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La regolare convocazione dell'assemblea condominiale, mediante le modalità previste dall'art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile, costituisce un presupposto essenziale per la validità delle deliberazioni assunte. L'omessa o irregolare convocazione di tutti i condomini, tale da non consentire una partecipazione informata e consapevole alla riunione, determina l'annullabilità delle decisioni adottate. Tuttavia, la successiva adozione di una nuova delibera assembleare avente il medesimo oggetto della precedente, regolarmente convocata, comporta la cessazione della materia del contendere, venendo meno l'interesse all'impugnazione della delibera originariamente impugnata. In tale ipotesi, le spese di lite possono essere compensate in parte, in considerazione del comportamento riparatorio successivo tenuto dal condominio.
Il proprietario o l'usuario esclusivo di una terrazza a livello, in quanto custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., risponde dei danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante. Il condominio, in forza degli obblighi inerenti l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore ex art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull'assemblea dei condomini ex art. 1135, comma 1, n.4, c.c., è parimenti responsabile per le opere di manutenzione straordinaria. In assenza di prova della riconducibilità del danno a fatto esclusivo del titolare del diritto di uso esclusivo della terrazza, la responsabilità è solidale tra il proprietario o usuario esclusivo e il condominio, con riparto interno secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c. L'usufruttuario del bene danneggiato ha autonoma legittimazione ad agire per il risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2043 c.c., in quanto titolare di un diritto reale che gli attribuisce una pretesa di astensione da ingerenze sulla cosa che possano incidere sulla sfera di godimento e di uso a lui spettante. Il risarcimento del danno patrimoniale comprende sia il costo degli interventi necessari per eliminare le cause delle infiltrazioni, sia il danno da lucro cessante per la mancata disponibilità e godimento dell'immobile, quantificabile in via equitativa sulla base del canone di locazione.
Il contratto di comodato d'uso gratuito di immobile, regolarmente registrato, ha carattere ventennale e non può essere risolto anticipatamente per il sopravvenuto bisogno del comodante, salvo che questi dimostri il peggioramento delle proprie condizioni economiche tale da rendere impellente e imprevedibile la necessità di rientrare nel possesso del bene, senza che rilevi la circostanza che il comodatario abbia sostenuto considerevoli investimenti per l'esercizio dell'attività svolta nell'immobile in ragione della lunga durata del godimento concessogli.
Il diritto al risarcimento dei danni presuppone la prova di un pregiudizio effettivo e reale che incida sulla sfera patrimoniale del contraente danneggiato. L'indisponibilità temporanea della liquidità insistente su uno strumento di pagamento non genera un danno ristorabile in re ipsa, ma la risarcibilità di tale danno richiede la dimostrazione di un danno-conseguenza. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda e la stessa non viene esperita, il convenuto deve eccepire l'improcedibilità della domanda entro la prima udienza, a pena di decadenza; in alternativa, il giudice può rilevarne l'improcedibilità d'ufficio, sempre entro la prima udienza. Se queste condizioni non si verificano, il giudice dell'impugnazione, in sede di appello, ha la facoltà, non l'obbligo, di disporre la mediazione, neppure se la causa verte su una delle materie per le quali l'articolo 5 del decreto legislativo n. 28/2010 prevede la procedura come obbligatoria. L'iscrizione nel registro delle imprese di un atto di cessione di ramo d'azienda assolve ad una funzione dichiarativa, con la conseguenza che l'intervenuta cessione è opponibile ai terzi, anche in sede giudiziale. La compensazione delle spese di lite è una facoltà del giudice, che può essere esercitata in presenza di giusti motivi, come la soccombenza reciproca o la particolare complessità e/o novità delle questioni trattate.
L'amministratore condominiale ha l'obbligo legale di cooperare con il creditore del condominio, comunicandogli i dati anagrafici e le quote di debito dei condomini morosi, al fine di consentire il soddisfacimento del credito, anche in assenza di approvazione assembleare del debito, in applicazione del principio di buona fede oggettiva e solidarietà sociale, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali.
La pronuncia di interdizione non è obbligatoria in presenza di una condizione di abituale infermità mentale, avendo l'ordinamento apprestato anche altre forme di tutela, come l'amministrazione di sostegno, che rappresenta l'istituto di elezione e di primo impiego per la protezione della persona inferma o menomata. L'interdizione costituisce una extrema ratio, da disporre solo quando la nomina di un amministratore di sostegno si riveli insufficiente ad offrire adeguata protezione all'incapace, in relazione alla situazione concreta del soggetto e alle specifiche esigenze di rappresentanza. La scelta della tutela più idonea deve essere compiuta caso per caso, tenendo conto non del grado di invalidità, ma delle esigenze personali e patrimoniali dell'interessato e di tutte le altre circostanze rilevanti, senza prescindere dall'esame diretto dell'interdicendo, che rappresenta il mezzo di prova determinante nella formazione del convincimento del giudice. Pertanto, la pronuncia di interdizione è consentita solo nei casi di maggiore gravità, in cui non è possibile conservare neanche un'area parziale della capacità d'agire del soggetto, mentre l'amministrazione di sostegno deve essere preferita quando la persona, pur affetta da grave patologia, conserva parzialmente le facoltà intellettive e la misura già in atto risulta adeguata alle sue esigenze di protezione e al tipo di attività da compiere per suo conto.
L'erede dell'affittuario coltivatore diretto può subentrare nel contratto di fitto agrario stipulato dal de cuius soltanto se dimostra di possedere tutti i requisiti di legge, ovvero la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale e l'effettivo esercizio dell'attività agricola sui medesimi fondi al momento dell'apertura della successione. L'onere della prova di tali condizioni è a carico dell'erede che intende subentrare nel rapporto contrattuale, non essendo sufficiente la mera qualità di erede o la generica coltivazione di altri fondi. In mancanza di tale dimostrazione, l'erede non può vantare il diritto di subentro e l'occupazione dei fondi da parte sua deve essere considerata sine titulo, legittimando la domanda di rilascio proposta dal proprietario. Allo stesso modo, l'assenza di specifica allegazione e prova dell'occupazione da parte degli altri eredi non consente di accogliere la domanda di rilascio nei loro confronti. Infine, le domande riconvenzionali, fondate sulla presunta prosecuzione del rapporto di fittanza, devono essere rigettate in mancanza della dimostrazione del subentro dell'erede nel contratto.
Il contratto di trasporto costituisce condizione di procedibilità per l'esercizio in giudizio dell'azione relativa all'inadempimento contrattuale, sicché l'attore è tenuto a esperire previamente il procedimento di negoziazione assistita previsto dalla legge, a pena di improcedibilità della domanda. Tale condizione di procedibilità non può essere validamente sostituita dal procedimento di mediazione, ove l'attore non abbia partecipato effettivamente agli incontri di mediazione, in persona o a mezzo di difensore munito di procura specifica. Inoltre, ove il contratto di trasporto contenga una clausola attributiva di competenza territoriale esclusiva, il giudice adito in difformità di tale pattuizione deve dichiarare la propria incompetenza, senza necessità di esaminare gli ulteriori fori concorrenti previsti dalla legge.
Il proprietario di un bene immobile può esperire l'azione di rivendica per ottenere la restituzione del bene detenuto senza titolo da un terzo, anche in presenza di un contratto preliminare di compravendita stipulato tra il terzo e un precedente proprietario, in quanto l'azione di rivendica integra di per sé un'impugnazione dell'avverso titolo, essendo finalizzata ad accertare e affermare la titolarità del diritto di proprietà in capo al rivendicante. Ai fini dell'accoglimento della domanda di rivendica, il proprietario deve provare la propria titolarità del diritto, risalendo anche attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il possesso per il tempo necessario all'usucapione, mentre l'onere probatorio rimane attenuato qualora il convenuto abbia riconosciuto, anche implicitamente, l'appartenenza del bene al rivendicante o a uno dei suoi danti causa. La mera detenzione dell'immobile dopo la stipula di un contratto preliminare non determina l'acquisto della proprietà per usucapione, salvo la dimostrazione di un'intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall'art. 1141 c.c. Pertanto, il proprietario può ottenere la restituzione del bene anche in presenza di un contratto preliminare stipulato dal terzo detentore, senza necessità di chiederne previamente la risoluzione.
La delibera assembleare condominiale è nulla quando: 1. Viola l'art. 1136 c.c. in quanto il verbale non contiene l'indicazione delle quote millesimali dei condomini partecipanti, essendo tale elemento necessario per verificare il raggiungimento dei quorum costitutivi e deliberativi. Tuttavia, in assenza di tabelle millesimali approvate, il criterio di identificazione delle quote di partecipazione può essere desunto dal rapporto tra il valore dell'intero edificio e quello della proprietà del singolo, spettando al condomino che impugna l'onere di provare il vizio di contrarietà alla legge. 2. Delibera la sanatoria di opere realizzate in difformità dal progetto approvato nelle proprietà esclusive di singoli condomini, in quanto l'assemblea non ha competenza su tali questioni, le quali attengono alla sfera giuridica individuale di ciascun condomino. 3. Impone limitazioni al godimento delle proprietà esclusive di singoli condomini, come la previsione di pluviali e colonne fecali in posizione pregiudizievole, senza il consenso dei diretti interessati, in violazione dell'art. 1123 c.c. 4. Approva una ripartizione delle spese in contrasto con la diversa ripartizione convenzionalmente stabilita all'unanimità tra i condomini, in violazione dell'art. 1123 c.c. Il condomino che impugna la delibera ha l'onere di provare i vizi dedotti, salvo che per le questioni attinenti alla sfera giuridica individuale, per le quali la legittimazione ad agire è riconosciuta in via generale dall'art. 1137 c.c.
L'amministratore di condominio è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti, che lo interpellino, i dati dei condomini morosi, al fine di consentire loro di agire nei confronti di questi ultimi per la tutela dei propri crediti. Tale obbligo comunicativo sussiste anche in assenza di costituzione in giudizio del condominio, e il suo mancato adempimento, protratto anche nel corso del giudizio, legittima la condanna dell'amministratore al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dell'ordine del giudice, ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. La mancata comunicazione dei dati richiesti dal creditore, in possesso di titoli esecutivi, integra una condotta omissiva ingiustificata, che determina la condanna dell'amministratore al risarcimento delle spese di lite, fatta salva la possibilità di una parziale compensazione in ragione della soccombenza reciproca delle parti.
Il condominio e l'impresa appaltatrice di lavori di ristrutturazione di un edificio rispondono in solido, ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c., per il furto commesso da terzi nell'appartamento di un condomino, qualora l'accesso al bene sia stato agevolato dalla mancata adozione di idonee misure di custodia e vigilanza dei ponteggi installati per i lavori, resi facilmente accessibili e privi di illuminazione e guardiania. Il condominio è responsabile in via presunta per l'omessa vigilanza e custodia della struttura, mentre l'impresa appaltatrice è responsabile per non aver adottato le ordinarie cautele atte ad impedire l'uso anomalo dei ponteggi da parte di terzi. La responsabilità solidale sussiste anche qualora i titoli di responsabilità siano diversi, non ostando a ciò la natura extracontrattuale della responsabilità dell'impresa e la natura presunta della responsabilità del condominio. Il risarcimento dei danni deve essere commisurato al valore oggettivo dei beni sottratti, documentato anche attraverso dichiarazioni giurate di terzi, nonché alle spese sostenute per il ripristino dell'abitazione e l'installazione di un impianto di allarme, valutati in via equitativa. La domanda di manleva del condominio nei confronti dell'assicuratore è invece infondata qualora la polizza espressamente escluda la copertura del rischio furto, anche in presenza di clausole ritenute vessatorie ma comunque sottoscritte separatamente dal condomino.
La partecipazione personale delle parti o dei loro rappresentanti muniti di idonea procura sostanziale è condizione essenziale per la validità del procedimento di mediazione obbligatoria, previsto dall'art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, a pena di improcedibilità della domanda giudiziale. La mera comparizione dei soli difensori, privi di tale procura, non soddisfa il requisito di legge, non potendo il potere di rappresentanza sostanziale essere conferito con la procura alle liti autenticata dal difensore. Pertanto, la parte che non possa o non voglia partecipare personalmente alla mediazione deve rilasciare una procura speciale, non autenticabile dal proprio avvocato, per farsi sostituire da un rappresentante, anche se coincidente con il difensore che la assiste nel giudizio. L'inosservanza di tali formalità comporta l'improcedibilità della domanda, a prescindere dalla posizione sostanziale delle parti.
Il diritto di proprietà è un diritto reale autodeterminato, la cui individuazione prescinde dal titolo di acquisto allegato e si fonda sulla natura unica e irripetibile della situazione sostanziale dedotta in giudizio. Pertanto, nell'azione di rivendica, l'attore può provare il proprio diritto di proprietà anche attraverso una serie ininterrotta di trasferimenti, risalendo fino ad un acquisto a titolo originario, oppure dimostrando di aver posseduto il bene per il tempo necessario all'usucapione, a prescindere dal titolo di acquisto inizialmente prospettato. Qualora il convenuto opponga l'usucapione, l'onere probatorio a carico dell'attore in rivendica può ritenersi assolto per effetto dell'eventuale fallimento della prova della prescrizione acquisitiva da parte del convenuto. In tal caso, il thema disputandum si concentra sull'appartenenza attuale del bene al convenuto in forza dell'invocata usucapione, non già sull'acquisto del bene da parte dell'attore. Tuttavia, l'usucapione è un titolo di acquisto a carattere originario, la cui invocazione da parte del convenuto non attenua il rigore dell'onere probatorio a carico del rivendicante, salvo che il convenuto abbia riconosciuto, anche implicitamente, l'appartenenza del bene al rivendicante o a uno dei suoi danti causa all'epoca in cui assume di aver iniziato a possedere. La mera coltivazione di un terreno o l'impianto di alberi e piante non sono di per sé sufficienti a provare l'usucapione, essendo necessario dimostrare l'animus possidendi. Inoltre, il possesso del detentore, quale comodatario, non può convertirsi in possesso utile ad usucapire senza atti idonei ad integrare l'interversione del possesso. Infine, la donazione di cosa altrui, sebbene nulla, può comunque valere come titolo idoneo ai fini dell'usucapione abbreviata, purché il donatario abbia acquistato in buona fede e il titolo sia stato debitamente trascritto.
Le somme provenienti da fondi comunitari, destinate a progetti finanziati con risorse dell'Unione Europea, sono soggette a un vincolo di impignorabilità che inerisce alle stesse a prescindere dalla loro intermediazione presso soggetti terzi. Tale vincolo di impignorabilità discende direttamente dalla normativa europea, in particolare dall'art. 132 del Regolamento UE n. 1303/2013, che mira a garantire l'integrale erogazione dei contributi comunitari ai beneficiari finali, senza alcuna detrazione o trattenuta. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha chiarito che l'autorizzazione del pignoramento di tali somme andrebbe a incidere sulle politiche comuni e sull'attuazione dei programmi d'azione decisi dalla Comunità, contrastando con la finalità di tali finanziamenti. Pertanto, il vincolo di impignorabilità si applica anche quando il soggetto terzo pignorato non sia direttamente l'ente pubblico beneficiario, ma un altro soggetto intermediario che abbia ricevuto i fondi comunitari per il loro successivo trasferimento al beneficiario finale. In tali casi, il pignoramento delle somme costituisce un indebito oggettivo, in quanto eseguito su risorse non suscettibili di espropriazione forzata, comportando la nullità dell'atto di pignoramento e la restituzione delle somme indebitamente riscosse.
Il contratto di appalto di servizi, in quanto contratto di durata, consente al committente di recedere unilateralmente in qualsiasi momento, ai sensi dell'art. 1671 c.c., con l'obbligo di indennizzare l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno. Tuttavia, la clausola contrattuale che impone al committente il pagamento dell'intero corrispettivo per l'intera durata del contratto, anche in caso di recesso anticipato, è da considerarsi vessatoria ai sensi degli artt. 33 ss. del Codice del Consumo, in quanto determina un significativo squilibrio a carico del committente, che rimane privato della controprestazione per gran parte del periodo contrattuale. Tale clausola, pertanto, deve essere dichiarata nulla, senza che ciò comporti l'obbligo di indennizzo ex art. 1671 c.c., non essendo stata espressamente riproposta in sede di gravame.
La donazione modale non snatura la causa liberale del contratto, in quanto il modus costituisce solo una modalità del beneficio attribuito e una sua limitazione, senza introdurre elementi di corrispettività. Pertanto, la risoluzione per inadempimento del modus può essere domandata solo dal donante o dai suoi eredi, in quanto considerati i continuatori della sua personalità e gli unici in grado di apprezzare le ragioni dell'inadempimento con riguardo allo spirito di liberalità che animava il dante causa. L'inadempimento, per essere rilevante ai fini della risoluzione, deve avere carattere di gravità, da valutarsi in relazione all'economia complessiva del rapporto, considerando sia elementi oggettivi, come l'entità dell'inadempimento e il pregiudizio effettivamente causato, sia elementi soggettivi, come il comportamento delle parti. Inoltre, la legittimazione ad agire per l'adempimento dell'onere spetta solo al beneficiario della prestazione, non anche a soggetti diversi che non rivestano tale qualità, salvo che non siano portatori dell'interesse che il donante ha inteso soddisfare con la disposizione modale.
Il contratto bancario o finanziario, anche se contenente clausole di interessi moratori, è soggetto alla disciplina antiusura di cui alla legge n. 108/1996, la quale sanziona la pattuizione di interessi eccessivi sia a titolo di corrispettivo per la concessione del denaro, sia a titolo di interessi moratori dovuti in relazione al contratto concluso. Ai fini della verifica del superamento del tasso-soglia antiusura, occorre considerare non solo gli interessi corrispettivi, ma anche gli interessi moratori, nonché tutte le altre voci di costo del finanziamento, quali commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito. Qualora il costo complessivo del finanziamento, così determinato, risulti superiore al tasso-soglia antiusura, la clausola che lo prevede è nulla e non sono dovuti gli interessi, ferma restando la debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti. Anche in corso di rapporto, il debitore ha interesse ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell'accordo; una volta verificatosi l'inadempimento e il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora, la valutazione di usurarietà attiene all'interesse in concreto applicato dopo l'inadempimento. Nei contratti conclusi con un consumatore, concorre la tutela prevista dal Codice del Consumo in tema di clausole abusive.
Il debitore che abbia avuto conoscenza della cartella esattoriale notificatagli regolarmente non può proporre azione di accertamento negativo del credito dell'amministrazione risultante dal ruolo, in quanto dispone di altri strumenti per eliminare la pretesa impositiva, come la richiesta di sgravio in via amministrativa. L'azione di mero accertamento è inammissibile per difetto di interesse ad agire, non prospettandosi tale accertamento come l'unico mezzo per eliminare la pretesa dell'amministrazione. Inoltre, la prescrizione del credito non può essere fatta valere in via di azione, ma solo in via di eccezione, quando l'amministrazione proceda all'esecuzione forzata. Il disconoscimento generico della conformità della copia all'originale non impedisce al giudice di accertare tale conformità attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. La notifica della cartella di pagamento a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, effettuata direttamente dal concessionario, è validamente perfezionata con la consegna del plico al domicilio del destinatario, senza necessità di ulteriori adempimenti da parte dell'ufficiale postale, essendo sufficiente la sottoscrizione, anche illeggibile, apposta dal consegnatario sull'avviso di ricevimento.
Il ritardo della pubblica amministrazione nell'adozione dei provvedimenti necessari per la realizzazione di un'opera pubblica, dalla quale derivino danni per gli operatori economici interessati, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sia che si tratti di danno da ritardo per tardiva adozione di un provvedimento favorevole, con preventivo accertamento della spettanza del bene della vita richiesto in capo al danneggiato, sia che si tratti di danno da mero ritardo, derivante dal semplice superamento dei termini di conclusione del procedimento, a prescindere dall'accertamento della spettanza del bene finale. Ciò in quanto il tempo costituisce un bene della vita risarcibile di per sé, in quanto essenziale variabile nella predisposizione e attuazione di piani finanziari relativi a progetti imprenditoriali, la cui incertezza si traduce nell'aumento del rischio amministrativo. La giurisdizione appartiene al giudice amministrativo anche quando si dibatta di diritti soggettivi, in virtù della materia trattata e del riparto di giurisdizione dettato dal Codice del processo amministrativo, il quale ha ricondotto nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le domande di danno da ritardo. Pertanto, il giudice ordinario deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, rinviando la causa al giudice amministrativo dinanzi al quale il giudizio dovrà essere riassunto nei termini di legge.
Il promissario acquirente di un immobile, in caso di inadempimento grave del promittente venditore agli obblighi di concludere il contratto definitivo, di liberare l'immobile da vincoli e di consegnarlo libero, può ottenere l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare ai sensi dell'art. 2932 c.c., con conseguente trasferimento della proprietà, nonché la riduzione del prezzo per il minor valore del bene dovuto alla presenza di ipoteche e alla mancata ultimazione dei lavori, oltre al risarcimento dei danni ulteriori, come la penale per il ritardo e le spese sostenute per l'acquisto di impianti e il mancato utilizzo dell'immobile. Il promissario acquirente può trattenere il residuo prezzo dovuto per provvedere alla cancellazione delle iscrizioni gravanti sull'immobile, senza che ciò integri un inadempimento, e il giudice può fissare le modalità di versamento idonee a garantire l'acquisto del bene libero da vincoli. L'eventuale sequestro conservativo disposto a tutela del credito del promissario acquirente è assorbito dalla sentenza di condanna.
Il contratto di finanziamento a tasso fisso, che prevede interessi corrispettivi e moratori concordati, non è nullo per usura né per anatocismo, in quanto il tasso di interesse complessivo, anche sommando gli interessi moratori, non supera la soglia antiusura e il metodo di calcolo degli interessi secondo l'ammortamento alla francese non determina una illegittima capitalizzazione degli interessi. Infatti, il sistema di rimborso graduale del prestito mediante rate costanti, in cui la quota interessi decresce progressivamente e la quota capitale aumenta, non comporta una capitalizzazione degli interessi, in quanto ogni rata include solo gli interessi maturati nel periodo di riferimento, senza alcuna addizione al capitale. L'unica ipotesi di possibile anatocismo è quella relativa agli interessi di mora, i quali tuttavia, ai sensi dell'art. 3 della delibera CICR, non possono essere oggetto di capitalizzazione periodica, essendo consentita la produzione di interessi sugli interessi moratori solo a decorrere dalla data di risoluzione del contratto e senza ulteriore capitalizzazione. Pertanto, il contratto di finanziamento in esame, che rispetta tali limiti, non può essere dichiarato nullo per usura o anatocismo.
Il diritto del lavoratore familiare di persona con handicap di scegliere la sede di lavoro più idonea all'assistenza del disabile non è assoluto, ma deve essere contemperato con le esigenze organizzative e produttive del datore di lavoro. Lo spostamento del lavoratore all'interno della medesima unità produttiva, anche se in sedi diverse, non configura un trasferimento ai sensi dell'art. 2103 c.c. e non è soggetto alle limitazioni previste dalla legge n. 104/1992, salvo che non sia dimostrata l'autonomia tecnico-organizzativa ed amministrativa delle diverse sedi, tale da qualificarle come distinte unità produttive. Il datore di lavoro, nel bilanciare gli interessi del lavoratore e le proprie esigenze organizzative, deve comunque rispettare il principio di buona fede e non discriminazione, evitando di imporre al lavoratore condizioni di lavoro incompatibili con l'assistenza al familiare disabile. La responsabilità per la gestione del rapporto di lavoro e l'impiego del dipendente tra le diverse sedi operative grava esclusivamente sul datore di lavoro, non potendosi configurare una responsabilità del committente per culpa in eligendo o culpa in vigilando.
La diffamazione aggravata mediante l'utilizzo di internet, ai sensi dell'art. 595 comma 3 c.p., richiede la prova certa e inequivocabile della riferibilità della condotta all'imputato, non essendo sufficiente il mero rinvenimento di un indirizzo di posta elettronica a lui riconducibile, attesa la facilità con cui chiunque può creare e utilizzare indirizzi di posta elettronica falsi o alterare il contenuto di messaggi e allegati inviati. Pertanto, in assenza di una prova rigorosa e incontrovertibile della paternità della condotta, il giudice è tenuto ad assolvere l'imputato per non aver commesso il fatto, non potendo ritenersi raggiunta la prova della sua responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
Il genitore che, in modo reiterato e sistematico, pone in essere condotte violente e minacciose nei confronti dei propri familiari, al fine di ottenere denaro per l'acquisto di alcool e sostanze stupefacenti, integra i reati di estorsione, tentata estorsione e lesioni personali aggravate dal vincolo di ascendenza. Tali condotte, caratterizzate da una grave e perdurante compromissione della serenità familiare, non consentono il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in ragione dell'assenza di qualsivoglia sentimento di ravvedimento da parte dell'imputato, il quale manifesta una totale mancanza di elaborazione critica dei fatti commessi e del danno cagionato alla propria famiglia. Pertanto, la pena irrogata deve essere commisurata alla gravità e reiterazione delle condotte, nonché alla personalità dell'imputato, al fine di assicurare un'adeguata tutela delle vittime e della stabilità del nucleo familiare.
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