Sentenze recenti Tribunale L'Aquila

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  • Il lodo arbitrale irrituale può essere annullato per errore essenziale sulla formazione della volontà degli arbitri, quando essi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa, ma non per errori attinenti alla determinazione adottata sulla base del convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti. L'arbitro non può introdurre nel processo prove da sé acquisite o decidere la causa avvalendosi di conoscenze di carattere privato, in quanto ciò integra la violazione del principio del contraddittorio che governa l'arbitrato irrituale processualizzato. La rinuncia preventiva all'impugnazione del lodo irrituale non è ammessa, in assenza di una specifica previsione normativa che la consenta, essendo tale patto privo di effetti. Il giudice non può, d'ufficio, sostituire la determinazione contrattuale del lodo irrituale con altra statuizione negoziale, in difetto della richiesta congiunta delle parti.

  • Il prelievo di somme dal conto corrente cointestato ai coniugi in regime di comunione legale dei beni, non giustificato dall'impiego per le esigenze della famiglia, comporta l'obbligo di restituzione della quota eccedente i proventi personali del coniuge prelevante, in quanto tale somma appartiene alla comunione de residuo e non può essere considerata di pieno diritto acquisita dal coniuge percettore. Tuttavia, le attribuzioni effettuate da un coniuge in favore dell'altro in costanza di matrimonio, in assenza di prova contraria, si presumono sorrette da una giusta causa e pertanto non ripetibili, in quanto concorrenti alla realizzazione del progetto di vita in comune, senza che rilevi la misura del contributo di ciascuno. Pertanto, le somme pagate da un coniuge a titolo di rate di un finanziamento contratto in regime di comunione legale nell'interesse della famiglia non sono ripetibili dall'altro coniuge, salvo diverso accordo tra le parti.

  • La mancata stipula del contratto scritto tra la struttura sanitaria privata accreditata e la pubblica amministrazione, espressamente previsto dalla normativa, impedisce il riconoscimento del credito per le prestazioni sanitarie rese, in quanto il corrispettivo non può essere determinato in via equitativa né a titolo contrattuale né a titolo di arricchimento senza causa. Tuttavia, per le annualità in cui il contratto risulta validamente stipulato, la struttura sanitaria ha diritto al pagamento delle prestazioni rese entro i limiti di budget assegnati, con applicazione degli interessi moratori ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002, in quanto il rapporto tra le parti rientra nella nozione di "transazione commerciale". Le spese del giudizio sono liquidate in proporzione all'accoglimento della domanda, con compensazione delle spese di consulenza tecnica d'ufficio.

  • Il Ministero della Salute risponde ex art. 2043 c.c. per responsabilità aquiliana a titolo di colpa per omessa vigilanza e controllo sulla sicurezza delle emotrasfusioni e degli emoderivati, anche in epoca anteriore alla conoscenza scientifica dei virus HBV, HIV ed HCV, in quanto già dalla fine degli anni '60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale e possibile la rilevazione indiretta dei virus mediante indicatori della funzionalità epatica, gravando sul Ministero l'obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazioni delle transaminasi. Il Ministero è pertanto responsabile del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale subito dai congiunti del paziente deceduto a causa della patologia contratta per effetto delle emotrasfusioni, liquidato secondo i criteri tabellari, nonché del danno patrimoniale per spese funerarie e acquisto posto cimitero.

  • La Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico e delle funzioni amministrative di programmazione, coordinamento e controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, risponde ai sensi dell'art. 2052 c.c. dei danni cagionati dalla fauna selvatica, a prescindere dalla sussistenza di un dovere di custodia, essendo sufficiente il nesso di proprietà o utilizzazione dell'animale. Grava sul danneggiato l'onere di provare il nesso causale tra il comportamento dell'animale e l'evento dannoso, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell'animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo. Il danneggiato deve altresì provare di aver adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida, ai sensi dell'art. 2054 c.c. La Regione è tenuta al risarcimento del danno patrimoniale, documentato dal danneggiato, e del danno non patrimoniale, determinato sulla base di una consulenza tecnica d'ufficio.

  • La Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico e delle funzioni amministrative di programmazione, coordinamento e controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, risponde ai sensi dell'art. 2052 c.c. dei danni cagionati dalla fauna selvatica, a prescindere dalla sussistenza di un dovere di custodia, essendo sufficiente il criterio di imputazione della responsabilità fondato sulla proprietà o sull'utilizzazione dell'animale. Grava sul danneggiato l'onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell'animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l'adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi. Inoltre, il danneggiato ha l'onere di provare di aver adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida, ai sensi dell'art. 2054 c.c. Nell'ambito del giudizio di appello, l'appellante assume la veste di attore rispetto al giudizio d'appello e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, mediante la produzione della documentazione rilevante già depositata in primo grado e non riproposta in sede di gravame.

  • Il contratto di finanziamento stipulato per estinguere precedenti esposizioni debitorie del mutuatario verso il mutuante non è nullo per illiceità della causa, in quanto il pagamento dei propri debiti è un principio di ordine pubblico. L'utilizzazione di un finanziamento, anche fondiario, erogato dalla banca mutuante per il ripianamento di pregresse esposizioni debitorie verso la stessa banca, è ritenuta valida dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, superando il precedente indirizzo che qualificava tale contratto come simulato o illecito per mancanza di un effettivo spostamento di denaro, essendo sufficiente l'accredito in conto corrente delle somme erogate per integrare la "datio rei" giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l'estinzione del debito già esistente. Inoltre, il contratto di finanziamento finalizzato all'estinzione di precedenti rapporti non comporta anatocismo, in quanto la trasformazione degli interessi residui in capitale non determina la produzione di interessi su interessi. Infine, la penale prevista per il caso di estinzione anticipata del mutuo è estranea alla disciplina antiusura e non incide nella determinazione del tasso effettivo globale (TEG) ai fini della verifica dell'usurarietà del tasso convenuto.

  • Il Tribunale, nell'ambito di una controversia relativa alla responsabilità extracontrattuale per il decesso di alcuni soggetti in occasione del sisma del 6 aprile 2009 a L'Aquila, ha affermato i seguenti principi di diritto: 1. Il termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 2947 c.c. per l'azione di responsabilità extracontrattuale è applicabile nei confronti della Regione Abruzzo, in assenza di atti interruttivi della prescrizione e di una sua partecipazione al procedimento penale richiamato dagli attori, non risultando imputate persone fisiche riconducibili all'ente regionale. 2. Il Servizio Genio Civile presso la Regione Abruzzo non ha autonoma capacità di stare in giudizio ex art. 75 c.p.c., in quanto esplica la propria attività non in via autonoma bensì in seno alle Regioni e nello svolgimento di attività demandate dalla legge a queste ultime; pertanto, la responsabilità per gli atti posti in essere dal Genio Civile all'epoca dei fatti risulta semmai in capo all'attuale Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e non della Regione Abruzzo. 3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri è priva di legittimazione passiva, in quanto la responsabilità dei dipendenti e dei funzionari pubblici, ai sensi dell'art. 28 Cost., deve essere ricondotta all'ente pubblico di appartenenza, correttamente evocato in giudizio. 4. Il Comune di L'Aquila non può essere ritenuto responsabile, in quanto i controlli di sua competenza erano meramente amministrativi e finalizzati al rilascio di provvedimenti di tipo sanitario, non relativi al rispetto della normativa edilizia ed antisismica, la cui violazione è stata accertata in capo ad altri soggetti. 5. Le responsabilità per il crollo dell'edificio, causa del decesso dei congiunti degli attori, sono state attribuite al committente, ai progettisti, al direttore dei lavori, al collaudatore e agli uffici del Genio Civile e della Prefettura, non citati nel presente giudizio.

  • La Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico e delle funzioni amministrative di programmazione, coordinamento e controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, risponde ai sensi dell'art. 2052 c.c. dei danni cagionati dalla fauna selvatica, con l'unica possibilità di liberarsi da tale responsabilità dimostrando il caso fortuito, ovvero che la condotta dell'animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l'adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi. Grava, inoltre, sul danneggiato l'onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo, nonché di aver adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida, ai sensi dell'art. 2054 c.c. In sede di giudizio di appello, l'appellante assume la veste di attore rispetto al gravame e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, mediante la produzione della documentazione rilevante già depositata in primo grado, in mancanza della quale il giudice d'appello non può procedere a una rivalutazione del merito della decisione impugnata.

  • La massima giuridica che può essere estratta dalla sentenza è la seguente: La dichiarazione di fallimento in estensione del socio unico di una società di capitali, ai sensi dell'art. 147 l.fall. nel testo anteriore alle modifiche del 2006, non costituisce grave violazione di legge fonte di responsabilità civile del giudice, quando la decisione risulti frutto di un consapevole processo interpretativo, ancorché divergente dall'orientamento giurisprudenziale prevalente, purché non sconfinante nell'abnorme o nel diritto libero per negligenza inesplicabile. L'interpretazione fornita dal giudice, anche se minoritaria, non è di per sé sufficiente a integrare gli estremi della colpa grave, se non si rivela totalmente implausibile o in aperto contrasto con il dato normativo.

  • La responsabilità per il crollo di un edificio in cemento armato realizzato in zona sismica grava solidalmente sui soggetti che hanno omesso di adempiere ai doveri di vigilanza e controllo previsti dalla normativa antisismica vigente al momento della costruzione, nonché sul costruttore che ha eseguito l'opera in modo difforme dalle prescrizioni di legge e dalle regole della buona tecnica, con particolare riferimento alle operazioni di miscelazione, getto e compattazione del conglomerato cementizio. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell'Interno (per il tramite della Prefettura) sono responsabili per non aver diligentemente esercitato i compiti di vigilanza e controllo loro attribuiti dalla legge n. 1684 del 1962 e dal R.D.L. n. 2229 del 1939, rispettivamente in materia di edilizia antisismica e di opere in conglomerato cementizio, avendo certificato la conformità del progetto e dell'edificio realizzato alle prescrizioni normative, nonostante gravi carenze progettuali e costruttive. Parimenti, il costruttore e i suoi eredi sono responsabili per aver eseguito l'opera in modo difforme dalle regole tecniche, con particolare riferimento alle modalità di miscelazione, getto e compattazione del calcestruzzo, determinanti ai fini della resistenza e durabilità dell'edificio. Il concorso di colpa delle vittime, che si sono trattenute nell'edificio nonostante le scosse sismiche già verificatesi, determina una riduzione proporzionale del risarcimento dovuto ai loro eredi. Sono invece infondate le domande di regresso formulate dai Ministeri nei confronti degli altri convenuti, in quanto incompatibili con la responsabilità di natura oggettiva prevista dall'art. 2053 c.c. a carico dei proprietari dell'immobile. Il Comune di L'Aquila, invece, non risponde per il rilascio del certificato di abitabilità, essendo tale controllo meramente formale e presupponendo il previo rilascio del certificato di conformità antisismica da parte del Genio Civile.

  • Il fideiussore che ha effettuato il pagamento in favore del creditore garantito può agire in surroga nei confronti del debitore principale, ai sensi dell'art. 1203 n. 3 c.c., senza che il debitore principale possa opporre al fideiussore le eccezioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del creditore, qualora il fideiussore abbia effettuato il pagamento senza preavviso al debitore principale, ai sensi dell'art. 1952 c.c. Pertanto, il decreto ingiuntivo emesso a favore del fideiussore solvente deve essere confermato, in assenza di prova da parte del debitore principale di aver inviato al fideiussore una comunicazione idonea a impedirgli di effettuare il pagamento in favore del creditore garantito. La disciplina della fideiussione, contenuta negli artt. 1936 e ss. c.c., si applica anche ai rapporti tra il fideiussore e il debitore principale, indipendentemente dalla natura bancaria o meno del rapporto principale garantito, in quanto l'obbligazione fideiussoria ha carattere accessorio rispetto a quella del debitore garantito.

  • Il medico di base convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale ha l'obbligo di sottoporre il paziente alle indagini strumentali necessarie per evidenziare eventuali patologie cardiovascolari, anche in assenza di sintomi manifesti, e di porre in atto, di concerto con altri specialisti, tutte le strategie terapeutiche idonee a contrastare l'evoluzione peggiorativa della cardiopatia eventualmente riscontrata. L'omissione di tali accertamenti e l'errata valutazione dei sintomi riferiti dal paziente, con conseguente sottovalutazione della gravità del quadro clinico, integrano una condotta negligente del medico che, ove cagioni il decesso del paziente, comporta la responsabilità extracontrattuale del sanitario e della ASL per la quale egli opera in regime di convenzione, in quanto l'assistenza medico-generica rientra tra le prestazioni sanitarie che l'ASL è tenuta a garantire ai cittadini in forza della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale.

  • L'adozione del figlio del partner, prevista dall'art. 44, comma 1, lettera d) della legge n. 184 del 1983, può essere pronunciata anche a favore di una persona unita civilmente con il genitore biologico del minore, in assenza dello stato di abbandono, qualora risulti il preminente interesse del minore a vedere giuridicamente riconosciuto il rapporto di genitorialità sociale già consolidatosi di fatto, indipendentemente dall'orientamento sessuale dell'aspirante adottante. Tale interpretazione, conforme ai principi costituzionali e alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, mira a tutelare la stabilità del nucleo familiare esistente e a garantire il diritto del minore a mantenere i legami affettivi significativi, senza discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale dei genitori. La possibilità di adozione da parte del partner del genitore biologico, prevista dalla lettera d) dell'art. 44, non è condizionata dalla sussistenza di un vincolo matrimoniale tra i due, essendo sufficiente l'esistenza di un legame affettivo stabile e duraturo, come nel caso dell'unione civile, purché ciò corrisponda all'interesse preminente del minore.

  • Il contratto di cessione di quote sociali non può essere dichiarato nullo per simulazione relativa, in assenza di prova del carattere simulato dell'atto e della volontà delle parti di realizzare un diverso negozio giuridico. L'eventuale irrisorietà del prezzo pattuito non integra di per sé gli estremi della simulazione, ma al più può rilevare ai fini della qualificazione del negozio come vendita mista a donazione o negozio indiretto. L'incapacità naturale dell'alienante, che costituisce causa di annullamento del contratto ai sensi dell'art. 428 c.c., deve essere provata in concreto, non essendo sufficiente il mero fatto della malattia dell'alienante, in assenza di elementi che dimostrino l'effettiva incidenza di questa sulla capacità di intendere e di volere. Analogamente, il dolo dell'acquirente, quale causa di annullamento del contratto, deve essere adeguatamente allegato e provato, non essendo sufficiente il solo fatto che il contratto sia stato stipulato durante la degenza ospedaliera dell'alienante. L'errore sul prezzo, quale causa di annullamento del contratto ai sensi dell'art. 1431 c.c., deve essere essenziale e riconoscibile dall'altro contraente, circostanza che non ricorre nel caso in cui il prezzo pattuito, pur potendo essere inferiore al valore effettivo delle quote, rientri nell'ambito della fisiologica determinazione del prezzo in sede di trattativa. Infine, la risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell'art. 1457 c.c. presuppone che il termine per l'adempimento sia qualificato come essenziale, circostanza che non ricorre nel caso in cui il contratto preveda la possibilità di una diversa pattuizione tra le parti circa la scadenza del termine.

  • La Regione, quale ente titolare dei poteri di programmazione, coordinamento e controllo della fauna selvatica sul proprio territorio, risponde ai sensi dell'art. 2043 c.c. dei danni cagionati da animali selvatici alla circolazione stradale, a condizione che le sia stata conferita autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirle di svolgere efficientemente tale attività di gestione e di adottare le misure idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. Tale responsabilità sussiste anche in caso di delega di tali funzioni alle Province, purché la Regione abbia messo queste ultime nelle condizioni materiali di provvedere alla gestione ed al controllo della fauna selvatica. Tuttavia, il conducente del veicolo danneggiato concorre alla determinazione del danno qualora, in considerazione delle concrete circostanze note o conoscibili, non abbia adottato la necessaria prudenza e diligenza nella guida, adeguando la velocità e l'attenzione alla presenza di animali selvatici sulla strada.

  • Il Comune, in qualità di organo delegato dal Commissario per la ricostruzione durante la fase emergenziale antecedente all'emanazione dell'art. 67quater del d.l. n. 83/2012, è competente non solo a disporre la revoca dei benefici nel caso in cui, a seguito dei controlli, emergano delle irregolarità che impongono la decadenza dal diritto al contributo, ma anche ad integrare le somme dovute in caso di errori nella approvazione definitiva del contributo. Pertanto, la controversia avente ad oggetto l'accertamento del diritto dei beneficiari all'ottenimento di una integrazione del contributo pubblico ricevuto dall'Amministrazione locale, sulla base di requisiti predeterminati dalla legge, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario. Tuttavia, l'azione surrogatoria proposta dal professionista incaricato dai beneficiari è inammissibile, in quanto presuppone la qualità di creditore, che non può ritenersi sussistente in capo a chi vanta un credito non certo nella sua esistenza perché oggetto di accertamento giudiziale. Viceversa, è ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito proposta dai beneficiari, in quanto strettamente collegata al petitum ed alla causa petendi dell'azione principale, avendo ad oggetto la restituzione di quanto indebitamente già pagato al professionista con l'utilizzo di somme di natura pubblica, per effetto dei provvedimenti di approvazione definitiva del contributo da parte del Comune che hanno ridotto l'importo liquidabile a titolo di spese tecniche.

  • La Regione, quale ente deputato alla gestione e al controllo della fauna selvatica sul proprio territorio, è responsabile ai sensi dell'art. 2043 c.c. per i danni cagionati da animali selvatici alla circolazione stradale, a condizione che le sia stata conferita autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirle di svolgere tale attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. Tale responsabilità sussiste anche in caso di delega di tali funzioni alle Province, qualora queste ultime non siano state messe nelle condizioni materiali di provvedere alla gestione ed al controllo della fauna selvatica, in particolare per carenza di adeguati finanziamenti e strumenti. La negligenza della Regione nello svolgimento dei propri compiti di controllo, desumibile da circostanze di fatto quali l'incontrollata proliferazione e la sovrabbondanza di animali selvatici in determinate aree, il ripetersi di attraversamenti e sinistri stradali, la mancata adozione di misure di prevenzione e contenimento, integra la condotta colposa in nesso causale con l'evento dannoso, ai fini del risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. a carico della Regione. Pertanto, la Regione, quale ente competente per la gestione e il controllo della fauna selvatica, è responsabile ai sensi dell'art. 2043 c.c. per i danni cagionati da animali selvatici alla circolazione stradale, qualora non abbia adottato le misure idonee a prevenire e contenere tali danni, in particolare per carenza di autonomia decisionale e operativa o di adeguati finanziamenti e strumenti, ovvero per negligenza nello svolgimento dei propri compiti di controllo.

  • La responsabilità per i danni cagionati dalla fauna selvatica alla circolazione stradale grava sull'ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco o altro, a cui siano stati concretamente affidati, anche in attuazione della legge, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, a condizione che tale ente delegato abbia ricevuto l'autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. Tuttavia, il danneggiato ha l'onere di provare la condotta colposa dell'ente delegato in nesso causale con l'evento dannoso, non essendo sufficiente la mera titolarità dei poteri di gestione e controllo della fauna selvatica. Inoltre, anche ove si ritenga applicabile il regime di responsabilità oggettiva di cui all'art. 2052 c.c., grava comunque sul danneggiato l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, tenendo una condotta di guida immune da colpa.

  • Il contratto di fideiussione, anche se predisposto sulla base di uno schema contrattuale uniforme elaborato da associazioni di categoria, non è automaticamente nullo per violazione della normativa antitrust, essendo necessario accertare in concreto: 1) l'esistenza di un effettivo illecito anticoncorrenziale; 2) la corrispondenza dello schema contrattuale sottoscritto dal fideiussore a quello derivante dall'illecito; 3) la limitazione della libertà contrattuale del fideiussore in ragione di tale schema. La mera censura da parte dell'autorità di vigilanza di uno schema contrattuale astratto non è sufficiente a determinare la nullità riflessa dei singoli contratti di fideiussione, dovendo il fideiussore provare il nesso di derivazione e la lesione della propria libertà negoziale. Inoltre, la deduzione di nullità della fideiussione per violazione dell'art. 1341 c.c. è infondata laddove risulti che il fideiussore abbia approvato specificamente la clausola di deroga all'art. 1957 c.c. In tema di ripetizione dell'indebito, l'annotazione in conto corrente di interessi o commissioni illegittimamente addebitati comporta un mero incremento del debito del correntista o una riduzione del credito disponibile, ma non un pagamento suscettibile di ripetizione, che può aversi solo all'atto della chiusura del conto e della restituzione del saldo finale. Infine, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale è infondata ove manchi la prova specifica del pregiudizio subito.

  • La Regione Abruzzo è responsabile ai sensi dell'art. 2043 c.c. o dell'art. 2052 c.c. per i danni cagionati dalla fauna selvatica, in quanto ente a cui sono stati concretamente affidati, anche in via di delega, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirle di svolgere tale attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. Tuttavia, il danneggiato che sia a conoscenza della presenza di una fonte di richiamo per la fauna selvatica, come un canale irriguo, ha l'obbligo di adeguare la propria condotta di guida alle concrete condizioni della circolazione, moderando la velocità in modo tale da eludere il pericchio a lui soggettivamente noto, e il suo concorso di colpa, ove accertato, determina una riduzione proporzionale del risarcimento dovuto dalla Regione ai sensi dell'art. 1227 c.c. Il danno al veicolo può essere quantificato in base al preventivo di riparazione che risulti congruo in relazione all'entità dei danni accertati, mentre il danno alla persona è liquidato sulla base delle certificazioni mediche e della consulenza tecnica d'ufficio.

  • Il professionista incaricato di compilare e presentare una domanda di partecipazione a un bando pubblico è tenuto a svolgere tale attività con la diligenza richiesta dalla natura intellettuale della prestazione, verificando attentamente la completezza e la correttezza della documentazione presentata, al fine di evitare il rigetto della domanda per carenze oggettive. Qualora il professionista non adempia diligentemente a tale obbligo, egli è tenuto a restituire il compenso percepito per l'attività svolta, essendo il contratto di prestazione d'opera intellettuale risolto per inadempimento, senza che ciò comporti l'operatività della copertura assicurativa per responsabilità professionale, la quale riguarda solo le richieste di risarcimento danni e non le domande di restituzione del compenso.

  • La Regione, quale ente titolare dei poteri di gestione e controllo della fauna selvatica sul proprio territorio, risponde ai sensi dell'art. 2043 c.c. dei danni cagionati dalla fauna selvatica alla circolazione stradale, a condizione che sia provata una sua condotta colposa nell'esercizio di tali poteri, desumibile ad esempio dalla presenza incontrollata di animali in luoghi antropizzati, dalla reiterazione di sinistri stradali nello stesso tratto di strada e dall'omessa adozione di misure idonee a prevenire tali eventi dannosi. La responsabilità della Regione non può essere esclusa per il solo fatto che i poteri di controllo della fauna siano stati delegati dalla legge alle Province, in assenza di una concreta attribuzione alle stesse dei mezzi necessari per l'esercizio di tale funzione delegata. Ove la Regione non abbia fornito alle Province gli strumenti adeguati per svolgere efficacemente il controllo della fauna selvatica, essa rimane comunque responsabile per l'inadempimento dei propri doveri di gestione e controllo, senza potersi liberare dalla responsabilità mediante la mera delega di tali funzioni. Il danneggiato ha l'onere di provare tutti gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano, ivi inclusa la condotta colposa della Regione in nesso causale con l'evento dannoso.

  • Il diritto al contributo per la riparazione di un immobile qualificato come pertinenza dell'abitazione principale è subordinato alla sussistenza di specifici requisiti, oggettivi e soggettivi, che devono essere provati dal richiedente. In particolare, è necessario che il bene accessorio sia destinato in modo durevole a servizio o ornamento dell'abitazione principale, appartenga al medesimo proprietario e sia ad essa funzionalmente collegato, non essendo sufficiente la mera contiguità fisica o la destinazione d'uso a vantaggio personale del proprietario. L'accertamento di tali elementi costituisce un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice, il quale deve valutare la sussistenza del vincolo pertinenziale sulla base della documentazione prodotta e delle risultanze istruttorie, senza che rilevi la qualificazione catastale del bene. Ove il richiedente non fornisca la prova della effettiva pertinenzialità dell'immobile rispetto all'abitazione principale, l'ente competente è legittimato a rigettare la domanda di contributo, anche in presenza di precedenti provvedimenti concessori relativi ad altri manufatti accessori della medesima proprietà.

  • Il contratto atipico avente ad oggetto il rilascio di un immobile locato entro una data determinata, dietro corresponsione di un corrispettivo, non integra gli estremi di una cessione di azienda, in assenza del trasferimento di elementi costitutivi del complesso aziendale, e deve essere interpretato alla luce della volontà concreta delle parti, desumibile dal tenore letterale dell'accordo e dalle risultanze istruttorie, le quali evidenzino l'interesse dell'acquirente all'acquisizione della disponibilità dei locali per l'avvio di una nuova attività economica, a fronte dell'impegno del conduttore uscente di rilasciare l'immobile entro un termine perentorio. La mera utilizzazione dell'espressione "avviamento commerciale" non è sufficiente, in assenza di ulteriori elementi, a qualificare il negozio come cessione di azienda, attesa l'ontologica differenza tra le attività svolte dalle parti. La domanda di risoluzione contrattuale, proposta in via subordinata rispetto a quella di nullità, integra una domanda nuova, inammissibile ai sensi dell'art. 183, comma 6, c.p.c., non potendosi configurare come mera modificazione della domanda originaria. La disdetta del contratto di locazione da parte del proprietario dell'immobile, comunicata prima della conclusione del contratto, non esclude la possibilità che le parti abbiano successivamente raggiunto un accordo per il rinnovo del rapporto, non risultando l'adozione di iniziative da parte del proprietario per ottenere il rilascio dell'immobile, sicché l'opponente non può far valere tale circostanza a fondamento della nullità del contratto, dovendo eventualmente agire per l'annullamento per vizio del consenso.

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