Sentenze recenti Tribunale Avezzano

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • Il conducente di un veicolo a motore è gravato da una presunzione di colpa ex art. 2054 c.c., comma 1, che può essere superata solo dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Pertanto, in caso di investimento di un pedone, il conducente può vincere tale presunzione soltanto provando che non vi era alcuna possibilità di prevenire e di evitare l'evento, non essendo sufficiente l'accertamento della condotta colposa del pedone, ma essendo necessario dimostrare che quest'ultimo abbia tenuto un comportamento del tutto anormale e imprevedibile, tale da porre il conducente nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e di osservarne tempestivamente i movimenti o comunque di attuare una qualche manovra di emergenza idonea ad evitare il sinistro. Inoltre, in caso di decesso della vittima non immediato, al danno biologico terminale, consistente in un danno da invalidità temporanea totale, può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), la cui liquidazione deve essere affidata ad un criterio equitativo puro che tenga conto dell'enormità della sofferenza psichica, giacché tale danno, ancorché temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità e la durata della consapevolezza della vittima non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma soltanto sul piano della quantificazione del risarcimento secondo criteri di proporzionalità e di equità. Infine, il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, quale tipico danno-conseguenza, deve essere allegato e provato dal danneggiato, anche mediante presunzioni, nella sua duplice componente di sofferenza morale e negativa ripercussione sul piano dinamico-relazionale, con liquidazione effettuata in base a valutazione equitativa che tenga conto dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore circostanza utile.

  • Il custode di una cosa è responsabile del danno cagionato dalla stessa, ai sensi dell'art. 2051 c.c., a meno che non dimostri che il fatto è dovuto a caso fortuito. Tuttavia, il comportamento imprudente della vittima può comportare una riduzione proporzionale del risarcimento ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. Pertanto, il custode risponde del danno cagionato dalla cosa in sua custodia, salvo che non provi il caso fortuito, ma il risarcimento può essere ridotto in proporzione alla colpa concorrente della vittima. Il giudice, nel valutare la responsabilità del custode, deve accertare il nesso di causalità tra la cosa e il danno, nonché la potenzialità intrinseca della cosa di cagionare l'evento dannoso, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto.

  • La mancata attivazione della procedura di mediazione obbligatoria da parte dell'opposto, quale attore sostanziale, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, comporta l'improcedibilità del giudizio di merito e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, con condanna dell'opposto al pagamento delle spese di lite. Il principio di diritto affermato nella sentenza è che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l'onere di promuovere la procedura di mediazione obbligatoria grava sull'opposto, quale attore sostanziale della domanda monitoria. Il mancato adempimento di tale onere determina l'improcedibilità del giudizio di merito e la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con conseguente condanna dell'opposto al pagamento delle spese di lite. Tale principio si fonda sulla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, secondo cui l'obbligo di esperire la mediazione obbligatoria incombe sull'attore sostanziale, anche nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo. La mancata osservanza di tale onere comporta l'improcedibilità della domanda monitoria, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. La massima evidenzia come il Tribunale, nel caso di specie, abbia applicato tale principio di diritto, dichiarando l'improcedibilità del giudizio di opposizione e revocando il decreto ingiuntivo opposto, condannando altresì l'opposto al pagamento delle spese di lite. Tale soluzione si pone in linea con l'orientamento giurisprudenziale consolidato in materia, volto a sanzionare il mancato esperimento della mediazione obbligatoria da parte dell'attore sostanziale, anche nell'ambito dei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo.

  • Il comportamento molesto e minaccioso di un soggetto nei confronti di un altro, anche in presenza di terzi, che lede la libertà morale e l'immagine dell'attività commerciale di quest'ultimo, integra gli estremi del reato di minaccia di cui all'art. 612 c.p. e dà luogo al risarcimento del danno non patrimoniale, anche in favore della società di cui la vittima è legale rappresentante, senza che sia necessaria l'espressa indicazione di tale qualità nella procura alle liti, essendo sufficiente che il potere rappresentativo risulti dall'atto introduttivo del giudizio. Il giudice civile, accertata la sussistenza del reato, può condannare l'autore del fatto anche al pagamento della sanzione civile pecuniaria prevista per il reato depenalizzato, purché la domanda di risarcimento del danno sia stata proposta dalla persona offesa e il giudice accolga tale domanda.

  • Il contratto di prestazione d'opera professionale, sottoposto a condizione sospensiva, si risolve di diritto per inadempimento grave della parte che, in violazione dell'obbligo di buona fede di cui all'art. 1358 c.c., non si sia attivata per consentire il verificarsi della condizione, nonostante il conclamato inadempimento della controparte. In tal caso, la parte adempiente ha diritto al riconoscimento del compenso per le prestazioni già eseguite, delle quali il committente si sia comunque avvantaggiato, ai sensi dell'art. 1458 c.c., senza che gli effetti retroattivi della risoluzione ostino a tale diritto.

  • La domanda di risarcimento del danno derivante da incauta trascrizione di un pignoramento, ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.c., deve essere proposta in via autonoma solo quando non sia stata proposta opposizione all'esecuzione, né potesse esserlo, ovvero quando, proposta opposizione all'esecuzione, il danno patito dall'esecutato sia insorto successivamente alla definizione di tale giudizio, e sempre che si tratti di un danno nuovo ed autonomo, e non di un mero aggravamento del pregiudizio già insorto prima della definizione del giudizio di opposizione all'esecuzione. Pertanto, qualora il danno lamentato si sia prodotto in occasione della trascrizione stessa del pignoramento e il soggetto leso abbia proposto opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c., la domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.c. deve essere formulata nell'ambito di tale giudizio di opposizione, non potendo essere proposta in un separato ed autonomo giudizio, salvo che non vi siano comprovate ragioni di fatto o di diritto che abbiano impedito di coltivare la relativa domanda risarcitoria nella sede processuale deputata.

  • La mancata esecuzione di accertamenti diagnostici tempestivi e adeguati, nonostante la persistenza di sintomi riconducibili a patologie gravi, integra un inadempimento contrattuale della struttura sanitaria che comporta la sua responsabilità risarcitoria nei confronti del paziente o dei suoi familiari, anche in caso di evento morte, qualora sia provato il nesso di causalità tra tale condotta omissiva e l'aggravamento o il sopravvenire della patologia. Ai fini della quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice deve tenere conto dell'esistenza di un apprezzabile lasso temporale tra la condotta omissiva e l'evento morte, nonché dell'effettiva consistenza del rapporto affettivo tra il paziente deceduto e i suoi congiunti, escludendo il risarcimento per i familiari che non abbiano dimostrato un legame di reciproco affetto e solidarietà con il de cuius. Il danno da perdita di chance è risarcibile, ma deve essere valutato in misura equitativa, tenendo conto delle pregresse condizioni di salute del paziente che avrebbero comunque inciso negativamente sulla sua sopravvivenza, anche in assenza della condotta omissiva del personale sanitario. Il danno patrimoniale, invece, deve essere adeguatamente provato in relazione al contributo economico effettivamente apportato dal paziente deceduto al nucleo familiare.

  • Il difetto di legittimazione ad agire del cessionario di un credito bancario, derivante dalla mancata prova dell'avvenuta cessione del credito secondo le formalità previste dall'art. 58 TUB, comporta l'inammissibilità della domanda giudiziale proposta dal cessionario, in quanto la legittimazione ad agire costituisce il diritto all'azione garantito dall'art. 24 Cost. e la sua carenza è rilevabile d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio, anche in assenza di specifica eccezione di parte. Infatti, il cessionario ha l'onere di provare documentalmente l'inclusione del credito oggetto di causa nell'operazione di cessione in blocco, mediante l'indicazione specifica e dettagliata dei crediti e dei contratti ceduti, in modo da individuarli senza incertezze, non essendo sufficiente la mera iscrizione della cessione nel Registro delle Imprese e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La mancata prova della titolarità del credito azionato in giudizio da parte del cessionario, pertanto, comporta l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del debitore ceduto.

  • Il recesso dal rapporto di lavoro durante il periodo di prova, pur essendo discrezionale e non dovendo essere motivato, trova comunque limiti nella necessità di consentire l'effettivo esperimento della prova e nel divieto di essere determinato da motivi illeciti o estranei alla funzione del patto di prova. Pertanto, il recesso è legittimo quando risulti coerente con la causa del patto di prova, che è quella di consentire alle parti di verificare la reciproca convenienza di addivenire ad un rapporto di lavoro definitivo, valutando non solo le capacità tecniche ma anche il comportamento e la professionalità del lavoratore. In particolare, il datore di lavoro può recedere legittimamente durante il periodo di prova quando il comportamento del lavoratore, anche se non direttamente connesso all'esecuzione della prestazione lavorativa, riveli aspetti della sua personalità e professionalità incompatibili con le esigenze aziendali, come nel caso di dichiarazioni denigratorie nei confronti del datore di lavoro, dei superiori gerarchici e dei colleghi, nonché di divulgazione di informazioni riservate sul proprio trattamento economico, in violazione degli obblighi di riservatezza assunti. In tali ipotesi, il recesso risulta pienamente coerente con la funzione del patto di prova, in quanto consente al datore di lavoro di valutare compiutamente l'idoneità del lavoratore all'adempimento degli obblighi di fedeltà, diligenza e correttezza, essenziali per l'instaurazione di un rapporto di lavoro stabile e duraturo.

  • Il diritto di proprietà sul bene immobile, debitamente provato dal proprietario, prevale sull'occupazione illegittima da parte di un terzo, anche qualora quest'ultimo abbia realizzato sul fondo opere e migliorie, non essendo tali spese rimborsabili in quanto riconducibili all'obbligo del comodatario di conservare e custodire la cosa. Il proprietario ha diritto alla restituzione del bene nello stato in cui si trovava al momento della consegna, con conseguente condanna del detentore al rilascio e al pagamento di un'indennità di occupazione, a titolo di danno in re ipsa, calcolata in via equitativa dal giudice.

  • La contitolarità di un libretto postale cointestato si presume ai sensi dell'art. 1854 c.c., ma tale presunzione può essere superata qualora uno dei cointestatari dimostri, anche attraverso presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti, che le somme versate sul libretto provengano dal suo patrimonio esclusivo. In tal caso, il cointestatario che ha dimostrato la provenienza esclusiva delle somme è da considerarsi l'unico titolare di esse, salvo il diritto degli altri cointestatari sulla quota di legittima loro spettante in caso di successione. Pertanto, il cointestatario che non ha contribuito al versamento delle somme sul libretto non può vantare diritti di proprietà su di esse, se non nei limiti della quota di legittima, da determinarsi in base alla quota di eredità a lui spettante. Inoltre, eventuali prelievi effettuati da uno dei cointestatari, in assenza di diversa prova, devono essere imputati alla sua quota di spettanza, senza che rilevino le finalità dichiarate per tali prelievi. Infine, la mancata adesione alla proposta di negoziazione assistita, pur potendo integrare gli estremi per la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c., comma 3, richiede la soccombenza integrale della parte che ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, requisito non soddisfatto in caso di parziale accoglimento della domanda.

  • Il contratto di mutuo costituisce valido titolo esecutivo ai sensi dell'art. 474 c.p.c. quando il mutuatario abbia conseguito la disponibilità giuridica della somma mutuata, anche senza la materiale consegna, come nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità a favore del mutuatario, determinando l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione al patrimonio di quest'ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni consistenti nell'incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma per soddisfare un interesse della Banca. In tali ipotesi, con il perfezionamento del mutuo, deve ritenersi già sorta l'obbligazione restitutoria del mutuatario, a prescindere dalla materiale consegna della somma. Pertanto, il contratto di mutuo può costituire valido titolo esecutivo anche in assenza della consegna materiale della somma, purché il mutuatario abbia conseguito la disponibilità giuridica della stessa, come nel caso in cui la somma mutuata sia stata vincolata dal mutuatario a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni contrattuali, uscendo così dalla disponibilità del mutuante ed entrando in quella del mutuatario. Ai fini della valutazione del superamento del tasso soglia usurario, rileva unicamente il tasso di interesse corrispettivo concretamente applicato, con esclusione della commissione per l'eventuale estinzione anticipata del mutuo, in quanto voce di costo meramente eventuale e non collegata all'erogazione del credito. Inoltre, l'accertamento della nullità di una clausola contrattuale per violazione della normativa antitrust non produce effetti diretti sui contratti a valle, essendo l'unica tutela concessa al soggetto rimasto estraneo all'intesa anticoncorrenziale quella risarcitoria, a condizione che egli alleghi e dimostri un pregiudizio conseguente all'intesa stessa.

  • Il contratto di compravendita di un bene immobile è valido ed efficace anche in assenza di un previo accertamento giudiziale dell'usucapione da parte del venditore, essendo sufficiente che questi abbia esercitato un potere di fatto sulla cosa, rivestito dei caratteri di legge. Pertanto, la domanda di accertamento dell'invalidità, nullità, inesistenza o inefficacia di un atto di compravendita nei confronti del terzo acquirente, in ragione della mancanza di titolo del venditore, è infondata in fatto e in diritto, dovendosi dichiarare la validità ed efficacia del contratto di compravendita. Le eventuali domande riconvenzionali proposte dalla parte convenuta sono inammissibili qualora formulate tardivamente, senza il rispetto del termine di cui all'art. 166 c.p.c. Le spese di lite, in considerazione della particolarità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti.

  • Il proprietario che agisce con l'azione negatoria di servitù (art. 949 c.c.) ha l'onere di provare, anche in via presuntiva, la titolarità del diritto di proprietà sul bene oggetto della controversia, quale requisito di legittimazione attiva. In mancanza di tale prova, la domanda deve essere rigettata nel merito. Inoltre, il comportamento temerario e abusivo del proprietario che agisce nonostante la manifesta infondatezza della pretesa, disattendendo le precedenti pronunce giudiziali sfavorevoli, può comportare la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., a titolo di sanzione per l'abuso del processo.

  • La responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c. è di natura oggettiva e prescinde dalla colpa o dalla diligenza del custode stesso. Il custode risponde dei danni cagionati dalla cosa in sua custodia, a meno che non provi che il danno si è verificato per caso fortuito. L'onere della prova liberatoria grava sul custode, il quale deve dimostrare che il danno non è stato causato dalla cosa in custodia ma da un fattore estraneo, imprevedibile ed inevitabile. Qualora il custode non fornisca tale prova, la sua responsabilità è affermata in base al mero nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso. Il danneggiato ha l'onere di provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno subito, mentre il custode deve provare l'interruzione di tale nesso per caso fortuito. La condotta colposa del danneggiato può rilevare solo se abbia i caratteri dell'imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale, mentre la mera negligenza del danneggiato non esclude la responsabilità del custode, il quale è comunque tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa in custodia.

  • Il possesso ad usucapionem di un bene immobile in comunione ereditaria richiede, oltre al possesso prolungato per almeno 20 anni, la prova rigorosa da parte del comproprietario che agisce in rivendica di aver esteso il proprio possesso in termini di esclusività, manifestando inequivocabilmente la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, attraverso comportamenti incompatibili con la possibilità di godimento altrui da parte degli altri comproprietari, i quali devono essere stati resi edotti di tale situazione di fatto rimanendo inerti. Il mero godimento esclusivo del bene, anche se protratto nel tempo, non è sufficiente ove non sia accompagnato dalla prova di atti idonei a privare gli altri comproprietari della possibilità di esercitare il proprio diritto di compossesso. L'onere della prova di tali requisiti grava sul comproprietario che agisce in rivendica, non essendo sufficiente la mera allegazione di un possesso ultraventennale o la produzione di atti di acquisto o successori, in assenza della dimostrazione di un acquisto a titolo originario o della sussistenza dei presupposti dell'usucapione.

  • Il datore di lavoro, nell'ambito della procedura di licenziamento collettivo, ha l'obbligo di indicare con precisione e trasparenza le modalità applicative dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al fine di consentire un effettivo controllo da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali. La mancata o carente indicazione delle concrete modalità di applicazione di tali criteri, in particolare del criterio preponderante delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative, integra una violazione delle procedure di cui all'art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, con conseguente applicazione della tutela indennitaria prevista dall'art. 18, comma 7, terzo periodo, dello Statuto dei Lavoratori. Il datore di lavoro, pur potendo attribuire un peso prevalente al criterio delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative rispetto agli altri criteri legali (carichi di famiglia e anzianità di servizio), deve comunque indicare in modo chiaro e trasparente le modalità di valutazione di tale criterio, evitando l'introduzione di elementi valutativi vaghi e discrezionali, che finiscano per rimettere all'assoluta discrezionalità del datore di lavoro l'individuazione dei lavoratori da licenziare.

  • MASSIMA GIURIDICA Il custode di una cosa è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalla cosa in custodia, salvo che dimostri che il danno è stato causato da caso fortuito. Tale responsabilità sussiste anche quando la cosa, pur non essendo intrinsecamente pericolosa, diviene tale per effetto di circostanze sopravvenute, come la formazione di ghiaccio sulla superficie di una rampa di accesso, che la rendono insidiosa e pericolosa per i terzi che la utilizzano. Il custode ha il dovere di adottare tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa in custodia, come lo spargimento di sale antighiaccio in presenza di condizioni climatiche tali da favorire la formazione di ghiaccio, e l'apposizione di segnalazioni di pericolo. L'omissione di tali cautele integra la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c. La condotta colposa del danneggiato può rilevare ai fini della riduzione del risarcimento ex art. 1227 c.c., qualora abbia concorso a determinare l'evento dannoso, ma non è idonea ad escludere la responsabilità del custode, se non quando presenti i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità propri del caso fortuito. La mera negligenza o imprudenza della vittima non integra di per sé il caso fortuito. Nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesioni personali, il giudice deve procedere ad un accertamento in concreto dell'effettiva sussistenza e entità dei pregiudizi subiti dalla vittima, senza ricorrere ad automatismi risarcitori, e tenendo conto di tutte le conseguenze dannose dell'illecito. Ove sia correttamente dedotta ed adeguatamente provata l'esistenza di pregiudizi non aventi base medico-legale, essi devono formare oggetto di separata valutazione e liquidazione.

  • Il comportamento del lavoratore, consistente nella reiterata detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, anche al di fuori dell'orario e del luogo di lavoro, integra una grave violazione degli obblighi contrattuali e dei doveri di fedeltà e correttezza, tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario con il datore di lavoro e da rendere impossibile la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro, legittimando pertanto il licenziamento per giusta causa, anche in assenza di una sentenza penale definitiva di condanna. Ciò in quanto il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione lavorativa contrattualmente dovuta, ma anche a non porre in essere, nella sua vita privata, comportamenti che possano ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro e compromettere l'immagine aziendale, a prescindere dall'accertamento definitivo della responsabilità penale. La reiterazione di condotte illecite, anche se precedentemente non sanzionate disciplinarmente, può essere comunque valutata dal datore di lavoro ai fini della gravità complessiva del comportamento del lavoratore e della proporzionalità del licenziamento, non essendo precluso al datore di lavoro di mutare il proprio atteggiamento tollerante in occasione di successive mancanze. Il principio di presunzione di innocenza, sancito dall'art. 27, comma 2, Cost., non trova applicazione nell'ambito del rapporto di lavoro, in quanto attiene alle garanzie relative all'attuazione della pretesa punitiva dello Stato, e non impedisce al datore di lavoro di esercitare il potere di recesso per giusta causa in presenza di comportamenti del lavoratore idonei a determinare l'improseguibilità anche provvisoria del rapporto.

  • MASSIMA GIURIDICA Il contratto di appalto comporta per l'appaltatore l'obbligazione di risultato di eseguire l'opera a regola d'arte, nel rispetto delle prescrizioni contrattuali e delle norme tecniche. In caso di difformità e vizi dell'opera, grava sull'appaltatore la presunzione di colpa, che può essere superata solo dimostrando la causa specifica che ha determinato i difetti, non essendo sufficiente invocare l'errore del progettista o del direttore dei lavori, salvo che l'appaltatore provi di aver agito come "nudus minister" del committente. Il committente che eccepisca l'inadempimento dell'appaltatore non è tenuto a proporre domanda riconvenzionale di garanzia, potendo paralizzare la pretesa di pagamento del corrispettivo opponendo le difformità e i vizi dell'opera. La denuncia dei vizi e difformità può avvenire anche in forma orale o per facta concludentia, senza necessità di rispettare il termine di decadenza di 60 giorni dalla scoperta, qualora l'appaltatore ne abbia comunque riconosciuto l'esistenza. In caso di ritardo nell'esecuzione dei lavori, il committente ha diritto alla penale pattuita, salvo che il ritardo non sia dovuto a causa di forza maggiore o a varianti richieste dal committente stesso. Il giudice può ridurre d'ufficio la penale eccessiva, in applicazione dell'art. 1384 c.c., tenendo conto dell'equilibrio complessivo delle prestazioni e della concreta situazione contrattuale.

  • Il giudice di merito, nell'ambito del libero convincimento, ha la facoltà di disporre nuove consulenze tecniche integrative o suppletive rispetto a quelle già espletate in sede di accertamento tecnico preventivo, al fine di accertare in modo esaustivo le cause e le modalità dei vizi riscontrati nell'esecuzione di un'opera. L'accertamento tecnico preventivo, infatti, non ha valore di prova piena, ma mira solo a descrivere lo stato dei luoghi e le condizioni delle cose, mentre la valutazione tecnica delle cause e delle responsabilità è rimessa al giudice, il quale può discostarsi dalle conclusioni del primo consulente ove le ritenga non corrette o incomplete. Pertanto, il giudice può disporre una nuova consulenza tecnica, anche in presenza di contestazioni da parte di uno dei convenuti circa le capacità professionali del consulente, qualora ritenga necessario un approfondimento tecnico per addivenire ad una decisione corretta e scevra da vizi. In tal caso, il giudice, nel valutare le risultanze della nuova consulenza, deve tenere conto dei rilievi critici mossi dalla parte nei confronti della precedente relazione peritale, al fine di accertare in modo esaustivo le cause dei vizi riscontrati nell'esecuzione dell'opera e le relative responsabilità.

  • Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni dal giorno dell'apertura della successione, decorso il quale il chiamato perde il diritto di accettare. L'accettazione espressa o tacita dell'eredità da parte dei chiamati comporta il subentro degli stessi nella titolarità dei beni ereditari, con effetto retroattivo dall'apertura della successione. Tuttavia, l'accettazione tacita può essere desunta anche dalla semplice costituzione in giudizio del chiamato, in quanto atto incompatibile con la volontà di rinunciare all'eredità. Ove alcuni chiamati non abbiano accettato l'eredità entro il termine decennale, le relative quote si accrescono a favore degli altri coeredi. Nell'ambito del giudizio di divisione endo-esecutiva, il giudice è tenuto ad accertare la qualità di erede di ciascun comproprietario, disponendo all'occorrenza una consulenza tecnica d'ufficio per la formazione del progetto divisionale, anche al fine di valutare l'eventuale necessità di collazione di donazioni effettuate in vita dai de cuius.

  • La responsabilità della struttura sanitaria per inadempimento del contratto di spedalità con il paziente ex art. 1218 c.c. sussiste qualora il paziente provi il nesso di causalità tra l'evento di danno, consistente nell'aggravamento della patologia preesistente o nell'insorgenza di una nuova patologia, e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre la struttura sanitaria è tenuta a dimostrare che i suoi comportamenti non si sono discostati dal modello della diligenza. Ove tale prova non sia raggiunta, la struttura sanitaria è responsabile per l'inadempimento dell'obbligazione di prestare cure e assicurare al paziente la protezione da tutti i rischi prevedibili durante la degenza. Il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita parentale per la morte del feto deve essere liquidato in via equitativa, tenendo conto della sofferenza morale dei genitori e della perduta possibilità di programmare ed attuare lo sviluppo della famiglia, con riferimento ai parametri indicati dalle tabelle di Milano per la perdita di un giovane figlio, adeguati al caso di specie.

  • La responsabilità del custode di una cosa ai sensi dell'art. 2051 c.c. è di natura oggettiva e prescinde dall'accertamento della colpa, essendo sufficiente il mero nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso. Il custode può liberarsi da tale responsabilità solo provando il caso fortuito, ossia un evento imprevedibile ed inevitabile che abbia interrotto il nesso causale, senza che sia sufficiente la mera dimostrazione della condotta negligente o imprudente del danneggiato. Pertanto, il custode è tenuto a predisporre tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa in custodia, anche in relazione a situazioni di pericolo non intrinseche alla res ma derivanti da fattori esterni prevedibili, salvo il caso in cui la condotta del danneggiato assuma i caratteri dell'eccezionalità e dell'imprevedibilità, tali da configurare un'interruzione del nesso causale.

  • Il procedimento di mediazione obbligatoria, previsto dal D.Lgs. n. 28/2010 e dall'art. 128-bis TUB, costituisce un presupposto processuale inderogabile per la valida instaurazione di un giudizio relativo a controversie in materia di contratti bancari e finanziari. L'omesso esperimento di tale procedimento preliminare determina l'improcedibilità della domanda giudiziale, con conseguente condanna della parte attrice al pagamento delle spese di lite, liquidate in misura equa e proporzionata all'attività svolta dal difensore della parte convenuta.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.