteo e l'interruzione dell'attività lavorativa, senza che sia necessario che l'evento si traduca immediatamente in un'interruzione totale dell'attività. La data di presentazione della domanda di integrazione salariale rileva solo ai fini della decorrenza del trattamento, mentre l'Amministrazione deve valutare il diritto all'integrazione indipendentemente dal momento della richiesta, tenendo conto anche di eventi meteo successivi alla domanda. L'imprevedibilità dell'evento meteo non viene meno per il solo fatto che il Direttore dei lavori abbia disposto in precedenza una sospensione parziale dei lavori, se tale sospensione non era stata programmata in vista dell'approssimarsi della stagione invernale, ma è stata determinata dall'improvviso verificarsi delle avverse condizioni atmosferiche.
Il diniego di autorizzazione per la realizzazione di un nuovo impianto di telefonia mobile, adottato dall'amministrazione comunale senza rispettare le garanzie partecipative previste dalla legge, in assenza di un'adeguata istruttoria in ordine ai profili di rischio geologico dell'area interessata e con una motivazione carente o incongrua, è illegittimo. L'amministrazione, nel riesaminare l'istanza a seguito dell'ordinanza cautelare di remand, è tenuta a garantire il contraddittorio procedimentale, a svolgere un'approfondita istruttoria sui profili di pericolosità geologica e a motivare adeguatamente il provvedimento finale, nel rispetto dei principi di buona fede e leale collaborazione. L'annullamento del precedente diniego e il rilascio dell'autorizzazione richiesta, a seguito del riesame, comporta la cessazione della materia del contendere in relazione al ricorso proposto avverso il provvedimento originario.
La modifica di un piano di recupero urbanistico che prevede la riallocazione di volumetrie già previste dal piano originario, senza incremento della cubatura complessiva ammissibile, è legittima quando tale riallocazione avviene all'interno della medesima zona omogenea, nel rispetto dell'indice territoriale e del carico urbanistico complessivo. L'adeguamento di elaborati grafici e dati tecnici del piano di recupero originario, volto a correggere meri errori materiali o incongruenze, non costituisce illegittima variazione delle previsioni urbanistiche, purché non comporti un aumento della cubatura ammissibile. Il rilascio di una concessione edilizia in contrasto con le previsioni del piano di recupero vigente al momento del suo rilascio, non determina l'illegittimità della successiva modifica del piano finalizzata a sanare tali incongruenze, quando i relativi lavori siano stati comunque iniziati e completati entro i termini di legge. L'impugnazione di tali modifiche è inammissibile se tardiva, ovvero proposta oltre il termine di decadenza previsto per l'impugnazione del piano di recupero originario.
Il legislatore provinciale, nel perseguire l'obiettivo di tutela dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, può introdurre restrizioni territoriali all'insediamento di attività commerciali al dettaglio nelle zone produttive, purché tali restrizioni rispettino i principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità. In particolare, la limitazione quantitativa dell'insediamento del commercio al dettaglio di merci non ingombranti nelle zone produttive, attraverso la previa individuazione nel piano urbanistico comunale delle aree destinate a tale attività e la redazione di un piano d'attuazione, nonché l'introduzione di precisi limiti volumetrici, è conforme ai principi di diritto nazionale ed europeo, in quanto necessaria e proporzionata al fine di contenere il consumo di suolo, quale bene comune e risorsa limitata non rinnovabile, e di favorire il riuso della sostanza edilizia esistente nei centri urbani, a tutela della vitalità di questi ultimi e della stabilità della popolazione, presupposto per la permanenza delle minoranze linguistiche nella Provincia di Bolzano.
Il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria e di diniego del rilascio di un nuovo titolo di soggiorno è legittimo quando, a seguito della revoca dello status di protezione sussidiaria per assenza di rischi nel Paese di origine e della condanna penale per un reato caratterizzato da particolare gravità e disvalore sociale, l'Amministrazione, nel bilanciare gli interessi in gioco, ritenga prevalenti le esigenze di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica rispetto all'interesse alla conservazione dell'unità familiare, tenuto conto che il nucleo familiare ha da poco tempo fatto ingresso in Italia e non ha ancora sviluppato un radicamento significativo nel territorio nazionale. In tale contesto, il giudizio di pericolosità sociale formulato dall'Amministrazione, che si fonda sull'analisi complessiva degli elementi a carico e a favore dell'interessato, non può essere sindacato dal giudice amministrativo se non per manifesta illogicità o travisamento dei fatti, non emergendo nel caso di specie alcun vizio di tal genere. Inoltre, la riabilitazione ottenuta successivamente all'adozione del provvedimento impugnato non può essere presa in considerazione, in quanto l'onere dell'Amministrazione di valutare i nuovi elementi favorevoli allo straniero si riferisce solo a quelli esistenti e formalmente rappresentati o comunque conosciuti al momento dell'adozione dell'atto, mentre gli elementi sopravvenuti non possono inficiare in retrospettiva la legittimità del provvedimento già adottato.
Il possesso di adeguati mezzi di sostentamento costituisce un requisito indefettibile per la concessione della cittadinanza italiana per naturalizzazione, in quanto funzionale non solo ad evitare che l'ammissione del nuovo membro gravi sul pubblico erario, ma anche e soprattutto ad assicurare che lo straniero possa assumere i doveri che derivano dall'appartenenza alla Comunità Nazionale, in primis quello di concorrere con i propri mezzi, attraverso il prelievo fiscale, a finanziare la spesa pubblica funzionale all'erogazione dei servizi pubblici essenziali. L'Amministrazione, nel valutare la sussistenza di tale requisito, deve tenere conto non soltanto del reddito dell'istante, ma anche dell'eventuale, effettivo, contributo offerto dagli altri membri del nucleo familiare presenti nello stesso stato di famiglia del richiedente, limitatamente a quelli previsti dall'art. 433 cod. civ. Pertanto, il parametro reddituale minimo di riferimento, individuato dalla giurisprudenza consolidata in euro 8.263,31 annui, incrementato a euro 11.362,05 in presenza di coniuge a carico e di ulteriori euro 516,00 per ciascun figlio a carico, costituisce un requisito indefettibile per la concessione della cittadinanza, non potendo essere considerati ai fini del raggiungimento di tale soglia i redditi di natura previdenziale o assistenziale, in quanto non imponibili ai fini IRPEF e non concorrenti al finanziamento della spesa pubblica. Il diniego della cittadinanza per carenza del requisito reddituale non preclude all'interessato di ripresentare l'istanza nel futuro, ove concorrano tutte le condizioni richieste, non comportando alcuna interferenza nella sua "vita privata e familiare".
La verifica di compatibilità geologica presentata dalla ricorrente ai sensi dell'art. 11 del DPP n. 42/2008, che ha correttamente rappresentato la parziale inclusione dell'edificio in zona rossa del Piano delle Zone di Pericolo, non può essere considerata una falsa rappresentazione dei fatti tale da giustificare l'annullamento in autotutela della concessione edilizia originaria e delle sue successive varianti oltre il termine di 12 mesi previsto dall'art. 21-nonies della legge n. 241/1990. L'Amministrazione comunale non può procedere all'annullamento tardivo dei titoli edilizi in assenza del presupposto della "falsa rappresentazione dei fatti" da parte del privato, non essendo sufficiente a tal fine la mera divergenza tra la rappresentazione grafica contenuta nella relazione geologica e le risultanze di una successiva perizia più approfondita, che non ha valore conformativo del vigente Piano delle Zone di Pericolo. Il principio di tutela dell'affidamento del privato, che ha realizzato gli interventi edilizi in conformità ai titoli rilasciati, prevale sull'interesse pubblico alla rimozione delle opere in contrasto con la nuova valutazione del rischio geologico, laddove non sia dimostrata una falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato.
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