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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 159 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da Lu. S.r.l., Is. S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, in relazione alla procedura CIG A013620D29, rappresentate e difese dall'avvocato Sa. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Olbia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Ma., Sa. Se., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Ma. in Cagliari, via (...); nei confronti AM. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. Br., Gi. Po., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Da. Br. in Roma, via (...); Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: per l'annullamento, previa sospensione a - della determinazione dirigenziale numero generale 461 del 30.01.2024, numero 62 di settore, del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Olbia, di aggiudicazione definitiva della procedura aperta per l'affidamento dell'appalto di servizi relativi alla "Manutenzione dei canali urbani (Bacini 1-2-3 e 4), ai sensi delle Direttive regionali ex artt. 13 e 15 della NA del PAI 2023/2024" - CIG A013620D29, in favore della controinteressata AM. s.r.l.; b - della determinazione dirigenziale numero generale 5168 del 30.11.2023, numero 1132 di settore, del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Olbia, di convalida gara di appalto ed approvazione verbali delle operazioni di gara della procedura aperta per l'affidamento dell'appalto di servizi relativi alla "Manutenzione dei canali urbani (Bacini 1-2-3 e 4), ai sensi delle Direttive regionali ex artt. 13 e 15 della NA del PAI 2023/2024" - CIG A013620D29; c - dei verbali del seggio di gara: della seduta pubblica n. 1 del 25.10.2023, della seduta pubblica n. 2 del 27.10.2023, della seduta pubblica n. 3 del 02.11.2023 e della seduta pubblica n. 4 del 09.11.2023, nella parte in cui hanno ammesso alla gara la controinteressata AM. s.r.l.; d - dei verbali della commissione giudicatrice: della seduta pubblica n. 1 del 14.11.2023, della seduta riservata n. 1 del 15.11.2023, della seduta pubblica n. 2 del 21.11.2023, della seduta riservata n. 2 del 23.11.2023, della seduta pubblica n. 3 del 24.11.2023, nella parte in cui hanno valutato due volte l'offerta tecnica della AM. s.r.l., una persino dopo l'apertura delle offerte economiche, e la seconda volta l'hanno individuata quale migliore offerta, davanti al costituendo R.T.I. Lu. s.r.l. / Is. s.r.l.; di ogni atto ad essi presupposto, connesso, collegato e conseguente; per la dichiarazione dell'inefficacia del contratto di appalto eventualmente stipulato tra il Comune di Olbia e la controinteressata AM. s.r.l., contratto di cui le ricorrenti dichiarano sin d'ora il proprio interesse alla esecuzione ed al subentro, per il riconoscimento del diritto delle ricorrenti all'aggiudicazione della gara per cui è causa, in qualità di costituendo R.T.I. primo classificato e migliore offerente della procedura di gara, per la condanna del Comune di Olbia al risarcimento dei danni in favore delle ricorrenti in forma specifica mediante l'aggiudicazione della procedura di gara per cui è causa, ovvero per equivalente mediante il pagamento del 10% dell'importo a base d'asta dei servizi d'appalto o della diversa somma, maggiore o minore, che dovesse essere accertata, anche in via equitativa, nel corso del giudizio. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 27.5.2024: per l'annullamento, previa sospensione a - della determinazione dirigenziale numero generale 461 del 30.01.2024, numero 62 di settore, del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Olbia, di aggiudicazione definitiva della procedura aperta per l'affidamento dell'appalto di servizi relativi alla "Manutenzione dei canali urbani (Bacini 1-2-3 e 4), ai sensi delle Direttive regionali ex artt. 13 e 15 della NA del PAI 2023/2024" - CIG A013620D29, in favore della controinteressata AM. s.r.l.; b - della determinazione dirigenziale numero generale 5168 del 30.11.2023, numero 1132 di settore, del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Olbia, di convalida gara di appalto ed approvazione verbali delle operazioni di gara della procedura aperta per l'affidamento dell'appalto di servizi relativi alla "Manutenzione dei canali urbani (Bacini 1-2-3 e 4), ai sensi delle Direttive regionali ex artt. 13 e 15 della NA del PAI 2023/2024" - CIG A013620D29; c - dei verbali del seggio di gara: della seduta pubblica n. 1 del 25.10.2023, della seduta pubblica n. 2 del 27.10.2023, della seduta pubblica n. 3 del 02.11.2023 e della seduta pubblica n. 4 del 09.11.2023, nella parte in cui hanno ammesso alla gara la controinteressata AM. s.r.l.; d - dei verbali della commissione giudicatrice: della seduta pubblica n. 1 del 14.11.2023, della seduta riservata n. 1 del 15.11.2023, della seduta pubblica n. 2 del 21.11.2023, della seduta riservata n. 2 del 23.11.2023, della seduta pubblica n. 3 del 24.11.2023, nella parte in cui hanno valutato due volte l'offerta tecnica della AM. s.r.l., una persino dopo l'apertura delle offerte economiche, e la seconda volta l'hanno individuata quale migliore offerta, davanti al costituendo R.T.I. Lu. s.r.l./ Is. s.r.l.; di ogni atto ad essi presupposto, connesso, collegato e conseguente; per la dichiarazione dell'inefficacia del contratto di appalto eventualmente stipulato tra il Comune di Olbia e la controinteressata AM. s.r.l., contratto di cui le ricorrenti dichiarano sin d'ora il proprio interesse alla esecuzione ed al subentro, per il riconoscimento del diritto delle ricorrenti alla aggiudicazione della gara per cui è causa, in qualità di costituendo R.T.I. primo classificato e migliore offerente della procedura di gara, per la condanna del Comune di Olbia al risarcimento dei danni in favore delle ricorrenti in forma specifica mediante l'aggiudicazione della procedura di gara per cui è causa, ovvero per equivalente mediante il pagamento del 10% dell'importo a base d'asta dei servizi d'appalto o della diversa somma, maggiore o minore, che dovesse essere accertata, anche in via equitativa, nel corso del giudizio; nonché per l'annullamento e - della "Determinazione Dirigenziale Settore Tecnico Ufficio Idrico integrato numero registro generale 1240 del 09/05/2024" a firma del Dirigente Diego Ciceri con cui, all'esito dell'istruttoria di riesame della procedura di gara, l'Amministrazione ha confermato gli atti adottati relativi alla procedura di gara e l'aggiudicazione alla controinteressata AM. s.r.l.; f - della "Relazione di riesame della procedura di gara" del 09.05.2024 a firma del RUP Geom. Gi. Vi., allegata alla predetta determinazione n. 1240 del 09.05.2024; g - della nota del 09.05.2024 a firma del RUP Geom. Gi. Vi. di trasmissione della determinazione del Dirigente del Settore Tecnico n. 1240 del 09.05.2024 e di conferma della aggiudicazione alla controinteressata AM. s.r.l.; di ogni atto ad esse presupposto, connesso, collegato e conseguente. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Olbia e della AM. s.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Le Società Lu. s.r.l. e Is. s.r.l. hanno agito in giudizio per l'annullamento della determinazione n. 461 del 30.01.2024 del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Olbia, di aggiudicazione definitiva in favore della controinteressata AM. s.r.l. dell'appalto di servizi relativi alla "Manutenzione dei canali urbani (Bacini 1-2-3 e 4), ai sensi delle Direttive regionali ex artt. 13 e 15 della NA del PAI 2023/2024" - CIG A013620D29, Con successivi motivi aggiunti depositati il 27.05.2024 le ricorrenti hanno impugnato altresì la determinazione n. 1240 del 09/05/2024 con la quale il Comune di Olbia, all'esito dell'istruttoria posta in essere in sede di riesame al fine di accertare eventuali profili di illegittimità dell'aggiudicazione in favore di AM. s.r.l., ha confermato gli atti in precedenza adottati. In fatto la vicenda in discussione può essere così riassunta: - il Comune di Olbia, con bando e disciplinare di gara del 20.09.2023, ha indetto la procedura aperta per l'affidamento dell'appalto di servizi per la "Manutenzione dei canali urbani (Bacini 1-2-3 e 4), ai sensi delle Direttive regionali ex artt. 13 e 15 della NA del PAI 2023/2024" - CIG A013620D29, per un periodo di 13 mesi, prorogabili di 13 mesi, per un valore totale stimato dell'appalto di Euro 1.656.232,44, IVA esclusa, da aggiudicarsi col criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, con punteggio massimo di 100, di cui 80 punti per l'offerta tecnica e 20 punti per l'offerta economica; - alla procedura di gara hanno preso parte, tra le altre concorrenti, la controinteressata AM. s.r.l. ed il costituendo R.T.I. tra la capogruppo/mandataria Lu. s.r.l. e la mandante Is. s.r.l., ai quali la commissione giudicatrice ha assegnato rispettivamente per l'offerta tecnica il punteggio di 44,42 e di 46,42, procedendo poi all'apertura delle offerte economiche recanti i seguenti ribassi: del 25,22% per la AM. s.r.l. e del 29,81% per il R.T.I. Lu. / Is.; - sulla base dei punteggi attribuiti all'offerta tecnica ed economica dei vari concorrenti, la commissione ha formato la graduatoria che vedeva primo classificato il R.T.I. Lu. s.r.l. / Is. s.r.l. con 66,42 punti (46,42 per l'offerta tecnica e 20 per l'offerta economica), secondo classificato il R.T.I. Sc. Po. e Af. s.r.l. con 62,77 punti (46,67 per l'offerta tecnica e 16,10 per l'offerta economica) e terza classificata la AM. s.r.l. con 62,53 punti (44,42 per l'offerta tecnica e 18,11 per l'offerta economica); - l'Amministrazione ha quindi disposto l'aggiudicazione provvisoria della gara in favore del R.T.I. Lu. s.r.l. e Is. s.r.l.; - dopo due giorni dalla predetta seduta pubblica del 21.11.2023 e dalla disposta aggiudicazione provvisoria dell'appalto al R.T.I. Lu. s.r.l. e Is. s.r.l., con nota prot. n. 143937 del 23.11.2023, il RUP ha tuttavia chiesto alla commissione, di cui egli era componente, di rivalutare l'offerta tecnica della AM. s.r.l. in quanto dalla "verifica della documentazione trasmessa dalla commissione ha rilevato quanto segue. Nella valutazione dell'offerta tecnica della concorrente AM. relativa al criterio A (sub criteri A1, A2 e A3) la commissione ha valutato le offerte proposte non tenendo conto di parte del documento presentato in quanto risultato eccedente nel numero di pagine rispetto a quanto previsto dal disciplinare di gara"; - la commissione giudicatrice, come verbalizzato nella seduta riservata n. 2 del 23.11.2023, recependo le indicazioni del RUP, ha quindi proceduto alla rivalutazione dell'offerta tecnica della controinteressata, attribuendole il maggior punteggio di 51,50 punti in luogo del precedente di 44,42 punti, addivenendo all'esito ad una nuova graduatoria finale che vedeva prima classificata la AM. s.r.l. con 69,61 punti (51,50 per l'offerta tecnica e 18,11 per l'offerta economica), secondo classificato il R.T.I. Lu. s.r.l. e Is. s.r.l. con 66,42 punti (46,42 per l'offerta tecnica e 20 per l'offerta economica), e terzo classificato il R.T.I. Sc. Po. e Af. s.r.l. con 62,77 punti (46,67 per l'offerta tecnica e 16,10 per l'offerta economica); - la commissione giudicatrice, nella seduta pubblica n. 3 del 23.11.2023, ha di conseguenza dichiarato la AM. s.r.l. nuova aggiudicataria provvisoria, e il Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Olbia, con determinazione n. 5168 del 30.11.2023, ha convalidato la gara d'appalto ed approvato i verbali delle operazioni; - con la determinazione n. 461 del 30.01.2024 l'Ente ha quindi disposto l'aggiudicazione definitiva della gara in favore della controinteressata AM. s.r.l.; - le ricorrenti, in data 21.02.2024, hanno ottenuto l'accesso agli atti di gara ed hanno deciso di impugnare in questa sede il provvedimento di aggiudicazione in favore della controinteressata, ritenendolo illegittimo; - in pendenza del giudizio e nelle more dell'udienza camerale del 13.03.2024 fissata per la discussione dell'istanza cautelare contenuta nel ricorso introduttivo, il Comune di Olbia, con "comunicazione di avvio del riesame del procedimento", nota prot. n. 28784 dell'11.03.2024 a firma del RUP, ha reso noto il proprio "intendimento" di "attivare un procedimento volto al riesame degli atti della gara il cui avvio sarà formalizzato a stretto giro di posta"; - all'udienza camerale del 13.03.2024, pertanto, stante l'intendimento dell'Amministrazione di avviare un procedimento di riesame e non ravvisandosi esigenze cautelari, il procedimento è stato rinviato al merito, fissandosi per la discussione l'udienza pubblica del 15.05.2024; - con nota prot. n. 31518 datata 11.03.2024, il Comune di Olbia ha comunicato "anche ai sensi dell'art. 7 della Legge n. 241/1990, formale avvio del procedimento di riesame della procedura di gara in oggetto, onde approfondire i profili di perplessità e criticità, al fine dell'eventuale annullamento in autotutela, con riguardo alla legittimità dell'aggiudicazione e dei presupposti atti e provvedimenti assunti in sede di gara sotto ogni profilo, ivi compresi quelli inerenti la valutazione, e la conseguente attribuzione dei punteggi, delle offerte tecniche. Sarà cura del sottoscritto responsabile del procedimento dare comunicazione dell'esito del procedimento di riesame"; - in data 10.05.2024 l'Amministrazione ha versato in atti parte della documentazione inerente all'istruttoria del procedimento di riesame, concluso in data 9.05.2024 con la determinazione n. 1240 del 09.05.2014, di conferma dell'aggiudicazione in favore della AM. s.r.l.; - all'udienza di discussione del 15.05.2024 le ricorrenti hanno preannunciato la proposizione di motivi aggiunti avverso tale ultimo provvedimento, sicché l'udienza di merito è stata rinviata al 24.09.2024, all'esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione. Avverso gli atti impugnati le ricorrenti hanno articolato le seguenti doglianze in diritto. "1- Violazione - erronea applicazione di legge (artt. 100 e 104 d.lgs. 36/2023; artt. 1346 e 1418 c.c.), violazione del disciplinare di gara, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, atteso che la AM. s.r.l. non poteva essere ammessa alla gara, dalla quale doveva essere esclusa, poiché, essendo carente del necessario requisito di capacità tecnica e professionale del possesso dell'attestazione SOA OG8 iv, avvalendosi della ausiliaria Vi. consorzio stabile società consortile a r.l., ha stipulato un contratto nullo". Secondo le ricorrenti la controinteressata AM. s.r.l., carente del requisito di capacità tecnica e professionale del fatturato specifico in servizi analoghi richiesto dalla lex specialis, ed in particolare dell'attestazione SOA OG8 categoria IV, avrebbe partecipato alla gara avvalendosi dell'ausiliaria Vi. Consorzio Stabile società consortile a r.l., producendo tuttavia un contratto di avvalimento nullo perché contenente la sola elencazione di 5 mezzi (3 autocarri, 1 escavatore e 1 terna) messi a disposizione dell'ausiliata, senza alcuna indicazione delle ulteriori risorse professionali e personali rese disponibili e necessarie per soddisfare il requisito ed ottenere la relativa attestazione di qualificazione. "2 - Violazione - erronea applicazione di legge (artt. 1, commi 51 e 52, l. 190/2012; d.p.c.m. 18.04.2013; artt. 94, comma 2, e 104, comma 7, d.lgs. 23/2023), violazione del disciplinare di gara, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, atteso che la AM. s.r.l. non poteva essere ammessa alla gara, dalla quale doveva essere esclusa, poiché non ha dichiarato e non possiede il requisito dell'iscrizione nella white list espressamente richiesto, a pena di esclusione, dal disciplinare di gara". Secondo le ricorrenti la AM. s.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per non avere documentato di essere in possesso del requisito generale di partecipazione dell'iscrizione alla white list, espressamente richiesto a pena di esclusione dal disciplinare di gara. "3 - Violazione - erronea applicazione di legge (art. 97 cost.; artt. 1, 3, 5 e 108 d.lgs. 36/2023), violazione del principio di segretezza delle offerte, violazione del disciplinare di gara, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, atteso che l'offerta tecnica della AM. s.r.l. non poteva essere rivalutata dalla commissione giudicatrice dopo che la stessa aveva già aperto e valutato le offerte economiche, con la formazione della graduaduatoria finale e l'aggiudicazione provvisoria alla migliore offerta del R.T.I. Lu. / Is.". La commissione aggiudicatrice avrebbe inoltre, secondo le ricorrenti, illegittimamente rivalutato l'offerta tecnica della controinteressata sul presupposto che nell'iniziale valutazione della stessa non si sarebbe tenuto conto di parte del documento presentato dalla AM. s.r.l. in quanto risultato eccedente nel numero di pagine rispetto a quanto previsto dal disciplinare di gara. In particolare, le ricorrenti da un lato lamentano che di tale ultima circostanza non vi sarebbe prova nei verbali di gara e, in ogni caso, sostengono che così operando la commissione avrebbe violato il principio secondo cui le offerte tecniche vanno sempre valutate prima di conoscere le offerte economiche dei concorrenti, in modo da evitare che la stazione appaltante possa attribuire un maggior punteggio tecnico alle offerte meno onerose per l'Amministrazione, perché recanti un maggior ribasso. "4 - Violazione - erronea applicazione di legge (art. 97 cost.; artt. 1, 2, 3, 5 e 108 d.lgs. 36/2023), violazione della lex specialis, eccesso di potere: per l'illegittima rivalutazione dell'offerta tecnica della AM. s.r.l. (a seguito dell'avvenuta apertura delle offerte economiche) con valutazione di pagine ulteriori al limite massimo previsto dal disciplinare e indebito vantaggio per la controinteressata". In ogni caso, secondo le ricorrenti, la relazione tecnica della controinteressata supererebbe il numero massimo delle pagine consentite, sicché la commissione avrebbe errato nel rivalutare l'offerta, tenendo in considerazione anche le ultime pagine ivi contenute. Con i motivi aggiunti depositati in corso di causa le ricorrenti, oltre ad impugnare il provvedimento di conferma assunto dal Comune all'esito del procedimento di riesame per invalidità derivata, hanno articolato la seguente ulteriore doglianza propria: "Violazione - erronea applicazione di legge (artt. 1, co. 1; art. 7 e ss., 10; 21 octies; 29, co. 2 bis, l. 241/90), violazione del diritto al contraddittorio procedimentale, difetto di istruttoria eccesso di potere per ingiustizia manifesta, atteso che l'amministrazione ha invitato unicamente la AM. s.r.l. a partecipare, mediante la presentazione di memorie scritte e documenti, al procedimento di riesame della procedura di gara avviato d'ufficio, violando il diritto al contraddittorio delle ricorrenti e aggiudicatarie provvisorie Lu. S.R.L e Is. S.R.L". In particolare, ad avviso delle ricorrenti, l'Amministrazione avrebbe illegittimamente omesso di coinvolgere anche Lu. s.r.l. e Is. s.r.l. nel procedimento di riesame intrapreso nel corso del giudizio, assegnando termine solo alla AM. s.r.l. per potere interloquire al riguardo con l'Ente, in contrasto a loro dire con i principi di partecipazione procedimentale. Sulla base di tali doglianze le ricorrenti hanno concluso chiedendo l'annullamento degli atti impugnati. La controinteressata e il Comune di Olbia si sono costituiti contestando le avverse censure e chiedendo il rigetto dell'impugnazione. All'esito del giudizio, ad avviso del Collegio, il ricorso e i motivi aggiunti vanno respinti per l'infondatezza di tutte le censure ivi articolate. Invero, quanto alla prima doglianza contenuta in ricorso, inerente il contratto di avvalimento stipulato dalla controinteressata con l'ausiliaria Vi. Consorzio Stabile, va preliminarmente rilevato che la censura può essere affrontata solo limitatamente ai profili espressamente esplicitati nel ricorso introduttivo, risultando inammissibile ogni eventuale ampliamento del thema decidendum in sede di motivi aggiunti, avendo le ricorrenti al momento dell'introduzione del giudizio a disposizione tutti gli elementi per articolare compiutamente e tempestivamente ogni contestazione sul punto. Al riguardo, le ricorrenti sostengono che il contratto di avvalimento stipulato dalla AM. s.r.l. con l'ausiliaria Vi. Consorzio Stabile in ordine al requisito richiesto dalla lex specialis dell'attestazione SOA nella categoria OG8 IV, sarebbe nullo perché "non indica le necessarie risorse personali/professionali messe a disposizione dall'impresa ausiliaria, in palese violazione dell'art. 104, commi 1 e 2, D.lgs. 36/2023, oltre che della lex specialis". Tale tesi, tuttavia, non può essere condivisa, avendo la controinteressata ed il Comune di Olbia dimostrato in giudizio, anche mediante la produzione del contratto di avvalimento stipulato dalla AM. s.r.l. con l'ausiliaria debitamente sottoscritto prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, che in esso risultavano indicati i mezzi (attrezzature e macchinari necessari: - autocarro (omissis) con (omissis) modello (omissis) matricola (omissis) - targa (omissis); - Autocarro (omissis) - targa (omissis); - (omissis); - (omissis) articolata (omissis); - Autocarro (omissis) con (omissis) - targa (omissis)), nonché le risorse umane (personale messo a disposizione: un direttore tecnico, personale specializzato per la formazione ed il controllo delle condizioni igienico-sanitarie e antincendio) che l'ausiliaria si impegnava a mettere a disposizione all'ausiliata per tutta la durata dell'appalto, assumendosene l'obbligo anche nei confronti della stazione appaltante fino all'ultimazione dei lavori, senza fare invece uso di formule di stile o fornire un prestito meramente cartolare e astratto (vedi T.A.R. Sardegna, sez. II, sentenza n. 326 del 05.05.2023, confermata da Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 119 del 03.01.2024; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3682). Ed invero, anche il RUP, nella relazione del 9.5.2024 redatta in sede di riesame (doc. 9 depositato dal Comune in data 10.5.2024), ha condivisibilmente dato atto che il contratto di avvalimento prodotto dalla controinteressata risulta specifico ed idoneo al soddisfacimento del requisito di capacità "tecnica e professionale" di cui al punto 7.2, lett. b), del Disciplinare in quanto in esso "sono indicati in maniera chiara e specifica l'elenco dei mezzi aziendali che l'ausiliaria mette a disposizione del concorrente", peraltro "per l'esecuzione (si ricorda) di una parte marginale dell'appalto e pertanto che riguarda un'opzione contrattuale che non è detto che si verifichi". Per quanto riguarda, invece, la seconda censura contenuta in ricorso, inerente il requisito l'iscrizione nella c.d. white list, l'infondatezza del motivo di impugnazione risulta evidente tenuto conto del fatto che la AM. S.r.l. ha dimostrato di essere iscritta nella white list della Prefettura di Roma come da provvedimento prot. n. 0477635 del 19.12.2023, riferito a domanda di iscrizione presentata in data 5.10.2021, circostanza sufficiente ai fini della legittima ammissione della Società alla gara, atteso che il disciplinare di gara imponeva il possesso di tale requisito (iscrizione alla white list, o in alternativa tempestiva presentazione della relativa domanda), come visto sussistente, ma non richiedeva ai concorrenti di allegare la relativa documentazione. Parimenti prive di pregio sono le doglianze contenute nel terzo motivo di ricorso, atteso che, quanto al profilo concernente l'asserita mancata prova della precedente valutazione solo parziale dell'offerta tecnica della controinteressata da parte della commissione, le ricorrenti non hanno tempestivamente impugnato la nota n. 143937 del 23.11.2023 nella quale il RUP attestava tale circostanza, peraltro recepita anche dal verbale della Commissione della seduta riservata n. 2 del 23.11.2023, dotato di fede pubblica, sicché che un errore in tal senso sia stato inizialmente commesso dalla Commissione deve ritenersi dimostrato. Circa, invece, il diverso rilievo contenuto nel terzo motivo di ricorso secondo cui, in ogni caso, rivalutando l'offerta tecnica della AM. s.r.l., la Commissione avrebbe violato il principio dell'ordine di attribuzione dei punteggi prima all'offerta tecnica e solo dopo a quella economica, va rilevato che la ratio di tale regola risiede nell'esigenza di evitare che le stazioni appaltanti, conoscendo prima le offerte economiche delle partecipanti, possano essere indotte ad attribuire punteggi maggiori all'offerta tecnica del concorrente che ha offerto un ribasso più conveniente per l'Ente, mentre nel caso in esame il ribasso più alto era stato offerto dalle ricorrenti, sicché il Comune di Olbia non avrebbe avuto alcun interesse economico a premiare l'offerta tecnica della controinteressata. Al contrario, nell'ipotesi in discussione, si sarebbe verificata una violazione delle regole della par condicio e della correttezza amministrativa laddove la Commissione non avesse emendato il proprio precedente errore, garantendo alla controinteressata il punteggio spettante per l'intera relazione depositata, una volta accertato che non vi era stato alcun superamento del numero massimo delle pagine consentite da parte della stessa. Quanto a tale ultimo profilo, nel quarto motivo di ricorso le ricorrenti sostengono in realtà che vi sarebbe stato un superamento dei limiti dimensionali da parte della controinteressata, come inizialmente ritenuto dalla Commissione, ma la tesi non può essere condivisa, avendo il Comune dimostrato anche in giudizio di avere operato il calcolo correttamente escludendo, come previsto alle pag. 32-33 del Disciplinare di gara, fotografie, tabelle, grafici, rappresentazioni cartografiche e tavole tecniche in scala appropriata. Infine, privo di pregio è il motivo di impugnazione in via autonoma contenuto nei motivi aggiunti, relativo all'omesso contraddittorio in sede di riesame nei confronti delle ricorrenti, atteso che nel caso in esame, tenuto conto dell'oggetto del procedimento di riesame, volto all'eventuale annullamento dell'aggiudicazione in favore della AM. s.r.l., solo quest'ultima avrebbe potuto danneggiata, sicché coerentemente la stazione appaltante ha attivato esclusivamente nei suoi confronti il contraddittorio, così da consentirle di replicare alle contestazioni circa la legittimità dell'aggiudicazione in suo favore, ben potendo in ogni caso le ricorrenti opporsi all'eventuale decisione di conferma dell'aggiudicazione alla AM. s.r.l. nel presente giudizio già instaurato, come infatti avvenuto mediante la proposizione dei motivi aggiunti. Pertanto, conclusivamente, attesa l'infondatezza di tutte le doglianze articolate in ricorso e nei motivi aggiunti, l'impugnazione va respinta. Le spese di lite possono tuttavia essere compensate per la peculiarità della fattispecie esaminata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: - respinge il ricorso e i motivi aggiunti; - compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Tito Aru - Presidente Antonio Plaisant - Consigliere Jessica Bonetto - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 75 del 2024, proposto da Ma. At., rappresentato e difeso dall'avvocato Ca. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ri. Er. Di Vi., Sa. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Regione Sardegna - Servizio Tutela Paesaggio, non costituita in giudizio; nei confronti Lu. Bi. ed altri, non costituiti in giudizio; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia: della Determinazione del 27.11.2023 di conclusione negativa della conferenza di servizi relativa alla pratica S.U.A.P.E. con Codice Univoco n. TZAMRA34L25H274O-09012023-0914.572560, emanata dal Servizio Urbanistica/Ambiente/Suape del Comune di (omissis), con oggetto: "Progetto in Sanatoria (accertamento di conformità ai sensi dell'art. 16 della L.R. 23/85 e ss.mm.mi.) inerente "sanatoria ripristino pista esistente" in Comune di (omissis), Loc. (omissis) - Diniego del Permesso di Costruire"; di ogni atto connesso, sia presupposto che conseguente tra cui, per quanto occorrer possa: - del parere del 10.11.2023 reso dal Servizio Tecnico Settore Urbanistica del Comune di (omissis) (Posizione: 478/23), con oggetto "SUAPE 572560 del 01.02.2023. Domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art. 167 del D. Lgs. 42/2004", con il quale è stato comunicato al ricorrente che le opere oggetto dell'istanza di accertamento di conformità "non sono conformi allo strumento urbanistico comunale"; - della Nota della Direzione generale del Servizio di pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia del Servizio tutela del paesaggio Sardegna settentrionale Nord-Est prot. n. 54339 del 16.11.2023 con la quale, nel prendere atto del parere negativo emesso dall'Ufficio Tecnico Settore Urbanistica del Comune di (omissis) in data 10.11.2023, comunicava all'istante che "allo stato la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del D.Lgs. 42/2004, ns. prot. n. 6097 del 06.02.2023, risulta improcedibile"; - di tutti i verbali e pareri negativi della conferenza di servizi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Ma. At. ha agito in giudizio per l'annullamento della determinazione del 27.11.2023 relativa alla pratica S.U.A.P.E. con Codice Univoco n. TZAMRA34L25H274O-09012023-0914.572560, emanata dal Servizio Urbanistica/Ambiente/Suape del Comune di (omissis), avente ad oggetto: "Progetto in Sanatoria (accertamento di conformità ai sensi dell'art. 16 della L.R. 23/85 e ss.mm.mi.) inerente "sanatoria ripristino pista esistente" in Comune di (omissis), Loc. (omissis) - Diniego del Permesso di Costruire". In fatto ha allegato: - di essere proprietario di un appezzamento di "terreno agricolo in Comune di (omissis) (Comune censuario di Olbia) località (omissis), della superficie di are 50.45 (cinquanta e centiare quarantacinque) confinante con strada d'accesso per due lati, residua proprietà della Società venditrice per gli altri lati, salvo altri"; - nell'atto pubblico di acquisto del 13.07.1982 veniva dato atto che "la vendita è fatta e accettata a misura con tutti gli annessi e connessi, usi, diritti, azioni e ragioni, servitù attive e passive, in particolare con le servitù attive di transito sulle strade attualmente esistenti anche per l'accesso al mare, nello stato di fatto e di diritto in cui quanto venduto si trova e si possiede dalla parte venditrice il predetto tratto di terreno"; - dal frazionamento allegato all'atto pubblico di compravendita sub lettera A emerge che per accedere al tratto di terreno in questione (distinto al catasto Terreni al Foglio (omissis), Particella (omissis)) è necessario percorrere una strada di penetrazione agraria di circa 300 metri lineari, censita al Catasto Terreni al Foglio (omissis) Mappali (omissis), che consente l'accesso anche ad altri tratti di terreno, diversamente interclusi, oltre a quello del ricorrente; - sulla sommità della pista di penetrazione agraria è presente un manufatto (categoria C/2; consistenza 54 mq) distinto in Catasto Fabbricati al Foglio (omissis), particella (omissis), edificato nel terreno del controinteressato Se. Va., censito in Catasto al Foglio (omissis) Particella (omissis); - nel tempo, i proprietari dei fondi dominanti hanno manutenuto la strada di accesso ai predetti lotti, ai sensi dell'art. 1609 comma 3 c.c., mediante interventi di pulizia dalla vegetazione spontanea, conservando le caratteristiche originarie di strada di penetrazione agraria con fondo naturale, senza mai alterare la morfologia dei luoghi; - nel tempo tale attività manutentiva si è resa necessaria non solo per raggiungere i predetti fondi, altrimenti interclusi, ma anche per mantenere i terreni nelle condizioni prescritte dalle campagne regionali antincendio e dalle relative ordinanze annuali del Comune di (omissis), compresa la n. 10/2022 in materia di eliminazione del rischio incendi attraverso la pulizia dei luoghi da arbusti e materiale altamente infiammabile; - per dare seguito alle Prescrizioni Regionali Antincendio 2020-2022 e alle relative ordinanze sindacali, Ma. At., con nota del maggio 2022, ha interpellato il Comune di (omissis) - Ufficio Urbanistico Edilizia Privata per richiedere "il nulla osta autorizzazione all'esecuzione e al realizzo di lavori per il ripristino di una strada sterrata interna che, a causa della vegetazione arborea sviluppatasi negli anni, ha creato impedimento all'accesso ai lotti di terreno di proprietà "; - tale richiesta è stata riscontrata dal Responsabile del servizio Urbanistica - Edilizia Privata del Comune di (omissis) con la nota protocollo n. 615 del 28.05.2020, nella quale si comunicava al ricorrente che: "la pratica di cui sopra non potrà essere evasa in quanto di competenza dello SUAPE del Comune di (omissis), alla quale la stessa dovrà essere inoltrata tramite il Portale Regionale"; - Ma. At. ha quindi conferito mandato ad un professionista per ottenere ogni autorizzazione necessaria per il ripristino della strada sterrata in parola, e in data 27.04.2022 l'Arch. Antonio Deretta ha presentato a tal fine un'autocertificazione a 0 giorni avente ad oggetto "semplice opere di ripristino e manutenzione strada interpoderale, con lo scopo di preservare l'accesso esistente ai lotti e garantire l'adeguata pulizia"; - in seguito alla presentazione della comunicazione di inizio lavori del 24.10.2022, il committente ha dato corso all'esecuzione delle opere per il tramite di un'impresa specializzata, ma in data 13.11.2022, in seguito ad un "controllo d'iniziativa", il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Autonoma della Sardegna, ritenendo che l'autocertificazione "a 0 giorni" presentata non consentisse il ripristino eseguito, ha elevato un "verbale di contestazione e notificazione della violazione degli artt. 7 e 24 del R.D. n. 3267/1923 e art. 55, comma 2, lett. B)", contestando al ricorrente "l'eliminazione in alcune aree del soprassuolo forestale e l'apertura di una strada (...)" e comminandogli una sanzione pecuniaria di Euro 490,00; - gli agenti del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Autonoma della Sardegna, inoltre, hanno deferito i presunti trasgressori (committente, direttore dei lavori e legale rappresentante dell'impresa esecutrice) all'Autorità giudiziaria (proc. pen. iscritto al n. 2853/2022 RGNR della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio P.), ritenendo insufficiente e/o irrituale la SCIA a 0 giorni presentata tramite SUAPE il 27.04.2022 per l'esecuzione del ripristino; - il committente ha quindi dato incarico ad un agronomo esperto di regolarizzare dal punto di vista amministrativo l'esecuzione delle "opere di ripristino e manutenzione della strada interpoderale" ai sensi degli artt. 16 della L.R. n. 23/85 e 167 del D. Lgs. n. 42/2004; - in data 2.02.2023 l'Agronomo A. Pizzadili, su mandato del ricorrente, ha inoltrato al S.U.A.P.E. del Comune di (omissis) un'istanza di "accertamento di conformità per sanatoria ripristino pista esistente", trasmettendo poi la documentazione tecnica a tutti gli uffici ed enti coinvolti nel procedimento; - con parere del 10.11.2023, l'Ufficio Urbanistica/Edilizia Privata del Comune di (omissis) ha comunicato che "le opere oggetto dell'istanza non sono conformi allo strumento urbanistico comunale ed in particolare contrastano con l'art. 91 delle Norme di Attuazione del PUC vigente che testualmente recita: Art 91 SOTTOZONA "H2.3" - ZONA DI PREGIO PAESAGGISTICO Sono costituite dalle aree individuate nel P.U.C. come beni paesaggistici. In tali aree gli interventi consentiti sono quelli unicamente funzionali al mantenimento ed alla conservazione del bene o alla sua rinaturalizzazione, norme specifiche disciplinano le formazioni dunali possibili oggetto di infrastrutture leggere in funzione della balneazione. tutto ciò premesso e considerato, si dichiara la non conformità urbanistica delle opere abusive"; - preso atto del suddetto parere di non conformità, il responsabile del Servizio Ufficio Urbanistica/Edilizia Privata del Comune di (omissis), in data 27.11.2023, ha comunicato al ricorrente il diniego del permesso di costruire in accertamento di conformità ; - la Direzione generale del Servizio di pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia del Servizio tutela del paesaggio Sardegna settentrionale Nord-Est, con nota prot. n. 54339, nel prendere atto del parere negativo emesso dall'Ufficio Tecnico Settore Urbanistica del Comune di (omissis) in data 10.11.2023, ha comunicato al ricorrente che "allo stato la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del D. Lgs. 42/2004, ns. prot. n. 6097 del 06.02.2023, risulta improcedibile". Ritenendo illegittimi gli atti impugnati, il ricorrente ha promosso l'odierno giudizio, articolando in diritto le seguenti censure. "I - Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, violazione e falsa applicazione dell'art. 91 NTA del Piano Urbanistico Comunale, dell'art. 16 L.R. 23/1985 e dell'art. 36 D.P.R. 380/2001, difetto ed erronea motivazione con violazione dell'art. 3 L. 241/90". I provvedimenti impugnati sarebbero innanzitutto illegittimi, ad avviso del ricorrente, in quanto fondati sul presupposto erroneo dell'asserita incompatibilità dell'opera di ripristino della pista di penetrazione agraria col vigente Piano Urbanistico del Comune di (omissis) e, in particolare, con l'art. 91 (Sottozona "H2.3" - Zona di Pregio Paesaggistico) delle sue Norme di Attuazione, che così recita: "Sono costituite dalle aree individuate nel P.U.C. come beni paesaggistici. In tali aree gli interventi consentiti sono quelli unicamente funzionali al mantenimento ed alla conservazione del bene o alla sua rinaturalizzazione, norme specifiche disciplinano le formazioni dunali possibili oggetto di infrastrutture leggere in funzione della balneazione. Tutto ciò premesso e considerato, si dichiara la non conformità urbanistica delle opere abusive". Il ricorrente contesta in particolare che la pista di penetrazione agraria in discussione sia stata realizzata ex novo e quindi possa essere considerata quale nuova opera, avendo egli a suo dire posto in essere un intervento di mera manutenzione ordinaria su uno stradello già esistente, come tale estraneo al divieto di cui all'art. 10 bis L.R. n. 45/89. Pertanto, il provvedimento comunale negativo di conclusione della conferenza di servizi, basato sul parere di non conformità urbanistica dell'Ufficio Urbanistica/Edilizia Privata, sarebbe per il ricorrente illegittimo per carenza di istruttoria e difetto di motivazione in ordine ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che hanno indotto il Comune a ritenere nuovo anziché preesistente la pista in esame. "II - Violazione e falsa applicazione dell'art. 6 D.P.R. 380/2001; eccesso di potere per travisamento di fatto, illogicità e ingiustizia manifesta, disparità di trattamento rispetto alle opere eseguite sullo stesso reticolo stradale dal Comune di (omissis) nel mese di febbraio 2011". Inoltre, lamenta il ricorrente, i lavori di ripristino da lui eseguiti, consistendo nello sfrondamento della vegetazione collocata nel fondo della pista di penetrazione agraria lungo il tracciato che risulta agli atti del Catasto Terreni fin dal 1979, risulterebbero privi di rilevanza edilizia e paesaggistica ex art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 e 149 del D. Lgs. n. 42/2004, sicché per la loro realizzazione il Comune non avrebbe dovuto ritenere necessario il previo ottenimento di un titolo edilizia e/o paesaggistico, rientrando l'intervento nel regime di edilizia e paesaggistica "libera". In ogni caso, eccepisce il ricorrente, anche volendo considerare l'opera di manutenzione in esame soggetta all'acquisizione di provvedimenti autorizzativi, il Comune avrebbe dovuto valorizzare la buona fede del signor At. il quale, dopo avere interpellato il Comune di (omissis) con nota del mese di maggio del 2022 per richiedere "il nulla osta autorizzazione all'esecuzione e al realizzo di lavori per il ripristino di una strada sterrata interna che, a causa della vegetazione arborea sviluppatasi negli anni, ha creato impedimento all'accesso ai lotti di terreno di proprietà ...", su sollecitazione del Comune di (omissis), in data 27.4.2022, ha presentato la SCIA a 0 giorni avente ad oggetto "opere di ripristino e manutenzione strada interpoderale, con lo scopo di preservare l'accesso esistente ai lotti e garantire l'adeguata pulizia", dando poi corso ai lavori per il tramite della Smeralda srl, senza che il Comune abbia mai eccepito nulla, anche al fine di dare esecuzione all'Ordinanza sindacale n. 10/2022 che obbligava tutti i soggetti proprietari o detentori di terreni inedificati o comunque incolti, a mettere in atto tutte le azioni necessarie per prevenire il rischio di incendi attraverso la pulizia dei luoghi. Sulla base di tali doglianze il ricorrente ha concluso chiedendo l'annullamento degli atti impugnati. Il Comune di (omissis) si è costituito in giudizio contestando le avverse doglianze ed insistendo per il rigetto dell'impugnazione. In particolare, l'Ente ha ribadito la legittimità della decisione adottata, in quanto a suo dire il provvedimento di diniego risulterebbe esaustivo, richiamando espressamente la disciplina urbanistica violata dalle opere abusive, e chiarendo che le opere realizzate dal ricorrente sono state poste in essere in sottozona "H2.3" dove, ai sensi dell'art. 91 delle NN.TT.A. del PUC, sono consentiti unicamente interventi funzionali al mantenimento ed alla conservazione del bene o alla sua rinaturalizzazione, nell'ambito dei quali non rientra la realizzazione ex novo di una strada. Quanto alla datazione della pista di cui si discute, il Comune ha eccepito al ricorrente di non avere fornito prova della preesistenza dell'opera, non bastando secondo l'Amministrazione gli elementi richiamati a tal fine dall'At. (le foto aeree estratte da "Sardegna FotoAeree", la Cartografia dell'Istituto Geografico Militare, la Tavola "ASC.01 Carta dei Beni identitari", l'atto di acquisto del lotto di terreno da parte di Ma. At. che si limita a stabilire che "la vendita è fatta ed accettata (...) con le servitù attive di transito sulle strade attualmente esistenti anche per l'accesso al mare"), in quanto generici ed indiziari. Pertanto, il provvedimento negativo adottato all'esito del procedimento ed impugnato in questa sede, sarebbe secondo il Comune di (omissis) legittimo, con conseguente infondatezza delle censure articolate dal ricorrente. All'esito del giudizio, ad avviso del Collegio, il ricorso va accolto, con annullamento degli atti impugnati, risultando sicuramente fondato il primo motivo di impugnazione, in punto di difetto di motivazione e carenza istruttoria, in ordine alla preesistenza o meno della pista in discussione. Invero, il diniego impugnato si fonda sul seguente presupposto: "le opere oggetto dell'istanza non sono conformi allo strumento urbanistico comunale ed in particolare contrastano con l'art. 91 delle Norme di Attuazione del PUC vigente che testualmente recita: Art 91 SOTTOZONA "H2.3" - ZONA DI PREGIO PAESAGGISTICO Sono costituite dalle aree individuate nel P.U.C. come beni paesaggistici. In tali aree gli interventi consentiti sono quelli unicamente funzionali al mantenimento ed alla conservazione del bene o alla sua rinaturalizzazione, norme specifiche disciplinano le formazioni dunali possibili oggetto di infrastrutture leggere in funzione della balneazione. tutto ciò premesso e considerato, si dichiara la non conformità urbanistica delle opere abusive". Pertanto, come chiarito anche dalle difese delle parti in giudizio, il Comune ha respinto l'istanza del ricorrente sul ritenuto presupposto che l'intervento posto in essere dall'At. fosse volto alla realizzazione di una nuova pista, non ammessa dalla disposizione menzionata nell'atto, stante la sua collocazione. La datazione dello stradello in discussione risultava quindi dirimente ai fini della decisione del Comune di (omissis), ma sul punto l'Amministrazione nulla ha specificamente allegato nel provvedimento impugnato. In particolare, nell'atto di diniego risultano del tutto assenti le specifiche ragioni in forza delle quali l'Ente ha ritenuto la pista oggetto dell'istanza come nuova opera anziché come stradello preesistente sul quale il ricorrente aveva posto in essere mere opere di ripristino e pulizia per garantire l'accesso ai propri fondi e compiere le normali operazioni di pulizia, anche per evitare il rischio di incendi. Una puntuale motivazione, e un'adeguata istruttoria a monte sul punto, risultavano invece senz'altro necessarie nel caso in esame, tenuto conto che il ricorrente ha fornito all'Amministrazione prova, o comunque almeno un principio di prova, circa la preesistenza della pista, producendo infatti le foto aeree estratte da "Sardegna FotoAeree" dalle quali la pista sembrerebbe effettivamente preesistente, la Cartografia dell'Istituto Geografico Militare, la Tavola "ASC.01 Carta dei Beni identitari", l'atto di acquisto del lotto di terreno da parte di Ma. At. dove si attesta che "la vendita è fatta ed accettata (...) con le servitù attive di transito sulle strade attualmente esistenti anche per l'accesso al mare". E gli elementi in forza dei quali il Comune di (omissis) avrebbe dovuto ritenere dimostrata la risalenza nel tempo della pista, sono stati riassunti dal ricorrente anche in questa sede, da ultimo nella memoria di replica depositata il 3.9.2024, dove si legge: "- la pista a fondo naturale oggetto di manutenzione (rectius pulizia) esiste ab immemorabili e risulta essere censita perfino nel Catasto Terreni (cfr. Documenti nn. 20, 21, 22 del ricorso introduttivo) già prima dell'acquisto dei fondi "dominanti" da parte del ricorrente e dei controinteressati; nella planimetria catastale relativa al Foglio 8 del Comune censuario di Olbia è possibile apprezzare la pista di penetrazione agraria in tutta la sua dimensione, censita al Catasto Terreni al Foglio (omissis) Mappali (omissis) (cfr. Documento n. 23 del ricorso introduttivo, in giallo); - si richiama, in aggiunta, l'atto di acquisto del lotto di terreno di sua proprietà (anno 1982) ove è riportata la seguente precisazione: "la vendita è fatta e accettata a misura con tutti gli annessi e connessi, usi, diritti, azioni e ragioni, servitù attive e passive, in particolare con le servitù attive di transito sulle strade attualmente esistenti anche per l'accesso al mare, nello stato di fatto e di diritto in cui quanto venduto si trova e si possiede dalla parte venditrice" (cfr. Documento n. 4 del ricorso introduttivo, pag. 2, in giallo); - molto di più, si consideri che al ridetto atto di compravendita è perfino allegato il tipo di frazionamento dello stradello dal quale si evince perfettamente il suo tracciato e la sua estensione (cfr. Documento n. 4 del ricorso introduttivo, pag. 6, in giallo); - ad ulteriore comprova dell'anteriorità della pista di penetrazione agraria rispetto all'intervento di pulizia oggetto dell'istanza di accertamento, si consideri che la stessa è chiaramente riportata nella Cartografia dell'Istituto Geografico Militare (anno 1994), nel Piano Urbanistico Comunale vigente del 8 Comune di (omissis), nel Piano Paesistico Regionale, nella Carta di uso del suolo, - strumenti tutti precedenti all'esecuzione dell'opera di ripristino oggetto dell'istanza di accertamento - così come dimostrato con l'allegato denominato "Tav 1 planimetrie" prodotto non soltanto in sede processuale ma anche nell'ambito della conferenza dei servizi (cfr. Documento n. 24 del ricorso introduttivo); - nell'ambito del PUC vigente lo stradello è riportato anche nella tavola "B02.c Zonizzazione sub - ambito C" e nella tavola "ASC.01 Carta dei beni identitari" (cfr. Documento n. 25 del ricorso introduttivo), così che deve essere considerato anch'esso un bene identitario da tutelare; - se non bastasse, l'esistenza dello stradello in questione emerge inequivocabilmente dalle fotografie aeree versate in atti (cfr. Documento n. 26 del ricorso introduttivo) ove appare perfettamente coincidente con il tracciato riportato nelle tavole degli atti pianificatori richiamati, tutti di molto precedenti rispetto all'esecuzione dell'opera di manutenzione oggetto dell'istanza di accertamento". Peraltro, viste le controdeduzioni articolate sul punto dal Comune nei propri scritti difensivi, nell'odierno giudizio il ricorrente ha prodotto anche ulteriori fotografie aeree tratte da "Sardegna FotoAeree" e dal sito del Ministero dell'ambiente relative agli anni 1988, 1994, 2000, nelle quali la pista in discussione sembrerebbe effettivamente visibile. A fronte di tali elementi, definiti dal Comune generici ed indiziari, ma in realtà connotati da una evidente specificità, in particolare se letti congiuntamente, il Comune di (omissis), per concludere nel senso della novità dell'opera e quindi respingere l'istanza del ricorrente, avrebbe senz'altro dovuto compiere un'approfondita istruttoria al riguardo e certamente motivare ampiamente nel provvedimento di diniego le ragioni poste alla base delle conclusione raggiunta, non potendo valere a sanare tale lacuna le difese svolte per la prima volta in giudizio, costituenti un'inammissibile integrazione postuma della motivazione. Pertanto, conclusivamente, per le ragioni esposte, assorbita ogni ulteriore censura, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati. Le spese di lite possono tuttavia essere compensate per la peculiarità della fattispecie esaminata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: - accoglie il ricorso e per l'effetto annulla gli atti impugnati; - compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Tito Aru - Presidente Antonio Plaisant - Consigliere Jessica Bonetto - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 242 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Cagliari, via (...); Ministero della Difesa - Comando 5° Reggimento -OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituito in giudizio; per l'annullamento: - del provvedimento del Comandante di Battaglione del 5° Reggimento -OMISSIS- "-OMISSIS-", datato 3.2.2022, con il quale è stato rigettato il ricorso gerarchico proposto dall'odierno ricorrente avverso la sanzione disciplinare di corpo della "consegna per giorni 1", adottata nei suoi confronti dal Comandante della Compagnia il 24.11.2021; - del presupposto provvedimento sanzionatorio con cui è stata irrogata al ricorrente la suddetta sanzione disciplinare di corpo di giorni 1 di consegna; - di tutti gli atti del procedimento amministrativo esitato nella predetta sanzione, "nessuno escluso"; - degli atti presupposti, connessi, consequenziali, "anche non noti", comunque lesivi dei diritti e degli interessi del ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il ricorrente, graduato presso il -OMISSIS-, 1° Compagnia -OMISSIS-, del 5° Reggimento -OMISSIS-, impugna il provvedimento del 3.2.2022 indicato in epigrafe, con cui il Comandante di Battaglione ha rigettato il ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione disciplinare di corpo della "consegna per giorni 1" (parimenti impugnata), adottata nei suoi confronti dal Comandante della Compagnia il 24.11.2021. 1.1. La sanzione disciplinare è stata applicata in quanto il ricorrente "il giorno 05/11/2021 non si atteneva alle disposizioni ricevute dalla propria linea di comando inviando direttamente e senza essere autorizzato richiesta di "dispensa dal servizio" presso l'Ufficio Maggiorità e Personale del Reggimento, arrecando così disservizio (art. 715 e art. 729 del D.P.R. del 15/03/2010 n. 90 T.U.)". In sede di ricorso gerarchico sono stati ritenuti infondati i motivi dedotti dall'interessato. 1.2. Il ricorso è affidato ad un solo motivo articolato nelle seguenti censure: "VIOLAZIONE DI LEGGE OVVERO VIOLAZIONE DELL'ART. 1 NONCHÈ DELL'ART. 3 DELLA L. N. 241/90 E SS.MM. VIOLAZIONE DI LEGGE OVVERO VIOLAZIONE DELL'ART. 21, 25, 27, 52 e 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DI LEGGE OVVERO VIOLAZIONE DEL D.LGS. N° 66/2010 VIOLAZIONE DI LEGGE COME VIOLAZIONE DEL D.P.R. N° 90/2010. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE, ILLOGICITÀ MANIFESTA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, INGIUSTIZIA GRAVE E MANIFESTA, DIFETTO DI PROPORZIONALITÀ, SVIAMENTO DI POTERE". Il ricorrente contesta che nel suo comportamento sia ravvisabile alcuna inosservanza degli artt. 715 e 729 del COM né in punto di "esecuzione di ordini" né in relazione al rispetto della via gerarchica, esponendo di avere presentato la richiesta di dispensa dal servizio ex art. 748 del TUOM per le vie brevi ai sensi dell'art. 715 TUOM e di averla inviata per il tramite gerarchico con il sistema di messaggistica Whatsapp al proprio Comandante di Plotone, preventivamente informato dell'invio di tale domanda, ancorché per conoscenza, al Comando di Reggimento. Il ricorrente non avrebbe fatto altro che comunicare ufficialmente al Comando, per le vie gerarchiche, il proprio impedimento per malattia al fine di metterlo nelle condizioni di poter prendere tutte le successive decisioni del caso. Secondo l'esponente il potere decisionale spetta in via esclusiva al Comandante di Corpo e conseguentemente nessun sottoposto in linea gerarchica, ancorché Comandante ai vari livelli, può sostituirsi al primo nell'esercizio di tale potere. Il ricorrente, dunque, avrebbe correttamente indirizzato all'Ufficio Maggiorità e Personale la domanda avente ad oggetto la temporanea dispensa dal servizio per il periodo dall'8 novembre 2021 sino al termine della misura precauzionale dell'isolamento (per aver avuto un contatto stretto con persona positiva al virus SARS COVID 19) mettendo altresì a conoscenza il superiore gerarchico, ovvero il Comandante di Plotone, della presentazione della stessa. A ciò sarebbe stato legittimato dalla circolare del Ministero della Difesa M_D E0012000 REG2021 0217691 28-10-2021 (Ulteriori disposizioni sull'applicazione al personale militare delle misure straordinarie connesse all'emergenza epidemiologica), che sub par. 3 precisa che "ai fini dell'individuazione dei destinatari del lavoro agile, deve essere preliminarmente valutato il ricorso a diverse soluzioni organizzative o ad istituti giuridici alternativi come la dispensa temporanea dal servizio, la turnazione, etc.". Aggiunge il ricorrente che l'invio dell'istanza avente ad oggetto la temporanea dispensa dal servizio all'Ufficio Maggiorità e Personale è avvenuto dopo il diniego opposto verbalmente dal Comandante della Compagnia, soggetto sprovvisto, a dire dell'interessato, della titolarità del potere di esprimersi sull'oggetto; pertanto, la richiesta è stata trasmessa solo dopo che il ricorrente ha avuto contezza che la stessa non sarebbe pervenuta all'unico soggetto avente la competenza amministrativa ad accoglimento o meno l'istanza. Inoltre, il Comandante di Compagnia avrebbe proceduto alla contestazione di addebiti per l'irrogazione di una sanzione disciplinare senza tener conto, nel contesto del procedimento sanzionatorio che ne è scaturito, che ai sensi dell'art. 1370 del COM nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza che siano stati acquisiti tutti gli elementi, vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato ed eventualmente udite le testimonianze dedotte. Sarebbe dunque stato leso il diritto di difesa del ricorrente, il quale non ha potuto rappresentare nella apposita sede le proprie ragioni vieppiù che il procedimento disciplinare si è concluso anticipatamente rispetto ai 90 giorni decorrenti dalla data di contestazione dell'addebito, secondo quanto previsto dall'art. 1046 n. 6 del TUOM (d.P.R. n. 90/2010, "Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare"). Il Comandante della Compagnia, infatti, ha stabilito, in maniera arbitraria, un termine di durata del procedimento sanzionatorio di 30 giorni dalla contestazione dell'addebito, accordando all'incolpato 10 giorni di tempo per la presentazione di eventuali memorie scritte e documenti, decorrenti dalla notificazione dell'avvio del procedimento: la circostanza che l'iter disciplinare sia stato definito prima ancora della naturale scadenza dei 30 giorni dal suo avvio (giacché la sanzione impugnata è stata inflitta il 24.11.2021, quindi dopo 13 giorni dalla contestazione degli addebiti avvenuta l'11.11.2021) avrebbe impedito al ricorrente di difendersi e di chiarire la propria posizione per iscritto. D'altra parte, il provvedimento impugnato sarebbe carente di motivazione, in quanto sia nella sanzione che nel rigetto del ricorso gerarchico non sarebbero state esplicitate le ragioni giuridiche o i presupposti di fatto che hanno determinato la decisione del Responsabile del procedimento, in stretta relazione con le risultanze dell'istruttoria, né viene chiarito in cosa si sia concretizzato il lamentato disservizio cagionato dall'invio dell'istanza in questione. 1.3. Alla camera di consiglio del 22.6.2022 il Collegio ha respinto l'istanza cautelare. 1.4. Si è costituito il Ministero intimato, chiedendo la reiezione del ricorso. 1.5. In vista dell'udienza di discussione le parti hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle rispettive difese. 1.6. Alla pubblica udienza dell'8.5.2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Il ricorso è infondato. Al riguardo il Collegio osserva quanto segue. 2.1. Lo svolgimento dei fatti è ben ricostruito nelle Relazioni di servizio sul provvedimento disciplinare del 14.1.2022 (doc. 2 del Ministero) e del 30.11.2021 (doc. 4 del Ministero), rispettivamente redatte dal Comandante della 1ª Compagnia -OMISSIS- (Capitano -OMISSIS-) e dal Comandante del 1° Plotone -OMISSIS- (Maresciallo Ordinario -OMISSIS-), che non trovano smentita nelle allegazioni e produzioni di parte ricorrente. Dalla predetta documentazione emerge che il ricorrente, il giorno 1.11.2021, avvisava il proprio Comandante di Plotone di essere entrato in contatto con persona risultata positiva al tampone rapido, che lo segnalava all'ATS quale "contatto stretto". Al ricorrente veniva poi concessa per i giorni 2 e 3 novembre licenza telefonica per assistere il figlio operato d'urgenza mentre, per il giorno 4 novembre, la sua richiesta di recupero festività risultava già firmata in data 6 ottobre 2021. La mattina del 4 novembre 2021 il ricorrente veniva contattato telefonicamente dal suo Comandante di Plotone che lo sollecitava all'invio della documentazione medica attestante la misura precauzionale dell'isolamento per i giorni oltre il 4 novembre non coperti da licenza; il ricorrente, tuttavia, affermava di non poter presentare alcun tipo di giustificazione scritta, data l'intenzione del proprio medico di base di non rilasciare alcun certificato. Il Comandante di Compagnia, quindi, per regolarizzare l'assenza dal servizio del militare, dava ordine al Comandante di Plotone di avvisare e porre il ricorrente in "recupero compensativo" per i giorni 5, 8 e 9 novembre, nell'attesa di ricevere il certificato emesso direttamente dall'ATS all'esito del tampone molecolare. Il ricorrente dichiarava però di non voler utilizzare le ore di recupero, chiedendo di accedere all'istituto della "dispensa dal servizio" prima ancora di aver presentato la certificazione medica. Per tale ragione il Comandante di Compagnia avvertiva il Comandante di Battaglione che, a sua volta, confermava la volontà della linea di comando di procedere al recupero ore compensativo. Quindi il ricorrente, nonostante gli fosse stato comunicato il parere contrario dell'intera linea di comando, il 5.11.2021 ha inviato al Comandante di Reggimento presso l'Ufficio Maggiorità e Personale la richiesta di dispensa dal servizio, obbligando così il personale a lavorare su una pratica già considerata sfavorevolmente dalla linea di comando e con ciò causando confusione e disservizio per non avere rispettato le modalità previste dagli uffici. 2.2. Il ricorrente, dunque, è stato correttamente sanzionato per avere ignorato le indicazioni dei superiori gerarchici, perseguendo pervicacemente e irritualmente i propri intenti in violazione dei doveri derivanti dalle norme indicate nella contestazione di addebito. All'interessato è stato infatti contestato che "non si atteneva alle disposizioni ricevute dalla propria linea di comando inviando direttamente e senza essere autorizzato richiesta di "dispensa dal servizio" presso l'Ufficio maggiorità e Personale del Reggimento, arrecando così disservizio (art. 715 e art. 729 del D.P.R. del 15/03/2019, n. 90 TU)". La violazione dei doveri si evince dalla semplice lettura delle disposizioni richiamate. Ed infatti, il primo comma dell'art. 715 ("doveri attinenti alla dipendenza gerarchica") dispone che "Dal principio di gerarchia derivano per il militare: a) il dovere di obbedienza nei confronti del Ministro della difesa e dei Sottosegretari di Stato per la difesa quando esercitano le funzioni loro conferite per delega del Ministro; b) i doveri inerenti al rapporto di subordinazione nei confronti dei superiori di grado e dei militari pari grado o di grado inferiore investiti di funzioni di comando o di carica direttiva, nei limiti delle attribuzioni loro conferite (...)". L'art. 729 ("Esecuzione di ordini") così dispone: "1. Il militare deve eseguire gli ordini ricevuti con prontezza, senso di responsabilità ed esattezza, nei limiti stabiliti dal codice e dal regolamento, nonché osservando scrupolosamente le specifiche consegne e le disposizioni di servizio. In particolare, egli deve: a) astenersi da ogni osservazione, tranne quelle eventualmente necessarie per la corretta esecuzione di quanto ordinato; b) obbedire all'ordine ricevuto da un superiore dal quale non dipende direttamente, informandone quanto prima il superiore diretto; c) far presente, se sussiste, l'esistenza di contrasto con l'ordine ricevuto da altro superiore; obbedire al nuovo ordine e informare, appena possibile, il superiore dal quale aveva ricevuto il precedente ordine. 2. Il militare al quale è impartito un ordine che non ritiene conforme alle norme in vigore deve, con spirito di leale e fattiva partecipazione, farlo presente a chi lo ha impartito dichiarandone le ragioni, ed è tenuto a eseguirlo se l'ordine è confermato". Tanto basta a concludere per la sussistenza della violazione delle predette norme da parte del ricorrente. 2.3. Quanto all'asserita violazione del diritto di difesa, occorre rilevare che il Comandante di Compagnia, procedendo con l'avvio del procedimento disciplinare, ascoltava il ricorrente in data 11 novembre 2021 in sede di rapporto, alla presenza del Comandante di Plotone, rappresentandogli la possibilità di presentare eventuali memorie scritte (tuttavia mai pervenute) finalizzate a meglio descrivere la dinamica dei fatti e le relative giustificazioni, da produrre entro 10 giorni. Una volta trascorsi i termini previsti e non essendo pervenuta alcuna memoria difensiva, l'Amministrazione ha dunque ritenuto di infliggere all'incolpato la sanzione di 1 giorno di consegna. Quanto alle tempistiche che nella fattispecie hanno scandito lo svolgimento del procedimento disciplinare, conclusosi prima dei 90 giorni previsti dall'art. 1046 del TUOM, rileva il Collegio che il termine di 90 giorni previsto dalla predetta norma per la conclusione del procedimento disciplinare - e correlativamente quello di 60 giorni per la presentazione di osservazioni da parte dell'intimato - sono i termini massimi entro cui devono essere espletati i predetti incombenti, ma ciò non preclude il potere dell'Amministrazione procedente di modulare la durata del singolo procedimento in relazione alle specificità dei casi concreti e alla semplicità o complessità dei fatti contestati (cfr., al riguardo, T.A.R. Veneto, Sez. I, 15 febbraio 2019, n. 200; T.A.R. Puglia - Bari, Sez. I, 25 maggio 2017 n. 531; T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III, 14.7.2023, n. 908. In altre parole, il termine per la conclusione del procedimento disciplinare, secondo l'art. 1046, comma 1, lett. h), n. 6, del d.P.R. 15 marzo 2010 n. 90 è fissato in 90 giorni decorrenti dalla contestazione degli addebiti ma, come riportato dalla Guida Tecnica "Procedure Disciplinari" (5° ed. 2016), "Il termine di 90 giorni può, in ogni caso, essere ridotto dall'Autorità Militare che procede quando, in relazione all'evento concreto e alle effettive esigenze istruttorie, non si renda necessario o non ne sia stato richiesto l'intero utilizzo"; l'importante è che vengano rispettati i termini di difesa che sono "normalmente pari a due terzi di quello stabilito per la durata del procedimento, sempre che questo non si sia già concluso - art. 1029 del TUROM, per consentire all'interessato, tranne il caso in cui vi sia una rinuncia espressa da parte del medesimo, di esercitare i propri diritti partecipativi" (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 23.1.2023, n. 29). 2.4. Osserva ancora il Collegio che, per giurisprudenza pacifica, la valutazione della gravità del fatto, ai fini della commisurazione della sanzione, costituisce espressione di ampia discrezionalità amministrativa, insindacabile salvo che per evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità e irragionevolezza, che palesino con immediatezza una chiara carenza di proporzionalità tra l'infrazione e il fatto (cfr. in tal senso, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 24 marzo 2020, n. 2053; id., Sez. II, 20 febbraio 2020, n. 1296; id., Sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858 e Sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791). Nella vicenda che occupa la sanzione applicata si rapporta alle violazioni poste in essere dal ricorrente, considerato che lo stesso, pur avendo previamente informato - informalmente - il proprio diretto superiore gerarchico, a fronte del diniego alla fruizione della dispensa dal servizio ha agito al fine di scavalcare la propria linea di comando. In materia, la giurisprudenza condivisa dal Collegio ha chiarito che, a prescindere dalle modalità utilizzate per la comunicazione e la conversazione tra un militare ed il superiore gerarchico, ed anche a prescindere dai rapporti personali esistenti tra gli interlocutori, la gerarchia militare richiede sempre e comunque il rispetto del grado, almeno tutte le volte in cui un militare, in servizio o fuori servizio, rivolgendosi al proprio superiore, intrattiene una conversazione (o uno scambio di messaggi telematici), il cui oggetto concerne questioni lavorative, come appunto è avvenuto nel caso di specie. Tale conclusione discende dall'ampia formulazione dei doveri contemplati nelle norme del d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90. Come già detto sopra, infatti, l'art. 715, comma 1, lett. b), del predetto d.P.R. n. 90/2010 chiaramente afferma che dal principio di gerarchia derivano per il militare, in linea generale, tutti "i doveri inerenti al rapporto di subordinazione nei confronti dei superiori di grado (...)". Inoltre l'art. 729 del medesimo d.P.R., giova ribadirlo, stabilisce che il militare, nell'eseguire gli ordini ricevuti "con prontezza, senso di responsabilità ed esattezza", e nell'osservare "scrupolosamente" le specifiche consegne e le disposizioni di servizio, deve "astenersi da ogni osservazione", con l'unica eccezione delle osservazioni "eventualmente necessarie per la corretta esecuzione di quanto ordinato". 2.5. Le censure, pertanto, sono tutte infondate. 2.6. In definitiva, il ricorso va respinto. 2.7. Le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza, come di norma, e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio in favore dell'Amministrazione resistente, liquidandole complessivamente in Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre accessori di legge se ed in quanto dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente Oscar Marongiu - Consigliere, Estensore Gabriele Serra - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 306 del 2021, proposto da: Iv. Pi., rappresentato e difeso dall'Avvocato Gi. Pi. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto ex art. 25, c.p.a. presso lo studio An. Se. in Cagliari, via (...); contro Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Nuoro, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, privo di elezione presso domicilio fisico; per l'annullamento della Delibera n. 107, emanata dalla Giunta Camerale, dal Verbale di riunione n. 8 del 15 ottobre 2019, Prot. n. 0013102/U del 05 dicembre 2019 e, per l'effetto, accogliere la Domanda di partecipazione alla procedura per il superamento del precariato di personale non dirigenziale, Prot. n. 0008238/E del 30 settembre 2019. Il Tribunale di Nuoro - Sezione Lavoro - con sentenza n. 3/2021, nella causa iscritta a ruolo il 1 febbraio 2020 e distinta al n. 52/2020 R.A.C.L resa in data 19 gennaio 2021 dichiarava il proprio difetto di giurisdizione con riguardo alla domanda di cui al punto 1 delle conclusioni del ricorso introduttivo, ovvero l'annullamento della Delibera n. 107, emanata dalla Giunta Camerale, dal Verbale di riunione n. 8 del 15 ottobre 2019, Prot. n. 0013102/U del 05 dicembre 2019 e, per l'effetto, l'accoglimento della Domanda di partecipazione alla procedura per il superamento del precariato di personale non dirigenziale, Prot. n. 0008238/E del 30 settembre 2019. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Nuoro; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Silvio Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La questione oggetto del ricorso riguarda la decisione della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Nuoro di bandire una procedura selettiva per l'assunzione a tempo indeterminato per la copertura di un posto di categoria D1, profilo professionale Istruttore Direttivo, dopo avere deliberato di non accogliere la domanda di partecipazione alla procedura per il superamento del precariato di personale non dirigenziale presentata dall'odierno ricorrente, Dott. Iv. Pi., già assunto in più occasioni dalla Camera di Commercio di Nuoro con contratti a tempo determinato con mansione di Istruttore Direttivo Tecnico, categoria D1. In particolare, il giorno 30 settembre 2019 il ricorrente formulava domanda di partecipazione alla procedura per il superamento del precariato di personale non dirigenziale, siccome in possesso dei requisiti previsti dall'art. 20 comma 1, d.lgs. 75/2017. Egli, infatti, aveva prestato attività lavorativa alle dipendenze della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Nuoro dal 7 agosto 2007, con contratti reiterati di somministrazione a tempo determinato e collaborazione a progetto nel settore di supporto e controllo delle attività vitivinicole e, da ultimo, era stato assunto a tempo determinato con decorrenza 22.09.2017 e con scadenza al 31.07.2019 (prorogata con successiva determinazione del 21 settembre 2020), con inquadramento nella Categoria D1, profilo professionale di Istruttore Tecnico Ispettivo. Con provvedimento n. 107/2019 del 5 dicembre 2019 la predetta domanda veniva rigettata dall'Ente. Poche settimane dopo, con determinazione n. 455 del 31 dicembre 2019, esecutiva di quanto già stabilito in sede di programmazione triennale del fabbisogno del personale, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura bandiva una "Selezione Pubblica per titoli ed esami per la copertura di n. 1 posto di categoria giuridica di posizione economica D1, profilo professionale di Istruttore Direttivo, con Contratto di lavoro a tempo indeterminato e pieno, per i servizi di regolazione del mercato". In data 17 dicembre 2020 il ricorrente si rivolgeva all'Autorità Giudiziaria Ordinaria, chiedendo l'annullamento della delibera n. 107/2019, con il conseguente accoglimento della domanda di partecipazione dello stesso ricorrente alla procedura per il superamento del precariato di personale non dirigenziale, ovvero, e in subordine, la condanna della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Nuoro al pagamento, in favore del ricorrente, di una indennità forfettaria, oltre al risarcimento per la cosiddetta perdita di chance e il pagamento delle differenze retributive conseguenti alla ricostruzione della carriera del dott. Iv. Pi.. Con sentenza n. 3/2021 il Tribunale di Nuoro, in funzione di Giudice del Lavoro, declinava la propria giurisdizione, dovendo la controversia essere devoluta al Tribunale Amministrativo. Sospendeva inoltre, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., la trattazione della domanda formulata in via subordinata, presupponendo essa il rigetto di quella principale, in quanto, in caso di accoglimento della richiesta di stabilizzazione, il ricorrente non avrebbe avuto alcun interesse a coltivare l'azione risarcitoria. Con ricorso notificato il 7 aprile 2021 la causa è stata riassunta dinanzi a questo Giudice Amministrativo. Con il ricorso in esame la parte ricorrente ribadisce le doglianze già formulate dinanzi al Giudice Ordinario, lamentando l'illegittimità della delibera n. 107/2019 del 5 dicembre 2019 per il seguente motivo: alla luce del quadro normativo (art. 20 comma 1, d.lgs. n. 75/2017, d.lgs. n. 75/2017) e delle indicazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica (circolare n. 1 del 9 gennaio 2018), la "stabilizzazione" deve tendenzialmente essere preferita al concorso pubblico: la scelta di quest'ultimo deve essere adeguatamente motivata dalla pubblica amministrazione, con particolare riferimento all'incisione degli interessi di coloro che, come il ricorrente, hanno titolo all'assunzione a tempo indeterminato, avendo svolto, per un numero cospicuo di anni, le medesime prestazioni lavorative richieste dall'Amministrazione con il nuovo bando di concorso. Di qui la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato e di accoglimento della domanda di partecipazione alla procedura per il superamento del precariato di personale del 30 settembre 2019, con vittoria sulle spese. Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Nuoro, che ha replicato alle argomentazioni della ricorrente e ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese, per i seguenti motivi: 1) In via preliminare, inammissibilità del ricorso, non avendo la parte ricorrente tempestivamente impugnato l'atto di indizione del concorso (invece della pretesa stabilizzazione), in uno con gli atti conclusivi della selezione pubblica, atteso che quello specifico posto (quello cioè di Istruttore direttivo, l'unico messo a disposizione dalla dotazione organica e a cui aspirava il ricorrente) è stato coperto a seguito della rituale esplicazione della procedura e si è cristallizzato nei suoi definitivi: l'eventuale annullamento del provvedimento impugnato, pertanto, non gioverebbe al ricorrente. 2) Nel merito, adeguata motivazione, da parte della pubblica amministrazione, della decisione di ricorrere al reclutamento esterno, non sussistendo corrispondenza, tanto sotto il profilo dell'inquadramento, quanto sotto quello della pregressa esperienza lavorativa, tra la figura professionale messa a concorso e le mansioni svolte dal ricorrente. 3) L'art. 20, c. 2, l. 75/2017, impone che, per poter procedere a stabilizzazione, i posti dovrebbero essere almeno 2. Alla pubblica udienza del 24 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso in esame è irricevibile perché tardivamente proposto innanzi al Giudice Ordinario. Quest'ultimo, infatti, ha correttamente evidenziato che la parte ricorrente, dopo aver affermato di aver presentato domanda di stabilizzazione, non ha in realtà contestato la mancata favorevole valutazione dei titoli e dei requisiti posseduti, né l'illegittimità di una procedura concorsuale indetta ai sensi dell'art. 20, c. 2, d.lgs. 75/2017, ma la stessa scelta dell'Amministrazione di non attivare, nell'occasione, alcuna procedura di stabilizzazione del personale precario in forza all'Ente, preferendo indire un ordinario concorso pubblico per titoli ed esami: si verte, pertanto, in ipotesi nella quale la contestazione investe direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo. Al riguardo, non vi è motivo di discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui occorre avere riguardo anche alle censure che, pur non formalmente esposte in un titolo, possono comunque essere desunte dall'esposizione dei fatti e dal contesto del ricorso (Consiglio di Stato 1230/2013). Al riguardo occorre precisare che, in linea generale, le controversie riguardanti la stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari alle dipendenze di una amministrazione rientrano nella giurisdizione ordinaria, ai sensi dell'art. 63 d.lgs. n. 165/2001, nel caso in cui siano oggetto di impugnazione i provvedimenti di rigetto delle istanze con cui si rivendica un loro diritto soggettivo all'assunzione a tempo indeterminato (Consiglio di Stato n. 1972/2022; Consiglio di Stato n. 1865/2022). Nella fattispecie in esame, come chiarito dal Giudice Ordinario nella richiamata sentenza con cui declina la propria giurisdizione, il ricorrente, pur impugnando formalmente il provvedimento di rigetto della domanda di stabilizzazione, lamenta in realtà la scelta discrezionale della pubblica amministrazione di indire un concorso pubblico per un profilo ritenuto equipollente a quello del ricorrente, invece che dare corso alla procedura di stabilizzazione e con riferimento specifico a tale doglianza, relativa al sindacato sull'esercizio del potere, la controversia rientra nell'ambito della giurisdizione del Giudice Amministrativo. Giova precisare, infine, che la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato è costante nell'affermare che la cognizione della contestazione della procedura di indizione di un concorso spetta, in ogni caso, al Giudice Amministrativo (Cass. S.U., ord. n. 3055/2009; Consiglio di Stato 1052/2022). La doglianza in ordine alla scelta dell'Amministrazione di ricorrere al concorso pubblico e di non procedere alla "stabilizzazione" del ricorrente, con riferimento alla quale, come detto, si à ncora la giurisdizione del Giudice Amministrativo, è conseguenza applicativa dell'atto di macro-organizzazione costituito dalla "programmazione triennale del fabbisogno del personale 2019-2021" di cui alla deliberazione n. 20 del 05 marzo 2019, con cui l'Ente ha ritenuto di procedere al reintegro del personale cessato nel 2018 attraverso l'attivazione di una procedura di reclutamento a carattere concorsuale. Su tali presupposti, dunque, il Dott. Pi. Iv., nell'impugnare un provvedimento espressivo del potere pubblico di macro-organizzazione, per lui immediatamente lesivo, avrebbe dovuto instaurare il giudizio secondo le regole e nei termini propri del processo amministrativo, cioè entro 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento stesso, che ne implica la conoscenza legale, cioè entro il termine di decadenza previsto per proporre ricorso innanzi al giudice amministrativo. Viceversa il Dott. Pi. Iv., invece, ha depositato il ricorso presso il giudice del lavoro solo in data 1 febbraio 2020, dunque tardivamente. Non vi sono, infatti, motivi per discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è necessario "garantire che il termine per proporre ricorso innanzi al giudice amministrativo sia rispettato anche qualora l'iniziativa giurisprudenziale sia stata erroneamente avviata innanzi al giudice ordinario, evitando che suddetto termine possa essere eluso attraverso un utilizzo distorto del meccanismo della translatio iudicii" (così, da ultimo, TAR Sardegna 426/2024; conformi, Consiglio di Stato, n. 940/2012; TAR Napoli n. 5179/2018; TAR Catanzaro n. 239/2019; TAR Lazio, Roma, n. 718/2021; TAR Salerno n. 2186/2023). Per quanto premesso il ricorso in esame deve essere dichiarato irricevibile per tardività . In ogni caso, per completezza della risposta giurisdizionale, si osserva che il ricorso è anche infondato nel merito per la dirimente ragione, in estrema sintesi, che la scelta di non stabilizzare il ricorrente trova giustificazione nel tenore del piano di fabbisogno triennale, ove non era prevista la qualifica ricoperta dal ricorrente. Questo, per altro, spiega anche la scelta della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di procedere a selezione pubblica in quanto la stessa aveva ad oggetto una qualifica diversa da quella ricoperta dall'interessato, questa volta espressamente prevista dal piano di fabbisogno. Sussistono, comunque, giusti motivi per un'integrale compensazione delle spese processuali tra le parti del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso in epigrafe proposto irricevibile per tardività . Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Antonio Plaisant - Presidente Jessica Bonetto - Consigliere Silvio Esposito - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 405 del 2024, proposto da Ma. Im. S.r.l., in persona del legale rappresentante "pro tempore", in relazione alla procedura CIG 985483531C, rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Lazio Abruzzo Sardegna - sede di Cagliari, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Agenzia del Demanio - Direzione Regionale Sardegna, Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Sardegna, in persona dei rispettivi legali rappresentanti "pro tempore", rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria "ex lege" con sede in Cagliari, via (...); nei confronti Em. 4 dell'Ing. Sa. Ri. Me. & C. S.a.s., non costituitasi in giudizio; Re. S.r.l., in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentata e difesa dall'avvocato An. Cl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - del provvedimento di aggiudicazione, in favore del RTI con mandataria Re. S.r.l. e mandante Em. 4 dell'Ing. Sa. Ri. Me. & C. SAS, della procedura di gara indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna, avente ad oggetto "NUOVO POLO DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE - Lavori di riconversione del compendio demaniale "ex Magazzini Aeronautica" di Via (omissis) a Cagliari - Primo Stralcio Funzionale" (CIG 985483531C); - di ogni ulteriore atto presupposto, connesso o conseguente, ancorché non conosciuto, e in particolare degli atti e verbali relativi alla verifica di anomalia dell'offerta prima graduata, tra cui il verbale conclusivo della verifica del 15.01.2024; e per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e il conseguimento dell'aggiudicazione in capo alla ricorrente con suo subentro; ovvero, in subordine, per la condanna della Amministrazione intimata al risarcimento per equivalente del pregiudizio correlato alla mancata esecuzione dell'appalto; e, altresì, per la condanna dell'Amministrazione all'esibizione ex artt. 116 e 65 c.p.a. dei documenti giustificativi del RTI Re. in versione integrale, con riguardo in particolare ai riferimenti delle ditte fornitrici cui si riferiscono i preventivi allegati dall'aggiudicatario - in tesi illegittimo - in sede di verifica. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Re. S.r.l. e dell'Amministrazione resistente; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Gabriele Serra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La ricorrente Ma. Im. S.r.l. (in seguito anche solo Ma.) ha esposto di aver partecipato alla procedura aperta ai sensi degli artt. 59 e 60, co. 3, D.Lgs. n. 50/16, avente ad oggetto "NUOVO POLO DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE" - Lavori di riconversione del compendio demaniale - "ex Magazzini Aeronautica" di Via (omissis) a Cagliari - 1° stralcio funzionale" (CIG 985483531C), indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT). La gara è stata aggiudicata al raggruppamento con mandataria l'odierna controinteressata Re. S.r.l. (Re.), primo graduato, con 87,904 punti, avendo la stessa offerto un ribasso pari al 16,396%, mentre la ricorrente si è classificata seconda, con un punteggio di 87,430 e un ribasso dell'11,713%. 2. L'aggiudicazione è stata impugnata dalla Ma., che ha esposto di aver ottenuto accesso ai documenti solo in via progressiva, avendo la stazione appaltante evaso il 29.01.2024 la prima istanza di accesso, rendendo tuttavia disponibile l'offerta tecnica in versione pressoché totalmente oscurata e omettendo di trasmettere i giustificativi; solo a seguito di ulteriori istanze, la stazione appaltante in data 19.03.2024 ha trasmesso i documenti inerenti all'offerta tecnica nella versione non oscurata e il verbale conclusivo di verifica della anomalia, ma ancora una volta ha omesso di trasmettere i giustificativi avversari, i quali, a seguito di ulteriori istanze, sono stati infine trasmessi solo il 16.04.2024, in parte, e poi il 19.04.2024 (relazione di anomalia di Re. e computo riepilogativo dell'offerta) e, infine, il 05.05.2024, con la trasmissione delle offerte commerciali - richiamate dal RTI avversario - per giustificare i prezzi dei materiali proposti. 3. Premettendo su tali basi la tempestività del ricorso, la società Ma. ha articolato le seguenti censure in diritto: - I Violazione e falsa applicazione degli artt. 95, co. 10, e 97 D.Lgs. n. 50/16. Incongruità . Illogicità, irragionevolezza e difetto di istruttoria del giudizio di non anomalia dell'offerta avversaria, in quanto l'offerta dell'aggiudicataria sarebbe manifestamente incongrua e insostenibile, in relazione ai seguenti elementi: - in sede di offerta, Re. aveva dichiarato ex art. 95, co. 10, D.Lgs. n. 50/16 un costo complessivo della manodopera pari ad euro 9.884.179,20, laddove, dalle giustificazioni rese nel procedimento di verifica dell'anomalia, sommando i valori della manodopera esposti per ogni singolo articolo di prezzo, si ottiene un totale a titolo di costo complessivo della manodopera pari ad euro 7.047.644,17, al dissimulato fine di recuperare in modo del tutto inammissibile capienza economica per provare a giustificare i costi relativi alle forniture dei materiali (altrimenti incongrui, come si vedrà infra), a discapito dei costi della manodopera; - inoltre, in sede di giustificazioni, Re. ha giustificato un importo del costo dei materiali pari ad euro 16.617.095,736 (importo dato dalla somma della voce indicata con riferimento ad ogni analisi prezzo nel quadro di sintesi fornito in sede di verifica di anomalia), come tale ben inferiore rispetto a quanto invece considerato in offerta; - ancora, l'offerta di Re. non risulterebbe giustificata con particolare riferimento alle principali voci di prezzo caratterizzanti l'appalto, relative nello specifico agli articoli inerenti la facciata continua di tipo WICONA WICTEC 50, avendo indicato prezzi pari in totale ad euro 3.565.217,35, ossia per un importo inferiore di circa la metà rispetto a quello di euro 6.159.073,93 considerato dalla Ma.: valori in tesi non rispondenti a quelli reali di mercato, come emerge anche da una relazione peritale di parte depositata dalla ricorrente; - di tal che, operando le corrette valutazioni dei costi e dei prezzi che Re. dovrebbe sostenere, anche considerando utili ed economie dichiarate dalla stessa Re., l'offerta proposta sarebbe in perdita per oltre euro 2.000.000; - in ogni caso poi, Re. avrebbe del tutto omesso di fornire adeguate giustificazioni in ordine ai propri costi aziendali della sicurezza, dichiarati per euro 220.000, ma non quantificati nel dettaglio in sede di giustificazioni, bensì solo parametrati in proporzione percentuale all'importo complessivo dell'offerta formulata. 4. La ricorrente, ai sensi dell'art. 116, comma 2 c.p.a., ha poi richiesto l'accesso integrale all'offerta della cointrointeressata, con particolare riferimento agli elementi ancora oscurati, i.e. i preventivi di prezzo e le offerte commerciali richiamati a pretesa giustificazione dell'offerta, anche con i riferimenti ai fornitori. 5. Resiste in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha richiesto la declaratoria di irricevibilità del ricorso per tardività e, nel merito, il rigetto siccome infondato, al pari dell'istanza di accesso. 6. Si è costituita anche la controinteressata Re., che ha richiesto il rigetto sia del ricorso, siccome infondato, e sia dell'istanza di accesso. 7. Dato atto che, successivamente alla proposizione del ricorso, sono stati resi accessibili alla ricorrente anche i preventivi di prezzo e le offerte commerciali, restando negato il solo accesso ai nominativi dei fornitori relativi all'offerta della controinteressata, la Sezione ha, con ordinanza n. 560 del 16 luglio 2024, respinto l'istanza di accesso ex art. 116, comma 2 c.p.a. in relazione a tale ultimo profilo. 8. All'udienza pubblica del 25 settembre 2024, in vista della quale le parti hanno depositato memorie e repliche, la causa è stata trattenuta in decisione. 9. Il ricorso è infondato nel merito e deve essere rigettato, potendo perciò, in ossequio al principio della ragione più liquida, essere superata la questione preliminare di tardività del ricorso sollevata dall'amministrazione. Con l'unico, articolato, motivo di ricorso, come anticipato, la ricorrente deduce l'anomalia dell'offerta di Re. sotto i quattro profili sopra riassunti. 10. In relazione all'asserita discrasia e omessa giustificazione tra i costi della manodopera dichiarati in sede di offerta, pari ad euro 9.884.179,20, e quelli che la ricorrente avrebbe desunto dalle giustificazioni attraverso la sommatoria delle singole voci ivi indicate, pari in tesi ad euro 7.047.644,17, si rileva quanto segue. Il valore del costo della manodopera di Re., determinato dalla ricorrente sulla base delle giustificazioni, inferiore a quanto dichiarato in sede d'offerta, deve però essere integrato avuto riguardo a tutti i documenti depositati da Re. nel procedimento di verifica dell'anomalia. Come dedotto dalla controinteressata, la ricorrente ha infatti desunto il valore di euro 7.047.644,17 dalle "analisi giustificative" relative alle singole voci di prezzo, contenute nell'all. 2 alle giustificazioni, ma a tali costi devono aggiungersi i costi della manodopera calcolati in relazione al funzionamento operativo e alla manutenzione dei mezzi per l'esecuzione dell'appalto, di cui alle giustificazioni (per euro 797.939,58), i costi sub all. 6 relativamente alle spese generali (euro 1.432.344,25), quelli di cui ai documenti relativi alle lavorazioni "finite" ("fornitura e posa in opera" sotto la voce "Altro") per l'importo complessivo di Euro 33.144,08 e alla voce "Eventuali maggiorazioni di costo" per euro 573.724,22, relativamente ad "alcune lavorazioni ritenute più critiche, in relazione alle quali Re. ha debitamente computato, in via prudenziale, una ulteriore componente di manodopera, afferente a possibili rallentamenti produttivi" (v. p. 2 replica Re.). 10.1. Rispetto a tali assunti la ricorrente sostiene, da un lato, che tali indicazioni siano state formulate solo in giudizio sì che anche la valutazione della difesa erariale che le richiama concretizzerebbe un tentativo di integrazione in via postuma delle motivazioni del provvedimento lesivo, come tale inammissibile; dall'altro, che Re. vorrebbe considerare come costi della manodopera i costi indiretti per servizi ausiliari, quali quello di guardiania e, sostanzialmente, avrebbe modificato inammissibilmente le giustificazioni in sede di giudizio, facendo rientrare costi della manodopera in voci considerate nel procedimento come del tutto diverse. 11. Tali considerazioni non convincono il Collegio. In diritto, il Collegio in primo luogo condivide quanto già affermato in materia dalla Sezione, per cui "il sub-procedimento di verifica dell'anomalia non ha quale obiettivo la riparametrazione dell'offerta alla luce delle sollecitazioni provenienti dalla stazione appaltante, ma la verifica della serietà dell'offerta già formulata, pena la violazione del principio della par condicio tra i concorrenti (cfr. Cons. St., Sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6462; id., 4 giugno 2020, n. 3528; id., 14 aprile 2020, n. 2383; id., 16 gennaio 2020, n. 389; id., 31 agosto 2017, n. 4146). Non è dunque possibile rimodulare le voci di costo al solo scopo di "far quadrare i conti" ossia assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato ma siano superate le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2581; Sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676; id., 7 febbraio 2012, n. 636; id., 15 giugno 2010, n. 3759)" (T.A.R. Sardegna, Sez. I, 3 giugno 2024, n. 428). Nel caso di specie, tuttavia, non è dato riscontrare l'operazione illegittima in capo a Re. che la ricorrente denuncia e per cui richiede l'applicazione del sopra citato principio di diritto. Ed infatti, in primo luogo, i costi della manodopera, per come complessivamente risultanti da quanto sopra detto, erano già stati esposti ed erano rinvenibili nella documentazione depositata nel corso del sub-procedimento di verifica dell'anomalia e, come tali, sono stati complessivamente valutati dalla stazione appaltante, come risulta peraltro dal verbale di conclusione della verifica dell'anomalia, che richiama proprio gli specifici allegati da cui desumere i costi della manodopera. In secondo luogo, come eccepito da Re., proprio l'esempio portato dalla ricorrente circa il servizio di guardiania, per il quale i costi della manodopera non potrebbero essere calcolati, trattandosi di servizio ausiliario, in realtà prova il contrario, essendo tale servizio contemplato dall'art. 13.6 del Capitolato speciale di appalto - Custodia del Sito, con circostanza rimasta incontestata. In sostanza, non pare riscontrarsi quanto dedotto dalla ricorrente in ordine alla rimodulazione di voci di costo al fine di ottenere un valore dei costi della manodopera pari a quanto dichiarato in sede di offerta, laddove questi sarebbero ben inferiori, poiché dalla documentazione allegata ai giustificativi, dunque già in sede procedimentale, tali costi risultano in realtà riscontrabili. Sotto questo profilo, non va dimenticato che "il procedimento di verifica dell'anomalia mira ad accertare se l'offerta sia, nel suo complesso ed ex ante, attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione del contratto pubblico: la valutazione ha natura globale e sintetica e non può risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo ovvero in una "caccia all'errore", costituendo esercizio di apprezzamento tecnico insindacabile in sede giurisdizionale se non per evidente illogicità, manifesta irragionevolezza o arbitrarietà ", e che "il giudizio di non anomalia non richiede una motivazione puntuale ed analitica, ma è sufficiente una motivazione espressa per relationem alle giustificazioni rese dall'impresa offerente, sempre che ovviamente queste ultime siano a loro volta congrue ed adeguate" (v., "ex plurimis", T.A.R. Sardegna, I, n. 428/2024 cit., ed ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali). 12. Considerazioni non dissimili possono poi svolgersi in relazione alla deduzione per cui Re. avrebbe giustificato un importo del costo dei materiali ben inferiore rispetto a quanto considerato in offerta. Al riguardo, da un lato la ricorrente non ha neppure indicato quale sarebbe il valore indicato in offerta da Re., circostanza peraltro contestata in fatto, posto che nell'offerta non risultano indicati tali costi (p. 6 memoria cautelare Re.); in ogni caso, il valore indicato dalla ricorrente, pari ad euro 16.617.095,736 è stato dalla stessa ottenuto, nuovamente, tramite la somma della voce indicata con riferimento ad ogni analisi prezzo nel quadro di sintesi fornito da Re. in sede di verifica di anomalia, per cui, anche per tale profilo, valgono le considerazioni già svolte in ordine all'omessa considerazione dei restanti documenti allegati alle giustificazioni offerte in sede di verifica dell'anomalia. 13. Venendo poi alla contestazione circa le voci di prezzo relative agli articoli inerenti la facciata continua di tipo WICONA WICTEC 50, per cui Re. ha indicato prezzi pari in totale ad euro Euro 3.565.217,35, del tutto avulsi - si sostiene - dai prezzi di mercato, anche tale critica non può condurre all'esclusione dell'offerta di Re. per anomalia. La tesi della ricorrente si fonda infatti unicamente sulla relazione peritale di parte depositata in giudizio (doc. 16 Ma.). Rispetto ad essa, tuttavia - posto peraltro che tali documenti non costituiscono prove, ma mere difese -, vale comunque rilevare che il perito ha operato la propria valutazione semplicemente confrontando i prezzi indicati da Re. con tre preventivi che egli ha acquisito sul mercato, giungendo alla conclusione per cui "dal confronto tra il prezzo medio di mercato derivante dall'analisi dei preventivi su menzionati ed il prezzo giustificato dalla R.T.I. Re. S.r.l./ EM. 4 emerge che il prezzo medio di mercato è pari a più del doppio del prezzo offerto dalla R.T.I. Re. S.r.l./ EM. 4, che al contrario risulta addirittura inferiore al costo della materia prima necessaria alla fabbricazione degli elementi di facciata". Ad avviso del Collegio tuttavia ostano all'accoglimento della tesi attorea due considerazioni: l'una di ordine generale, l'altra più specifica. In termini generali, vale ricordare il consolidato principio di diritto, come ancora compendiato dalla già citata sentenza di questa Sezione n. 428/2024, per cui "la verifica di congruità non va effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolge altre offerte, ma va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell'offerta analizzata e alla capacità dell'impresa - tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne - di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse (Cons. St., Sez. V, n. 10470 del 29.11.2022; Cons. St., Sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5798)". Ricollegando tale principio al caso di specie, ben si coglie come la valutazione del perito di parte della ricorrente non possa condurre a considerare anomala, siccome inaffidabile l'offerta di Re., essendosi limitato, il perito di parte, a confrontare il prezzo offerto con quello di preventivi acquisiti dal perito stesso, in nulla rilevando rispetto all'organizzazione aziendale della controinteressata. Proprio tale aspetto è invece considerato e valorizzato da Re. nelle proprie giustificazioni, avendo peraltro la controinteressata posto in evidenza, con circostanza fattuale rimasta incontestata, che le forniture delle facciate continue, su cui si appuntano come detto le censure di Ma., risultano in realtà parte di una più ampia fornitura di materiali operata con il medesimo fornitore, con la conseguenza che, all'evidenza, il prezzo ben può essere inficiato, in diminuzione, dalla circostanza in esame. Nondimeno, Re. ha operato un confronto tra le voci di prezzo indicate e quelle indicate dalla Stazione appaltante nell'"Elenco Prezzi" posto a base di gara, risultandone una riduzione del solo 18,60% (pp. 9-10 memoria cautelare Re.), la quale circostanza è rimasta incontestata in fatto dalla parte ricorrente e deve dunque considerarsi provata ex art. 64, comma 2 c.p.a., derivandone la conseguenza giuridica della sua irrilevanza ai fini della verifica di legittimità di un giudizio di anomalia dell'offerta e inaffidabilità del concorrente. 14. Infine, non coglie nel segno neppure l'ultimo profilo denunciato, di per sé peraltro insufficiente per comprovare l'illegittimità dell'esclusione per anomalia della Re., relativo all'omessa indicazione dettagliata nelle giustificazioni dei costi aziendali della sicurezza. Il profilo, non ulteriormente coltivato nelle memorie dalla Ma., è infondato alla luce di quanto dedotto da Re. in memoria sin dalla fase cautelare, per cui risulta documentalmente dalla relazione di giustificazione a pag. 5 (doc. 13 Ma.) il metodo di calcolo dei costi della sicurezza in relazione all'importo dell'appalto, peraltro evidenziando come l'applicazione delle Linee guida ANCE, che Re. avrebbe potuto utilizzare, avrebbe comportato la determinazione di costi aziendali di sicurezza in misura inferiore a quanto fatto dall'operatore economico in concreto. 15. In conclusione, alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Le spese del giudizio, stante la particolarità, anche fattuale, della fattispecie, possono essere integralmente compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente Gabriele Serra - Primo Referendario, Estensore Roberto Montixi - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 490 del 2018, proposto da: Pa. Te. Lo., rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Ju. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ot. Cu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via (...); per la condanna del Comune di (omissis): (1) a restituire alla ricorrente, previa rimessa in pristino, le aree in (omissis) località (omissis) occupate d'urgenza in forza dell'ordinanza del Sindaco N. 38/95 del 18.10.1995, ivi indicate come distinte in catasto al Foglio (omissis), mappali (omissis) per Ha 0.07.89, (omissis) per Ha 0.10.94, (omissis) (ex (omissis)) di Ha 0.35.40, (omissis) (ex (omissis)) di Ha 0.02.40, (omissis) (ex (omissis))/parte per Ha 0.04.00, (omissis) (ex (omissis))/parte per Ha 0.09.54, (omissis) (ex (omissis))/ di Ha 0.20.00, utilizzate per la realizzazione del "Gi. be.", salvi altri mappali e/o maggiori superfici effettivamente occupati per detta opera pubblica, aree che, salvi migliori accertamenti in corso di causa, sembrano essere attualmente distinte in catasto al Foglio (omissis), mappali (omissis) di Ha 0.08.65, (omissis) di Ha 0.12.70, (omissis) di Ha 0.35.40, (omissis) di Ha 0.02.40, (omissis) di Ha 0.03.20, (omissis) di Ha 0.07.20, (omissis) di Ha 0.20.00, salvo altri; ovvero, in mero subordine e salvo gravame, qualora si ritenesse impossibile la restituzione, a risarcire alla ricorrente il pieno valore di mercato delle aree occupate, secondo la natura e destinazione urbanistica che avevano al momento dell'occupazione; (2) comunque, a risarcire alla ricorrente i danni per l'occupazione senza titolo per il periodo dal 28.6.1998 fino alla data in cui sarà eseguita la restituzione (ovvero, in subordine, fino alla data in cui sarà pagato il risarcimento per equivalente sostitutivo della restituzione); (3) comunque, a risarcire alla ricorrente il danno non patrimoniale per il senso di impotenza e frustrazione sofferto per l'illecita ed arbitraria sottrazione dell'immobile, protrattasi ad oggi per quasi due decenni dopo la scadenza dell'occupazione d'urgenza legittima; (4) comunque, a pagare alla ricorrente, su tutte le somme dovute, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali calcolati su ciascuna somma dalla data di maturazione del credito, ed inoltre, dalla data di notifica di questa domanda giudiziale, gli interessi di mora giudizia-ria nella misura richiamata dall'attuale testo del comma 4° dell'art. 1284 c.c.; (5) comunque, a risarcire alla ricorrente ogni altro ulteriore e maggior danno che dovesse derivargli in corso del giudizio in dipendenza sempre del fatto illecito per cui è causa; (6) a rifondere alla ricorrente il contributo unificato, le altre spese vive, i compensi professionali e le spese forfettarie del presente giudizio, oltre agli accessori contributivi e fiscali previsti dalla vigente normativa; (7) assegnando il termine per l'ottemperanza, fissando le penalità dovute in caso di ritardo, e nominando il Commissario ad acta, per l'attuazione di tutte pronunce di condanna dell'emananda sentenza. Visti il ricorso e i relativi allegati. Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis). Visti tutti gli atti della causa. Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale. Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Sulla base della conforme ordinanza sindacale 18 ottobre 1995, n. 38/95, ove si faceva riferimento alla Tavola 3 "Estratto Catastale con indicazione aree espropriande", in data 29 novembre 1995 il Comune di (omissis) ha occupato in via d'urgenza, tra altre, alcune aree site in località (omissis), indicate in catasto al Foglio (omissis), Mappali (omissis) per Ha 0.07.89, (omissis) per Ha 0.10.94, 28 (ex (omissis)) di Ha 0.35.40, (omissis) (ex (omissis)) di Ha 0.02.40, (omissis) (ex (omissis))/parte per Ha 0.04.00, 250 (ex (omissis))/parte per Ha 0.09.54, (omissis) (ex (omissis))/ di Ha 0.20.00 al fine di realizzarvi un Gi. be., come da apposito progetto approvato con deliberazione della Giunta Comunale 15 novembre 1994, n. 647, dichiarato di pubblica utilità con successiva deliberazione della stessa Giunta Comunale 28 giugno 1995, n. 366. Con il ricorso ora in esame, notificato in data 6 giugno 2018, la sig.ra Ma. Pa. Lo., divenuta nel 2015 proprietaria delle aree in questione per successione ereditaria, ha chiesto la condanna del Comune di (omissis) a restituirle le aree occupate, previa rimessione in pristino. ovvero, in via subordinata, a corrisponderle una somma comprensiva: - del valore di mercato delle aree, da calcolarsi secondo la natura e destinazione urbanistica al momento dell'occupazione d'urgenza, considerato che gli strumenti urbanistici comunali allora in vigore inserivano le aree stesse in zona F "turistica", con un indice volumetrico di 0,06 mc/mq., da realizzarsi, previo atto di cessione/ asservimento della cubatura, in altre aree dello stesso comparto; - dei danni da perdita del possesso nel periodo dal 28 giugno 1998 alla data della restituzione; - dei danni non patrimoniali; - di rivalutazione e interessi; - con assegnazione di un termine per l'ottemperanza, fissazione delle penalità dovute in caso di ritardo e nomina di un Commissario ad acta per l'esecuzione di tali pronunce di condanna. A fondamento di tali domande processuali la ricorrente ha allegato che: - all'art. 3 del decreto d'occupazione d'urgenza era stato previsto che l'occupazione potesse protrarsi sino a cinque anni, salvo preventiva scadenza del minor termine per l'adozione del decreto di espropriazione fissato in 36 mesi dalla dichiarazione di pubblica utilità, cioè entro il 28 giugno 1998; - successivamente non è mai stato adottato il decreto espropriativo e, però, il Comune di (omissis) ha sempre detenuto illecitamente le aree in questione, realizzando sulle stesse l'opera pubblica prevista. Al fine di individuare il valore base delle aree occupate la stessa ricorrente ha versato in atti una tabella redatta nel settembre 1998 dal tecnico incaricato dal Comune (doc. 19), ove si attesta che le aree di proprietà della ricorrente illecitamente occupate sono le seguenti, tutte comprese al Foglio (omissis): - Mappale (omissis) (come indicato nel preavviso di occupazione), con Ha 0.07.89 di superficie indicata nel preavviso di occupazione e Ha 0.0865 di superficie effettivamente occupata, Mappale (omissis) assegnato a seguito di frazionamento, uso seminativo, V.A.M. al 1998 di 7.500,000 e valore al 1998 di lire 648.750; - Mappale (omissis) (come indicato nel preavviso di occupazione), con Ha 0.10.95, di superficie indicata nel preavviso di occupazione, Ha 0.12.70. di superficie effettivamente occupata, Mappale (omissis) assegnato a seguito di frazionamento, uso pascolo, V.A.M. al 1998 di 2.600,000 e valore al 1998 di lire 330.200; - Mappale (omissis) (come indicato nel preavviso di occupazione), con Ha 0.35.40 di superficie indicata nel preavviso di occupazione, Ha 0.35.40. di superficie effettivamente occupata, Mappale (omissis) assegnato a seguito di frazionamento, uso seminativo, V.A.M. al 1998 di 7.500,000 e valore al 1998 di lire 2.655.000; - Mappale (omissis) ex (omissis) (come indicato nel preavviso di occupazione), con Ha 0.02.40 di superficie indicata nel preavviso di occupazione, Ha 0.02.40. di superficie effettivamente occupata, Mappale (omissis) assegnato a seguito di frazionamento, uso seminativo, V.A.M. al 1998 di 7.500,000 e valore al 1998 di lire 180.000; - Mappale (omissis) ex (omissis) (come indicato nel preavviso di occupazione), con superficie di Ha 0.04.00 indicata nel preavviso di occupazione, Ha 0.03.20. di superficie effettivamente occupata, Mappale (omissis) assegnato a seguito di frazionamento, uso seminativo, V.A.M. al 1998 di 7.500,000 e valore al 1998 di lire 240.000; - Mappale (omissis) ex (omissis) (come indicato nel preavviso di occupazione), con 0.09.54 di superficie indicata nel preavviso di occupazione, 0.07.20. di superficie effettivamente occupata, Mappale (omissis) assegnato a seguito di frazionamento, uso pascolo, V.A.M. al 1998 di 4.600.000 e valore al 1998 di lire 331.200; - per una superficie complessiva di Ha 0.89,55 e un valore totale di lire 5.305.150. Ciò posto la ricorrente ha: - applicato l'indice volumetrico (a destinazione turistica) di 0,06 mc/mq. (ancorché da realizzare in aree differenti del medesimo comparto, previa cessione/asservimento: vedi supra), calcolando in 537,90 i metri cubi complessivamente realizzabili (8.955 * 0,06 = 537,30); - ipotizzato un valore al metro cubo edificabile pari a lire 20.000, "sulla base di ragionata comparazione con documenti contrattuali dell'epoca, ufficialmente depositati in altri giudizi amministrativi" (così testualmente in ricorso), ipotizzando un valore di mercato (nell'anno 1998) dell'intera cubatura realizzabile pari a lire 10.746.000 lire e giungendo a stimare in almeno lire 16.051.150 (pari a euro 8.289,73) il valore commerciale dell'intero compendio. Quanto al danno da illegittima occupazione, iniziata il 29 giugno 1998, la ricorrente l'ha quantificato in euro 8.414,08 (euro 8.289,73 + 1,5% = 8.414,08 * 5%) + 5% = Euro 420,70) oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali calcolati anno per anno sulla somma man mano rivalutata, per ciascuno degli anni successivi di occupazione senza titolo sino alla data in cui le aree saranno effettivamente restituite. Infine la ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale in una somma pari al 10% del valore di mercato delle aree al 28.6.1998, cioè euro 829,97 (8.289,73 * 10%), oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali calcolati anno per anno sulla somma man mano rivalutata. Con memoria difensiva del 22 febbraio 2024 parte ricorrente, riqualificando le domande proposte nell'atto introduttivo alla luce del sopravvenuto orientamento della giurisprudenza amministrativa, ha chiesto che il Comune di (omissis) sia condannato a provvedere ai sensi dell'art. 42 bis del d.p.r. n. 327/2001 e ss.mm.ii., disponendo, in alternativa, la restituzione delle aree illegittimamente occupate, previa rimessione in pristino, unitamente al risarcimento del danno da illecita occupazione, ovvero l'acquisizione delle aree al patrimonio comunale e il contestuale risarcimento del danno subito dalla ricorrente sia per la perdita della proprietà che per l'illecita occupazione, oltre, in ogni caso, a rivalutazione e interessi, nonché la fissazione di una penalità di mora e la nomina di un commissario ad acta in caso di mancata esecuzione della sentenza. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sul presupposto che la controversia abbia a oggetto un'ipotesi di sconfinamento, come dimostrerebbe il fatto che "la stessa parte ricorrente non individua correttamente ed esattamente i confini e l'area ed i confini oggetto di occupazione "Salvi altri mappali e maggiori superfici che si accetteranno occupati per l'ora pubblica per la realizzazione del Gi. be.". Inoltre la difesa del Comune ha eccepito la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da illecita occupazione nel periodo compreso tra il 7 giugno 2023 e il 7 giugno 2018, data di notificazione del ricorso ora in esame. Nel merito, infine, parte resistente ha contestato sia l'individuazione delle aree occupate effettuata dal ricorrente, in quanto generica e inesatta, sia la quantificazione del valore di mercato delle aree stesse operata in ricorso, evidenziando che le stesse, al momento dell'occupazione, non erano più edificabili, per cui in sede di quantificazione del valore non si dovrebbe conto di una (inesistente) potenzialità edificatoria. Con memoria difensiva parte ricorrente ha replicato, in ordine a tali eccezioni, quanto segue: - sull'eccezione di difetto di giurisdizione, nel produrre apposita documentazione integrativa, ha evidenziato che, a ben vedere, "non c'è stata nessuna occupazione di terreno diverso, come dimostra il confronto delle due planimetrie citate al precedente paragrafo A, ma non c'è stato neppure alcuno sconfinamento, visto che la superficie effettivamente occupata nei confronti della ditta catastale Sc. An. e più (ora proprietà Lo. Pa. Te.) ammonta a complessivi mq- 8.955, quindi inferiore di 62 mq a quella di 9.017 mq indicata nel progetto approvato dell'opera" e che, comunque, "nulla in contrario ha provato il Comune di (omissis), che a nostro parere era gravato del relativo onere probatorio per il principio della vicinanza della prova, essendo ovviamente in possesso di tutti gli atti e documenti del progetto e dell'esecuzione dell'opera"; - sull'eccezione di (parziale) prescrizione del diritto al risarcimento del danno da illecita occupazione, ha prodotto (docc. 14, 15, 16, 17 e 18), le note di intimazione e costituzione in mora, sempre intervallate da meno di cinque anni, inviate dal Comune dopo l'occupazione d'urgenza, evidenziando, altresì, che, comunque, "si tratta pacificamente di illecito permanente". Alla pubblica udienza del 24 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. Non merita accoglimento, in apice, l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa comunale, semplicemente perché parte resistente non ha dato alcuna prova che vi sia stato effettivamente sconfinamento, benché il relativo onere gravasse proprio sulla stessa parte resistente alla luce del noto principio di vicinanza della prova, considerato che nessuno più del Comune è in grado di individuare le aree che lo stesso Comune ha illecitamente occupato, per evidenti motivi. In ogni caso l'ipotizzata esistenza di sconfinamenti è stata sostanzialmente esclusa, se non per irrisorie quantità di terreno, dalla puntuale produzione documentale operata dalla difesa di parte ricorrente. Quanto all'eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa del Comune, la stessa non merita accoglimento, sia perché la difesa della ricorrente ha prodotto ampia documentazione comprovante la tempestiva notificazione di atti interruttivi della prescrizione sia perché, in ogni caso, il Collegio non vede motivi per discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale, inaugurato da Cassazione civile, Sezioni Unite, 19 gennaio 2015, n. 735, poi costantemente seguito, secondo cui il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria del danno da illegittima procedura ablatoria risalente nel tempo decorre dalla data di presentazione della domanda di risarcimento, essendo solo tale iniziativa giurisdizionale a dimostrare la piena consapevolezza, da parte del privato leso, della possibilità di esercitare in giudizio le relative pretese (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 aprile 2023, n. 3965, secondo cui "L'occupazione senza titolo di un bene, originariamente occupato per dare corso alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità e non acquisito alla proprietà pubblica mediante l'emanazione del decreto di esproprio, configura un illecito permanente i cui effetti lesivi si rinnovano di giorno in giorno finché perdura la situazione di illiceità ; ne consegue che fintanto che perdura l'occupazione non decorre la prescrizione del diritto al risarcimento del danno rinnovandosi quotidianamente la pretesa risarcitoria". Senza trascurare il fatto che, comunque, l'esaminata eccezione, avendo a oggetto una pretesa prescrizione (solo) parziale delle pretese risarcitorie di parte ricorrente, potrebbe astrattamente incidere -non già sull'an, ma- sul quantum delle stesse, cioè su una questione che potrebbe ipoteticamente assumere rilievo solo "a valle" del provvedimento di cui all'art. 42 bis, con ciò che ne consegue anche sotto il profilo del riparto di giurisdizione. Passando, ora, all'esame della causa nel merito, deve, in primo luogo, condividersi la premessa di parte ricorrente in ordine al fatto che il Comune di (omissis) ha occupato i terreni (poi divenuti) di sua proprietà oggetto del presente giudizio senza mai avere adottato alcun decreto di esproprio, posto che tale circostanza non è contestata neppure dalla difesa comunale. Ciò posto, il Collegio ritiene, altresì, meritevole di accoglimento, sulla scorta dell'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa, la richiesta di riqualificazione delle domande originariamente proposte formulata dalla ricorrente nella propria memoria integrativa, essendo necessario dare compiuta applicazione la disciplina dettata dall'art. 42 bis del d.p.r. n. 327/2001, il quale nell'attribuire alle pubbliche amministrazioni il potere di valutare ex post l'opportunità di acquisire o meno le aree oggetto di una procedura ablatoria illegittima, con ciò che ne consegue sotto il profilo risarcitorio restitutorio e/o, impedisce al giudice di ingerirsi in tali valutazioni discrezionali, oggetto di un potere pubblico che l'Amministrazione resistente è tuttora chiamata a esercitare, esprimendo una scelta motivata tra acquisizione delle aree occupate per attuali esigenze di interesse generale o restituzione delle medesime al legittimo proprietario. Difatti, come autorevolmente chiarito dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, "il dovere dell'amministrazione di far venire meno l'occupazione sine titulo, ossia di adeguare la situazione di fatto da quella di diritto non incisa dall'occupazione medesima costituisce espressione del principio generale di legalità dell'azione amministrativa. Deve pertanto ritenersi la sussistenza di un obbligo di provvedere ex art. 2 l. n. 241/1990 sull'istanza del proprietario volta a sollecitare il potere di acquisizione ex art. 42-bis (o, in alternativa, a disporre la restituzione del bene), fermo restando il carattere discrezionale della valutazione rimessa alla pubblica amministrazione sul merito dell'istanza" (sentenza 20 gennaio 2020, n. 4). Pertanto il Comune di (omissis) deve essere condannato ad adottare un provvedimento espresso e motivato, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 42 bis, entro il termine indicato in dispositivo, con il quale potrà, in alternativa: - acquisire con effetto non retroattivo la proprietà del fondo in discussione, laddove lo ritenga motivatamente funzionale a un interesse pubblico attuale, liquidando il danno da perdita della proprietà e quello da illegittima privazione del possesso per il periodo di occupazione illegittima sulla base dei valori di mercato e utilizzando i parametri normativi previsti dall'art. 42 bis del d.p.r. n. 327/2001; - non acquisire la proprietà del fondo, laddove lo ritenga motivatamente non funzionale al pubblico interesse attuale, contestualmente provvedendo alla sua restituzione, previa rimessione in pristino, nonché alla liquidazione del solo danno da illegittima privazione del possesso, in una somma pari al 5% annuo del valore dell'area, dalla data di occupazione fino alla restituzione, oltre a rivalutazione e interessi legali. Laddove il Comune non adottasse i provvedimenti descritti entro il termine previsto in dispositivo, gli interessati potranno attivare il giudizio di ottemperanza di cui agli artt. 112 e ss. c.p.a., fase processuale nel corso della quale, se del caso, potranno essere esaminate le ulteriori domande formulate dalla ricorrente, aventi a oggetto la fissazione di penalità di mora e la nomina di un commissario ad acta, viceversa estranee alla presente fase del giudizio. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe proposto, condanna il Comune di (omissis) a definire il procedimento con apposito provvedimento ai sensi dell'art. 42 bis del d.p.r. n. 380/2001 e ss.mm.ii., nei termini e per gli effetti compiutamente descritti in motivazione. Condanna lo stesso Comune alla rifusione delle spese processuali in favore della ricorrente, liquidate in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Tito Aru - Presidente Antonio Plaisant - Consigliere, Estensore Jessica Bonetto - Consigliere

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 733 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da PV Ic. S.r.l., in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentato e difeso dall'avvocato An. St. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero della Cultura e Ministero della Transizione Ecologica, ora Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti "pro tempore", rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria "ex lege" in Cagliari, via (...); nei confronti Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Regione Autonoma della Sardegna, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e SU, Comune di (omissis), non costituitisi in giudizio; per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo: "in parte qua", del parere 3380-P del 14.9.2022 del Ministero della Cultura - Soprintendenza speciale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) -, tramesso al MiTe con nota 111922 del 14.9.2022 e pubblicato sul Portale Via del MiTe in data 26.9.2022, con il quale il Ministero della cultura ha espresso "parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C [...], parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C - UR 7 (parte) [...], parere tecnico istruttorio favorevole [con prescrizioni] alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle restanti parti dell''impianto fotovoltaico" relativamente al Progetto definitivo ID_VIP 7536 "Realizzazione di un impianto fotovoltaico denominato Ma. della potenza di 41,758 MWp, in Comune di (omissis) all'interno dell'Area Industriale Ma."; - di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente; per quanto riguarda i motivi aggiunti: per l'annullamento, "in parte qua", e nei limiti dell'interesse in questa sede azionato, del Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 3 dell'11 gennaio 2024, notificato alla ricorrente in data 15 gennaio 2024, adottato di concerto con il Ministero della Cultura, nella parte in cui all'art. 1., co. 1, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha espresso parziale giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto di "impianto fotovoltaico denominato "Ma." sito nel Comune di (omissis)  all'interno dell'area Industriale Ma. per quanto attiene "alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C [...], alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C - UR 7 (parte) [...]; della nota del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, prot. 40167 del 1° .3.2024, con cui il MASE ha precisato che spetta al MIC "la competenza esclusiva sull'individuazione delle aree idonee"; solo ove occorrer possa, della nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024) con cui il Ministero della Cultura ha espresso la propria posizione sul tema dell'idoneità dell'area, precisando che "nel caso in esame non sussistano le condizioni per far rientrare tout court l'area in questione tra quelle classificate come "idonee" dalla normativa in materia"; per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Pv Ic. S.r.l. il 13/3/2024: per l'annullamento, "in parte qua" e nei limiti dell'interesse in questa sede azionato, del Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 3 dell'11 gennaio 2024, notificato alla ricorrente in data 15 gennaio 2024, adottato di concerto con il Ministero della Cultura, nella parte in cui all'art. 1., co. 1, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura, ha espresso parziale giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto di "impianto fotovoltaico denominato "Ma.", sito nel Comune di (omissis) all'interno dell'area Industriale Ma. per quanto attiene "alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C [...], alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C - UR 7 (parte) [...]; - della nota del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, prot. 40167 del 1° .3.2024, con cui il MASE ha precisato che spetta al MIC "la competenza esclusiva sull'individuazione delle aree idonee"; - solo ove occorrer possa, della nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024, doc. 20), con cui il Ministero della Cultura ha espresso la propria posizione sul tema dell'idoneità dell'area, precisando che "nel caso in esame non sussistano le condizioni per far rientrare tout court l'area in questione tra quelle classificate come "idonee" dalla normativa in materia"; - sempre ove occorrer possa, della nota prot. 7302/2024 datata 1° marzo 2024, con cui il Ministero della Cultura ha comunicato alla proponente "un aggiornamento in merito alla classificazione del sito di realizzazione del predetto progetto come "area idonea" ai sensi del comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021", precisando che l'area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non possa ritenersi idonea ai sensi dell'art. 20, co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell'intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante dell'immobile denominato "Nuraghe in località (omissis)" (comune di (omissis) - Catasto Foglio (omissis) mappale (omissis)) ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. a), e dell'art. 13 del D.Lgs. n. 42 del 2004; - di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto dall'odierna ricorrente; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Roberto Montixi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con il ricorso in epigrafe, la società PV Ic. S.R.L. ha impugnato, "in parte qua", il parere 3380-P del 14.9.2022 del Ministero della Cultura - Soprintendenza speciale per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - trasmesso al MiTe con nota 111922 del 14.9.2022 e pubblicato sul Portale VIA del MiTe in data 26.9.2022, con il quale il Ministero della cultura ha espresso "parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle parti del progetto riferite ai Lotti A, B e C [...], parere tecnico istruttorio contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione del Lotto A-UR1 e Lotto C - 2 UR 7 (parte) [...], parere tecnico istruttorio favorevole [con prescrizioni] alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione delle restanti parti dell'impianto fotovoltaico" relativamente al Progetto definitivo ID_VIP 7536 "Realizzazione di un impianto fotovoltaico denominato Ma. della potenza di 41,758 MWp, in Comune di (omissis) all'interno dell'Area Industriale Ma.". 2. Espone la ricorrente di aver presentato istanza, con nota prot. n. MATTM/112499 del 18.10.2021, ai sensi dell'art. 23 del D.Lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii., per l'avvio del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale per un "Impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a 41,758 MWp, sito nel Comune di (omissis) all'interno dell'Area Industriale Ma.", area classificata come Zona D - Area di sviluppo industriale, artigianale e commerciale dal Piano Urbanistico Comunale del Comune di (omissis). 3. Precisa la società che il progetto rientra tra quelli disciplinati dall'art. 8, c. 2-bis, del D.Lgs. 152/2006 in quanto ricompreso tra le categorie progettuali, di competenza statale, di cui all'Allegato II alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006, e tra i progetti di attuazione del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) di cui all'Allegato I bis del medesimo D.lgs. 152/2006. 4. Con nota del MITE prot. 0008985 del 26/01/2022 veniva comunicata la procedibilità dell'istanza di VIA ai sensi dell'art. 23 del D.lgs 152/2006 e successivamente perveniva il parere favorevole n. 37 del 03/08/2022, reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC all'esito dell'istruttoria VIA, e quello, parimenti favorevole, ma recante prescrizioni in tema di realizzazione di saggi preliminari archeologici, reso dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna con note n. 4431 dell'11.2.2022 e n. 30215 del 12/08/2022. 5. Prosegue la società ricorrente rappresentando che il Ministero per la Cultura, con il parere 111922 del 14.9.2022 si esprimeva, tuttavia, in senso contrario alla pronuncia di compatibilità ambientale per quanto attiene alla realizzazione di una significativa parte dell'impianto. 6. Avverso tale determinazione la ricorrente è insorta, per l'eventualità che il suddetto parere del MIC dovesse esser ritenuto preclusivo per la integrale assentibilità del progetto proposto dalla Società, formulando cinque motivi di gravame. 6.1. Con il primo motivo la Ic. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell'art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, dell'art. 242 ter del d.lgs. n. 152/2006, delle Linee Guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010 e degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Deduce inoltre: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza dell'azione amministrazione. Violazione degli art. 3 e 97 Cost, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, della direttiva 2011/92/CE e della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, per disparità di trattamento e travisamento dei fatti rilevanti. 6.1.1. Espone in primo luogo la ricorrente che il provvedimento del MIC non potrebbe determinare in alcun modo il rigetto -neppure parziale- dell'istanza di VIA presentata dalla ricorrente in quanto, da un lato, l'intervento ricadrebbe in area classificata come idonea atteso che il progetto è localizzato all'interno dell'agglomerato Industriale di Ma., in Zona D - Area di sviluppo industriale, artigianale e commerciale dal Piano Urbanistico Comunale del Comune di (omissis) e dal Piano Regolatore del CACIP e, dall'altro, l'impianto non presenterebbe interferenze dirette con beni paesaggistici, né con edifici e manufatti di valenza storico-culturale, né riguarderebbe paesaggi agrari di particolare pregio o habitat di interesse naturalistico. Inoltre, l'agglomerato industriale di Ma. ricadrebbe all'interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Sulcis-Iglesiente-Guspinese. Pertanto, l'esponente evidenzia che l'area individuata per la realizzazione dell'intervento, proprio perché ricadente non solo in area industriale ma anche all'interno di un sito di interesse nazionale, è, ai sensi del D.M. 10.9.2010, nonché del più recente art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 oltre che dell'art. 242 ter del T.U.A., espressamente qualificata come area idonea all'installazione di impianti FER. 6.1.2. Alla luce di quanto sopra, e della richiamata idoneità dell'area di progetto, il parere parzialmente negativo reso dal MIC dovrebbe, a giudizio dell'esponente, essere qualificato, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n. 199/2021 (norma speciale rispetto alla disposizione recata dall'art. 25 del D.Lgs del Codice dell'Ambiente), come non vincolante e recessivo rispetto al parere positivo espresso dalla Commissione VIA. 6.2. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce: violazione e falsa applicazione dell'art. 10-bis della legge n. 241/90, violazione dei principi del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza, violazione degli artt. 3 e 97 Cost, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, della direttiva 2011/92/CE., dell'art. 6 CEDU, dell'art. 41 CDFUE, della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE. Ancora, eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa e travisamento dei fatti rilevanti. 6.2.1. Si duole la ricorrente del fatto che nella procedura in esame sarebbero state violate le garanzie minime del giusto procedimento in quanto il MiC non avrebbe comunicato all'esponente il preavviso di rigetto di cui all'art. 10-bis della legge n. 241/90. Il MIC, in particolare, avrebbe assunto le proprie determinazioni obliterando i pareri positivi già rilasciati tanto dalla Commissione speciale presso il MiTe quanto dalla Soprintendenza SABAP, e avrebbe impedito alla ricorrente di formulare le proprie circostanziate considerazioni in fatto e in diritto volte a conf(omissis)re le ragioni poste alla base del diniego; considerazioni che, secondo la ricorrente, ove correttamente esaminate avrebbero scongiurato l'adozione del provvedimento impugnato in questa sede, anche in un'ottica deflattiva del contenzioso. 6.3. Con un terzo ordine di doglianze la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, del d.lgs. n. 199/2021, del D.M. 10.9.2010, dell'art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, del d.lgs. n. 152/2006, dell'art. 65 del d.l. n. 1/2012, degli artt. 1, 2, 3, della legge n. 241/90, dei principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, degli artt. 3, 9, 20, 41, 42 e 97 Cost., del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e di tipicità degli atti amministrativi, del principio del legittimo affidamento, della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE. Ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell'azione amministrativa, travisamento dei presupposti in fatto e diritto nonché violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. 6.3.1. Rappresenta la ricorrente che il provvedimento del MIC si rivelerebbe illegittimo anche per difetto di motivazione, in quanto sarebbero stati del tutto trascurati elementi dirimenti ai fini del rilascio del provvedimento favorevole di compatibilità ambientale. In particolare, sempre a giudizio della ricorrente, il MIC non avrebbe tenuto in debita considerazione che: - il sito di Progetto insisterebbe in un'area idonea alla localizzazione di impianti fotovoltaici ai sensi del d.m. 10.9.2010, dell'art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 e dell'art. 242 ter del T.U.A.; - la Soprintendenza aveva già espresso, al pari della Commissione tecnica PNRR-PNIEC e della RAS, una valutazione favorevole di compatibilità paesaggistica. Pertanto il MIC, per superare tali pareri positivi, avrebbe dovuto adottare una motivazione rafforzata. Il Ministero della Cultura, invece, si sarebbe limitato a rendere il parere negativo contestato formulando affermazioni tautologiche e comunque infondate perché vertenti su aspetti già ritenuti sia dalla Commissione speciale presso il MiTe, sia dalla Soprintendenza Regionale e sia -infine- dalla Regione Sardegna non ostativi alla realizzazione dell'impianto; - la realizzazione del Progetto era sostenuta da un rilevante interesse pubblico; il MIC, al contrario, in nessun passaggio dell'atto impugnato avrebbe operato il necessario bilanciamento tra le conseguenze correlate all'adozione del provvedimento negativo e la salvaguardia dell'interesse pubblico alla promozione di energia "green" e all'autonomia energetica regionale e statale. 6.4. Con il quarto motivo di gravame la ricorrente ha censurato le valutazioni formulate dalla Soprintendenza PNRR nel gravato parere istruttorio deducendo violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004 e violazione del principio di legalità, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere per illogicità e irrazionalità dell'azione amministrativa, violazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e del d.m. 10.9.2010, inosservanza del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e violazione della direttiva n. 2009/28/CE. 6.4.1. Nel prendere posizione sugli specifici motivi posti a base del parere parzialmente contrario espresso dal Ministero della Cultura, la ricorrente contesta che la rilevata interferenza, ai sensi degli artt. 142 e 143 del D.Lgs. 42/2004, tra il progetto e la fascia di rispetto di 150 metri dalle sponde dei corsi d'acqua Rio S'Isca de Arcosu e (omissis), assuma una portata decisiva ai fini del rilascio della VIA. Infatti, l'intervento in progetto non incorrerebbe nei divieti esplicitati dall'art. 18 delle NTA del Piano Paesaggistico della Sardegna, concernenti gli interventi che interessano le sponde o i piedi degli argini, per una fascia di 150 metri, dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775. La ricorrente ribadisce che, sul punto, assumerebbe rilevanza dirimente il parere prot. MIC-SABAPCA/11/02/2022/0004431 della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (SABAP) per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna che, relativamente all'esame del progetto sotto il profilo della tutela paesaggistica e della tutela del patrimonio architettonico dell'area in argomento, si è espressa favorevolmente rispetto alla realizzazione dell'impianto, limitandosi a prescrivere la salvaguardia della vegetazione ripariale dei richiamati corsi d'acqua "(omissis)" e "(omissis)" evitando la collocazione dei tracker entro tale perimetro di fascia ripariale. 6.4.2. Avuto riguardo alla asserita non conformità del progetto rispetto al Piano Paesaggistico Regionale, la ricorrente evidenzia che il sito in cui è prevista la realizzazione del campo fotovoltaico risulterebbe estraneo ad aree sottoposte a specifici vincoli di protezione ambientale, collocandosi al di fuori del loro perimetro di definizione; inoltre, sotto il profilo dell'assetto storico-culturale, l'area di progetto risulterebbe esterna ai beni paesaggistici individuati dagli artt. 47, 48, 51, 54 e 57 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.P.R., e l'area d'intervento rispetterebbe inoltre la distanza di cui al comma 1 dell'art. 49 delle NTA, distanza che deve essere non inferiore ai 100 metri da edifici e manufatti di valenza storico-culturale di cui all'art. 48 delle richiamate NTA. Con riferimento al profilo dell'assetto insediativo, precisa la ricorrente che le aree ricadono all'interno delle "Grandi Aree Industriali" definite all'art. 92 comma 2 delle NTA come rappresentative del tessuto produttivo delle "aree industriali attrezzate, di maggiore dimensione, urbanisticamente strutturate e dotate di impianti e servizi". Infine, con riguardo ai profili di compatibilità idraulica, la ricorrente censura il fatto che il MIC avrebbe omesso di rilevare che l'intervento in questione non contemplerebbe opere di progetto (trackers, cabine) nelle aree a pericolosità alta ed elevata Hi3 e Hi4 e che l'area interessata dalle opere si collocherebbe ad una distanza dall'asse dei corsi d'acqua sufficiente a garantire adeguati margini di sicurezza. 6.4.3. Con riguardo all'asserito impiego dell'area interessata dal progetto con funzione agroforestale la ricorrente deduce che, in realtà, l'area da decenni costituisce la Zona Industriale di Ma. di competenza del Consorzio Industriale Provinciale di Cagliari (CACIP). Tale circostanza sarebbe corroborata dal parere a suo tempo reso dalla Soprintendenza che avrebbe attestato l'insistenza del progetto "in un'area priva di insediamenti di qualche rilievo dal punto di vista architettonico e di colture di pregio dal punto di vista agrario, essendo che si tratta di un lotto di terreno destinato ad accogliere insediamenti produttivi in un'area già pianificata per tale scopo". Anche il parere reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC avrebbe evidenziato che "il progetto ricade all'interno dell'area industriale di Cagliari, area espressamente destinata all'insediamento di attività industriali e produttive, e il territorio dell'agglomerato non interessato direttamente dagli insediamenti industriali è caratterizzato da estese aree destinate a varie forme di agricoltura. Per quel che riguarda il progetto in esame, le aree interessate si presentano come parzialmente abbandonate: non interessano paesaggi agrari di particolare pregio e neppure colture arboree specializzate; parte dei terreni interessati sono incolti, parte interessati da colture orticole e parte destinata alla coltivazione dell'olivo e a frutteti". 6.4.4. Con riguardo alle criticità rilevate dal MIC in merito al rapporto tra l'impianto e i saggi archeologici preliminari realizzati durante l'istruttoria, cui si correla la richiesta di eliminare dall'area di progetto il Lotto A - UR1 e la maggior parte del Lotto C UR 7, la ricorrente evidenzia come la posizione assunta dal Ministero sia affetta da un evidente deficit motivazionale. In particolare, sottolinea la ricorrente, nel parere espresso in fase di screening VIA la Soprintendenza, con nota prot. DGA n. 1863 del 21/01/2021 aveva statuito che "l'area in cui ricadono le opere in progetto non è interessata da vincoli di natura archeologica ai sensi degli artt. 10, 12, 13 del D.Lgs. 42/2004 ma (...) a nord della zona dove è previsto il posizionamento dell'impianto è nota in bibliografia un'area a potenziale rischio archeologico per la presenza di attestazioni verosimilmente riconducibili alla presenza in antico di un villaggio pluristratificato in loc. Mitza de S'Acqua Bella". All'esito della redazione, da parte della ricorrente, di apposita relazione di verifica preventiva di interesse archeologico, ai sensi dell'art. 25, comma I del D. Lgs n. 50/2016, con nota prot. 34895 del 29/09/2021 la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, condividendo le valutazioni contenute nella VIARCH, aveva ritenuto necessario attivare la procedura di cui all'art. 25, commi 8 e segg. del D.Lgs. 50/2016 e realizzare saggi archeologici preliminari tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai lavori. A tale proposito la ricorrente evidenzia che, allo scopo di non interferire con aree a potenziale rischio archeologico alto, si era già determinata nel senso di scorporare dal progetto precedentemente sottoposto alla procedura di screening la porzione occidentale del Lotto A identificata con il codice UR1 nella cartografia della VIARCH; pertanto, il progetto fotovoltaico che era stato sottoposto alla procedura di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, e nel perimetro del quale era stata condotta la suddetta verifica preventiva di interesse archeologico, ricopriva una superficie più ampia rispetto a quella del progetto in esame sottoposto alla procedura di V.I.A. statale. Per converso, il MIC ha espresso parere negativo su un'area (Lotto C- Ur 7) su cui la VIARCH non aveva segnalato particolari rischi archeologici. A seguito dello scorporo della zona identificata come UR1 nel lotto A, la Soprintendenza, in via prudenziale, al fine di limitare ulteriormente il rischio di eventuali rinvenimenti fortuiti, suggeriva un approfondimento di indagine con un numero limitato di saggi di dimensioni ridotte nelle zone immediatamente adiacenti alle aree a rischio. La Soprintendenza aveva poi reso parere favorevole all'inserimento dell'esecuzione dei suddetti saggi nel quadro prescrittivo del procedimento di VIA in esame, per cui la richiesta del MIC di escludere il Lotto C - Ur7 dal progetto assentito si rivelerebbe ancor di più illegittima, alla luce della posizione assunta dall'Organo tutorio. 6.4.5. Con riguardo, infine, alla prescrizione inerente alla necessaria modifica ed aggiornamento del progetto definitivo, con previsione della collocazione della Sottostazione elettrica 220/30kV nell'ambito della esistente zona industriale, parte ricorrente evidenzia come tale prescrizione debba ritenersi superata e meritevole di annullamento atteso che tale sottostazione elettrica è già stata autorizzata in seno al procedimento di Autorizzazione Unica relativa al progetto di un altro operatore, nominato capofila della progettazione ed autorizzazione in considerazione del fatto che la soluzione di connessione proposta dal Gestore della rete è funzionale ad una pluralità di iniziative di impianti di produzione FER, tra cui quello della ricorrente. 7. Con atto depositato in data 4 marzo 2024, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, estendendo l'impugnativa al Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica prot. n. 3 dell'11 gennaio 2024, adottato di concerto con il Ministero della Cultura, nella parte in cui all'art. 1., co. 1, le amministrazioni concertanti hanno espresso un giudizio negativo parziale sulla compatibilità ambientale del progetto in questione. Sono stati impugnati anche gli atti correlati, indicati in epigrafe. 7.1. Rappresenta la ricorrente che, in ottemperanza alla sentenza n° 22/2024 di questo Tribunale, con la quale era stato accolto il ricorso presentato da PV Ic. nella parte in cui la società era insorta avverso l'inerzia serbata dal Ministero della Cultura sulla richiesta, perven(omissis) dal MASE in data 25.5.2023, di accertare l'idoneità, o meno, dell'area di impianto ai sensi dell'art. 20, co.8, del d.lgs. 199/2021, con nota del 2.2.2024, prot. 3859_2024 il Ministero della Cultura confermava l'idoneità dell'area tenuto conto della localizzazione in area SIN, salvo svolgere alcune ulteriori riflessioni rispetto all'avvenuto espletamento o meno di attività di bonifica. 7.2. Prosegue la ricorrente evidenziando di aver proposto, nelle more della predisposizione dei motivi aggiunti ora posti all'attenzione del Collegio, apposita istanza di riesame, richiedendo al MASE di accertare che l'impianto della proponente è interamente localizzato in area idonea ai sensi dell'art. 20, co. 8, lett. b) del D.lgs. 199/2021 e conseguentemente, in riesame del Decreto VIA n. 3/2024, di procedere al rilascio del titolo ambientale per l'intero progetto, in conformità con il Parere n. 37 del 03/08/2022, reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC, all'esito dell'istruttoria VIA. 7.3. Con provvedimento dell'1° 3.2024 il MASE ha rigettato, tuttavia, l'istanza di riesame, evidenziando la spettanza in capo al MIC della competenza esclusiva sull'individuazione delle aree idonee, e ha confermato il diniego parziale di VIA, ritenendo vincolante l'accertamento svolto dal MiC con la nota del 2.2.2024. 7.4. Con nota prot. 7302/2024 datata 1° marzo 2024, il Ministero della Cultura, infine, ha comunicato alla proponente e al MASE "un aggiornamento in merito alla classificazione del sito di realizzazione del predetto progetto come "area idonea" ai sensi del comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021", precisando che l'area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non potesse ritenersi idonea ai sensi dell'art. 20, co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell'intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante dell'immobile denominato "Nuraghe in località (omissis)" (comune di (omissis) - Catasto Foglio (omissis), mappale (omissis)) ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. a), e dell'art. 13 del D.Lgs. n. 42 del 2004. 7.5. Avverso tali ulteriori determinazioni la società ricorrente ha proposto tre motivi di gravame. 7.5.1. Con il primo motivo la Ic. deduce l'illegittimità del decreto di VIA per violazione e falsa applicazione dell'art. 17-bis della L. n. 241/90, del principio dell'acquisizione "per silentium" del concerto in materia paesaggistica e culturale, degli artt. 1 e 2, comma 8 bis, della L. n. 241/90, dell'art. 25, commi 2 bis e 7, del D.Lgs. n. 152/2006, dell'art. 11 TUE e del principio di integrazione delle tutele, del Regolamento UE 2577/2022; nonché eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, illogicità ed irragionevolezza dell'azione amministrativa, violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e sviamento di potere. 7.5.1.1. Evidenzia la ricorrente che il Decreto gravato di VIA si paleserebbe errato e illegittimo atteso che il MASE non avrebbe potuto adottare autonomamente un provvedimento di diniego di compatibilità ambientale. Ciò in quanto, a fronte del parere del MiC tardivo e, quindi, inefficace, il MASE avrebbe dovuto considerare il medesimo parere acquisito "per silentium" e, per l'effetto, rilasciare la VIA sulla base del parere favorevole n. 37 del 03/08/2022 reso dalla Commissione tecnica PNRR-PNIEC, all'esito dell'istruttoria VIA. Infatti, il MiC - Soprintendenza PNRR, ha espresso il proprio parere solo il 14.9.2022, nonostante l'adozione del parere della Commissione Tecnica risalga al 3.8.2022 e dunque tale ultimo avviso è intervenuto ben oltre il termine di 20 giorni previsto dall'art. 25 del TUA il quale prevede: - al comma 2, che nei 60 giorni successivi alla conclusione della fase di consultazione di cui all'art. 24 l'Autorità competente "adotta il provvedimento di VIA previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di trenta giorni"; - al comma 2 bis: che -per i progetti di cui all'art. 8, co. 2 bis, del TUA- nei 30 giorni successivi all'adozione del parere della CT PNRR-PNIEC "il Direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente Direttore generale del MiC entro il termine di 20 giorni"; - in ogni caso, al comma 7: che "tutti i termini del procedimento di VIA si considerano perentori". Sarebbe quindi maturata, a giudizio dell'esponente, la fattispecie del silenzio assenso orizzontale in base alla quale, una volta decorso il termine previsto dalla legge, il concerto "si intende acquisito". 7.5.2. Con il secondo motivo aggiunto la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell'art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, degli artt. 238 e ss, 242 ter del d.lgs. n. 152/2006, delle Linee Guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010, degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90; nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza dell'azione amministrazione, violazione degli art. 3 e 97 Cost, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili, delle direttiva 2011/92/CE e 2009/28/CE e, ancora, eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, ed eccesso di potere per disparità di trattamento e per travisamento dei fatti rilevanti. 7.5.2.1. Rappresenta l'esponente che l'illegittimità del diniego di VIA (e del diniego di riesame) discende dalla non vincolatività del parere del MIC, conseguente al fatto che l'impianto sarà realizzato in un'area classificata idonea ai sensi della normativa vigente. Precisa la ricorrente che, in termini generali, l'art. 25 comma 2 bis del Codice dell'ambiente, in merito alla necessità del concerto "fa salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199". Quindi, nel caso di progetti di competenza statale, il provvedimento di VIA richiede il concerto tra il parere espresso dal MIC (la cui competenza è limitata agli aspetti paesaggistici) e il parere espresso dal MASE. Tuttavia, la citata previsione risulta derogata nel caso di specie dalla richiamata norma speciale di cui all'art. 22, co. 1, lett. a) del d.lgs. n. 199/2021 ai sensi della quale "a) nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante". In ragione di quanto sopra, nei casi come quello in esame, il MASE avrebbe potuto rilasciare la VIA positiva prescindendo dal parere reso dal MIC. 7.5.2.2. Nello specifico, l'area individuata dalla ricorrente sarebbe idonea ai sensi dell'art. 20, co.8, lett. b) in quanto ricompresa tra le "aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152". Ciò in quanto l'impianto progettato dalla ricorrente ricade nell'agglomerato industriale di Ma.. Tale agglomerato, insieme all'Area Industriale di (omissis), all'Area Industriale di (omissis), all'Agglomerato Industriale di Portovesme, all'Agglomerato Industriale di Sa. e all'Agglomerato Industriale di Ma. ricade all'interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Sulcis-Iglesiente-Guspinese, istituito con il D.M. n. 468/2001. Sul punto, prosegue Ic., già nel parere reso dalla Commissione VIA n. 37/2022 si dava atto che l'impianto era localizzato integralmente in area SIN (cfr. prescrizione n. 11). L'idoneità dell'area era, peraltro, riconosciuta) dallo stesso MIC nella nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024); tale Ente, tuttavia, si spingeva ad osservare che le aree d'intervento in effetti non lo sarebbero state in quanto "non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente". Così facendo, l'Ente ministeriale -sempre a giudizio dell'esponente- avrebbe però espresso una valutazione estranea alla propria competenza, essendo il MASE (e non il MIC) il Dicastero competente a dirimere tutti i temi ambientali connessi alla idoneità dell'area. Infatti, la specifica ipotesi di idoneità dell'area, prevista dall'art. 20, co. 8, lett. b) del d.lgs. 199/2021 non involgerebbe temi paesaggistici o archeologici, richiedendo esclusivamente la valutazione di temi ambientali di esclusiva competenza del MASE. La ricorrente evidenzia, inoltre, che alcuna valenza assumerebbe la nota del MiC del 1° .3.2024, con la quale viene ribadito che l'impianto non può essere considerato localizzato in area idonea poiché posto ad una distanza inferiore di 500 metri rispetto ad un sopravvenuto bene archeologico. Ciò in quanto l'esistenza di un bene archeologico nel buffer di 500 metri rispetto all'impianto incide esclusivamente sulla ipotesi di idoneità "ex lege" prevista dall'art. 20, co. 8, lett. c-quater del D.lgs. 199/2011, ma non ha alcuna attinenza rispetto all'ipotesi prevista dall'art. 20, co.8, lett. b. Ancora, a differenza di quanto sostenuto dal MiC, l'idoneità dell'area non potrebbe essere acclarata in dipendenza con la assoggettabilità in concreto della stessa a procedure di bonifica già approvate. Ciò, in primo luogo, in quanto, dall'analisi del testo dell'art. 20, co. 8, lett. b del D.lgs. 199/2021 si evincerebbe che la perimetrazione dell'area quale sito di interesse nazionale determinerebbe "ex lege" l'idoneità della stessa ai sensi dell'art. 20, co. 8, lett. b del D.lgs. 199/2021 (che richiama tutte le norme del Titolo V, Parte Quarta del T.U. Ambiente e fa riferimento a tutte le aree individuate ai sensi del medesimo T.U. e non solo alle aree per cui sono già avviate le attività di bonifica). Ciò risulterebbe confermato anche dal dettato dell'art. 242 ter del T.U.A., il quale ricondurrebbe i siti di interesse nazionale nella definizione di "siti oggetto di bonifica" a prescindere dal concreto avvio di attività di bonifica. In secondo luogo, nell'area è già stata avviata una procedura di caratterizzazione (che costituisce la prima fase della procedura di bonifica) e la Commissione VIA ha già impartito prescrizioni in merito alla prosecuzione dell'iter di caratterizzazione; pertanto, il sito d'impianto, in tesi, deve essere comunque classificato come sito (potenziale) di bonifica ai sensi del Titolo V, Parte Quarta, del Decreto Legislativo n. 152/2006, con conseguente declaratoria di idoneità dell'area ai sensi dell'art. 20, co. 8, lett. b) del Decreto Legislativo n. 199/2021. 7.5.3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, dell'art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, degli artt. 238 e ss, 242 ter del d.lgs. n. 152/2006, delle Linee Guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010, degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Deduce poi eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e irragionevolezza dell'azione amministrativa. Violazione degli art. 3 e 97 Cost. e del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Violazione della direttiva 2011/92/CE. e della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, per disparità di trattamento e per travisamento dei fatti rilevanti. 7.5.3.1. La ricorrente si duole, in sintesi, del fatto che il MASE abbia adottato un provvedimento di VIA parzialmente negativo (e ne abbia denegato il riesame) senza svolgere, si sostiene, un'autonoma valutazione sul progetto. L'autorità emanante, nella sostanza, avrebbe recepito poi in modo acritico il diniego del MiC. La ricorrente evidenzia che il MASE avrebbe dovuto val(omissis)re puntualmente le gravose prescrizioni imposte dal MIC e -sulla scorta del "favor" legislativo per lo sviluppo delle energie rinnovabili e delle risultanze dell'istruttoria condotta- non recepire tali prescrizioni nel provvedimento finale di VIA, valorizzando sia l'insussistenza di profili ambientali ostativi alla realizzazione del progetto, come accertato nel parere positivo reso dalla Commissione VIA, sia la circostanza che il parere del MIC non poteva ritenersi vincolante in ragione della idoneità dell'area di Progetto e sia, infine, l'interesse pubblico alla realizzazione del progetto, espressamente qualificato dalla normativa di riferimento come "prevalente". 7.5.4. In via subordinata, con il quarto motivo la ricorrente deduce vizi autonomi di illegittimità della nota prot. 3859/2024 del 2.2.2024 e della nota 7302/2024 datata 1° marzo 2024; atti che vengono censurati per violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, del d.lgs. n. 199/2021, del D.M. 10.9.2010, dell'art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, del d.lgs. n. 152/2006, degli artt. 238 e ss, 242 ter del d.lgs. n. 152/2006, dell'art. 65 del d.l. n. 1/2012, degli artt. 1, 2, 3, della legge n. 241/90, dei principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, degli artt. 3, 9, 20, 41, 42 e 97 Cost., del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e di tipicità degli atti amministrativi, del principio del legittimo affidamento, della direttiva 2009/28/CE e della direttiva 2018/2001/UE. E per: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell'azione amministrativa; travisamento dei presupposti in fatto e diritto; violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. 7.5.4.1. Parte ricorrente insta in particolare per l'annullamento della nota prot. 3859/2024 del 2.2.2024 in ragione dell'ubicazione dell'impianto in area idonea, contestando quanto affermato sul punto proprio dal MiC nella nota del 2.2.2024 laddove si afferma che "benché le aree di cui trattasi siano inserite nel perimetro di bonifica del SIN Sulcis-IglesienteGuspinese e per questo risultino idonee ai sensi della lett. b) del comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. n. 199 del 2021, le stesse in effetti non lo sono in quanto il Proponente dichiara che "non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente". 7.5.4.2. Oltre a richiamare gli argomenti di censura già formulati nel secondo motivo di gravame, la ricorrente evidenzia che l'area individuata dalla ricorrente si inserisce in un contesto di tipo industriale fortemente antropizzato, come comprovato dal certificato di destinazione urbanistica dell'area stessa. Inoltre, nell'agglomerato Industriale di Ma. sono presenti una molteplicità di impianti fotovoltaici in esercizio. Ancora, la società ricorrente rappresenta che, alla luce della più recente giurisprudenza, la mera localizzazione dell'impianto in area industriale (pacifica, nel caso in esame) deve considerarsi elemento di per sé solo sufficiente per ritenere integrata la fattispecie di "area idonea" ai sensi dell'art. 20, co.8 del D.lgs. 199/2021. Questo anche perché la non idoneità dell'area sancita dalla Delibera di Giunta Regionale n. 59/90 del 27.11.2020 (per l'interferenza con un corso d'acqua) deve ritenersi comunque superata da una norma di rango primario successivamente emanata: ci si riferisce all'art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, il quale prevede che "nella definizione delle aree idonee [...] sono privilegiate le aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica", al pari di quanto statuito dalle Linee Guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui al DM del 10.9.2010 che stabilisce che il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto (brownfield), tra cui siti industriali, cave, discariche costituisce elemento per la valutazione positiva dei progetti (art. 16.1. Parte IV^). 7.5.4.3. Ancora, secondo la ricorrente, l'idoneità dell'area prescelta per l'impianto sarebbe rafforzata dal dettato dell'art. 20, co. 8, lett. c ter, n. 1, che qualifica idonee "esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere". Sul punto, la ricorrente censura la posizione assunta dal MIC, secondo il quale non risulterebbe accertata l'idoneità dell'area ai sensi della lett. c-ter), n. 1, risultando l'area classificata come "industriale" e non "agricola", in quanto, a giudizio dell'esponente, se con l'art. 20, co. 8, lett. c ter, n. 1 il legislatore ha ritenuto "ex lege" idonee le aree agricole distanti non più di 500 metri da aree industriali e da aree SIN, "a fortiori" devono essere considerate idonee, ai sensi della medesima lettera dell'art. 20, co.8, tutte le aree SIN e tutte le aree industriali. 7.5.4.4. In ogni caso, la ricorrente evidenzia che la localizzazione dell'impianto in area industriale acquisirebbe una valenza dirimente anche ai sensi dell'art. 20, co.8, lett. c ter), n. 2 che sancisce l'idoneità delle "2) aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall'articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto 32 legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento". Ciò in quanto essendo l'impianto localizzato in un'area industriale, la fattispecie per analogia (e per logica) dovrebbe essere trattata alla stregua di un impianto localizzato in uno stabilimento industriale, non potendosi condividersi l'assunto del MIC, in base al quale l'impianto non risulterebbe "proposto all'interno di esistenti impianti industriali o stabilimenti (per il primo termine, con la prevista connotazione 'industrialè, si veda la definizione di cui all'art. 268, rubricato "Definizioni", comma 1, lett. l, per il secondo termine la lett. h, del D.Lgs. n. 152 del 2006)". 7.5.4.5. Avuto riguardo alle considerazioni formulate dal MIC sul fatto che l'area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non possa ritenersi idonea ai sensi dell'art. 20, co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell'intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante dell'immobile denominato "Nuraghe in località (omissis)", la ricorrente sottolinea che la localizzazione dell'impianto ad una distanza inferiore a 500 metri "rispetto al perimetro esterno dell'area vincolata ai sensi della Parte II del D.Lgs. n. 42 del 2004" (comunque sopravven(omissis) rispetto al decreto di VIA) non inciderebbe in alcun modo sulle ipotesi di idoneità dell'area in quanto dall'analisi dell'art. 20 del D.lgs. 199/2021 emergerebbe che la distanza rispetto ad un bene archeologico ai sensi della Parte II del D.lgs. n. 42/2004 inciderebbe solamente in relazione all'ipotesi di idoneità prevista dalla lett. c-quater del comma 8 dell'art. 20 del D. Lgs. n. 199 del 2021, mentre rispetto alle ipotesi di idoneità "ex lege" previste dall'art. 20, co. 8 lett. b (motivo n. 2) e dall'art. 20, co.8, lett. c ter nn. 1 e nn. 2 (motivi 3.2. e 3.3.) e in assenza di precisazioni di sorta da parte del legislatore, la distanza dell'impianto rispetto ad un bene archeologico (in questo caso inferiore a 500 metri) costituirebbe una circostanza del tutto neutra e non decisiva. Ciò risulterebbe confermato dal dato testuale dell'art. 20, co. 8, lett. c quater) in cui il legislatore precisa che "fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), [sono da considerarsi idonee] le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'articolo 136 del medesimo decreto legislativo. Ai soli fini della presente lettera, la fascia di rispetto è determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di tre chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli impianti fotovoltaici". Pertanto, l'esistenza di un bene archeologico ad una distanza dall'impianto inferiore rispetto ai 500 metri, a differenza di quanto rilevato dal MiC, non determinerebbe "tout court" l'impossibilità di ritenere l'impianto localizzato in area idonea ai sensi dell'art. 20, co.8 del D.lgs. 199/2021, ma imporrebbe, semplicemente, che non possa essere invocata l'ipotesi di idoneità "ex lege" prevista dall'art. 20, co.8, lett. c-quater) del D.lgs. 199/2021. 7.5.5. In via ulteriormente subordinata la Ic. impugna il provvedimento di VIA e il diniego di riesame datato 1° .3.2024 nella parte in cui hanno imposto l'osservanza delle condizioni prescritte dal MIC con il parere 3380-P del 14.9.2022, già gravate con il ricorso introduttivo e inficianti, in via derivata gli atti a valle adottati, ovvero il provvedimento di VIA "in parte qua" ed il successivo diniego di riesame. A tale proposito la società ripropone i motivi di gravame rivolti avverso il predetto parere negativo. 8. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Cultura e il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica instando per la reiezione del ricorso. 9. All'udienza camerale del 17 aprile 2024, la ricorrente ha dichiarato di rinunciare all'istanza cautelare. 10. In vista dell'udienza pubblica le parti hanno depositato documenti e memorie. 11. La causa è stata, infine, tratten(omissis) in decisione all'udienza del 25 settembre 2024. DIRITTO 1. La questione di fondo posta all'esame del Collegio concerne la legittimità dei provvedimenti resi a seguito dell'istanza presentata dalla società PV Ic. S.r.l. il 18/10/2021 ai sensi dell'art. 23 del D.lgs. n. 152/2006 e ss.mm.ii. per l'avvio del procedimento di valutazione di Impatto Ambientale per un "Impianto fotovoltaico di potenza nominale pari a 41,758 MWp, sito nel Comune di (omissis) all'interno dell'Area Industriale Ma.". Il progetto rientra, in particolare, tra quelli disciplinati dall'art. 8 co. 2-bis del D.lgs. n. 152/2006 in quanto ricompreso tra le categorie progettuali di cui all'Allegato II alla Parte Seconda del medesimo decreto di competenza statale, nonché tra i progetti di attuazione del PNIEC di cui all'Allegato I-bis del medesimo D.lgs. n. 152/2006. Nello specifico, la società ricorrente ha impugnato, con il ricorso introduttivo, il parere in data 14.9.2022 reso dal Ministero della Cultura - Soprintendenza speciale per il PNRR e, con successivi motivi aggiunti, il Decreto del MASE, di concerto col MiC, n. 3/2024 dell'11.1.2024, conclusivo del procedimento di VIA, il diniego da parte del MASE di riesame dell'istanza, datato 1.3.2024, nonché le note del MiC del 2/2/2024 e dell'1/3/2024 (in relazione all'asserita inidoneità dell'area di progetto). In via preliminare il Collegio, stante l'intervenuta impugnazione del Decreto col quale il Mase, di concerto col Ministero della Cultura ha concluso il procedimento di valutazione di Impatto Ambientale ai sensi dell'art. 25 del TUA, rileva la sopravven(omissis) carenza di interesse in relazione al ricorso principale col quale è stato impugnato il parere del MIC del 14.9.2022 reso nell'ambito del medesimo procedimento di VIA. I medesimi motivi di ricorso avanzati con il ricorso introduttivo, tuttavia, sono stati riproposti avverso il Decreto del MASE n. 3/2024, che tale parere ha recepito, quali vizi di illegittimità derivata. Lo scrutinio di tali motivi avverrà, pertanto, in sede di vaglio dei motivi aggiunti proposti contro il Decreto Via e avverso il diniego di riesame dell'istanza. 2. Con il primo dei motivi aggiunti la ricorrente sostiene che il Decreto di VIA sarebbe illegittimo in quanto il MASE non avrebbe potuto adottare autonomamente un provvedimento di diniego di compatibilità ambientale, dal momento che il parere del MiC è stato reso oltre i termini previsti dalla legge, risultando tardivo e, quindi, inefficace. Al contrario, secondo la ricorrente, il MASE avrebbe dovuto considerare il medesimo parere acquisito, operando nel procedimento in oggetto il meccanismo del c.d. silenzio-assenso orizzontale di cui all'art. 17-bis della l. 241 del 1990. 2.1. Rileva in via preliminare il Collegio come l'eccezione d'inammissibilità del motivo di impugnativa formulata dalla difesa erariale, a cagione dell'asserita tardività della doglianza avanzata in merito al gravato parere istruttorio del 14 settembre 2022, sia priva di pregio atteso che ciò che parte ricorrente censura non è la tardività in sé del parere emanato dal Ministero della Cultura, ma il fatto che tale parere sia stato ritenuto dotato di una propria efficacia ai fini del successivo dipanarsi dell'iter procedimentale da parte del MASE. 2.2. La doglianza è comunque infondata. 2.2.1. La fattispecie in esame, nel cui ambito si è determinata una situazione di tardiva emanazione del parere emanato dal MIC è governata da una disposizione di legge speciale rappresentata dall'art. 25 del D.lgs. n. 152 del 2006 che, al comma 2-quater prevede che: "... In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del Ministero della transizione ecologica ovvero in caso di ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell'art. 2 della legge n. 241 del 1990, provvede al rilascio degli atti di relativa competenza entro i successivi trenta giorni". La previsione di siffatta disposizione, specifica per la procedura in esame, preclude con ogni evidenza l'operatività del meccanismo del silenzio-assenso disciplinata dall'art. 17 bis della legge 241/90, come condivisibilmente osservato dalla giurisprudenza che ha recentemente evidenziato che "la previsione di poteri sostitutivi ai sensi dell'art. 25 co. 2 quater d.lgs. 152/2006 esclude la formazione del silenzio assenso orizzontale ex art. 17-bis l. 241/1990". (Tar Sicilia, Sez. V., ord. n. 40/2024). Tale opzione ermeneutica è condivisa da questo Collegio in ragione della dirimente considerazione che ove si ritenesse applicabile, anche nell'ambito sopra richiamato, l'operatività del "silenzio assenso orizzontale", la chiara scelta del legislatore di introdurre una fattispecie di silenzio devolutivo per scongiurare eventuali situazioni di stallo procedimentale verrebbe posta nel nulla. In altri termini, il legislatore ha ritenuto che l'individuazione di una specifica modalità di risoluzione di eventuali ingiustificati ritardi nella definizione delle istanze rappresentasse un appropriato punto di sintesi ed equilibrio nell'ambito di un settore governato, da un lato, da eminenti esigenze di concentrazione e snellezza procedurale e, dall'altro, però, dalla necessità di un governo consapevole e oculato dei molteplici interessi sensibili coinvolti. 2.2.2. Tale disposizione, peraltro, appare coerente con le peculiarità proprie della materia delle autorizzazioni ambientali, in relazione alle quali è stato evidenziato il contrasto tra la previsione normativa del silenzio assenso ed i principi comunitari, che impongono l'esplicitazione delle ragioni della compatibilità ambientale del progetto (cfr. Cons. Stato, V, 25-8-2008, n. 4058; Cons. Stato, sez. IV, sent 13.10.2015, n° 4712). In particolare, gli artt. 8, 8-bis e 9 della Direttiva Europea n. 92/2011 militano nel senso di ritenere necessario un atto espresso in materia di autorizzazione di impatto ambientale anche per quanto concerne pareri o simili atti richiesti ad autorità diverse da quella procedente, prescrivendo che i risultati delle consultazioni e delle informazioni raccolte nel procedimento siano tenute in debita considerazione. In coerenza con tale approccio si è osservato che "pur tenendo conto dei commi 2 e 3 del predetto art. 17 bis L. n. 241/1990, nella parte in cui prevedono che il concerto si intende acquisito dopo il decorso di 90 giorni, anche se l'Amministrazione concertata è preposta alla tutela ambientale e paesaggistica, nella specie potrebbe trovare applicazione il comma 4 dello stesso art. 17 bis L. n. 241/1990, ai sensi del quale "le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione Europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi", tenuto conto degli artt. 8, 8 bis e 9 della Direttiva Europea n. 92/2011" (così, in modo condivisibile, di recente, Tar Basilicata - ord. ord. n. 22/2024). 2.2.3. In definitiva, ritiene il Collegio che la rilevanza eurounitaria della disciplina in discorso abbia indotto il legislatore nazionale a introdurre, nel contesto dei procedimenti di valutazione ambientale di progetti compresi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, caratterizzati da un iter snello e da particolari esigenze di celerità, un potere sostitutivo di carattere speciale, rendendo applicabile tale disciplina, inerente al silenzio - devolutivo, in luogo del meccanismo del silenzio-assenso di cui al citato art. 17-bis. Ciò al fine di coniugare, come detto, le esigenze di celerità del procedimento con quelle di salvaguardia di interessi di particolare rilievo, quali quelli di carattere paesaggistico e culturale. 3. Con il secondo dei motivi aggiunti la ricorrente contesta l'illegittimità del diniego di VIA (e del diniego di riesame) per avere, l'Amministrazione emanante, omesso di considerare che l'impianto sarà realizzato in area idonea ai sensi dell'art. 20 comma 8 lett. b) del D.lgs. n. 199/2021, con conseguente qualificazione del parere del MiC, parzialmente negativo, quale non vincolante ai sensi dell'art. 22 comma 1 lett. a) del D.lgs. n. 199/2021. A sostegno della propria doglianza parte ricorrente, come è stato rammentato nella parte in Fatto, adduce, in particolare, la circostanza che l'area in oggetto sarebbe ricompresa tra le "aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152". Ciò in quanto l'impianto progettato ricade come detto nell'agglomerato industriale di Ma. il quale, insieme all'Area Industriale di (omissis), all'Area Industriale di (omissis), all'Agglomerato Industriale di Portovesme, all'Agglomerato Industriale di Sa. e all'Agglomerato Industriale di Ma. ricadono all'interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale (SIN) Sulcis-Iglesiente-Guspinese, istituito con il D.M. n. 468/2001, come riconosciuto dallo stesso MIC nella nota del 2.2.2024 (prot. 3859_2024). Tale Ente, tuttavia, come si ricava dagli atti e come riconosciuto dalla stessa società ricorrente, si spingeva ad osservare che le aree d'intervento "non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente", così concludendo per l'inidoneità dell'area, ma con una valutazione che, a parere di parte ricorrente, eccederebbe le proprie competenze, attenendo a temi ambientali (e non paesaggistici o archeologici) che avrebbero dovuto essere vagliati dal MASE in via autonoma. 3.1. Tale ricostruzione non può essere tuttavia condivisa, con la conseguenza che anche tale motivo - cruciale, invero, nella economia del giudizio - va respinto, per le ragioni che seguono. In particolare va osservato, alla stregua di quanto già affermato da questo Tribunale nella sentenza n. 22/2024, che il MASE correttamente ha rimesso la questione circa la valutazione dell'idoneità dell'area - o meno - ai sensi del comma 8 dell'art. 20 del D.lgs. n. 199/2021, al MiC, in quanto "alla luce di un parere negativo del MIC particolarmente articolato, è l'autorità tutoria competente a dover evidenziare eventuali profili che conducano a ritenere l'area come non idonea, non rientrando nelle ipotesi ex lege individuate dall'art. 20 comma 8 D.lgs. n. 199/2021 con valutazione espressa che, eventualmente, la ricorrente potrà contestare", senza che a tal fine incida la distinzione tra temi strettamente "ambientali" e quelli afferenti ai beni culturali e paesaggistici, anche per quanto di seguito esposto. Ciò è confermato anche da una recente pronuncia del Tar Puglia - Bari n. 1151/2023 secondo cui: "Ferma restando la classificazione dell'area di impianto come non compresa in area definita idonea, ai sensi del D. Lgs. n. 199/2021, per la presenza di beni tutelati ai sensi della Parte Il del D.Lgs. n. 42/2004, nonché la natura obbligatoria del parere espresso dal MiC, si evidenzia che tale inquadramento non può essere effettuato in via autonoma dal MASE su aspetti di stretta competenza del MiC. In altre parole, contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, il MASE non può autonomamente sovvertire né l'analisi degli impatti sul paesaggio e sul patrimonio culturale effettuati dal MiC, né il conseguente inquadramento dell'area in termini di "idoneità " o "non idoneità " effettuato da quest'ultimo". 3.2. Ciò posto, va rilevato a ogni modo che la valutazione tecnico - paesaggistica operata dalla Soprintendenza speciale PNRR col parere del 14.9.2022 e recepita dal Decreto del MASE risulta adeguatamente motivata e immune da travisamenti in punto di fatto e da vizi di manifesta arbitrarietà o illogicità, profili, questi, all'interno dei quali detta valutazione potrebbe essere assoggettata al sindacato di questo Giudice amministrativo. Osserva, infatti, il Collegio che la normativa prevede che la idoneità dell'area ai sensi dell'art. 20 co. 8 lett. b) del D.lgs. n. 199/2021 discende dalla sua qualificazione quale area "dei siti oggetto di bonifica individuati ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152". La ricorrente sostiene che proprio la formulazione letterale della norma imporrebbe un richiamo ampio alle norme in materia di bonifica, cosicché la mera localizzazione dell'impianto in un'"area SIN", unitamente alla circostanza per cui sarebbe stata avviata in relazione all'area in oggetto la procedura di caratterizzazione, sarebbe sufficiente a ritenere l'area localizzata in area idonea "ex lege" ai sensi della menzionata lett. b). Il Collegio non ritiene, tuttavia, condivisibile tale tesi. La caratterizzazione è infatti definita dall'Allegato 2 alla Parte IV - Titolo V del Testo Unico Ambiente, secondo cui "la caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l'insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del sito". In particolare, continua l'Allegato in premessa, "per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l'intero processo costituito dalle seguenti fasi: 1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito. 2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee. 3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti. 4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee. 5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo. 6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si rendessero successivamente necessari a seguito dell'analisi di rischio-calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato". Alla luce di quanto sopra si rileva che al mero avvio della fase di caratterizzazione non segue necessariamente l'espletamento di attività di messa in sicurezza e/o di bonifica, non essendo ancora stata acclarata l'effettiva compromissione del sito dal punto di vista ambientale e/o sanitario. Ciò lo si desume anche dalle definizioni contenute nell'art. 240 del T.U. Ambiente, laddove si definisce alla lett. d) il sito potenzialmente contaminato quale "sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)". Tali CSR sono ulteriormente definite dal medesimo articolo alla lett. c) quali "i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica... e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica...". È, dunque, la presenza di tali CSR a determinare la contaminazione del sito a un livello tale per cui si rendono necessarie la messa in sicurezza e la bonifica dell'area. Pertanto, la caratterizzazione ambientale del sito solo latamente può essere ricompresa tra le fasi del procedimento di bonifica, essendo volta alla verifica preliminare della presenza di una concentrazione di sostanze inquinanti tale da ritenere l'area compromessa dal punto di vista ambientale e quindi da sottoporre a interventi di messa in sicurezza permanente e/o di bonifica in senso stretto. Tale circostanza induce il Collegio a ritenere che, nella materia di cui trattasi, il mero avvio, come nel caso di specie, di una procedura di caratterizzazione ambientale del sito non sia sufficiente a ritenere l'area compresa tra "i siti oggetto di bonifica" ai sensi della lett. b) dell'art. 20, disposizione che, nel definire una tale area idonea "ex lege" senza ulteriori precisazioni, evidentemente presuppone che sia già stata accertata la compromissione dell'area (comprese quella denominata "SIN") dal punto di vista ambientale. In altri termini, nello specifico contesto delle aree idonee ex art. 20 comma 8 lett. b) si impone una interpretazione letterale e, dunque, non estensiva del concetto di "aree dei siti oggetto di bonifica ai sensi del Titolo V, Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152" soprattutto alla luce del fatto che la qualificazione di aree come quella in esame come idonee ai sensi della lett. b) determinerebbe, anche in forza del confronto con quanto prescritto per le successive lettere, la natura recessiva delle esigenze di tutela inerenti ai beni culturali e paesaggistici - che, infatti, non vengono richiamati -, il che induce anche a ritenere che non vi sia alcuna incompetenza del MiC nella valutazione dell'idoneità dell'area anche ai sensi della lett. b). Ciò impone di ritenere che tale rilievo recessivo sia limitato ai soli casi in cui la compromissione dell'area dal punto di vista ambientale, a causa di una concentrazione di sostanze inquinanti al di sopra della soglia dei livelli CSR, sia stata effettivamente acclarata (e non sia, dunque, meramente potenziale) alla luce, quanto meno, della concreta assoggettabilità dell'area stessa a procedure di messa in sicurezza e/o bonifica già approvate. Peraltro, e in senso dirimente, va soggiunto che, come si ricava dagli atti, è lo stesso proponente a dichiarare che "le aree interessate dalla realizzazione del progetto in esame non rientrano tra quelle soggette a bonifica e/o Messa in Sicurezza permanente (...)". Né varrebbe a superare tale considerazione la disposizione dell'art. 242 ter del T.U. Ambiente, il quale, invece, al contrario, presuppone che sia stato dato quantomeno avvio all'esecuzione delle opere di bonifica e, quindi, necessariamente presuppone la conclusione della fase preliminare di caratterizzazione. 4. Di conseguenza, anche il terzo motivo, con cui la ricorrente si duole, in sintesi estrema, del fatto che il MASE abbia adottato un provvedimento di VIA parzialmente negativo e abbia denegato il riesame senza svolgere un'autonoma valutazione sul progetto e, nella sostanza, abbia recepito in maniera acritica il diniego del MiC è infondato e va respinto, dal momento che l'esclusione dell'area di impianto dalla categoria delle aree idonee ex art. 20 comma 8 lett. b) esclude la possibilità per il MASE di ritenere non vincolante il parere del MiC e, quindi, la possibilità di effettuare un'autonoma valutazione di impatto ambientale del progetto. 5. In subordine, col quarto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che l'area di progetto debba essere considerata idonea, sì che gli atti impugnati dovrebbero reputarsi illegittimi poiché tale idoneità è stata ricusata, dal momento che l'impianto sarebbe localizzato in area industriale ai sensi del Piano Urbanistico Comunale del Comune di (omissis) e del Piano Regolatore dell'Area di Sviluppo Industriale di Cagliari, con la conseguenza che la non idoneità sancita dalla Delibera di Giunta Regionale n. 59/90 del 27.11.2020 (per l'interferenza con un corso d'acqua) dovrebbe ritenersi comunque superata dall'art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, il quale prevede che "nella definizione delle aree idonee [...] sono privilegiate le aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica", e dal DM del 10.9.2010 in relazione alle aree c.d. brownfield, tra cui rientrano i siti industriali. 5.1. Anche tale motivo è infondato dal momento che, come rilevato dall'Amministrazione resistente in memoria, la destinazione urbanistica dell'area ai sensi del Puc del Comune di (omissis) non può dirsi dirimente in quanto lo stesso Piano urbanistico comunale (al pari del Piano Regolatore dell'Area di Sviluppo Industriale di Cagliari) non è stato adeguato al Piano Paesaggistico Regionale. Con la conseguenza che assumerebbero allora rilevanza, anche ai sensi del D.M. 10.09.2010 (Allegato 3 - par. 17 lett. f), la non idoneità dell'area sancita dalla normativa regionale in attuazione del PPR (D.G.R. n. 59/90 del 27/11/2020 in relazione ai beni tutelati ex artt. 142 comma 1 lett. c del D.lgs. n. 42/2004 e 17 comma 3 lett. h delle NTA al PPR) ai fini della inidoneità delle aree indicate dal parere (sul punto, contrario) del MiC per la vicinanza con beni paesaggistici tutelati (e, in particolare, con i corsi d'acqua citati nel parere del MiC del 14/09/2022). Né, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, l'idoneità dell'area "ex lege" (al di là della motivazione fornita sul punto dal MiC) potrebbe essere affermata alla luce del dettato del citato art. 20, co. 8, lett. c ter), n. 1, norma che qualifica idonee "esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: 1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere". Tale idoneità, infatti, a prescindere dalla qualificazione dell'area di progetto interessata come agricola o industriale, comunque richiede l'assenza di vincoli di cui alla parte II del d.lgs. n. 42/2004 in relazione ai beni culturali, le cui esigenze di tutela sono state invece accertate positivamente dal parere del MiC del 14/09/2022 (sulla scorta di quanto precedentemente evidenziato dalla Soprintendenza SABAP -archeologica, belle arti e paesaggio della città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, che aveva anche prescritto la realizzazione di saggi archeologici preliminari). Al riguardo il Collegio rileva che il MiC (quanto alle aree ricomprese nel Lotto A - UR 1 e C - UR (7) per una parte), nel predetto parere aveva già dato atto del fatto che il Piano operativo di saggi archeologici preventivi già approvato dalla SABAP per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna non era stato attuato dal Proponente e che, pertanto, le aree a rischio archeologico da indagarsi secondo tale Piano non potevano "essere oggetto allo stato attuale di modificazioni tali da poter costituire anche solo un eventuale danno alla conservazione e alla tutela del patrimonio archeologico". Inoltre, il medesimo parere richiama la necessità di tutela del patrimonio culturale di cui alla parte II del D.lgs. n. 42/2004, "la cui presenza in materia di beni archeologici è documentata nelle aree interessate dal progetto di cui trattasi come indicato nei pareri endoprocedimentali della competente Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio come sopra integralmente riportati". Per le medesime ragioni, e a prescindere dalla loro esatta qualificazione, le aree di progetto non possono essere ricomprese neanche nel n. 2 della lett. c-ter) dell'art. 20 comma 8 del d.lgs. n. 199/2021, disposizione che sancisce l'idoneità delle "2) aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall'articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento". Ciò in quanto l'area (per cui è stata coerentemente negata la compatibilità ambientale) è interessata dai medesimi vincoli culturali sopra citati ai sensi della parte II del D.lgs. n. 42/2004. 5.2. Quanto detto sopra determina l'infondatezza anche delle censure mosse dalla ricorrente avverso la nota del MiC datata 1° marzo 2024, atto secondo il quale l'area di impianto (già stralciata dal parere negativo del MiC impugnato con il ricorso introduttivo) non può ritenersi idonea ai sensi dell'art. 20 co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 a fronte dell'intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico dell'immobile denominato "Nuraghe in località (omissis)". Secondo la ricorrente, in particolare, la distanza dell'impianto inferiore a 500 metri "rispetto al perimetro esterno dell'area vincolata ai sensi della Parte II del D.Lgs. n. 42 del 2004" inciderebbe solamente in relazione all'ipotesi di idoneità prevista dalla lett. c-quater, mentre non rileverebbe rispetto alle aree idonee ai sensi delle lettere b e c-ter, in cui sarebbe localizzato, in tutto o in parte, l'impianto." 5.2.1. Tale impostazione non può essere condivisa. Si è, infatti, già osservato come la localizzazione dell'impianto in area idonea ai sensi delle lettere b e c-ter dell'art. 20 co. 8 sia stata legittimamente esclusa dal Ministero competente (e dal successivo Decreto Via n. 3/2024), con motivazione secondo questo Collegio adeguata. 6. Una volta acclarata la non riconducibilità dell'area di progetto alle aree idonee "ex lege" ai sensi dell'art. 20 co. 8 del D.lgs. n. 199/2021 occorre esaminare i restanti motivi di gravame proposti anche alla luce della natura discrezionale della valutazione di impatto ambientale. In via ulteriormente subordinata, infatti, la PV Ic. S.r.l. ha impugnato il provvedimento di VIA e il diniego di riesame datato 1° marzo 2024 per illegittimità derivata, nella parte in cui è stata imposta l'osservanza delle condizioni prescritte dal MIC con il parere 3380-P del 14.9.2022, già gravate con il ricorso introduttivo. A tale proposito la società ripropone i motivi di gravame già rivolti avverso il predetto parere negativo, i quali devono essere esaminati singolarmente. 6.1. Quanto al primo motivo, concernente l'omessa comunicazione di preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10-bis della l. 241/1990, osserva il Collegio che tale comunicazione è esclusa espressamente dal dato normativo per i procedimenti di valutazione di Impatto Ambientale. L'art. 6 comma 10-bis del D.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce, infatti, che "Ai procedimenti di cui ai commi 6, 7 e 9 del presente articolo, nonché all'articolo 28, non si applica quanto previsto dall'art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241", e i commi 6 e 7 si riferiscono, appunto, ai procedimenti di valutazione di Impatto Ambientale. 6.2. Con un ulteriore e articolato motivo la società ricorrente deduce l'illegittimità del parere del MiC del 14/9/2022 e, in via derivata, del Decreto del MASE n. 3/2024 per difetto di motivazione, avendo gli atti stessi, in tesi, omesso di considerare elementi dirimenti ai fini del rilascio di un provvedimento favorevole di compatibilità ambientale: ciò, in relazione all'onere di motivazione rafforzata derivante dalle posizioni espresse dagli altri soggetti coinvolti nel procedimento. 6.2.1. Anche tale motivo è infondato e va respinto. In proposito va premesso, infatti, che per principio giurisprudenziale pacifico le scelte compiute dall'Amministrazione in tema di VIA "sono scelte tecniche espressione di ampia discrezionalità ; come tali non sono sindacabili dal Giudice amministrativo, se non in casi di esito abnorme o manifestamente illogico, esito che secondo logica deve essere dimostrato da chi le contesta" (v., "ex multis", Consiglio di Stato, n. 4199/2021, n. 1392/2017 e, da ultimo, n. 6947/2024). Dunque, se è pur vero che l'esistenza di un vincolo culturale e/o paesaggistico non può essere considerata elemento di per sé impeditivo della compatibilità ambientale, è anche vero che la valutazione operata sul punto dalla amministrazione è censurabile solo per vizi macroscopici, i quali non si ritengono presenti nel caso di specie. Il parere reso dal Mic in data 14/9/2022, infatti, appare sorretto da una motivazione adeguata, espressa alla luce di una istruttoria approfondita anche in ragione delle posizioni espresse dalle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento (e, in particolare, dalla Soprintendenza SABAP della Città metropolitana di Cagliari e Province di Oristano e Sud Sardegna). Nello specifico, in riferimento alla carenza di motivazione circa l'inidoneità dell'area ai sensi dell'art. 20 comma 8 del D.lgs. n. 199/2021 si rileva che la motivazione stessa risulta essere stata integrata in ottemperanza a quanto statuito con la sentenza di questo Tribunale n. 22/2024. Quanto, poi, all'onere di motivazione rafforzata, lo stesso nel caso di specie ben può dirsi assolto in quanto, in realtà, come emerge dalla lettura del parere stesso, il MiC - Soprintendenza speciale PNRR ha preso in considerazione i pareri precedentemente espressi dalla Soprintendenza SABAP e dalla Commissione Tecnica PNRR-PNIEC dichiarando, tuttavia, motivatamente, alla luce della normativa vigente e delle esigenze di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di non condividerli per quanto attiene alle parti di progetto interessate dai vincoli medesimi. Vincoli che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, come risulta in atti non lambivano "marginalmente" l'area progettuale ma la coinvolgevano per circa un terzo della sua estensione. Ciò vale anche in relazione alla motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione del progetto, dal momento che il predetto parere del MiC, attraverso il richiamo della normativa pertinente, mostra di aver tenuto in considerazione il "favor" legislativo per la massima diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili, ed è alla luce di tale normativa che ha espresso la propria valutazione in ordine al progetto presentato dalla società ricorrente, esprimendo parere contrario per quella parte di progetto che rappresentava l'esigenza di tutelare altrettanti interessi pubblici relativi alla protezione del patrimonio culturale e del paesaggio. Dunque, alcuna omissione motivazionale può essere censurata. 6.3. La ricorrente ha, infine, criticato le valutazioni di merito espresse nel parere istruttorio del Ministero della Cultura - Soprintendenza speciale PNRR deducendo violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004, violazione del principio di legalità, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere per illogicità e irrazionalità dell'azione amministrativa, violazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e del d.m. 10.9.2010, del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e della direttiva n. 2009/28/CE. 6.3.1. Osserva preliminarmente il Collegio che la giurisprudenza ha da tempo evidenziato che il sindacato giurisdizionale amministrativo sugli apprezzamenti tecnici dell'Amministrazione può ben svolgersi attraverso la verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni compiute da quest'ultima, sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo. Tuttavia, la giurisprudenza ha anche precisato che il controllo del Giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto "ab extrinseco", nei limiti cioè della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità dell'azione amministrativa. Soprattutto, tale verifica giudiziale non può essere finalizzata alla sostituzione dell'Amministrazione emanante nelle valutazioni compiute (cfr. negli esatti termini, Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte cost., 3 marzo 2011, n. 175, dal p. 3.; Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871). Fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, in sede di giurisdizione generale di legittimità può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (Cons. Stato, Sez. VI, 27 maggio 2021, n. 4096; Sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145; Sez. VI, 16 giugno 2020, n. 3885; Sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903; Sez. VI, 24 agosto 2018, n. 5049; T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21.03.2022, n. 269 e, più di recente, TAR Lazio III^ 31.1.2023 n° 1749). 6.3.2. Nel caso di specie, tuttavia, l'operato dell'Amministrazione appare immune da tali evidenti aporie logiche, da travisamenti fattuali o deficit istruttori, non potendo la funzione giurisdizionale estendersi fino ad operare - giova forse ribadirlo - un vaglio sostitutivo degli apprezzamenti tecnici effettuati dall'amministrazione a ciò preposta. Il Collegio ritiene a tale proposito sufficiente osservare che la Soprintendenza PNRR, nell'ambito dell'esplicazione delle proprie prerogative tutorie ha preso posizione in modo esplicito sulle varie questioni sollevate, evidenziando che l'incidenza dell'intervento proposto sulle fasce di tutela paesaggistica rappresentava elemento idoneo a compromettere gli standard di salvaguardia paesaggistica dell'area, andandosi a sostituire a tale contesto naturale la realizzazione di opere a carattere industriale, così violando i vincoli di cui all'art. 142 comma 1 lett. c) del D.Lgs n° 42 del 2004 e all'art. 17, comma 3, lett. h) delle norme tecniche di attuazione del PPR. L'organo tutorio ha, inoltre, espressamente formulato un giudizio di non condivisione in merito alla posizione assunta dalla Commissione Tecnica PNRR-PNEC nel parere n° 37 del 3 agosto 2022, articolando sul punto compiute argomentazioni corredate anche da planimetrie e documentazione fotografica (v. da pag. 26 del parere 14.9.2022) che rendono, sul punto, il giudizio espresso immune da profili evidenti di inattendibilità e irragionevolezza. Le superiori considerazioni valgono anche a conf(omissis)re gli ulteriori specifici profili di censura afferenti alla affermata compatibilità del progetto rispetto al Piano Paesaggistico Regionale e al fatto che il sito in cui è prevista la realizzazione del campo fotovoltaico risulterebbe estraneo ad aree sottoposte a specifici vincoli di protezione ambientale, collocandosi al di fuori del loro perimetro di definizione; La Soprintendenza ha anche evidenziato, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, che le aree interessate dal progetto sono ancora utilizzate pienamente con funzione agricolo - agroforestale "con campi che si distendono in maglie regolari tra i diversi rami dell'infrastruttura idraulica, ovvero allo stato ancora naturale, benché inserite da molti decenni nella Zona Industriale di Ma.", regolata urbanisticamente dallo specifico Piano Regolatore Territoriale dell'Area di Sviluppo Industriale di Cagliari non adeguato al Piano Paesaggistico Regionale e dunque governato da strumenti di pianificazione che non considerano i livelli di tutela paesaggistica definiti dal D.Lgs 42/2004. 6.3.3. In definitiva, il quadro sopra delineato offre evidenza della legittimità e correttezza dell'operato delle amministrazioni resistenti che hanno concluso formulando una pronuncia di compatibilità ambientale parzialmente sfavorevole alla società ricorrente. Le questioni vagliate sopra sono idonee ad esaurire la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: "ex plurimis", per le affermazioni più risalenti, v. Cass. civ., Sez. II, 22.3.1995, n. 3260, e per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16.5.2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19.1.2022, n. 339, Cons. Stato Sez. II, Sent. 14-10-2022, n. 8778), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sul punto, non pare superfluo richiamare anche il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "quando il provvedimento amministrativo è assistito da più motivazioni distinte e autonome, ciascuna delle quali idonea a sorreggerlo, la legittimità anche di una sola di esse è sufficiente a supportare l'intero provvedimento, con il corollario che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali, poiché l'eventuale illegittimità di queste altre motivazioni non può comunque portare al suo annullamento" (cfr., "ex plurimis", C.d.S., Sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 104; id., 27 ottobre 2022, n. 9161; id., 11 ottobre 2019, n. 6928; Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 63; id., 26 ottobre 2022, n. 9128; Sez. VII, 28 ottobre 2022, n. 9341; id., 12 settembre 2022, n. 7927; id. 17 agosto 2022, n. 7165; Sez. V, 13 giugno 2022, n. 4791; id., 3 marzo 2022, n. 1529; Sez. II, 17 agosto 2022, n. 7157; id., 18 febbraio 2020, n. 1240). 7. Per tutte le suesposte considerazioni il ricorso principale va dichiarato improcedibile per sopravven(omissis) carenza d'interesse, mentre i motivi aggiunti si rivelano infondati e dunque meritevoli di reiezione. 8. Nondimeno, la particolare complessità della vicenda induce il Collegio a compensare integralmente le spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e in parte lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente Gabriele Serra - Primo Referendario Roberto Montixi - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 72 del 2021, proposto da "Ba. e Bu. Ge. s.r.l.", rappresentata e difesa dall'avvocato Va. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Pa. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento (o la disapplicazione) del provvedimento di diniego della domanda presentata da "Ba. e Bu. Ge. srl" di partecipazione al bando territoriale "competitività per le m.p.m.i. del Monte Ac. e della Riviera di Ga. nei settori dei servizi al turismo, della ricettività e delle produzioni tipiche: (ni -t1)" di cui alla Determinazione 670/31 del 28 gennaio 2019 e determinazione n. 1850/97 del 4 marzo 2019 prot n. 7605 del 3 novembre 2020, notificata in data 5 novembre 2020, nonché, anche come atto presupposto, del provvedimento di "avvio della procedura di preavviso di rigetto della domanda presentata da "Ba. e Bu. Ge. Srl" (codice domanda sipes m_acuto_t1c-22) - fase valutazione tecnico economica finanziaria negativa" prot n. 3431 del 13 maggio 2020, e di ogni atto connesso o presupposto, antecedente, successivo - anche non conosciuto - a quelli sopra indicati, con conseguente riammissione della ricorrente alle successive fasi valutative. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Silvio Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con determinazione n. 1850/97 del 4 marzo 2019 la Regione Autonoma della Sardegna approvava il Bando Territoriale "Competitività per le MPMI del Monte Ac. e della Riviera di Gallura nei settori dei servizi al turismo, della ricettività e delle produzioni tipiche" per l'erogazione, a fondo perduto, di sovvenzioni al fine di aumentare la competitività di imprese micro, piccole e medie, attraverso il sostegno agli investimenti materiali e immateriali nei settori dei servizi al turismo e ricettività, ed in particolare dagli itinerari e percorsi di integrazione tra costa e interno, e delle produzioni tipiche. 2. L'art. 17 del predetto Bando disciplinava la procedura di valutazione delle domande. 2.1 In particolare la lex specialis della selezione prevedeva una procedura valutativa con istruttoria a sportello ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del D.Lgs. 123/98, nell'ordine cronologico di presentazione delle richieste secondo le modalità dettate all'art. 16. 3. Il procedimento di valutazione delle domande ammissibili, sempre ai sensi dell'art. 17 del bando, doveva concludersi entro 120 giorni dalla loro presa in carico, con possibilità di una sola richiesta di chiarimenti/integrazioni (sospensiva del termine dei 120 giorni per la conclusione del procedimento) che il proponente doveva riscontrare entro 20 giorni dalla ricezione. 4. Alla predetta procedura partecipava, tra le altre, la società "Ba. e Bu. Ge. s.r.l.", attualmente dedita alla consulenza tributaria per gli enti locali e all'attività di noleggio autoveicoli senza conducente che, in data 28 marzo 2019, presentava domanda di ammissione al finanziamento. 5. L'attività oggetto della richiesta finanziaria tendeva ad ampliare la gamma di servizi offerti dalla ricorrente estendendola a quello di attività ricettizia di affittacamere. La società, invero, proprietaria di un immobile sito nell'agro del Comune di (omissis), oggi destinato ad ufficio ed abitazione, intendeva utilizzare una parte del fabbricato esistente per l'avvio di attività alloggio extra alberghiero (affittacamere), previa effettuazione di alcuni interventi strutturali volti alla realizzazione di due nuove camere in aggiunta ad altre due camere con bagno già esistenti, per un totale di sei posti letto e con acquisto di servizi di supporto alle imprese turistiche. 6. L'importo complessivo del piano oggetto della richiesta di finanziamento ammontava ad euro 114.577,70. 7. In data 19 settembre 2019 la Regione Autonoma della Sardegna chiedeva alla richiedente società, ai sensi dell'art. 6, L. 241/1990 e ai fini della regolarizzazione della domanda, lo schema grafico illustrativo dell'assetto proprietario, comprensivo di partecipazioni a monte e/o valle, con assegnazione per l'adempimento di un termine di 10 giorni. 7.1 In un secondo momento, in data 29 ottobre 2019, sempre ai sensi dell'art. 6 della Legge 241/90, la stessa amministrazione regionale chiedeva alla richiedente la regolarizzazione dei seguenti ulteriori elementi (con assegnazione per l'esecuzione di un termine di 20 giorni): a. Bilancio di verifica (situazione economico patrimoniale) al 31.12.2016; b. Bilancio di verifica (situazione economico patrimoniale) al 31.12.2017; c. Bilancio d'esercizio al 31/12/2018 comprensivo di verbale di approvazione, ricevuta di presentazione e relativa situazione economico patrimoniale; d. Bilancio di verifica (stato patrimoniale e conto economico) al 31/07/2019; e. Unico 2019 (relativo ai redditi 2018) corredato dalla ricevuta di presentazione se disponibile; f. Preventivi relativi alle Progettazioni e alla Direzione dei lavori; g. Eventuale comunicazione di inizio lavori (MODELLO F-3), dei lavori edilizi oggetto del piano di investimento indicato in domanda, completa di ricevuta di presentazione al SUAPE; h. Titolo di disponibilità dell'immobile oggetto del programma proposto; i. Curriculum Vitae dei proponenti. 8. In entrambi i casi la società ricorrente provvedeva a riscontrare quanto richiesto dall'amministrazione regionale mediante caricamento dei documenti sul portale dedicato alla procedura di selezione. 9. In data 13 maggio 2020 la Regione Sarda notificava l'avviso di avvio della procedura di preavviso di rigetto della domanda presentata da "Ba. e Bu. Ge. s.r.l." assegnando un termine di 12 giorni per eventuali osservazioni scritte e per l'inoltro di documenti a difesa. 10. Malgrado la presentazione di tempestive illustrazioni il procedimento si concludeva con l'adozione dell'impugnata determinazione n. 925 del 3 novembre 2020 di diniego della domanda di contribuzione finanziaria presentata dalla società "Ba. e Bu. Ge. s.r.l.". 11, Con il ricorso in esame quest'ultima lamenta tuttavia l'illegittimità del provvedimento negativo adottato nei suoi confronti per i seguenti motivi: 1) Violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 5 del D.Lgs. 123/98 ed eccesso di potere per violazione dei canoni dell'efficacia e dell'economia dell'azione amministrativa - Violazione di legge per falsa ed errata applicazione dell'art. 12 della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per violazione del principio della trasparenza dell'azione amministrativa - Violazione della lex specialis della procedura - Violazione di legge per violazione dell'art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione: in quanto la scelta dell'amministrazione di optare per la procedura valutativa a sportello anziché a graduatoria, che avrebbe voluto sottendere l'esigenza di un'azione amministrativa connotata da particolare celerità, rivelerebbe in realtà la sua incongruenza e la sua illogicità in presenza di un procedimento conclusosi in realtà 15 mesi dopo la scadenza del termine di 120 giorni fissati dal Bando; 2) Violazione di legge (artt. 1 e 12 della Legge 241/1990), violazione di Legge (art. 97 Cost.), violazione della lex specialis, violazione dei canoni di certezza e ragionevolezza dell'operato della pubblica amministrazione, erronea valutazione dei fatti, falsità del presupposto, carenza di motivazione, violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione: in quanto non sarebbe adeguatamente soddisfatto l'obbligo dell'Amministrazione di assicurare una consequenzialità logica e motivazionale tra i presupposti contenuti nella legge di gara e il provvedimento finale, definendo in maniera chiara, non suscettibile di interpretazioni soggettive, i requisiti di ammissione. In particolare si sovrapporrebbero criteri di ammissibilità della domanda a criteri di valutazione tecnico-economico-finanziaria della stessa, introducendo un meccanismo che comporterebbe l'automatica esclusione delle imprese che non abbiano raggiunto la soglia minima di punteggio con riferimento alla adeguatezza e coerenza delle competenze possedute (ossia pregressa esperienza lavorativa rispetto alla specifica attività prevista dal piano); 3) Contraddittorietà tra le previsioni del bando, violazione del principio di trasparenza, violazione del principio di buona fede, violazione del divieto di disparità di trattamento: in quanto il Bando, contraddittoriamente, da un lato consentirebbe l'accesso ai fondi sia alle imprese già esistenti sia alle imprese di nuova costituzione e, dall'altro lato, farebbe assurgere a criterio escludente il requisito soggettivo della pregressa esperienza curriculare, che potrebbe evidentemente essere posseduto, secondo la tesi della ricorrente, solo dalle imprese esistenti. 4) Errore di valutazione, violazione del principio di buona amministrazione (art. 97 Cost.): in quanto la società ricorrente sarebbe in realtà in possesso di pregresse competenze professionali coerenti con il piano presentato; 5) Difetto di motivazione, illegittimità dell'atto presupposto e dell'atto conclusivo - Violazione di legge, art. 3, L. 241/1990 art. 10 - bis L. 241/1990 - art. 8 L. 241/1990: in quanto la genericità del preavviso di rigetto non consentirebbe di cogliere le ragioni del ritenuto mancato rispetto dei limiti minimi e massimi di valore del piano, impedendo così la corretta instaurazione del contraddittorio. Inoltre il preavviso non conterrebbe le prescrizioni richieste dall'art. 8, L. 241/1990 per la comunicazione di avvio del procedimento, con specifico riferimento all'indicazione dell'ufficio ove prendere visione degli atti ovvero delle modalità per l'accesso; 6) Difetto e carenza di motivazione dell'atto conclusivo: violazione di legge: art. 3 l. 241/1990 art 10 bis l. 241/1990 - Infondatezza dei rilievi della Regione: manifesta illogicità - Violazione del principio di trasparenza, del principio di favor partecipationis e del principio di efficacia e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Costituzione): in quanto il provvedimento impugnato non avrebbe tenuto conto delle argomentazioni contenute nelle osservazioni presentate nel contraddittorio procedimentale. In particolare l'amministrazione non avrebbe correttamente valutato che il piano di investimento non avrebbe determinato il superamento del limite di ammissibilità previsto dall'art. 13, punto 2, del Bando Territoriale, dovendosi tra l'altro, calcolare l'incremento del 25% sul valore del piano e non sulla quota del 60% e avendo l'Amministrazione erroneamente interpretato la nozione di "strutture e impianti"; 7) Violazione di legge, difetto di istruttoria, carenza di motivazione: in quanto l'attività istruttoria svolta dall'ente deputato all'esame delle domande di accesso al fondo non sarebbe stata esaustiva e, in relazione alla posizione della ricorrente, avrebbe condotto all'adozione di un provvedimento negativo privo di adeguata motivazione; 8) Violazione di legge (art. 2 - bis, L. 241/1990) - Violazione dei termini - Violazione del giusto procedimento, formazione del silenzio assenso, violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 5 del d.lgs. n. 123/98 ed eccesso di potere per violazione dei canoni dell'efficacia e dell'economia dell'azione amministrativa - Violazione di legge per falsa ed errata applicazione dell'art. 12 della Legge 241/90 ed eccesso di potere per violazione del principio della trasparenza dell'azione amministrativa - Violazione della lex specialis della procedura - Violazione di legge per falsa applicazione dell'art. 11, co. 1 e co. 5, del D. Lgs. 81/2008, violazione di legge per violazione dell'art. 97 della Costituzione ed eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione: in quanto in data 26 luglio 2019 si sarebbe formato l'assenso alla domanda proposta dall'odierna ricorrente che, quindi sarebbe divenuta titolare di un vero e proprio diritto soggettivo all'erogazione. 12. Di qui la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese. 13. Contestualmente alla domanda caducatoria la società "Ba. e Bu. Ge. s.r.l.", ove non si ritenesse formato il silenzio assenso, ha chiesto la condanna della Regione Sarda al risarcimento del danno da ritardo ai sensi dell'art. 2 - bis, comma 1, nella misura di Euro 34.304,96, avendo la società effettuato opere dopo la asserita formazione del silenzio-assenso e, in subordine, nella misura di Euro 35.550,00, ricavato dall'applicazione dell'importo percentuale del 45% che il Bando riconosceva come sostegno al progetto. 14. In via ulteriormente subordinata la ricorrente ha chiesto che la Regione Autonoma Sardegna sia condannata al pagamento dell'indennizzo previsto dall'art. 2 bis comma 2 L. 241/1990, nella misura massima ivi prevista ovvero di Euro 2.000,00. 14.1 In particolare chiede che tale importo sia comminato una prima volta in riferimento alla violazione dei termini di 120 giorni per la conclusione dell'iter amministrativo per l'adozione del provvedimento ed una seconda volta per la violazione dei termini di conclusione del procedimento amministrativo di cui agli artt. 8 e 10 - bis, L. 241/1990. 14.2 Oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla debenza al saldo. 15. Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio la Regione Autonoma della Sardegna che, dopo aver articolatamente replicato alle argomentazioni della ricorrente, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese. 16. In vista dell'udienza di trattazione le parti hanno depositato memorie con le quali hanno insistito nelle rispettive conclusioni. 17. Alla pubblica udienza del 24 settembre 2024, senza sentire i difensori delle parti, che hanno chiesto il passaggio in decisione senza discussione, la causa è stata posta in decisione. DIRITTO Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 1. E' anzitutto infondato il primo motivo di censura, relativo alla scelta dell'Amministrazione di optare per la procedura valutativa a sportello anziché a graduatoria: tale scelta, infatti, rientra nell'ambito della discrezionalità amministrativa, sindacabile in sede giurisdizionale solo in presenza di una figura sintomatica di eccesso di potere tipizzata dalla consolidata giurisprudenza formatasi in materia. 2. Nel caso in esame, in particolare, la ragionevolezza e l'adeguatezza della scelta dell'Amministrazione di ricorrere alla procedura valutativa con istruttoria a sportello risulta senz'altro confermata dall'art. 5, commi 2 e 5, del D.Lgvo 31 marzo 1998 n. 123, (richiamato dal bando) tenuto conto che le anzidette disposizioni prevedono che (comma 2) "La selezione delle iniziative ammissibili è effettuata mediante valutazione comparata, nell'ambito di specifiche graduatorie, sulla base di idonei parametri oggettivi predeterminati" e che (comma 5) "L'attività istruttoria è diretta a verificare il perseguimento degli obiettivi previsti dalle singole normative, la sussistenza dei requisiti soggettivi del richiedente, la tipologia del programma e il fine perseguito, la congruità delle spese sostenute. Qualora l'attività istruttoria presupponga anche la validità tecnica, economica e finanziaria dell'iniziativa, la stessa è svolta con particolare riferimento alla redditività, alle prospettive di mercato e al piano finanziario per la copertura del fabbisogno finanziario derivante dalla gestione, nonché la sua coerenza con gli obiettivi di sviluppo aziendale. A tale fine, ove i programmi siano volti a realizzare, ampliare o modificare impianti produttivi, sono utilizzati anche strumenti di simulazione dei bilanci e dei flussi finanziari dall'esercizio di avvio a quello di entrata a regime dell'iniziativa. Le attività istruttorie e le relative decisioni sono definite entro e non oltre sei mesi dalla data di presentazione della domanda". 3. Dunque anche la tipologia di selezione prescelta dall'amministrazione è senz'altro idonea a garantire l'accurata verifica a che le domande presentate soddisfino le finalità contributive sottese al Bando. 4. Né la legittimità di una scelta amministrativa può essere valutata, con un'inammissibile inversione logico-temporale, sulla base della condotta successivamente tenuta dall'Amministrazione. 5. In base al principio tempus regit actum il paradigma della legittimità di un atto è rappresentato dalle circostanze di fatto e di diritto sussistenti al momento della sua adozione, cosicché un provvedimento non può essere considerato illegittimo in via successiva e sopravvenuta per effetto di un comportamento dell'amministrazione ritenuto dilatorio e, come tale, in contrasto con le esigenze di celerità sottese a alla scelta procedimentale operata. 6. Di qui, pertanto, il rigetto del motivo. 7. Non merita accoglimento, per carenza di interesse, neanche la seconda censura, che si incentra sulla considerazione che l'art. 8.1 del Bando introdurrebbe un meccanismo tale da comportare l'automatica esclusione dei soggetti che non possiedono un determinato requisito soggettivo, in contrasto con l'elencazione delle cause soggettive di esclusione dal bando e, quindi, in violazione del principio della tassatività delle cause di esclusione immanente in materia di pubbliche gare. 8. L'Amministrazione, infatti, aveva ritenuto, in un primo momento, che la domanda di partecipazione della ricorrente fosse inammissibile per due motivi: a) in quanto l'impresa richiedente non aveva raggiunto la soglia minima di punteggio per il criterio adeguatezza e coerenza delle competenze possedute dal soggetto proponente ovvero pregressa esperienza lavorativa rispetto alla specifica attività prevista dal piano (art. 8, punto 1 del Bando Territoriale); b) per mancato rispetto dei limiti minimi e massimi di valore del piano, su cui è calcolato l'aiuto (art. 13 punto 2 e art. 11, punto 5 del Bando Territoriale). 9. A seguito delle argomentazioni prospettate dal ricorrente in sede di controdeduzioni, l'Amministrazione ha motivato la determina di diniego solo per il mancato rispetto dei limiti minimi e massimi di valore del piano. 10. L'Amministrazione regionale, dunque, a seguito del proficuo contraddittorio, ha mutato in parte l'assetto della determinazione da assumere e ha posto a base del provvedimento finale solo il mancato rispetto dei limiti minimi e massimi di valore del piano su cui è calcolato l'aiuto. 11. Ana rilievo può essere riferito al terzo e al quarto motivo di impugnazione, anch'essi riferiti all'art. 8.1 del Bando e dunque infondati per le stesse ragioni appena esposte. 12. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la genericità del contenuto del preavviso di rigetto che non avrebbe consentito di cogliere le ragioni del ritenuto mancato rispetto dei limiti minimi e massimi di valore del piano, impedendole così la corretta instaurazione del contraddittorio. 13. A questo proposito si rileva che, in realtà, come risulta dagli stessi atti prodotti dal ricorrente, il contradditorio si è pienamente svolto. A ben vedere, infatti, il preavviso di rigetto contiene tutte le ragioni risultanti dall'istruttoria ritenute dall'Amministrazione ostative all'accoglimento dell'istanza. 14. Si tratta, per quanto rileva, del mancato rispetto dei limiti minimi e massimi di valore del piano, su cui è calcolato l'aiuto, ai sensi dell'art. 13 punto 2 e dell'art. 11, punto 5 del Bando Territoriale. 15. In relazione a tale profilo la ricorrente ha esposto in modo chiaro e articolato le proprie ragioni procedendo in modo puntuale alla confutazione delle argomentazioni svolte dall'amministrazione. 16. Può dunque ritenersi che, nella sostanza, l'Amministrazione abbia correttamente garantito lo svolgimento di un corretto contraddittorio, secondo un approccio garantistico e non meramente formalistico, con conseguente rigetto della censura.. 17. Con il sesto motivo (erroneamente contraddistinto in ricorso con il numero 5) la ricorrente sostiene l'illegittimità del provvedimento finale per difetto di motivazione, manifesta illogicità, violazione del principio di trasparenza, del principio del favor partecipationis. Esso, infatti, non avrebbe tenuto conto delle argomentazioni contenute nelle osservazioni presentate nel contraddittorio procedimentale. 18. L'argomento non è fondato. 19. L'atto conclusivo del procedimento contiene una motivazione specifica che tiene conto di quanto esposto dal privato e motiva analiticamente le ragioni che impediscono l'accoglimento della domanda anche alla luce di tali osservazioni. 20. La domanda presentata dalla Società Ba. e Bu. Ge. S.r.l., invero, prevedeva un piano di investimenti pari a euro 114.557,70, con spese per investimenti produttivi per complessivi euro 102.557,70 (opere murarie ed assimilabili pari a euro 97.777,70 (ivi compresa, come da computo metrico, ivi comprese la fornitura e la posa inopera degli impianti generali quali l'impianto idrico ed elettrico), progettazioni e direzione lavori euro 4.800,00, nonché spese per servizi di supporto di euro 12.000,00). 21. Tale composizione del Piano di investimento determinava il superamento (85,33%) del limite di ammissibilità di cui all'art. 13, punto 2, del Bando Territoriale, secondo cui gli investimenti destinati alle opere murarie e assimilabili non potevano eccedere cumulativamente il 60% del valore del Piano su cui è calcolato l'aiuto (ossia euro 68.746,60). 22. Inoltre, come evidenzia correttamente la difesa regionale, riducendo progressivamente - in un'ottica di favor partecipationis - il valore ammissibile delle spese per opere murarie (e conseguentemente anche quelle relative ai servizi ammissibili nel limite del 30%), l'Istituto istruttore rilevava che il piano non raggiungeva il limite minimo di investimento pari a euro 15.000,00 stabilito dall'art. 11, comma 5, del Bando. 23. Sostiene la ricorrente che il valore dell'investimento nel piano proposto relativo ad opere murarie ed infrastrutture, benchè superiore al valore del piano richiesto dal bando, sarebbe stato ugualmente ammissibile in quanto la società, come già indicato nel progetto presentato e in sede procedimentale, aveva diritto di avvalersi dell'incremento del 25% previsto nel bando. 24. L'assunto non è condivisibile. L'art. 13, punto 2, del bando stabilisce che "gli investimenti destinati al risparmio energetico e produzione di energia da fonti rinnovabili e le spese per l'acquisto di immobili e/o le spese per opere murarie e infrastrutture non possono eccedere cumulativamente il 60% del valore del piano su cui è calcolato l'aiuto. Tale percentuale può essere incrementata di un ulteriore 25% se le ulteriori spese sono destinate alla realizzazione di servizi annessi delle strutture ricettive". 25. L'incremento del 25% va dunque calcolato "sulla percentuale del 60%" e non sul valore dell'investimento (60% dell'investimento + 25% del 60%), come vorrebbe la ricorrente. 26. In ogni caso, come osserva sul punto la difesa regionale, anche considerando l'incremento del 25% sul valore dell'intera piano la spesa massima consentita sarebbe pari ad euro 97.391 (85% di 114.577,7) mentre, come detto, quella dichiarata nel Computo metrico estimativo ammonta alla superiore cifra di euro 97.777,7. 27. Tanto è sufficiente al rigetto della censura anche a prescindere dall'ulteriore argomento sul quale si dilunga la ricorrente nelle sue argomentazioni difensive, contestando le affermazioni contenute (ad abuntantiam) nel provvedimento di diniego, e cioè che l'incremento del 25% rivendicato dalla proponente, da calcolarsi sull'ulteriore spesa da sostenersi per la realizzazione di servizi annessi delle strutture ricettive, non potrebbe comunque riconoscersi con riguardo ai servizi da essa indicati nelle controdeduzioni. 28. Si tratta, invero, per quanto sopra detto in ordine al calcolo dell'incremento, di un argomento non decisivo ai fini del buon esito del ricorso, e ciò consente al Collegio di prescindere - per carenza di interesse - dal suo esame. 29. Con il 7° motivo (erroneamente indicato come 6° ) la ricorrente contesta (nuovamente) il difetto di istruttoria lamentando che la società SFIRS, ente deputato all'istruttoria delle domande di accesso al fondo, non avrebbe compiutamente svolto la sua attività istruttoria. 30. La censura è tuttavia inammissibile per genericità, non avendo la ricorrente in alcun modo enunciato, nella presente cesura, sotto quale profilo la Relazione SFIRS trasmessa alla Regione risultasse inficiata da lacune suscettibili di pregiudicare la legittimità della valutazione di quest'ultima in ordine alla sua domanda di contribuzione finanziaria. 31. E' infondata, infine, l'affermazione della ricorrente secondo cui il decorso del tempo dal momento della presentazione della domanda avrebbe comportato la formazione del silenzio-assenso e il sorgere del suo diritto soggettivo all'erogazione del denaro. 32. L'art. 17 del Bando Territoriale stabilisce - per quanto qui rileva - quanto segue: "le domande ammissibili sono istruite in tempo utile perché possano essere rispettati i 120 (centoventi) giorni dalla data di presa in carico della domanda". 33. Orbene, in primo luogo è pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza che i termini di conclusione del procedimento, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 241 del 1990, hanno, di norma, natura ordinatoria salvo che la legge lo qualifichi eccezionalmente come perentorio o quando tale natura possa essere ricavata dalla loro "ratio" (cfr. Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 25.2.14, n. 10). 34. Nel caso di specie, il contenuto della disposizione invocata dalla ricorrente non evidenzia alcun elemento - testuale o interpretativo - da cui desumere una qualificazione di "perentorio" del termine assegnato, non potendo indurre a una tale conclusione l'argomento - di carattere generale enunciato dalla ricorrente - delle esigenze di celerità dell'azione amministrativa. 35. In ogni caso ad escludere che nel procedimento in esame il decorso dei 120 giorni determini in favore dell'istante la formazione del silenzio-assenso è il rilievo che la procedura di che trattasi è valutativa a sportello. 36. La stessa, quindi, non si basa affatto su una "mera valutazione della sussistenza o meno di requisiti il cui possesso rende astrattamente possibile attribuire il beneficio economico al terzo" ma, piuttosto, su un'attività di valutazione (sebbene a sportello) dei progetti presentati, volta alla verifica della sussistenza dei presupposti di legge richiesti per la concessione della contribuzione finanziaria; dal che discende la mancata applicabilità alla fattispecie in esame dell'istituto del silenzio assenso. 37. La domanda risarcitoria ai sensi dell'art. 2 - bis, comma 1, L. 241/1990, formulata dalla ricorrente, non merita accoglimento. 38. L'anzidetta disposizione recita testualmente: "Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento". 39. Orbene secondo l'orientamento tradizionale, condiviso anche da questo Tribunale (TAR Sardegna, Sezione I, n. 897 del 28 dicembre 2022) il danno da ritardo nell'adozione di un provvedimento amministrativo è risarcibile nei soli casi in cui l'amministrazione abbia riconosciuto che il privato aveva effettivamente diritto al richiesto provvedimento ampliativo, per cui la relativa azione risarcitoria presupporrebbe il rilascio -seppure in ritardo - del suddetto atto favorevole. 40. In ogni caso, anche a voler riconoscere un rilievo autonomo al danno da mero ritardo provvedimentale, a prescindere, cioè, dalla spettanza del bene della vita connesso al rilascio dell'atto favorevole, occorre che l'interessato, non si limiti all'allegazione del mero decorso del termine ma offra una puntuale dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2043 c.c e illustri di avere subito un danno a causa della incertezza in sé sull'esito finale della vicenda procedimentale, dimostrazione del tutto assente nel caso di specie. 41. Infine, anche la richiesta di condanna della Regione Autonoma della Sardegna al pagamento dell'indennizzo previsto dall'art. 2 - bis, comma 2, L. 241/1990 va respinta. 42. Va ricordato infatti che questo Tribunale ha avuto modo di affermare (T.a.r. Sardegna, Cagliari, Sez. I, n. 706 del 17 novembre 2017; 12 maggio 2016, n. 428) che ai fini dell'ottenimento dell'indennizzo da mero ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte previsto dall'art. 28 del d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla l. n. 98/2013 (che ha modificato l'art. 2 bis della L. n. 241/1990 con l'aggiunta del comma 1 bis), non occorre la dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale (prova del danno, del comportamento colposo o doloso della p.a.; del nesso di causalità ), essendo sufficiente il superamento del termine di conclusione del procedimento; tuttavia, ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento, l'istante, nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine entro il quale il procedimento si sarebbe dovuto concludere, deve ricorrere all'Autorità titolare del potere sostitutivo di cui all'art. 2, co. 9 bis, l. n. 241/1990, richiedendo l'emanazione del provvedimento non adottato (cfr. art. 28, co. 2, d.l. n. 69/2013). 43. In questo caso la ricorrente non ha adempiuto in alcun modo agli oneri previsti dalle disposizioni richiamate, con conseguente infondatezza della pretesa. 44. In conclusione, quindi, il ricorso deve essere rigettato. 45. Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Tito Aru - Presidente Jessica Bonetto - Consigliere Silvio Esposito - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 768 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentate e difese dall'avvocato Ri. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via (...); contro Ministero dell'Istruzione e del Merito e Liceo Classico Linguistico e Scienze Umane "-OMISSIS-" di -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti "pro tempore", rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria "ex lege" in Cagliari, via (...); Città Metropolitana di Cagliari, in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. Do. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Asl Cagliari, non costituitasi in giudizio; per l'annullamento del Verbale dell'Unità di Valutazione Territoriale (UVT) della ASL Cagliari - -OMISSIS-, del -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-, relativo alle misure di assistenza specialistica disposte per garantire la frequenza scolastica all'alunna disabile -OMISSIS-, in condizioni di sicurezza; - della nota di accompagnamento dell'Unità di Valutazione Territoriale (UVT) della ASL Cagliari - -OMISSIS-, del -OMISSIS-; - della nota provvedimentale della Città Metropolitana di Cagliari, a firma del dirigente del Servizio Istruzione, dott. -OMISSIS-, del -OMISSIS-, con la quale è stato comunicato come l'intervento richiesto non rientrerebbe tra gli obblighi dell'Ente e non avrebbe pertanto garantito l'assistenza; - ove occorrer possa, della nota del D.S. del Liceo "-OMISSIS-" di -OMISSIS- del -OMISSIS-, con la quale è stato comunicato che l'intervento richiesto non rientrerebbe tra quelli di competenza del personale scolastico; - e, in via in meramente subordinata, di tutti gli ulteriori atti adottati dalla Città Metropolitana di Cagliari, dall'ASL di Cagliari (e dai suoi organi territoriali) e dal Liceo Classico Linguistico e Scienze Umane "-OMISSIS-" di -OMISSIS- (e/o dagli organi del Ministero dell'Istruzione), anche impliciti e non conosciuti, inerenti il procedimento per l'attivazione del servizio di assistenza scolastica per l'effetto dei quali il servizio medesimo non è mai partito per il corrente anno scolastico (2023/2024), in favore dell'alunna disabile grave avente diritto; - di ogni atto presupposto, endoprocedimentale, connesso o conseguenziale; e per il risarcimento dei danni subiti e subendi; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Ministero dell'Istruzione e del Merito e Liceo Classico Linguistico e Scienze Umane "-OMISSIS-" di -OMISSIS-, e Città Metropolitana di Cagliari; ; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Roberto Montixi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente, in proprio e nella qualità di madre esercente la potestà genitoriale nei confronti della minore -OMISSIS-, ha impugnato le determinazioni, indicate in epigrafe, assunte dalle amministrazioni resistenti nell'ambito del procedimento di attivazione del servizio di assistenza scolastica funzionale a garantire alla medesima, portatrice di handicap in situazione di gravità, la frequenza scolastica in sicurezza. 2. Con nota del -OMISSIS- la ricorrente faceva istanza all'istituto scolastico, Liceo Classico, Linguistico e Scienze Umane "-OMISSIS-" di -OMISSIS-, affinché promuovesse una convocazione urgente dell'Unità di Valutazione Territoriale (UVT) al fine di verificare la situazione complessiva della figlia -portatrice di Handicap in situazione di gravità - e per valutare le specifiche esigenze atte a garantire la frequenza scolastica in condizioni di sicurezza. Alla richiesta di convocazione veniva allegata la pertinente documentazione medica. 3. In data -OMISSIS-, all'esito dell'analisi condotta, la Città metropolitana di Cagliari, che unitamente alla ASL ed all'istituto scolastico componeva il nucleo dell'UVT, si limitava ad offrire la disponibilità ad intervenire tramite la figura di un educatore e/o un operatore socio sanitario in affiancamento alla studentessa. 4. Con nota del -OMISSIS- parte ricorrente rappresentava, tuttavia, la necessità di veder invece garantita alla minore la presenza di una figura, costantemente presente durante la frequenza scolastica dell'alunna, abilitata alla somministrazione dei farmaci in coerenza con le prescrizioni mediche. 5. Con note del -OMISSIS- la Città metropolitana e l'Istituto scolastico riscontravano i solleciti all'uopo inoltrati da parte ricorrente evidenziando, la prima, che l'intervento infermieristico-sanitario richiesto esulava dagli obblighi imposti dalla normativa vigente all'amministrazione e, il secondo, che la somministrazione terapeutica di cui trattasi andava annoverata tra gli atti medico-infermieristici non di competenza del personale scolastico e che, comunque non era stato reperito, su base volontaria, personale disponibile all'espletamento di tali compiti, atteso che la figura dell'insegnante di sostegno era chiamata a svolgere una funzione esclusivamente didattica. 6. Avverso le risultanze del Verbale dell'Unità di Valutazione Territoriale del -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS- e avverso le posizioni assunte dalla Città metropolitana di Cagliari, dalla ASL di Cagliari - -OMISSIS- e dall'Istituto scolastico insorgeva parte ricorrente con due, articolati, motivi di gravame. 6.1. Con il primo motivo deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 34, 38 e 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 8, 12, 13 e 14 e della L. 104/1992; dell'art. 139 D.lgs. 112/98, della L.R. 2/2016 e della L.R. 9/2006; del D.lgs. 13 aprile 2017 n. 66 e dell'art. 3 della L. 241/90, oltre a perplessità della motivazione, violazione delle Linee Guida regionali, allegate alla Delibera di G. R. n. 50/40 del 8.10.2020 ed eccesso di potere per assenza dei presupposti giuridici e di fatto, perplessità e contraddittorietà della motivazione, contraddittorietà tra atti delle p.a., illogicità ed ingiustizia manifeste e disparità di trattamento. 6.1.1. Censurava parte ricorrente il verbale dell'UVT laddove lo stesso non prescrive in modo espresso che la figura individuata a supporto dell'alunna -assegnata dalla Città Metropolitana- debba essere presente durante tutta la sua frequenza scolastica, così come indicato nella certificazione specialistica, e sia figura idonea a garantire l'assistenza di cui necessita l'alunna avente diritto. 6.1.2. Con riguardo alla nota del -OMISSIS-, con la quale la Città Metropolitana aveva rappresentato come l'assistenza scolastica richiesta non fosse di propria competenza, parte ricorrente evidenziava come tale presa di posizione si rivelasse illegittima in quanto contrastante sia con quanto stabilito in modo vincolante in sede di UVT e sia con la normativa applicabile che prevede, nelle fattispecie all'esame dell'Unità in parola, la competenza di tale Ente locale. 6.2. Con un secondo motivo di doglianza, proposto in via subordinata, parte ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 34, 38 e 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 8, 12, 13 e 14 e della L. 104/1992; dell'art. 139 D.lgs. 112/98, della L.R. 2/2016 e della L.R. 9/2006; del D.lgs. 13 aprile 2017 n. 66 e dell'art. 3 della L. 241/90, oltre alla perplessità della motivazione; violazione delle Linee Guida regionali, allegate alla Delibera di G. R. n. 50/40 del 8.10.2020; eccesso di potere per assenza dei presupposti giuridici e di fatto; perplessità e contraddittorietà della motivazione; contraddittorietà tra atti delle p.a., illogicità ed ingiustizia manifeste; disparità di trattamento. 6.2.1. Rappresentava l'esponente che l'alunna, in base alle certificazioni specialistiche presentate, necessita del servizio di assistenza scolastica specialistica per poter frequentare la scuola (vedendo così tutelata "in primis" la sua salute) in condizioni di adeguatezza e sicurezza e, pertanto, anche laddove si ritenessero fondate le motivazioni contrarie della Città Metropolitana o delle altre amministrazioni resistenti che si dovevano fare carico del servizio, viene dedotta l'illegittimità di tutti gli atti amministrativi, anche impliciti, delle amministrazioni interessate dal procedimento che, nei fatti, hanno impedito la corretta erogazione del doveroso servizio pubblico di assistenza alla persona in ambito scolastico. 6.3. Parte ricorrente insta, inoltre, per la rifusione dei danni non patrimoniali patiti, riferibili sia alla minore che alla di lei madre. Ciò, avuto riguardo, da un lato, alla situazione di stress arrecato alla minore, che ha dovuto frequentare l'anno scolastico senza poter beneficiare del necessario servizio di assistenza indispensabile a salvaguardare adeguate condizioni di sicurezza durante le ore di presenza a scuola e, dall'altro, al pregiudizio sofferto dalla madre che per un lungo arco di tempo (dall'avvio dell'anno scolastico) si è vista costretta a dedicare tutte le sue mattine al fine di garantire l'assistenza (di emergenza) alla figlia durante l'intero orario di lezioni scolastiche. 7. Si sono costituiti in giudizio il Ministero e la Città Metropolitana di Cagliari, che hanno eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e hanno comunque instato per il rigetto del gravame. 8. Con Ordinanza cautelare del 24.11.2023 n° 275, questa Sezione ha evidenziato la necessità di procedere ad un riesame complessivo della situazione da parte dell'UVT che, previa riconvocazione, avrebbe dovuto adottare determinazioni concrete, tenendo in debito conto la necessità di garantire alla minore la frequentazione scolastica in sicurezza. 9. In esecuzione della sopra richiamata Ordinanza cautelare, in data -OMISSIS- si è tenuta una nuova seduta dell'Unità di Valutazione Territoriale nella quale l'ASL - Direzione del -OMISSIS- - dopo che l'ipotesi di gestire l'insorgere delle crisi attraverso un intervento a chiamata di un operatore sanitario dal presidio di -OMISSIS-, collocato a circa 300 metri dalla Scuola, era stata ritenuta non funzionale - ha proposto la figura dell'infermiere durante la frequenza scolastica della studentessa anche in turnazione per la copertura dell'orario scolastico. 10. Con istanza del 19 febbraio 2024 parte ricorrente ha rappresentato che le misure concretamente individuate dall'Unità di Valutazione Territoriale nel corso della riunione del 5 dicembre non erano state concretamente attuate e che a nulla erano valsi gli atti di sollecito inoltrati agli Enti preposti il 19 e 29 dicembre. 11. Con Ordinanza n° 75 dell'8 marzo 2024 questa Sezione ha, pertanto, statuito nel senso che, con le determinazioni assunte dall'Unità di Valutazione Territoriale nel corso della riunione del -OMISSIS- le amministrazioni coinvolte avessero individuato le misure concrete da attuare per garantire la sicura frequenza scolastica della minore, e che le misure stesse, nell'integrare il contenuto precettivo dell'ordinanza cautelare n° 275 del 2023, dovessero essere portate ad immediata esecuzione a salvaguardia della posizione della minore. 11.1. Alla luce di quanto sopra osservato il Collegio, ai sensi dell'art. 59 cpa, ha pertanto ordinato alla ASL di Cagliari, con l'eventuale supporto delle altre amministrazioni resistenti, di approntare ed attivare, entro e non oltre il 15 marzo 2024, il servizio di assistenza alla minore nei termini di cui al verbale redatto nel corso della riunione del -OMISSIS- dell'Unità di Valutazione Territoriale, con personale infermieristico all'uopo dedicato e modalità tali da garantire la regolare frequenza scolastica della minore in condizioni di sicurezza. 11.2. In tale occasione veniva, altresì, nominato, quale commissario "ad acta", il Direttore Generale della Sanità dell'Assessorato Regionale dell'Igiene e Sanità e Assistenza Sociale della R.A.S., deputato a porre in essere, ove infruttuosamente spirato il termine assegnato alle amministrazioni resistenti, gli atti necessari per l'attuazione della misura cautelare, compresa l'adozione dei pertinenti atti amministrativi, tecnici e contabili. 12. Con nota del 21 marzo 2024, constatata la mancata esecuzione delle misure attuative dell'ordinanza cautelare n. 275/2023, disposte con l'ordinanza n. 75/2024, parte ricorrente instava per l'insediamento del Commissario "ad acta". 13. A tale istanza faceva seguito la Determinazione RAS -OMISSIS- con la quale il Commissario "ad acta", tempestivamente insediatosi, assegnava apposita figura infermieristica, dipendente presso la Azienda Sanitaria Locale n. 8 di Cagliari, al servizio presso il Liceo classico, linguistico e scienze umane "-OMISSIS-" di -OMISSIS- al fine di garantire l'assistenza e la frequenza in sicurezza della studentessa minore nei giorni e durante gli orari di frequenza scolastica, a far data da lunedì 8 aprile 2024. 14. In vista dell'udienza di merito, la Città metropolitana di Cagliari e l'Istituto scolastico, alla luce delle sopravvenienze rappresentate dell'attivazione del servizio sanitario-infermieristico a cura della ASL hanno insistito per la declaratoria del proprio difetto di legittimazione passiva. 14.1. Con memorie conclusionali parte ricorrente ha insistito per l'accoglimento del ricorso e per la condanna al risarcimento dei danni delle amministrazioni intimate. 15. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 25 settembre 2024. DIRITTO 1. In via preliminare, evidenzia il Collegio come vada disattesa l'eccezione in rito formulata sia dalla Città Metropolitana di Cagliari che dal Ministero dell'Istruzione e Merito, nonché dall'Istituto scolastico "-OMISSIS-" concernente il proprio prospettato difetto di legittimazione passiva. 1.1. In realtà, parte ricorrente ha correttamente incardinato il contenzioso evocando in giudizio le componenti istituzionali coinvolte a vario titolo nell'analisi e nell'individuazione delle misure da adottare al fine di garantire all'alunna una frequentazione scolastica in sicurezza. D'altronde, le predette amministrazioni sono state debitamente coinvolte in fase di composizione dell'Unità di Valutazione Territoriale, il cui ruolo precipuo è quello di valutare, sotto un'ottica multidisciplinare, le necessità e le condizioni di una persona o di una famiglia all'interno di un contesto sociale; ciò al fine di fornire un adeguato sostegno e garantire l'erogazione dei necessari servizi. All'Unità è pertanto demandato un compito fondamentale nell'individuare e valutare le situazioni di fragilità, disagio o bisogno di assistenza all'interno di una comunità o di un territorio specifico. La corretta evocazione in giudizio delle controparti, pertanto, in una fattispecie del tutto peculiare quale quella in esame, non può essere valutata "ex post", a valle cioè del vaglio di tutte le emergenze di tipo tecnico-specialistico dalle quali scaturisce il più o meno marcato coinvolgimento di talune delle componenti che comunque sono chiamate ad una valutazione completa e multidimensionale delle esigenze delle persone coinvolte, funzionale all'individuazione delle più appropriate misure atte a garantire la fruizione dei diritti fondamentali della persona quali, nel caso che occupa il Collegio, il diritto allo studio. 2. Ciò premesso, e venendo adesso al merito, il Collegio ritiene che siano insorti i presupposti per la declaratoria della cessazione della materia del contendere, e ciò alla luce del fatto che l'impugnato verbale dell'UVT del -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS- e i correlati atti adottati risultano superati - in senso satisfattivo per la ricorrente - dalle risultanze del verbale del medesimo Organismo del -OMISSIS- nel quale, a seguito della proposizione del presente gravame e delle statuizioni di cui all'Ordinanza di questa Sezione n° 275 del 24.11.2023, l'UVT, e nello specifico la Direzione del -OMISSIS- ASL di Cagliari, ha proposto la figura dell'infermiere durante la frequenza scolastica della studentessa anche in turnazione per la copertura dell'orario scolastico. 2.1. Tale misura si pone, peraltro, in linea con la richiesta di parte ricorrente che già nel gravato verbale del -OMISSIS- aveva ribadito l'esigenza dell'approntamento di una assistenza infermieristica presente presso la sede scolastica durante tutte le ore di frequenza della studentessa. Precisa, peraltro, il Collegio che l'individuazione della soluzione assistenziale in questione non può essere relegata a una mera ottemperanza al "decisum cautelare" in quanto l'Ordinanza collegiale del 24.11.2023, n° 275, rimetteva un ampio margine valutativo alle varie amministrazioni coinvolte richiamandole ad un "riesame complessivo della situazione" e all'adozione delle determinazioni finalizzate ad una sicura frequenza scolastica della studentessa. Pertanto, la soluzione -seppur tardivamente- approntata dalla ASL rappresenta una sopravvenienza, non obbligata nel contenuto dal "decisum" cautelare, idonea a determinare una piena satisfattività della pretesa avanzata dalla parte ricorrente e, come tale, a condurre alla cessazione della materia del contendere, come previsto dall'art. 34, comma 5, del c.p.a. 2.2. Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che "la cessazione della materia del contendere ha luogo quando l'operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente coerente con l'interesse azionato ed è quindi necessaria conseguenza di un ulteriore provvedimento della pubblica amministrazione che interviene nel rapporto in contestazione." (v., "ex multis", Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 02/03/2021, n. 1787). 3. Con riferimento alla domanda risarcitoria avanzata dalla parte ricorrente, precisa preliminarmente il Collegio che la dichiarazione di cessazione della materia del contendere presuppone l'illegittimità dei provvedimenti impugnati e il riconoscimento della spettanza del bene della vita (conf., "ex plurimis", Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 11/10/2021, n. 6824). Ne consegue che l'illegittimità dei provvedimenti impugnati può essere desunta indirettamente dal riconoscimento della spettanza del bene della vita oggetto del giudizio da parte dell'Amministrazione. In altre parole, la declaratoria di cessazione della materia del contendere -per sua stessa natura- è essa già di per sé una pronuncia di merito idonea ad accertare il soddisfacimento della pretesa sostanziale dedotta in giudizio. Di conseguenza la parte, per poter proporre una successiva azione risarcitoria, non abbisogna di un'ulteriore indagine giudiziale sulla illegittimità degli atti, rinvenendosi il presupposto oggettivo della illiceità della condotta pubblica nell'accertamento implicito alla pronuncia in esame. 3.1. Chiarito quanto sopra, osserva il Collegio che le amministrazioni coinvolte non hanno, nell'ambito del procedimento in esame, operato una efficace presa in carico della problematica e, considerate le specificità del caso, le competenze ascritte a ciascuna componente istituzionale e le possibili soluzioni adottabili, non hanno operato in chiave proattiva per giungere al risultato finale che, in ogni caso, non poteva che essere quello di garantire l'assistenza di cui l'alunna necessitava per una frequenza scolastica in sicurezza e un esercizio adeguato del suo diritto allo studio. Già in fase cautelare questo Collegio, con l'Ordinanza del 24.11.2023 n° 275, aveva evidenziato la chiara spettanza in capo alla studentessa del diritto di partecipare in condizioni di sicurezza all'attività scolastica, precisando l'indefettibilità della predisposizione delle condizioni organizzative che consentissero, all'occorrenza, un sollecito e competente intervento di somministrazione del farmaco, in via endorettale o intramuscolare, entro pochi minuti dalla insorgenza della crisi convulsiva. Ciò cui si è assistito, invece, è una sequela di prese di posizioni che, nell'operare dei distinguo in ordine alle competenze spettanti a ciascuna amministrazione, hanno condotto ad una situazione protratta di stallo che ha di fatto arrecato un indubbio pregiudizio alla parte ricorrente. In definitiva, è risultato carente il momento di sintesi attuativa delle soluzioni da adottare affinché venisse garantita alla minore la presenza del personale abilitato a gestire l'eventuale insorgenza degli episodi epilettici e a provvedere alla tempestiva somministrazione del farmaco in coerenza con le prescrizioni di cui alla certificazione medica rilasciata dal prof. Cianchetti in data 30 giugno 2022. 3.2. Ciò posto, e avuto specifico riguardo ai profili di responsabilità risarcitoria, ritiene il Collegio che questi vadano ascritti, in definitiva, in capo all'ASL che, alla luce della documentazione medica risultava chiamata a garantire l'erogazione della prestazione medico infermieristica consistente nella somministrazione farmacologica di cui si è detto, la quale dovendo intervenire nell'immediatezza dell'episodio epilettico comportava una costante presenza di personale a ciò abilitato durante la frequenza scolastica. Sottolinea il Collegio come fosse circostanza nota al sistema sanitario regionale che la somministrazione del farmaco all'alunna fosse "atto di stretta competenza medico-infermieristica" come affermato dalla Azienda Regionale Salute con la nota 453 del 2022 e pertanto richiedesse la presenza di apposito personale dotato di specifiche abilitazioni professionali. Tale presenza era individuata come necessaria nella certificazione predisposta dal medico che aveva in cura la minore, il quale demandava, nella sostanza, al personale medico-infermieristico presente le valutazioni tecniche concernenti sia la necessità di addivenire alla somministrazione del farmaco (in ragione della durata della crisi) e sia le modalità di somministrazione del medesimo (in via endorettale o intramuscolare). Sotto tale profilo, assume rilievo l'art. 2 delle Linee guida ministeriali per la somministrazione di farmaci a scuola, secondo cui: "La somministrazione di farmaci deve avvenire sulla base delle autorizzazioni specifiche rilasciate dal competente servizio delle AUSL; tale somministrazione non deve richiedere il possesso di cognizioni specialistiche di tipo sanitario, né l'esercizio di discrezionalità tecnica da parte dell'adulto". Appare evidente, pertanto, come tale attività non potesse essere demandata a personale diverso da quello medico infermieristico (e, dunque, come tale attività non rientrasse tra i compiti del personale scolastico - c.d. ATA), e ciò proprio in considerazione del fatto che la somministrazione del farmaco dovesse giungere all'esito di una serie di valutazioni tecnico specialistiche caratterizzate da un non trascurabile spettro discrezionale. 3.3. Osserva ancora il Collegio come il contegno inerte della ASL non possa che configurarsi inescusabile quantomeno a far data dal momento in cui, all'esito della riunione dell'Unità di Valutazione Territoriale, svoltasi il -OMISSIS-, e della formalizzazione della proposta, accettata dalle altre componenti, di far affiancare la minore durante l'intero orario di frequenza scolastica da personale infermieristico, poi la stessa ASL non ha dato seguito a tale presa di posizione, costringendo parte ricorrente a proporre un giudizio volto all'attuazione delle misure cautelari, culminato con l'Ordinanza n° 75/2024, e a richiedere l'insediamento del Commissario "ad acta", stante il protrarsi dell'inerzia dell'Amministrazione. 3.4. In definitiva, non appare revocabile in dubbio la sussistenza di una attività illegittima dell'amministrazione che si è concretizzata, nella pratica, in un diniego frapposto alla fruizione del diritto alla frequentazione scolastica in condizioni di piena sicurezza pur in presenza dei presupposti che legittimavano l'approntamento delle misure assistenziali. Dalla suddetta condotta amministrativa è derivato alla ricorrente un danno ingiusto, ovvero la lesione di una situazione giuridica soggettiva protetta dall'ordinamento, da identificare nel diritto alla fruizione di tale misura assistenziale, funzionale all'assolvimento di un diritto costituzionalmente garantito quale quello all'istruzione, diritto che si realizza attraverso la frequenza scolastica in sicurezza. E' altresì indubitabile che il predetto pregiudizio arrecato alla sfera giuridica della parte ricorrente (danno evento), tutelato anche a livello costituzionale, sia eziologicamente riconducibile all'operato dell'Ente e, in particolare, riferibile alla attivazione tardiva del servizio di assistenza infermieristica da parte della ASL). Sussiste pertanto anche il nesso causale tra la condotta amministrativa e l'evento dannoso. 3.5. Avuto riguardo all'elemento soggettivo, ritiene il Collegio che l'attività illegittima sopra descritta sia imputabile, sotto il profilo soggettivo, a colpa della ASL non avendo, quest'ultima, neppure costituitasi in giudizio, dato prova di essere incorsa in un errore scusabile. Ha infatti chiarito, sul punto, la giurisprudenza maggioritaria che: "il privato che abbia proposto la domanda ex art. 30 c.p.a. può limitarsi a dedurre e provare l'illegittimità del provvedimento amministrativo. Accertata l'illegittimità, la colpa della p.a. si presume ai sensi dell'art. 2727 c.c.. La presunzione, che ha carattere relativo, può essere vinta mediante la prova, da parte dell'amministrazione, di essere incorsa in un errore scusabile. Tale è definito l'errore nell'applicazione di disposizioni normative il cui significato sia incerto per la non chiara formulazione letterale del relativo testo, a maggior ragione ove recentemente introdotte nell'ordinamento giuridico, ovvero in quanto sussista un contrasto in giurisprudenza nella determinazione della relativa portata, oppure nei casi di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti o di illegittimità derivante dalla successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata" (Cons. di Stato, Sez. IV, 6 aprile 2017 n. 1607; conf., "ex plurimis", Cons. Stato, Sez. VI, 28 agosto 2013, n. 4310; Cons. Stato, V, 12 febbraio 2013, n. 798; id., V, 19 novembre 2012, n. 5846; id., IV, 31 gennaio 2012, n. 482). L'onere di fornire la suddetta prova liberatoria compete dunque alla p.a." (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 24 ottobre 2018 n. 1573; T.A.R. Sardegna Cagliari, Sez. I, Sent., 21/06/2024, n. 487). Nel caso di specie, in realtà, non solo la resistente ASL non ha ritenuto di costituirsi in giudizio ma, come sopra evidenziato, è essa stessa ad aver assunto già in passato una chiara posizione in merito alla stretta competenza medico infermieristica dell'attività di somministrazione terapeutica. 3.6. Avuto riguardo al danno - conseguenza, questo va ricondotto al danno (c.d. esistenziale) patito sia dalla minore che dalla madre di quest'ultima. 3.6.1. Con riferimento alla prima, questo è correlato alla situazione di ansia, stress e insicurezza correlata alla mancanza di affiancamento dell'alunna durante le ore di frequentazione scolastica e alla consapevolezza che l'eventuale insorgenza degli episodi epilettici avrebbe potuto non trovare una appropriata e tempestiva risposta da parte di personale professionalmente attrezzato. Quanto sopra con inevitabile compromissione delle prerogative di piena soddisfazione dei bisogni di sviluppo, istruzione e partecipazione a fasi di vita tutelate dall'ordinamento. Su tale specifica tematica la giurisprudenza, nel decidere una controversia non priva di talune somiglianze con la vicenda odierna, ha avuto modo di osservare che "Il diritto all'istruzione del minore ha rango di diritto fondamentale e inviolabile della persona ai sensi degli articoli 2 e 34 Cost. e merita tutela particolare nel caso di minori affetti da disabilità, con un impegno particolare a carico dello Stato ai sensi dell'art. 38, commi 3 e 4, Cost. e sulla base degli obblighi internazionali assunti in virtù della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18. La particolare natura dell'interesse leso quale diritto inviolabile della persona costituzionalmente garantito, la cui lesione non è suscettibile di valutazione economica diretta, comporta come detto sul piano probatorio che l'accertamento delle conseguenze dannose può essere compiuto per il tramite di presunzioni, ricavando secondo criteri di normalità l'incidenza pregiudizievole dell'illecito sul valore leso alla luce di una valutazione delle circostanze del caso concreto, senza la necessità di ricorrere a una consulenza tecnica d'ufficio" (così Cons. Stato, sez. VI, 27.12.2016, n. 5466, prima di giungere a una liquidazione del danno in via equitativa, ponendola a carico dell'Amministrazione resistente, a conferma della sentenza di primo grado proprio di questo TAR - la n. 780 del 2015). 3.6.2. Avuto riguardo alle ripercussioni prodottesi nella sfera del genitore, osserva il Collegio che l'acclarata assenza di un indispensabile supporto assistenziale per la minore ha costretto la madre dell'alunna a farsi carico di un ruolo di supplenza necessario a gestire eventuali situazioni emergenziali e a destinare quotidianamente una significativa parte della propria giornata al "presidio" dell'aula che ospitava la figlia, con contestuale rinuncia a qualsiasi altra occupazione. Tale situazione, oggettivamente anomala, sviluppatasi anche in un contesto nel quale era stato chiarito quale fosse la componente istituzionale chiamata ad approntare le concrete misure di sostegno e a darne concreta applicazione, è indubitabile che abbia prodotto, secondo l'id quod plerumque accidit, conseguenze riconducibili al generarsi di un danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (cfr. Cass., Sez. Un., 24/ 03/2006, n. 6572; Cass., Sez. lav., 26/01/2015, n. 1327; 19/12/2008, n. 29832). 3.7. Il danno, di natura immateriale, tenuto conto di tutte le circostanze, e in particolare della condotta omissiva della ASL, pur all'esito della formalizzazione della proposta assistenziale in occasione della riunione dell'UVT del dicembre 2023, che ha reso necessario l'insediamento del commissario "ad acta", può essere equitativamente determinato, tenuto conto dei sopra richiamati pregiudizi provocati sia sulla minore che sulla di lei madre, in complessivi euro 8.000,00 (ottomila/00). Le risultanze procedimentali che hanno, infine, dato evidenza al ruolo preminente rivestito dalla ASL ai fini della definizione delle misure assistenziali da adottare, conducono ad escludere una corresponsabilità, rilevante ai fini risarcitori, in capo alle altre amministrazioni coinvolte. 4. Le spese processuali, compensate nei confronti delle Amministrazioni costituite in giudizio diverse dalla ASL di Cagliari, devono invece essere integralmente poste a carico della ASL medesima - -OMISSIS- e, avendo la parte ricorrente beneficiato dell'ammissione al gratuito patrocinio (al quale farà seguito, su istanza del difensore, il decreto collegiale di pagamento delle spettanze ai sensi dell'art. 168 del t.u. n. 115 del 2002), va disposto il pagamento delle spese stesse a favore dell'Amministrazione della Giustizia Amministrativa, che le ha anticipate, ai sensi dell'art. 133 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (cfr. Cons. Stato, V Sez., 12 giugno 2009, n. 3776), nella misura liquidata in dispositivo. Va inoltre confermata (v. ord. coll. TAR n. 75/2024) la liquidazione del compenso a favore del commissario "ad acta" nella misura di euro mille/00, oltre ad accessori se dovuti, con onere a carico della ASL. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso siccome proposto così provvede: a) dichiara cessata la materia del contendere sulla azione di annullamento; b) accoglie per le ragioni ed entro i limiti specificati in motivazione la domanda risarcitoria e, per l'effetto, condanna la ASL di Cagliari a pagare, in favore della parte ricorrente, la somma di Euro 8.000,00 (ottomila/00) omnicomprensivi a titolo di danno esistenziale; c) condanna la resistente ASL a pagare allo Stato (Amministrazione della Giustizia Amministrativa), le spese di lite che vengono liquidate nella somma di Euro 2.700,00 (duemilasettecento/00), comprensiva degli accessori di legge ove dovuti, oltre al rimborso del contributo unificato, ove versato; d) liquida in favore del commissario "ad acta", a titolo di compenso, la somma di euro mille/00, ponendo il relativo onere a carico della ASL. Dispone che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente Gabriele Serra - Primo Referendario Roberto Montixi - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1 del 2019, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pi. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, corso (...); contro Comune di -OMISSIS-, Regione Autonoma della Sardegna, non costituiti in giudizio; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria ex lege in Cagliari, via (...); nei confronti Capitaneria di Porto di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria ex lege in Cagliari, via (...); per l'annullamento della determinazione del Settore Ambiente e Demanio del Comune di -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, di annullamento in autotutela della determinazione n. -OMISSIS- (traslazione dell'area in concessione senza aumento di superficie della concessione demaniale marittima n. -OMISSIS-), nonché di ogni altro atto antecedente, conseguente o comunque connesso a quello impugnato, ivi espressamente comprese le note della Capitaneria di Porto di -OMISSIS- n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, richiamate nella determinazione comunale, nonché, per quanto occorre, della note del Comune di -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- e prot. n. -OMISSIS-. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 la dott.ssa Jessica Bonetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La -OMISSIS- ha agito in giudizio per l'annullamento degli atti indicati in epigrafe tra i quali, in particolare, la determinazione del Settore Ambiente e Demanio del Comune di -OMISSIS- n. -OMISSIS-, con la quale è stato disposto l'annullamento in autotutela della determinazione n. -OMISSIS- di autorizzazione alla traslazione dell'area in concessione senza aumento di superficie della concessione demaniale marittima n. -OMISSIS-. In fatto la ricorrente ha allegato quanto segue: - di essere titolare della concessione demaniale n. -OMISSIS- per l'occupazione in località Porto -OMISSIS- del Comune di -OMISSIS- di complessivi mq 474 di area demaniale, suddivisi in mq 450 di superficie scoperta per la posa di ombrelloni e sdraio, e mq. 24 di superficie coperta con impianti di facile rimozione per due manufatti per il ricovero delle attrezzature balneari; - la consistenza della concessione deriva dall'accorpamento di due diversi titoli, entrambi risalenti nel tempo: il primo, rappresentato dalla concessione demaniale n. -OMISSIS- per 150 mq di superficie per posa di ombrelloni e lettini, mentre l'ampliamento è stato conseguito con concessione demaniale n. -OMISSIS- per ulteriori 324 mq, assentita con il parere favorevole della Conferenza dei Servizi della RAS in data 6 febbraio 1997, purché "l'area richiesta venga accorpata a monte dell'area già in concessione lasciando inalterato il fronte"; - appena acquisito il titolo, con nota del 21 maggio 1997 e successivi scritti, la Società ha rappresentato alla Regione che a ridosso dell'area già in concessione insisteva una duna sabbiosa tutelata per legge la quale sarebbe stata interessata, seppure in minima parte, dall'accorpamento delle superfici demaniali, e che in un'ottica di tutela del bene protetto sarebbe stato opportuno invertire i siti in concessione, data la disponibilità di spazi concessi dalla larghezza dell'arenile per posizionare l'area richiesta di 300 mq al posto di quella di 150 mq e per spostare quest'ultima nel sito ove era presente la duna; - la Regione non ha riscontrato le osservazioni della ricorrente e nel corso del tempo ha assentito in suo favore la concessione n. -OMISSIS-, rinnovata con concessione n. -OMISSIS-, rilasciando da ultimo il titolo, con determinazione regionale n. -OMISSIS-, prorogato al 31.12.2020; - con nota prot. n. -OMISSIS-, la Società ricorrente ha rinnovato la richiesta già presentata negli anni 2010, 2013 e 2015 per ottenere di posizionare l'area in concessione, non come previsto dalla Conferenza dei Servizi tenutasi in data 6.2.1997, ma come evidenziato nella planimetria allegata, al fine di non rovinare una zona di dune dall'alto valore paesaggistico, con la precisazione che la superficie dell'area in concessione non avrebbe subito alcuna variazione; - con determinazione n. -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS-, divenuto nel frattempo competente nella gestione del demanio marittimo, rilevato che "non sussistono ragioni ostative o impedimenti di sorta per l'accoglimento dell'istanza sopra citata in quanto la stessa non comporta alcun aumento di superficie", ha rilasciato la concessione demaniale marittima per la "traslazione dell'area in concessione senza aumento di superficie"; - la ricorrente ha quindi iniziato ad operare nel sito, ma con nota prot. n. -OMISSIS- il Comune di -OMISSIS- le ha comunicato, previo confronto con la Capitaneria di Porto, che l'ultima concessione rilasciata in favore della Società risultava viziata da carenza di istruttoria, non potendosi ritenere lo spostamento della concessione riconducibile nel secondo comma dell'art. 24 del Regolamento al Codice della Navigazione (secondo cui in assenza di alterazione sostanziale al complesso della concessione non era necessaria un'istruttoria completa), in quanto in caso di sottrazione di un'area demaniale in precedenza destinata in tutto o in parte alla libera utilizzazione da parte della collettività, occorre procedersi all'istruttoria prevista per l'instaurazione di nuovi rapporti, anche in assenza di aumenti di superficie e/o di variazioni di canoni demaniali; pertanto, il procedimento istruttorio si sarebbe dovuto riaprire, mediante la richiesta dei pareri di competenza e la pubblicazione dell'istanza ai fini dell'acquisizione di eventuali osservazioni, allo scopo di sanare la carenza procedurale ed eliminare i vizi del provvedimento n. -OMISSIS-; - con nota prot. n. -OMISSIS-, il Comune di -OMISSIS- ha quindi comunicato l'avvio del procedimento per l'annullamento d'ufficio in autotutela della concessione demaniale assentita con determinazione n. -OMISSIS- e, nonostante la memoria difensiva della ricorrente del 20 settembre 2018, con la determinazione n. -OMISSIS- impugnata in questa sede ha annullato d'ufficio in autotutela ex art. 21 nonies della Legge n. 241 del 1990 la propria determinazione n. -OMISSIS-. La ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune emesso in sede di autotutela articolando le seguenti doglianze in diritto. 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 della legge regionale della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9 e degli artt. 5, 8 e 22 delle "linee guida per la predisposizione dei PUL" approvate con deliberazione della Giunta Regionale della Regione Sardegna 21 febbraio 2017, n. 10/5. Violazione dell'art. 24 del Regolamento attuativo del Codice della Navigazione, approvato con D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328. Incompetenza. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti ritenuti, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, carenza di istruttoria. Secondo la -OMISSIS- l'annullamento in autotutela posto in essere dal Comune, sulla base delle comunicazioni intercorse con la Capitaneria di Porto di -OMISSIS-, motivato sul fatto che ad avviso di quest'ultima la domanda della ricorrente si sarebbe dovuta trattare come istanza di nuova concessione, sarebbe illegittimo in quanto lo spostamento della concessione su altra area era stato richiesto dalla Società al fine di tutelare la zona dunale presente a ridosso della concessione precedentemente in essere, mediante semplice traslazione della concessione, come a suo dire ammesso dall'art. 22 delle linee guida della Regione Sardegna per la predisposizione del PUL, approvate con deliberazione n. -OMISSIS-, dove si legge che gli operatori balneari hanno la possibilità di effettuare "i riposizionamenti, ampliamenti, variazioni di morfologia o modesti adeguamenti delle aree da affidare o affidate in concessione, anche in considerazione della mutevole conformazione dei litorali", i quali "non costituiscono variante al piano". Inoltre, lamenta la ricorrente, il Comune avrebbe fondato la decisione sul "parere sfavorevole della Capitaneria di Porto di -OMISSIS- acquisito con nota prot. n. -OMISSIS-", pur essendo quest'ultima competente solo limitatamente alle funzioni di polizia marittima e di vigilanza sul rispetto dell'art. 54 del Codice della Navigazione (occupazioni e innovazioni abusive da parte di non concessionari), spettando invece ogni decisione sulla traslazione della concessione al Comune ex art. 41 della L.R. n. 9 del 2006. Peraltro, secondo la Società, laddove nel provvedimento di autotutela si afferma che "la valutazione iniziale di variazione non sostanziale, possibile ai sensi dell'art. 24 del Regolamento del Codice della Navigazione, non è più sostenibile a seguito: di quanto espresso dalla Capitaneria di Porto; degli approfondimenti effettuati dall'ufficio sulla giurisprudenza esistente in materia; dalla sopravvenuta conoscenza dell'esistenza di un parere vincolante espresso dalla conferenza dei servizi della RAS tenutasi in data 6 febbraio 1997", non chiarirebbe perché la traslazione richiesta non potrebbe qualificarsi come "variazione non sostanziale". In ogni caso, quanto affermato dalla Capitaneria nei propri atti, ivi inclusa la nota -OMISSIS-, sarebbe per la ricorrente erroneo, atteso che l'istanza di -OMISSIS- aveva la finalità principale di tutelare la zona dunale presente a ridosso della concessione esercitata, ragione che di per sé escludeva a suo dire la necessità del rilascio di un nuovo titolo. 2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché del legittimo affidamento riposto dal privato. Incompetenza. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti ritenuti, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, carenza di istruttoria. In secondo luogo, ad avviso della ricorrente, l'annullamento d'ufficio disposto dal Comune ex art. 21 nonies della Legge n. 241 del 1990 sarebbe illegittimo per carenza dei presupposti previsti da tale norma, difettando a suo dire l'interesse pubblico sotteso, a fronte del mero "spostamento" della concessione esistente che non aggraverebbe le condizioni di pubblica fruibilità del litorale, in assenza di aumento di occupazione di superficie. Al contrario, in violazione dell'art. 21 nonies della Legge n. 241 del 1990, il Comune non avrebbe tenuto conto degli interessi della Società ricorrente connessi alla sua attività imprenditoriale, mai infatti menzionati nel provvedimento impugnato. Sulla base di tali argomentazioni la ricorrente ha concluso insistendo per l'annullamento degli atti impugnati, con vittoria di spese. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Capitaneria di Porto di -OMISSIS- si sono costituiti in giudizio contestando le avverse doglianze e concludendo per il rigetto dell'impugnazione. Il Comune di -OMISSIS-, nonostante la regolare citazione, non si è invece costituito in giudizio. All'udienza del 24 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. All'esito del giudizio, ad avviso del Collegio, il ricorso va respinto per l'infondatezza dei motivi articolati. Invero, il Ministero convenuto, costituendosi in giudizio, ha in fatto evidenziato che il provvedimento impugnato in questa sede è stato emesso all'esito di un procedimento iniziato per effetto degli accertamenti compiuti in data 10.07.2018 dalla Capitaneria di Porto di -OMISSIS-, nell'ambito delle attività istituzionali di controllo del territorio finalizzate a garantire la tutela della sicurezza della balneazione, nel corso dei quali si era accertato che presso la struttura balneare gestita dalla Società -OMISSIS- sita in località Porto -OMISSIS- del Comune di -OMISSIS-, vi era una evidente anomalia relativa al posizionamento da parte della Società ricorrente di ombrelloni e lettini su un tratto di spiaggia ben delimitato, sprovvisto di postazione di salvataggio. Più specificamente si appurava che tale tratto di arenile risultava essere di fatto un tratto di spiaggia libera non assentito in regime di concessione demaniale marittima, sul quale erano state invece abusivamente posizionate diverse attrezzature balneari. Pertanto, veniva acquisita la determinazione n. -OMISSIS- con la quale il Comune di -OMISSIS- aveva prorogato, fino al 31.12.2020, la concessione demaniale marittima n. -OMISSIS- rilasciata a favore della società -OMISSIS- per l'occupazione di un'area demaniale marittima di mq 474 di cui mq 450 di superficie scoperta per la posa di ombrelloni e sdraio e mq 24 di superficie coperta con impianti di facile rimozione per n. 2 manufatti per il ricovero delle attrezzature balneari, e dall'esame della planimetria allegata alla concessione emergeva che l'area di spiaggia posta a sinistra guardando il mare, seppur oggetto di richiesta, non risultava essere stata assentita in concessione, benché su tale tratto di arenile, pari a circa 150 mq di spiaggia libera, parte ricorrente avesse ugualmente collocato le proprie attrezzature balneari, consistenti, al momento del controllo, in n. 16 ombrelloni, n. 11 lettini, n. 3 materassini, n. 14 sdraio, n. 10 paletti in legno e mt 50 di cima. Dopo il coinvolgimento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania, le attrezzature balneari in esame sono state poste sotto sequestro (cessato il 24 luglio 2018) ed il tratto di spiaggia abusivamente occupato è stato restituito alla libera fruizione pubblica. Negli anni successivi, il Comune di -OMISSIS- ha proceduto al rinnovo della concessione n. -OMISSIS- senza effettuare alcuna modifica ai contenuti e/o alle planimetrie, ma la Società ha in più occasioni espresso la volontà di traslare parte della concessione su altra area (da ultimo con nota registrata al protocollo del Comune di -OMISSIS- n. -OMISSIS-), ottenendo dal Comune di -OMISSIS- in data -OMISSIS- la determinazione n. -OMISSIS- relativa alla "traslazione dell'area in concessione senza aumento di superficie", con la quale è stato di fatto autorizzato, senza compiere alcuna istruttoria, il posizionamento di ombrelloni e lettini su un tratto di pubblico demanio marittimo, pari a 150 mq, oggetto di quella attività di polizia demaniale e relativo sequestro effettuato in data 10.07.2018 per abusiva occupazione in assenza di titolo autorizzativo. Tale ultimo provvedimento, a seguito delle interlocuzioni tra il Comune di -OMISSIS- e la Capitaneria di Porto, è stato come visto successivamente annullato in autotutela dal Comune con la determinazione n. -OMISSIS-, impugnata in questa sede. La ricorrente sostiene l'illegittimità della decisione da ultimo assunta dal Comune in autotutela in quanto a suo dire, come ritenuto nella determinazione n. -OMISSIS- del 2018, nel caso in esame vi sarebbe stata una mera "modifica del posizionamento dell'area in concessione", senza aumento di superficie, realizzata attraverso "traslazione della concessione demaniale marittima -OMISSIS- secondo le modalità ed estensioni risultanti dalla planimetria allegata al provvedimento", ipotesi nella quale secondo la Società non risultava necessaria alcuna istruttoria ai fini dell'autorizzazione, potendosi applicare l'articolo 24, comma 2, del Regolamento di Esecuzione al Codice della Navigazione, laddove dispone: "qualsiasi variazione nell'estensione della zona concessa o nelle opere o nella modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l'espletamento dell'istruttoria. Qualora, peraltro, non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione o non vi sia modifica dell'estensione della zona demaniale, la variazione può essere autorizzata per iscritto". Tale difesa, ad avviso del Collegio, non può tuttavia essere condivisa, atteso che come evidenziato dalla Capitaneria di Porto e ritenuto dal Comune di -OMISSIS- in sede di autotutela, nel caso in esame deve escludersi che la modifica richiesta dalla ricorrente possa qualificarsi come variazione non sostanziale della concessione in essere, autorizzabile senza ulteriore istruttoria. Infatti, la modifica in discussione non portava alla mera traslazione dell'intera area in concessione su altra area, realizzando infatti una variazione geometrica dell'area in concessione, che andava a dividere l'area unitaria iniziale in due aree minori, separate e distanti tra loro (vedi planimetria, allegato 17 dell'Amministrazione). Inoltre, circostanza rilevante ai fini della qualificazione dell'operazione come variazione essenziale della concessione che imponeva una nuova istruttoria, una delle due aree minori derivanti dal predetto frazionamento, si collocava, per mq 150, su una porzione di demanio marittimo destinata a spiaggia libera, già congestionata, e sottratta alla libera fruizione per effetto dell'operazione in esame. Peraltro, come evidenziato dal Ministero in giudizio, "l'intera area gode ed è regolamentata, ai fini della sicurezza balneare e della disciplina e svolgimento degli sport acquatici praticati in loco (wind surf e kite surf), da ben due ordinanze emanate dal Capo del Compartimento Marittimo di -OMISSIS- che tengono conto delle specifiche peculiarità del sito. La sottrazione di tale area di 150mq risulta quindi avere aspetti ancora più impattanti in una zona, come sopra descritto, particolarmente adatta alla pratica degli sport del wind surf e kite surf ed in cui già ampi tratti di spiaggia sono sottratti alla pubblica fruibilità dei bagnanti". Da ciò sicuramente deriva che l'istanza articolata dalla ricorrente avrebbe dovuto essere trattata come istanza di nuova concessione, sottoposta all'istruttoria a tal fine prevista dalla normativa vigente, con conseguente illegittimità della determinazione n. -OMISSIS- del 2018 che l'aveva autorizzata senza rispettare il necessario procedimento. Peraltro, la stessa Regione Autonoma Sardegna, con nota prot. -OMISSIS- (allegato n. 19 dell'Amministrazione), aveva condiviso le osservazioni della Capitaneria sul difetto di istruttoria inizialmente commesso dal Comune di -OMISSIS-, il quale con nota prot n. -OMISSIS-, facendo proprie le conclusioni delle altre Amministrazioni coinvolte, ha comunicato alla Società -OMISSIS- l'avvio del procedimento di autotutela per l'annullamento della determinazione n. -OMISSIS- del 2018 in quanto "viziata di illegittimità formale per difetto di istruttoria". Pertanto, certamente priva di pregio è anche la censura di incompetenza della Capitaneria di Porto, competente per gli aspetti connessi alla tutela dei pubblici usi del demanio marittimo e la tutela della sicurezza della navigazione, della balneazione e delle attività sportive praticate in loco, profili come visto coinvolti nel caso in esame, ma avendo in ogni caso il Comune fatto propri i dubbi della Capitaneria, nel libero esercizio della propria competenza in materia. Né può condividersi la doglianza di parte ricorrente secondo cui vi sarebbe nel caso in esame difetto di motivazione sull'interesse pubblico posto alla base del provvedimento di autotutela, trattandosi all'evidenzia dell'esigenza di tutelare la pubblica fruibilità delle aree demaniali, ovvero il rispetto delle regole procedimentali previste dal legislatore nell'attribuzione delle concessioni, garantendosi al contempo la sicurezza della balneazione. Pertanto, in forza di tutte le ragioni esposte, il ricorso va respinto. Le spese di lite possono tuttavia compensarsi, per la peculiarità della fattispecie esaminata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: - rigetta il ricorso - compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Tito Aru - Presidente Antonio Plaisant - Consigliere Jessica Bonetto - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 270 del 2024, proposto da St. Sa., rappresentata e difesa dagli avvocati En. Pi. e Pi. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Co. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'accertamento e dichiarazione dell'illegittimità del silenzio-rigetto tenuto dall'Amministrazione comunale di (omissis) sull'istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente in data 29.1.2024, con conseguente condanna dell'Ente resistente all'esibizione dei documenti amministrativi richiesti, ai sensi dell'art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 o, in subordine, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 33/2013. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2024 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La ricorrente, consigliere comunale di minoranza del Comune di (omissis), agisce per l'accertamento dell'illegittimità del silenzio-rigetto serbato dal Comune sull'istanza di accesso agli atti dalla stessa presentata in data 29.1.2024, e per la conseguente condanna del Comune all'esibizione dei documenti amministrativi richiesti ai sensi dell'art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 o, in subordine, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 33/2013. 1.1. Espone in fatto di avere presentato al Servizio Finanziario del Comune, nella sua qualità di consigliere comunale, una istanza di accesso volta a prendere visione ed estrarre copia di una serie di determinazioni del 2022 di pertinenza del medesimo Servizio, tra cui, in particolare, le determinazioni nn. 51, 49, 39, 33, 28, 25, 22, 17, 15, 14, 13, 12, 8, 5 e 4, che non aveva potuto reperire in autonomia ti tramite la sezione "Amministrazione trasparente", in quanto non pubblicate dall'Ente, a suo dire in violazione dell'obbligo di cui al d.lgs. n. 33/2013. L'interessata, dunque, non avendo avuto alcun riscontro dall'Amministrazione comunale propone l'odierno ricorso affidandolo ai seguenti motivi: 1) "VIOLAZIONE E ILLEGITTIMA APPLICAZIONE DELL'ART. 43 COMMA 2 DEL D.LGS. 267/2000 (T.U.E.L.)": il Comune ha violato l'art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), il quale riconosce al consigliere comunale e provinciale il "diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". 2) "VIOLAZIONE E ILLEGITTIMA APPLICAZIONE DELL'ART. 5 D.LGS. 33/2013": in via subordinata, il silenzio-rigetto tenuto dall'Amministrazione comunale sull'istanza di accesso agli atti presentata dalla ricorrente sarebbe illegittimo e ingiustificato anche qualora l'istanza de qua venisse inquadrata nelle forme di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, vertendosi (in tesi) in materia di atti soggetti a obbligo di pubblicazione. 1.2. Si è costituito il Comune intimato, il quale, oltre a chiedere la reiezione nel merito del ricorso, ne ha eccepito l'inammissibilità in quanto: - in primo luogo, nella fattispecie non si sarebbe formato alcun silenzio-rigetto, essendo quest'ultimo istituto tipico ed eccezionale, attinente all'accesso documentale disciplinato dagli artt. 22 e ss. della l. n. 241/1990 e insuscettibile di essere oggetto di una interpretazione generalizzata, analogica ed estensiva tale da coinvolgere l'istituto di cui all'art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, caratterizzato da tratti del tutto autonomi e distinti rispetto al primo; - in secondo luogo, non si tratterebbe nella fattispecie di istanza rientrante tra le prerogative legittimamente esercitabili dal consigliere comunale, atteso che, sebbene il diritto di accesso in esame presenti una latitudine più ampia rispetto all'accesso documentale ex l. n. 241/1990, esso non può essere inteso come un diritto assoluto e illimitato, e in alcun modo può perseguire finalità meramente esplorative o tali da comportare conseguenze gravose o paralizzanti per gli uffici amministrativi, come sarebbe avvenuto nella vicenda che occupa, nella quale l'interessata, nell'arco di poco più di un anno, avrebbe trasmesso al protocollo dell'amministrazione comunale circa 100 richieste di accesso, determinando non poche criticità sul funzionamento degli uffici. 1.3. Alla camera di consiglio del 26 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Vanno preliminarmente respinte le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune. 2.1. Sotto un primo profilo, l'odierno giudizio ha ad oggetto l'accertamento della sussistenza o meno in capo alla ricorrente del diritto ad accedere alla documentazione richiesta, a fronte del mancato riscontro alla sua istanza, senza che abbia alcun rilievo dunque la questione circa la applicabilità o meno nella fattispecie dell'istituto del silenzio-rigetto di cui all'art. 25 della l. n. 241/1990. 2.2. Sotto un secondo profilo, le questioni concernenti la portata e l'ampiezza del diritto di accesso del consigliere comunale attengono al merito della odierna vicenda e saranno oggetto di disamina nel prosieguo, mentre non rilevano sotto il profilo prettamente processuale. 2.3. Le eccezioni vanno dunque disattese. 3. Nel merito, il ricorso è fondato, per le ragioni che di seguito si espongono. 3.1. L'art. 43, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 così dispone: "I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato (...)". 3.2. Alla norma è costantemente attribuito un ampio significato, muovendo dalla premessa che l'accesso agli atti esercitato dal consigliere comunale ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso, esprimendosi in un non condizionato diritto alla conoscenza di tutti gli atti che possano essere di utilità all'espletamento delle sue funzioni; ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale (per tutte si veda Cons. Stato, Sez. V, 28.6.2024, n. 5750; id., 5 settembre 2014, n. 4525). Per tali ragioni, da un lato sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio delle sue funzioni; d'altra parte - contrariamente a quanto prospettato dalla parte resistente - dal termine "utili", contenuto nel richiamato art. 43 del d.lgs. n. 267 del 2000, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, poiché tale aggettivo comporta in realtà l'estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio delle funzioni (Cons. Stato, n. 4525 del 2014, cit.; IV, 12 febbraio 2013, n. 843). È pur vero che, come rilevato dalla giurisprudenza, il diritto del consigliere, che non è illimitato, trova un limite nella sua funzione stessa (che non è quella di affiancarsi alla struttura amministrativa istituendo, in concreto, una nuova figura organizzativa e dunque nuovi assetti funzionali e ulteriori modelli procedimentali) e soprattutto nel principio di proporzionalità dell'azione amministrativa (così Cons. Stato, Sez. II, 29.2.2024, n. 1974; Cons. Stato, Sez. V, n. 3564/2023). E ciò in quanto la ratio della norma, che vale a qualificare le peculiarità di tale diritto di accesso, riposa nel principio democratico correlato al riconoscimento delle autonomie locali (cfr. art. 114 Cost.) e della rappresentanza politica spettante ai componenti degli organi elettivi: sicché tale diritto risulta direttamente funzionale non tanto all'interesse del consigliere comunale in quanto tale, ma alla cura dell'interesse pubblico connessa al munus e al mandato conferito, in quanto preordinato al controllo dell'attività e dei comportamenti degli organi decisionali dell'ente. Per tale ragione, il riferimento normativo alla "utilità " della pretesa ostensiva non va acquisito nel senso restrittivo della stretta connessione con l'attività espletata (o da espletare) nell'esercizio dell'attività di componente del Consiglio, ma in quello, lato, della strumentalità rispetto alla valutazione degli interessi pubblici, anche in funzione di generico controllo. Sicché l'esercizio del diritto non è soggetto ad alcun onere motivazionale, che - del resto - si risolverebbe, come detto sopra, con inversione funzionale, in una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato politico. Gli unici limiti si rinvengono, per tal via, nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l'esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull'attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto medesimo (Cons. Stato, Sez. II, n. 1974/2024, cit.; Cons. Stato, Sez. V, n. 3157/2023). 3.3. Facendo applicazione dei suindicati principi al caso in esame emerge la fondatezza delle doglianze proposte dalla ricorrente. Anzitutto, infatti, data la vista ampiezza del diritto di accesso e di conoscenza (che ha per oggetto tutte le notizie e le informazioni in possesso degli uffici del comune), il nesso strumentale si identifica, nella specie, con l'esigenza di conoscenza degli atti relativi alle attività svolte dal Servizio Finanziario proprio al fine di eventualmente poter esercitare le funzioni di controllo (mediante interrogazioni, mozioni, interpellanze, ordini del giorno o altra iniziativa che il consigliere ritenga di proporre nel corso del suo mandato) nei confronti degli organi politico-amministrativi. D'altra parte, diversamente da quanto dedotto dal Comune, a fronte di un numero complessivo di comunicazioni PEC inviate dalla sig.ra Sa. al protocollo comunale (pari a 94), solo 26 di esse costituivano "istanze di accesso", ossia comunicazioni tese ad ottenere documenti o informazioni, sicché non può nemmeno dirsi che la ricorrente abbia intralciato l'attività degli uffici con innumerevoli richieste in guisa da creare difficoltà al normale andamento dell'azione amministrativa. Né, ad onor del vero, può ritenersi sussista una soglia numerica alle istanze di accesso formulabili dai singoli consiglieri comunali nell'esercizio del proprio mandato, il cui limite va, per contro, individuato nel disposto dell'art. 24, comma 3, della l. n. 241 del 1990, a mente del quale "non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni", circostanza che tuttavia non appare rilevabile nel caso di specie in funzione della natura temporalmente circoscritta della richiesta formulata dalla ricorrente. Deve allora ritenersi che nel caso di specie il Comune non possa opporre un diniego all'accesso ai documenti richiesti sol perché il medesimo consigliere comunale ha prodotto un elevato numero di istanze della specie in un ristretto arco temporale, circostanza che di per sé non appare idonea ad opporre un rifiuto di tale natura. 3.4. In conclusione, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va ordinato all'Amministrazione comunale di (omissis) di esibire i documenti richiesti dall'interessata con istanza di accesso del 29.1.2024, come sopra riferito, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notificazione se anteriore. 3.5. Le spese giudiziali vanno compensate tra le parti, in considerazione della peculiarità della controversia. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, ordina al Comune di (omissis) di esibire i documenti richiesti dalla ricorrente con istanza d'accesso del 29 gennaio 2024, come riferito in motivazione, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notificazione se anteriore. Compensa tra le parti le spese giudiziali. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati: Tito Aru - Presidente Antonio Plaisant - Consigliere Oscar Marongiu - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 807 del 2023, proposto da In. Wi. It. S.p.A. (In. S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ed. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), Settore Urbanistica, Edilizia Privata, SUAPE, Patrimonio, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato An. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero della Difesa, Comando Militare Esercito della Sardegna, Comando Militare Autonomo della Sardegna - Ufficio Logistico, Infrastrutture e Servitù Militari e Poligoni, Comandi Militari (Co.Mi.Pa.) Ufficio Comitato Misto Paritetico/Comando Militare Autonomo della Sardegna, Comando dell'Aeronautica Militare Comando Scuole dell'A.M. - 3^ Regione Aerea - Ufficio Territorio e Patrimonio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Cagliari, via (...); Città Metropolitana di Cagliari, Regione Autonoma della Sardegna, Conferenza di Servizi presso il Comune di (omissis), Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA) - Sardegna, Soprintendenza Regione Sardegna - UTP Sardegna Meridionale, Ministero della Cultura, ENAC - Ente Nazionale Aviazione Civile, ENAV, Soprintendenza Ufficio Sabap - Ca/Or/Vs/Ci/Og, non costituiti in giudizio; per l'annullamento: - della "Determinazione di conclusione negativa della conferenza di servizi archiviazione della pratica", adottata dal Comune di (omissis) - Settore Urbanistica, Edilizia privata, S.U.A.P.E., Patrimonio Sportello Unico delle Attività Produttive in data 25.8.2023 ed avente ad oggetto l'istanza per la "realizzazione di una nuova infrastruttura per SRB di telefonia cellulare a (omissis) in Vicolo (omissis)"; - "ove occorrer possa", dei seguenti atti, laddove intesi in senso preclusivo della pretesa fatta valere dalla ricorrente: l'atto del 13.6.2023, prot. n. 25144, dell'Ufficio Urbanistica ed edilizia privata del Comune di (omissis); l'art. 9 delle Norme di attuazione del Piano particolareggiato del Centro storico del Comune di (omissis); il Regolamento comunale relativo alla "Localizzazione e regolamentazione delle aree destinate agli impianti di telefonia mobile", inclusi l'art. 3 e l'Elaborato D; l'art. 3 del Regolamento comunale che disciplina gli "Impianti di telecomunicazione a tecnologia cellulare quali stazioni radio base per servizi di telefonia mobile, digitali mobili e similari" del Comune di (omissis); le Direttive in materia di Sportello unico per le attività produttive e per l'edilizia (SUAPE), Allegato A alla delibera della G.R. n. 49/19 del 5.12.2019, punto 11.2.3 e, quindi, la stessa delibera di G.R. n. 49/19 del 5.12.2019, punto 11.2.3; - di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Ministero della Difesa e deò Comando Militare Esercito della Sardegna; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2024 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La società In. Wi. It. S.p.A. (in seguito In. S.p.A.), odierna ricorrente, opera (quale tower operator) nel settore della installazione e dell'esercizio di impianti per l'espletamento, la gestione e la commercializzazione, senza limiti territoriali, dei servizi di comunicazione elettronica, in virtù di una autorizzazione generale per "l'installazione e la fornitura di una rete pubblica di comunicazione elettronica" ai sensi dell'art. 25 del d.lgs. n. 259/2003 (c.d. Codice delle Comunicazioni elettroniche) conseguita previa rituale istanza dell'1.4.2015. 1.1. Con l'odierno ricorso impugna - unitamente agli ulteriori atti indicati in epigrafe - la "Determinazione di conclusione negativa della conferenza di servizi - archiviazione della pratica", adottata dal SUAPE del Comune di (omissis) in data 25.8.2023 ed avente ad oggetto l'istanza presentata dalla ricorrente per la "realizzazione di una nuova infrastruttura per SRB di telefonia cellulare a (omissis) in Vicolo (omissis)", nel quale si afferma la "assoluta incompatibilità dell'intervento non superabile con prescrizioni o modifiche progettuali". Il diniego si fonda sul parere non favorevole dell'Ufficio urbanistica ed edilizia privata del Comune del 13.6.2023, motivato in ragione del fatto che: "- l'intervento non è ammissibile in base all'art. 9 delle Norme tecniche di attuazione del Piano particolareggiato del centro storico; - l'intervento è vietato dal regolamento comunale relativo alla "Localizzazione e regolamentazione delle aree destinate agli impianti di telefonia mobile" (Rif. Elaborato D); - nel fabbricato risiedono ragazzi di età inferiore a 14 anni; - la localizzazione dell'impianto non rientra tra quelle deliberate nel Regolamento sopra citato". Successivamente all'adozione dell'atto finale il Comune di (omissis), con atto del 20.10.2023, ha comunicato all'interessata i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza "ai sensi dell'art. 10 bis della L. 241/1990 e del punto 1.2.3 delle Direttive in materia di sportello unico per le attività produttive e per l'edilizia (Suape)", rappresentando "che entro 10 giorni dal ricevimento della presente il procedente potrà presentare per iscritto, attraverso il portale Suape, le proprie osservazioni in merito a quanto contestato, eventualmente corredate dalla documentazione ritenuta opportuna". 1.2. In estrema sintesi, la ricorrente contesta al Comune di avere illegittimamente invocato disposizioni che riguardano costruzioni edilizie e non già gli impianti in esame, ponendo limitazioni alla localizzazione contrarie alla disciplina in materia, come affermato dalla giurisprudenza. Sarebbe illegittimo anche il Regolamento invocato dal Comune nella parte in cui pone il divieto di realizzare l'impianto de quo in un fabbricato ove risiedono ragazzi di età inferiore a 14 anni, nonostante l'ARPA - Sardegna, che ha preso parte alla conferenza di servizi, abbia acclarato la piena conformità all'ordinamento dell'impianto stesso. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: 1) "VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3-43-44-49 DEL D.LGS. N. 259/2003. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 10 BIS DELLA L. N. 241/1990. VIOLAZIONE DELL'ART. 8, CO. 6, DELLA LEGGE N. 36/2001. ECCESSO DI POTERE PER ERRATA VALUTAZIONE DEI FATTI, CONTRADDITTORIETÀ MOTIVAZIONALE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA ED ILLOGICITÀ DECISIONALE, DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, INGIUSTIZIA MANIFESTA. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI LEALE COLLABORAZIONE, CORRETTEZZA, BUONA FEDE, PROPORZIONALITÀ E RAGIONEVOLEZZA AMMINISTRATIVA", in quanto: - il Comune pretenderebbe di applicare all'impianto in esame una norma (id est: l'art. 9 delle Norme tecniche di attuazione del Piano particolareggiato del centro storico), che invece si applica (in tesi) alle sole costruzioni edilizie; - il Regolamento comunale non può imporre limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa; - il controllo esercitabile dai comuni nel momento in cui viene loro richiesta l'autorizzazione alla collocazione di un nuovo impianto di telecomunicazione, soggetto agli artt. 43 e ss. del d.lgs. n. 259/2003, deve essere circoscritto, per quanto riguarda il profilo strettamente edilizio, al rispetto di eventuali norme contenute nei regolamenti edilizi locali o negli strumenti urbanistici, che si riferiscano specificamente alle opere di urbanizzazione primarie, alle quali gli impianti in questione sono equiparati; - gli atti impugnati sono contrari al principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni; - la mera presenza/residenza all'interno di un fabbricato di ragazzi di età inferiore a 14 anni non può precludere ex se la possibilità di realizzare impianti di SRB, considerata l'assoluta insussistenza di qualsivoglia pericolo se l'impianto è conforme all'ordinamento in ossequio a quanto acclarato dall'ARPA, unico ente competente in materia; 2) "VIOLAZIONE DELL'ART. 10 BIS DELLA L. N. 241/1990", in quanto il Comune ha prima deciso di rigettare l'istanza e solo successivamente ha comunicato i motivi ostativi all'accoglimento della stessa. 1.3. Si è costituito il Comune intimato, chiedendo la reiezione del ricorso. 1.4. Si sono costituiti con memoria di stile il Ministero della Difesa, i Comandi Militari (Co.MI.Pa.) Ufficio Comitato Misto Paritetico/Comando Militare Autonomo della Sardegna, il Comando dell'Aeronautica Militare - Comando Scuole dell'A.M. 3ª Regione Aerea - Ufficio Territorio e Patrimonio. 1.5. Alla camera di consiglio del 22 novembre 2023 il Collegio ha accolto l'istanza cautelare. 1.6. In vista dell'udienza di discussione le parti hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle rispettive posizioni. 1.7. Alla pubblica udienza del 17 aprile 2024 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 2. Il ricorso è fondato, per le ragioni che di seguito si espongono. 2.1. Principiando dal primo motivo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza anche della Sezione, non è possibile assimilare gli impianti per telecomunicazioni alle normali costruzioni edilizie, trattandosi di strutture che, per esigenze di irradiamento del segnale, si sviluppano normalmente in altezza, tramite elementi metallici, pali o tralicci, ma non presentano volumetria o cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni e non hanno un impatto sul territorio assimilabile a quello degli edifici in cemento armato o muratura (T.A.R. Sardegna, Sez. I, 2 ottobre 2023, n. 699, che richiama anche T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 623/2020; T.A.R. Molise, Sez. I, n. 23/2018). L'installazione di un palo e dello strumentario metallico di supporto, in particolare, rappresenta un volume tecnologico non assimilabile alle costruzioni (T.A.R. Sardegna, Sez. I, n. 699/2023, cit., che richiama T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 19 giugno 2018, n. 6865; Cons. St., Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4557; T.A.R. Campania - Napoli, Sez. VII, 20 febbraio 2019, n. 974; T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 105; T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. II, 18 gennaio 2012, n. 124). La giurisprudenza, inoltre, ha chiarito che ai sensi dell'art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 la competenza comunale relativa all'insediamento urbanistico delle stazioni radio base deve essere esercitata "con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4". Più nello specifico, la giurisprudenza ha affermato che: - non sono legittimi limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (ex multis, Cons. St., Sez. III, 5 maggio 2017, n. 2073; Id.: Cons. St., Sez. VI, 15 novembre 2022, n. 9985; Cons. St., Sez. VI, 23 gennaio 2018, n. 444; Cons. St., Sez. VI, 1° agosto 2017, n. 3853; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II-quater, 12 giugno 2018, n. 6568); - è dunque precluso alle amministrazioni comunali d'introdurre nei piani regolatori e negli altri strumenti pianificatori - come, nella fattispecie, il Regolamento comunale relativo alla "Localizzazione e regolamentazione delle aree destinate agli impianti di telefonia mobile" - divieti o limitazioni generalizzati o, comunque, estesi ad intere zone comunali con l'effetto di non assicurare i livelli essenziali delle prestazioni che l'Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale (Cons. St., Sez. VI, 23 gennaio 2018, n. 444; Id.: Cons. St., Sez. VI, 3 agosto 2018, n. 4794); - la materia dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche forma oggetto di dettagliata disciplina in ambito comunitario, secondo principi di semplificazione, celerità e trasparenza, codificati dal legislatore nel d.lgs. n. 259/2003, sicché ogni normativa, nazionale o regionale, che aggravi "ingiustificatamente" il procedimento di rilascio del titolo autorizzatorio, al di là dei requisiti e dei limiti previsti in via esclusiva dal citato decreto legislativo, deve essere disapplicata (ex multis, Cons. St., Sez. III, 14 febbraio 2014, n. 723; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II-quater, 8 luglio 2020, n. 7857; T.A.R. Campania - Salerno, Sez. II, 6 luglio 2020, n. 835; T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. I, 10 novembre 2015, n. 1468); - in base all'art. 86 (oggi art. 43) del d.lgs. n. 259/2003 le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, tra cui sono ricomprese le stazioni radio base, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria: l'assimilazione delle SRB alle opere di urbanizzazione primaria e la considerazione che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità rivestano "carattere di pubblica utilità " ai sensi dell'art. 90 (oggi art. 51) del d.lgs. n. 259/2003, postulano la possibilità che gli stessi siano ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (Cons. Stato, Sez. VI, 5 luglio 2022, n. 5591; T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. II, 6 aprile 2019, n. 312; Cons. St., Sez. VI, 1° agosto 2017, n. 3853; Cons. St., Sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5756; T.A.R. Campania - Napoli, Sez. VII, 6 maggio 2019, n. 2411; T.A.R. Abruzzo - Pescara, 11 giugno 2018, n. 197; T.A.R. Piemonte, 17 gennaio 2018, n. 85; T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. I, 10 novembre 2015, n. 1468; Corte Cost., n. 336 del 27 luglio 2005); - se è pur vero che, come chiarito dalla giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, n. 5591/2022), nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l'assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, le predette infrastrutture non possono essere localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale, perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica l'esigenza della realizzazione dell'opera di pubblica utilità può risultare cedevole (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, n. 16084/2022), purtuttavia l'Amministrazione, in caso di diniego, deve dare conto in maniera chiara e in termini specifici delle ragioni che, nella fattispecie, rendono incompatibile l'impianto oggetto dell'istanza - equiparato dal legislatore, come già detto, ad opere di urbanizzazione primaria - con la destinazione e le caratteristiche dell'area, in relazione alle quali va ribadito che non sono legittimi limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. ancora, ex multis, C.d.S., Sez. III, n. 2073/2017; Id., Sez. VI, n. 444/2018; Id., Sez. VI, n. 3853/2017; T.A.R. Puglia - Bari, Sez. III, n. 1049/2021; T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, n. 6568/2018); - in altri termini, la natura di opere di urbanizzazione primaria delle stazioni radio base è compatibile, di per sé, con qualsiasi destinazione urbanistica (Cons. Stato, Sez. VI, 6 luglio 2022, n. 5629), salvo il rispetto di disposizioni specifiche di atti generali aventi rilevanza autonoma rispetto alla disciplina urbanistica (T.A.R. Sardegna, Sez. I, n. 699/2023, cit.; T.A.R. Sardegna, Sez. II, ordinanze 16 marzo 2023 n. 53 e n. 54, che richiamano T.A.R. Genova, Sez. II, 1° settembre 2021, n. 782). 2.2. Il diniego impugnato si pone in contrasto con la disciplina in materia e con i surrichiamati principi elaborati dalla giurisprudenza. 2.2.1. Le ragioni poste a base del parere sfavorevole del 13.6.2023, fatto proprio dal provvedimento finale di diniego, come visto sopra, sono le seguenti: - l'intervento non è ammissibile in base all'art. 9 delle Norme di attuazione del Piano Particolareggiato del Centro storico; - l'intervento è vietato dal Regolamento comunale relativo alla "Localizzazione e regolamentazione delle aree destinate agli impianti di telefonia mobile" (Rif. Elaborato D) in quanto: -- nel fabbricato risiedono ragazzi di età inferiore a 14 anni; -- la localizzazione dell'impianto non rientra tra quelle deliberate nel Regolamento sopra citato. Orbene, nessuna delle enunciate motivazioni risulta idonea a giustificare il gravato diniego. 2.2.2. Anzitutto, il Comune non ha chiarito le ragioni che nella fattispecie, ai sensi dell'art. 9 delle Norme di attuazione del Piano Particolareggiato del Centro storico, renderebbero concretamente incompatibile l'impianto proposto dalla ricorrente - equiparato dal legislatore, come detto, ad opere di urbanizzazione primaria - con la destinazione e le caratteristiche dell'area, in relazione alle quali va ribadito che non sono legittimi limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr., ex multis, T.A.R. Sardegna, Sez. I, 20.9.2024, n. 619, che richiama T.A.R. Sardegna, Sez. I, ord. n. 344/2022; C.d.S., Sez. III, n. 2073/2017; Id., Sez. VI, n. 444/2018; Id., Sez. VI, n. 3853/2017; T.A.R. Puglia - Bari, Sez. III, n. 1049/2021; T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, n. 6568/2018). Peraltro, come dedotto dalla difesa di parte ricorrente, il ridetto art. 9 delle NTA si applica alle costruzioni edilizie e non già all'impianto di SRB in questione, sia perché quest'ultimo - come visto - non è equiparabile ad una costruzione, sia perché la norma in parola, nella parte relativa agli impianti tecnologici, si riferisce - diversamente da quanto prospettato dalla difesa comunale - soltanto agli impianti funzionali all'abitazione e non già alle infrastrutture di comunicazioni elettroniche. 2.2.3. Sotto diverso profilo, non può giustificare il diniego di autorizzazione, sotto il profilo motivazionale, il riferimento alla previsione regolamentare comunale che vieta l'installazione di impianti di telefonia mobile nei fabbricati in cui risiedono ragazzi di età inferiore a 14 anni. Tale norma, infatti, non può trovare applicazione nella fattispecie e il diniego impugnato, nella parte in cui richiama il divieto in questione, è illegittimo in quanto non è compito dei Comuni, nella materia in esame, tutelare la salute pubblica, trattandosi di prerogativa dello Stato, come emerge dagli artt. 4 e 8 della legge n. 36 del 2001. Del resto, l'impianto per cui è causa ha ricevuto il parere favorevole dell'A.R.P.A., unico ente competente in materia, nell'ambito della conferenza di servizi, e ciò denota l'assenza di pregiudizi per la salute. 2.2.4. Non è poi sufficiente a giustificare il diniego neppure il rilievo secondo cui "la localizzazione dell'impianto non rientra tra quelle deliberate nel Regolamento sopra citato". Invero, l'attività "pianificatoria" (recte: disciplinatoria in via regolamentare, nella fattispecie) posta in essere dal Comune va intesa "nel senso che l'indicazione dei siti idonei non è tassativa e che, laddove il gestore proponga siti diversi, l'ufficio competente deve svolgere un'istruttoria tecnica per verificare che tali siti non siano incompatibili con gli interessi primari che il Piano delle antenne è preposto ex lege a tutelare" (cfr. TAR Marche, Ancona, sentenza n. 50 del 16 gennaio 2018, richiamata da T.A.R. Sardegna, Sez. I, 18.9.2024, n. 618/2024). Per contro, la valenza così fortemente limitativa che il Comune sembra avere attribuito al ridetto Regolamento rispetto alla realizzazione di interventi equiparati dal legislatore ad opere di urbanizzazione primaria non può dirsi logica né congrua, tenuto conto delle disposizioni contenute nell'art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 (a fortiori dopo le modifiche introdotte nel 2020 dal c.d. "decreto semplificazioni") in merito alle possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 241/2023, sebbene relativa a fattispecie non perfettamente sovrapponibile all'odierna vicenda). In altri termini, in tema di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile la normativa nazionale non consente di subordinare l'allocazione delle antenne radio ad una più stringente disposizione adottata dai singoli Comuni (Cons. St., Sez. VI, n. 4689 /2022; Sez. VI, n. 1050/2022; Sez. VI, n. 444/2018; Sez. III, n. 3970/2017; Sez. III, 14 febbraio 2014), per cui deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l'installazione di tali impianti introducendo limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. Il regolamento previsto dall'art. 8, comma 6 della l. n. 36/2001, dunque, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti di stazioni radio base, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali, ecc.), ma non può imporre limiti generalizzati alla installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l'interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale (C.d.S., Sez. VI, 9.1.2023, n. 222). 2.2.5. Un'ultima considerazione va fatta con riguardo agli altri aspetti di cui si dà conto nel parere tecnico del 13.6.2023, secondo cui: "1) L'intervento proposto non è ricompreso in aree perimetrate dal P.A.I. vigente; 2) L'intervento proposto ricade in zona "A" del PUC vigente; 3) L'intervento proposto ricade in ambito vincolato ai sensi del P.P.R. "Centro di Antica e prima formazione"; 4) l'intervento non ricade in ambito vincolato ai sensi dell'art. 142 del D.Lgs 42/04 e ss.mm.ii.; 5) L'intervento proposto riguarda un immobile per il quale non è stata dichiarata la conformità edilizia ai titoli abilitativi rilasciati: si rileva inoltre che lo stato attuale rappresentato nella pratica in oggetto non corrisponde a quello riprodotto nell'istanza del 1983 agli atti dell'ufficio (fascicolo edilizio n. 1507); 6) L'immobile oggetto di intervento è un fabbricato plurifamiliare del quale non sono stati indicati i titoli di proprietà ". Ebbene, si tratta di aspetti che, benché presi in considerazione nella prima parte del parere in questione, non sono stati poi in alcun modo richiamati, nella parte finale, tra le ragioni espressamente indicate a giustificazione del dissenso al rilascio dell'autorizzazione (riportate testualmente supra, sub par. 2.2.1). A rigore, dunque, i richiamati elementi non potrebbero tecnicamente farsi rientrare nel reticolo motivazionale del ridetto parere (né tantomeno, per relationem, del provvedimento di diniego che quel parere ha fatto proprio). Il richiamo agli stessi nelle difese comunali, pertanto, dovrebbe essere inteso - come dedotto, peraltro, dalla ricorrente - come una inammissibile integrazione postuma della motivazione. In ogni caso, anche a volerne ammettere la rilevanza sotto il profilo motivazionale degli atti gravati, nemmeno i profili de quibus sono idonei a sorreggere la determinazione di diniego. Da un lato (con riguardo alle "aree perimetrate dal P.A.I. vigente", alla "zona "A" del PUC vigente" e all'ambito vincolato ai sensi del P.P.R. "Centro di Antica e prima formazione") valgono, infatti, le medesime considerazioni già esposte sopra, sub par. 2.2.2, cui si rinvia per brevità . D'altro lato, i rilievi secondo cui per l'immobile in questione "non è stata dichiarata la conformità edilizia ai titoli abilitativi rilasciati", che "lo stato attuale rappresentato nella pratica in oggetto non corrisponde a quello riprodotto nell'istanza del 1983 agli atti dell'ufficio (fascicolo edilizio n. 1507) e che "l'immobile oggetto di intervento è un fabbricato plurifamiliare del quale non sono stati indicati i titoli di proprietà " si sostanziano in mere allegazioni, non supportate da alcun riscontro probatorio documentale da parte del Comune resistente e contestate dalla ricorrente, alla quale non è stato nemmeno consentito di replicare al riguardo in sede procedimentale in quanto, come efficacemente dedotto con il secondo motivo di ricorso, il Comune ha comunicato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza solo successivamente all'adozione del provvedimento di diniego, così applicando in maniera illogica le disposizioni di cui all'art. 10-bis della l. n. 241/1990. Le censure, pertanto, meritano accoglimento. 2.3. In ragione delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto e va pertanto annullato il diniego di autorizzazione impugnato, con il conseguente obbligo per l'Amministrazione di rideterminarsi sulla istanza della ricorrente, entro sessanta giorni, tenendo conto dei rilievi sopra svolti. 2.4. Le spese del giudizio sono poste a carico del Comune di (omissis), secondo il criterio della soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo; possono essere compensate nei confronti delle altre Amministrazioni evocate in giudizio, considerato il ruolo svolto dalle stesse nella vicenda. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti indicati in motivazione. Condanna il Comune di (omissis) alla rifusione delle spese del giudizio in favore della ricorrente, liquidandole complessivamente in Euro 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato, ove versato. Spese compensate nei confronti delle altre Amministrazioni. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente Oscar Marongiu - Consigliere, Estensore Gabriele Serra - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 335 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da In. Wi. It. S.p.A. (in forma abbreviata In. S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ed. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso il suo studio in Roma, via (...); contro Ministero della Difesa, Ministero della Cultura, Segretariato regionale del Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna, ENAC Ente Nazionale Aviazione Civile- Ufficio Direzione Operazioni Territoriali, Comando Militare Esercito della Sardegna, Ministero della Difesa - Stato Maggiore Marina, Comando Scuole Aeronautica Militare IIIª Regione Aerea, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Cagliari, via (...); Comune di (omissis), Settore 11 Pianificazione Urbanistica - Strategica - SUAPE, Ufficio Edilizia Privata e Certificazioni, Ufficio Patrimonio, Ufficio Urbanizzazioni Primarie, Ufficio Ambiente, Ufficio Polizia Municipale, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ca. Au. Me. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Città Metropolitana di Cagliari, Regione Sardegna, UTP Sardegna Meridionale, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA) - Sardegna, non costituite in giudizio; per l'annullamento: I) per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della "Determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi - Provvedimento unico n. 43/D del 9.3.2023", adottata dal Comune di (omissis) - "Settore 11 Pianificazione Urbanistica - Pianificazione Strategica - SUAPE - Fondi U.E. Paesaggio - Attività Produttive - Promozione del Territorio - Turismo", comunicata alla odierna ricorrente tramite PEC del 10.3.2023; - dei seguenti atti, così come evocati testualmente nella suddetta determinazione e nella istruttoria della precedente pratica di cui al codice univoco (omissis): -- nota prot. n. 3719278/3719281/3719281/3719290 del 20.12.2022 del Comune di (omissis); -- nota del responsabile SUAPE inserita nel portale regionale in data 22.2.2023, prot. n. 3894640/2023; -- nota del dirigente del Settore Ufficio Edilizia Privata e Certificazioni del Comune di (omissis), inserita nel portale regionale in data 29.12.2022, prot. n. 3746112/2022; -- nota del dirigente del Settore Ufficio Urbanizzazioni Primarie del Comune di (omissis) inserita nel portale regionale in data 29.12.2022, prot. n. 3747323/2022; -- Piano triennale di localizzazione degli impianti di telefonia mobile e Determinazione dirigenziale di approvazione del Piano di localizzazione n. 1906 del 21.7.2009, così come integrato e approvato con la determinazione n. 275 del 23.3.2015; -- nuovo Piano Generale di Localizzazione integrato, approvato con determinazione dirigenziale n. 271 del 13.4.2018; -- Piano di localizzazione approvato con determina n. 1479 dell'11.11.2022, con la recente integrazione al Piano; -- parere sfavorevole relativo alla realizzazione della SRB, relativo alla pratica codice univoco (omissis); -- Piano comunale di localizzazione vigente, come definito nel Regolamento per l'insediamento, l'esecuzione ed il monitoraggio degli impianti di telecomunicazione, incluso il relativo art. 18, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 69 del 28.6.2011, unitamente al predetto Regolamento e alla predetta delibera C.C. n. 69/2011; -- art. 12.2. della Direttiva SUAPE, di cui alla Delibazione di G.R. n. 49/19 del 5.12.2019 e All. A alla stessa; -- Piano Triennale di Localizzazione degli impianti di telefonia mobile; -- Determinazione di approvazione del Piano di Localizzazione n. 1906 del 21.7.2009, così come integrato e approvato con la Determinazione n. 275 del 23.3.2015; -- "ove occorrer possa", il Piano Generale di Localizzazione integrato con la previsione degli impianti futuri, approvato con determinazione dirigenziale n. 271 del 13.4.2018; -- il Piano Generale di Localizzazione vigente; - nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale; II) per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 28.11.2023: - della "Determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi Provvedimento unico di diniego bis n. 134/D del 19.9.2023", adottata dal Comune di (omissis) - Settore 11 Pianificazione Urbanistica - Pianificazione Strategica - SUAPE - Fondi U.E. Paesaggio - Attività Produttive - Promozione del Territorio - Turismo; - "ove occorrer possa", dei seguenti atti, laddove ritenuti preclusivi per la pretesa fatta valere dalla ricorrente: -- atto del 31.7.2023, adottato dal Comune di (omissis) - Settore Urbanistico - Servizio opere di urbanizzazione primarie, avente ad oggetto "installazione nuova SRB TI. - Codice univoco (omissis) - ordinanza TAR 335 del 2023 riesame dell'istanza a seguito del ricorso Wi. It. (In. SPA) e della implementazione del predetto atto formulata in calce allo stesso dalla Dirigente An. Ma. Ra."; -- atto del 28.8.2023, adottato dal Comune di (omissis) - Settore Urbanistica - Servizio opere di urbanizzazione primarie, avente ad oggetto "installazione nuova SRB TI. - Codice Univoco (omissis) - ordinanza TAR 335 del 2023 riesame dell'istanza a seguito di ricorso Wi. It. SpA (In. SpA)"; -- atto del Comune di (omissis) - Settore 11 Pianificazione Urbanistica - Pianificazione Strategica - SUAPE - Fondi U.E. - Paesaggio - Attività Produttive - Promozione del territorio, recante il "prediniego e comunicazione della sussistenza di motivi ostativi per l'interessato, ai sensi dell'art. 10 bis L. 241/90"; -- atto del Comune di (omissis) - Settore 11 Pianificazione Urbanistica - Pianificazione Strategica - SUAPE - Fondi U.E. - Paesaggio - Attività Produttive - Promozione del territorio, recante l'indizione della conferenza di servizi in forma semplificata ed in modalità asincrona; - "ove occorrer possa", dei seguenti atti così come evocati nell'impugnato atto del 31.7.2023, laddove intesi in senso preclusivo per la pretesa fatta valere dalla ricorrente: -- il Piano Triennale di Localizzazione degli impianti di telefonia mobile; -- la determinazione dirigenziale di approvazione del Piano di Localizzazione n. 1906 del 21.7.2009, così come integrato e approvato con la determinazione n. 275 del 23.3.2015; -- il nuovo Piano Generale di Localizzazione integrato, approvato con Determinazione dirigenziale n. 271 del 13.4.2018; -- il Piano di localizzazione approvato con determina n. 1479 dell'11.11.2022; -- il Piano comunale di localizzazione vigente; -- il Regolamento approvato con delibera del C.C. n. 69/2011, incluso l'art. 18, con la stessa delibera del C.C. n. 69/2011; -- il Programma integrato di Santa Lucia; -- il Piano particolareggiato delle zone S; -- il vincolo cimiteriale e i vincoli di tipo paesaggistico e storico-culturale; - "sempre ove occorrer possa", dei seguenti atti così come evocati nell'impugnata "Determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi Provvedimento unico di diniego bis n. 134/D del 19.9.2023", laddove intesi in senso preclusivo per la pretesa fatta valere dalla ricorrente: -- atto del 10.11.2022, prot. n. 3587744/2022; -- atto del 20.12.2022, prot. n. 3719278/ 3719281/ 3719290; -- atto del 22.2.2023, prot. n. 3894640/2023; -- atto del 20.7.2023, n. 90449; -- atto del 20.7.2023, n. 4317806; -- atto del 31.7.2023, n. 4361195/2023; -- nota del 28.8.2023, prot. n. 4402284/2023; -- nota del 28.8.2023, prot. n. 4403466/2023; -- provvedimento del 9.3.2023 n. 43/D; - "ove occorrer possa", degli atti già impugnati con il ricorso introduttivo: - di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Ministero della Cultura, della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna, dell'ENAC - Ente Nazionale Aviazione Civile, del Comando Scuole A.M. IIIª Regione Aerea, del Comando Militare Esercito della Sardegna, del Segretariato Regionale del Ministero della Cultura, del Ministero della Difesa - Stato Maggiore Marina e del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2024 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La società In. Wi. It. S.p.A. (in seguito In. S.p.A.), odierna ricorrente, opera (quale tower operator) nel settore della installazione e dell'esercizio di impianti per l'espletamento, la gestione e la commercializzazione, senza limiti territoriali, dei servizi di comunicazione elettronica, in virtù di una autorizzazione generale per "l'installazione e la fornitura di una rete pubblica di comunicazione elettronica" ai sensi dell'art. 25 del d.lgs. n. 259/2003 (c.d. Codice delle Comunicazioni elettroniche) conseguita previa rituale istanza dell'1.4.2015. 1.1. Con il ricorso introduttivo ha impugnato la "Determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi - Provvedimento unico n. 43/D del 9.3.2023" (unitamente agli altri atti indicati in epigrafe), con cui il SUAPE del Comune di (omissis) ha rigettato la sua istanza di autorizzazione alla realizzazione di una nuova infrastruttura per stazioni radio base (SRB) di telefonia cellulare da posizionare a (omissis) in Via (omissis) snc. La determinazione in questione fa seguito ad altro precedente diniego del 27.9.2022 (già impugnato con distinto ricorso RG n. 809/2022, tuttora pendente) e alla presentazione, da parte dell'interessata, del Piano di sviluppo 2022-2024 in data 3.10.2022 e di una nuova istanza autorizzatoria per la realizzazione dell'infrastruttura de qua. 1.2. Il provvedimento impugnato richiama il parere sfavorevole dell'Ufficio Urbanizzazioni Primarie del Comune del 29.12.2022, nel quale si evidenzia che: - "l'istanza venne presentata dalla società TI. gestore del settore telefonia con la società In. realizzatore delle opere complementari di supporto dei sistemi di trasmissione radio elettrico, alla quale venne assegnato il codice univoco SUAPE (omissis)"; - "per la precedente pratica codice univoco (omissis) venne formulato parere sfavorevole alla realizzazione della SRB avendo riscontrato che tale nuova localizzazione non è contemplata nel Piano comunale di localizzazione vigente e come definito nel Regolamento approvato con delibera del C.C. n. 69/2011, il quale recita "qualora uno o più soggetti gestori non presentino un piano di localizzazione adeguato alle loro esigenze, le richieste relative alle nuove installazioni da formulare al competente ufficio SUAPE non potranno essere accolte" (art. 18 Regolamento comunale)"; - "l'intervento in esame riproposto non rispetta le previsioni del Piano sopracitato e del Regolamento comunale come già da istruttoria della precedente pratica di cui al codice univoco (omissis)". Nell'ambito della precedente istruttoria l'Ufficio Urbanizzazioni Primarie del Comune, nel parere sfavorevole di cui alla nota del 18.7.2022 (al quale rinvia per relationem il predetto parere successivo del 29.12.2022), aveva anche specificato che "la stazione radio base proposta per quanto denominata dal gestore TI. quale CAF8-PITZ'E SERRA (omissis), non trova riscontro con le previsioni del Piano Generale di Localizzazione vigente, in quanto contrariamente al Piano, la SRB viene richiesta su aerea privata e non nell'area comunale del (omissis)". 1.3. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: 1) "VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2-3-43-44-49 DEL D.LGS. N. 259/2003. VIOLAZIONE DELL'ART. 3 DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER ERRATA VALUTAZIONE DEI FATTI, CONTRADDITTORIETÀ MOTIVAZIONALE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA ED ILLOGICITÀ DECISIONALE, DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, INGIUSTIZIA MANIFESTA. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL SOCCORSO ISTRUTTORIO E DELLA LEALE COLLABORAZIONE. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITÀ E DI RAGIONEVOLEZZA AMMINISTRATIVA", in quanto: - nonostante la ricorrente abbia presentato il proprio Piano di sviluppo 2022-2024 in data 3.10.2022, il Comune ha adottato una decisione preclusiva che contraddirebbe quanto lo stesso Comune asserisce di pretendere, ossia la presentazione del Piano delle installazioni; - la previsione di cui all'art. 18 del Regolamento comunale, se intesa in senso preclusivo della pretesa fatta valere dalla ricorrente, sarebbe illegittima e non potrebbe trovare applicazione, perché in contrasto con la disciplina in materia e con l'esigenza di semplificazione e celerità ad essa sottesa, che connota il procedimento in esame e, quindi, la realizzazione degli impianti di comunicazione elettronica; - il Comune non ha considerato: i) l'indefettibilità e assoluta necessità del tipo di impianto da realizzare; ii) le sopravvenute esigenze di implementazione della rete; iii) la specialità ed il favor che segnano la normativa nazionale ed europea; iv) la natura di opera di urbanizzazione primaria dell'infrastruttura stessa; - la giurisprudenza consolidata ha chiarito che l'omessa indicazione del sito nel Programma non può in alcun modo costituire ragione di diniego 2) "VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3-14 BIS-14 QUATER - 21 SEPTIES- 21 OCTIES DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER ERRATA VALUTAZIONE DEI FATTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA ED ILLOGICITÀ DECISIONALE, DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, INGIUSTIZIA MANIFESTA. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITÀ E DI RAGIONEVOLEZZA AMMINISTRATIVA", in quanto il Comune, nonostante l'acquisizione di ben tredici pareri positivi, avrebbe preso in considerazione soltanto il parere adottato dall'Ufficio Urbanizzazioni Primarie del Comune, senza illustrare compiutamente le ragioni per le quali il parere sfavorevole in questione non poteva ritenersi superabile. 1.4. Si è costituito per resistere il Comune di (omissis), il quale ha eccepito il difetto di integrità del contraddittorio, per la mancata notifica del ricorso ad alcun soggetto controinteressato, ed ha inoltre sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 e dell'art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001, in quanto tali norme non terrebbero conto, "in nome di una esigenza di ammodernamento delle comunicazioni (abbondantemente soddisfatta) della nuova lectio del co. III dell'art. 9 e dell'art. 41 della Carta, con la quale la normativa invocata non pare del tutto conforme". 1.5. Le Amministrazioni statali evocate in giudizio si sono costituite con memoria di stile. 1.6. Alla camera di consiglio del 20 giugno 2023 il Collegio, con ordinanza n. 153/2023, ha accolto l'istanza cautelare disponendo il riesame dell'istanza della ricorrente. 1.7. Con successiva memoria il Comune, oltre a ribadire le precedenti difese, ha rilevato che "la ricorrente, in qualità di concessionario e subappaltatore, non ha provato la propria legittimazione processuale"; inoltre, ha eccepito la improcedibilità del ricorso, in quanto "dopo (...) l'adempimento della ordinanza cautelare, nessun motivo aggiunto è stato formato". 1.8. Successivamente il Comune ha indetto nuovamente la conferenza di servizi e sulla scorta del parere, nuovamente sfavorevole, del Servizio Opere di Urbanizzazione Primarie l'ha conclusa - dopo aver trasmesso all'interessata il "prediniego e comunicazione della sussistenza di motivi ostativi per l'interessato, ai sensi dell'art. 10 bis L. 241/90" - con il Provvedimento unico n. 134/D del 19.9.2023, con cui ha confermato il precedente diniego. Più nello specifico, nel parere sfavorevole del 31.7.2023 del Servizio urbanizzazioni primarie si evidenzia che: - "per la precedente pratica codice univoco (omissis) venne formulato parere sfavorevole alla realizzazione della SRB avendo riscontrato che tale nuova localizzazione non è contemplata nel Piano comunale di localizzazione vigente e come definito nel Regolamento approvato con delibera del C.C. n, 69/2011, il quale recita "qualora uno o più soggetti non presentino un piano di localizzazione adeguato alle loro esigenze, le richieste relative a nuove installazioni da formulare al competente ufficio SUAPE non potranno essere accolte" (art. 18 Regolamento comunale)"; - "l'intervento in esame riproposto non rispetta le previsioni del Piano sopracitato e del Regolamento comunale come già da istruttoria della precedente pratica di cui al codice univoco (omissis)". Nel parere in questione, quindi, "vista l'ordinanza TAR 335 del 2023 con la quale viene disposto il riesame dell'istanza a seguito del ricorso Wi. It. SpA (In. SpA)", "si riconferma per quanto di competenza di questo Ufficio, il parere sfavorevole già espresso in precedenza". Nella parte finale, poi, con riferimento alla comunicazione trasmessa in data 20.7.2023 dal Servizio Patrimonio del Comune, si aggiunge quanto segue: "In merito al ricorso In. inerente un diniego sulla possibilità di realizzare un nuovo impianto in un sito in proprietà privata censito al Foglio 8 particella 2540, si consideri che nel nuovo Piano è stata stabilita la possibilità di inserire nuovi impianti (21 B, 22 B e 23 B) nell'immobile denominato "(omissis) comunale", proprio in accoglimento delle osservazioni di In.. Siti che quindi vanno a implementare l'ospitalità già esistente su tale sito. In. in sede di partecipazione al procedimento di aggiornamento del Piano non ha mai evidenziato la necessità di insediarsi nell'area oggetto del ricorso al TAR Sardegna (peraltro inclusa nel perimetro del Programma Integrato di Santa Lucia con valenza di Piano Particolareggiato delle zone S, nel perimetro del vincolo cimiteriale pari a 100 mt, Cimitero oggetto di vincoli di tipo paesaggistico e storico-culturale). Nonostante il mancato interesse di In. a evidenziare questa esigenza, in sede di aggiornamento del Piano è stato comunque deliberato di destinare all'ospitalità di impianti di telefonia anche parte dell'area distinta in catasto al foglio 8 particella 312 (sito per SRB utilizzabile 17B)". Nel successivo atto del 28.8.2023 la Dirigente del Servizio urbanizzazioni primarie "conferma per intero quanto già espresso e comunica che il parere è fondato sull'assoluta incompatibilità dell'intervento rispetto alla normativa di settore e non è superabile con modifiche progettuali". 1.9. Avverso tali atti (e quelli ulteriori indicati in epigrafe) la ricorrente è insorta con ricorso per motivi aggiunti, articolando le seguenti censure: 1) "VIOLAZIONE DELL'ORDINANZA DEL TAR SARDEGNA, SEZ. I, N. 153 DEL 22.6.2023. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2-3-43-44-49 DEL D.LGS. N. 259/2003. VIOLAZIONE DELL'ART. 3 DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER ERRATA VALUTAZIONE DEI FATTI, CONTRADDITTORIETÀ MOTIVAZIONALE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA ED ILLOGICITÀ DECISIONALE, DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, INGIUSTIZIA MANIFESTA. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL SOCCORSO ISTRUTTORIO E DELLA LEALE COLLABORAZIONE. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITÀ E DI RAGIONEVOLEZZA AMMINISTRATIVA", in quanto: - il Comune, "nonostante il nitido portato della suddetta Ordinanza n. 153/2023 di Codesto Ecc.mo TAR e la granitica giurisprudenza all'uopo inveratasi, (...) persevera nell'adozione di scelte errate, pretestuose e volte sempre, comunque e pur che sia a precludere la legittima pretesa dell'odierna ricorrente", incorrendo nelle stesse violazioni già dedotte con il primo motivo del ricorso introduttivo; - sarebbe poi erroneo il riferimento al fatto che l'area de qua è "peraltro inclusa nel perimetro del Programma Integrato di Santa Lucia con valenza di Piano Particolareggiato delle zone S, nel perimetro del vincolo cimiteriale pari a 100 mt, Cimitero oggetto di vincoli di tipo paesaggistico e storico-culturale", giacché per consolidata giurisprudenza gli impianti di telefonia mobile non possono essere classificati come manufatti edilizi incompatibili con il vincolo cimiteriale: i) perché per le loro caratteristiche non sono in alcun modo classificabili come manufatti edilizi e non ledono gli interessi alla cui tutela è preordinato il vincolo invocato dal Comune; ii) perché sono assimilati alle "opere di urbanizzazione primaria" e come tali sono compatibili con qualsivoglia destinazione urbanistica, dimodoché il controllo esercitabile dai Comuni andrebbe circoscritto, sotto il profilo strettamente edilizio, al rispetto di eventuali norme contenute nei regolamenti edilizi locali o negli strumenti urbanistici, concernenti specificamente le opere di urbanizzazione primarie; 2) "VIOLAZIONE DELL'ORDINANZA DEL TAR SARDEGNA N. 153 DEL 22.6.2023. VIOLAZIONE DELL'ART. 37 DELLA L.R. N. 24/2016. VIOLAZIONE DELL'ART. 21 NONIES DELLA L. N. 241/1990", in quanto: - a fronte dei 45 giorni assegnati per il riesame dall'ordinanza cautelare n. 153/2023, il diniego è stato adottato dopo 61 giorni, con violazione anche dell'art. 37, comma 15, della l.r. n. 24/2016, secondo cui "in ogni caso il procedimento unico si conclude entro e non oltre sessanta giorni consecutivi dalla data di presentazione della pratica"; - si sarebbe verificato il silenzio assenso di cui all'art. 44, comma 10, del d.lgs. n. 259/2003, secondo cui il titolo autorizzatorio si ottiene per silentium decorsi sessanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, sicché il Comune, semmai, avrebbe dovuto agire in autotutela ex art. 21-nonies della l. n. 241/1990, anziché adottare il diniego gravato; 3) "VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3-14 BIS-14 QUATER - 21 SEPTIES- 21 OCTIES DELLA L. N. 241/1990. ECCESSO DI POTERE PER ERRATA VALUTAZIONE DEI FATTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA ED ILLOGICITÀ DECISIONALE, DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, INGIUSTIZIA MANIFESTA. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITÀ E DI RAGIONEVOLEZZA AMMINISTRATIVA", per le ragioni già illustrate nel secondo motivo del ricorso introduttivo. 1.10. Con memoria depositata il 5 gennaio 2024 il Comune ha insistito per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti, ribadendo le eccezioni e la questione di legittimità costituzionale in precedenza sollevate ed eccependo altresì la tardività dei motivi aggiunti in quanto "il parere tecnico negativo era disponibile sul portale sin dai primi giorni di agosto". 1.11. Alla camera di consiglio del 10 gennaio 2024 la ricorrente ha rinunciato all'istanza cautelare. 1.12. In vista dell'udienza di discussione le parti hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle rispettive posizioni. 1.13. Alla pubblica udienza del 17 aprile 2024 la causa è stata discussa e trattenuta in decisione. 2. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni processuali sollevate dal Comune. 2.1. In primo luogo, va respinta l'eccezione di difetto di integrità del contraddittorio. Sul punto, è sufficiente rilevare che nella vicenda per cui è causa non è individuabile alcun controinteressato in senso tecnico rispetto alla posizione di interesse pretensivo concretamente fatta valere dalla ricorrente. Nella fattispecie, infatti, l'interessata ha richiesto l'autorizzazione per la realizzazione di una nuova infrastruttura per stazioni radio base (SRB) di telefonia cellulare da posizionare su area privata a (omissis) in Via (omissis) snc, rispetto alla quale non è dato capire chi potrebbe rivestire la qualità di controinteressato in senso tecnico nei sensi prefigurati dalla difesa resistente. Occorre considerare, in particolare, che l'accoglimento dell'istanza in alcun modo impedirebbe agli altri operatori del settore di fare analoghe richieste su altri siti, privati o pubblici (v. su analoga questione, T.A.R. Sardegna, Sez. I, 18.9.2024, n. 618). 2.2. In secondo luogo, va respinta l'eccezione di difetto di legittimazione. La ricorrente, infatti, è senz'altro titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata che la distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere pubblico di cui si lamenta l'illegittimità, sia perché risulta destinataria dei provvedimenti impugnati, sia in ragione dell'autorizzazione generale da essa conseguita sin dal 2015, che le consente di installare e fornire una rete pubblica di comunicazione elettronica su tutto il territorio nazionale. 2.3. In terzo luogo, va respinta l'eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo per mancata proposizione dei motivi aggiunti, considerato che la ricorrente ha invece proposto ricorso per motivi aggiunti avverso gli atti adottati dal Comune a seguito del riesame (pur dovendosi precisare fin d'ora che il ricorso introduttivo è comunque improcedibile, per le ragioni che si esporranno infra). 2.4. Anche l'eccezione di tardività dei motivi aggiunti va respinta perché il dies a quo per la proposizione dell'impugnazione non ha iniziato a decorrere dalla conoscenza del "parere tecnico negativo", bensì dalla conoscenza del successivo provvedimento unico del 19.9.2023, rispetto al quale i motivi aggiunti, notificati il 18.11.2023, sono sicuramente tempestivi. 3. Ancora in via preliminare, non ha pregio la questione di legittimità costituzionale sollevata con riguardo agli artt. 3, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 e 8, comma 6, della l. n. 36/2001. Il troppo generico riferimento alla "nuova lectio del co. III dell'art. 9 e dell'art. 41 della Carta, con la quale la normativa invocata non pare del tutto conforme", infatti, non consente nemmeno di cogliere i profili in relazione ai quali si porrebbe la questione di costituzionalità, con la conseguente impossibilità di verificare la sussistenza dei necessari presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione (v. T.A.R. Sardegna, Sez. I, n. 618/2024, cit.). 4. Ciò premesso, e passando al merito, il ricorso introduttivo è improcedibile, mentre il ricorso per motivi aggiunti è fondato. Al riguardo il Collegio osserva quanto segue. 4.1. Anzitutto, occorre rilevare che il primigenio provvedimento di diniego, impugnato con il ricorso introduttivo, è stato integralmente superato e sostituito, a seguito di una nuova e compiuta istruttoria, svolta dall'Amministrazione in sede di riesame dell'istanza di In. S.p.A., dai successivi atti adottati dal Comune nelle more del giudizio, e in specie dal Provvedimento unico di diniego del 19.9.2023 e dagli atti e pareri ad esso prodromici (impugnati con il ricorso per motivi aggiunti). In ragione di ciò, la ricorrente non ha più interesse all'annullamento del diniego di cui al Provvedimento unico del 9 marzo 2023, avendo quest'ultimo ormai perduto efficacia, mentre l'interesse a ricorrere si è trasferito sui predetti nuovi atti confermativi del diniego. Il ricorso introduttivo, pertanto, va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d'interesse. 4.2. Va a questo punto esaminato il ricorso per motivi aggiunti, con cui - come detto - si impugna il diniego - e gli atti e pareri sfavorevoli ad esso prodromici - emessi a seguito del riesame. Le doglianze possono essere trattate congiuntamente in quanto strettamente connesse. 4.2.1. Dalla lettura degli atti di causa emerge che il provvedimento impugnato si fonda ancora una volta sul fatto che l'impianto proposto "non rispetta le previsioni del Piano sopracitato" (id est: il Piano Generale di Localizzazione vigente) "e del Regolamento comunale come già da istruttoria della precedente pratica di cui al codice univoco (omissis)". La SRB in questione, come ribadito anche dalla difesa comunale, si porrebbe in contrasto con le previsioni del Piano Generale di Localizzazione vigente in quanto, contrariamente al Piano, l'impianto verrebbe collocato su area privata e non nell'area comunale del (omissis); si tratterebbe dunque di una nuova localizzazione non contemplata nel Piano, sicché troverebbe applicazione l'art. 18 del Regolamento Comunale vigente, approvato con delibera del C.C. n. 69/2011, ai sensi del quale "qualora uno o più soggetti gestori non presentino un piano di localizzazione adeguato alle loro esigenze, le richieste relative a nuove installazioni da formulare al competente ufficio SUAPE non potranno essere accolte". Inoltre, nel parere sfavorevole fatto proprio dal gravato provvedimento unico di diniego, si evidenzia che l'area in questione è "inclusa nel perimetro del Programma Integrato di Santa Lucia con valenza di Piano Particolareggiato delle zone S, nel perimetro del vincolo cimiteriale pari a 100 mt, Cimitero oggetto di vincoli di tipo paesaggistico e storico-culturale" e ciò parrebbe ostare (non essendo il parere del tutto chiaro sul punto) alla realizzazione dell'impianto. In altri termini il Comune, da un lato, anche a seguito del riesame, insiste nel porre a base del diniego la circostanza che la ricorrente non ha richiesto previamente l'inserimento dell'impianto de quo nel Piano delle Localizzazioni; d'altro lato aggiunge nel ridetto parere un generico riferimento (senza ulteriori specificazioni) al fatto che l'area per cui è causa sarebbe interessata da un vincolo cimiteriale. 4.2.2. Nessuna delle due motivazioni è idonea a giustificare il gravato diniego. Sotto il primo profilo - e anche a non voler considerare che la ricorrente ha presentato fin dal mese di ottobre 2022 documentazione di programmazione triennale per porre rimedio alla mancanza eccepita dal Comune - osserva il Collegio che la sola circostanza della mancata indicazione dell'impianto di cui è causa nel Piano di localizzazione non è sufficiente a giustificare ex se il diniego di autorizzazione. Come chiarito dalla giurisprudenza, anche della Sezione, la materia dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche forma oggetto di dettagliata disciplina in ambito comunitario, secondo principi di semplificazione, celerità e trasparenza, codificati dal legislatore nel d.lgs. n. 259/2003, sicché ogni normativa, nazionale o regionale, che aggravi "ingiustificatamente" il procedimento di rilascio del titolo autorizzatorio, al di là dei requisiti e dei limiti previsti in via esclusiva dal citato decreto legislativo, deve essere disapplicata (T.A.R. Cagliari, Sez. I, n. 618/2024, cit.; v. anche T.A.R. Cagliari, Sez. I, del 22.6.2023, n. 452, che richiama ex multis: Cons. St., Sez. III, 14 febbraio 2014, n. 723; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II-quater, 8 luglio 2020, n. 7857; T.A.R. Campania - Salerno, Sez. II, 6 luglio 2020, n. 835; T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. I, 10 novembre 2015, n. 1468). L'attività "pianificatoria" posta in essere dal Comune va intesa "nel senso che l'indicazione dei siti idonei non è tassativa e che, laddove il gestore proponga siti diversi, l'ufficio competente deve svolgere un'istruttoria tecnica per verificare che tali siti non siano incompatibili con gli interessi primari che il Piano delle antenne è preposto ex lege a tutelare" (cfr. TAR Marche, Ancona, sentenza n. 50 del 16 gennaio 2018). Peraltro, la valenza così fortemente limitativa che il Comune sembra avere attribuito al ridetto Piano di localizzazione rispetto alla realizzazione di interventi equiparati dal legislatore ad opere di urbanizzazione primaria non può dirsi logica né congrua, tenuto conto delle disposizioni contenute nell'art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001 (a maggior ragione dopo le modifiche introdotte nel 2020 dal c.d. "decreto semplificazoni") in merito alle possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 241/2023, sebbene relativa a fattispecie non perfettamente sovrapponibile all'odierna vicenda). In tema di autorizzazione alla realizzazione di stazioni radio base per la telefonia mobile la normativa nazionale non consente di subordinare l'allocazione delle antenne radio ad una più stringente disposizione adottata dai singoli Comuni (Cons. St., Sez. VI, n. 4689 /2022; Sez. VI, n. 1050/2022; Sez. VI, n. 444/2018; Sez. III, n. 3970/2017; Sez. III, 14 febbraio 2014), per cui deve ritenersi illegittimo il regolamento comunale che vieti l'installazione di tali impianti introducendo limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio. Il regolamento previsto dall'art. 8, comma 6 della l. n. 36/2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti di stazioni radio base, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali, ecc.), ma non può imporre limiti generalizzati alla installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l'interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale (C.d.S., Sez. VI, 9.1.2023, n. 222). 4.2.2.1. Quanto al riferimento nel parere del 31.7.2023 al vincolo cimiteriale, il Comune non ha chiarito le ragioni che nella fattispecie rendono incompatibile l'impianto proposto dalla ricorrente - equiparato dal legislatore ad opere di urbanizzazione primaria - con la destinazione e le caratteristiche dell'area, in relazione alle quali va detto che non sono legittimi limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr., ex multis, T.A.R. Sardegna, Sez. I, ord. n. 344/2022; C.d.S., Sez. III, n. 2073/2017; Id., Sez. VI, n. 444/2018; Id., Sez. VI, n. 3853/2017; T.A.R. Puglia - Bari, Sez. III, n. 1049/2021; T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, n. 6568/2018). D'altra parte, secondo una giurisprudenza consolidata (cfr. C.G.A.R.S., Sez. giur., 19 aprile 2023, n. 289; T.A.R. Liguria, Sez. II, 6 settembre 2022, n. 731; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II quater, 24 febbraio 2022, n. 2187; Cons. Stato, Sez. III, 16 dicembre 2021, n. 13014; Cons. St., 28 febbraio 2017, n. 2964; id., Sez. III, 17 novembre 2015, n. 5257; id., Sez. V, 14 settembre 2010, n. 6671) le stazioni radio base per gli impianti di telefonia mobile non possono essere classificate come manufatti edilizi incompatibili con il vincolo cimiteriale, non ledendo in alcun modo gli interessi dei quali il vincolo in questione "persegue la tutela". Gli impianti di telefonia mobile, infatti, assimilabili ai tralicci dell'energia elettrica, non arrecano alcun danno al decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano problemi di ordine sanitario, non impediscono l'ampliamento del cimitero. Il divieto assoluto di nuove costruzioni riguarda solamente i manufatti che possono essere qualificati come costruzioni edilizie, come tali incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero. 4.2.3. Le censure, dunque, meritano accoglimento sotto i profili sopra evidenziati, che hanno portata dirimente e consentono di soprassedere su ogni altro profilo di doglianza. 4.3. Tanto basta a concludere per la fondatezza del ricorso per motivi aggiunti, che va dunque accolto; va pertanto annullato il diniego di autorizzazione impugnato, con il conseguente obbligo per l'Amministrazione di rideterminarsi sulla istanza della ricorrente, entro sessanta giorni, tenendo conto dei rilievi sopra svolti. 4.4. In ragione delle suesposte considerazioni il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile e il ricorso per motivi aggiunti va accolto, come sopra specificato. 4.5. Le spese del giudizio sono poste a carico del Comune di (omissis), secondo il criterio della soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo; possono essere compensate nei confronti delle altre Amministrazioni evocate in giudizio, considerato il ruolo svolto dalle stesse nella vicenda. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti: - dichiara improcedibile il ricorso introduttivo; - accoglie il ricorso per motivi aggiunti, nei sensi e per gli effetti indicati in motivazione. Condanna il Comune di (omissis) alla rifusione delle spese del giudizio in favore della ricorrente, liquidandole complessivamente in Euro 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato, ove versato. Spese compensate nei confronti delle altre Amministrazioni. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente Oscar Marongiu - Consigliere, Estensore Gabriele Serra - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 701 del 2024, proposto da -OMISSIS-, quali esercenti la responsabilità genitoriale sulla minore -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Ca. Ta. e Ma. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Ministero dell'Istruzione e del Merito e il Liceo Scientifico -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria "ex lege" in via (...); per l'annullamento previa adozione di idonee misure cautelari: - del provvedimento datato 18 luglio 2024 con il quale il Consiglio di Classe della -OMISSIS- del Liceo Scientifico -OMISSIS- ha deliberato la non ammissione alla classe successiva della studentessa indicata in epigrafe, e della successiva comunicazione del 19 luglio 2024; - di tutte le operazioni dello scrutinio finale e delle valutazioni ivi compiute adottate dal Consiglio di Classe della -OMISSIS- per quanto pregiudizievoli nei confronti della studentessa; - per quanto possa occorrere, del provvedimento e del relativo verbale del 7 giugno 2024 nella parte in cui il Consiglio di Classe sospende il giudizio nei riguardi della studentessa con riferimento alle materie Matematica e Fisica e delle operazioni con le quali sono stati svolte le prove scritte e orali di recupero nelle materie suindicate; - di tutti gli altri atti del procedimento antecedenti, conseguenti, successivi e comunque collegati per quanto pregiudizievoli alla ricorrente e per la declaratoria del diritto della studentessa a essere ammessa alla classe successiva. Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di mera forma del Ministero, con i relativi allegati; Vista la documentata relazione di chiarimenti dell'Istituto scolastico resistente, con i relativi allegati, depositata in adempimento alla ordinanza presidenziale istruttoria n. 247/2024; Visti tutti gli atti della causa, inclusa la memoria dei ricorrenti del 30.8.2024; Relatore nella camera di consiglio del 4 settembre 2024 il pres. Marco Buricelli e uditi l'avv. Ca. Ta. per i ricorrenti e l'avv. dello Stato Fa. Lo. per il Ministero; Sentite le parti ai sensi dell'art. 60 del c.p.a.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.I signori -OMISSIS-, quali genitori di -OMISSIS-, hanno impugnato il provvedimento del 18.7.2024 con il quale il Consiglio di classe della -OMISSIS- del Liceo Scientifico -OMISSIS-, con riferimento all'anno scolastico 2023/2024, ha deliberato la non ammissione della studentessa alla classe successiva. In particolare, i genitori espongono prima di tutto che negli anni scolastici precedenti la ragazza è sempre stata ammessa all'anno successivo e che solo con l'inizio del triennio (a.s. 2023/2024) ha iniziato a incontrare difficoltà notevoli nell'apprendere alcune materie - nello specifico, matematica. Di fronte a tali difficoltà, la ragazza ha intrapreso un percorso con una neuropsichiatra, al termine del quale, all'inizio del mese di novembre del 2023, è stato accertato che presenta "un'abilità intellettiva generale che rientra nella fascia del funzionamento intellettivo borderline [ed in particolare] nell'area del calcolo si osservano importanti difficoltà generalizzate che indicano la presenza di un disturbo specifico dell'apprendimento con compromissione del calcolo secondo i criteri del DSM-5". Per consentire alla interessata di poter proseguire l'anno scolastico l'Istituto, per l'a.s. 2023/2024, ha predisposto un piano didattico personalizzato (PDP), formalizzato e sottoscritto dai genitori in data 21.11.2023. A tale proposito, i genitori rilevano che alcune indicazioni contenute nel PDP - con riferimento in particolare alle misure dispensative e compensative previste - non sarebbero state seguite e che proprio la professoressa di matematica le avrebbe quasi del tutto disattese, costringendo la studentessa a sostenere gli esami nelle medesime condizioni degli altri studenti. In particolare, durante l'ultimo anno scolastico la studentessa non ha mai avuto due ore di lezione di matematica consecutive, e i compiti in classe venivano svolti, da tutti gli studenti, -OMISSIS- compresa, teoricamente in 60 minuti, ma in pratica in 45/50 minuti. Alla ricorrente, si sostiene, veniva inoltre assegnato lo stesso numero di esercizi previsti per gli altri alunni e solo a volte non veniva tenuto conto dello svolgimento di circa il 30% degli stessi. Non sono poi mai stati predisposti esercizi con modalità semplificate, giacché le indicazioni fornite prima del loro svolgimento erano uguali per tutti. Esposta così la vicenda, i ricorrenti evidenziano poi che la situazione psicologica di -OMISSIS- si è aggravata, e che la ragazza è stata costretta a intraprendere un percorso di psicoterapia. Durante lo scrutinio del 7.6.2024, il Consiglio di classe ha deliberato la sospensione del giudizio per la studentessa in matematica e in fisica, fissando a luglio gli esami di riparazione, senza tuttavia indicare - si sostiene - una strategia idonea per permettere alla ragazza di portare a compimento l'impegnativa prova. Anche durante la prova di recupero, il PDP non è stato attuato, e la studentessa ha sostenuto gli esami scritti e orali nello stesso arco temporale degli altri studenti, con lo stesso tempo a disposizione e senza esercizi né semplificati né esemplificativi, sì che, al termine dell'anno scolastico il Consiglio di classe ha deliberato di non ammetterla alla classe successiva. 2. Con il ricorso in esame è stato impugnato il risultato negativo dell'anno scolastico 2023/2024, con richiesta di annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari, degli atti in epigrafe. In particolare, con il primo e unico, articolato motivo i ricorrenti hanno dedotto "violazione e/o falsa applicazione degli art. 3, 34 e 97 della Costituzione; della legge 13 luglio 2015, n. 107; della direttiva ministeriale 27 dicembre 2012; delle circolari MIUR n. 8 del 6 marzo 2013 e n. 562 del 3 aprile 2019. Eccesso di potere per difetto di istruttoria". Ciò in quanto l'Istituto non avrebbe saputo garantire alla studentessa il supporto necessario per affrontare l'anno scolastico alla luce delle difficoltà manifestate dalla stessa. In particolare, non sarebbero state tenute in considerazione le prescrizioni stabilite nel PDP. La ragazza, infatti, ha sempre svolto le prove di matematica e fisica nello stesso tempo dei compagni e non ha mai avuto la possibilità di cimentarsi in prove predisposte appositamente per lei. I genitori sostengono l'illegittimità della prassi adottata dalla professoressa di matematica, che si limitava a non considerare, a prova conclusa, una parte delle risposte. Secondo i genitori, sarebbe stato invece opportuno predisporre un compito calibrato sulle capacità della studentessa, in modo da permetterle di affrontare la prova con maggiore serenità . Sulla questione, i ricorrenti richiamano una serie di precedenti giurisprudenziali con i quali è stata dichiarata l'illegittimità di provvedimenti di non ammissione alla classe successiva ogni qual volta la Scuola non ha dimostrato di avere adeguatamente tenuto conto della condizione dello studente. In particolare, ciò è avvenuto quando l'adozione del PDP si è rivelata un mero adempimento burocratico, senza che sia seguita una azione concreta di sostegno alle difficoltà dello studente. In conclusione, i genitori della ragazza prendono atto che, in questo caso, il Consiglio di classe ha verbalizzato che il PDP era idoneo ed era stato rispettato. Tuttavia, sostengono che ciò non corrisponderebbe al vero, poiché la loro figlia, alla prova dei fatti, non ha avuto la possibilità di svolgere prove adeguatamente predisposte per le sue necessità individuali, così da evitare che le sue difficoltà potessero compromettere il giudizio finale. Inoltre, la famiglia non è mai stata adeguatamente informata sull'andamento scolastico della ragazza. 3. Si è costituita in giudizio per resistere l'Amministrazione statale intimata, che, in adempimento all'ordinanza presidenziale istruttoria n. 247/2024, ha prodotto una relazione di chiarimenti sulla vicenda, corredata di atti e documenti utili ai fini del giudizio e si è opposta all'accoglimento del gravame. 4. Nella camera di consiglio del 4 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso alle parti della possibilità di definire il ricorso con decisione in forma semplificata ai sensi dell'articolo 60 del c.p.a.. 5. All'esito della discussione il Collegio ritiene anzitutto che sussistano i presupposti per decidere la causa nel merito, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 60 del codice del processo amministrativo. 6. Il ricorso è infondato e va respinto. Preliminarmente e in termini generali, come questa Sezione ha già avuto modo di precisare (v., di recente, la sentenza n. 644/2023, e l'ordinanza cautelare n. 241/2024, su vicende per alcuni aspetti analoghe a quella odierna), la valutazione del Consiglio di classe in ordine alla promozione o meno di uno studente alla classe successiva è espressione di discrezionalità di carattere tecnico-didattico, con la conseguenza che, per giurisprudenza consolidata, il che esime dal compiere citazioni specifiche ulteriori, il giudice amministrativo può annullare il provvedimento finale di non ammissione alla classe successiva solo in presenza di una irragionevolezza manifesta o di una palese illogicità, o di una motivazione carente o di un travisamento di fatti decisivi, tutte situazioni nella specie non sussistenti, come emerge dalla valutazione di non ammissione della studentessa alla classe successiva e dagli atti di causa, che verranno esaminati più dettagliatamente in seguito. Ancora, la valutazione finale degli studenti da parte del Consiglio di classe è espressione di un giudizio sulla loro preparazione, frutto di un apprezzamento discrezionale di carattere tecnico-didattico non sindacabile da questo giudice se non sotto il profilo della manifesta illogicità e contraddittorietà o del travisamento di fatti decisivi (TAR Sardegna, I, n. 644/2023, cit.). Per la decisione di questa controversia appare risolutivo osservare che la valutazione conclusiva di non ammissione alla classe successiva è stata motivata dal Consiglio di classe (cfr. verbale del 18.7.2024) sul rilievo che "l'alunna nel corso dell'anno scolastico ha mostrato difficoltà in varie materie. Nonostante siano state applicate tutte le misure compensative e dispensative previste nel PdP, non ha recuperato le materie con sospensione del giudizio e non ha colmato le lacune pregresse, dimostrando, ancora una volta, notevoli difficoltà . Non si considerano acquisiti nemmeno i saperi essenziali e non si ritengono raggiunti gli obiettivi minimi". Il Consiglio di classe, pertanto, ritenendo che le lacune essenziali di ordine conoscitivo riscontrate e il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi siano stati di gravità tale da impedire un proficuo percorso nel successivo anno scolastico, ha deliberato all'unanimità la non ammissione della studentessa alla classe successiva. Ciò rilevato in via preliminare, va rammentato poi che, prima ancora della legge n. 170 del 2010, recante "Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico", non specificamente richiamata nel ricorso, ma pertinente al caso in esame, a venire in rilievo in questa materia era, ed è, la legge delega n. 53 del 2003, di riforma del sistema scolastico italiano, che, all'art. 2, comma 1, lettera a), ha posto, tra i criteri della delega, il diritto "all'apprendimento in tutto l'arco della vita" e l'assicurazione per tutti di "pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro (...)" (sul punto, per un riepi del quadro normativo di riferimento, cfr. TAR Lazio, sez. III-bis, sent. 6.3.2023, n. 3628). A detta legge hanno fatto seguito, nella materia dei disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico, la legge n. 170/2010, dedicata soprattutto agli studenti con diagnosi di DSA - Disturbi Specifici dell'Apprendimento, e il decreto del Ministro dell'Istruzione 12 luglio 2011, n. 5669, con le allegate "Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento". Con il decreto da ultimo citato, in particolare, sono state individuate "le modalità di formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, le misure educative e didattiche di supporto utili a sostenere il corretto processo di insegnamento/apprendimento fin dalla scuola dell'infanzia, nonché le forme di verifica e di valutazione per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento (di seguito "DSA"), delle scuole di ogni ordine e grado del sistema nazionale di istruzione e nelle università " (art. 1 D.M. 5669/2011). A seguire, il 27 dicembre 2012 è stata emanata la direttiva MIUR (questa, richiamata nel ricorso), relativa agli "Strumenti d'intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica", la quale, partendo dal modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) dell'OMS, che considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale, ha evidenziato l'esistenza di un'area dello svantaggio scolastico che ricomprende problematiche diverse e più vaste dei DSA. Si tratta dell'"area dei Bisogni Educativi Speciali" (BES), entro la quale si ricomprendono "tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità ; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale", rispetto ai quali è richiesto che le scuole offrano una risposta adeguata e personalizzata Con riferimento agli studenti con DSA e, conseguentemente, per quelli con BES, gli strumenti apprestati dall'ordinamento sono individuati in primo luogo nelle misure dispensative e compensative indicate nel PDP (Piano Didattico Personalizzato), rispetto alle quali la finalità sottesa resta pur sempre quella di garantire livelli di apprendimento e competenze non inferiori a quelli minimi richiesti agli altri studenti, benché raggiunti e valutati secondo modalità che consentano di superare il deficit derivante dalla condizione di svantaggio. Difatti, la finalità delle misure compensative e dispensative è - salvo casi eccezionali, qui non rilevanti - proprio quella di assicurare all'alunno in condizione di svantaggio il raggiungimento, quantomeno, di obiettivi minimi di apprendimento, che non siano discriminanti o mortificanti rispetto agli altri studenti. Si legge, al riguardo, al comma 5 dell'art. 4 del decreto ministeriale n. 5669 del 2011, relativamente agli alunni e agli studenti con DSA, che: "L'adozione delle misure dispensative è finalizzata ad evitare situazioni di affaticamento e di disagio in compiti direttamente coinvolti dal disturbo, senza peraltro ridurre il livello degli obiettivi di apprendimento previsti nei percorsi didattici individualizzati e personalizzati". Sulla stessa scia si collocano la l. n. 107/2015 e le circolari del MIUR n. 8 del 6 marzo 2013 e n. 562 del 3 aprile 2019 (richiamate dai ricorrenti). In particolare, la circolare MIUR n. 8/2013 specifica che "Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata, si raccomanda - nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate - di adottare preventivamente le misure previste dalla legge n. 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo" (come avvenuto nella specie); e che "è compito doveroso dei Consigli di classe o dei teams dei docenti nelle scuole primarie indicare in quali altri casi sia opportuna e necessaria l'adozione di una personalizzazione della didattica ed eventualmente di misure compensative o dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva di tutti gli alunni". Applicando adesso le coordinate ermeneutiche suesposte alla fattispecie in esame, emerge con evidenza la infondatezza della censura sollevata. Come sui ricava dalla relazione illustrativa della docente di matematica agli atti di causa, alla studentessa è stato concesso: - l'uso del tablet per le annotazioni necessarie durante lo svolgimento delle lezioni; - il ricorso a strumenti compensativi quali mappe concettuali e/o altri mediatori didattici quali tabelle, formulari e tavola pitagorica, finalizzati a compensare le difficoltà, evidenziate nel certificato, che la studentessa ha riscontrato quando ha dovuto affrontare compiti nuovi che non poteva svolgere in modo automatico o già noti, nonché la dispensa dallo studio mnemonico; - l'uso della calcolatrice al fine di compensare difficoltà importanti e generalizzate nell'area del calcolo, che indicano la presenza di un disturbo specifico dell'apprendimento con compromissione del calcolo secondo i criteri del DMS-5, problematiche evidenziate anch'esse nel certificato e per le quali la studentessa è stata esentata dal calcolo mentale. Inoltre, nella relazione citata si evidenzia che: - le prove scritte venivano programmate con congruo anticipo, e la data quasi sempre veniva concordata con gli studenti, per evitare la somministrazione di più prove, considerate anche le altre discipline del curricolo, in tempi ravvicinati (vale a dire, in concreto, non più di due verifiche al giorno); - date e contenuti delle prove venivano resi noti a studenti e famiglie attraverso l'annotazione sul registro elettronico, con la indicazione anche degli argomenti oggetto di verifica; - la docente, al fine di esemplificare la traccia della prova, comunicava verbalmente quale sarebbe stata la struttura della stessa con riferimento a esercizi, problemi e quesiti per tipologia simili a quelli affrontati in classe nel corso delle lezioni o assegnati come compiti a casa; - all'inizio di ogni prova valutativa, la docente forniva a tutti gli studenti della classe chiare ed esaustive indicazioni sugli argomenti cui la prova si riferiva, spiegando i termini della consegna ed esemplificando, ossia facendo esempi e dando indicazioni degli argomenti cui ciascun esercizio si riferiva in modo da rendere più chiare le consegne della prova e mettendosi a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti; - tale azione chiarificatrice ed esemplificativa veniva inoltre svolta prestando una particolare attenzione, data la presenza nel gruppo-classe di altri quattro studenti DSA con PDP (per un totale di cinque, di cui uno con BES); - per gli studenti che si avvalevano di PDP e per i quali erano previsti tempi aggiuntivi, si è preferito optare per una riduzione del carico di lavoro da svolgere nello stesso tempo previsto per tutta la classe. In altri termini, per alleggerire il carico di lavoro e modulare l'impegno su una tempistica inferiore del 30% rispetto al compito standard, il numero di esercizi, problemi, domande, item, concorrenti alla definizione del voto doveva ritenersi decurtato di un terzo rispetto a quanto previsto per gli altri studenti, a parità di tempi con gli altri studenti; - la durata di un'ora per l'espletamento delle prove - oltre ad essere legata all'orario di servizio della docente - è stata decisa anche per la necessità di evitare, o ridurre, il rischio di un sovraccarico di impegno costituito da verifiche articolate su tempi lunghi, e ciò tenendo conto anche delle caratteristiche specifiche del gruppo classe. E, dunque, per permettere anche agli studenti con DSA di lavorare in modo sereno entro l'ora programmata per lo svolgimento della prova, la docente, secondo una prassi del resto comune e consolidata, ha diminuito il numero di esercizi necessari per raggiungere la scala di votazione. In questo modo il numero di esercizi da valutare coincideva con una estensione del 30% del tempo rispetto al compito destinato agli studenti che non si avvalevano del PDP. D'altra parte, per quanto concerne gli aspetti specificamente attinenti alla carente o incompleta attivazione, da parte della Scuola, di misure individualizzate e personalizzate (che nel caso in esame non appare sussistere), sembra opportuno in primo luogo fare richiamo alla giurisprudenza (su cui v., "ex plurimis", oltre alla già menzionata sentenza di questa Sezione n. 644/2023, TRGA Trento, n. 96/2022, Tar Lombardia - Milano, III, n. 1748/2017 e Tar Toscana, I, n. 1246/2017), per la quale sulla legittimità del giudizio finale di non ammissione alla classe successiva non possono incidere carenze della Scuola nella predisposizione degli strumenti di ausilio allo studente il quale presenti particolari carenze o difficoltà di apprendimento (strumenti di ausilio tra i quali vi è anche il piano didattico personalizzato di cui alla l. n. 170/2010), e questo perché il giudizio finale va formulato esclusivamente alla stregua della sufficienza o insufficienza della preparazione raggiunta dall'alunno. Le eventuali carenze della scuola in rapporto alla mancata o inappropriata predisposizione di attività di recupero, così come in ordine alle misure compensative, dispensative ed esonerative, non possono giustificare il passaggio alla classe successiva di uno studente con un profitto giudicato insufficiente, atteso che lo scrutinio è preordinato a valutare la presenza di una preparazione complessivamente idonea a consentire una proficua prosecuzione degli studi. Non appare poi superfluo rammentare, con Tar Toscana, I, n. 1246/2017, che "è il dato oggettivo del rendimento scolastico e della preparazione dimostrata dallo studente in varie materie a fungere da presupposto necessario e sufficiente per la decisione di scrutinio finale. Invero, il giudizio di non ammissione alla classe scolastica successiva, sebbene percepibile dall'interessato come provvedimento afflittivo, non ha carattere sanzionatorio, bensì finalità educative e formative, poiché si sostanzia nell'accertamento del mancato raggiungimento di competenze ed abilità proprie della classe di scuola frequentata che consigliano la ripetizione dell'anno scolastico proprio al fine di consentire di colmare lacune di apprendimento (evidenti nel caso di specie), nell'interesse specifico dell'alunno...". Il Collegio è consapevole dell'esistenza di talune pronunce - come, ad esempio, la recente sentenza del Tar Toscana, sezione IV, n. 192 del 2024 - che attribuiscono invece un rilievo significativo, ai fini della verifica di legittimità del provvedimento finale di non ammissione alla classe successiva, alla mancata attuazione di misure dispensative e compensative. Ritiene, nondimeno, di dover mantenere fermo il proprio orientamento. In ogni caso, guardando più da vicino il caso in esame si può prescindere da una "scelta di campo" basata sulla individuazione dei precedenti giurisprudenziali maggiormente convincenti. In punto di fatto, nessun inadempimento può essere ascritto all'Istituto scolastico in relazione alla rilevata omessa o comunque incompleta applicazione degli interventi individualizzati e personalizzati, così come indicati nel PDP. Nella vicenda in esame non risulta, invero, che l'Istituto scolastico abbia violato quanto previsto dalla l. n. 170/2010 e dal d.m. n. 5669/2011, avendo inoltre rispettato le prescrizioni della circolare del Miur n. 8 del 6 marzo 2013, concernente le indicazioni operative relative alla direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012. Il Collegio ritiene che il PDP approvato dall'Istituto e firmato dai genitori della studentessa, diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, si sia dimostrato, in concreto, tutt'altro che un mero adempimento burocratico: al contrario, uno strumento condiviso per consentire alla ragazza di raggiungere gli obiettivi previsti, rispettando il suo ritmo e il suo stile di apprendimento. Dagli atti di causa si evince in particolare che l'Istituto ha approvato e applicato in modo tempestivo il Piano Didattico Personalizzato (in data 21 novembre 2023), includendo l'indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate. L'affermazione difensiva di parte ricorrente secondo la quale la Scuola non avrebbe garantito alla ragazza il supporto necessario per affrontare l'anno scolastico, non avendo tenuto conto, alla prova dei fatti, delle prescrizioni stabilite nel PDP, risulta del tutto generica e priva di adeguato supporto probatorio. In particolare, il Collegio non ritiene illegittima la prassi seguita dall'Istituto di ridurre le consegne per ovviare al mancato aumento del fattore tempo a disposizione per terminare la prova. La dispensa dai tempi standard è correlata alle difficoltà degli alunni affetti da DSA nell'elaborare le informazioni. Spesso, si ovvia alla concessione di tempo in più riducendo il numero delle consegne, purché vengano garantiti gli obiettivi da raggiungere. Dunque, è da considerarsi legittima la riduzione delle consegne in luogo della concessione di tempi aggiuntivi, senza che vengano modificati obiettivi e voto finale. Inoltre, prevedere una didattica individualizzata e personalizzata non si traduce, come sembrano sostenere i ricorrenti, nel sottoporre la studentessa a prove diverse e personalizzate, nella specie esemplificate. Le linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento (allegate al d.m. 12 luglio 2011) chiariscono tale punto: "La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l'alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell'ambito delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente. La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e nel Decreto legislativo 59/2004, calibra l'offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così, per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione l'accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue 'preferenzè e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica personalizzata si sostanzia attraverso l'impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche, tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l'uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l'attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell'ottica di promuovere un apprendimento significativo. La sinergia fra didattica individualizzata e personalizzata determina dunque, per l'alunno e lo studente con DSA, le condizioni più favorevoli per il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento. La legge n. 170/2010 richiama infatti le istituzioni scolastiche all'obbligo di garantire "l'introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere". In particolare, ritornando al "fattore tempo", dalle linee guida allegate al d.m. 12.7.2011 si ricava che, "consentire all'alunno o allo studente con DSA di usufruire di maggior tempo per lo svolgimento di una prova, o di poter svolgere la stessa su un contenuto comunque disciplinarmente significativo ma ridotto, trova la sua ragion d'essere nel fatto che il disturbo li impegna per più tempo dei propri compagni nella fase di decodifica degli items della prova. A questo riguardo, gli studi disponibili in materia consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di prestazione dell'allievo, in che misura la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di calibrare di conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. In assenza di indici più precisi, una quota del 30% in più appare un ragionevole tempo aggiuntivo". Nel caso di specie dagli atti di causa emerge che la studentessa ha potuto sempre utilizzare gli strumenti compensativi durante le prove (v. ad es. le schermate dei messaggi scambiati tra studentessa e docente - all. 20 fasc. parte ricorrente - relativamente agli schemi/appunti predisposti dalla alunna stessa come ausilio per le prove). Inoltre, il corpo docente e il dirigente dell'Istituto si sono dimostrati disponibili a offrire più opportunità alla ragazza per colmare le gravi lacune, concedendole di ripetere la prova di recupero degli argomenti del primo quadrimestre, suddividendola in due parti, svoltesi il 9 e il 15 maggio 2024, su argomenti scelti dalla alunna stessa e nelle date a lei più confacenti. Non solo: su richiesta dei genitori è stata concessa alla ricorrente la possibilità di sostenere una prova scritta ulteriore, della durata di due ore. Anche questa verifica, come si legge nella relazione di chiarimenti (cfr. pag. 6, doc. 1 fasc. p.a.), è stata articolata in modo da consentire il recupero delle carenze relative sia al primo e sia al secondo quadrimestre. Tuttavia, in tutte le prove sostenute, nonostante l'utilizzo degli strumenti compensativi previsti, la ragazza ha continuato a manifestare lacune assai gravi, nonostante le tipologie di prove fossero le stesse proposte durante tutto l'anno. Sempre con l'intento di venire incontro alle specifiche esigenze dell'alunna è stata concordata una prova orale sugli stessi argomenti della prova scritta, suddivisa nuovamente in due parti. In base agli accordi tra studentessa e docente, la prova è stata sostenuta nei giorni 5 e 7 giugno 2024. Anche in questa occasione, nonostante l'utilizzo degli strumenti compensativi previsti, la ragazza ha mostrato lacune gravi su tutto il programma. Dunque, contrariamente a quanto affermato nel ricorso, l'Istituto ha permesso alla ragazza di utilizzare tutti gli strumenti di ausilio previsti dal PDP, il quale non è stato adottato come mero adempimento burocratico, ma è stato applicato in modo effettivo. Dagli atti risulta inoltre che, in sede di scrutinio, una volta indicati gli argomenti da recuperare, la studentessa è stata inserita nei corsi di recupero, svolti tra il 25 giugno e il 7 luglio 2024. Al termine di tali corsi, la ragazza ha sostenuto sia la prova scritta che quella orale per il recupero del debito formativo in matematica e in fisica, utilizzando sempre gli strumenti compensativi (mappe e calcolatrice). Tuttavia, anche in questa occasione, la studentessa ha dimostrato carenze gravi, conseguendo come voto tre nelle rispettive prove di recupero. Pertanto, il Consiglio di classe ha deciso con voto unanime di non ammetterla alla frequenza del quarto anno del Liceo Scientifico Sportivo. Le doglianze riguardanti le affermazioni asseritamente non veritiere della docente sulla mancata previa validazione degli strumenti compensativi (mappe concettuali, appunti, ecc.), comunque utilizzati dalla studentessa, non possono essere favorevolmente apprezzate, così come non sono condivisibili le censure riguardanti la mancata comunicazione e condivisione di informazioni "scuola-famiglia". In primo luogo, dall'"Elenco Valutazioni Alunno" - periodo 1.9.2023 - 7.6.2024, in atti, emerge che la famiglia è stata costantemente informata dell'andamento didattico-disciplinare della ragazza. E' agli atti che tutte le valutazioni compiute sono state puntualmente riportate sul registro elettronico, inclusi i giudizi relativi alle diverse prove, anche con commenti e/o indicazioni sulle lacune o fragilità emerse durante il sostenimento delle prove medesime, e sulla necessità che gli strumenti compensativi di cui avvalersi nel corso delle prove fossero validati dal docente della disciplina (e, dunque sulla necessità che tali strumenti venissero resi disponibili almeno qualche giorno prima della data fissata per la prova -cfr. all. 1 della relazione della docente Pa.). In secondo luogo, nel verbale n. 4 del 5 aprile 2024 (v. doc. 10 fasc. p.a.), si legge che "la... madre dell'alunna... comunica che la figlia è abbastanza serena e che a suo parere non ci sono modifiche da apportare al PDP. I docenti riferiscono alla Sig.ra...che la figlia presenta frequenti cali di attenzione durante le lezioni di tutte le discipline. Il perdurare di questi cali di attenzione potrebbe compromettere l'efficace apprendimento dell'alunna. Tutti i PDP vengono confermati. Si ribadisce, ancora una volta, a tutti i genitori, come alle alunne per le quali è stato predisposto il PDP e che possono avvalersi di mappe concettuali e schemi, sia stato spiegato tante volte che tali mediatori didattici devono essere predisposti dalle stesse individualmente, in base alle loro specifiche peculiarità e sin dalle prime fasi di studio, piuttosto che aspettare l'ultimo momento, poco prima delle verifiche (anche perché i docenti devono avere il tempo di visionarli e approvarli prima delle verifiche) e dovrebbero evitare di scambiarli e condividerli". Ciò basta per dimostrare che la condivisione e la comunicazione da parte dell'Istituto sono state effettivamente attuate. Tale conclusione è ulteriormente supportata dalle schermate WhatsApp allegate dagli stessi ricorrenti. In particolare, per quanto riguarda l'esame di recupero di matematica, non può considerarsi adeguata la condivisione dello schema tramite messaggio WhatsApp del 10 luglio 2024 alle ore 20:00, ossia il giorno precedente la prova finale, fissata per l'11 luglio 2024 dalle ore 8:30 alle 10:30. In base al percorso condiviso scuola-famiglia sarebbe stato opportuno che lo schema fosse stato messo a disposizione della docente con alcuni giorni di anticipo rispetto alla prova. Dallo screenshot della messaggistica allegata e dalle date delle prove riportate nel registro "Elenco valutazioni alunno", già più volte richiamato, emerge che la studentessa, quasi di regola, inoltrava gli appunti e gli schemi predisposti tramite WhatsApp il giorno prima dello svolgimento del compito. È infatti sin dalle prime prove (si veda il giorno 15.11.2023 dell'"Elenco valutazioni alunno", cit.) che viene evidenziata la necessità che gli strumenti compensativi dei quali avvalersi nel corso delle prove medesime (nella specie, appunti e schemi predisposti dalla stessa alunna) vengano resi disponibili almeno qualche giorno prima della data fissata per la prova, pena il mancato consenso all'utilizzo. Ciononostante, sembra che l'insegnante non abbia mai impedito alla ragazza di avvalersi degli schemi e degli appunti, nonostante il loro mancato invio tempestivo. Sul punto il Collegio, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, considera ragionevole che l'Istituto abbia ritenuto che il mancato riscontro alle richieste della docente possa avere influito in maniera negativa sull'efficacia degli strumenti compensativi. In effetti, la mancata condivisione di tali schemi/mappe con i docenti di riferimento, nei tempi e modi adeguati, potrebbe avere impedito, in concreto, che venissero apportate correzioni e/o aggiunte, limitando così la possibilità di rendere tali strumenti più utili e chiari, e di conseguenza, di supportare meglio la ragazza nel superamento delle prove. Questo aspetto emerge con chiarezza e in modo condivisibile anche dalle considerazioni espresse nella relazione della docente di matematica e fisica, Manzi (doc. 2 fasc. p.a.), la quale, in sede di esame di recupero in fisica, ha evidenziato che il formulario utilizzato dalla discente per sostenere la prova scritta del 12 luglio 2024 risultava incompleto e confuso. Ciò precisato, il Collegio osserva che se non può dubitarsi che lo studente affetto da accertato Disturbo Specifico dell'Apprendimento (DSA) debba essere in grado di seguire in maniera efficace il corso di studi mediante l'adozione delle più opportune misure dispensative e compensative, neppure può dubitarsi che, ai fini dell'ammissione alla classe successiva, per gli alunni affetti da DSA non sono previsti criteri valutativi differenti dalla norma, essendo prescritto esclusivamente l'obbligo per gli istituti scolastici di erogare una didattica individualizzata e personalizzata, e misure compensative o dispensative adeguate per dimostrare il reale livello di apprendimento raggiunto (TAR Lazio, Roma, sez. III, 01/01/2020 n. 9963). Nemmeno può affermarsi che, nel caso di alunni affetti da DSA, l'onere motivazionale del giudizio finale debba essere più gravoso rispetto a quello previsto per gli altri studenti (v. TAR Lombardia - Milano, sez. III, 09/05/2016, n. 911). In particolare, gli ausili compensativi e dispensativi previsti dalla legge in favore di soggetti affetti da DSA sono stati ideati al fine di permettere a questi ultimi di esprimere al meglio le proprie capacità, consentendo (anche solo in ipotesi) un percorso di apprendimento più efficiente. Si tratta di precetti che, per favorire un percorso scolastico soddisfacente attraverso misure didattiche di supporto, intendono garantire una formazione adeguata, promuovendo lo sviluppo delle potenzialità dell'individuo e riducendo disagi relazionali ed emotivi. Tuttavia, come chiarito anche nelle Linee Guida sopra citate, le misure indicate non mirano a creare percorsi immotivatamente facilitati che conducano necessariamente gli studenti con DSA a "successi formativi". Esse, inoltre, debbono essere sempre calibrate considerando l'effettiva incidenza del disturbo sulle "prestazioni" richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell'alunno o dello studente in questione (v. TAR Lombardia - Milano, sez. III, 02/09/2015 n. 1919 e, ivi, riferimenti giurisprudenziali ulteriori). Alla luce di quanto sopra, la decisione del Consiglio di classe risulta legittima e priva di aspetti di irragionevolezza o illogicità . Va considerato, inoltre, che la matematica, così come anche la fisica, rivestono un ruolo fondamentale nel "curriculum" di uno studente del Liceo Scientifico. Tali materie esigono una attenzione particolare in relazione alle conoscenze, abilità e competenze maturate dallo studente, poiché il passaggio al livello successivo di apprendimento presuppone che determinate conoscenze siano già state acquisite precedentemente. In caso contrario, non si potrebbe proseguire nell'apprendimento delle materie. Pare il caso di aggiungere che nella relazione depositata della docente -OMISSIS- (doc. 2, cit.) si evidenzia che in sede di esame di recupero (scritto e orale - 12 e 13 luglio 2024) la ragazza, nonostante si fosse avvalsa dell'uso di un formulario - ancorché incompleto e confuso - e della calcolatrice scientifica, ha dimostrato da una parte di non sapere utilizzare tali strumenti e dall'altra di non conoscere la teoria, evidenziando scarsa autonomia nello svolgimento degli esercizi e nella risposta alle domande teoriche. Sottolinea, la docente, che per facilitare l'alunna, in sede di esame di recupero, era stata riproposta la stessa tipologia di esercizio già svolta durante l'anno scolastico per facilitare l'esame della interessata. Dalla documentazione prodotta in giudizio, quindi, non risultano addebitabili omissioni all'Istituto scolastico circa la mancata applicazione del PDP. Il Collegio, pur prendendo atto della peculiare situazione individuale della studentessa, ritiene nondimeno non superabile il dato oggettivo costituito dalle insufficienze gravi nelle materie oggetto di recupero. Risulta attuato il sostegno del corpo docente e del dirigente al fine di consentire alla ragazza di colmare le carenze nelle due materie. L'Amministrazione ha dimostrato di avere adeguatamente tenuto conto della condizione dell'alunna. A fronte di questa situazione, risulta legittima e ragionevole la decisione di non ammettere la studentessa alla classe successiva, considerate le gravi lacune non colmate. Né, come già rilevato, è sindacabile da questo giudice, attenendo al merito della valutazione didattica finale, il giudizio prognostico formulato dal Consiglio di classe sulla non proficuità della frequenza della classe superiore da parte della studentessa, una volta accertato il mancato raggiungimento del livello di apprendimento minimo ritenuto indispensabile per fronteggiare un impegno - quello proprio della classe successiva - certamente più gravoso. Il Tribunale ha già avuto occasione di puntualizzare, con riguardo a controversie simili a quella odierna, che la mancata promozione alla classe scolastica successiva, quantunque ben si comprenda come possa essere percepita dall'interessato come provvedimento afflittivo, non ha carattere sanzionatorio. Essa persegue finalità educative e formative, concretizzandosi nell'accertamento del mancato raggiungimento di competenze e abilità, il che consiglia la ripetizione dell'anno proprio al fine di permettere di colmare le lacune di apprendimento, nell'interesse specifico dello studente, e questo soprattutto quando, come è avvenuto nel caso di specie, le carenze dimostrate siano molto gravi e riguardino materie fondamentali per l'indirizzo di studi scelto. Per le ragioni suesposte, risulta sufficiente e razionale la motivazione del giudizio di non ammissione alla classe superiore in quanto legata alla necessità di consentire all'alunna di consolidare conoscenze e competenze in materie di indirizzo rispetto alle quali ella manifesta difficoltà . Il passaggio alla classe successiva non farebbe che aggravare il deficit conoscitivo della studentessa. Il ricorso va dunque respinto. Le spese possono nondimeno essere compensate, considerata anche la natura della controversia. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Dispone che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente. Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del 4 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli - Presidente, Estensore Gabriele Serra - Primo Referendario Roberto Montixi, Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI CAGLIARI SEZIONE I CIVILE in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Tania Scanu, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 2690 del ruolo degli affari contenziosi civili per l'anno 2020 promossa da (...), elettivamente domiciliato in Cagliari nello studio dell'avv. Ma.La. che lo difende e rappresenta per procura alle liti depositata in atti, opponente contro (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, in qualità di mandataria all'incasso della (...) con domicilio eletto in Cagliari nello studio dell'avv. Ma.Ca., difesa e rappresentata, per procura alle liti depositata in atti, dall'avv. Gi.Is., opposta FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE Con citazione regolarmente notificata, (...) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 150/2020 del 17.02.2020, con cui questo Tribunale, su ricorso della (...) gli aveva ingiunto il pagamento di euro 15.845,80 oltre accessori, pari al debito restitutorio residuo (oggetto di molteplici cessioni attuate ai sensi della L. n. 130/1999) originato da un contratto di finanziamento, concluso con la (...) in data 18.04.2000. Con comparsa di costituzione e risposta del 31.07.2020, si è costituita in giudizio la (...) (...) la quale ha chiesto il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo. Nelle note ex art. 127 ter cod. proc. civ. depositate per l'udienza del 23.04.2024, i procuratori delle parti, muniti, fra l'altro, di procura a conciliare, hanno dichiarato di accettare la proposta conciliativa formulata, ai sensi dell'art. 185 bis cod. proc. civ., con ordinanza del 28.11.2023 e hanno, pertanto, chiesto che fosse dichiarata cessata la materia del contendere a spese integralmente compensate. La causa è stata dunque spedita a sentenza ai sensi dell'art. 281 sexies cod. proc. civ.. Deve essere dichiarata cessata la materia del contendere. Infatti, per giurisprudenza pacifica, la cessazione della materia del contendere presuppone, per un verso, che nel corso del processo siano sopravvenute circostanze tali da escludere la persistenza di ragioni di conflitto fra le parti - e, dunque, l'interesse dei litiganti a ottenere una pronuncia giudiziale sul merito della pretesa sostanziale dedotta in causa - e, per l'altro, che siano state formulate conclusioni conformi. Entrambe le condizioni, la cui ricorrenza può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice, sussistono nel caso in esame, dal momento che, avendo le parti, a mezzo dei rispettivi procuratori, accettato la proposta conciliativa formulata ai sensi dell'art. 185 bis cod. proc. civ. con ordinanza del 28.11.2023, non persistono le condizioni per pronunciare sentenza di accoglimento o di rigetto dell'opposizione; la lite deve, pertanto, reputarsi definita con rinuncia della (...) alla pretesa creditoria azionata con l'opposto decreto ingiuntivo. In attuazione dell'accordo, devono altresì essere integralmente compensate fra le parti le spese del giudizio, incluse quelle della fase monitoria. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, 1) dichiara cessata la materia del contendere; 2) dispone, fra le parti, la compensazione integrale delle spese di lite, incluse quelle del giudizio monitorio. Cagliari, 4 giugno 2024.

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