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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1420 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gu. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gr. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per la declaratoria di nullità o in subordine per l'annullamento - dell'ordinanza sindacale n. 43 del 23 giugno 2023, notificata al ricorrente il 29 giugno 2023, avente il seguente oggetto: "ORDINANZA CONTINGIBILE ED URGENTE EX ART. 50 D.LGS. N. 267/2000 - DELIBERAZIONE N. -OMISSIS-/VSG CORTE DEI CONTI - SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA - APPLICAZIONE SANZIONE"; - di ogni atto e/o provvedimento presupposto, connesso e/o conseguenziale; nonché per la restituzione delle somme illegittimamente trattenute dal Comune. Visti il ricorso e i relativi allegati; Vista l'istanza di oscuramento dei dati ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003; Vista la memoria di costituzione del Comune di -OMISSIS-; Viste le memorie depositate da entrambe le parti; Visti tutti gli atti della causa; Relatore all'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il consigliere Maria Cappellano, e udito il difensore di parte ricorrente, presente come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. FATTO A. - Con il ricorso in esame, notificato il 22 settembre 2023 e depositato il 5 ottobre 2023, l'odierno istante ha impugnato l'ordinanza n. 43 del 23 giugno 2023, adottata dal Sindaco del Comune di -OMISSIS- ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 e notificata al ricorrente il 29 giugno 2023, avente ad oggetto la deliberazione n. -OMISSIS- della Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione Siciliana, di applicazione della sanzione ai sensi dell'art. 4, co. 6, del d.lgs. n. 149/2011; chiedendone l'annullamento e la restituzione delle somme trattenute dal Comune. Espone in punto di fatto: - di essere stato nominato Segretario Generale del Comune con determinazione sindacale n. 59 del 26 luglio 2022, e di essere stato incaricato di diverse funzioni dirigenziali (direzione di tre Dipartimenti, su quattro), tra cui quella di responsabile del Dipartimento 3, Area Finanziaria soltanto il 3 marzo 2023; - la Corte dei Conti, sezione di controllo per la Regione Siciliana, con deliberazione n. -OMISSIS-/VSG, depositata il 5 giugno 2023, ha accertato la violazione, da parte del Comune di -OMISSIS-, dell'obbligo di redazione, sottoscrizione, pubblicazione e trasmissione alla Corte dei Conti della relazione di fine mandato del Sindaco, previsto dall'art. 4 del d.lgs. n. 149/2011; - è seguita l'adozione, da parte del Sindaco pro tempore, della contestata ordinanza - pubblicata all'albo pretorio senza omettere le generalità del ricorrente - con la quale al predetto è stato trattenuto, per intero, lo stipendio del mese di giugno e per il 50% quello del mese di luglio, e non sono stati versati i corrispondenti contributi assistenziali e previdenziali. Ciò premesso in punto di fatto, il ricorrente deduce la nullità o, in via subordinata, l'annullabilità di tale provvedimento, affidando il ricorso alle censure di: 1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del D. Lgs. n. 267/2000. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 septies della L. n. 241/1990. Difetto assoluto di attribuzione. In subordine, incompetenza; 2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 107 del D.Lgs. n. 267/2000. Incompetenza; 3) Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 12,14, 18, 22 e 27 della l. n. 689/1981. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 6° del D.Lgs. n. 149/2011; 4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della L. reg. n. 7/2019 e dell'art. 7 della L. n. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento; 5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del D.Lgs. n. 149/2011. Violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del D.P.R. n. 180/1950. Ha quindi chiesto l'annullamento degli atti impugnati e la restituzione delle somme indebitamente trattenute dall'ente locale, pari a Euro 5.261,03, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal mese di giugno 2023 fino al soddisfo. B. - Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato. C. - In vista della trattazione del merito il ricorrente ha eccepito la tardiva produzione di documentazione da parte del Comune - il quale ha replicato sul punto - insistendo per l'accoglimento del ricorso. D. - All'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024, presente il difensore di parte ricorrente come da verbale, la causa è stata posta in decisione. DIRITTO A. - Viene in decisione il ricorso promosso dall'odierno istante avverso l'ordinanza sindacale n. 43 del 23 giugno 2023 adottata dal Sindaco del Comune di -OMISSIS- ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, avente ad oggetto la deliberazione n. -OMISSIS- della Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Regione Siciliana, di applicazione della sanzione ai sensi dell'art. 4, co. 6, del d.lgs. n. 149/2011. B. - Deve in via preliminare essere respinta l'eccezione di tardività sollevata dalla difesa del ricorrente in ordine alla memoria di costituzione del Comune. Deve sul punto osservarsi che il Comune di -OMISSIS- si è costituito in giudizio, con memoria contenente deduzioni difensive, il 16 luglio 2024 e, pertanto, nel rispetto del termine di trenta giorni liberi prima dell'udienza (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 13 giugno 2024, n. 5319). Per quanto attiene ai documenti contestualmente prodotti, effettivamente depositati oltre il termine di quaranta giorni liberi prima dell'udienza, osserva il Collegio che i suddetti atti erano già stati depositati dal ricorrente e, pertanto, non aggiungono nulla di nuovo e non comportano alcuna lesione della posizione difensiva dell'odierno istante. C. - Ciò premesso e chiarito, deve anche precisarsi che la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A., in quanto: - rientrano nella giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, co.1, lettera q), cod. proc. amm., "q) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d'igiene pubblica e dell'abitato"; - oggetto del contendere è l'ordinanza sindacale emessa ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, il quale al comma 5 dispone che "5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti...". Invero, il cuore della controversia attiene al presunto uso distorto del potere extra ordinem da parte del Sindaco, il quale con tale provvedimento ha disposto a carico del ricorrente l'irrogazione della sanzione per la mancata redazione della relazione di fine mandato (comma 1 dello stesso articolo 4), prevista dall'art. 4, co. 6, del d.lgs. n. 149/2011, il quale stabilisce che "6. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell'ente, della relazione di fine mandato, al sindaco e, qualora non abbia predisposto la relazione, al responsabile del servizio finanziario del comune o al segretario generale è ridotto della metà, con riferimento alle tre successive mensilità, rispettivamente, l'importo dell'indennità di mandato e degli emolumenti. Il sindaco è, inoltre, tenuto a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente". Deve anche brevemente premettersi che la sanzione in interesse, applicata al ricorrente quale Segretario comunale e responsabile del Dipartimento finanziario, ha natura di sanzione pecuniaria amministrativa rispetto alla quale il potere sanzionatorio è stato individuato dalla Corte dei Conti in capo all'ente locale e, in particolare, in capo agli uffici del Comune che si occupano della liquidazione delle competenze; ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice contabile nel caso - qui non in rilievo - di contestazione della sussistenza dei presupposti per l'irrogazione della sanzione, attraverso la contestazione della delibera della Corte dei Conti che accerti l'inadempimento dell'obbligo suddetto (cfr. Corte dei Conti Toscana, Sez. contr., delib. 22 dicembre 2023, n. 225; Corte dei Conti, Sez. III App., 30 settembre 2022, n. 322). Rispetto a tale assetto, il ricorrente - il quale non contesta i presupposti di fatto accertati dalla Corte dei Conti e, quindi, la violazione degli obblighi di cui all'art. 4 - si duole dell'ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco ai sensi del richiamato art. 50 del d.lgs. n. 267/2000 in assenza dei presupposti previsti dalla norma attributiva del potere. Si duole, altresì, della mancata partecipazione al relativo procedimento sebbene il ricorrente avesse la responsabilità di tre su quattro Dipartimenti; circostanza che avrebbe dovuto essere quantomeno esaminata, anche sotto l'aspetto della sequenza temporale nell'assegnazione del Dipartimento finanziario, ai fini di un possibile esito favorevole (archiviazione del procedimento sanzionatorio). Ciò premesso e chiarito, il ricorso è fondato. C.1. - È fondato innanzitutto il primo motivo, con il quale si deduce la violazione dell'art. 50 del d.lgs. n. 267/2000. Deve essere richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui "...l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente è manifestazione di un potere eccezionale esercitabile dal Sindaco nelle ipotesi di incolumità pubblica e sicurezza come ufficiale di governo, con i connessi obblighi di preventiva comunicazione al Prefetto (art. 54, d.lgs. 267/2000); detto potere eccezionale può essere esercitato come capo dell'amministrazione comunale nelle ipotesi di emergenza sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale (art. 50, D.Lgs. n. 267 del 2000). Il presupposto per l'adozione di una ordinanza contingibile e urgente, sia che venga adottata dal Sindaco quale capo dell'amministrazione comunale sia quale ufficiale di governo, è comunque la necessità di provvedere con immediatezza - l'urgenza - in ordine a situazioni eccezionali ed imprevedibili che non possono essere fronteggiate con gli strumenti ordinari, ossia la contingibilità ..." (Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2024, n. 2395; idem Consiglio di Stato, Sez. V, 5 gennaio 2024, n. 229). Applicando i su esposti principi al caso in esame, osserva il Collegio che l'ordinanza sindacale è stata adottata in assenza dei presupposti normativamente previsti in maniera tassativa, circostanza di cui è consapevole la stessa difesa del Comune, che aggancia la presunta legittimità di tale provvedimento extra ordinem alla (sola) urgenza di introitare le somme a titolo di sanzione in vista della cessazione dell'incarico del ricorrente quale Segretario comunale, in assenza tuttavia dei presupposti chiaramente delineati dalla norma attributiva del potere (emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale; situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana). Coglie nel segno anche la dedotta violazione delle garanzie partecipative, derivante, per vero, dalla scelta dell'amministrazione di utilizzare uno strumento extra ordinem in luogo della corretta procedura di irrogazione delle sanzioni amministrative prevista dalla l. n. 689/1981, che avrebbe dovuto condurre - dopo una fase di contraddittorio con l'interessato - all'adozione dell'ordinanza-ingiunzione ai sensi dell'art. 18 della citata l. n. 689/1981, con determinazione della somma dovuta per la violazione, quale esito finale del relativo iter condotto dall'ufficio del Comune preposto alla liquidazione delle competenze. E' venuta a mancare, in particolare, la fase di instaurazione del contraddittorio, necessaria anche ai fini dell'esame dell'aspetto soggettivo sul piano di eventuali giustificazioni alla mancata redazione della relazione di fine mandato, in relazione ad un potere sanzionatorio che è ritenuto vincolato nell'an - nel senso che va avviato l'iter - ma non nel quomodo, in quanto l'accertamento dell'omissione sanzionabile costituisce solo uno dei presupposti per l'irrogazione della sanzione (per la garanzia di una effettiva interlocuzione da parte degli uffici del comune preposti alla liquidazione delle competenze, vedasi Corte dei Conti Toscana, Sez. contr., deliber. n. 225/2023 cit.; sulla necessità di valutazione anche l'aspetto soggettivo, vedasi Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo per l'Emilia Romagna, deliberazione n. 16/2024, Adunanza del 20 marzo 2024). L'accoglimento di tali profili di censura assorbe l'ulteriore profilo - dedotto con il secondo motivo - con il quale il ricorrente sostiene l'incompetenza del Sindaco ad adottare atti di gestione. Ritiene sul punto il Collegio che, come già chiarito, il Sindaco non ha fatto buon governo del potere ex art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, sicché non viene in rilievo un profilo di incompetenza - in quanto astrattamente la norma attributiva del potere assegna tale atto alla sfera di competenza del Sindaco - quanto piuttosto un uso in concreto di tale potere in assenza dei presupposti normativamente previsti. C.2. - Pertanto, per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso in quanto fondato nei sensi di cui in motivazione - assorbito quant'altro - deve essere accolto e, per l'effetto, va annullato il provvedimento impugnato. D. - Dall'annullamento del provvedimento consegue l'accoglimento della domanda di restituzione delle somme trattenute dal Comune a titolo di sanzione, in quanto tale attività è stata posta in essere a valle del provvedimento annullato, quale momento esecutivo. Sull'importo da restituire devono anche essere corrisposti gli interessi corrispettivi, calcolati nella misura del tasso legale ai sensi dell'art. 1282, co. 1, cod. civ., dal momento della disposta trattenuta delle somme fino al soddisfo; mentre, non può essere riconosciuta la richiesta rivalutazione in difetto di prova relativa al maggior danno subito. Va altresì, precisato che - poiché costituisce circostanza incontestata tra le parti che la trattenuta degli emolumenti ha inciso anche sul (mancato) versamento dei corrispondenti contributi previdenziali e assistenziali - il Comune dovrà procedere, se non ancora effettuato, alla regolarizzazione anche sotto tale profilo, quale ulteriore effetto discendente dall'annullamento del provvedimento impugnato. E. - Conclusivamente, il ricorso in esame, in quanto fondato, deve essere accolto e, per l'effetto: - va annullata l'ordinanza n. 43 del 23 giugno 2023 del Sindaco del Comune di -OMISSIS-; - va condannato l'ente locale alla restituzione delle somme secondo quanto sopra precisato; - tenuto conto degli specifici profili della controversia, sussistono i presupposti per compensare tre le parti le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto: - annulla il provvedimento impugnato; - condanna il Comune di -OMISSIS- alla restituzione delle somme secondo quanto precisato in motivazione; - compensa tra le parti le spese di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Vista la richiesta dell'interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere, Estensore Luca Girardi - Primo Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quarta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2010 del 2022, proposto dall'impresa IC EC. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gr. Ma. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro - il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fi. In., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti - dell'Istituto per Lo Sviluppo delle Attività Produttive - IRSAP, non costituito in giudizio; per l'annullamento - della nota prot. n. 93943 del 12 settembre 2022 del Comune di (omissis), trasmessa con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022, contenente il parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento per l'approvazione del progetto di realizzazione di un opificio con annesso corpo uffici, in c. da (omissis), area ASI, ricadente al foglio 196, p.lla 159, nell'ambito delle zone ammesse ai benefici della zona ZES (Piano delle opere strategiche - Zone Economiche Speciali); - "ove occorra" dell'indizione e celebrazione della conferenza di servizi del 21 luglio 2022; - del parere preliminare della Riserva del Biviere, prot. U2792 del 13 agosto 2022; e per la condanna al risarcimento del danno - da mero ritardo, da perdita di chances e per l'aumento del costo dei materiali per la realizzazione dell'opera e per la perdita dei benefici fiscali relativi all'area ZES. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti la memoria di costituzione e i documenti depositati dal Comune di (omissis); Viste le memorie difensive e di replica; Visti tutti gli atti della causa; Relatrice la dott.ssa Anna Pignataro; Uditi, nella pubblica udienza del giorno 13 giugno 2024, per le parti i difensori presenti così come specificato nel verbale; FATTO e DIRITTO A) L'impresa IC EC.y s.p.a. ha presentato al S.U.A.P. del Comune di (omissis), al prot. n. 17837 del 14 febbraio 2019, un'istanza per l'avvio del procedimento di autorizzazione unica ex art. 7, D.P.R. n. 160/2010, per la realizzazione di un opificio con annesso corpo uffici in c.da (omissis), ricadente al foglio 196, p.lla 159, area ASI, nell'ambito delle zone ammesse ai benefici della zona ZES (Piano delle opere strategiche - Zone Economiche Speciali). Con ricorso notificato il giorno 11 novembre 2022 e depositato il giorno 7 dicembre seguente, l'impresa ha impugnato, al fine dell'annullamento: - la nota prot. n. 93943 del 12 settembre 2022 (trasmessa con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022) con la quale il Comune di (omissis) ha espresso il "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento"; - gli atti del Comune di (omissis) di indizione e celebrazione della conferenza di servizi del 21 luglio 2022; - il parere preliminare dell'Ente Gestore della Riserva del Biviere, prot. U2792 del 13 agosto 2022. La ricorrente ha chiesto anche la condanna del Comune intimato: - al pagamento dell'indennizzo ex art. 2-bis, comma 1-bis, della Legge n. 241/1990 per il ritardo nella conclusione del procedimento, pari a Euro 329.747,00 corrispondente al 10% di Euro 3.297.478,73 quale valore dell'investimento in base l'attuale costo di costruzione, ovvero in subordine, nella misura liquidata in via equitativa; - al risarcimento danno derivante dall'aumento del costo dei materiali pari al 56% (su tutte le opere a corpo e a misura) pari a Euro 1.181.941,16; - al risarcimento del danno per perdita di chances, ossia il mancato utile conseguente alla perdita di accordo economico ex art. 2-bis, comma 1, della Legge n. 241/1990 pari a Euro 120.000,00 per ciascuna annualità a titolo di mancato canone che avrebbe percepito ultimate le opere a partire dall'anno 2021 quale anno di ultimazione delle opere e sino al rilascio della concessione ovvero in subordine, nella misura liquidata in via equitativa; - al risarcimento del danno per perdita dei benefici fiscali connessi all'area ZES commisurato al costo di realizzazione dell'immobile (Euro 3.297.478,73), pari a Euro 1.483.865,42 (3.297.478,73 * 45/100), ovvero in subordine, nella misura liquidata in via equitativa. A tal fine, è stata chiesta la nomina di un C.T.U. esperto in materia contabile/finanziaria. È stata dedotta l'illegittimità degli atti impugnati per i motivi di: I. "Violazione e falsa applicazione delle norme di legge con riferimento alla conclusione della fase istruttoria; violazione degli artt. 2 comma 7 e 17 della l.n. 241/1990 e ss.mm.ii.", poiché l'istanza al momento della sua presentazione era completa di tutti i pareri previsti dalla normativa; invero, il Comune di (omissis), con la nota prot. n. 111254 del 18 ottobre 2021, non avrebbe formulato alcuna richiesta di integrazione, né messo in discussione la VINCA già effettuata; la sola integrazione documentale necessaria era, semmai, il parere della Commissione comunale SIC/ZPS nominata dopo la presentazione della predetta istanza ma non coinvolta nel procedimento; II. "Illegittimità dell'indizione della conferenza di servizi e mancata attivazione della commissione SIC/ZPS. Incompetenza: assenza di poteri nella fase istruttoria e uso abnorme del potere. Eccesso di potere correlato: sviamento e difetto di motivazione; disparità di trattamento" stante che: - la questione della mancanza della VINCA relativa all'intera area NORD 2 di (omissis), non poteva interferire nel procedimento autorizzatorio di che trattasi, riguardando il "diverso piano giuridico sovraordinato di relazioni tra Enti pubblici sul governo del territorio"; - la LIPU, Ente Gestore Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis), non sarebbe un Ente pubblico e, come tale, non poteva emettere alcun parere obbligatorio e/o vincolante; - la VINCA presentata è conforme al c.d. Piano di gestione delle aree di rete natura 2000 del territorio di (omissis), approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016 che tuttavia è soltanto un atto generale e programmatico in materia di tutela ambientale e non ha natura regolamentare; - non ci sono state osservazioni o richieste di integrazione sulla VINCA, né sull'area esistono limitazioni urbanistiche, sicché la fase istruttoria deve ritenersi conclusa; - la valutazione di incidenza ambientale doveva essere effettuata dal Comune di (omissis) e per esso dalla Commissione SIC/ZPS appositamente istituita; - l'area ricade in zona SIC/ZPS, e perciò il parere doveva essere reso dalla Commissione appositamente istituita; - in ogni caso, il parere prot. n. 93943 del 12 settembre 2022 ha arrestato il procedimento recando un pregiudizio effettivo ed immediato. Con memoria del 8 maggio 2024, l'impresa ricorrente ha riferito: di avere attivato il potere sostitutivo del Commissario ZES in data 1° marzo 2023 trasmettendo la domanda già formulata al Comune di (omissis) con tutti gli allegati e che il Commissario ZES ha rilevato che l'unico parere mancante è lo screening di VINCA da parte del Comune di (omissis) che è rimasto inerte ragion per cui è stato disposto l'intervento sostitutivo dell'Assessorato regionale competente e la VINCA è in corso di rilascio. L'amministrazione comunale intimata si costituita in giudizio con memoria del 26 maggio 2023, chiedendo il rigetto del ricorso siccome infondato; con memoria del 10 maggio 2024 ha controdedotto che il provvedimento di "archiviazione" è conseguenziale alla scelta dell'impresa ricorrente di non ottemperare alla richiesta di integrazione documentale formulata, con la nota prot. n. 68379 del 21 giugno 2019 dal SUAP che aveva fatto propria tale richiesta proveniente dall'Ente gestore della Riserva Naturale Orientata, Biviere di (omissis) (LIPU), competente a rilasciare il parere interlocutorio ai sensi art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e dei decreti dell'Assessore per il Territorio e Ambiente della Regione Siciliana del 30.03.2007 e del 22.10.2007 i quali prevedono espressamente che qualora un piano/progetto/intervento, interessi siti pSIC, SIC, ZSC, ZPS ricadenti, interamente od in parte, in un'area naturale protetta, come definita dalla legge regionale 6 agosto 1991, n. 98, la valutazione di incidenza è effettuata previo parere dell'Ente di gestione dell'area stessa. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, ne ha eccepito la decadenza oltre che l'infondatezza per mancanza di prova. In merito al danno da ritardo mero ex art. 2 bis, comma 1 bis, della Legge n. 241/1990, l'impresa ricorrente non avrebbe dato prova di aver attivato il potere sostitutivo nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, così come stabilito dall'art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990; la quantificazione dell'indennizzo dovrebbe essere comunque limitata al massimo previsto dalla legge. Quanto all'elemento soggettivo dell'asserito illecito, vi sarebbe la colpa esclusiva e/o comunque il concorso di colpa nel ritardo della conclusione del procedimento della società ricorrente che non ha dato riscontro alla richiesta integrazione documentale del Suap del 21 giugno 2019 ed al sollecito del 18 ottobre 2021 nel termine di trenta giorni, e solo con nota del 7 gennaio 2022, ha dichiarato la sua volontà di non voler integrare la documentazione. In ogni caso, l'eventuale danno dovrebbe essere riferito al solo periodo compreso tra giugno 2021 e il 14 settembre 2022 data in cui il Suap si è pronunziato sulla domanda dell'impresa ricorrente. Circa l'asserita perdita dei benefici ZES si evidenzia la mancata dimostrazione dell'an e del quantum del costo per la costruzione dell'opificio che non è stato edificato. Con successiva memoria di replica del 22 maggio 2024, il Comune resistente ha insistito nella circostanza della mancanza della VINCA per l'intera area NORD 2 di (omissis) che renderebbe invalide le singole autorizzazioni di opere con VINCA limitate a piccole frazioni dell'intera area e si è opposto alla chiesta C.T.U., poiché esplorativa. La società ricorrente ha replicato con memoria di del 23 maggio 2024 ribadendo le argomentazioni già illustrate nei precedenti scritti difensivi. All'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2024, dopo la discussione, la causa è stata posta in decisione. B) È necessario, innanzitutto, riassumere temporalmente la complessa vicenda procedimentale di cui è contestata la legittimità : - la ricorrente società IC., in data 14 febbraio 2019, ha presentato al SUAP del Comune di (omissis) la domanda prot. n. 17837, con la relativa documentazione, per l'avvio del procedimento unico ex art. 7 del D.P.R. n. 160 del 2010, per la realizzazione di un opificio con annesso corpo uffici in c. da (omissis), in area ASI, in catasto al foglio 196, p.lla 159, ricadente nel sito Natura 2000 e soggetto a VINCA; - il Comune di (omissis), in data 21 giugno 2019, con nota prot. n. 68379, ha inoltrato all'impresa la nota prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, con la quale l'ente gestore della Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis) affermava la necessità di integrazione documentale ai fini del rilascio del parere ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e s.m.i. e dei Decreti dell'Assessore Territorio e Ambiente del 30 marzo 2007 e del 22 ottobre 2007, osservando che "il progetto manca degli allegati, autorizzazioni necessarie (...) è ubicato in un'area urbanizzata NORD 2, incompatibile con il pdg, incompatibile con il DPR del 17 gennaio 1995 (Piano di Risanamento ambientale) e in un sito sotto indagine della Commissione Europea EU PILOT6730/14/ENVI per violazione della direttiva Habitat 92/43/CE (..) e con il Piano di Gestione fino a quando la Regione Siciliana non compenserà i danni arrecati alle zone umide."; - il Comune di (omissis), in data 18 ottobre 2021, ha riscontrato la richiesta del 10 settembre 2021, prot. n. 96626, con la quale la società IC. aveva chiesto notizie sullo stato del procedimento, comunicando il preavviso di archiviazione dell'istanza per carenza di interesse, stante che la società non aveva dato seguito alla richiesta prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, di integrazione documentale avanzata dall'ente gestore della Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis), trasmessale con nota prot. n. 68379 del 21 giugno 2019; - la società IC., con nota del 29 ottobre 2021, ha confermato il proprio interesse alla conclusione del procedimento amministrativo con un provvedimento espresso, sollecitando anche l'emissione di un eventuale preavviso di diniego al fine di formulare osservazioni. Con successiva nota del 29 dicembre 2021, ha invitato il Comune di (omissis), tramite il S.U.A.P., quale soggetto unicamente competente, a concludere l'istruttoria e al rilascio del provvedimento di autorizzazione, negando la necessità della richiesta integrazione documentale - anche perché proveniente dalla LIPU che non sarebbe soggetto titolato a rendere pareri e/o formulare richieste di integrazione documentale - e ribadendo la completezza della pratica già munita di tutti i pareri richiesti per legge e regolamento; in data 14 marzo 2022, ha proposto ricorso avverso il silenzio serbato dal Comune di (omissis), che è stato accolto con sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022 della sezione II di questo TAR che ha stabilito che "l'amministrazione è tenuta a provvedere sull'istanza di parte ricorrente, concludendo il relativo procedimento con un provvedimento espresso... impregiudicato il contenuto di tale adottando provvedimento espresso, che potrà essere di accoglimento, di rigetto ovvero d'improcedibilità dell'istanza"; - in data 21 luglio 2022 (v. verbale prot. n. 81705 del 30 luglio 2022), ha avuto luogo un'apposita Conferenza di servizi, giusta convocazione del 30 giugno 2022, prot. n. 71758, del Comune di (omissis), durante la quale sono stati affrontati i punti critici della complessa vicenda procedimentale. In particolare, il Direttore della Riserva Orientata del Biviere di (omissis) riferiva che la documentazione relativa alla VINCA allegata dall'odierna ricorrente non era completa tant'è che era stata richiesta documentazione integrativa con nota prot. n° 68379 del 21 giugno 2019, mai pervenuta; precisava, inoltre, che la VINCA presentata dall'impresa ai sensi dell'art. 4, comma 1, del D.P.R. del 30 marzo 2007 non era sufficiente perché non adeguata al Piano di Gestione dell'anno 2016. Attesa dunque la necessità di ulteriori chiarimenti veniva dato il termine di 15 giorni agli Enti partecipanti per ulteriori approfondimenti e all'impresa istante successivi 15 giorni per eventuali osservazioni; la Commissione ZES, in data 2 agosto 2022, precisava la decorrenza dei termini indicati in esito alla Conferenza di servizi; - l'Ente gestore della Riserva del Biviere, in data 13 agosto 2022, con nota prot. n. U2792, ha dichiarato l'improcedibilità del rilascio del parere preliminare, ribadendo le motivazioni già note a tutte le parti, ossia l'irregolarità dell'urbanizzazione dell'area NORD 2 in area con vincolo ambientale (ZPS e ZSC) senza la previa VINCA e in violazione del D.P.R. 17 gennaio 1995 (Piano di risanamento ambientale); - la società IC., in data 24 agosto 2022, ha inoltrato osservazioni al Comune di (omissis) e alla Commissione ZES competente, contestando la "fedeltà " del verbale prot. n. 81705 del 30 luglio 2022 relativo alla Conferenza di Servizi del 21 luglio 2022 e insistendo nella completezza della documentazione allegata all'istanza prot. n. 17837 del 14 febbraio 2019, con riferimento ai pareri necessari "richiesti sia per Legge che per regolamento" sottolineando che il progetto "è perfettamente rispondente alle attività ammesse alle agevolazioni ZES, come da Piano di Sviluppo Strategico"; - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, in data 2 settembre 2022, ha invitato formalmente il Comune di (omissis) ad esprimere e comunicare il parere sullo screening di VINCA - Valutazione di incidenza I, entro e non oltre il 12 settembre 2022, al fine della conclusione del procedimento con l'emissione del provvedimento di competenza commissariale; - il Comune di (omissis) con nota prot. n. 93943 del 12 settembre 2022, trasmessa con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022, ha espresso il "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento" per l'approvazione del progetto di che trattasi, con ampia motivazione; - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, in data 15 settembre 2022, con nota prot. n. 220915U032 (v. del fascicolo del ricorso nrg 471/2022, definito con la richiamata sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022) dopo avere chiarito l'iter della vicenda con specifico riferimento ai contenuti del provvedimento ora impugnato, è giunto alla medesima conclusione ivi espressa dal Comune di (omissis), nei seguenti termini: "si desume, fino ad un mancato riscontro e in assenza di ulteriori chiarimenti, l'impossibilità generale e diffusa dell'Area Nord 2 di ricevere nuovi insediamenti produttivi, anche in assenza di soglie di cumulo predeterminate, il che impedisce lo svolgimento dell'attività istituzionale nella suddetta Zona economica speciale, inibendo anche ogni attività procedimentale sia per le domande di insediamento già presentate al Comune che per ogni nuova domanda da presentare allo Sportello unico digitale (S.U.D. Z.E.S)"; - la ricorrente IC., in data 1° marzo 2023, ha trasmesso la domanda con i relativi allegati, già presentata al Comune di (omissis), al Commissario ZES tramite lo Sportello Unico Digitale per le ZES; - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, il 29 marzo 2023, ha chiesto all'Assessore regionale per le attività produttive di convocare un tavolo tecnico con gli Enti competenti avente a oggetto le problematiche ambientali dell'area Z.E.S. nel Comune di (omissis)- Area Nord 2; - la ricorrente IC., in data 5 aprile 2023, nell'ambito del giudizio avverso il silenzio conclusosi con la sentenza n. 2295 del 22 giugno 2022, ha dichiarato il venir meno dell'interesse al compimento dell'attività sostitutiva da parte del Commissario ad acta, poiché la particella in cui ricade il progetto di realizzazione dell'opificio, rientra nell'ambito delle zone ammesse ai benefici della zona ZES (e, dunque, nel Piano delle opere strategiche - Zone Economiche Speciali), sicché ha presentato la medesima istanza direttamente alla competente Commissione ZES (istanza del 1° marzo 2023); - il Commissario ZES per la Sicilia Orientale, il 3 maggio 2023, ha comunicato alla società IC. che il Comune di (omissis) competente al rilascio del parere sullo screening di VINCA - Valutazione di incidenza I, non ha trasmesso quanto di sua competenza entro i termini normativamente previsti e la ha invitata ad attivare ai sensi dell'art. 1, comma 3, l.r. n. 22/2007 e dell'art. 8 dell'allegato 1 al D.A. n. 36/2022, l'intervento sostitutivo dell'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente - Dipartimento ambiente, al fine dell'adozione del parere nei termini di legge ridotti di un terzo, così come previsto dall'art. 5 del D.l. n. 91/2017; - la ricorrente IC., il 15 maggio 2023, ha presentato la richiesta di intervento sostitutivo all'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente per il rilascio del parere sullo studio di valutazione d'incidenza per il progetto di realizzazione dell'opificio ai sensi dell'art. 1, comma 3, della L.R. n. 13/2007 e dell'art. 8 dell'allegato 1 al D.A. n. 36/2022, nei termini di legge ridotti di un terzo in conformità a quanto previsto dall'art. 5 del D.L. n. 91/2017; - con il D.A. n. 237 del 29 giugno 2023, sono state introdotte nuove norme per le procedure di VINCA che hanno sostituito le precedenti di cui al D.A. n. 36 del 2022, mantenendo gli istituti del parere preliminare non vincolante dell'Ente Gestore (art. 6) e del parere motivato obbligatorio e vincolante rilasciato dall'Autorità competente (art. 9), da rilasciarsi entro i termini ivi previsti rispettivamente di 30 e 60 giorni, nonché dell'intervento sostitutivo presso l'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente, Dipartimento dell'Ambiente (art. 8); - l'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente, con nota prot. n. 15421 del giorno 11 marzo 2024, ha comunicato alla società IC. l'irricevibilità della richiesta formulata con nota del 15 maggio 2023, prot. DRA n. 37494 del 23 maggio 2023, al fine dell'attivazione della procedura di Valutazione di incidenza ex art. 5 del D.P.R. n. 357/96 e s.m.i., secondo le modalità stabilite dal D.A. n. 36 del 14 febbraio 2022, e s.m.i., Allegato I, in quanto a far data dal 15 novembre 2019, l'unico mezzo per l'inoltro delle istanze relative alle valutazioni ambientali era il Portale Valutazioni Ambientali; - la società IC., il 27 marzo 2024, ha quindi riproposto la domanda al prot. n. 20154 tramite l'apposito Portale Valutazioni Ambientali. C) Dalla superiore ricostruzione dei punti salienti della vicenda amministrativa di che trattasi, emerge che il procedimento oggetto del giudizio avverso il silenzio del Comune di (omissis), deciso con la citata sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022, non è stato concluso in via sostitutiva dal Commissario ad acta nominato da questo Tribunale, per espressa rinuncia della stessa impresa ricorrente che ha dato impulso all'avvio di un nuovo procedimento mediante la presentazione della medesima domanda con i relativi allegati, in data 1° marzo 2023, al Commissario ZES tramite lo Sportello Unico Digitale per le ZES Sicilia Orientale. Tale procedimento è in itinere, così come in connesso sub procedimento avviato il 27 marzo 2024 tramite l'apposito Portale Valutazioni Ambientali a causa dell'inerzia del Comune di (omissis) nel rilascio del parere sullo screening di VINCA - Valutazione di incidenza I, per l'intervento sostitutivo dell'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente - Dipartimento ambiente. Ne consegue che è sul futuro esito del predetto procedimento che si è concentrato l'interesse della società ricorrente rispetto al bene della vita anelato (rilascio del titolo edilizio) e che l'interesse che residua alla decisione dell'odierna domanda impugnatoria è limitato allo scrutinio della fondatezza della domanda di indennizzo e di condanna al risarcimento del danno nei confronti del Comune di (omissis) rispetto al primo procedimento, dovendosi ribadire che il bene della vita anelato è il medesimo sottostante al secondo procedimento, ancora in fase istruttoria. D) Ciò puntualizzato, la domanda impugnatoria è infondata. Non vi sono elementi normativi o fattuali per porre in discussione, così come invece è sostenuto da parte ricorrente, che la Riserva Naturale Biviere di (omissis), istituita con D.A. n. 585/44 del 1° settembre 1997, è stata, senza soluzione di continuità, affidata, in qualità di Ente Gestore, alla LIPU Bird Life Italia - Ente morale riconosciuto con D.P.R. n. 151 del 6 febbraio 1985, pubblicato sulla G.U. del 27 aprile 1985 (v. statuto dell'Ente) - per tutelare il più grande lago naturale costiero della Sicilia che costituisce a livello internazionale una delle più importanti zone di sosta e svernamento per numerose specie di uccelli migratori (Sito Natura 2000 ZSC ITA050001 Biviere Macconi di (omissis), ZPS Torre Manfria, Biviere e Piana di (omissis)) e che in tale qualità di Ente Gestore, e non di semplice Associazione ambientalista, la LIPU era tenuta a rendere il parere preliminare non vincolante espressamente imposto dall'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 ("Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche"), secondo il quale " La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa" (comma 7). Analogamente disponeva il decreto dell'Assessore del Territorio e dell'Ambiente, n. 30 del 30 marzo 2007 ("Prime disposizioni d'urgenza relative alle modalità di svolgimento della valutazione di incidenza ai sensi dell'art. 5, comma 5, del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e successive modifiche ed integrazioni") il cui art. 2 ("Lettera A - Soggetti proponenti"), prevedeva che "lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative dei siti contenute nel D.P.R. n. 357/1997 e successive modifiche ed integrazioni, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'Allegato 2 al presente decreto" (punto c) e che "Qualora un piano/progetto/intervento interessi pSIC, SIC, ZSC, ZPS ricadenti, interamente od in parte, in un'area naturale protetta, come definita dalla legge regionale 6 agosto 1991, n. 98 e successive modifiche ed integrazioni, la valutazione di incidenza é effettuata previo parere dell'ente di gestione dell'area stessa" (punto e); il successivo punto f) stabiliva che "Il proponente presenta l'istanza per il parere preventivo, di cui al superiore comma 5, direttamente all'ente gestore, corredata della documentazione di cui alla lett. B) del presente articolo. L'ente gestore, entro il termine perentorio di giorni 30 dalla ricezione, trasmette l'istanza al dipartimento regionale territorio e ambiente, corredata di apposito parere non vincolante, dandone comunicazione all'istante" (ndr. per effetto dell'art. 1 della legge regionale 8 maggio 2007, n. 13, le determinazioni sulle valutazioni di incidenza, previste dall'articolo 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, sono state attribuite ai comuni nel cui territorio insistono i siti SIC e ZPS). La disposizione in esame indicava poi la documentazione necessaria da allegare alla domanda ("lettera B-documentazione") e la tempistica procedimentale ("Lettera C - Tempi del procedimento"), specificando che "1) Il procedimento di cui al D.P.R. n. 357/1997 e successive modifiche ed integrazioni, si conclude con il giudizio di valutazione di incidenza che viene reso entro il termine di 120 giorni dalla data di presentazione dell'istanza, completa della documentazione di cui alla lett. B) del presente articolo, da parte del proponente all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente (ndr. al Comune competente, nel caso di specie il Comune di (omissis)). (...) 3) La struttura competente in materia di valutazione di incidenza verifica la completezza della documentazione trasmessa richiedendo, nel caso, gli atti mancanti, che dovranno essere trasmessi entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta da parte del proponente, pena l'archiviazione della pratica. 4) La struttura competente può richiedere integrazioni una sola volta, in tal caso il termine riprende a decorrere dalla data in cui le integrazioni pervengono al servizio. 5) Qualora il piano/progetto/intervento interessi pSIC, SIC, ZSC, ZPS e ricade, interamente, in un'area naturale protetta ai sensi della vigente legislazione regionale, l'ente gestore dovrà esprimere l'apposito parere entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento dell'istanza. (...)". La previsione di tale parere è stata mantenuta dal decreto dell'Assessore del Territorio e dell'Ambiente, n. 36 del 14 febbraio 2022 ("Adeguamento del quadro normativo regionale a quanto disposto dalle Linee guida nazionali sulla valutazione di incidenza (VIncA) ed abrogazione dei decreti 30 marzo 2007 e 22 ottobre 2007") il cui art. 6 ("Parere preliminare"), prevedeva che l'autorità competente, dopo avere "sentito" l'Ente gestore dell'Area Naturale Protetta, esprime il proprio parere obbligatorio motivato e vincolante ai sensi dei successivi artt. 9 ("Valutazione di Incidenza Livello I - Screening") e 10 ("Valutazione di Incidenza Livello II - Valutazione appropriata") nei modi e tempi descritti nell'art. 8 ("Tempi del procedimento") ossia "entro il termine 60 giorni dalla presentazione dell'istanza...amministrativamente completa della documentazione richiesta per il livello che si intende attivare" (commi 1 e 2); la richiesta di documenti comporta l'interruzione del termine e il decorso del nuovo termine di 60 giorni dopo l'avvenuta integrazione (comma 3). L'ultimo comma dell'art. 6 disciplinava la facoltà del proponente di attivare l'intervento sostitutivo presso l'Assessorato regionale del Territorio e dell'Ambiente, nell'ipotesi di inerzia dell'Ente competente, come disposto dall'art. 1, comma 3, della legge regionale 8 maggio 2007, n. 13. L'autorità competente poteva quindi esprimere il parere di Vinca positivo o negativo (art. 9, comma 5, lettere a) e b), ma "in ogni caso ferma la possibilità di archiviare l'istanza, nei termini usuali del procedimento amministrativo, per improcedibilità determinata dal mancato riscontro alla richiesta di integrazione documentale o da carenza dei contenuti di merito, non colmate a seguito di richiesta di integrazione" (comma 6). Il D.A. n. 237 del 29 giugno 2023, con il quale sono state introdotte nuove norme per le procedure di VINCA che hanno sostituito le precedenti di cui al D.A. n. 36 del 2022, ha mantenuto gli istituti del parere preliminare non vincolante dell'Ente Gestore (art. 6) e del parere motivato obbligatorio e vincolante rilasciato dall'Autorità competente (art. 9), da rilasciarsi entro i termini ivi previsti rispettivamente di 30 e 60 giorni, nonché dell'intervento sostitutivo presso l'Assessorato Regionale del Territorio e dell'Ambiente, Dipartimento dell'Ambiente (art. 8). Alla stregua di tale quadro normativo, va subito osservato che non appare utile ai fini dello scrutinio della legittimità degli atti impugnati il richiamo di parte ricorrente ad un'asserita competenza in materia di VINCA, e in particolare nel caso di specie, della Commissione di Valutazione SIC/ZPS istituita dal Comune di (omissis) con determinazione sindacale n. 48 del 9 giugno 2016 e rinnovata nei suoi componenti con la successiva n. 69 del 18 settembre 2020, posto che la funzione di tale organo è meramente consultiva in materia di valutazione di progetti ed interventi in zona SIC e ZPS ma non è obbligatoria e vincolante, o addirittura alternativa, al fine del rilascio dei pareri dell'Autorità competente e dell'Ente Gestore, così come previsti dalle norme sopra richiamate; sotto tale profilo le doglianze di parte ricorrente sono dunque infondate. E) Alla luce della superiore ricostruzione normativa e tenuto del complessivo svolgersi della vicenda, sotto il profilo formale, l'impugnato "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento", prot. n. 93943 del 12 settembre 2022, trasmesso con nota prot. n. 94513 del 14 settembre 2022, appare logicamente conseguenziale alla scelta dell'impresa ricorrente di non ottemperare alla richiesta di integrazione documentale formulata già con la nota prot. n. 68379 del 21 giugno 2019 dal SUAP che aveva fatto propria la richiesta motivata prot. n. U2536 del 28 maggio 2019 proveniente dall'ente gestore della Riserva Naturale Orientata, Biviere di (omissis) (LIPU), competente a rilasciare parere interlocutorio ai sensi art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e dagli allora vigenti citati decreti dell'Assessore per il Territorio e Ambiente del 30 marzo 2007 e del 22 ottobre 2007, e coerente con la nota del 18 ottobre 2021, con la quale il SUE del Comune di (omissis) aveva comunicato alla società IC. il preavviso di archiviazione a causa dell'omessa integrazione documentale. Soltanto con la nota del 29 dicembre 2021, trascorsi due anni e mezzo dalla richiesta istruttoria del SUAP, l'impresa ricorrente ha formalmente invitato il Comune di (omissis), tramite il S.U.A.P., a concludere l'istruttoria e al rilascio del provvedimento di autorizzazione, negando la necessità della richiesta integrazione documentale e ipotizzando la responsabilità dell'Amministrazione comunale per il grave ritardo nella definizione del procedimento amministrativo, inquadrabile nelle richieste di danno da "mero ritardo" ovvero da "affidamento procedimentale mero". Anche sotto il profilo sostanziale, le motivazioni di merito dell'archiviazione disposta dal Comune di (omissis), in data 21 giugno 2019, con nota prot. n. 68379, che sono quelle espresse con la nota prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, dall'ente gestore della Riserva Naturale Orientata Biviere di (omissis) - che ha affermato la necessità di integrazione documentale ai fini del rilascio del parere ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 e s.m.i. e ai sensi del Decreto dell'Assessore Territorio e Ambiente del 30 marzo 2007 e del 22 ottobre 2007, osservando che "il progetto manca degli allegati, autorizzazioni necessarie (...) è ubicato in un'area urbanizzata NORD 2, incompatibile con il pdg, incompatibile con il DPR del 17 gennaio 1995 (Piano di Risanamento ambientale) e in un sito sotto indagine della Commissione Europea EU PILOT6730/14/ENVI per violazione della direttiva Habitat 92/43/CE (..) e con il Piano di Gestione fino a quando la Regione Siciliana non compenserà i danni arrecati alle zone umide" - sono state coerentemente, e con ampia motivazione, ribadite dall'Ente gestore della Riserva del Biviere, in data 13 agosto 2022, con nota prot. n. U2792, che ha dichiarato l'improcedibilità del rilascio del parere preliminare. In continuità a tale valutazione, e in assenza di fatti sopravvenuti, il Comune di (omissis), con atto prot. n. 93943 del 12 settembre 2022, ha espresso il "parere di improcedibilità con archiviazione del procedimento" con ampia motivazione incentrata sui i già evidenziati profili critici di merito: innanzitutto, l'avvenuta urbanizzazione dell'Area Nord 2/(omissis), realizzata nel 2000, ove insiste il lotto assegnato all'impresa IC., in assenza della VINCA ex art. 5 del D.P.R. n. 357/1997 e incompatibile con il Piano di Risanamento ambientale approvato con il D.P.R. 17 gennaio 1995, così come rilevato dall'Ente Gestore della riserva del Biviere; vengono quindi richiamate le vicende amministrative che hanno interessato la zona anche con riferimento alle violazioni delle Direttive comunitarie riferite ai siti di rete Natura 2000 del territorio di (omissis), contestate dalla Commissione Europea. In secondo luogo, il contrasto dell'intervento proposto con il Piano di Gestione delle aree di rete Natura 2000 del territorio di (omissis) approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016. Sotto il profilo della completezza documentale, è ribadita la già evidenziata (a partire dal 2019) incompletezza e inadeguatezza della scheda di screening secondo l'allegato I del DA n. 36 del 14 febbraio 2022, rispetto alle criticità presenti nell'area e l'assenza di riferimento al Piano di Gestione delle aree di rete Natura 2000 del territorio di (omissis) approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016; si indica infine l'omessa allegazione dei files geo referenziati dell'intervento, del format supporto screening Vinca proponente (all.2 DA n. 36 del 2022), la pubblicazione dell'avviso e il versamento ex art. 91 della l.r. n. 9 del 2015; la carenza della specifica Valutazione di Incidenza Ambientale ex art. 5 del D.P.R. n. 357/1997, per l'opera di che trattasi, sia, a monte, della VINCA relativa all'area NORD 2 di (omissis) finalizzata alla valutazione dell'incidenza ambientale dell'insieme delle opere che verrebbero realizzate sull'intera area, la cui mancanza renderebbe invalide le successive autorizzazioni delle singole opere con VINCA limitate a piccole frazioni dell'intera area. A fronte di tale motivata valutazione, parte ricorrente, invece, non ha dimostrato l'adeguatezza della documentazione presentata mediante la specifica contestazione della superfluità degli atti indicati come omessi dalle Amministrazioni, ma ha tentato di contestare a monte la valenza giuridica degli atti di Pianificazione nella cui cornice la VINCA deve essere compiuta dagli organi e soggetti che intervengono a vari livelli e per quanto di rispettiva competenza. Ciò avvalora la ragionevolezza della valutazione delle Amministrazioni che hanno reputato la questione della mancanza della VINCA relativa all'intera area NORD 2 di (omissis) propedeutica alla definizione del procedimento autorizzatorio di che trattasi: sarebbe abnorme che le Amministrazioni coinvolte prescindessero dallo scrutinio di conformità del progetto al Piano di gestione delle aree di rete natura 2000 del territorio di (omissis), approvato con D.D.G. n. 465 del 31 maggio 2016 e al Piano di Risanamento ambientale approvato con il D.P.R. 17 gennaio 1995, proprio per la loro natura generale e programmatica in materia di tutela ambientale e perché tale scrutinio è comunque imposto dalle norme succedutesi in materia di VINCA, sopra richiamate. Appare perciò infondata in fatto l'affermazione di parte ricorrente secondo cui non ci sarebbero state osservazioni o richieste di integrazione sulla VINCA, e che in mancanza di diverse limitazioni urbanistiche la fase istruttoria deve ritenersi conclusa; al contrario, al fine della necessità di approfondimento e superamento delle criticità rilevate, appare ragionevole la scelta del Comune di (omissis) di indire un'apposita conferenza di servizi. La domanda di annullamento degli atti impugnati va perciò rigettata. F) Entrambe le domande di risarcimento del danno da ritardo e di indennizzo per mancata conclusione del procedimento nei termini di legge, avanzate nei confronti del Comune di (omissis), sono infondate e ciò consente di prescindere dalla scrutino delle eccezioni preliminari sollevate ex adverso circa l'ammissibilità della loro proposizione (decadenza). La ricorrente impresa ha indicato le seguenti voci di danno asseritamente derivanti dal ritardo nella conclusione del procedimento: 1. ai sensi dell'art. 2-bis, comma 1-bis, della Legge n. 241 del 1990, il danno da "affidamento procedimentale mero" poiché oltre all'inerzia amministrativa, protrattasi oltre i tempi normativamente previsti, si sarebbe affiancato un contegno complessivamente affidante in precedenza serbato dalla P.A., che prescinderebbe dalla spettanza in concreto del "bene della vita" e deriverebbe dalla sola lesione dell'aspettativa a un procedimento amministrativo corretto e congruo, da concludersi entro tempi ragionevoli secondo i canoni di correttezza e buona fede sanciti dall'art. 1337 del c.c.; 2. incremento dei costi di costruzione; 3. perdita di chance (mancata stipulazione di un contratto per l'utilizzazione del capannone da edificare); 4. perdita dei benefici economici ZES. G) Quanto alla domanda di risarcimento dei danni di cui ai numeri 2, 3 e 4 (asseritamente) patiti in conseguenza del silenzio e del ritardo nel provvedere dell'Amministrazione resistente, la sua infondatezza discende sia dall'accertata legittimità degli atti impugnati, sia dal fatto che, in disparte ogni questione sulla prova del danno allegato dalla Società ricorrente, manca, nella fattispecie per cui è causa, la prova della spettanza del bene della vita, ossia della conclusione favorevole del procedimento sulla proposta progettuale oggetto di lite che, com'è già detto, non risulta in atto conseguito ma neanche perso definitivamente poiché è in itinere il nuovo procedimento in esito al quale la predetta spettanza potrà essere riconosciuta o meno. Per giurisprudenza granitica, infatti, il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non è legato al mero ritardo ma è subordinato alla dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 gennaio 2024, n. 514). Sulla questione, è altrettanto consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il risarcimento del danno per il silenzio illegittimamente serbato dall'Amministrazione su un'istanza del privato equivale al risarcimento di un danno per ritardo nel provvedere e come tale non può essere accordato se non viene dimostrata la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero se non si dimostra che, con ragionevole probabilità, l'Amministrazione avrebbe dovuto accogliere l'istanza del privato, sulla quale non ha provveduto, e accordargli così il bene della vita con essa richiesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 gennaio 2023 n. 175; Cons. Stato, Sez. VI, 20 luglio 2022 n. 6322). H) Riguardo alla domanda di condanna del Comune di (omissis) all'indennizzo di cui all'art. 2-bis, comma 1-bis, della Legge n. 241 del 1990, quale danno da "affidamento procedimentale mero", va osservato che il predetto art. 2 bis (dedicato alle "Conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento"), come introdotto dalla L. n. 69 del 2009 e successivamente modificato dal D.L. n. 69 del 2013, convertito con modificazioni in dalla L. n. 98 del 2013, prevede due distinti strumenti di tutela per il "ristoro" del "danno da ritardo": oltre al "risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento" (comma 1), è riconosciuto l'"indennizzo per il mero ritardo" per il "caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi", al quale l'interessato ha diritto "alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988, n. 400". Sono dunque riconosciute al privato danneggiato dal ritardo della P.A. due azioni concorrenti tra loro, una avente ad oggetto il risarcimento del danno vero e proprio e l'altra relativa all'indennizzo per il "mero" ritardo. Le due azioni dipendono da un medesimo presupposto in fatto, ossia la violazione del termine di conclusione del procedimento e condividono la medesima finalità compensativa dato che l'importo dell'indennizzo, ove riconosciuto dal giudice, va detratto da quello del risarcimento, escludendosene dunque la cumulatività, (cfr. anche Adunanza Plenaria, sentenza 1/2018, punto 6.3.2), differenziandosi solo quanto a presupposti ed ambito oggettivo dell'illecito risarcibile. Va subito precisato che nonostante il legislatore abbia utilizzato il termine "indennizzo", tale ristoro monetario presuppone comunque il compimento di una attività illegittima della P.A., consistente nella violazione di un termine cogente. La natura compensativa (e non automatica) dell'indennizzo di cui all'art. 2 bis della l. 241/90 e la circostanza che esso sia configurato quale rimedio ad una attività illegittima della P.A., ostano, dunque, a ritenere che il relativo diritto sorga solamente in consegua automatica della violazione del termine per provvedere ossia a prescindere dalla sussistenza di una lesione ad un interesse meritevole di tutela ulteriore e distinto da quello alla tempestiva conclusione del procedimento. Il suo riconoscimento dunque presuppone la dimostrazione della sussistenza di un pregiudizio nel ritardo della conclusione del procedimento ulteriore e distinto rispetto al "bene tempo". Attesa quindi l'evidente unitarietà dell'area dell'illecito e dunque del presupposto oggettivo sia del risarcimento ex comma 1, sia dell'indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo ex comma 1-bis, deve perciò affermarsi che l'art. 2 bis della l. 241/90 distingue, entro il perimetro del danno risarcibile, una fattispecie di liquidazione semplificata per i pregiudizi riconducibili alla lesione di interessi non patrimoniali. La norma ripartisce i mezzi di tutela riservando all'azione di risarcimento del danno l'ordinario ristoro del pregiudizio patrimoniale (o patrimonialmente valutabile) che l'interessato subisce dal ritardato beneficio dipendente dall'azione della PA (con conseguente onere della prova a carico del danneggiato sia del pregiudizio che del suo ammontare, della sua riferibilità al ritardo, e della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione nel non aver provveduto nei termini dovuti) e demandando all'indennizzo, strumento più agevole e di pronta liquidazione, la tutela della sfera non patrimoniale dell'interesse del richiedente, così che il danneggiato dovrà solo allegare il ritardo e la sussistenza dell'interesse leso. Secondo tale prospettiva, nel caso di specie, va tuttavia riconosciuta una ragionevole "giustificabilità " del ritardo nella conclusione del procedimento, alla stregua del comportamento procedimentale delle parti sopra descritto. Infatti, ritiene il Collegio che, tenendo conto della normativa succedutasi nel corso del procedimento, dei vari provvedimenti emanati e dell'attribuzioni di funzioni ad autorità amministrative diverse nel tempo, oltre che del comportamento della stessa ricorrente, il Comune di (omissis) non abbia colpevolmente omesso di pronunciarsi in modo tempestivo sulle istanze presentate dalla società ricorrente, per due ragioni: in primo luogo, perché il parere preliminare dell'Ente Gestore della Riserva del Biviere era espressamente previsto dalla legge e dai Decreti assessoriali sopra richiamati; in secondo luogo, e in ogni caso, perché tale parere è stato fatto proprio dal Comune di (omissis) che, in assenza dell'integrazione documentale richiesta alla società istante, ha con motivazione non irragionevole disposto l'archiviazione del procedimento, così come previsto dalle normative vigenti. In altri termini, il ritardo dell'Ente, alla luce dell'andamento dei fatti e del comportamento delle parti, non può ricondursi ad una ordinaria forma di cattiva amministrazione o inerzia (come tale da rimproverare sempre), ma ad una modalità di gestione di un interesse collettivo non illegittima ma ritardata da circostanze obbiettivamente non di semplice o agevole ricostruzione, sufficienti ad escludere una responsabilità risarcitoria o indennitaria. Nel caso di specie, peraltro, non può essere invocato un danno da "affidamento procedimentale mero", sotto il profilo dell'imputabilità all'amministrazione della violazione dell'affidamento riposto dal privato nella correttezza dell'azione amministrativa avviata a seguito dell'instaurazione di un'contattò di carattere qualificato. In tale ottica, il contatto tra privato e pubblica amministrazione va inteso quale fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico (art. 1173 c.c.), con conseguente emersione di reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione (artt. 1175, 1176 e 1337 c.c.). Il ritardo, cioè, non assume rilievo risarcitorio autonomo, ma in quanto elemento indicativo e, in qualche misura, costitutivo del comportamento affidante che ne è conseguito (cfr. Cons. Stato, sez. II, 17 febbraio 2021, n. 1448). Nel caso di specie, non è ravvisabile alcun affidamento qualificato dell'impresa ricorrente da ricondurre quale elemento dell'invocata responsabilità da contatto sociale qualificato, alla stregua della quale, non diversamente da quanto accade nei rapporti tra privati, anche per la P.A., le regole di correttezza e buona fede, che non necessariamente inficiano la validità del provvedimento finale, trasmodano in canoni di valutazione del comportamento complessivamente tenuto, quale fondamento della predetta responsabilità . L'invocata responsabilità del Comune di (omissis) per il presunto danno "da affidamento procedimentale mero", intendendosi per tale quello cagionato "attraverso" la gestione procedimentale, anche in relazione alla sua eccessiva protrazione, presupporrebbe, in tale prospettiva, un contegno complessivamente affidante, verso un esito favorevole al privato, in precedenza serbato dall'amministrazione comunale che nel caso di specie è stato sin dall'avvio del procedimento chiaramente di segno opposto: le reiterate richieste interlocutorie del Comune resistente anche quando mutuate dall'Ente gestore della Riserva, in quanto meri atti endoprocedimentali, non cagionavano ex se una qualche lesione alla sfera giuridica del privato ovvero un arresto procedimentale in senso proprio, né hanno rappresentato sintomi della possibile scorrettezza comportamentale dell'Amministrazione procedente; al contrario, valutate nel loro insieme appaiono al Collegio l'esternazione di una volontà di differimento della pratica comprensibile in termini motivazionali dettata dalla complessità di valutazioni tecnico - discrezionali in materia di tutela ambientale a fronte di una non chiara ripartizione di competenze e attribuzioni tra i distinti soggetti e organi coinvolti quali il Comune medesimo (al suo interno, il SUAP e il SUE) e la Regione Siciliana (al suo interno, l'Assessorato Territorio e Ambiente, il Commissario Straordinario del Governo -ZES Sicilia Orientale, la Riserva Naturale Orientata del Biviere di (omissis)) in base a norme modificate nel tempo e diverse per rango, e provvedimenti di pianificazione generale, non sempre di agevole interpretazione e coordinamento. Di particolare rilevanza appare la criticità della questione ambientale, subito segnalata dall'Ente Gestore con la nota prot. n. U2536 del 28 maggio 2019, secondo cui, al di là della mancanza degli allegati e delle autorizzazioni necessarie, il progetto edilizio della ricorrente è "ubicato in un'area urbanizzata NORD 2, incompatibile con il pdg, incompatibile con il DPR del 17 gennaio 1995 (Piano di Risanamento ambientale) e in un sito sotto indagine della Commissione Europea EU PILOT6730/14/ENVI per violazione della direttiva Habitat 92/43/CE (..) e con il Piano di Gestione fino a quando la Regione Siciliana non compenserà i danni arrecati alle zone umide.". Si tratta di profili attinenti alla tutela di interessi pubblici ritenuti rilevanti nel bilanciamento con l'interesse della società istante, ribaditi dall'Ente Gestore in seno all'apposita Conferenza di servizi del 21 luglio 2022 (v. verbale prot. n. 81705 del 30 luglio 2022) indetta dal Comune di (omissis), e dal Commissario del Governo ZES - Sicilia Orientale con la nota prot. n. 220915U032 del 15 settembre 2022 (v. del fascicolo del ricorso nrg 471/2021, definito con la richiamata sentenza n. 2295 del 14 luglio 2022) inoltrata al Comune di (omissis), all'IRSAP e all'Assessorato regionale Territorio e Ambiente, oltre che per conoscenza, tra altri, anche alla società ricorrente. Non può dunque dubitarsi che tale problematicità ambientale indicata dall'Ente Gestore della Riserva del Biviere attraverso la prima richiesta di integrazione documentale del 28 maggio 2019 e poi quale causa dell'improcedibilità del rilascio del parere preliminare dichiarata con la nota prot. n. U2792 del 13 agosto 2022, sia stata condivisa dal Comune di (omissis) e dalla Regione siciliana, attraverso gli organi competenti, e resa manifesta alla società ricorrente sin dall'avvio del procedimento. Il contegno complessivamente assunto dal Comune di (omissis) attraverso atti amministrativi di inequivocabile contenuto di cautela e dichiarata necessità di approfondimento istruttorio, così come quello assunto dalla ricorrente di negazione aperta di collaborazione rispetto alle criticità emerse ab origine, evidenziano, quanto meno, la consapevolezza di quest'ultima dello sviluppo tutt'affatto celere e favorevole della pratica, con conseguente preclusione della configurabilità di un'azione di tipo risarcitorio/indennitario "da affidamento procedimentale mero", intendendosi per tale quello cagionato "attraverso" il procedimento istruttorio, anche in relazione alla sua eccessiva protrazione. I) In ogni caso, la pretesa dell'impresa ricorrente all'indennizzo del "ritardo mero", è infondata, sotto un'ulteriore profilo: non ricorrono, infatti, le condizioni alle quali l'art. 2-bis, c. 1-bis, della L. n. 241 del 1990 subordina il riconoscimento di tale indennizzo. In proposito occorre rilevare che, ai sensi dell'art. 28, comma 2, del D.L. n. 69 del 2013, al fine di ottenere l'indennizzo da mero ritardo, l'istante è tenuto ad azionare il potere sostitutivo previsto dall'art. 2, comma 9 bis, della L. n. 241 del 1990 e s.m.i. entro il termine di 20 giorni dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Tale termine per attivare il potere sostitutivo è perentorio. Nella specie il potere sostitutivo non è stato mai attivato, tenuto conto che a fronte di un procedimento avviato il 14 febbraio 2019, la società ricorrente soltanto con nota del 29 dicembre 2021, ha invitato il Comune di (omissis), tramite il S.U.A.P., a concludere l'istruttoria e al rilascio del provvedimento di autorizzazione, negando la necessità della richiesta integrazione e ribadendo la completezza della pratica già munita di tutti i pareri richiesti per legge e regolamento, allorquando il termine di conclusione del procedimento era scaduto nel giugno del 2021, così come affermato dalla ricorrente stessa. L) La domanda risarcitoria/indennitaria, pertanto, va integralmente respinta. M) Le spese di lite seguono la soccombenza dell'impresa ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo a favore del Comune di (omissis). Nulla va disposto in merito nei confronti dell'Istituto per Lo Sviluppo delle Attività Produttive - IRSAP, non costituitosi in giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna l'impresa ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Comune di (omissis) che liquida nella misura di Euro 2.000,00 (euro duemila/00) oltre accessori di legge se dovuti. Nulla per le spese nei confronti dell'Istituto per Lo Sviluppo delle Attività Produttive - IRSAP. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2024 con l'intervento dei magistrati: Francesco Bruno - Presidente Anna Pignataro - Consigliere, Estensore Giulia La Malfa - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 930 del 2017, proposto da Gu. Ci., rappresentato e difeso dall'avvocato Va. Ma. Sa. Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Da. Ma. in Palermo, (...); contro Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via (...); Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gi. Ci., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisco eletto presso lo studio dell'avv. Se. Be. in Palermo, viale (...); per la condanna: al risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi ai sensi degli articoli 2043 c.c., in cui sono incorse le Amministrazioni resistenti, in dipendenza degli illegittimi atti e dei fatti già accertati con la sentenza di questo TAR n. 1037/2016; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg., del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Capitaneria di Porto di Trapani, dell'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana - Dipartimento dell'Ambiente, dell'Assessorato delle Infrastrutture e della Mobilità della Regione Sicilia, dell'Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana della Regione Sicilia e della Soprintendenza dei beni Culturali e Ambientali di Trapani; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2024 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Con ricorso notificato il 22 marzo 2017 e depositato il 15 aprile successivo il ricorrente - premesso di avere presentato istanza in data 3 febbraio 2010 all'Ufficio del Demanio marittimo per il rilascio di una concessione demaniale ex art. 36 cod. nav. in un'area dell'isola di (omissis) ai tempi priva di servizi turistico-ricreativi - espone che: - conseguite le iniziali autorizzazioni dell'Agenzia delle Dogane di Trapani ex art. 19 d.lgs. 374/1990 e parere favorevole della Capitaneria di Porto di Trapani, il procedimento ha subito uno stallo che ha comportato il superamento dei termini massimi di conclusione del procedimento di cui all'art. 7 l.r. 4/2003; - l'Ufficio del Demanio dell'ARTA soltanto con nota prot. 1482 del 4 giugno 2014, ha richiesto i pareri mancanti, richiesta riscontrata in senso positivo ma tardivamente dal Genio Civile (il 6 novembre 2014, prot. 46016) e dalla Soprintendenza (il 25 novembre 2014, prot. 8143), e con parere negativo dall'Area Marina Protetta delle Isole Eg. (il 7 luglio 2014); - in seguito a tale ultimo parere negativo, l'Assessorato regionale del Territorio e Ambiente ha sospeso sine die il procedimento con nota del 1° ottobre 2014 n. 2639; - con un primo ricorso giurisdizionale presentato a questo Tribunale (iscritto al n. 4050/2014 di R.G.), ha impugnato l'atto di sospensione e i pareri, per tardività e assoluta incompetenza dell'Area Marina Protetta, trattandosi di istanza di concessione relativa ad una zona ricompresa nella fascia terrestre; - le pretese del ricorrente hanno trovato pieno accoglimento, tanto in sede cautelare quanto nel merito, con sentenza n. 1037/2016, passata in giudicato per mancata impugnazione il 27 novembre 2016, che ha disposto: l'acquisizione per silentium del parere del Genio Civile e della Soprintendenza e l'annullamento dei correlativi pareri tardivi, l'annullamento per incompetenza del parere negativo dell'AMP; l'annullamento dell'atto soprassessorio con cui l'Assessorato ha arbitrariamente sospeso il procedimento; a ciò aggiungendo, in funzione espressamente conformativa, la spettanza del bene della vita, ordinando all'amministrazione competente di rilasciare la concessione entro 60 giorni; - ciononostante, il procedimento si è concluso con il rilascio della concessione n. 60/2017 soltanto il 06.06.2017 e, di seguito, con il permesso dal SUAP del Comune di (omissis) in data 9 agosto 2017. Ha chiesto dunque, ai sensi dell'art. 30 c.p.a., il risarcimento del danno ingiusto, ex artt. 2043 c.c. e 2 bis l. 241/1990, anche in relazione agli artt. 2, 97 e 98 Cost., ritenendo fondati come segue gli elementi costitutivi dell'illecito. Sull'elemento oggettivo dell'illecito ex art. 2043. Essendo ormai coperta da giudicato la natura soprassessoria della nota dell'ARTA del 1° ottobre 2014, l'incompetenza dell'AMP e la tardività dei pareri del Genio civile e della Soprintendenza, il ricorrente ritiene integrati gli estremi tanto da provvedimento illegittimo quanto del danno da ritardo puro, per l'ingiustificata violazione/elusione del termine di conclusione del procedimento di cui agli artt. 2 e 2 bis, l. n. 241/1990, e art. 7 l.r. 4/2003, atteso che il provvedimento conclusivo sarebbe dovuto pervenire, al più tardi, il 21 ottobre 2010, e risultando ancora pendente alla data di instaurazione del sopra citato ricorso, il 15.04.2017. L'ingiustizia deriverebbe dalla lesione dell'interesse legittimo pretensivo al tempestivo ottenimento del bene della vita funzionale allo svolgimento dell'attività imprenditoriale, interesse sorto sin dalla presentazione dell'istanza il 4 agosto 2010, e la cui sostanziale spettanza è stata oggetto di puntuale accertamento giudiziale con la sentenza n. 1037/2016; l'ingiustizia sussisterebbe anche per il danno da ritardo puro trattandosi di interessi pretensivi incisi da programmi di investimento in cui spicca la rilevanza economica del fattore tempo. Sul danno evento e sul danno conseguenza. Posta la sicura spettanza del bene della vita, il ricorrente lamenta il danno da mancato guadagno e la perdita di chance corrispondente a tutte le "stagioni" di attività imprenditoriale perdute, dal 2011 al 2017, e in subordine comunque per il 2015, 2016 e 2017 oltre il danno aggiuntivo per la perdita degli impieghi remunerativi cui avrebbe destinato i guadagni dell'attività imprenditoriale progettata (TAR Palermo, Sez. II, 7 febbraio 2017 n. 351). I danni pretesi sarebbero conseguenza immediata e diretta ex art. 1223 c.c. dell'agire illegittimo, reiteratamente e colpevolmente tardivo, delle amministrazioni resistenti. Sull'elemento soggettivo. La prova dell'elemento soggettivo dell'illecito discenderebbe dalla smisurata violazione dei termini procedimentali, contrariamente ai canoni di correttezza e buona amministrazione cui deve ispirarsi la funzione amministrativa, secondo un modello di PA ideale, efficiente, zelante, solerte e che conosca ed applichi la legge. Ha chiesto pertanto il risarcimento del danno da mancato guadagno per la perdita di chance, e da lucro cessante per il mancato reimpiego remunerativo degli utili che avrebbe ritratto dall'attività imprenditoriale, quantificato con perizia di parte in misura pari a Euro 296.841,00, quanto al primo, e Euro 73.846,00, quanto al secondo, in via principale per sette stagioni di mancato godimento commerciale della concessione, dal 2011 al 2017; in subordine, per le 4 stagioni, dal 2014 al 2017, rispettivamente nella misura di Euro 162.400,00 e Euro 36.833,00, entrambi con rivalutazione e interessi; in ulteriore subordine nella misura equitativamente determinata dal giudice ovvero fissando i criteri ex art. 34, comma 4, c.p.a. 2. Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio le Amministrazioni statali e regionali intimate per mezzo dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato chiedendo, previa declaratoria di difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani il rigetto del ricorso. Al fine di dimostrare l'infondatezza della domanda risarcitoria nei confronti dell'Area Marina Protetta si è altresì costituito il Comune di (omissis) in qualità di ente gestore di detta AMP, il quale ha depositato documenti nonché una memoria con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso. 3. Alla pubblica udienza di smaltimento del 17 luglio 2023, in seguito alla discussione delle parti, il Collegio, con ordinanza interlocutoria del 2 ottobre 2023, n. 2929/2023, ha onerato le resistenti Amministrazione di fornire documentati chiarimenti in ordine allo sviluppo e alla tempistica del procedimento di concessione demaniale. 3.1. Le incombenze istruttorie sono state adempiute dal Comune, con deposito del 30.11.2023, e dall'ARTA, con nota prot. 13450 del 1.03.2024 da cui si evince che: i) nel periodo successivo alla sentenza n. 1037/2016, l'AMP non è stata coinvolta in alcun modo nel procedimento; ii) con nota n. 59483 del 16/08/2016 l'ARTA ha comunicato il rilascio della Concessione Demaniale Marittima n. 60 del 06/06/2017 di cui al D.R.S. n. 334 del 26/04/2017 alla Società "PURA VIDA S.R.L.S. Uninominale", cui è seguito il permesso di costruire del Comune di (omissis) solo il 9.08.2017. 4. Le parti hanno depositato memorie in vista dell'udienza di merito, all'esito della quale il ricorso è stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Con il ricorso in esame il ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno conseguente alla condotta illegittima e gravemente colposa tenuta dalle resistenti amministrazioni, dapprima per il ritardo nella conclusione del procedimento ad istanza di parte per il rilascio della concessione demaniale marittima ex art. 36 cod. nav., successivamente per l'adozione dell'illegittimo parere negativo dell'AMP, per di più incompetente, dei tardivi pareri del Genio Civile e della Soprintendenza di Trapani, e dell'atto soprassessorio dell'ARTA, tutti annullati in sede di primo ricorso impugnatorio concluso con l'accoglimento integrale delle pretese del privato, cui è seguito un ulteriore ed inescusabile ritardo della PA nel rilascio del provvedimento anelato. 2. In via preliminare, va accolta l'eccezione di difetto di legittimazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani. Quest'ultima, infatti, è estranea alle pretese del ricorrente, avendo emesso tempestivamente il proprio parere favorevole; peraltro l'Amministrazione statale risulta priva di ogni competenza sul demanio marittimo, ex art. 6, comma 7, L. n. 172/2003, esaurendosi la competenza della Capitaneria di Porto nella valutazione degli aspetti inerenti alla sicurezza della navigazione. 3. Nel merito, il ricorrente chiede che sia accertata la responsabilità della P.A, risarcimento del danno da provvedimento illegittimo e del danno da ritardo. La domanda è solo parzialmente fondata nei sensi e nei termini appresso specificati. Ed invero con riferimento alla responsabilità da provvedimento illegittimo la giurisprudenza è ormai pacifica nel ritenere che l'esistenza del danno ingiusto, lamentato in giudizio, deve formare oggetto di un puntuale onere probatorio in capo al soggetto che ne chieda il risarcimento, non costituendo quest'ultimo una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale o dell'accertamento dell'illegittimità dell'atto amministrativo. In proposito non soccorre, infatti, il metodo acquisitivo; né l'esistenza del danno può essere presunta quale conseguenza dell'illegittimità provvedimentale in cui l'Amministrazione sia incorsa. Spetta dunque al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria e, quindi, in particolare, la presenza di un nesso causale che colleghi la condotta commissiva od omissiva della Pubblica Amministrazione all'evento dannoso, e l'effettività del danno di cui si invoca il ristoro, con la conseguenza che, ove manchi tale prova, la domanda di risarcimento non può che essere respinta (Cons. Stato, Sez. II, 1settembre 2021, n. 6169). Il danneggiato, pertanto, dovrà provare: sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità, a tale ultimo riguardo, di distinguere l'evento dannoso (c.d. "danno-evento") derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone (c.d. "danno-conseguenza"), suscettibile di riparazione in via risarcitoria (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3); sul piano soggettivo, il coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che la sola riscontrata ingiustificata o illegittima inerzia dell'amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integra la colpa dell'Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358). Anche con riferimento al cd. danno da ritardo la giurisprudenza ha chiarito che "anche se l'art. 2 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 (da leggere in combinato disposto con l'art. 30, comma 4, c.p.a.) rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle Pubbliche amministrazioni, stabilendo che esse sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, la domanda deve essere comunque ricondotta nell'alveo dei principi generali sull'illecito extracontrattuale per l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità ; di conseguenza l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell'adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (Cons. Stato V, 9 marzo 2015, n. 1182, Cons. Stato, A.P. n. 6 luglio 2015, n. 6)" (Cons. Stato, Sez. IV, 27/12/2021, n. 8626). Secondo la giurisprudenza prevalente inoltre il risarcimento non deriva in via automatica del semplice e oggettivo scorrere del tempo (di Stato, sez. V, 02/08/2021, n. 5648; Cons. Stato Sez. VI, Sent. 20/07/2022, n. 6322). Non operando alcuna presunzione di danno per il mero superamento del termine, grava sul ricorrente ex art. 2697 l'onere di provare la sussistenza degli elementi di cui all'art. 2043 c.c. (di recente, TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 24/01/2024 n. 241). Nel caso in esame va evidenziato che il ricorrente ha chiesto accertarsi entrambe le forme di responsabilità con riferimento ad una vicenda i cui passaggi essenziali sono i seguenti: - il ricorrente, nel dicembre 2014, impugnava innanzi a questo TAR l'atto soprassessorio dell'1.10.2014 dell'ARTA, la nota-parere dell'Area Marina Protetta del 21.07.2014 e gli atti connessi tra cui le richieste d'integrazione nel frattanto pervenute dal Genio Civile e dalla Soprintendenza di Trapani, lamentandone l'illegittimità sotto svariati profili. - con la sentenza n. 1037/2016 (pubblicata il 28.04.2016 e passata in giudicato il 27.11.2016) i suddetti atti sono stati annullati ed è stato statuito che "all'annullamento degli atti impugnati... si accompagna, in prospettiva conformativa della futura azione amministrativa ed in applicazione del principio sostanziale sotteso al combinato disposto dell'art. 1 e dell'art. 34, comma 1, lett. c) ed e), c.p.a., l'accertamento che, alla stregua del materiale versato agli atti del presente giudizio, al sig. Ci. spetta il rilascio dell'anelata concessione demaniale marittima: da un lato, infatti, risultano già acquisiti l'autorizzazione espressa dell'Agenzia delle Dogane ed il parere preliminare favorevole della Capitaneria di Porto di Trapani, dall'altro lato l'assenso del Genio Civile di Trapani, della Soprintendenza di Trapani e (a quanto consta) del Comune di (omissis) è stato acquisito per silentium ai sensi della l.r. 4/2003; l'Area Marina Protetta, attributaria di funzioni estranee all'ambito di delibazione propedeutico all'emanazione del titolo concessorio, non ha, invece, motivo di essere coinvolta nel procedimento"; è stato altresì evidenziato che "l'inerzia mantenuta dall'ARTA pur a seguito dell'ordinanza cautelare dimostra a contrario - anche in considerazione dei principi di buon andamento dell'Amministrazione e di legittimo affidamento del privato - l'inesistenza di profili ostativi al rilascio del titolo, che, altrimenti, avrebbero dovuto essere prontamente rappresentati, tanto più alla luce del parere preliminare positivo alla valutazione di incidenza ambientale già emesso dallo stesso Assessorato resistente e del decorso di un notevole lasso di tempo (più di sei anni) dall'iniziale istanza", precisando infine che "l'ARTA.. potrà rigettare l'istanza del ricorrente solo per profili fattuali o per rilievi giuridici diversi da quelli già in atti, attendendo, in tal caso, alla puntuale e specifica indicazione delle circostanze che non hanno reso possibile la tempestiva esposizione di tali elementi ostativi: in ogni caso - e ciò il Collegio statuisce in applicazione dei menzionati articoli 1 e 34, comma 1, lett. c) ed e), c.p.a. - il procedimento dovrà essere concluso con un provvedimento espresso entro il termine ultimo di giorni sessanta dalla pubblicazione della presente sentenza". - rinnovati alcuni pareri nel frattanto scaduti e ottenuto anche il provvedimento finale sulla valutazione di incidenza ambientale (il 16.03.2017), sono infine intervenuti dapprima il DRS n. 334 del 26.04.2017 e quindi, in data 06.06.2017, la agognata concessione demaniale n. 60/2017. In tale vicenda - in cui il riconoscimento, se pure successivo, del bene della vita esclude la sussistenza di un pregiudizio permanente per il ricorrente - può semmai configurarsi un "danno da ritardato conseguimento del bene della vita" che, giova precisarlo, non è propriamente un "danno da ritardo": è un danno che comunque si concentra sulla "ingiusta lesione del bene della vita" (come accertata dalla sentenza n. 1037/2016) che è stato riconosciuto in un tempo successivo rispetto a quello entro il quale avrebbe dovuto essere riconosciuto. Nel caso di specie, gli elementi costitutivi di detta responsabilità, emergono chiaramente dal contenuto della sentenza n. 1037/2016: tanto con riguardo agli elementi di carattere soggettivo (colpa del danneggiante) immanenti nella macroscopicità dei reiterati ritardi e nella palese e assoluta incompetenza dell'AMP adita in sede di parere, quanto quelli di carattere oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale), non avendo il ricorrente potuto godere della concessione demaniale, e dunque dei ricavi dell'attività imprenditoriale che avrebbe potuto intraprendere già molto tempo prima dell'effettivo rilascio della concessione, intervenuto solo nell'estate del 2017. Sotto il profilo oggettivo la natura soprassessoria della nota demaniale dell'1 ottobre 2014, fa sì che essa integri gli estremi sia dell'illecito provvedimentale propriamente inteso (ovvero dell'illegittimo esercizio di potestà amministrative), sia del mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria, in violazione dei principi generali di tempestività e correttezza dell'agire amministrativo, buona fede e tutela dell'affidamento del destinatario dell'azione amministrativa. Del pari costituisce autonomo illecito provvedimentale il parere dell'Area Marina del 21 luglio 2014, non solo per le plurime ragioni rilevate nella citata sentenza n. 1037/2016, ma anche per l'inconsistenza, giuridica e fattuale, delle ragioni ostative ivi adombrate tutte puntualmente censurate col ricorso originario sia con riferimento al regime transitorio posto dall'articolo 4 della legge regionale n. 15/2005 (per il rilascio di concessioni demaniali marittime nelle more della approvazione del P.U.D.M.), sia con riferimento agli inesistenti rilievi a sfondo ambientalistico opposti al progetto del ricorrente (seppur in presenza di un parere favorevole già rilasciato, all'esito della istruttoria di rito, dal Dipartimento regionale dell'Ambiente). La presenza del previo accertamento giudiziale contenuto nella sentenza n. 1037/2016 consente di ritenere provato anche l'elemento soggettivo, salva la possibilità di prova contraria a carico dell'Amministrazione, come da giurisprudenza consolidata per cui "il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell'Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante dalla sussistenza di contrasti giurisprudenziali, di incertezza del quadro normativo di riferimento o di particolare complessità della situazione di fatto, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento" (Cons. St., sez. V, 10 maggio 2022, n. 3658; Cons. Stato, sez. III, 12 aprile 2023, n. 3664). Ebbene, tale onere non può nel caso di specie ritenersi assolto dalle Amministrazioni resistenti: non con riferimento all'AMP che assume l'ambiguità del dato normativo che perimetra l'area oggetto di propria competenza, trattandosi di normative di remota approvazione (risalenti al 1982, l'art. 27 legge n. 979; e al 1991, l'art. 19 legge n. 394) sulle quali non è giustificabile alcuna persistente incertezza ermeneutica, tanto meno in ordine alla delimitazione oggettiva dell'ambito di competenza territoriale; non con riferimento all'ARTA, di cui la sentenza evidenzia la gravità dei reiterati ritardi e che, financo dopo la condanna, prima in sede cautelare e poi nel merito ad un facere provvedimentale specifico, passata in giudicato il 27 novembre 2016, ha perseverato nel ritardo; neanche con riguardo ai pareri del Genio Civile e della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani che, ancorché positivi, sono pervenuti parimenti con ingiustificabile ritardo che ne ha fondato l'annullamento da parte di codesto Tribunale con la menzionata sentenza, essendosi ormai formato il silenzio provvedimentale. Sul punto le Amministrazioni resistenti non hanno assolto agli oneri di prova liberatoria su di esse incombenti; non può in particolare ritenersi "scusabile" interpretazione dell'art. 27 della L. n. 979/1982 che ha condotto al convincimento dell'ARTA, poi rivelatosi errato, riguardo all'inclusione anche della fascia costiera dell'isola di (omissis) nel perimetro della riserva marina inclusa nella competenza dell'AMP. L'errore, infatti, risulta scusabile quando l'amministrazione, a fronte di una scelta interpretativa, ha optato per una soluzione che solo ex post si è rivelata chiaramente errata in presenza di una situazione di obiettiva incertezza, integrata da elementi (quali contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma, formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, rilevante complessità del fatto), di cui non è stata data dalla stessa amministrazione adeguata dimostrazione. 4. In definitiva, sulla scorta di quanto precede, deve ritenersi sussistente la lesione dell'interesse pretensivo del ricorrente al rilascio tempestivo della concessione demaniale n. 60 del 06/06/2017, e il conseguente pregiudizio patrimoniale suscettibile di riparazione in via risarcitoria. Sulla quantificazione del danno complessivamente dovuto occorrono talune precisazioni. Per il periodo intercorrente fra il 2010 e il 2014, non avendo il ricorrente diligentemente esperito i mezzi di tutela messi a disposizione dall'ordinamento, nulla è dovuto. Al riguardo assume rilievo, in ordine alla riduzione o all'esclusione del danno risarcibile, il concorso di colpa del danneggiato che abbia omesso di attivare i previsti rimedi processuali di tutela specifica, come precisato nella nota pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 3 del 2011, secondo cui "Operando una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di auto-responsabilità, il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità relativa (secondo il criterio del "più probabilmente che non": Cass., sezioni unite, 11 gennaio 1008, n. 577; sez. III, 12 marzo 2010, n. 6045), recide, in tutto o in parte, il nesso casuale che, ai sensi dell'art. 1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose risarcibili. Di qui la rilevanza sostanziale, sul versante prettamente causale, dell'omessa o tardiva impugnazione come fatto che preclude la risarcibilità di danni che sarebbero stati presumibilmente evitati in caso di rituale utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall'ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi". Nella specie la diligenza del ricorrente è mancata non essendosi attivato nel termine di legge contro il silenzio della P.A., formatosi sull'istanza del 3 febbraio 2010 ben prima della notifica del ricorso di annullamento solo il 9.12.2014, avverso il provvedimento di sospensione dell'ARTA. Per il periodo successivo alla proposizione dell'azione di annullamento, sono dovuti tutti i danni che siano conseguenza diretta ed immediata dell'illecito comportamento provvedimentale delle PA, ex art. 1223, come richiamato dall'art. 2056. In considerazione di ciò, non avendo potuto il ricorrente intraprendere l'attività imprenditoriale programmata a causa della condotta illegittima delle PA, il quantum debeatur è ragionevolmente deeterminabile dal confronto dell'utile netto risultante dai bilanci della società del ricorrente, acquisiti agli atti del giudizio, successivi all'effettivo ottenimento della concessione che, seppur pervenuta nel corso della stagione estiva del 2017, ha consentito al ricorrente di avviare concretamente l'attività soltanto a partire dall'estate del 2018. La redditività perduta dalla società come conseguenza diretta ed immediata è dunque rappresentata dall'utile netto, in quanto comprensivo del reddito ma al netto della componente finanziaria e della tassazione, e non anche dall'Ebitda (earnings before interest, taxes, depreciation, and amortization), o margine operativo lordo (MOL), sulla cui base il ricorrente pretende ristoro e che ingloba in sé anche il valore economico di ulteriori spese che non partecipano del guadagno netto - appunto, gli interessi, le tasse, la svalutazione e gli ammortamenti - che il ricorrente avrebbe affrontato in ogni caso e pertanto non sono meritevoli di compensazione. Ai fini della quantificazione del danno emergente, dunque, è ragionevole far riferimento al valore medio dell'utile netto risultante dai bilanci societari depositati, successivi all'ottenimento e al godimento della concessione da cui ha tratto il relativo profitto. La media annua dell'utile netto è pari a Euro 16.905,50, rappresentante la somma - all'uopo rivalutata e maggiorata degli interessi - dovuta dalle Amministrazioni resistenti, in solido, per ogni anno di ritardo imputabile, e dunque per le annualità del 2015, 2016 e 2017, risalendo il primo ricorso al dicembre 2014. Quanto al lucro cessante il criterio preferibile per la relativa quantificazione impone di far riferimento agli interessi compensativi che accedono all'obbligazione risarcitoria da fatto illecito per compensare la mancata disponibilità per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il debito viene liquidato, calcolati al tasso legale sull'importo, rivalutato per anno, attualizzato a partire dalla pubblicazione della sentenza e sino al definitivo saldo (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 7/02/2017 n. 351). 5. In conclusione, previa estromissione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani, l'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. vanno condannati in solido al risarcimento del danno nei confronti del ricorrente, per la somma di Euro 16.905,50 moltiplicata per tre annualità Euro 50.716,50, maggiorata degli interessi e della rivalutazione. 6. Le spese del giudizio seguono l'ordinaria regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: - dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Trapani e, per l'effetto, ne dispone l'estromissione dal giudizio; - accoglie in parte il ricorso e, per l'effetto, condanna in solido l'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. al risarcimento del danno, da liquidarsi in favore del ricorrente secondo i criteri indicati in motivazione. Condanna in solido l'Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Area Marina Protetta delle Isole Eg. al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali, liquidate nell'importo complessivo di Euro 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00) oltre accessori dovuti per legge e rimborso del contributo unificato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere Francesco Mulieri - Consigliere, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 245 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Il. Di Si., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Ministero della Difesa, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, domicilio fisico legale presso la sede di questa, in Palermo, via (...); per l'annullamento del provvedimento di vaglio sfavorevole, formulato dal Comando Legione Carabinieri Sicilia, SM Ufficio Personale, n. 463/4-1-ass. di prot. CC TEN23249-0023132 12.11.2022, notificato in data 22.11.2022 e di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e consequenziale e ad ogni modo non conosciuto e non conoscibile ma comunque lesivo degli interessi dell'odierno ricorrente; nonché per l'accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente a ricevere la monetizzazione delle ferie di licenza ordinaria non fruita, di cui alla domanda del 28.01.2022 Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Comando Legione Carabinieri Sicilia; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso iscritto al n. 245 dell'anno 2023, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva: - di essere un Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri; - di aver prestato servizio presso il Comando provinciale di -OMISSIS-, fino al congedo, avvenuto in data 23.12.2021, per raggiunti limiti di età ; - di aver pertanto ottenuto, in data 5.11.2022, licenza ordinaria sino al 23.12.2021; - di non aver, tuttavia, potuto usufruire di tale licenza, dal 12.11.2021 al 1.12.2021 e dal 6.12.2021 al 16.12.2021, a causa di malattia, come da documentazione medica allegata, poiché gli veniva diagnosticata gonoartrosi bilaterale, con necessità di giorni 20 di riposo, prima e 10 dopo, essendo rimasto bloccato nei movimenti; - di aver quindi presentato domanda di monetizzazione della licenza ordinaria non fruita, per l'appunto, a causa della malattia; - che l'Amministrazione adottava il provvedimento impugnato. Instava quindi per l'annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali. Si costituiva l'Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre. All'udienza pubblica del 25 settembre 2024, il ricorso è stato assunto in decisione. DIRITTO La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) eccesso di potere per carenza di motivazione; violazione dell'art. 5, comma 8, d.l. n. 95/2012, atteso che il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro è riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età ), che comunque consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie; violazione dell'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, ai sensi del quale il lavoratore ha diritto a un'indennità finanziaria per evitare che, a causa di tale impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto. L'Avvocatura dello Stato eccepiva, in memoria depositata in data 11.07.2024, l'infondatezza del ricorso atteso che, per effetto della riforma del 2012, il diritto all'indennità sostitutiva poteva essere riconosciuto solo ove il rapporto di lavoro fosse cessato con ferie maturate e non godute per causa non imputabile al lavoratore, con onere della prova a carico di quest'ultimo di dimostrare l'impossibilità incolpevole di fruire delle ferie per cause di servizio o di forza maggiore, cosa non avvenuta nel caso di specie. Infatti, il Comando Provinciale di -OMISSIS-, in data 4.3.2022 e 10.9.2022, aveva riferito che la mancata fruizione di parte della licenza, relativa all'anno 2021, non era imputabile a ragioni di servizio e che l'interessato, seppur più volte sensibilizzato ad utilizzare la licenza dell'anno 2021 (dal momento che la preordinata data del suo congedo, prevista per il 23.12.2021, non gli avrebbe consentito di usufruirne l'anno seguente), aveva iniziato a godere del beneficio solo nell'ultimo periodo utile di servizio. Lo stesso Comando, in data 1.2.2023, aveva aggiunto che il Sottufficiale, per sue esigenze riferite come non pianificabili, non aveva comunicato alcun periodo in cui avrebbe fruito della licenza nell'anno 2021, al contrario dei suoi colleghi che, invece, avevano indicato il periodo delle loro rispettive licenze in un foglio di calcolo in uso a quel Reparto. Non vi è dubbio, prosegue l'Avvocatura, che l'interessato abbia messo in atto una condotta dilatoria, la quale non consente il pagamento della licenza. In memoria depositata in data 4.9.2024 la parte ricorrente ribadiva la fondatezza del ricorso. Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati. Come ritenuto da questa Sezione in un caso ana, "In primo luogo, l'art. 14 del d.P.R. 395 del 1995, riguardante il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nell'introdurre il principio della monetizzazione delle ferie maturate e non godute e nel ribadire, al comma 7, l'irrinunciabilità di detto congedo, ha previsto, al comma 14, il pagamento del congedo ordinario non fruito nella sola ipotesi che all'atto della cessazione dal servizio le ferie non siano state fruite per documentate esigenze di servizio. In seguito, l'art. 55 del d.P.R. n. 254/1999 ha esteso la disciplina dell'articolo 14, comma 14, del d.P.R. n. 395 del 1995 al personale dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, prevedendosi il pagamento sostitutivo, oltre che nei casi previsti dal comma 1, anche quando la licenza ordinaria non sia stata fruita per decesso o per cessazione dal servizio per infermità . Ancora, l'art. 92/2024 905, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, recante il codice dell'ordinamento militare, dispone che "prima del collocamento in aspettativa per infermità ai militari sono concessi i periodi di licenza non ancora fruiti". Il quadro normativo è stato infine completato dall'entrata in vigore dell'art. 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012, il quale ha sancito: "Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età . Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate; è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile"." (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 692/2024). Come pertanto eccepito dall'Avvocatura dello Stato, il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non si applica soltanto nei casi in cui il loro mancato godimento dipenda da cause non imputabili al lavoratore, dovendosi, invece, ritenere operante il divieto tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (così Cons. Stato. Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6047). Come ritenuto da questa Sezione, se è vero che tra le cause non imputabili al lavoratore le quali impediscono il godimento delle ferie la giurisprudenza amministrativa pacificamente include il collocamento in aspettativa per infermità (cfr. Cons. Stato, sez. III, 21 marzo 2016, n. 1138; Consiglio di Stato sez. II, 27/12/2023, n. 11254), è anche vero che "tale impedimento riguarda - con ogni evidenza - le sole ferie maturate durante il periodo di aspettativa, non quelle maturate anteriormente alla sospensione del rapporto di lavoro, alla cui fruizione i militari sono ammessi prima del collocamento in aspettativa giusto il disposto dell'art. 905, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66. D'altronde, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non vi è una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia, non venendo meno il diritto alle ferie in ragione delle condizioni psico-fisiche minorate del lavoratore, inidonee al loro pieno godimento. Al contrario, il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, mutando il titolo dell'assenza, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto (Cass., sez. L, sentenza n. 27392 del 29/10/2018)." (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 692/2024). Orbene, come eccepito dall'Avvocatura dello Stato, il Comando Provinciale di -OMISSIS-, in data 4.3.2022 e 10.9.2022, aveva riferito che la mancata fruizione di parte della licenza, relativa all'anno 2021, non era imputabile a ragioni di servizio e che l'interessato, seppur più volte sensibilizzato ad utilizzare la licenza dell'anno 2021 (dal momento che la preordinata data del suo congedo, prevista per il 23.12.2021, non gli avrebbe consentito di usufruirne l'anno seguente), aveva iniziato a godere del beneficio solo nell'ultimo periodo utile di servizio. Lo stesso Comando, in data 1.2.2023, aveva aggiunto che il Sottufficiale, per sue esigenze riferite come non pianificabili, non aveva comunicato alcun periodo in cui avrebbe fruito della licenza nell'anno 2021, al contrario dei suoi colleghi che, invece, avevano indicato il periodo delle loro rispettive licenze in un foglio di calcolo in uso a quel Reparto. È evidente, pertanto, che il ricorrente ha avuto la possibilità di fruire delle ferie, trovandosi poi nell'impossibilità di goderne per causa a lui imputabile. Come pure già ritenuto da questa Sezione, "non vi è una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia, non venendo meno il diritto alle ferie in ragione delle condizioni psico-fisiche minorate del lavoratore, inidonee al loro pieno godimento. Al contrario, il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, mutando il titolo dell'assenza, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto (Cass., sez. L, sentenza n. 27392 del 29/10/2018). A ben vedere, l'art. 905, comma 2, c.o.m. si muove proprio in questa logica nel consentire al militare, che ha esaurito i giorni di licenza straordinaria per convalescenza, di utilizzare i giorni di licenza ordinaria residui, onde evitare di essere posto d'ufficio in aspettativa per infermità . Valgono a questo proposito le medesime considerazioni svolte dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo alla previsione, di ana tenore, di cui all'abrogato art. 15 comma 3, l. 31 luglio 1954 n. 599 e a mente del quale "l'aspettativa per infermità proveniente o non da causa di servizio è disposta a domanda o di autorità, previ gli accertamenti sanitari stabiliti dal regolamento. Prima del collocamento in aspettativa al sottufficiale sono concessi i periodi di licenza ammessi dai relativi regolamenti e non ancora fruiti". Con riferimento alla disposizione abrogata, il cui contenuto precettivo è stato tuttavia riprodotto dall'art. 905, comma 2 del codice dell'ordinamento militare attualmente vigente, si è infatti chiarito che "l'Amministrazione, prima di collocare il sottufficiale in aspettativa per infermità, deve concedergli i periodi di licenza non ancora fruiti (...) La ratio sottesa a queste disposizioni è evidentemente quella di consentire al sottufficiale di scomputare dal periodo di assenza dal servizio dovuta ad infermità i periodi di licenza non ancora goduta, affinché tali periodi non assumano rilevanza ai fini del calcolo del periodo di comporto. Il quadro normativo illustrato è stato oggetto esplicazione nella circolare PERSOMIL del 26 ottobre 2000, emanata dal Ministero della Difesa, nella quale viene chiarito che il personale assente per infermità deve essere collocato, in prima battuta, in licenza straordinaria di convalescenza per un periodo massimo di 45 giorni. Una volta terminato il periodo di licenza straordinaria (o almeno trascorso un mese dal suo inizio), il medesimo personale può fruire a domanda, prima di essere collocato in aspettativa, della licenza ordinaria non ancora goduta. La domanda di fruizione della licenza ordinaria deve essere presentata prima della scadenza dei 45 giorni della licenza straordinaria di convalescenza" (così T.A.R. Lombardia-Milano, sez. III, 05/01/2012, n. 19). L'Amministrazione, in coerenza col quadro normativo e giurisprudenziale testé delineato, ha riconosciuto correttamente al ricorrente il pagamento sostitutivo del congedo ordinario non fruito per il periodo successivo al collocamento in aspettativa e fino alla cessazione dal servizio. Per quanto concerne, invece, i giorni di ferie maturati anteriormente al ripetuto collocamento, non risulta agli atti di causa alcuna documentazione che attesti l'impossibilità di effettuare il previsto congedo, così come richiesto dall'art. 14 del d.P.R. n. 395/95, che ne consente appunto la monetizzazione soltanto per "documentate esigenze di servizio", ovverosia allorquando siano state svolte prestazioni lavorative su disposizione dell'Amministrazione, che abbiano impedito il godimento delle ferie maturate (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2005, n. 2779), né il godimento delle giornate di licenza ordinaria già maturate era impedito di per sé dalla condizione di malattia del ricorrente. A ben vedere, anzi, al ricorrente è stata data facoltà, anteriormente al collocamento in aspettativa, di fruire delle ferie già maturate a quel tempo, e, come risulta dagli atti, lo stesso ha liberamente e scientemente scelto di non farlo. A fronte di ciò, non rileva, stante la non sussumibilità nell'alveo previsionale della disciplina di riferimento, la motivazione addotta dal deducente di tale scelta, ovverosia l'imprevedibilità del protrarsi dello stato di malattia, venendo in considerazione, come si è detto, giornate maturate anteriormente al collocamento in aspettativa e che sarebbero dovute essere fruite anteriormente a quest'ultimo (in termini, T.A.R. Potenza, sentenza n. 577/2023), non prevedendo l'art. 905, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 il riporto dei giorni di licenza maturati e non goduti alla fine del periodo di aspettativa." (Tar Sicilia, Palermo, sez. III, n. 692/2024). Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Terza Sezione, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede: 1. Respinge il ricorso n. 245 dell'anno 2023; 2. Condanna la parte ricorrente a rifondere all'Amministrazione resistente le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000 (duemila/00) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge, e contributo unificato, se ed in quanto versato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Guglielmo Passarelli Di Napoli - Presidente, Estensore Raffaella Sara Russo - Primo Referendario Mario Bonfiglio, Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2583 del 2018, proposto da -OMISSIS-, in proprio ai sensi dell'art. 22, comma 3, c.p.a., e contestualmente rappresentato e difeso dall'avvocato Al. Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Sicilia - Assessorato delle Attività Produttive, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege, in Palermo, via (...); nei confronti La. S.r.l. ed altri, non costituiti in giudizio; -OMISSIS-S.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. La Fa. Be. e Lu. De Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento 1) della nota del 10/10/2018 prot. 56305 del Dipartimento delle attività produttive, servizio 3s artigianato, avente ad oggetto "comunicazione di non ammissibilità al finanziamento", notificata a mezzo pec in data 11/10/2018, nella parte in cui l'istanza del ricorrente è stata ritenuta non ammissibile per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto 1 (50), sebbene l'attribuzione in sede di riesame (sulla base degli stessi documenti allegati al progetto) di ulteriori complessivi punti 20, di cui punti 15 per i criteri di selezione 7 e 8 e punti 5 per gli elementi premiali; 2) del verbale della commissione di valutazione n. 67 del 28/9/2018, comunicato in uno alla suddetta nota a mezzo pec del 11/10/2018, nella parte in cui la Commissione di valutazione ha confermato il punteggio attribuito in primo esame con il verbale n. 31 del 10/7/2018, omettendo di considerare la richiesta motivata di riesame della valutazione del progetto articolata riguardo ai criteri di selezione di cui ai nn. 2, 3, 5, 6 e 7 del prf. 4.6 dell'avviso pubblico in esenzione con procedura valutativa a sportello sulla linea d'azione 3.5.1_02 del 23/6/2017; 3) del ddg n. 1100 del 17/7/2018 e l'allegato elenco provvisorio delle istanze ritenute ammissibili o non ammissibili ed escluse con evidenza delle cause dell'esclusione, richiamato dalla sopra citata nota del 10/10/2018 prot. 56305 del Dipartimento delle Attività Produttive, Servizio 3s, con cui il progetto del ricorrente è stato ritenuto non ammissibile per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto dall'avviso Pubblico; 4) dell'Avviso pubblico relativo all'Azione 3.5.1_02 del PO "Aiuti alle imprese in fase di avviamento - Bando a sportello in esenzione" e, segnatamente, a) del paragrafo 3.4. (spese ammissibili) dell'Avviso Pubblico, punto 4. lett. b) (imposta sul valore aggiunto), ove inteso in contrasto con l'art. 37, comma 11 Reg. 1303/2013, perchè esclude dal fondo perduto l'Iva indicata nel progetto di parte ricorrente, titolare di regime di imprenditoria giovanile ex art. 27, commi 1 e 2 d.l. 98/2011 (NON SOGGETTO AD IVA), con conseguente illogicità ed incongruenza del giudizio di valutazione del criterio di selezione 5 rispetto al piano di copertura degli investimenti; b) del paragrafo 4.6., dell'Avviso Pubblico, punto 2, criterio di selezione n. 6 (cantierabilità ) in quanto in contrasto con il principio di parità e di uguaglianza nella determinazione dei punteggi da attribuire per singolo criterio rispetto ad altri Avvisi Pubblici adottati dalla stessa Amministrazione nell'ambito della stessa linea d'azione e, in particolare, con la misura 3.1.1.03 (min. invest. 30.000,00 Max 250.000,00), ove per il requisito della cantierabilità è previsto un diverse range di punti (min-Max)"; c) del paragrafo 4.6. dell'Avviso Pubblico, punto 2, elemento premiale 2 (ottenimento rating della legalità ) in quanto, ove ritenuto in contrasto con l'articolo 5-ter del decretolegge 24 gennaio 2012, n. 1, così come modificato dall'art. 1, comma 1- quinquies, del decreto-legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 2012, n. 62, determina una disparità di trattamento tra il ricorrente, impossibilitata ad ottenere il rating di legalità, e le altre imprese che, invece, ottenendolo, hanno potuto godere di ulteriori punti 3 per detto elemento premiale ai fini della ammissione al contributo FESR; 5) di tutti gli atti, provvedimenti e verbali, anche delle sedute riservate, connessi, preliminari ed istruttori, ancorché non conosciuti, relativi alle operazioni e determinazioni assunte dalle Amministrazioni resistenti, per la procedura indetta in relazione all'Azione 3.5.1_02 del P "Aiuti alle imprese in fase di avviamento - Bando a sportello in esenzione", a mezzo dei quali è stata disposta l'inammissibilità della proposta di parte ricorrente per mancato raggiungimento per punteggio minimo previsto al prf 4.6.; 6) di tutti gli atti,provvedimentie verbali conseguenziali ai provvedimenti impugnati - medio tempore eventualmente adottati - ed in particolare quelli che, sulla base della gravata graduatoria, impegnino le risorse PO FESR Sicilia 2014/ 2020 - Azione 3.5.1 _02 Aiuti alle imprese in fase di avviamento, a favore di terzi nelle more del giudizio e di ogni altro atto preliminare, presupposto e/o connesso, anche non noto. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Sicilia - Assessorato delle Attività Produttive e di -OMISSIS-S.r.l.s; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 settembre 2024 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Il ricorrente espone di non essere stato ammesso a beneficiare degli aiuti alle imprese, previsti dall'Avviso pubblico di cui al D.D.G. n. 1443 del 23.06.2017, per mancato raggiungimento del punteggio minimo richiesto. Impugna in questa sede la comunicazione di mancata ammissione al finanziamento del 10.10.2018, il verbale della commissione di valutazione, la DDG n. 1100 di approvazione della graduatoria non definitiva degli aventi titolo, nonché gli atti presupposti. Il ricorrente dichiara, inoltre, di censurare "tutti gli atti, provvedimenti e verbali conseguenziali ai provvedimenti impugnati - medio tempore eventualmente adottati - ed in particolare quelli che, sulla base della gravata graduatoria, impegnino le risorse PO FESR Sicilia 2014/ 2020 - Azione 3.5.1 _02 Aiuti alle imprese in fase di avviamento, a favore di terzi nelle more del giudizio e di ogni altro atto preliminare, presupposto e/o connesso, anche non noto". 2. A sostegno dell'impugnazione, sono formulati i seguenti motivi: I. Eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria, nonché violazione dell'art. 97 Cost., del principio di parità delle condizioni di accesso ai contributi FESR e dell'art. 37, c. 11 del Reg. Eur. N. 1303/2013. L'Amministrazione resistente avrebbe dovuto attribuire il massimo del punteggio nella valutazione del criterio di selezione 5 relativo alla sostenibilità economica finanziaria della iniziativa, avendo il ricorrente documentato una situazione finanziaria che la Commissione avrebbe omesso di valutare; II. disparità di trattamento nella valutazione del criterio di selezione di cantierabilità tra avvisi pubblici relativi allo stesso asse - violazione del principio di leale collaborazione, dei principi in materia di soccorso istruttorio, nonché dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e del favor partecipationis - violazione delle finalità degli aiuti comunitari - eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia manifesta delle modalità di valutazione del criterio di selezione della cantierabilità in relazione alla eccessiva durata della istruttoria del procedimento di valutazione della domanda di contributo in relazione alla legge regionale 16/2016. Parte ricorrente ha lamentato l'ambiguità del presupposto Avviso pubblico rispetto al criterio della cantierabilità, esponendo, inoltre, che tale criterio arrecherebbe un vulnus in termini di disparità di trattamento rispetto ai soggetti partecipanti ad altre misure adottate dallo stesso Assessorato. 3. L'Amministrazione resistente contesta nel merito quanto dedotto nel ricorso, chiedendone il rigetto. Si è, inoltre, costituita in giudizio la società -OMISSIS-, controinteressata, la quale ha eccepisce preliminarmente l'improcedibilità (rectius, inammissibilità ) del ricorso (notificato il 10.12.2018) per mancata impugnazione della graduatoria finale delle imprese ammesse, pubblicata con decreto del 26.10.2018, nonché l'inammissibilità del gravame, ex art. 41, c. II, c.p.a. Sotto quest'ultimo profilo, espone di non poter essere qualificata parte controinteressata in senso tecnico, in quanto non sarebbe pregiudicata dall'eventuale accoglimento del ricorso principale. Il ricorrente controdeduce nel merito e replica alle eccezioni in rito, sostenendo, in particolare, quanto al detto profilo di improcedibilità del gravame (per non essere stata impugnata la graduatoria definitiva), che tale atto risulterebbe implicitamente contestato, sia perché il ricorso è stato comunque notificato successivamente alla sua pubblicazione sia perché l'oggetto dell'impugnazione includerebbe anche gli atti (ivi inclusa la graduatoria definitiva) conseguenziali a quelli esplicitamente indicati. 4. Con ordinanza n. -OMISSIS-del 10.01.2019, è stata respinta la domanda cautelare proposta contestualmente all'impugnazione, atteso che "da un lato il ricorrente censura nel merito i punteggi attribuiti dalla Commissione e tuttavia - in considerazione del limite del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo - non si ravvisano nel caso in esame manifeste illogicità di giudizio tali da inficiare l'operato della commissione", e, dall'altro lato, "la dedotta disparità di trattamento nella valutazione del criterio di selezione di cantierabilità tra avvisi pubblici diversi, ancorché relativi allo stesso asse, potendosi ad avviso del Collegio ravvisare il vizio dedotto soltanto nell'ambito della medesima procedura, essendo prerogativa insindacabile dell'amministrazione prevedere criteri diversi per ciascun avviso o bando da essa emanato". L'ordinanza di questo Tribunale veniva poi confermata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che pur riservando l'approfondimento delle censure alla sede meritale, con ordinanza n. -OMISSIS-del 2019, osservava "che le doglianze di parte non riescono, allo stato, a far emergere con sufficiente evidenza il fumus boni iuris che solo potrebbe giustificare la concessione della misura cautelare richiesta" ritenendo di conseguenza "che al momento l'ordinanza impugnata sembra resistere alle critiche dedotte con l'appello". 5. All'udienza straordinaria del 17.9.2024 la causa è stata discussa dalle parti e quindi trattenuta in decisione. 6.1 Il Collegio ritiene fondata l'eccezione di inammissibilità (non di improcedibilità ) del ricorso formulata dalla controinteressata, risultando quindi superfluo l'esame del merito e dei restanti rilievi in rito. Deve essere premesso che l'approvazione della graduatoria definitiva, pur appartenendo alla stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l'atto (la comunicazione di esclusione) che ha determinato la lesione dedotta dal ricorrente, non ne costituisce conseguenza inevitabile, atteso che la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, ben potendo l'Amministrazione, del resto, rivisitare la precedente determinazione sfavorevole, ovvero riformularne la motivazione o persino disporre di non perfezionare la procedura (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 3.10.2022, n. 2594). Da ciò consegue che l'impugnazione dell'arresto conclusivo del procedimento non può essere dedotta per implicito, specie dalle clausole di stile impiegate dal ricorrente per richiamare gli atti connessi ed eventualmente successivi a quelli esplicitamente menzionati, posto che, per quanto precede, tra l'atto finale e gli atti presupposti non si pone un rapporto di stretta e ineluttabile consequenzialità . 6.2 Pertanto, ad avviso del Collegio, le indicazioni contenute nell'atto introduttivo del giudizio, nel cui contesto nessun motivo viene espressamente formulato per contestare (anche) il provvedimento di definitiva approvazione dell'elenco delle domande ammesse, non consentono di ritenere che l'impugnazione sia stata estesa anche a tale atto finale. Ulteriore conferma di tale conclusione può, del resto, essere tratta dalle stesse domande formulate, in via preliminare, dal ricorrente, il quale, nel richiedere testualmente di essere inserito "nell'Elenco definitivo delle domande ritenute ammissibili al finanziamento dell'Avviso pubblico relativo all'Azione 3.5.1_02 del PO "Aiuti alle imprese in fase di avviamento - Bando a sportello in esenzione" PSR Sicilia 2014/2010", omette di dare conto dell'avvenuta adozione dell'atto finale di approvazione del suddetto elenco definitivo, ossia proprio di quell'unico atto - mai menzionato nel ricorso - dal quale sarebbe in effetti derivata la lesione prospettata (ma solo in riferimento alla comunicazione di esclusione e all'elenco provvisorio) nel concreto. 6.3 Va poi aggiunto che, nel caso in esame, la mancata impugnazione dell'atto finale della procedura non determina, come sostenuto dalla controinteressata, l'improcedibilità del ricorso per carenza di interesse a seguito della sopravvenuta adozione di un ulteriore arresto procedimentale autonomamente lesivo (cfr. art. 35, comma 1, lett. c, c.p.a.), per il solo fatto che tale arresto procedimentale (conosciuto o comunque conoscibile da parte del ricorrente in quanto oggetto di pubblicazione) preesisteva all'instaurazione del gravame. Il ricorso risulta, dunque, ab origine privo del sottostante interesse all'annullamento degli atti (non conclusivi del procedimento) ivi impugnati, annullamento da ritenersi del tutto superfluo, per il solo fatto che l'effettiva lesione della posizione del ricorrente deve, invece, essere autonomamente ricondotta al decreto di approvazione dell'elenco definitivo, come detto non contestato e, di conseguenza, divenuto ormai inoppugnabile (in senso conforme, in tema di mancata impugnazione della graduatoria definitiva, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez III, 11.5.2020. n. 944). 7. Per quanto precede, il ricorso va dunque dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. art. 35, comma 1, lett. b, c.p.a. Le spese devono essere compensate per l'intero, in considerazione della particolarità delle questioni esaminate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Bardino - Presidente, Estensore Francesca Dello Sbarba - Consigliere Guido Gabriele, Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 832 del 2023, proposto dall'A. Cl. Ca., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Um. Il., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ed elettivamente domiciliata presso il suo studio di Palermo, Via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti G.B. Oi. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gr. Ma. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - della nota n. 30325 del 23 marzo 2023, notificata in pari data a mezzo PEC, con cui il Comune di (omissis), Settore Sviluppo Economico, con riferimento allo "Impianto di distribuzione carburanti sito in via (omissis)", ha comunicato lo scioglimento di "ogni vincolo discendente dalla concessione di suolo pubblico per cui Ac. Ca. è tenuta a consegnare l'area concessa priva di manufatti e ad eseguita bonifica del suolo e del sottosuolo", assegnando un termine di 30 giorni per "la consegna del piano di demolizioni e bonifica"; - di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e/o consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di G.B. Oi. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2024 il dott. Luca Girardi e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso ritualmente proposto, l'A. Cl. di Ca. ha chiesto l'annullamento, previa sospensione, della nota n. 30325 del 23 marzo 2023 con cui il Comune di (omissis), con riferimento all'impianto di distribuzione carburanti sito in via (omissis) dato in concessione alla ricorrente, ha comunicato lo scioglimento di "ogni vincolo discendente dalla concessione di suolo pubblico per cui Ac. Ca. è tenuta a consegnare l'area concessa priva di manufatti e ad eseguita bonifica del suolo e del sottosuolo", assegnando un termine di 30 giorni per "la consegna del piano di demolizioni e bonifica". In fatto parte ricorrente espone che, con deliberazione della Giunta Municipale n. 654 del 27 aprile 1990, il Comune di (omissis) affidava all'A. Cl. di Ca., (d'ora in poi anche "AC"), in concessione d'uso, un'area demaniale di 800 mq. in via (omissis) per l'installazione di un impianto di distribuzione di carburanti (IDC). Scaduta tale concessione, l'AC ha chiesto il rinnovo della concessione al Comune di (omissis) il quale, con delibera di G.M. n. 232 del 1° agosto 2005, ha disposto il chiesto rinnovo, stabilendo che "la concessione d'uso dell'area demaniale è temporanea ed efficace fino al momento in cui, il Settore Urbanistica avrà approvato il regolamento per il piano di riordino dei distributori di carburante di (omissis)". Nella specie, l'art. 2 dello schema di contratto, poi approvato, prevedeva che: "La concessione d'uso avrà una durata di anni nove con decorrenza 01/01/2004, e si intenderà tacitamente rinnovata per altri nove anni se non sopravviene formale disdetta da comunicarsi al concedente entro sei mesi precedenti la scadenza del contratto, nella forma della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, fatta salva la disdetta del Comune di (omissis) che verrà notificata nelle forme di legge a seguito della razionalizzazione della rete dei distributori di carburanti per atto regolamentare del Settore Urbanistico ed Edilizio, competente per materia. Il Concedente ha facoltà di recedere anticipatamente in qualsiasi momento, laddove ragioni di opportunità lo imponessero". In data 5 ottobre 2005 le parti sottoscrivevano il Contratto di rinnovo della concessione. Successivamente, con delibera del Consiglio direttivo dell'AC del 18 gennaio 2018, veniva stabilito di concedere in affitto, tramite gara e per una durata di 18 anni, il ramo di azienda relativo alla gestione dell'IDC in parola, che si concludeva con l'aggiudicazione in favore della G.B. Oi. s.r.l., odierna controinteressata. Con comunicazione di subingresso pervenuta all'Assessorato Regionale delle Attività Produttive, la G.B. Oi. s.r.l. trasmetteva all'Ente regionale il contratto di affitto di ramo di azienda, comunicando, quindi, il subingresso nell'attività di gestione dell'IDC. Con nota n. 17509/CL0198 del 12 marzo 2019, l'Assessorato Regionale alle Attività Produttive comunicava la presa d'atto di subingresso della Soc. G.B. Oi. s.r.l. nell'autorizzazione n. 99 del 20.01.2011 per l'impianto di distribuzione carburanti di cui in oggetto anche al Comune di (omissis). L'AC di Ca. precisa di aver conferito incarico (giusta delibera n. 546-3 del 15 marzo 2022) al geom. Giocolano Andrea Salvatore al fine di presentare a marzo 2022 un'istanza di rinnovo della concessione. Quest'ultimo, però, comunicava al Direttore dell'AC di non aver potuto procedere nell'istanza per mancanza del certificato prevenzione incendi, il cui rilascio al Comando Provinciale dei VV.FF. poteva essere richiesto esclusivamente dalla GB Oi. s.r.l., ossia dal soggetto gestore dell'impianto. Pertanto, a dire della ricorrente, il mancato invio dell'istanza di rinnovo sarebbe dipeso dalla GB Oi. s.r.l., la quale non avrebbe provveduto a chiedere il rinnovo della concessione né il certificato prevenzione incendi che a tal fine era necessario. La ricorrente evidenza anche che i rapporti contrattuali tra l'AC di Ca. e la GB Oi. s.r.l. hanno avuto una evoluzione contenziosa, tuttora in essere innanzi al giudice ordinario. Seguiva, in ultimo, la nota n. 30325 del 23 marzo 2023 del Comune di (omissis), Settore Sviluppo Economico, qui gravata, con la quale è stata intimata la decadenza della concessione in parola. In particolare, si legge nella nota citata: "Si comunica che la concessione d'uso dell'area pubblica di via (omissis) angolo Settefarine per la realizzazione di un impianto di distribuzione di idrocarburi, censita in Catasto al Foglio di Mappa n. (omissis) P.lla (omissis), autorizzata con delibera di Giunta Municipale n. 657 del 27.04.1990 e rinnovata con provvedimento del 05.10.2005, è decaduta per decorrenza dei termini entro cui presentare istanza di rinnovo. Si prende atto della cessione del ramo di aziendale da parte di Ac. Ca., concessionario, alla G.B. Oi., in difformità al contratto sottoscritto e senza alcun parere e/o nulla osta da parte del Comune di (omissis), pertanto privo di efficacia. Tenuto conto che l'area in questione è interessata dai lavori di riqualificazione di via (omissis) con la realizzazione di una rotatoria stradale, con la presente si comunica che è sciolto ogni vincolo discernente1 dalla concessione di suolo pubblico per cui Ac. Ca. è tenuta a riconsegnare l'area concessa priva di manufatti e ad eseguita bonifica del suolo e del sottosuolo. A tal fine, si assegna termine di trenta giorni per la consegna del piano di demolizioni e bonifica decorsi i quali si provvederà nei termini di legge." Il ricorso è assistito da un'unica complessiva censura con la quale l'AC lamenta, in prima battuta, che la durata della concessione è stata fissata in maniera non determinata ma determinabile, ossia "fino al momento in cui, il Settore Urbanistica avrà approvato il regolamento per il piano di riordino dei distributori di carburante di (omissis)". Pertanto, attesa la mancata adozione del regolamento citato, la concessione sarebbe ancora in corso. In relazione al secondo capoverso dell'impugnata nota, poi, la ricorrente evidenzia una confusione nel richiamo fatto dal Comune alle figure contrattuali dell'affitto (di azienda) e della locazione (di immobile). Infatti, all'art. 5 del contratto di rinnovo del 5 ottobre 2005 si afferma che: "Gli immobili oggetto del presente contratto, si concedono per l'uso cui gli stessi sono stati destinati nel passato, e cioè come area di servizio per un distributore di carburante, con divieto di sub locazione, cessione anche parziale e divieto di mutamenti di destinazione". A dire dell'AC, quindi, l'articolo citato sarebbe inapplicabile poiché è stato stipulato tra AC e G.B. Oi. un contratto diverso, ossia di affitto (di ramo di azienda), in luogo di una mera locazione. Con riguardo al terzo ed ultimo capoverso dell'impugnata nota, la ricorrente contesta che i lavori di riqualificazione di via (omissis), attraverso la realizzazione di una rotatoria stradale, compromettano la prosecuzione dell'intera concessione di suolo pubblico e quindi impongano il recesso ante tempus. Con memoria del 4 settembre 2023, notificata in pari data alle parti costituite, la ricorrente ha contestato il contenuto di un post apparso sul profilo Fa. del Comune di (omissis) in data 8 giugno 2023 dalla lettura del quale, a suo dire, emergerebbe come alcuna interferenza sussiste tra l'area in cui insiste l'IDC e la realizzazione della rotonda in via (omissis). Resistono in giudizio le parti intimate, nella specie il Comune di (omissis) che ha all'uopo depositato memoria a difesa chiedendo, in ultimo, il rigetto del ricorso, nonché la controinteressata G.B. Oi. s.r.l. che ha analogamente concluso per il rigetto del gravame. Con ordinanza n. 314 del 20 giugno 2023, la Sezione ha respinto la richiesta di sospensione degli atti impugnati per inesistenza del prescritto fumus. L'ordinanza è stata poi confermata anche in sede d'appello cautelare dall'ordinanza di rigetto del CGA n. 292 del 15 settembre 2023 per analoghe considerazioni svolte da questo Giudicante. In vista dell'udienza pubblica odierna le parti hanno scambiato memorie ai sensi dell'art. 73 c.p.a. nelle quali hanno sostanzialmente ribadito i propri assunti difensivi. All'udienza pubblica del 24 settmebere2024 la causa è stata posta in decisione. DIRITTO 1. Come premesso in fatto, l'A. Cl. di Ca. ha ottenuto dal Comune di (omissis) in concessione d'uso un'area demaniale di 800 mq. in via (omissis), per l'installazione di un impianto di distribuzione di carburanti (IDC). Scaduta tale concessione, l'AC di Ca. richiedeva il rinnovo della concessione al Comune di (omissis) il quale, con delibera di G.M. n. 232 del 1° agosto 2005, approvava il contratto per la concessione d'uso alla società AC. L'art. 2 dell'approvato contratto, come chiarito, prevedeva che: "La concessione d'uso avrà la durata di anni nove con decorrenza 01/01/2004, e si intenderà tacitamente rinnovata per altri nove anni se non sopravviene formale disdetta da comunicarsi al concedente entro sei mesi precedenti la scadenza del contratto, nella forma della lettera raccomandata con avviso di ricevimento, fatta salva la disdetta del Comune di (omissis) che verrà notificata nelle forme di legge a seguito della razionalizzazione della rete dei distributori di carburanti per atto regolamentare del Settore Urbanistico ed Edilizio, competente per materia. Il Concedente ha facoltà di recedere anticipatamente in qualsiasi momento, laddove ragioni di opportunità lo imponessero". Quindi, il Comune di (omissis), con nota n. 30325 del 23 marzo 2023, ha comunicato alla ricorrente la decadenza dalla suddetta concessione per decorrenza dei termini. Inoltre, nella medesima nota, il Comune ha altresì contestato come la cessione del ramo aziendale da parte dell'AC alla G.B. Oi. sarebbe avvenuta in difformità al contratto sottoscritto e senza alcun parere e/o nulla osta da parte del Comune di (omissis), e sarebbe pertanto privo di efficacia. In ultimo, a causa di lavori di riqualificazione di via (omissis) volti alla realizzazione di una rotatoria stradale, il Comune ha comunque evidenziato l'impossibilità di proseguire nella concessione comunicando, quindi, lo scioglimento da ogni vincolo discendente dalla stessa con conseguente obbligo di riconsegna dell'area concessa. 2. Come già anticipato in sede cautelare, e confermato in sede di appello, il ricorso deve essere respinto per le ragioni che seguono, con assorbimento delle eccezioni in rito sollevate dalle resistenti. 3. Giova richiamare quanto già delibato in sedere interinale. Con ordinanza n. 314 del 20 giugno 2023, la Sezione ha stabilito che: "appare prima facie corretto il provvedimento impugnato nella parte in cui lo stesso ha previsto che la concessione è decaduta per decorrenza dei termini di durata previsti, senza che per altro sia stata neppure presentata alcuna istanza di rinnovo (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 9/02/2023, n. 2245 "Il mero pagamento dei canoni all'Amministrazione, dopo l'intervenuta scadenza del titolo concessorio, non può considerarsi di per sé rinnovo tacito della concessione, in mancanza dell'atto formale di rinnovo"); appare anche violato l'art. 5 del medesimo contratto il quale prevedeva, con dicitura ampia e generica, il divieto "di sub locazione, cessione anche parziale" degli immobili oggetto del contratto; le contestazioni nei confronti del controinteressato, in odine alla mancata presentazione di richiesta di proroga/rinnovo della concessione appaiono inopponibili al Comune concedente". Seguiva l'ordinanza di conferma del CGA n. 292 del 15 settembre 2023 secondo cui: "i) la concessione di suolo pubblico, decorrente dal 1° gennaio 2004, aveva una durata complessiva di 18 anni, ed è venuta a scadenza il 1° gennaio 2022 (cfr. art. 2 della delibera di Giunta municipale n. 232 del 1° agosto 2005), né risulta che l'appellante abbia fatto richiesta per una nuova concessione; ii) appartiene alla discrezionalità del Comune di (omissis) la decisione in ordine all'utilizzo dell'area de qua, essendo venuto meno il contratto di concessione di suolo pubblico, anche alla luce dei lavori di riqualificazione che interessano la sede stradale limitrofa". 4. Tutto ciò premesso, risulta pacifico in fatto che la concessione sia venuta a scadenza naturale alla data del 1° gennaio 2022, non potendosi altrimenti interpretare l'art. 2 del contratto richiamato il quale prevedeva sia la data di inizio di validità (1° gennaio 2004), sia l'iniziale durata del contratto di nove anni, sia la possibilità di un unico rinnovo tacito alla scadenza. Poi, che la concessione d'uso dell'area demaniale per cui è causa fosse temporanea ed efficace fino approvazione del regolamento per il piano di riordino dei distributori di carburante di (omissis) (preambolo della Delibera di Giunta n. 232 dell'1 agosto 2005 non riprodotta però nel contratto di concessione) appare una circostanza che comunque non scalfisce il contenuto dell'art. 2 che pone, all'evidenza, dei limiti temporali che prescindono da una eventuale approvazione del citato regolamento ove avvenuta prima della naturale scadenza del contratto. Infatti, è lo stesso articolo 2 a precisare che resta salvo il potere di disdetta (atto unilaterale volto ad evitare proprio l'eventuale rinnovo automatico) in capo al solo Comune di (omissis) in caso di razionalizzazione della rete dei distributori di carburanti per atto regolamentare del Settore Urbanistico. 4.1. Di nessun pregio il ricorso anche nella parte in cui la ricorrente lamenta che il Comune non avrebbe tenuto in debito conto la delibera dell'AC n. 546_3 del 15 marzo 2022 nella quale veniva manifestata l'intenzione di presentare un'istanza di rinnovo, però poi mai inoltrata, e ciò durante la vigenza della normativa emergenziale di cui all'art. 26-bis, D.L. 41/2021. Infatti, il non aver comunque inoltrato l'istanza di rinnovo rende di fatto inconferente l'argomentazione e del tutto infondata la doglianza, a prescindere di chi sia la responsabilità della mancata presentazione dell'istanza, e ciò anche in relazione ad una possibile valenza ex tunc della richiesta di rinnovo, su cui pure si dilunga parte ricorrente. Va anche ribadito che, per costante indirizzo giurisprudenziale, il mero pagamento dei canoni e l'introito delle relative somme da parte dell'Amministrazione, dopo l'intervenuta scadenza del titolo, non può considerarsi di per sé rinnovo tacito della concessione, in mancanza dell'atto formale di rinnovo, costituendo questo soltanto titolo per la detenzione e l'utilizzo del bene demaniale (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 18 luglio 2019, n. 5076; Id., Sez. V, 30 luglio 2018, n. 4662; Id., Sez. VI, 6 agosto 2013, n. 4098; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 9/02/2023, n. 2245). Peraltro, come evidenziato dalla controinteressata, l'odierno Giudicante non avrebbe comunque giurisdizione sull'accertamento di eventuali responsabilità circa presunte violazione di obblighi sorti a seguito della cessione del ramo d'azienda tra ricorrente e controinteressata, e tale comportamento negligente non potrebbe comunque essere opposto al Comune di (omissis) che ha solo preso atto della scadenza della concessione senza che fosse intervenuta alcuna richiesta di rinnovo della stessa. 5. Quanto detto rende ex se legittimo il provvedimento gravato trattandosi all'evidenza di atto plurimotivato. Orbene, nel caso in cui determinazioni amministrative negative siano impugnate davanti all'autorità giudiziaria e si basino su più motivi, ognuno dei quali potenzialmente valido per sostenere il dispositivo del provvedimento, è sufficiente che almeno uno di essi resista all'esame del giudice affinché il provvedimento nel suo insieme rimanga immune dalle censure proposte. In tale contesto, il ricorso può essere dichiarato infondato o addirittura inammissibile per mancanza di interesse a contestare ulteriori ragioni ostative, poiché l'esito di queste ultime è assorbito dalla pronuncia negativa riguardante la prima ragione (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 02/07/2024, n. 5816). 6. Ciò detto ed a prescindere da tale dirimente circostanza, va anche confermato quanto già anticipato in sede cautelare circa il secondo capoverso della nota impugnata, in quanto l'art. 5 del contratto di rinnovo del 5 ottobre 2005 pone una clausola ampia tale da ricomprendere ogni forma di cessione/locazione/affitto di azienda, che andava quindi previamente comunicata e/o concordata con l'amministrazione concedente, pena la violazione dell'articolo in parola che così recita: "Gli immobili oggetto del presente contratto, si concedono per l'uso cui gli stessi sono stati destinati nel passato, e cioè come area di servizio per un distributore di carburante, con divieto di sub locazione, cessione anche parziale e divieto di mutamenti di destinazione". Sul punto deve essere condivisa la difesa del Comune nella parte in cui evidenzia che il divieto di cessione parziale non deve essere riferito alla locazione stricto sensu intesa, bensì alla concessione stessa e ad ogni forma di mutamento soggettivo inerente la stessa. Inoltre, che la comunicazione del subingresso della controinteressata G.B. Oi. s.r.l. nell'affitto del ramo d'azienda sia comunque intervenuta successivamente all'avvenuto trasferimento, non esclude per l'appunto la violazione dei termini del contratto che avrebbe richiesto un preventivo assenso all'operazione da parte del Comune concedente, così da rendere non censurabile in questa sede la nota impugnata anche in parte qua. 7. Ancora, priva di pregio anche l'ultima subcensura, supportata anche dalla memoria notificata del 4 settembre 2023, con la quale l'AC lamenta che i lavori di riqualificazione di via (omissis) non avrebbero comunque interessato l'IDC per cui è causa, da cui l'inconducenza di questo argomento a supporto della nota comunale gravata. Come evidenziato dal Giudice di appello, infatti, appartiene alla discrezionalità del Comune di (omissis) la decisione in ordine all'utilizzo dell'area de qua una volta venuta meno la concessione di suolo pubblico per le ragioni esposte in precedenza, con conseguente rigetto del ricorso anche in questa parte. 8. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto, con salvezza degli atti gravati. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l'A. Cl. di Ca. al pagamento delle spese di lite da disporsi come segue: euro 1.500 (millecinquecento/00) a favore del Comune di (omissis) ed euro 1.000 (mille/00) in favore della controinteressata G.B. Oi. S.r.l., oltre oneri come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere Luca Girardi - Primo Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quinta ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 504 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Ca. La Fa. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Comune di (omissis), in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ca. Pi. Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - del verbale, prot. -OMISSIS-, conosciuto in pari data, avente ad oggetto l'accertamento della mancata ottemperanza all''ordinanza di demolizione n° -OMISSIS-; - dell'ordinanza dirigenziale n. -OMISSIS-, notificata alla sig.ra -OMISSIS-, in data 16.1.2020; - della nota Comune di (omissis) prot. n. -OMISSIS-, conosciuta dalla sig.ra -OMISSIS-, in data 16.1.2020; - della nota Comune di (omissis) prot. n. -OMISSIS-, conosciuta dalla sig.ra -OMISSIS-, in data 16.1.2020, Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il 9/1/2024: per l'annullamento verbale, prot. -OMISSIS-, conosciuto in pari data, avente ad oggetto l'accertamento della mancata ottemperanza all'ordinanza di demolizione n° -OMISSIS- sotto altro profilo Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 settembre 2024 il dott. Guido Gabriele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. I ricorrenti, in qualità di comproprietari di un terreno sito nel territorio del Comune di (omissis), impugnavano il verbale della P.M. del medesimo Comune del 14 gennaio 2020 di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-; essi impugnavano altresì l'ordinanza di demolizione predetta e il provvedimento di rigetto dell'istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001, proposta dalla -OMISSIS-, destinataria dell'ordinanza di demolizione in qualità di soggetto responsabile dell'abuso. 2. Avverso i provvedimenti impugnati, i ricorrenti prospettavano i seguenti motivi di ricorso: - "I SULL'ILLEGITTIMITA' DEL VERBALE DI ACCERTAMENTO DEL 14.1.2020 SULLA LEGITTIMAZIONE AD IMPUGNARE IN CAPO AI SIGG.RI -OMISSIS-VIOLAZIONE DELL'ART. 31, COMMA IV D.P.R. N. 380/2001 COSI COME RECEPITA CON L.R. N. 16/2016"; - "II SULL'ILLEGITTIMITA' DEL VERBALE DI ACCERTAMENTO DEL 14.1.2020 SOTTO ALTRO PROFILO VIOLAZIONE DELL'ART. 31, COMMA IV D.P.R. N. 380/2001 COSI COME RECEPITA CON L.R. N. 16/2016"; - "III SULL'ILLEGITTIMITA' DELLE NOTE PROT. NN. -OMISSIS- SULLA LEGITTIMAZIONE AD IMPUGNARE IN CAPO ALLA SIG.RA -OMISSIS- VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 24-97 COST. - VIOLAZIONE PRINCIPIO DI DIFESA - DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE - DI TRASPARENZA - DI BUON ANDAMENTO - DI IMPARZIALITA' DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 36 cpv D.P.R. N. 3802001 COSI COME RECEPITA CON L.R. N. 16/2016 VIOLAZIONE DELL'ART. 21 NONIES LEGGE N. 241/1990 COSI' COME RECEPITA CON L.R. N. 7/2019"; - "V (SIC) SULL'ILLEGITTIMITA' DELL'ORDINANZA DI DEMOLIZIONE N. -OMISSIS- VIOLAZIONE DELL'ART. 3 COMMA 1 LETT L) L.R. 19.8.2016 N. 36 ECCESSO DI POTERE PER CARENZA D'ISTRUTTORIA E PRESUPPOSTO SOTTO ALTRO PROFILO". 3. Con successivi motivi aggiunti "propri" (notificati in data 8 gennaio 2024 e depositati il successivo 9 gennaio), i ricorrenti proponevano un'ulteriore censura avverso i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo così rubricata: - "SULL'ILLEGITTIMITA' DEL VERBALE DI ACCERTAMENTO DEL 14.1.2020 VIOLAZIONE DELL'ART. 31, COMMI IV-IV BIS DPR N. 380/2001 COSI COME RECEPITA CON L.R. N. 16/2016 VIOLAZIONE DELL'ART. 3 LEGGE N. 689/1981". 4. Si costituiva in giudizio il Comune resistente, che depositava documentazione afferente al complesso contenzioso sviluppatosi sulla vicenda in scrutinio, il cui epi è rappresentato dal rigetto dei ricorsi proposti da -OMISSIS-(in proprio e nella qualità di amministratore della -OMISSIS-), disposto dal Tar Palermo con sentenza d-OMISSIS-, confermata dal CGA con sentenza del -OMISSIS- e passata in giudicato per effetto dell'ordinanza del 28 febbraio 2023, -OMISSIS- con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato l'inammissibilità del corrispondente ricorso. Per il resto, il Comune ha instato per il rigetto del ricorso, con una difesa per lo più improntata sugli esiti dei pregressi giudizi. 5. In vista dell'udienza di merito, le parti hanno scambiato memorie difensive. 5.1 In particolare la difesa dei ricorrenti ha depositato in data 15 luglio 2024 memoria difensiva con cui ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse del -OMISSIS-. Per il resto, essa ha insistito per l'accoglimento del ricorso, dichiarando espressamente la persistenza dell'interesse alla decisione in capo alla -OMISSIS-. 6. All'udienza di smaltimento del 17 settembre 2024 la causa è stata posta in decisione, previo avviso alle parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cpa, circa la possibile inammissibilità del ricorso introduttivo quanto all'impugnativa del verbale di accertamento della inottemperanza all'ordine di demolizione e di possibile irricevibilità per tardività del ricorso per motivi aggiunti. 7. In via preliminare, va dichiarata l'improcedibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti nei confronti di -OMISSIS-. 7.1 Invero, in caso di espressa dichiarazione del ricorrente di non aver più alcun interesse alla decisione del ricorso, il giudice non può decidere la controversia nel merito, né procedere d'ufficio, né sostituirsi nella valutazione dell'interesse ad agire, ma può solo adottare una pronuncia in conformità alla dichiarazione resa, poiché nel processo amministrativo, in assenza di repliche e di diverse richieste ex adverso, vige il principio dispositivo in senso ampio, nel senso, cioè, che la parte ricorrente, sino al momento in cui la causa è trattenuta in decisione, ha la piena disponibilità dell'azione e può dichiarare di non avere interesse alla decisione medesima, in tal modo provocando la presa d'atto del giudice, che può solo dichiarare l'improcedibilità del ricorso (ex plurimis, Cons. Stato, VI, 5 giugno 2023, n. 5503; Cons. Stato, VII, 23 maggio 2023, n. 5159; Cons. Stato, V, 15 febbraio 2023, n. 1599; Cons. Stato, II, 4 gennaio 2023, n. 120; Cons. Stato, III, 21 maggio 2021, n. 3981; Cons. Stato, VI, 6 marzo 2018, n. 1446). 8. Sempre in via preliminare va dichiarata l'inammissibilità dei primi due motivi del ricorso introduttivo per difetto di interesse, in relazione all'impugnativa del verbale della Polizia Municipale di accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione. 8.1 Sul punto, la condivisibile giurisprudenza amministrativa ha reiteratamente affermato che: "Il verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione di un manufatto abusivo è mero atto endoprocedimentale della P.A., privo di efficacia esterna, di per sé inidoneo a ledere situazioni giuridiche, fino a che non venga emanata la determinazione finale della P.A. e come tale non impugnabile. Trattasi di atto avente efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dai vigili urbani, ai quali non è attribuita la competenza all'adozione di atti di amministrazione attiva, a tal uopo occorrendo che la competente autorità amministrativa ne faccia proprio l'esito attraverso un formale atto di accertamento. In particolare, ai sensi dell'art. 31 comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001, il titolo per l'immissione in possesso del bene e per la trascrizione nei RR.II. è sì costituito dall'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire un manufatto abusivo; ma come tale deve intendersi non il mero verbale di constatazione di inadempienza, atteso il ricordato suo carattere endoprocedimentale, ma solo il formale accertamento compiuto dall'organo dell'ente dotato della relativa potestà provvedimentale. (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VIII, 02/01/2018, n. 1). Dunque, l'atto che accerta l'inottemperanza all'ordine di demolizione di un manufatto abusivo non è impugnabile, come anche confermato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (da ultimo VI Sezione, sentenza n. 1434/2023): "l'atto dichiarativo dell'accertamento dell'inottemperanza è necessario ai fini dell'immissione in possesso e della trascrizione nei registri immobiliari e non è costitutivo dell'effetto acquisitivo (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2014, n. 2368; Cons. St., sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5914); la giurisprudenza ha altresì precisato che il verbale di accertamento dell'inottemperanza non assume portata lesiva degli interessi del privato, ne consegue la non impugnabilità di tale verbale e la sostanziale irrilevanza della sua notificazione (cfr. Cons. St., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097)"." (ex multis: Tar Lazio - Roma - IV Sezione, sentenza del 24 luglio 2024, n. 15135). 8.2 Alla luce delle superiori considerazioni vanno pertanto dichiarati inammissibili i primi due motivi di ricorso per difetto originario di interesse, in quanto essi involgono la contestazione di un atto (il verbale della Polizia Municipale di accertamento della inottemperanza all'ingiunzione di demolizione) privo di idoneità lesiva. 9. Ancora in via preliminare, va dichiarata l'irricevibilità per tardività del ricorso per motivi aggiunti. 9.1 In sede di discussione, a seguito del rilievo officioso della causa di irricevibilità in scrutinio, parte ricorrente ha dedotto come, ricadendosi in un ambito materiale rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la proposizione di motivi aggiunti non sarebbe soggetta all'applicazione del regime processuale dei termini decadenziali di impugnativa. 9.2 La prospettazione attorea non è condivisibile. 9.2.1 Va in contrario osservato come nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi continui e rilevare come limite interno della giurisdizione. 9.2.2 In altre parole, se è vero che il tratto caratterizzante della giurisdizione esclusiva è dato dall'assegnazione per legge di una intera materia alla cognizione del giudice amministrativo, materia, di regola, caratterizzata da un intreccio inestricabile di situazioni di interesse legittimo e di diritti soggettivi, tuttavia all'interno di tale ambito la tutela della situazione giuridica soggettiva dedotta continua ad essere assoggettata al regime giuridico che le è proprio. 9.3 Nel caso di specie, parte ricorrente ha dispiegato una domanda di annullamento a tutela di un proprio interesse legittimo e la cui causa petendi è stata ampliata attraverso la proposizione di motivi aggiunti fondati sulle medesime circostanze fattuali già conosciute al tempo della proposizione del ricorso introduttivo, che, pertanto, avrebbero dovuto essere proposti nell'ordinario termine decadenziale di 60 giorni decorrenti dalla conoscenza del provvedimento impugnato, così come previsto dall'art. 43, comma 1, ultimo inciso del cpa, che, per tutte le tipologie di motivi aggiunti (propri ed impropri), prevede che: "Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini." 9.4 Pertanto, i motivi aggiunti notificati nel gennaio 2024, e dunque a distanza di anni dalla domanda di annullamento originariamente introdotta con il ricorso in esame, sono irricevibili per tardività . 10. Così delimitato il thema decidendum, il ricorso è per il resto infondato per le ragioni di seguito indicate. 11. E' anzitutto inondato il terzo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente lamenta in particolare l'illegittimità del provvedimento di diniego del rilascio del titolo in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, disposto dal Comune resistente con il provvedimento indicato in epigrafe. 11.1 Va in premessa rilevato come il motivo in scrutinio si risolva fondamentalmente in una critica della sentenza di questo Tar n. -OMISSIS-, con cui il Tribunale ha già rigettato i ricorsi proposti dagli altri comproprietari avverso i medesimi atti. In sostanza, il motivo si atteggia più quale censura di appello che quale effettivo motivo di ricorso impugnatorio di primo grado. 11.2 Ad ogni modo, sostanzialmente parte ricorrente ritiene che il Comune non avrebbe potuto adottare un provvedimento di diniego espresso successivamente alla formazione del silenzio-rigetto in ordine all'istanza di rilascio del titolo in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001; l'Ente avrebbe dovuto esercitare i corrispondenti poteri di autotutela decisoria, nella forma della convalida, mentre l'atto comunale difetterebbe dei requisiti di legittimità afferenti a tale tipologia di provvedimento di secondo grado. 11.3 Le censure così proposte sono infondate perché la formazione del silenzio-rigetto ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 non costituisce una forma di esaurimento del potere amministrativo, legittimante, successivamente, solo l'esercizio del potere di autotutela decisoria, che, nella specie, avrebbe dovuto avere, nella impostazione attorea, la forma della convalida del provvedimento illegittimo. 11.4 Diversamente da quanto assunto da parte ricorrente, e così come precisato dalla sentenza di questo Tar n. -OMISSIS- (peraltro confermata dalla sentenza del CGA n-OMISSIS-, nulla esclude che il Comune proceda ad integrare il silenzio rigetto con un provvedimento che espliciti le ragioni di quel diniego e che, pertanto, l'interesse al ricorso si affigga sul successivo provvedimento integrativo, che va a sostituire il provvedimento formatosi per silentium, senza che, per ciò solo, possa invocarsi la necessità di applicare i principi in materia di autotutela decisoria (cfr. Tar Marche, I Sezione, sentenza del 8 novembre 2023, n. 699). Peraltro, va rilevato come il motivo in esame integri anche un andare contra factum proprium, nella misura in cui l'esplicitazione dei motivi del diniego costituiscono presidio posto anzitutto a tutela della parte ricorrente, su cui, diversamente, incomberebbe il ben più complesso onere probatorio di dimostrare in giudizio la cd. doppia conformità edilizio-urbanistica delle opere abusivamente realizzate. 11.5 Per queste ragioni, il terzo motivo di ricorso è infondato. 12. Anche il quarto motivo di ricorso (rubricato come V) è infondato. 12.1 Con detto mezzo parte ricorrente deduce l'illegittimità dei provvedimenti di repressione degli abusi edilizi gravati nella parte in cui essi hanno disposto la demolizione della pavimentazione in battuto di calcestruzzo dell'intera zona, che, a dire della ricorrente, rientrerebbe nell'ambito della cd. edilizia libera, così come la realizzazione delle tettoie e del casotto in muratura. 12.2 In senso reiettivo, è sufficiente osservare che, per giurisprudenza costante, da cui il Collegio non intende discostarsi, non è possibile parcellizzare le opere abusive caratterizzate da unitarietà sul piano funzionale. 12.2.1 Invero, sul punto, la consolidata giurisprudenza amministrativa ha affermato che: "La valutazione dell'abuso edilizio presuppone, tendenzialmente, una visione complessiva e non atomistica dell'intervento, giacché il pregiudizio recato al regolare assetto del territorio deriva non dal singolo intervento, ma dall'insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio. Ne consegue che, nel rispetto del principio costituzionale di buon andamento, l'amministrazione comunale deve esaminare contestualmente l'intervento abusivamente realizzato, e ciò al fine precipuo di contrastare eventuali artificiose frammentazioni che, in luogo di una corretta qualificazione unitaria dell'abuso e di una conseguente identificazione unitaria del titolo edilizio che sarebbe stato necessario o che può, se del caso, essere rilasciato, prospettino una scomposizione virtuale dell'intervento finalizzata all'elusione dei presupposti e dei limiti di ammissibilità della sanatoria stessa." (ex pluris: Cons. Stato Sez. VII, 20/04/2023, n. 4029; e, in senso conforme, Cons. Stato Sez. VI, 30/06/2021, n. 4919 Cons. Stato Sez. VI, 30/06/2020, n. 4170 Cons. Stato Sez. VI, 12/03/2020, n. 1783). 12.3 Alla luce delle divisate coordinate ermeneutiche anche il quarto motivo di ricorso è infondato. 13. In conclusione, per le ragioni viste, i primi due motivi del ricorso introduttivo sono inammissibili per difetto di interesse, mentre il terzo e il quarto motivo di ricorso sono infondati; irricevibile per tardività è poi il ricorso per motivi aggiunti. 14. La condanna alle spese segue la soccombenza (nei confronti di -OMISSIS- in virtù del principio della soccombenza cd. virtuale), ed esse sono determinate nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti: a) quanto a -OMISSIS-, dichiara il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse; b) quanto a -OMISSIS-, dichiara il ricorso introduttivo in parte inammissibile e per il resto lo rigetta nei sensi indicati in motivazione; dichiara i motivi aggiunti irricevibili per tardività . Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Cipirrello, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre rimborso forfettario, iva e cpa, come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Bardino - Presidente Francesca Dello Sbarba - Consigliere Guido Gabriele - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 709 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Im. e Gi. Im., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Ca. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - del provvedimento n. -OMISSIS-. n. -OMISSIS-, notificato al ricorrente in data 15.02.2021, di diniego dell'istanza di condono edilizio prot. n. -OMISSIS- avente ad oggetto l'immobile sito in Palermo, via -OMISSIS-, identificato N.C.E.U. al foglio -OMISSIS-. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 settembre 2024 la dott.ssa Maria Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1.Con ricorso notificato il 1 aprile 2021, -OMISSIS- ha chiesto l'annullamento del provvedimento del Comune di Palermo n. -OMISSIS-. n. -OMISSIS-, notificato al ricorrente in data 15.02.2021, di diniego dell'istanza di condono edilizio prot. n. -OMISSIS- avente ad oggetto l'immobile sito in Palermo, via -OMISSIS-, identificato N.C.E.U. al foglio -OMISSIS-. Espone: - di essere diventato proprietario dell'immobile indicato, giusta atto di vendita in Notaio -OMISSIS- di Palermo rep. n. -OMISSIS-, da potere del Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, nel quale si dava atto che, in data 01.03.1995, prot. -OMISSIS-, il suo dante causa aveva presentato apposita istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/1994, provvedendo a pagare l'intera somma dovuta a titolo di oblazione.; -che dopo quasi 26 anni dalla presentazione della suddetta istanza in data 15.02.2021 è pervenuto il provvedimento di diniego della suddetta istanza; - che dalla motivazione del provvedimento il ricorrente ha appreso che con nota prot. n. -OMISSIS-, notificata ai sensi dell'art. 140 c.p.c., a circa un anno dal trasferimento della proprietà dell'immobile, il Comune di Palermo aveva inviato al Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, precedente comproprietario dell'immobile di proprietà del ricorrente medesimo, una "comunicazione ex art. 8 e 9 L.R. n. 10/1991 - Avviso di avvio del procedimento amministrativo istruttorio" con la quale aveva invitato il predetto a integrare la documentazione presentata a corredo dell'istanza e che tale invito era rimasto privo di riscontro da parte del proprio dante causa.; - che con nota prot. n. -OMISSIS-, anch'essa notificata ai sensi dell'art. 140 cp.c., il Comune di Palermo aveva comunicato al Sig. -OMISSIS- -OMISSIS- il preavviso di diniego dell'istanza di condono, motivato sulla base della omessa integrazione documentale richiesta; -che le suddette comunicazioni non sono mai state notificate all'odierno ricorrente; - che nel febbraio 2020 aveva saputo informalmente dal sig. -OMISSIS- che il Comune aveva chiesto documenti integrativi; - che ricevuta la suddetta informazione, in data 28.02.2020, il ricorrente si è premurato di presentare immediatamente all'Amministrazione richiedente la documentazione necessaria; - che contrariamente al legittimo affidamento riposto dal ricorrente, il Comune di Palermo, dopo quasi un anno dalla trasmissione della suddetta comunicazione, ha notificato al ricorrente il provvedimento col quale ha dichiarato improcedibile l'istanza presentata dal Sig. -OMISSIS- -OMISSIS- in data 20.04.1995, "considerato che la documentazione prodotta è insufficiente per il proseguimento dell'iter sull'istanza di condono edilizio; ritenuto che, ai sensi dell'art. 2 comma 37 della legge 662/96 la carenza di documentazione non prodotta entro il termine di tre mesi dall'espressa richiesta comporta l'improcedibilità della domanda di sanatoria e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria" e ha denegato la sanatoria. 2. Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente ha prospettato: I) Violazione dell'art. 9 della legge regionale n. 7 del 2019, essendo egli direttamente pregiudicato dal provvedimento senza tuttavia aver ricevuto alcuna comunicazione. Il ricorrente lamenta di non aver potuto produrre eventuale documentazione mancante in quanto mai richiesto dall'Amministrazione. II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 39, comma 4, come modificato dall'art. 2, comma 37, della legge n. 662/1996. Violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Il ricorrente contesta il difetto di motivazione in ordine al contenuto del diniego, non avendo il Comune specificato la tipologia di documenti mancanti. III) Violazione del principio di buona fede e del legittimo affidamento. 3. Il Comune di Palermo si è costituito con memoria formale e ha depositato documentazione. 4. All'udienza straordinaria per lo smaltimento dell'arretrato del 17.9.2024, la causa è stata trattenuta in decisione, dopo discussione orale (da remoto) nel corso della quale la difesa del ricorrente ha insistito nell'accoglimento del gravame in forza della mancata corretta istruttoria procedimentale, citando quale precedente la decisione n. 7875/2019 del Consiglio di Stato, avente ad oggetto un caso ana. 5.Il ricorso va accolto nei seguenti termini. Il precedente citato dalla difesa del ricorrente si attaglia solo in parte al caso di specie, in quanto la reiezione dell'istanza di condono era avvenuta per effetto del decorso dei termini perentori per la presentazione della documentazione integrativa, e l'Amministrazione non aveva dimostrato che anche i soggetti non destinatari della notifica (n. d.r. della richiesta di documenti integrativi) avessero avuto per altra via conoscenza dell'atto. Nel caso oggetto del presente giudizio, invece, pur avendo il Comune instaurato il contraddittorio procedimentale con il soggetto sbagliato (in quanto non più proprietario dell'immobile), vi è stata una attivazione spontanea del proprietario effettivo (odierno ricorrente) che ha prodotto "sua sponte" i documenti integrativi, successivamente ritenuti dal Comune non sufficienti per l'esito positivo dell'istanza di condono. Questa situazione di fatto, se vale ai fini del rigetto del primo motivo, consente l'accoglimento del secondo anche in relazione al terzo. La motivazione di diniego dell'istanza, basata sulla insufficienza documentale, è priva della indicazione delle ragioni sostanziali del rigetto, ossia dei documenti effettivamente necessari ritenuti mancanti e soprattutto è diretta sia al proprietario originario (-OMISSIS- -OMISSIS-) che al proprietario effettivo (-OMISSIS-), senza specificare quale dei due soggetti abbia omesso di produrre i documenti necessari e quali. Di fatto, il Comune ha interloquito con un soggetto non più legittimato in quanto non più proprietario - che quindi astrattamente non aveva la possibilità materiale e giuridica di integrare la documentazione - e ha addossato la carenza documentale ad altro soggetto che si era fatto parte diligente nell'inviare quello che aveva ritenuto opportuno, in un'ottica collaborativa che l'ente locale ha disatteso senza avviare, come avrebbe dovuto, una nuova istruttoria procedimentale nei confronti del soggetto realmente legittimato, indicandogli i documenti necessari o concedendogli un termine per ulteriore integrazione. Peraltro, come correttamente prospettato da parte ricorrente, il provvedimento impugnato risulta adottato in violazione dei principi della buona fede e leale collaborazione tra l'amministrazione e il privato, come previsto dall'art. 1, comma 2-bis, l. 241/1990, evidente precipitato del principio costituzionale di cui all'art. 97 Cost. Appare evidente, infatti, che, in ossequio a tali principi, una volta venuta a conoscenza del trasferimento dell'immobile, l'Amministrazione, tenuto conto anche del lasso di tempo trascorso dalla presentazione dell'istanza di condono e dal trasferimento medesimo, che rendeva presumibile la perdita di rapporti tra il soggetto richiedente il condono e l'attuale proprietario, avrebbe dovuto informare quest'ultimo della documentazione specificatamente mancante e dei rischi in cui sarebbe incorso in caso di mancata produzione della stessa. In sostanza, come ribadito in più occasioni dal giudice amministrativo, in ipotesi di carenze documentali, l'Amministrazione deve garantire all'interessato la possibilità di integrazione, per basilari esigenze di collaborazione, lealtà procedimentale e buona amministrazione laddove le circostanze di fatto siano tali da far insorgere dubbi sulla circostanza che il privato sia stato messo in condizione di consentire il corretto svolgimento dell'istruttoria procedimentale da parte dell'Amministrazione. Nel caso di specie ciò non è avvenuto e quindi, a parere del Collegio, costituisce un vizio dell'istruttoria e della decisione, che comporta l'annullamento del provvedimento di diniego dell'istanza di condono, sulla quale, pertanto, il Comune di Palermo dovrà ripronunciarsi all'esito di una istruttoria compiuta con il soggetto realmente legittimato. 6. Le spese, data la peculiarità del caso, possono essere compensate. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Maria Barbara Cavallo - Presidente, Estensore Antonino Scianna - Primo Referendario Fabio Belfiori - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1968 del 2022, proposto da Istituto delle Su. Fr. del Si. della Ci., in persona del legale rappresentante pro tempore, Ma. Ma., Gi. Gi., La. Di Fi., rappresentati e difesi dagli avvocati Sa. Ra. e Lu. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Salvatore Raimondi in Palermo, via (...); contro Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ro. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento 1) della nota del Comune di Palermo prot. 838493del 3 agosto 2022, concernente "Comunicazione rivalutazione indennità con il valore del CUP. Area di proprietà comunale ex troncone ferroviario (omissis) sita in viale Regione Siciliana n. 3414 (fg.(omissis) p.lla (omissis) ex (omissis))"; 2) della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 244 del 28 luglio 2021, di adozione del "Regolamento per l''applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria"; 3) della deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 174 del 4 maggio 2022, con la quale si adotta il "Regolamento per l''applicazione del canone patrimoniale di concessione e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria. Nuovo termine di pagamento del canone, di cui all''art. 35 C. 2 del regolamento, al 30/6/2022". Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2024 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso notificato in data 31/10/2022, e depositato il 30 novembre successivo, i ricorrenti, proprietari di alcuni immobili siti a Palermo, premettono che - per consentire l'accesso carrabile ai detti immobili - hanno ottenuto in concessione una striscia di terreno demaniale (ricadente nel foglio di mappa catastale (omissis), particella (omissis) (ex (omissis)), con accesso dal Viale Regione Siciliana) originariamente concessa giusta contratto di affitto di beni dello Stato con il Ministero delle Finanze - Direzione Generale del Demanio stipulato nel 1984, nel quale si prevedeva un canone annuo di £ 1.000.000, più volte rideterminato negli anni, fino a raggiungere, da ultimo, la cifra di Euro 4.694. Precisano che, oltre ai quattro concessionari, l'area è stata utilizzata dal proprietario di un terreno limitrofo che avrebbe realizzato abusivamente un ampio accesso con relativo cancello (cui il Comune di Palermo ha attribuito il numero civico 3414), omettendo tuttavia di chiedergli di concorrere al pagamento dell'indennità di occupazione, nonostante le ripetute segnalazioni dei concessionari. Deducono che: 1) con deliberazione del Consiglio Comunale n. 244 del 28 luglio 2021, il Comune di Palermo ha adottato il "Regolamento per l'applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria" il quale, dopo avere considerato necessario mantenere le aliquote già in uso, senza aumenti nelle stesse, in relazione alle occupazioni di suolo pubblico permanenti, prevede quattro zone e due tabelle: A) la "tabella 1" che riproduce la tabella delle tariffe TOSAP approvate con Delibera del Commissario Straordinario n. 40 del 23.03.2012; B) la "tabella 2" che fa riferimento ai "Beni soggetti alla disciplina del "Regolamento comunale relativo alla gestione e alienazione di beni immobili di proprietà comunale" di cui alla deliberazione di Consiglio Comunale n. 334 del 17/09/2008". Quest'ultimo Regolamento, tuttavia, per la determinazione del canone non fa riferimento a tabelle, ma, all'art. 7 stabilisce che "I canoni base di locazione e/o concessione saranno determinati in base ai valori di mercato da una Commissione Tecnica di Valutazione nominata con provvedimento del Sindaco e saranno soggetti nel corso del rapporto ad aggiornamenti annuali in base agli indici ISTAT, tenendo conto, tuttavia, delle eventuali limitazioni previste dalle leggi vigenti in materia" (...). Nella determinazione del canone si dovrà tenere conto dello stato di fatto in cui l'immobile si trova, del valore immobiliare del bene da concedere in uso, dei parametri di redditività del bene commisurati alla destinazione d'uso prevista nel rapporto concessorio (...). I canoni dovranno essere oggetto di nuova determinazione ad ogni scadenza contrattuale, laddove consentito dalle leggi in materia"; 2) con deliberazione del Consiglio Comunale di Palermo n. 174 del 4 maggio 2022, il Comune ha nuovamente adottato il regolamento per l'applicazione del canone patrimoniale di concessione e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria, riformulando unicamente l'art. 35 relativo alle modalità ed ai termini per il pagamento del canone; 3) con nota prot. 838493 del 3 agosto 2022, il Comune di Palermo ha comunicato ai ricorrenti che in virtù della Legge 160/2019 istitutiva del Contributo Unico Patrimoniale e della Delibera del Consiglio Comunale n. 244 del 28.7.2021 "ha richiesto al Settore Tributi di riquantificare l'indennità di occupazione annuale applicando il valore previsto dal regolamento CUP, che per l'area di cui in oggetto utilizzata dalle SS.LL., è stato determinato in Euro 36.888,00 annui". I ricorrenti hanno impugnato i suddetti atti, di cui hanno chiesto l'annullamento, articolando le seguenti censure: 1) "Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 817 della L. 27 dicembre 2019, n. 160. Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria e per contraddittorietà ". I ricorrenti deducono che il Comune non avrebbe determinato in alcun modo la "soglia del gettito conseguito nel 2020" né effettuato alcuna previsione circa gli incassi che conseguirà con l'entrata in vigore del Regolamento impugnato. Inoltre, mentre "tabella 1", allegata al regolamento, riproduce la tabella delle tariffe TOSAP approvate con Delibera del Commissario Straordinario n. 40 del 23.03.2012, la "tabella 2", nella quale ricadono tra le altre le "aree ex tronconi ferroviari", come quella di cui è causa, sarebbe del tutto nuova. Tale tabella fa infatti riferimento ai "Beni soggetti alla disciplina del "Regolamento comunale relativo alla gestione e alienazione di beni immobili di proprietà comunale" di cui alla deliberazione di Consiglio Comunale n. 334 del 17/09/2008". Ma quest'ultimo Regolamento, prevede che i detti canoni: "saranno determinati in base ai valori di mercato da una Commissione Tecnica di Valutazione..."; il Comune avrebbe pertanto determinato il canone relativo a tali beni omettendo qualsivoglia spiegazione circa le modalità attraverso le quali tale canone è stato strutturato e calcolato. 2) "Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 816 e 824 della L. 27 dicembre 2019, n. 160. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per irragionevolezza, disparità di trattamento, violazione del principio di proporzionalità e contraddittorietà ". I ricorrenti sostengono che il Comune, in seguito ad una adeguata attività istruttoria, avrebbe dovuto ridisegnare il contributo sulla base di categorie coerenti distinte per tipologia e finalità dell'area (art. 1, comma 824 della L 160/2019) e non limitarsi ad incollare la previgente tariffa Tosap (tabella 1) aggiungendo una nuova tabella (tabella 2) nella quale inquadrare, tra le altre, le aree "ex tronconi ferroviari". La strutturazione del canone nelle predette tabelle 1 e 2 non risulterebbe inoltre coerente con gli art. 2 e 24 dello stesso Regolamento. 3) "Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell'art. 1, comma 824 della L. 27 dicembre 2019, n. 160. Eccesso di potere per difetto di motivazione e per errore nei presupposti sotto altro profilo". I ricorrenti lamentano che nell'impugnata nota prot. 838493 del 3 agosto 2022 non sarebbe spiegato il modo attraverso cui la cifra richiesta è stata calcolata, potendosi soltanto ipotizzare che essa discenda dall'applicazione della tabella 2, voce "aree ex tronconi ferroviari", categoria IV che prevede un canone di Euro 29 per mq. Tale ipotetica classificazione, se confermata, sarebbe erronea perché fondata sull'origine del bene (ex troncone ferroviario) e non sulla sua attuale tipologia e finalità, come prescritto dall'art. 1 comma 824 della Legge di bilancio 2020. L'area è infatti destinata a consentire l'accesso carrabile agli immobili dei concessionari, sicché il canone dovrebbe essere pari ad Euro 2,459 per mq. 4) "Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 819 della L. 27 dicembre 2019, n. 160 e dell'art. 4, comma 1 del Regolamento per l'applicazione del canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico e di autorizzazione o esposizione pubblicitaria del Comune di Palermo. Eccesso di potere per errore nei presupposti e per contraddittorietà ". I ricorrenti lamentano che il provvedimento impugnato sub. 3 è destinato soltanto ai concessionari dell'area e non anche all'occupante abusivo, benché lo stesso sia di agevole individuazione. Si è costituito il Comune di Palermo il quale ha depositato una memoria con la quale ha replicato a quanto dedotto in ricorso, insistendo per la sua reiezione. Con ordinanza n. 2960/2023, non ottemperata, il Comune di Palermo è stato onerato di depositare documentati chiarimenti in ordine all'istruttoria che ha preceduto il regolamento sotteso all'adozione della sopra citata nota prot. 838493 del 3 agosto 2022. All'udienza fissata per la sua discussione il ricorso è stato posto in decisione. DIRITTO Viene in decisione il ricorso avente ad oggetto gli atti regolamentari e applicativi indicati in epigrafe in forza dei quali il Comune di Palermo ha determinato nei riguardi dei ricorrenti il canone patrimoniale di concessione del suolo pubblico. Giova premettere che soltanto con l'adozione dell'atto applicativo è sorto l'interesse degli stessi ad impugnare anche l'atto regolamentare. Condivisa giurisprudenza relativa ai regolamenti istitutivi di canoni patrimoniali, ha infatti chiarito che l'interesse a ricorrere si radica solo con l'atto applicativo, rilevando, in particolare, che "...sebbene il regolamento comunale impugnato, coerentemente con il suo nomen juris, ha indubbiamente contenuto normativo, in quanto individua, con previsioni generali e astratte, le tipologie di concessioni sottoposte al canone concessorio non ricognitorio, i relativi presupposti applicativi e i criteri di quantificazione del canone, d'altra parte è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l'interesse al ricorso, quanto la legittimazione a ricorrere (cfr., in analoga fattispecie, Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071..." (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5750; nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 maggio 2019, n. 3146; T.A.R. Lombardia, Milano, 1° agosto 2019, n. 1814) e ancora, "...L'atto applicativo, oltre a radicare l'interesse al ricorso, determina, inoltre, come si è accennato, anche la legittimazione a ricorrere. L'interesse all'annullamento del regolamento, invero, all'interno della "categoria" o della "classe" dei suoi potenziali destinatari è un interesse indifferenziato, seriale, adespota (nella sostanza un interesse diffuso): esso diventa interesse soggettivamente differenziato (e, quindi, interesse legittimo) solo nel momento in cui il regolamento è concretamente applicato nei confronti del singolo..." (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 novembre 2017, n. 5071; nel medesimo senso, per la norma regolamentare sul COSAP: Consiglio di Stato, Sez. V, 13 novembre 2019, n. 7797; T.A.R. Lombardia, Sez. IV, 1° agosto 2019, n. 1814). Nel caso di specie, i motivi di censura si incentrano su previsioni del regolamento comunale per la disciplina del canone unico patrimoniale, che hanno avuto concreta applicazione nell'impugnata nota n. 838493 del 3 agosto 2022 con la quale il Comune di Palermo ha determinando il canone dovuto dai ricorrenti in Euro 36.888,00 annui; donde la sussistenza dell'interesse al ricorso. Ciò premesso, il ricorso merita accoglimento sotto il dirimente e fondato profilo dedotto con il primo motivo. Il comma 817 dell'art. art. 1 della L. 27 dicembre 2019, n. 160 - nel prevedere che "Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe" - statuisce espressamente che gli enti locali, nel disciplinare il canone in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai tributi che lo stesso sostituisce (c.d. invarianza del gettito in aumento), hanno la possibilità, per raggiungere tale obiettivo, di variare il gettito modificando le tariffe base stabilite dal legislatore nei commi 826 ("tariffa standard annua") e 827 ("tariffa standard giornaliera"). Si è dunque in presenza di un potere discrezionale all'amministrazione - di modulare il canone in funzione delle specificità della singola realtà territoriale - in applicazione del principio di autonomia finanziaria di entrata ai sensi dell'art. 119 della Costituzione. Al riguardo la giurisprudenza ha evidenziato come il gettito derivante dal CUP comprenda il gettito derivante dalle complessive entrate tributarie e corrispettive che il canone è andato a sostituire e come esso non possa essere variato in aumento rispetto al precedente gettito così individuato (comma 817). Il legislatore ha infatti chiaramente delimitato il potere dei Comuni nel senso di ritenere l'invarianza in aumento del gettito quale limite alle determinazioni comunali, sicché l'ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza tuttavia poter superare la soglia predefinita del gettito, pena l'incostituzionalità della norma, per violazione degli artt. 23 e 119 Cost., non avendo il legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il potere di determinazione in aumento del canone da parte dei Comuni (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 21.3.2022, n. 3248.; T.A.R. Veneto, Sez. III, 29.11.2021, n. 1428). Nel caso in esame, il Comune di Palermo ha impiegato in maniera illegittima la discrezionalità conferitale dal comma 817 della legge n. 160/2019, in quanto, come evidenziato dalla ricorrente, ha determinato il CUP: a) senza in alcun modo determinare la soglia del gettito conseguito nel 2020; b) senza spiegare le modalità attraverso le quali ha ricalcolato il canone patrimoniale sulle occupazioni di suolo pubblico permanenti dei beni immobili di proprietà comunale; c) senza effettuare alcuna previsione circa gli incassi che conseguirà con l'entrata in vigore del regolamento impugnato. Anche nel corso del presente giudizio, in cui è stato sollecitato dal Collegio a prendere posizione sul punto, il Comune non ha fornito alcun elemento volto a chiarire il proprio modus operandi limitandosi ad affermare, nella propria memoria difensiva, che "nessuna norma imponeva al Comune di esplicitare il gettito complessivamente conseguito nel 2020 dalle entrate che sono state sostituite dal Canone Unico Patrimoniale (C.U.P.)". Il Comune, pertanto, ammette di avere omesso di svolgere qualsivoglia attività istruttoria per la fissazione delle nuove tariffe, rivendicando il potere di fissarle liberamente. Ciò si pone in evidente contrasto il sopra citato art. 1, comma 817 della L. n. 160/2019 e con l'interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma la quale "al fine di evitare possibili contrarietà con l'art. 23 Cost., conduce inevitabilmente a ritenere il dato dell'"invarianza di gettito" quale limite "bidirezionale" per le determinazioni comunali: l'Ente, infatti, ha il potere di disciplinare il canone in modo da arrivare sino a tale soglia, ma non può superarla. Diversamente opinando, infatti, la disciplina verrebbe ad essere sospettata di incostituzionalità non avendo il legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il potere di determinazione "in aumento" del canone da parte dei Comuni. Il legislatore, invece, ha chiaramente delimitato i poteri dei Comuni "infra limite di gettito", da un lato, attribuendo agli stessi poteri regolamentari, affinché possano dettare la necessaria disciplina secondaria idonea a modulare l'applicazione del canone in funzione delle specificità della singola realtà territoriale; dall'altro lato, individuando anche i criteri e parametri utilizzabili dagli Enti per procedere a tale modulazione applicativa" (T.A.R. Veneto n. 1428/2021 cit.). Non merita neanche condivisione l'argomentazione difensiva del Comune secondo la quale il gettito conseguito nel 2020 sarebbe privo di qualsiasi interesse concreto per i ricorrenti in quanto la prescritta invarianza del gettito atterrebbe al gettito complessivo, e non alle singole imposte dovute dai singoli contribuenti. Ed invero, come correttamente replicato dalla difesa dei ricorrenti, il "gettito complessivo" è dato dalla somma delle "singole imposte" sicché una fissazione arbitraria delle tariffe, che non tenga conto del criterio dell'invarianza in aumento del gettito complessivo, ha un'indubbia refluenza sulla situazione dei singoli contribuenti, circostanza questa suffragata, nel caso di specie, dall'aumento spropositato del contributo richiesto ai ricorrenti (da Euro 4.694 ad Euro 36.888). Alla luce di quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo ed assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere accolto e, per l'effetto, devono essere annullati sia il regolamento impugnato in parte qua che la nota n. 838493 del 3 agosto 2022 del Comune di Palermo che ne ha fatto applicazione. Il predetto Comune è pertanto tenuto a conformarsi alla presente decisione, esercitando nuovamente il potere amministrativo emendato dal vizio di illegittimità accertato e adottando gli atti amministrativi conseguenti alla presente pronuncia giurisdizionale. Le spese di lite devono essere integralmente compensate attesa la complessità e la peculiarità della controversia. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto annulla gli atti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Veneziano - Presidente Maria Cappellano - Consigliere Francesco Mulieri - Consigliere, Estensore

  • Tribunale di Palermo, Sentenza n. 3476/2024 del 17-06-2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PALERMO II SEZIONE CIVILE composto dai sigg.ri Magistrati dr. (...) dr. (...) dr. (...) dei quali il primo relatore ed estensore, riunito in camera di consiglio ha pronunciato ai sensi dell'art. 127 ter cpc e ai sensi dell'art. 281 sexies cpc la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. (...) dell'anno 2023 del Ruolo Generale degli (...) civili contenziosi vertente TRA (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e (...) ((...)) (...); con elezione di domicilio in (...), presso il difensore avv. (...) CONTRO (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) e dell'avv. (...) ((...)) (...); , elettivamente domiciliato in (...) presso il difensore avv. (...) (C.F. (...)), (...) OGGETTO: accertamento interposizione reale (...) all'udienza del 22/04/2024 le parti concludevano come da verbale in pari data, al quale si rinvia; MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO 1.(...) della controversia Con atto di citazione ritualmente notificato (...) premettendo di essere figlia del defunto (...) coniuge della convenuta e deceduto in data (...), ha chiesto l'accertamento dell'interposizione reale di persona del contratto di compravendita in (...) di (...) stipulato il (...) da (...) e (...) e, per l'effetto, di dichiarare che il "vero acquirente" fosse il de cuius (...) nonchè l'accertamento della simulazione relativa soggettiva del contratto preliminare di compravendita stipulato il (...) da (...) e (...) affetto da simulazione relativa soggettiva. (...) ha, poi, chiesto di accertare che, con tale operazione negoziale il defunto (...) avesse inteso porre in essere una "donazione" nei confronti della propria moglie, di dichiarare la nullità di tale atto per difetto di forma e di accertare l'appartenenza alla massa dell'immobile sito in (...) (...) n. 19, compresi i frutti dallo stesso prodotti, ai fini della reintegrazione della propria quota di legittima. Dopo avere dedotto che la propria opera di ricostruzione dell'asse ereditario aveva condotto alla scoperta dell'esistenza di un ulteriore immobile sito in Palermo, (...) n. 20, piano III di proprietà del de cuius, l'attrice ha anche formulato domanda di accertamento dei propri diritti di legittimaria anche su tale immobile e sui frutti da questo prodotti. Costituendosi in giudizio, parte convenuta ha eccepito l'inammissibilità delle domande proposte per intervenuto giudicato, per difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire e l'infondatezza nel merito delle stesse per intervenuta prescrizione e per totale carenza di supporto probatorio. 2.Domanda di accertamento dell'interposizione reale di persona del contratto di compravendita in (...) di (...) stipulato il (...). Così ricostruiti i termini della controversia, occorre prendere avvio dall'esame della domanda volta ad accertare l'interposizione reale di persona del contratto stipulato in notar (...) in data (...) da (...) (fratello del de cuius) e (...) Occorre premettere che l'ammissibilità della domanda non è preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Appello di (...) che ha confermato, seppur con diversa motivazione, il rigetto della domanda di simulazione per interposizione fittizia di persona del medesimo contratto, disposto con la sentenza emessa dal Tribunale di (...) n. 5478/2012. Ed invero, l'azione di simulazione del contratto per interposizione fittizia di persona e quella diretta all'accertamento dell'interposizione reale sono fondate su situazioni di fatto del tutto distinte, hanno finalità e presupposti diversi, petitum e causa petendi difformi, tema di indagine e di decisione distinti. Occorre, infatti, considerare che nella prima si ha una simulazione soggettiva viziata da una fittizia rappresentazione perché l'interposto figura soltanto come acquirente, mentre gli effetti del negozio (trasferimento della proprietà) si producono a favore dell'interponente laddove, nella seconda, invece, non esiste simulazione, in quanto l'interposto, d'accordo con l'interponente, contratta con il terzo in nome proprio ed acquista effettivamente i diritti nascenti dal contratto, salvo l'obbligo, derivante dai rapporti interni, di ritrasferire i diritti, in tal modo acquistati, all'interponente (Cass. 14 marzo 2006 n. 5457). Da ciò deriva - come precisato dalla Suprema Corte nella sentenza 8616/1994- che "l'intervenuto giudicato su una precedente azione di simulazione del contratto per interposizione fittizia di persona non preclude la proposizione di una nuova domanda fondata sulla interposizione reale e che la proposizione dell'una non interrompe il termine di prescrizione dell'altra". Deve, pertanto, ritenersi che parte attrice possa proporre in seno al presente giudizio, nonostante il giudicato della domanda di simulazione del contratto di compravendita stipulato il (...), l'azione volta all'accertamento dell'interposizione reale del medesimo contratto. Ciò posto, va, poi, esaminata l'ulteriore eccezione pregiudiziale relativa all'inesistenza di un interesse ad agire in capo all'attrice. (...) è fondata per un duplice ordine di ragioni. Va rilevato che la Suprema Corte a (...) ha chiarito che l'interposizione reale che si realizza nell'ipotesi - rappresentata in atto di citazione del soggetto che abbia acquistato un bene utilizzando la provvista di altri e per seguire le istruzioni ricevute va ricondotta alla fattispecie del negozio fiduciario (cfr. Cass., SU n. 6459 del 2020). In particolare, nel rapporto che si realizza per mezzo di un acquisto compiuto dal fiduciario, per conto del fiduciante, direttamente da un terzo, il pactum fiduciae - con cui il fiduciario si obbliga a gestire la posizione giuridica di cui è investito secondo modalità predeterminate e a ritrasferire la stessa al fiduciante - è assimilabile al mandato senza rappresentanza. Da ciò deriva che "analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza, ... anche per la validità dal pactum fiduciae prevedente l'obbligo di ritrasferire al fiduciante il bene immobile intestato al fiduciario non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio (cfr. Cass., SU n. 6459 del 2020). Orbene, se il patto fiduciario tra fiduciante e fiduciario ha efficacia solo obbligatoria e non reale deve ritenersi che l'accertamento dell'interposizione reale non conduce - diversamente dallo schema della interposizione fittizia di persona all'accertamento automatico della titolarità degli effetti giuridici del contratto concluso con il terzo direttamente in capo al fiduciante, essendo necessario un atto che disponga il successivo trasferimento da parte del fiduciario. Orbene, nel caso di specie, deve rilevarsi che l'azione di accertamento dell'interposizione reale del contratto stipulato fra (...) e (...) il (...) è volta alla declaratoria dell'appartenenza alla massa ereditaria relitta da (...) dell'immobile sito in (...) via (...) n. (...)e a far valere su tale bene e sui frutti da esso prodotti i diritti di erede legittimaria dell'attrice (cfr. Pag. 13 dell'atto di citazione). Occorre, tuttavia, sottolineare che - anche ove l'azione venisse accolta tale scopo non potrebbe mai essere conseguito. Ed invero, anche a ritenere provato il dedotto accordo fiduciario tra (...) e (...) il bene acquistato con il contratto concluso con (...) in data (...) deve ritenersi validamente trasferito nel patrimonio di (...) e non può, pertanto, essere considerato quale componente del relictum del de cuius (...) non essendo mai stato ritrasferito a costui da parte del fiduciario. Occorre, poi, sottolineare che l'attrice non potrebbe in ogni caso fare valere i propri diritti di erede necessaria su tale bene, atteso che l'accertamento della misura della lesione subita e le modalità della reintegrazione nella propria quota di legittima risultano coperti dal giudicato formato dalla sentenza non definitiva n. 5171 del 28/10/2014 che ha dichiarato aperta la successione testamentaria del de cuius e ha accertato che l'asse ereditario relitto da costui era composto unicamente dall'immobile sito in (...) alla via (...) n. 93/E e dalla sentenza definitiva n. 2991/2016 dell'01/06/2016 che ha stabilito le modalità della reintegra della quota di riserva dell'attrice (cfr. sentenze allegate alla comparsa di risposta). Occorre, infatti, considerare che "la regola per cui l'autorità del giudicato copre il dedotto e il deducibile, ovvero non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione e di eccezione, e comunque esplicitamente investite dalla decisione, ma anche le questioni non dedotte in giudizio che costituiscano, tuttavia, un presupposto logico essenziale e indefettibile della decisione stessa, implica che non rileva se al giudicato si sia pervenuti in base all'accoglimento di determinate ragioni o argomentazioni o mediante la reiezione di altre, essendo sufficiente l'individuazione dell'interesse e del bene della vita tutelato dalla pronuncia del giudice, il quale non può essere rimesso in discussione in un successivo giudizio, al di fuori dei mezzi di impugnazione riconosciuti nei confronti della sentenza passata in giudicato, e salva la sopravvenienza di fatti e situazioni nuove, verificatesi successivamente al formarsi del giudicato stesso" (cfr. Cass., n. 1259 del 2024; Cass., n.19302 del 2022). Orbene, l'accertamento o meno della titolarità di determinati beni in capo al de cuius, essendo funzionale alla ricostruzione del relictum e all'individuazione della quota di riserva, costituisce una questione pregiudiziale rispetto all'azione di riduzione (cfr. Cass., n. 23760 del 22/11/2016) sicchè la decisione sulle domande formulate dall'attrice per fare valere i propri diritti di legittimaria contenute nelle sentenze sopra indicate, di cui è incontroverso il passaggio in giudicato, non può essere più messa in discussione nel presente procedimento. Risulta, inoltre, documentalmente provato, oltre che pacificamente riconosciuto dall'attrice nella propria ricostruzione delle precedenti vicende giudiziarie fra le parti, che la questione della titolarità in capo al de cuius dell'immobile di via (...) n.19 sia stata già sollevata nell'ambito del procedimento n. 5227/2007 instaurato innanzi al Tribunale di (...) La questione della riconducibilità alla massa di tale bene non può, pertanto, considerarsi un fatto nuovo e sopravvenuto rispetto al formarsi del giudicato (cfr. copia dei fascicoli processuali relativi all'azione di riduzione e alla domanda di simulazione proposte dall'odierna attrice e allegati dalle parti). Alla luce di tali considerazioni deve, pertanto, ritenersi che non sia ammissibile -per carenza di un apprezzabile interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 cpc l'azione di mero accertamento di un fatto - quale quella volta a fare valere l'interposizione reale di un negozio giuridico - che costituisca solo elemento frazionato della fattispecie costitutiva di un diritto non solo non attuale ma che non può più essere riconosciuto in forza dell'intervenuto giudicato sulla domanda di riduzione e reintegrazione della quota di legittima. 3.Domande di accertamento della simulazione relativa soggettiva e della nullità del contratto preliminare di compravendita stipulato il (...) da (...) e (...) e di accertamento dell'appartenenza alla massa dell'immobile di via (...) n.19 e dei frutti da esso prodotti dalla data di apertura della successione. La domanda di accertamento della titolarità in capo al de cuius dell'immobile di via (...) n.19, alla luce di quanto rappresentato in punto di effetti meramente obbligatori del negozio fiduciario sottostante all'interposizione reale del contratto e in punto di giudicato sul relictum, va dichiarata inammissibile. Vanno altresì dichiarate inammissibili le domande di accertamento della simulazione relativa soggettiva e della nullità del contratto preliminare di compravendita stipulato il (...) e di imputazione alla massa dei frutti derivanti dalla locazione dell'immobile di via (...) n. 19 dalla data di apertura della successione. Occorre, infatti, considerare che tali domande sono state proposte da parte attrice nel procedimento n. 5227/2007 instaurato innanzi al Tribunale di Palermo e sono state definite con la sentenza della Corte di Appello di (...) n. 902/2018 sicchè la loro ammissibilità nel presente giudizio risulta preclusa dall'intervenuto giudicato. - 4. Domanda di accertamento dei diritti di legittimaria dell'attrice sull' immobile sito in (...) via (...) 20 e sui frutti da questo prodotti. In applicazione del principio per cui l'autorità del giudicato copre il dedotto e il deducibile deve considerarsi preclusa anche l'ammissibilità della domanda volta al riconoscimento della quota di legittima spettante all'attrice sull'immobile sito in (...) via (...) 20 e sui frutti da questo prodotti. Va, infatti, considerato che anche la questione della titolarità in capo al de cuius di tale bene non costituisca un fatto nuovo sopraggiunto dopo il formarsi del giudicato sulle sentenze n. 5171 del 28/10/2014 e n. 2991/2016 dell'01/06/2016 emesse inter partes dal tribunale di (...) Risulta, infatti, documentalmente provato che l'odierna attrice in data (...) abbia proposto un ricorso ex artt. 669-bis, 669-ter e 670 c.p.c. per chiedere il sequestro giudiziario dell'immobile sito in (...) alla via (...) n. 20 deducendone la titolarità in capo al defunto (...) seppe in funzione dei propri diritti di legittimaria sull'asse relitto dal proprio padre e in considerazione della proposizione di un giudizio di impugnazione del testamento di quest'ultimo (cfr. ordinanza cautelare del 12.10.2007 prodotta da parte attrice in allegato alla propria memoria ex art. 183, VI comma c.p.c. depositata il (...)). 5. Ulteriori questioni sollevate dalle parti e spese processuali La declaratoria di inammissibilità delle domande formulate in atto di citazione impone di ritenere assorbite tutte le ulteriori questioni sollevate dalle parti. In applicazione del principio della soccombenza parte attrice deve essere condannata a rifondere nei confronti di parte convenuta le spese di lite che si liquidano, in considerazione del valore indeterminabile della causa, ai sensi del DM 55 del 2014 in complessivi Euro 10.500,00 per onorari di difesa, oltre iva e cpa come per legge e rimborso spese generali al 15%. PQM Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, dichiara inammissibili le domande formulate in atto di citazione; condanna parte attrice a rifondere nei confronti di parte convenuta le spese di lite che si liquidano, in considerazione del valore indeterminabile della causa, ai sensi del DM 55 del 2014 in complessivi Euro 10.500,00 per onorari di difesa, oltre iva e cpa come per legge e rimborso spese generali al 15%.

  • TRIBUNALE DI PALERMO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO (...) civile - in composizione monocratica in persona del Giudice dott. (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. (...) del Ruolo Generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2020 vertente TRA (...) (già (...) (...) (...) (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore e (...) S.r.l. (C.F. e P.I. (...)), in persona dell'(...) e legale rappresentante pro tempore, entrambe elettivamente domiciliate in (...) di (...) 4 presso lo studio dell'avv. (...) che le rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli Avv.ti (...) e (...) in virtù di procure allegate al ricorso per decreto ingiuntivo e contenute nel fascicolo monitorio in entrambi i procedimenti riuniti n. (...) e (...) R.G.A.C. dell'anno 2015; opposte in entrambe le cause riunite n. (...) /15 e (...)/15 R.G.A.C. CONTRO (...) dei beni e dei crediti oggetto di sequestro ex art 2 ter della legge n. 575/1965 disposto dal Tribunale di Trapani, (...) di (...) con decreti del 31/8/2010 e del 4/10/2010, in danno di (...) e (...) (procedura n. 68/2010 R.G.M.P. Tribunale di Trapani) in persona dell'(...) dott. (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. (...) in forza delle procure rilasciate in calce all'atto di opposizione a decreto ingiuntivo introduttivo del giudizio n. (...) /2015 R.G. e alla comparsa di costituzione nel giudizio riunito n. (...) /2015 R.G.; opponente nella causa n. (...) /15 R.G.A.C. (...) nato ad (...), in data (...) (C.F. (...)); (...) nato ad (...), in data (...) (C.F. (...)); (...) nata negli (...) d'(...) in data (...) (C.F. (...)); (...) nata a (...), in data (...) (C.F. (...)); (...) nato ad (...), in data (...) (C.F. (...)) tutti elettivamente domiciliat (...)presso lo studio dell'Avv. (...) che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'Avv. per mandato a margine dell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (R.G. n. (...) /2015), nonché nella comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dall'(...) (R.G. n. (...) /2015) e per (...) anche all'avv. (...) giusta memoria di nomina di nuovo difensore e procura agli atti; opponenti nella causa n. (...) /15 R.G.A.C. E (...) nato a (...) in data (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliat (...)presso lo studio dell'Avv. (...) che lo rappresenta e difende per mandato in atti; terzo chiamato in entrambe le cause riunite n. (...) /15 e (...) /15 R.G.A.C. E (...) nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (C.F. (...)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di (...) OGGETTO: Transazione. CONCLUSIONI DELLE PARTI: (...) note di trattazione scritta per l'udienza del 05/03/2024 alle quali si rinvia. MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO I. Fatto e svolgimento del processo Per una migliore intelligenza del caso di specie è necessario premettere che in data (...) (...) (...) (...) (...) (d'ora innanzi (...) ha acquistato da (...) e (...) (d'ora innanzi i (...) il 100% delle quote del capitale sociale di (...) s.r.l. che, quale esercente l'attività, fra l'altro, di "produzione, gestione, distribuzione e cessione di energia elettrica derivante da fonte eolica e da tutte le altre fonti rinnovabili e assimilate", a quella data, era titolare di quattro progetti fotovoltaici da realizzare nella (...) denominati "(...), "(...), "(...) pliamento" e "(...). Il corrispettivo per la cessione delle quote era stato determinato nella somma di euro 13.001.820,00, che (...) avrebbe dovuto pagare in più tranches, al verificarsi di certe condizioni. La determinazione finale del corrispettivo era stata, inoltre, legata ad un complesso meccanismo, in relazione, tra l'altro, alle date di connessione degli impianti da realizzarsi alla (...) ai costi di sviluppo relativi a ciascun progetto, nonché alla riduzione della tariffa incentivante applicabile a ciascun impianto al momento della connessione alla rete elettrica rispetto alla tariffa incentivante prevista nel D.M. 19 febbraio 2007 per gli impianti che fossero stati connessi entro il 31 dicembre 2010. Con decreto del Tribunale di Trapani, (...) di (...) del 31/08/2010, emesso ai sensi dell'art. 2 ter della legge n. 575 del 1965, è stato disposto il sequestro dei beni dei (...) tra i quali erano compresi l'intero capitale sociale e il compendio aziendale di (...) s.r.l. Successivamente, essendo emerso che il capitale sociale di (...) s.r.l. era stato ceduto alla (...) (ora X (...) (...) e d'ora innanzi X (...) il Tribunale di Trapani, (...) di (...) con decreto del 04/10/2010, ha revocato il suddetto sequestro disponendo, contestualmente, il sequestro del prezzo corrisposto dalla (...) ancora vantato dai (...) ditori in forza delle pattuizioni contrattuali di cui al contratto di cessione di quote del 23/06/2010. A seguito di contestazioni insorte nel frattempo fra (...) (X-(...) i (...) e l'(...) in ordine ai corrispettivi dovuti in virtù del citato atto di cessione del 23/06/2010, in data (...), è stata stipulata una scrittura privata fra X-(...) l'(...) nella persona dell'amministratore (...) - autorizzata dal Giudice Delegato con provvedimento del 27/02/2012 in calce all'istanza - ed i (...) Nella suddetta scrittura (d'ora in poi (...) le parti hanno dato atto che "gli (...) di "(...) e di "(...) sono stati connessi alla rete elettrica nazionale rispettivamente in data 30 giugno 2011 e in data 26 agosto 2011, mentre gli (...) di "(...) e di "(...) non sono mai stati autorizzati" ed, a fronte del pagamento della somma di euro 750.000,00, sono state previste in capo ai (...) ed all' (...) delle garanzie in relazione a potenziali passività di (...) (cfr. artt. 5.1 e 5.2 della scrittura in ordine a quanto indicato nell'allegato C alla medesima). Successivamente, l'(...) ha promosso, all'esito di giudizio arbitrale conclusosi con lodo dell'11/07/2013, un pignoramento nei confronti di (...) e, con ordinanza del 24/07/2015, ha ottenuto l'assegnazione della somma di euro 650.211,44. Nelle more del giudizio arbitrale, in data (...), X-(...) e la società (...) S.p.A. (d'ora innanzi "(...)") hanno sottoscritto un contratto per la cessione in più tranches della partecipazione detenuta da X- (...) in (...) nel quale X-(...) ha fornito ad (...) garanzie di contenuto speculare a quelle rilasciate dall'(...) e dai (...) a favore delle società opposte. A fronte dell'esecuzione forzata subita da (...) ha dapprima richiesto a X-(...) il pagamento della somma pignorata (doc. 1.13 e doc. 1.14) e, successivamente, ha trattenuto l'intero importo pignorato dal pagamento del prezzo per l'acquisto della partecipazione di (...) La X-(...) ed (...) hanno, quindi, proposto domanda di ingiunzione nei confronti dell'(...) nonché nei confronti dei (...) ditori, in relazione all'inadempimento dell'obbligo di garanzia di cui alla (...) con riferimento al credito del (...) per l'importo di euro 634.211,44, affermando che in seno all'(...) "C" della scrittura, tra le passività di (...) era stata espressamente prevista la pretesa dell'importo di euro 490.000,00 vantata dall'(...) per l'espletamento di alcune prestazioni professionali. In accoglimento del ricorso monitorio, il Tribunale di (...) ha emesso il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo n. (...) /2015 (R.G. (...) /2015), con cui ha ingiunto ai (...) ed all'(...) ria, in solido tra loro, di pagare alle suddette società l'importo di euro 643.211,44, oltre interessi moratori ex lege n. 231/2002, spese del procedimento ed accessori. Rispettivamente in data (...) ed in data (...) l'(...) ed i (...) hanno notificato a (...) ed (...) separati atti di citazione con i quali hanno proposto opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo. In seno all'opposizione, iscritta al n. (...) /2015 R.G., i (...) hanno eccepito, tra l'altro, l'incompetenza del giudice adito per la presenza - all'art. 9.2 dell'atto di cessione del 23/06/2010 - di una clausola compromissoria. Nel merito, i (...) hanno: ? eccepito la nullità parziale della (...) ex art. 1966 cod. civ. per l'assenza in capo ad essi della capacità di disposizione dei diritti che ne avevano formano oggetto per effetto dei sequestri giudiziari ex art. 2-ter della l. 575/75, disposti dal Tribunale di Trapani che avevano sottratto i crediti derivanti dalla suddetta cessione alla loro disponibilità e li avevano attribuiti all'(...) ? eccepito il difetto di legittimazione attiva di (...) s.r.l. per non avere la stessa preso parte all'accordo transattivo; ? eccepito la nullità della (...) ex art. 1418 c.c., per difetto di causa e per mancanza di oggetto in quanto nessuna lite li aveva visti contrapposti alla (...) essendo le contestazioni e le azioni giudiziarie sorte solo ed esclusivamente tra l'(...) e la (...) acquirente; ? dedotto l'insussistenza dell'obbligo di garanzia per la non coincidenza tra l'oggetto della condanna posta alla base del decreto ingiuntivo e l'oggetto della garanzia; ? invocato, per contro, il loro diritto di rivalsa e/o di regresso nei confronti dell'(...) in proprio; ? eccepito l'inapplicabilità del D.Lgs. n. 231/2002 in relazione agli interessi nella misura ivi prevista. L'(...) con l'opposizione iscritta al n. (...) /2015 R.G., ha: ? in primo luogo, eccepito l'annullabilità della (...) del 29/02/2012 per difetto di autorizzazione, stante che il testo della scrittura sottoscritta era difforme da quello di quella autorizzata in data (...); ? in subordine, ha rilevato che, comunque, la pretesa vantata dal (...) donali e sulla quale era stato fondato l'obbligo di manleva dell'(...) era, ancora, sub iudice, essendo stato il lodo arbitrale impugnato davanti alla Corte d'Appello di (...) e l'impugnazione ancora pendente, mentre la (...) stabiliva il pagamento delle somme oggetto di manleva "entro 20 giorni dalla relativa condanna" con ciò intendendosi una condanna passata in giudicato; ? in ulteriore subordine, che l'importo ingiunto non era, in parte, sicuramente dovuto, potendo l'IVA essere detratta dalle società ricorrenti e non dovendo, quindi, essere loro rifusa e dovendo gli interessi nella misura di cui all'ingiunzione decorrere solo dalla domanda giudiziale; ? in riconvenzionale, invocato il diritto di ripetere le somme pagate dai (...) con condanna dei medesimi a rimborsare all'(...) quanto questa fosse tenuta a pagare. Disposta la riunione dei due procedimenti e la sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, è stata autorizzata la chiamata in causa - da parte delle società opposte e degli opponenti (...) - di (...) cola in proprio, affinché costui fosse ritenuto responsabile per il caso di accoglimento della domanda di annullamento della scrittura del 2012 proposta dall'(...) per carenza di autorizzazione del giudice delegato. Inoltre, il Giudice, appreso che la confisca dei beni sequestrati in danno dei (...) era divenuta definitiva, ha onerato la parte più diligente di comunicare all'(...) nazionale per l'amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (di seguito A.N.B.S.C.), la pendenza dei giudizi riuniti. L'(...) si è costituta in giudizio ed ha eccepito "la propria estraneità ai rapporti intercorsi tra soggetti diversi, e nemmeno mediatamente riconducibili alla di lei responsabilità". Anche il (...) come i (...) nel costituirsi ha eccepito l'esistenza della competenza arbitrale e, inoltre, ha: ? eccepito la propria carenza di legittimazione a stare in giudizio nella qualità di (...) delle società del c.d. (...) essendo decaduto dalla carica, il (...) confiscato in via definitiva e la sua gestione trasferita alla A.N.B.S.C.; ? eccepito la inammissibilità, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, della domanda riconvenzionale formulata da X (...) e da (...) ca in suo danno, quale persona fisica terza convenuta ed avente contenuto specificatamente risarcitorio, essendo solo l'opponente, in virtù della sua posizione sostanziale di convenuto, legittimato a proporre domande riconvenzionali e non anche l'opposto, pena la violazione del divieto di formulazione di domande nuove; ? eccepito la decadenza della X (...) e di (...) ex art.40 4 co. D.Lgs. n.159/2011 in ordine alla domanda riconvenzionale da considerarsi ormai perenta, per decorso del termine normativamente previsto; ? chiesto la propria estromissione dal giudizio; ? dedotto la piena validità della (...) sottoscritta e debitamente autorizzata; ? invocato, in estremo subordine, il principio di conservazione dell'efficacia del contratto ex art. 1367 cod. Con sentenza n. 1503/2018 pubbl. il (...) il giudice adito, dichiarata la nullità del decreto ingiuntivo, ha rimesso la controversia alla cognizione arbitrale. Il Tribunale ha osservato che, essendo già stata formulata la proposta di applicazione della misura alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 159 del 2011, la competenza per l'accertamento del credito spettava al giudice civile, ma che, come da eccezione di incompetenza sollevata dai (...) - cui avevano aderito l'(...) ed il (...) -, in base all'art. 9.2 dell'atto di cessione del 2010 ed alla clausola compromissoria ivi prevista, la controversia doveva essere deferita ad un collegio arbitrale. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per regolamento di competenza X-(...) ed (...) La Cassazione (sez. VI, 13/02/2020, ud. 10/10/2019, dep. 13/02/2020, n. (...) comunicata dalla cancelleria in pari data) ritenuta l'istanza di regolamento fondata, ha dichiarato la competenza del Tribunale di (...) dinanzi al quale ha disposto la riassunzione nel termine di legge. Nel caso di specie, a parere della Corte, il fatto costitutivo della domanda era da rinvenire nell'obbligo di garanzia assunto con la scrittura di data 29 febbraio 2012 e non nel contratto contenente la clausola compromissoria, e cioè la cessione del 23 giugno 2010. Né secondo la Cassazione poteva dirsi che con l'espressa previsione di mantenere inalterate ed efficaci "tutte le rappresentazioni e garanzie rese dai (...) con il contratto e ogni altro diritto di (...) ai sensi del contratto" le parti avessero inteso riprodurre nel corpo della (...) la clausola compromissoria, poiché il deferimento di una controversia al giudizio degli arbitri comporta una deroga alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria, sicché la clausola compromissoria doveva essere espressa in modo chiaro ed univoco con riguardo alla precisa determinazione dell'oggetto delle future controversie e, in caso di dubbio in ordine all'interpretazione della portata della clausola compromissoria, deve preferirsi un'interpretazione restrittiva di essa e affermativa della giurisdizione statuale (cfr. Cass. 4 giugno 2003, n. 8910; 28 luglio 1998, n. 7398; 27 febbraio 1991, n. 2132). A parere della Corte, la previsione negoziale si era limitata a fare salve le garanzie rese dai (...) e ogni altro diritto di (...) (ora X (...) ai sensi del contratto di cessione, ma da essa non sarebbe stato possibile desumere il recepimento della clausola arbitrale. X-(...) e (...) hanno, quindi, provveduto a riassumere il giudizio iscritto al n. (...) /2020 R.G. e concluso chiedendo al Tribunale di "In via principale - (...) le opposizioni a decreto ingiuntivo promosse dagli opponenti tutti e rigettare tutte le domande ed eccezioni formulate dal Dott. (...) nella sua qualità di (...) dei beni oggetto di sequestro ex art. 2 ter della L. 575/1986 disposto con decreto n. 68/2010 emesso in data (...) dal Tribunale di Trapani, (...) di (...) nei confronti dei (...)ri (...) ca e (...) nonché dai (...)ri (...) e (...) in quanto inammissibili ed infondate per i motivi esposti negli atti difensivi e, per l'effetto, confermare il (...) giuntivo opposto e dichiarare che esso spiega effetti anche contro l'(...) per l'(...) e la (...) dei (...) e (...) fiscati alla (...) nonché condannare gli opponenti tutti e l'(...) per l'(...) e la (...) dei (...) strati e Confiscati alla (...) al pagamento in favore delle scriventi dell'ulteriore somma di (...) 7.000,00 a titolo di spese liquidate nell'ordinanza di assegnazione somme del Tribunale di Roma (R.G.E. (...)/2014) o, in via subordinata, condannare gli opponenti tutti e l'(...) per l'(...) e la (...) dei (...) e (...) fiscati alla (...) al pagamento in favore delle scriventi della somma di (...) 643.211,44 già oggetto del (...) o di altra somma ritenuta di giustizia, oltre alla somma di (...) 7.000,00, il tutto oltre interessi ex D.Lgs. 231/2002 e rivalutazione, con ogni necessaria, consequenziale ed opportuna pronuncia. In via subordinata riconvenzionale - (...) denegata e non creduta ipotesi di accoglimento della domanda di invalidità della (...) zione, condannare l'(...) dei beni oggetto del sequestro preventivo e l'(...) per l'(...) e la (...) dei (...) e (...) alla (...) alla restituzione in favore di X-(...) (...) dell'importo di (...) 750.000,00 corrisposto da quest'ultima in esecuzione della (...) oltre interessi e rivalutazione, con ogni necessaria, consequenziale ed opportuna pronuncia. - Sempre nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento della domanda di invalidità della (...) condannare il Dott. (...) a risarcire a X-(...) (...) e ad (...) S.r.l. i danni dallo stesso causati per i motivi illustrati negli atti difensivi da quantificarsi nell'importo di (...) 650.211,44 assegnato all'(...) ivi inclusa, in via solidale con l'(...) dei beni oggetto del sequestro preventivo e con l'(...) per l'(...) e la (...) dei (...) e (...) alla (...) la restituzione della somma di (...) 750.000 versata da X-(...) (...) in esecuzione della (...) Oltre interessi e rivalutazione. In ogni caso, condannare gli opponenti alla rifusione di spese e onorari, oltre IVA e CPA come per legge, oltre accessori". Si è costituita in giudizio l'(...) ed ha, in primo luogo, eccepito la esclusiva legittimazione dell'A.N.B.S.C., essendo la confisca divenuta definitiva ed irrevocabile dal 19/1/2016, ed i beni che ne erano oggetto acquisiti al patrimonio dello Stato, con cessazione dell'(...) e subentro dell'(...) ha, quindi, concluso chiedendo al Tribunale di "(...) minarmente, ritenere e dichiarare che la legittimazione a stare in giudizio, in luogo dell'(...) spetta all'(...) per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e, conseguentemente, estromettere dal processo l'(...) - Nel merito, comunque, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, annullare, per difetto dell'autorizzazione del G.D., la (...) conclusa il (...) e, conseguentemente, revocare il decreto ingiuntivo opposto; - In subordine, annullare parzialmente la predetta (...) sazione, nel senso di cui ai motivi esposti con l'atto di opposizione al decreto ingiuntivo, e revocare, ugualmente, il decreto ingiuntivo opposto; - In ulteriore subordine, revocare il decreto ingiuntivo non risultando essere definitiva la condanna, a carico della (...) s.r.l., al pagamento dei compensi al (...) donali; - (...) in via subordinata, dichiarare che non è dovuto alle società ricorrenti il rimborso dell'Iva e, che, comunque, gli interessi nella misura di cui all'ingiunzione possono decorrere solo dalla domanda giudiziale, e, quindi, revocare, ancora, il decreto ingiuntivo opposto; - (...) in via subordinata, per l'ipotesi in cui fossero accolte, in tutto o in parte, le pretese della X (...) (...) (già (...) (...)) e/o della (...) s.r.l., dichiarare che l'(...) ha diritto di ripetere da (...) e (...) le somme pagate e, quindi, condannare i medesimi (...) beth, (...) e (...) (in solido tra di loro) a rimborsare all'(...) l'intero importo che questa fosse, eventualmente, costretta a pagare, ovvero, in ulteriore subordine, una quota pari, per ciascuno, ad un sesto dell'importo suddetto; - (...) inammissibili e/o, comunque, rigettare, perché infondate, per i motivi esposti negli scritti difensivi dell'(...) tutte le domande riconvenzionali a qualsiasi titolo proposte contro la stessa l'(...) dalla X (...) (...) (già (...) (...)), dalla (...) s.r.l., nonché da (...) e (...) - In subordine, nella non temuta ipotesi di accoglimento della domanda di restituzione della somma ricevuta dall'(...) in esecuzione della (...) ritenere e dichiarare che la medesima (...) può compensare tale somma, per le quantità corrispondenti, con il proprio maggior credito derivante dal rapporto contrattuale oggetto della (...) sazione; - (...) le altre parti, in solido, al pagamento delle spese giudiziali". Si sono costituiti in giudizio anche i (...) ed hanno chiesto al (...) nale di "In via principale - dichiarare la nullità, l'illegittimità, inefficacia e/o l'inammissibilità nei confronti dei signori (...) e (...) della (...) del 29 febbraio 2012 e la nullità della clausola di manleva prevista nell'accordo transattivo stipulato il 29 febbraio 2012 per violazione dell'art. 1938 c.c. e, conseguentemente dichiarare che nessuna somma è dovuta dagli odierni opponenti alla X (...) (...) ed alla (...) s.r.l. per le ragioni di cui sopra e per l'effetto - dichiarare la nullità, illegittimità, inefficacia o inammissibilità nei confronti degli odierni opponenti del decreto ingiuntivo (...) /2015 del 2.3.2015, r.g. n. (...) /2015, rep. n. 2068/2015 del 2.3.2015, cron. n. 364/15, emesso dal (...) di (...) nella persona del G.u. dott. (...) il 28 febbraio 2015, e comunque con qualsiasi altra statuizione revocarlo. (...) le domande riconvenzionali formulate ex adverso. In via subordinata - in conseguenza della eccepita invalidità e/o nullità e/o inefficacia della (...) firmata nella qualità di (...) dichiarare il diritto degli odierni opponenti ad essere manlevati dal dott. (...) in proprio e nella qualità di già (...) ziario nominato con (...) del 31 agosto 2010, del (...) di Trapani - (...) di (...) nell'ambito del procedimento n. 687/2010 R.G.M.P., di tutto quanto dovessero essere costretti a pagare a causa e per effetto del decreto ingiuntivo opposto e della (...) del 29 febbraio 2012, dichiarando il loro diritto di rivalsa e/o di regresso nei confronti dell'(...) diziaria e di tutti i beni e cespiti che fanno parte e del dott. (...) in proprio, e per l'effetto - condannare lo stesso dott. (...) in proprio e nella qualità di già (...) al pagamento di tutto quanto i sigg. (...) e (...) castri dovessero essere condannati a pagare per effetto ed in conseguenza del decreto ingiuntivo opposto e della (...) del 29 febbraio 2012. In ogni caso - rigettare le richieste tutte avanzate dall'(...) dott. (...) nei confronti degli odierni comparenti, per le ragioni già spiegate e comunque dichiarare il diritto a compensare le somme allo stesso eventualmente dovute con quanto lo stesso avrebbe dovuto versare ai sigg. (...) stri, (...) e (...) per effetto del pagamento ricevuto da parte di (...) in esecuzione della (...) zione. In via di mero subordine, nella non temuta ipotesi in cui codesto On. Tribunale dovesse disattendere le superiori ragioni, eccezioni e richieste, e ritenesse i sigg. (...) e (...) obbligati o coobbligati al pagamento delle somme ingiunte nei confronti delle società (...) e (...) - ritenere e dichiarare il diritto degli odierni opponenti ad essere manlevati dall'(...) e successivamente, con la confisca, dall'(...) per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di tutto quanto gli stessi dovessero essere tenuti a corrispondere a causa e come conseguenza del decreto ingiuntivo oggi opposto, dell'atto di cessione di quote del 23 giugno 2010 e della (...) del 29 febbraio 2012; - condannare lo stesso dott. (...) in solido con l'(...) zia (...) al pagamento di tutto quanto i sigg. (...) stri, (...) e (...) dovessero essere costretti a pagare per effetto ed in conseguenza del decreto ingiuntivo opposto, dell'atto di cessione di quote del 23 giugno 2010 e della (...) del 29 febbraio 2012, e comunque condannarli al pagamento della somma di euro 750.000,00 quale importo percepito dall'(...) all'esito della (...) Con vittoria di spese e compensi del presente giudizio, da distrarsi in favore dei difensori costituiti, i quali si dichiarano antistatari ai sensi dell'art. 93 c.p.c.". Si è costituito (...) in proprio ed ha concluso chiedendo al (...) bunale di "(...) - (...) e dichiarare il difetto di legittimazione passiva rilevabile d'ufficio del Dr. (...) nella qualità di terzo chiamato in causa e conseguentemente dichiarare la immediata estromissione dal giudizio del Dr. (...) in proprio; - (...) e dichiarare ex art.40 comma 4 del D.Lgs. n.159/2011 tardive le eccezioni della X-(...) S.L (già (...)) e della (...) S.r.l. afferenti gli atti del Dr. (...) sia nella qualità di (...) sia quale (...) chiamato in causa persona fisica perché formulate oltre il termine perentorio; (...) - (...) e dichiarare integralmente valida ed efficace la scrittura privata di (...) sottoscritta in data 29 febbraio 2012 tra le (...) odiernamente in causa che non ha alcun effetto novativo rispetto al testo autorizzato; - (...) e dichiarare del tutto infondata in punto di diritto ed insussistente in punto di fatto la domanda di condanna al risarcimento danni spiegata dalle (...) e dalle (...) - oggi X-(...) (...) e (...) S.r.l. e dai Sigg.ri (...) in danno del Dr. (...) nella qualità di terzo chiamato in causa; - (...) la X-(...) (...) - già (...) S.r.l. - società di diritto spagnolo, (C.F.:(...)) con sede (...) in persona del legale rappresentante protempore, (...) e la (...) lica S.r.l., con sede (...) Via P.pe di Belmonte n.80, (C.F.:(...)) in persona dell'(...) e (...) rappresentante pro-tempore, (...)ra (...) ed i (...)ri (...) - (...) - tutti in solido tra loro al pagamento di spese e compensi del presente giudizio. In via subordinata: (...) non temuta ipotesi di parziale accoglimento delle domande formulate dalle (...) applicare il principio di conservazione del contratto ex art.1367 c.c.". Si è, infine, costituita in giudizio anche l'A.N.B.S.C., ribadendo di essere estranea alle pretese oggetto della controversia nonché ai rapporti intercorsi tra soggetti diversi e nemmeno mediatamente riconducibili alla di lei responsabilità ed ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva invocando, comunque, il rigetto delle domande. La causa, in assenza di attività istruttoria, pervenuta frattanto alla scrivente, è stata, quindi, assunta in decisione all'udienza del 05/03/2024 svolta in modalità c.d. cartolare, sulle conclusioni come sopra rassegnate e previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 cod. proc. II. Normativa applicabile. Tanto doverosamente premesso in fatto, occorre nel merito evidenziare in punto di diritto che la sentenza di questo (...) n. 1503/2018 del 28/03/2018 ha già precisato che, nella fattispecie in esame, trova applicazione - ratione temporis - il sistema normativo antecedente all'entrata in vigore del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione approvato con D.Lgs. 159/2011, il cui art. 117 prevede espressamente l'inapplicabilità delle nuove disposizioni in materia di misure di prevenzione (e l'operatività delle norme previgenti) in relazione ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura. Del pari va ribadito che secondo la Corte di Cassazione "spetta al giudice civile - e non alla sezione per le misure di prevenzione del tribunale penale - la competenza ad accertare in via definitiva la esistenza e l'entità di un credito azionato con ricorso per decreto ingiuntivo relativamente a prestazioni contrattuali intercorse con una società il cui intero capitale e il complesso dei beni aziendali siano stati colpiti da provvedimento di confisca quale misura di prevenzione antimafia ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, allorché detta misura sia stata adottata dal giudice penale in epoca anteriore all'entrata in vigore del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Nuovo Codice Antimafia)" (civ. n. 18909/2013; nello stesso senso, cfr. anche Cass. civ. n. 5790/2017). Una tale conclusione non si pone in contrasto - ma è, anzi, del tutto coerente - con il disposto dell'art. 1, comma 194, L. 228/2012 ((...) di stabilità 2013), ai sensi del quale "sui beni confiscati all'esito dei procedimenti di prevenzione per i quali non si applica la disciplina dettata dal libro 1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive". Non possono quindi esservi dubbi, ad avviso di questo giudice, in ordine alla piena ammissibilità, nel regime vigente all'epoca dei fatti di causa, di un'azione in sede civile volta ad accertare la fondatezza di una pretesa creditoria nei confronti di un soggetto giuridico sottoposto a confisca di prevenzione e ad ottenere, all'esito, un titolo esecutivo, la cui emissione non incontra preclusioni di sorta né nella disciplina di settore né, tantomeno, nelle disposizioni del codice di procedura civile. III. Legittimazione attiva e passiva Va ora affrontata, ancora in via preliminare, la questione della legittimazione attiva di (...) la cui carenza è stata eccepita dai (...) per non avere la stessa preso parte all'accordo transattivo. (...) è infondata. Come correttamente posto in luce dalla difesa delle società opposte, gli obblighi di garanzia previsti nel suddetto atto sono stati assunti tanto nei confronti di (...) (ora X (...), quanto nei confronti diretti di (...) Ne consegue la legittimazione da parte di (...) alla promozione dell'azione monitoria al fine di avvalersi delle garanzie prestate in suo favore. Quanto alle eccezioni di carenza di legittimazione passiva a vario titolo formulate dalle parti opponenti e dal chiamato, va ricordato l'orientamento consolidato della Suprema Corte, che distingue tra legittimazione al processo e titolarità della posizione soggettiva oggetto dell'azione, per cui il problema della titolarità della posizione soggettiva, attiva ma anche passiva, attiene al merito della decisione, cioè alla fondatezza della domanda e non alla legittimazione processuale. IV. Il merito. Passando al merito, va ancora rammentato che, - in base ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (cfr., per tutte, Cass. civ., un., n. 13533/2001) - al creditore che deduce un inadempimento da parte del debitore spetta di dimostrare, secondo i criteri di distribuzione dell'onere della prova contenuti nell'art. 2697 c.c., il fatto costitutivo del credito, laddove al debitore spetta di provare il fatto estintivo dello stesso o di una sua parte, per cui il primo è tenuto unicamente a fornire la prova dell'esistenza del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto, mentre, a fronte di tale prova, dovrà essere onere del debitore dimostrare di avere adempiuto alle proprie obbligazioni. Questo principio non viene derogato in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, che - come ripetutamente affermato dalla Suprema Corte (cfr., ex plurimis, Cass. civ. n. 22123/2009) - si configura come atto introduttivo di un giudizio ordinario di cognizione, nel quale va anzitutto accertata la sussistenza della pretesa fatta valere dall'ingiungente opposto (che ha posizione sostanziale di attore) e, una volta raggiunta tale prova, deve valutarsi la fondatezza delle eccezioni e delle difese fatte valere dall'opponente (che assume posizione sostanziale di convenuto). Con precipuo riguardo alla fattispecie in esame, il decreto ingiuntivo (...) /2015 è stato emesso sulla scorta della scrittura privata del 29/02/2012 e degli obblighi di garanzia ivi previsti in capo all'(...) ed ai (...) ditori (c.d. (...). V. Validità della (...) essere quindi esaminata la questione della validità della (...) del 29/02/2012. L'(...) ha dedotto che la suddetta scrittura sarebbe annullabile per difetto di autorizzazione, in quanto il testo della (...) zione sottoscritta il (...) sarebbe sostanzialmente difforme da quello della (...) autorizzata dal (...) il (...). Com'è noto, infatti, l'art. 2 septies della L. 31/5/1965 n. 575, applicabile, ratione temporis, al procedimento di prevenzione di cui si discute ed il cui testo, sul punto, è stato riprodotto dall'art. 40 del D.Lgs. 6/9/2011 159, stabilisce che l'(...) "non può stare in giudizio, contrarre mutui, stipulare transazioni ... senza autorizzazione scritta del (...) dice Delegato". Nel caso di specie è, invero, incontestato che l'(...) aveva allegato all'istanza depositata il (...) (cfr. all. n. 6 alla citazione in opposizione dell'(...) una bozza di (...) che - per quel che rileva in questa sede - stabiliva, all'art. 2.3: "Limitatamente all'ultima tranche di cui all'art. 2.1 che precede, in aggiunta alle condizioni indicate all'art. 2.2 e fermo restando quanto indicato all'art. 5.1, il relativo pagamento sarà altresì subordinato alla consegna in favore della (...) di una dichiarazione rilasciata dai soggetti che, ai sensi dei contratti indicati nell'e- lenco allegato sotto la lettera "B" del (...) e che per comodità si allega al presente atto come (...) "C", siano creditori di (...) s.r.l. o loro successori o aventi causa di non avere più nulla a pretendere nei confronti di (...) ka (...) s.r.l. in connessione dei contratti elencati nel documento allegato sotto la lettera "B" del (...) e allegato per comodità al presente atto come allegato "C"". II successivo art. 5.1 prevedeva: "L'(...) nella qualità precisata in epigrafe, e i (...) si obbligano a manlevare e tenere indenne (...) s.r.l., (...) e/o i loro aventi causa da qualsiasi danno e/o pregiudizio (...) s.r.l., (...) e/o i loro aventi causa abbiano subito o di cui fossero chiamati a rispondere in conseguenza di domande, pretese, azioni o diritti comunque aventi ad oggetto i (...) o comunque connessi ai contratti elencati nell'(...) "C" al presente atto". (...). 5.2 stabiliva: "L'(...) nella qualità precisata in epigrafe, e i (...) si obbligano a prestare la massima collaborazione relativamente a qualunque richiesta di documenti ragionevolmente avanzata da (...) s.r.l. e/o loro aventi causa". La conclusione della (...) nel testo allegato all'istanza, veniva autorizzata con provvedimento del (...) del 27/02/2012, depositato il (...). In data (...), tuttavia, veniva sottoscritta una scrittura (all. n. 7 alla citazione in opposizione dell'(...) dal testo sostanzialmente differente da quello autorizzato dal (...) In particolare, nell'art 2.3 subiva una modifica del seguente tenore: "La determinazione dell'importo di euro. 750.000,00 indicato all'art. 2.1 è stato determinato non tenendo conto delle somme che potrebbero essere maturate a favore dei soggetti che, ai sensi dei contratti indicati nell'elenco allegato sotto la lettera "B" del (...) e che per comodità si allega al presente atto come allegato "C" siano alla data odierna creditori di (...) s.r.l., o loro successori o aventi causa in connessione con i contratti elencati nel citato allega-to "C", precisando che eventuali somme ad oggi già pagate in favore dei predetti soggetti, non saranno oggetto di alcuna pretesa da parte di (...) Pertanto, risultava soppressa la previsione della consegna alla (...) contestualmente al pagamento, di una dichiarazione, rilasciata dai soggetti indicati nell'allegato C, di non avere più nulla da pretendere. A parere delle (...) opposte e di (...) la modifica apportata alla (...) era consistita nella eliminazione della clausola 2.3 del contratto. Talee clausola, tuttavia, sarebbe stata inserita nell'interesse esclusivo di X-elio (già (...) e non avrebbe comportato il sorgere di obbligazioni di natura diversa da quelle originariamente previste. Inoltre, la clausola eliminata prevedeva che il pagamento del prezzo da parte di X-elio (già (...) fosse subordinato al rilascio di una dichiarazione che attestasse l'assenza di pretese nei confronti di (...) ma l'acquirente si era resa disponibile ad effettuare il pagamento contestualmente alla sottoscrizione della (...) e, conseguentemente, l'avvenuto pagamento del prezzo aveva reso superflua la clausola, stante il perfezionamento dell'accordo. Tale assunto non convince. Ed invero, come sottolineato dalla (...) si tratta, invece, di una modifica estremamente rilevante. Infatti, nella (...) autorizzata la clausola di manleva di cui all'art. 5.1 era, in concreto, neutralizzata dalla previsione, contenuta nell'art. 2.3, della consegna, contestuale al pagamento, delle dichiarazioni liberatorie da parte dei soggetti indicati nell'allegato "C", in quanto la garanzia sarebbe stata inoperante con riguardo a debiti ormai estinti. Per contro, in caso di mancata consegna delle dichiarazioni liberatorie e quindi di mancato pagamento del corrispettivo da parte di (...) l'intera (...) sarebbe rimasta priva di effetto. Quindi non può certamente affermarsi che la clausola fosse stata apposta nell'esclusivo interesse di (...) (e, d'altro canto, non risulta tra quelle espressamente indicate come tali all'art. 2.2.). (...) in fase di sottoscrizione, mentre l'art. 5.1 rimaneva invariato, l'art. 5.2 prevedeva invece ora l'obbligo dell'(...) e dei (...) di "pagare ad (...) s.r.l., (...) e/o dei loro cessionari e/o loro aventi causa ogni somme(a) che le stesse fossero condannate a pagare in riferimento o in connessione al (...) entro 20 giorni dalla relativa condanna". Infine, veniva aggiunto l'art. 5.3 che stabiliva "(...) pregiudizio di quanto disciplinato nel (...) e dei rimedi previsti dalla legge, l'(...) nella qualità precisata in epigrafe, e i (...) si obbligano a manlevare e tenere indenne (...) S.r.l. e/o dei loro cessionari e/o loro aventi causa da qualsiasi danno o pregiudizio che possa loro derivare in conseguenza, connessione o riferimento a domande, pretese, azioni o diritti vantanti da terzi, ed in particolare anche dai soggetti appartenenti al gruppo (...) o ad esso legati, per i quali non fosse stata data evidenza nel (...) to stesso, in tali casi si applicherà quanto previsto ai sensi dell'articolo 5.2 che precede". In tal modo veniva previsto un ulteriore obbligo dell'(...) e dei (...) di manlevare e tenere indenni (...) ed (...) anche da eventuali altre pretese di terzi dei quali non fosse stata data evidenza nel contratto di vendita delle quote sociali. Con la modifica apportata e con il venir meno della previsione della consegna delle dichiarazioni liberatorie - come ha osservato il (...) con il provvedimento del 23/12/2014 con cui non è stato autorizzato il pagamento delle somme richieste da (...) (doc. n. 8) - è stata "oltremodo ed inaccettabilmente estesa la responsabilità dell' A.G. per situazioni debitorie non ricadenti sotto la sua sfera di signoria" ed alterato "in modo rilevante l'equilibrio delle prestazioni contrapposte (...) - sicché la (...) "non può ritenersi vincolante per l'A.G.". VI. La convalida e la ratifica Le società opposte hanno, in via subordinata, dedotto che la (...) dovrebbe ritenersi ratificata o, comunque, convalidata dall'(...) e dal (...) per avere quest'ultimo espressamente autorizzato e l'(...) eseguito il compimento di tutta una serie di atti ed azioni che necessariamente presupponevano la validità della (...) e richiamavano le clausole e le previsioni di manleva (nomina del difensore di (...) e dell'arbitro nel giudizio arbitrale; nomina del difensore di (...) e intervento adesivo nel giudizio di impugnazione del (...). Orbene, ritiene il (...) che non vi sia stata alcuna convalida, in quanto l'attività difensiva posta in essere nel procedimento di impugnazione del lodo arbitrale non può essere ad essa assimilata. Non sussiste, nella specie, alcun atto che contenga la menzione della scrittura e del motivo di annullabilità con la dichiarazione che s'intende convalidarlo. Nemmeno può dirsi che l'(...) alla quale spettava l'azione di annullamento, vi abbia dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità poiché non è dimostrato che fosse stata acquisita, da tutti i soggetti della "parte complessa" costituita dall'(...) e, quindi, anche dal (...) la certezza della causa di annullabilità. Ed invero, in nessuna delle relazioni rivolte dall'(...) rio (...) al (...) - e neppure nella richiesta di autorizzazione alla nomina di un legale e di un arbitro nel procedimento arbitrale incoato dal (...) (doc. n. 13 prodotto dalle (...) opposte) - è fatta alcuna menzione della difformità tra la (...) autorizzata e quella sottoscritta. Né il solo (...) poteva convalidare la scrittura, non essendo in condizioni di concludere validamente il contratto (art. 1444, comma 3, c. civ.). Quanto alla "ratifica" della (...) come sottoscritta, l'art. 1399 cod. civ. prevede che il contratto possa essere ratificato dall'interessato, con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso. Orbene, a prescindere dalla applicabilità alla fattispecie dell'istituto della ratifica, questa avrebbe dovuto, comunque, intervenire con l'osservanza delle medesime forme prescritte per il contratto da ratificare e, quindi, nell'ipotesi in esame, con l'espressa autorizzazione del (...) non essendo ammissibile alcuna ratifica tacita. (...) deve essere, quindi, annullata in parte qua per difetto di autorizzazione, essendo essa sostanzialmente difforme dalla (...) che era stata autorizzata dal (...) il (...) e produttiva di effetti ben più gravosi per la l'(...) Essa, nella parte in cui ha posto a carico della (...) giudiziaria l'obbligo di garanzia nei confronti di X-(...) ed (...) non è quindi opponibile alla prima che non ha validamente assunto alcun obbligo di manleva nei confronti delle (...) opposte. Tale annullabilità non può essere estesa ai (...) - che tra l'altro non l'hanno eccepita - ai sensi dell'art. 1446 cod. VII. Le nullità eccepite dai (...) I (...) dal canto loro, hanno eccepito la nullità parziale della (...) zione ex art. 1966 cod. civ. per indisponibilità dei diritti che ne avevano formato oggetto, deducendo che la res litigiosa era la quantificazione dell'importo del corrispettivo ancora dovuto dalla (...) in virtù dell'acquisto delle quote della società (...) s.r.l. ma, per effetto dei sequestri giudiziali ex art. 2-ter della 1. 575/75 disposti dal (...) di Trapani - sez. (...) di (...) con i decreti del 31.8.2010 e del 4.10.2010, i crediti suddetti erano stati sottratti alla disponibilità degli originari (...) ed attribuiti all'(...) non coglie nel segno. Ed invero, i (...) non hanno compiuto alcun atto di disposizione (né avrebbero potuto) di beni oggetto di sequestro e, in particolare, del corrispettivo della cessione del 23/06/2010, ma hanno assunto una garanzia personale e ne avevano la piena capacità, avendo i provvedimenti interdittivi ad oggetto solamente i beni in essi elencati. Ne consegue che i (...) avevano senza dubbio la capacità dispositiva relativamente a diritti diversi da quelli oggetto di provvedimenti interdittivi. (...) i (...) hanno eccepito la nullità della (...) ex art. 1418 cod. civ., per assenza di causa e di oggetto sostenendo che nessuna lite li vedeva contrapposti a (...) sicché nessuna reciproca concessione avrebbero potuto fare le parti e nessun vantaggio sarebbe loro derivato poiché il corrispettivo sarebbe stato versato da (...) direttamente all'(...) Anche tale eccezione è infondata. Va al riguardo osservato che la (...) della lite è avvenuta tra l'(...) e la (...) mentre i (...) si sono limitati a prestare separata garanzia personale di manleva. Peraltro, i (...) in ipotesi di revoca delle misure interdittive disposte su parte del loro patrimonio, sarebbero tornati nella piena disponibilità e godimento dello stesso ed avrebbero beneficiato degli atti medio tempore compiuti dall'(...) con l'autorizzazione del G.D., inclusa quindi la (...) e il pagamento effettuato da X-(...) Quindi avevano interesse a prendervi parte. I (...) infine, in seno alla comparsa di risposta a seguito di riassunzione, hanno eccepito la nullità della clausola di manleva per violazione dell'art. 1938 cod. civ. fondata sulla assimilabilità della medesima ad una fideiussione omnibus, come tale, nulla perché priva dell'importo massimo garantito. Si tratta, di domanda nuova e soprattutto, di una questione della nullità della (...) in quanto integrante una fideiussione senza previsione dell'importo massimo garantito, che costituisce una deduzione nuova, effettuata per la prima volta dopo la riassunzione. Orbene, il principio della rilevabilità d'ufficio della nullità in ogni stato e grado del giudizio trova un limite nella necessità che il fatto su cui la stessa si basa sia stato tempestivamente allegato nel corso del giudizio. In caso contrario, si determinerebbe un inammissibile vulnus delle maturate preclusioni processuali (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 9.8.2019, n. 21243; Cass. civ., Sez. III, 19.2.2020, n. 4175). Tale eccezione di nullità della (...) è inammissibile perché fondata su un fatto nuovo, mai dedotto prima nel giudizio nei termini dedicati alla fissazione del thema decidendum e del thema probandum di cui all'art. 183 cod. proc. VIII. Dell'assenza dell'obbligo di garanzia in capo ai (...) i (...) hanno eccepito che non vi sarebbe coincidenza tra l'oggetto della condanna monitoria e l'oggetto della garanzia prestata, poiché nel "(...), a proposito dell'ing. (...) venivano citati i contratti relativi ai progetti di "(...) e "(...) del (...) e nulla era detto in relazione all'impianto di (...) mentre i diritti azionati e poi accolti dal lodo arbitrale, erano relativi a tre impianti, ovvero "(...) e "(...) del (...) lo" e "(...). (...) è infondata. Il credito dell'(...) è indicato nell'allegato C alla (...) e coincide per oggetto e per importo a quello azionato. Infatti, la tabella inserita nell'allegato C alla (...) contiene nella terzultima e penultima riga l'indicazione del credito vantato dall'(...) Bordonali nei confronti di (...) e la somma degli importi indicati (euro 245.000 + euro 245.000) è pari ad euro 490.000, che è esattamente l'importo azionato dall'(...) Infine, è la stessa (...) ancora una volta, ad elencare, e quindi ricomprendere nel proprio oggetto, tutti gli impianti di proprietà di (...) ca, inclusi quindi quelli di "Partanna", di "(...) del Vallo" e di "(...) trano" con riferimento ai quali sono state azionate dall'(...) le proprie pretese (cfr. pag. 2, lett. A). Questi ultimi hanno, tuttavia, dedotto che la garanzia prestata non opererebbe essendo ancora il diritto dell'ing. (...) sub iudice. Segnatamente, i (...) hanno osservato che, a mente dell'art. 5.2 della (...) la garanzia opererebbe "entro 20 giorni dalla relativa condanna", con ciò intendendosi il passaggio in giudicato del relativo provvedimento. (...) non convince. La lettera della clausola è chiara allorché si riferisce alla semplice condanna e non al giudicato che su di essa si sia formato. (...) canto, se le parti avessero voluto postergare gli effetti della garanzia alla conclusione dell'iter processuale volto ad accertare i credit vantati contro (...) con una pronuncia avente valore di giudicato, lo avrebbero espressamente previsto. Nel caso in esame, vi è stata condanna pronunciata con lodo arbitrale sottoscritto in data (...), impugnato innanzi alla Corte di Appello di Palermo, la quale con sentenza n. 1664/18 del 20/08/2018 ha dichiarato inammissibile l'impugnazione. (...). (...) ha poi messo in esecuzione la sua pretesa. Quindi la garanzia prestata dai (...) deve ritenersi operante. IX. Gli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002 I (...) hanno eccepito che non sarebbero dovuti gli interessi nella misura indicata dal D.Lgs. 231/2002. Orbene, il decreto ingiuntivo opposto reca, anche, l'ingiunzione al pagamento degli interessi moratori ex D.Lgs. 231/2002 "per le causali di cui in premessa", senza precisarne la decorrenza. (...) opposte, richiamando il concetto di mora ex re, sostengono che tali interessi decorrerebbero per il solo fatto del ritardo e, quindi, dalla scadenza del termine di 20 giorni dalla sottoscrizione del lodo c.d. (...) (cfr. l'atto di precetto intimato all'(...) doc. n. 1, e la comparsa di risposta delle opposte). Tuttavia, nel caso di specie, non si è in presenza di una (...) commerciale nel senso di cui all'art. 2 lett. a) del D.Lgs. n. 231/2002, il quale la definisce come il contratto, comunque denominato, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comporta, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo. (...) specie, invece, la pretesa delle (...) opposte si fonda su una obbligazione di manleva che è del tutto estranea alla nozione di "(...) commerciale" come sopra specificata. Quindi, dal giorno della mora fino alla domanda giudiziale sono decorsi solo gli interessi nella misura legale - nella fattispecie, tuttavia, non richiesti - e risultano, quindi, dovuti solo gli interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002 dalla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (09.01.2015) ai sensi dell'art. 1284 cod. civ. sino al soddisfo. Ne discende che va, dunque, disposta la revoca del decreto ingiuntivo (...) /2015 e pronunciata condanna degli opponenti (...) castri, (...) e (...) al pagamento, in favore di parte opposta, X-(...) e (...) della somma di euro 643.211,44, oltre interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002 dalla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (09.01.2015) al soddisfo. X. Le domande riconvenzionali formulate dai (...) nei confronti della (...) e di (...) I (...) hanno affermato di avere il diritto di manleva e di rivalsa nei confronti della (...) giudiziaria un ordine a quanto dovessero essere costretti a pagare, poiché il contratto sarebbe stato stipulato solo e soltanto nell'interesse della stessa (...) che ha percepito la somma di euro 750.000,00. I (...) hanno aggiunto che, ove si fosse invece ritenuto che la (...) zione fosse stata stipulata nell'interesse dei preposti, essi avrebbero avuto il diritto a percepire la somma riscossa dall'(...) o, comunque, a compensarla con quanto fossero chiamati a rifondere. Orbene, con riferimento alla posizione dell'(...) deve osservarsi che la transazione non è stata conclusa nell'interesse dei Ni., avendo l'(...) lo scopo di assicurare la conservazione e l'amministrazione dei beni dei proposti, in previsione dell'eventuale futura confisca In ogni caso, i beni e i crediti dei predetti sono stati confiscati in via definitiva, sicché qualunque somma loro riferibile è colpita dalla misura di prevenzione. La domanda è, pertanto, infondata. Con riferimento alla posizione di (...) i (...) hanno sostenuto di avere diritto al risarcimento dei danni subiti a causa dell'errore ingenerato ed indotto dallo stesso per mancanza di "correttezza professionale, di diligenza, o peggio, di un voluto artifizio e raggiro operato ai danni degli odierni comparenti". Sostengono i (...) che mai avrebbero firmato la transazione se avessero avuto la consapevolezza o soltanto il sospetto che la stessa fosse invalida ed avrebbe potuto comportare un loro esclusivo obbligo nei confronti della (...) Essi sarebbero stati, quindi, indotti in errore sulla identità e qualità dell'altro contraente e sulla portata, sugli effetti e sulle conseguenze giuridiche della propria partecipazione all'atto. Orbene, va in primo luogo osservato che i (...) in seno alla cessione del 23/06/2010, avevano già garantito la (...) tra l'altro, che: ? non vi erano debiti e passività anche potenziali di alcun tipo in capo alla (...) né vi erano obbligazioni legate a termini o condizioni, né atti o fatti che potessero dare luogo a responsabilità contrattuale o extracontrattuale della stessa; ? non sussistevano, in ogni caso, situazioni che potessero dare luogo a contenziosi o sanzioni di qualsiasi natura e, in ogni caso, i (...) si erano obbligati a manlevare la (...) per eventuali danni che la stessa fosse stata costretta a pagare o di cui fosse stata chiamata a rispondere in conseguenza di fatti occorsi prima della stipula dell'atto di trasferimento di quote; ? la (...) non aveva debiti o passività, se non quelli evidenziati nella (...) di (...) e non vi erano in capo alla società obbligazioni soggette a termini o a condizioni sospensive, né atti o fatti che potessero dare luogo a responsabilità contrattuale o extracontrattuale della (...) ad eccezione delle obbligazioni contenute nei contratti di cui alla successiva lettera (M, ossia che la (...) non era vincolata da rapporti contrattuali non ancora interamente eseguiti o ineseguiti, salvo i contratti di cui all'elenco allegato sotto la lettera "C"; ? e comunque non vi era alcun rapporto contrattuale in essere che contenesse: i) obbligazioni o impegni suscettibili di influire negativamente sull'attività, sulla situazione finanziaria e patrimoniale o sull'andamento economico della (...) o comunque suscettibili di dar luogo a qualsiasi tipo di responsabilità patrimoniale; ii) impegni di qualsiasi genere quale fideiussore o garante di obbligazioni di terzi. Infine, i (...) si erano obbligati, "A prescindere dai diritti e rimedi di cui la (...) potrebbe avvalersi in base alla legge", a "manlevare, tenere indenne e risarcire completamente (...) anche mediante compensazione con i pagamenti da quest'ultima dovuti, di ogni danno che quest'ultima possa subire per: (...) ogni infedele o imprecisa dichiarazione o garanzia fatta dai (...) ditori ai sensi del presente articolo 6; (...) ogni passività in capo alla (...) non manifestata o resa nota alla (...) ogni spesa, costo, passività, onere, minore redditività in cui la (...) si trovi ad incorrere a causa di circostanze che risultino essere diverse da quanto rappresentato nel presente contratto". Orbene è evidente che tale obbligo, già assunto in seno all'atto di cessione del 23/06/2010, avrebbe ugualmente vincolato i (...) pur in assenza dell'omologo obbligo assunto in seno alla (...) che, invece, era stata stipulata al fine di dirimere le contestazioni sulla determinazione del corrispettivo finale della cessione, nelle more fatto oggetto di sequestro e che, per tale ragione, aveva richiesto l'intervento dell' (...) Pertanto, non può seriamente sostenersi che essi non avrebbero stipulato la transazione ove fossero stati a conoscenza della difformità del testo sottoscritto rispetto a quello autorizzato dal G.D., avendo costoro già assunto comunque un obbligo di garanzia nei confronti della cessionaria. Tra l'altro, in seno alla (...) le parti hanno espressamente previsto all'art. 2.4 di mantenere inalterate ed efficaci "tutte le rappresentazioni e garanzie rese dai (...) con il contratto e ogni altro diritto di (...) ai sensi del contratto" e quindi di fare salve le garanzie rese dai (...) ai sensi del contratto di cessione. (...) canto, non è possibile affermare che i (...) siano stati diligenti e non abbiano colpevolmente ignorato la difformità del testo autorizzato rispetto a quello sottoscritto, tenuto conto del fatto che l'autorizzazione del G.D. è stata allegata (all. A) alla (...) e faceva riferimento alla proposta di (...) trasmessa dall'ing. (...) nell'interesse di (...). Le domande formulate dai (...) pertanto, non possono trovare accoglimento. Restano assorbite le ulteriori questioni, domande ed eccezioni formulate dalle altre parti. XI. Le spese di lite Per quanto riguarda, da ultimo, il regime delle spese processuali, deve rilevarsi che, "il provvedimento discrezionale di riunione di più cause lascia immutata l'autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni; pertanto, la congiunta trattazione lascia integra la loro identità, tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise: conseguentemente, la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione ad ogni singolo giudizio, posto che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza, non potendo essere coinvolte in quest'ultima soggetti che non sono parti in causa" (Cass. civ. n. 15954/2006; nello stesso senso, cfr. anche Cass. civ. n. 7908/2001 e 197/2001). In forza del principio della soccombenza (da applicare, nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, tenendo conto che nel procedimento per ingiunzione l'atto introduttivo del giudizio conseguente all'opposizione dell'ingiunto è costituito dalla richiesta del creditore intesa ad ottenere l'emanazione del decreto ingiuntivo: cfr. Cass. civ. n. 2217/2007; n. 2997/2004; 1977/1983) le spese del giudizio sostenute dalle opposte X-(...) (...) ed (...) S.r.l. vanno poste a carico dei (...) opponenti, (...) e (...) al pari di quelle del terzo chiamato (...) Le spese sostenute dalla opponente (...) giudiziaria vanno, invece, poste a carico delle (...) opposte X-(...) (...) ed (...) ca S.r.l. Tali spese vengono liquidate - come in dispositivo - secondo i parametri introdotti dal D.M. 55 del 2014 (attuativo dell'art. 13, sesto comma, L. 247/2012), nella formulazione conseguente alle modificazioni apportate con D.M. n. 147 del 13/08/2022 /2014, avuto riguardo all'attività processuale concretamente svolta nella misura pari ai valori medi per le fasi di studio e introduttiva del giudizio, nonché di quelli minimi per le successive, tenuto conto del mancato svolgimento di attività istruttoria stante il carattere documentale della causa. Tenuto conto dell'esito della controversia e del ritenuto assorbimento delle domande proposte in via riconvenzionale e/o subordinata, si reputano sussistenti i presupposti previsti dall'art. 92, secondo comma, c.p.c. per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite relative agli altri rapporti processuali tra le parti. P.Q.M. (...) uditi i procuratori delle parti costituite; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando; revoca il decreto ingiuntivo n. decreto ingiuntivo n. (...) /2015 (R.G. (...) /2015) emesso dal (...) di (...) in data (...); condanna (...) e (...) al pagamento in favore di X-(...) (...) , in persona del legale rappresentante pro tempore e (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, della somma di euro 643.211,44, oltre interessi di mora ex D.Lgs. 231/2002 dalla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (09/01/2015) al soddisfo; dichiara assorbite tutte le ulteriori domande proposte, in via riconvenzionale e/o subordinata, nell'ambito dei presenti giudizi riuniti; condanna (...) e (...) al pagamento delle spese di lite sostenute da X-(...) (...) , in persona del legale rappresentante pro tempore, da (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore che si liquidano in complessivi euro 18.420,00 per compensi, oltre euro 1.713,00 per esborsi ed oltre spese forfettarie, C.P.A. e I.V.A. nella misura di legge; condanna (...) e (...) al pagamento delle spese di lite sostenute da (...) che si liquidano in complessivi euro 18.420,00 per compensi, oltre spese forfettarie, C.P.A. e I.V.A. nella misura di legge; condanna X-(...) (...) , in persona del legale rappresentante pro tempore e (...) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento delle spese di lite sostenute dalla (...) ria dei beni e dei crediti oggetto di sequestro ex art 2 ter della legge 575/1965 disposto dal (...) di Trapani, (...) di (...) con decreti del 31/8/2010 e del 4/10/2010, in danno di (...) stri (...) e (...) (procedura 68/2010 R.G.M.P. (...) di Trapani) in persona dell'(...) che si liquidano in complessivi euro 18.420,00 per compensi, oltre euro 1.008,30 per esborsi ed oltre spese forfettarie, C.P.A. e I.V.A. nella misura di legge; compensa integralmente le spese di lite relative agli altri rapporti processuali tra le parti. Manda la cancelleria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in (...) in data (...). Il presente provvedimento, redatto su documento informatico, viene sottoscritto con firma digitale dal (...) ce, in conformità alle prescrizioni del combinato disposto dell'art. 4 del D.L. 29/12/2009, n. 193, conv. con modifiche dalla L. 22/2/2010, n. 24, e del D.Lgs. 7/3/2005, n. 82, e succ. mod. e nel rispetto delle regole tecniche sancite dal decreto del (...) della Giustizia 21/2/2011, n. 44.

  • Tribunale di Palermo Verbale udienza ex art. 281 sexies c.p.c. Proc. n. 7227 /2023 a cui è riunito il procedimento n. 7255/2023 All'udienza del 29/05/2024 davanti al giudice Dr. Filippo Lo Presti sono comparsi per la discussione: l'Avv. (omissis) personalmente che si difende ex art. 86 c.p.c.; per l'Avv. (omissis) anche in sostituzione dell'Avv. (omissis). L'Avv. (omissis) ribadisce che l'interesse all'annullamento della delibera è essenziale in quanto la delibera stessa era tesa a concludere un procedimento di mediazione nell'ambito di un procedimento da lui stesso intentato come controparte, di modo che era suo interesse far emergere la invalida partecipazione del condominio alla mediazione. L'Avv. (omissis) si riporta al contenuto degli atti e alla memoria depositata Il Giudice, si ritira in camera di consiglio. Il giudice alle ore 17.20, all'esito della camera di consiglio del 29/05/2024, riaperto il verbale del procedimento n. 7227 del R.G. dell'anno 2023, al quale è riunito il procedimento n. 7255/2023 R.G., pronuncia la sentenza - dando lettura - assenti le parti - del dispositivo e delle ragioni della decisione, e ne fa deposito in Cancelleria. Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano Il TRIBUNALE DI PALERMO Nella persona del Dott. Filippo Lo Presti, in funzione di Giudice monocratico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 7227 del Ruolo Generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2023 TRA AVV. (omissis) (c.f.), difeso da se stesso ex art. 86 c.p.c., con studio in (omissis), CONTRO (omissis), (c.f.), in persona dell'amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. (omissis) in virtù di procura allegata telematicamente in atti. OGGETTO: AZIONE DI ANNULLAMENTO DI DELIBERA ASSEMBLEARE. DISPOSITIVO Il Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione: respinge la domanda di annullamento della delibera approvata dall'assemblea del convenuto in data 15 maggio 2023. Condanna l'attore al pagamento delle spese di lite, liquidandole in favore del in euro 3.500,0 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario del 15% come per legge. MOTIVI DELLA DECISIONE Con distinti atti di citazione tempestivamente e ritualmente notificati, l'Avv. (omissis), nella qualità di condomino del sito in (omissis), in (omissis), ha impugnato la delibera assembleare adottata, in seconda convocazione, il 15/05/2023, perché assunta con il voto deciso di un condomino deceduto e, al netto della quota a lui riferibile, approvata in assenza della maggioranza legale. In via istruttoria ha chiesto l'acquisizione dell'anagrafica dei proprietari del condominio. L'attore ha precisato che con la delibera veniva approvato, grazie al voto favorevole di sei (n. 6) condomini, per un totale di 416,480 millesimi, il punto all'ordine del giorno teso a conferire all'amministratore la "Autorizzazione a partecipare alla mediazione proposta dal condomino Avv. (omissis) per annullamento assemblea del 20/10/2022". Senonchè, secondo l'attore, la quota del condomino, espressa mediante delega conferita a (omissis), non doveva essere conteggiata; di conseguenza, sottratti i 57,65 millesimi di (omissis), i millesimi complessivi dei presenti erano 718,56 anziché 776,21 e pertanto la maggioranza deliberante corrispondeva a 358,83. Con comparsa del 13/07/2023 si è costituito il (omissis), per chiedere il rigetto della domanda. In particolare, il convenuto, dopo aver preliminarmente contestato la nullità della citazione per indeterminazione della causa petendi e del petitum, ha pure criticato la ricostruzione fatta dall'attore in ordine alla costituzione del quorum deliberativo, dal momento che il condomino (omissis) è erede del compianto e che, perciò, diversamene da quanto sostenuto dall'attore, la sua partecipazione all'assemblea condominiale era legittima. Chiarito ciò, il ha contestato l'interesse ad agire del condomino (omissis), osservando che l'assemblea condominiale era stata convocata per deliberare in ordine alla partecipazione al procedimento di mediazione proposto dallo stesso attore, avente a oggetto l'annullamento della precedente delibera assembleare del 20/10/2022 e che in esito alla votazione, la scelta della maggioranza era stata favorevole alla adesione al procedimento. In tale situazione, ha aggiunto il (omissis), l'attore, che non ha preso parte alla votazione, avrebbe dovuto quantomeno indicare quale diversa determinazione avrebbe voluto che fosse stata approvata dalla maggioranza; in assenza di tale chiarimento, la sua pretesa di annullare la delibera con cui la maggioranza ha assecondato l'istanza di mediazione, non risulta sostenuta da alcun interesse giuridico e perciò va dichiarata inammissibile. Nel corso dell'udienza dell'8 novembre 2023 si procedeva alla riunione dei due identici procedimenti avviati dall'attore; si ordinava al Condominio di esibire l'anagrafe condominiale richiesta dall'attore. Ordine al quale il convenuto dava corso, depositando il registro di anagrafe condominiale dell'anno 2022 e quello dell'anno 2023. Nel corso dell'udienza odierna, le Parti hanno discusso e concluso come da verbale. L'attore ha precisato che il suo interesse all'annullamento consiste nel mettere in evidenza l'invalida partecipazione del Condominio al procedimento di mediazione. All'esito della camera di consiglio, ritiene questo giudice che la domanda non vada accolta. Va preliminarmente rilevato, anche se il tema non è decisivo, che dai documenti depositati dal emerge l'inclusione di (omissis) nella compagine condominiale, essendo perciò smentita la ricostruzione dell'attore in ordine all'ingiusto conteggio della sua quota condominiale ai fini della deliberazione. Per affrontare la questione controversa è utile rammentare che, in base al regime vigente alla data della deliberazione condominiale impugnata - 15/05/2023 -, nel vigore dell'art. 71 quater, disp. att. c.c., la partecipazione del Condominio al procedimento di mediazione era scandita da due momenti: il primo rivolto alla sola partecipazione dell'amministratore al procedimento, previa deliberazione dell'assemblea adottata con la maggioranza dell'art. 1136, secondo comma c.c.; il secondo momento teso alla successiva approvazione della proposta di mediazione da parte della medesima maggioranza assembleare. Nel caso di specie, chiarito dal Condominio l'equivoco in cui è caduto l'attore in ordine all'esistenza del condomino (omissis), si deve osservare che, anche computando la quota condominiale a lui riferibile, la delibera di autorizzazione dell'amministratore condominiale a partecipare al procedimento di mediazione non risulta adottata con la maggioranza stabilita dall'art. 1136, secondo comma c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio). In virtù di quella delibera, perciò, la legittimazione dell'amministratore del (omissis) a partecipare al procedimento di mediazione era precaria, destinata a consolidarsi una volta esaurito il termine dell'art. 1137 c.c. o a perdere validità in seguito al vittorioso esperimento dell'impugnazione da parte dei condomini dissenzienti o assenti. Ciò posto, occorre però considerare che, nel caso di specie, siccome l'oggetto della delibera impugnata non era di contenuto avverso all'attore ma piuttosto coerente con la necessità di avviare il procedimento di mediazione da lui stesso instaurato, in assenza di contestazione da parte degli altri condomini legittimati a proporre impugnazione, la necessità manifestata dal (omissis) di chiarire l'interesse che sorregge la domanda, assume rilievo. Nel corso dell'udienza odierna, l'attore ha chiarito che il suo interesse concreto all'impugnazione riposa nell'esigenza di mettere in evidenza la responsabilità del Condominio per l'esito negativo della mediazione, che, infatti, non poteva svolgersi con un amministratore privo di valida autorizzazione. Si tratta di un argomento non condivisibile: nel corso dell'assemblea il condomino (omissis), astenendosi dal votare ha manifestato interesse contrario alla mediazione in totale contrasto con l'interesse proclamato in udienza; invero, se avesse voluto ottenere una autorizzazione inoppugnabile, non avrebbe dovuto fare altro che votare favorevolmente, blindando la decisione assembleare. Tali argomenti, secondo questo giudice, mettono in luce la natura meramente teorica e non concreta dell'interesse sotteso all'odierna impugnazione, essendo appena il caso di rammentare che, secondo un condivisibile orientamento, la domanda proposta ex art. 1137 c.c. non può essere sorretta sull'interesse - del tutto astratto - alla legalità e correttezza della gestione comune, in quanto non idoneo a rappresentare l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. Il potere di impugnare, infatti, è teso ad impedire che si realizzi il risultato della decisione contro la quale il ha votato o avrebbe votato qualora fosse stato presente. Ne consegue che il che impugna una delibera condominiale, deve essere portatore di un interesse concreto e rilevante alla sua caducazione, concernente la posizione di vantaggio effettivo che dalla pronunzia di merito può conseguire. Pertanto, spetta al condomino che impugna allegare e dimostrare di avervi interesse e che dalla delibera in questione ne consegua un apprezzabile suo personale pregiudizio (cfr. Cass. Sent. n. 6128/2017). Per tali ragioni l'azione va respinta e l'attore va condannato al pagamento delle spese di lite, che, tenuto conto dell'oggetto della questione controversa e del suo valore indeterminabile, si liquidano in euro 3.500,00 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario del 15% come per legge. Così deciso a Palermo il 29 maggio 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PALERMO Terza sezione civile Nella persona del G.O.T. Dott.ssa Giuseppina Notonica, in funzione di Giudice Monocratico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento civile N. 6181 del Registro Generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2021 promossa da Parte_i P.I.: P.IVA_1, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in Palermo in indirizzo_l, elettivamente domiciliato in Palermo in indirizzo_2 presso lo studio dell'Avv. Gi.Gr., C.F. C.F._1, pec: Email_i, fax Fax_i e dell'Avv. Ga.Bi., C.F. C.F._2 pec: Email_2 fax Fax_2 , dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in atti OPPONENTE Contro Controparte_i (C.F. p.iva_2 - P.IVA p.iva_2) con sede legale in Roma -indirizzo_3 -, in persona del legale rappresentante pro tempore, Dottor Controparte_2 rappresentata e difesa, giusta procura alle liti conferita per atto notaio Dott. Persona_i, Rep. n. 60896, Raccolta n. 31305, congiunta al presente atto mediante strumenti informativi a mente dell'art. 83 cod. proc. civ., nonché ai sensi dell'art. 10 del DPR 123/01 (prodotto quale DOC 1 del fascicolo monitorio qui prodotto quale DOC 1) dall'Avv. An.Ch. Fa. Pel. (cod. fisc. c.f._3 del Foro di Milano, con elezione del domicilio presso il suo Studio sito in Milano, indirizzo_4 (si indicano, ai sensi dell'art. 176 cod. proc. civ., quale numero di telefax per la ricezione degli avvisi di Cancelleria Telefoni e quale indirizzo di posta elettronica certificata Email_3. OPPOSTA P.Q.M. Il Tribunale di Palermo, terza sezione civile, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, così provvede: - dichiara improcedibile l'opposizione proposta da Parte_i avverso il decreto ingiuntivo n.1859/2021 emesso dal Tribunale di Palermo in data 15.04.2021, che per l'effetto conferma e lo dichiara esecutivo come per legge; - dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio; quelle della fase monitoria vanno poste definitivamente a carico dell'opponente per come liquidate in decreto MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato la società Parte_i proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1859/2021, emesso dal Tribunale di Palermo in data 15.4.2021, con il quale ad istanza di Controparte_i le veniva ingiunto il pagamento della somma di Euro 10.405,95 a titolo di capitale oltre interessi e spese , in forza di fatture emesse ed allegate in sede monitoria ed in virtù della fornitura di energia elettrica erogata a Parte_i presso la sede di indirizzo_5, Palermo. A sostegno della opposizione è stato dedotto l'insussistenza del credito poiché sfornito di prova sia sotto il profilo dell'an poiché contestando il rapporto contrattuale per mancata prova della sottoscrizione di alcun contratto tra le parti, sia sotto il profilo del quantum per assoluta mancanza di prova circa la quantità di energia che si assume fornita con le fatture azionate. Ha, quindi, concluso per l'accoglimento dell'opposizione, per la revoca del decreto ingiuntivo, vinte le spese di lite. Costituitasi l'opposta Controparte_i, eccepiva in primo luogo l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dal TICO (Testo integrale Conciliazione) che disciplina "le procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra clienti o utenti finali e operatori o gestori nei settori regolati dall'autorità per l'Energia elettrica, il gas ed il sistema idrico"; asseriva poi, l'infondatezza dei motivi di opposizione, atteso che il mancato ricevimento della bolletta non la rende perciò stessa inesigibile, evidenziando sul punto che le fatture erano state trasmesse dall'opposta all'opponente utilizzando il Sistema di Interscambio previsto per la fatturazione elettronica, con la conseguenza che le stesse sono giunte nella sfera di conoscenza dell'opponente contestualmente alla loro emissione senza che ma mai alcuna contestazione venisse sollevata sul contenuto.; che il consumo, come riportato in bolletta, veniva registrato dalla società terza addetta alla distribuzione dell'energia, e che, ad ogni modo, spettava all'utente dimostrare la erroneità dei consumi indicati, citando a tal proposito vari pronunciati di merito e di legittimità. Concludeva, quindi, per il rigetto dell'opposizione, vinte le spese di lite. Acquisiti i documenti esibiti dalle parti e concesso alle parti il termine per il tentativo obbligatorio di conciliazione, tentativo non esperito, la causa, fatte precisare le conclusioni, è stata trattenuta per la decisione ex art. 281 sexies cpc. L'opposizione è improcedibile e come tale va rigettata. Com'è noto, l'opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario ed autonomo giudizio di cognizione che sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio (artt. 633 e segg. c.p.c.) si svolge nel contraddittorio delle parti e secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.). Ne consegue che il giudice dell'opposizione è investito del potere-dovere di pronunziare sulla pretesa fatta valere con la domanda d'ingiunzione e sulle eccezioni proposte ex adverso. Nella specie, Controparte_i ha agito per ottenere l'adempimento della prestazione di pagamento del corrispettivo pari ad Euro 10.405,95 (oltre interessi e spese della fase monitoria), dovuto dalla Parte_i per la somministrazione di energia elettrica effettuata in suo favore, così come risultante dalla documentazione allegata (estratto conto cliente validato, fatture, sollecito di pagamento) posta dall'odierna società opposta a fondamento del ricorso depositato in sede sommaria. Ciò posto, va preliminarmente rilevato il mancato espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie aventi ad oggetto i servizi di fornitura dell'energia elettrica e del gas, come da delibera n. 209/2016 dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) approvativa del TICO (Testo Integrato Conciliazione). Ora, considerato che, alla luce della disciplina organica delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie nelle materie suindicate, così come prevista dal TICO, l'attivazione delle medesime spetta al cliente o utente finale (da intendersi, nella specie, quale soggetto che ha stipulato un contratto di fornitura per uso proprio di servizi regolati da ARERA), non vi è dubbio che nel caso in esame il tentativo obbligatorio di conciliazione dovesse essere proposto dall'odierna opponente, Parte_2 in favore della cui utenza è intervenuta la somministrazione di energia elettrica da parte della società opposta. D'altro canto, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, non rientrando la presente controversia tra quelle soggette a mediazione obbligatoria (specifica e diversa ipotesi in ordine alla quale è stato affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n. 19596/20 il principio secondo cui in sede di opposizione a decreto ingiuntivo l'onere di promuovere la procedura di mediazione grava sull'opposto), bensì presentando la disciplina della relativa materia notevoli analogie con quella in tema di telecomunicazioni (poiché attinenti entrambe alla regolazione di servizi di pubblica utilità, di interesse economico generale), deve ritenersi ravvisabile l'opportunità di porre l'onere di attivare il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui sopra a carico della parte che ha l'effettivo interesse ad introdurre il giudizio di merito a cognizione piena, attraverso lo strumento dell'opposizione al provvedimento monitorio; giudizio che il creditore opposto avrebbe viceversa inteso evitare attraverso l'utilizzo del più agile strumento del decreto ingiuntivo. Si tenga, peraltro, conto che l'opponente assume in detto giudizio la veste processuale di attore gravando sullo stesso la scelta se provvedere o meno all'instaurazione di un procedimento che sottoponga al giudice il vaglio sulla fondatezza della domanda, sia la circostanza che il decreto ingiuntivo è un provvedimento di per sé suscettibile di passare in giudicato in caso di mancata opposizione, per cui la parte che ha interesse ad impedire che ciò avvenga è tenuta ad attivarsi, anche promuovendo il predetto tentativo. In difetto di espletamento, a cura dell'odierno opponente, del tentativo obbligatorio di conciliazione, andrà, pertanto, per le motivazioni suesposte, dichiarata nella specie l'improcedibilità dell'opposizione. Per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto va confermato, risultando assorbito ogni altro profilo o questione. Conclusivamente, considerato che la presente sentenza dichiarativa dell'improcedibilità dell'opposizione, non avendo affrontato il merito della questione, nulla ha statuito su di esso, si ritiene opportuno compensare tra le parti in causa le spese della presente fase del giudizio; mentre quelle della fase monitoria restano a carico dell'opponente per come liquidate nel decreto ingiuntivo. Così deciso in Palermo all'udienza del 13 maggio 2024

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Palermo, sezione civile seconda, in funzione di Giudice Unico, nella persona del Giudice Onorario Dott. Santo Sutera, all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura di dispositivo e contestuale motivazione (art. 281 sexies c.p.c.), alle ore 15.28, la seguente SENTENZA nella controversia civile iscritta al n.17204 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno (...) TRA (...). Nato a (...), C.F.:(...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...) in virtù di mandato in atti; ATTORE CONTRO (...). In persona dell'Amministratore in carica, C.F.(...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...) per mandato in atti. CONVENUTO Oggetto: impugnativa delibera condominiale. Il Tribunale di Palermo - Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice Monocratico Dr. Santo Sutera, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, definitivamente pronunciando così provvede: 1. Accerta e dichiara l'annullamento delle delibere assembleari assunte dal (...) Luogo, (...), in data (...); 2. Condanna il convenuto, (...), alla refusione in favore dell'attore, sig.(...), delle spese del giudizio, quantificate in Euro 3.809,00 per compensi professionali ed Euro 264,00 per spese, oltre al 15% per spese generali, C.P.A. ed I.V.A. come per legge. Motivi della Decisione All'esito della compiuta istruzione, della produzione documentale ed alla luce delle difese spiegate dalle parti, si ritiene che le domande proposte dall'attore per l'annullamento delle delibere assunte dall'assemblea del (...), (...), in data (...), siano fondate e vadano, pertanto, accolte. In particolare, con atto di citazione notificato in data (...), parte attrice ha citato in giudizio il (...) convenuto, chiedendo accertarsi l'annullamento delle delibere da questi assunte in data (...), perché assunte in via telematica senza il preventivo consenso della maggioranza dei condomini, come prescritto dalla legge. Si è costituito il (...) convenuto, contestando le difese e le domande attrici, chiedendone il rigetto sulla scorta della partecipazione telematica dei condomini facenti parte del (...) all'adunanza in oggetto, ritenendo così espresso tacitamente il consenso a tale modalità assembleare. Sul punto, si richiama il novellato art. 66 Disp. Att. C.c., che prevede la possibilità di svolgere le assemblee condominiali mediante piattaforme telematiche, "... anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso della maggioranza dei condomini ". Dalla lettura della norma citata, emerge la possibilità di svolgere le assemblee condominiali in via telematica, ma con il necessario e preventivo consenso della maggioranza dei condomini. Pertanto, l'amministratore, prima di convocare l'assemblea in teleconferenza, si dovrà procurare il consenso espresso e scritto della maggioranza dei condomini, che dovrebbe peraltro, riguardare una singola riunione. La norma citata, in realtà, non precisa la forma del previsto consenso preventivo, che però si ritiene debba essere espresso per iscritto dovendo in qualche odo fornirne prova a tutti i partecipanti al (...). Sul punto, sarebbe sufficiente una lettera semplice, una raccomandata, una mail o una pec. Premesso ciò, si rileva che nel presente giudizio parte convenuta non ha fornito la prova del preventivo consenso della maggioranza dei condomini allo svolgimento telematico dell'adunanza in oggetto, non potendosi ciò desumere da un comportamento tacito dei condomini che vi hanno successivamente partecipato. Sul punto non si tiene ammissibile perché tardivamente prodotto, il documento depositato da parte convenuta soltanto con la terza memoria ex art. 183 c.p.c., come noto deputata soltanto alla formulazione di prova contraria. Inoltre, dall'esame del detto documento, comunque non evince alcun valido consenso allo svolgimento telematico dell'assemblea de qua. Ne consegue che le delibere assunte dall'assemblea del condominio convenuto in data (...), devono essere annullate e dichiarate inefficaci. L'accoglimento di tale preliminare motivo di impugnazione, rende superfluo l'esame degli ulteriori motivi svolti da parte attrice. Per il principio della soccombenza, parte convenuta deve rifondere il sig. (...) delle spese del giudizio liquidate come da dispositivo, applicando i valori minimi dei parametri dettati dal D.M. 147/2022, tenuto conto del valore della controversia e della natura documentale della stessa. Così è deciso in Palermo il (...)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Palermo - Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice Unico dott.ssa Liana Pernice, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al n. 3313 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2022 R.G. posta in deliberazione e decisa in data 4.4.2024 ex art. 281 sexies cod. proc. civ., avente ad oggetto "rapporti condominiali - risarcimento danni ex art. 2051 cod. civ." TRA (...) (cod. fisc. (...)), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. (domicilio digitale: (...) che lo rappresenta e difende per procura ad litem in atti ATTORE E (...) (partita iva (...), in persona dell'amministratore, l. r. pro-tempore, elettivamente domiciliato presso io studio dell'avv. (...) (domicilio digitale: (...) che lo rappresenta e difende per procura ad litem in atti CONVENUTO RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - Fatti controversi 1.1. - Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. dell'8.3.2022, notificato unitamente al decreto di fissazione di udienza il 19.4.2022, il sig. (...), nel convenire in giudizio innanzi il Tribunale di Palermo il (...) d'ora in avanti, più semplicemente, anche solo (...) ", premetteva per quanto qui di interesse: - di essere condomino del complesso condominiale convenuto in quanto proprietario (...) B, distinto nel NCEU di (...) al foglio (...), particella sub. (...), sottostante al lastrico condominiale; - che tale immobile presentava danni da infiltrazioni d'acqua piovana provenienti dalle coperture del fabbricato (...) , determinate dalla mancata manutenzione del tetto e dal cattivo stato dei pluviali, e manifestatesi a partire dal 2016; che le condizioni dell'immobile, i danni e le cause delle infiltrazioni erano state negate dall'amministratore condominiale pro tempore e successivamente dal Tribunale di Palermo accertate e quantificate in Euro 19.072,76 (comprensivi di IVA ed oneri tecnici) in sede di procedimento per ATP (n. 16977/2019 R.G.) nell'ambito del quale era stata disposta CTU (Arch. (...) , all'esito della quale il 70% del danno quantificato nell'intero in Euro 22.276,75 veniva posto a carico del (...) , mentre che il restante 30% era ricondotto a sua colpa; - che il (...) non aveva, tuttavia, provveduto a provvedere ai predetti lavori, mentre le condizioni dell'immobile si erano nelle more aggravate; - che aveva dovuto sostenere per il procedimento ex art. 696 bis c.p.c. la somma di Euro 6.990,36 ( di cui Euro 3.766,36 per spese legali, ed Euro 3.224,00 per compensi CTU Arch. (...) ; - di avere, infine, subito un danno morale (per lesioni psico-fisiche) di Euro 5.000. Chiedeva, sulla base delle superiori allegazioni, ex art. 2051 c.c. e comunque ex art. 2043 c.c., la condanna del convenuto a pagare in suo favore la complessiva somma di Euro 31.063,12 ossia Euro 19.072,76 + Euro 6.990,36 + Euro 5.000, oltre accessori e spese di lite. Nel costituirsi in giudizio, con comparsa di risposta del 12.5.2022, il (...) contestava le domande eccependo in via preliminare l'improcedibilità della domanda per omesso espletamento del procedimento mediazione e anche perché costituente una riproposizione di quelle già oggetto del ricorso ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G., con "..abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte..". Nel merito, contestava le domande e ne chiedeva il rigetto adducendo che nessuna responsabilità, nemmeno da ritardo, poteva essere addebitata al (...), Respinta con ordinanza del 9.6.2022 l'eccezione di improcedibilità per omesso espletamento della mediazione, la causa - mutato con la medesima ordinanza il rito da sommario in ordinario - era istruita con la produzione offerta in comunicazione dalle parti e l'acquisizione della CTU (arch. Arch. (...) , espletata nell'ambito del proced. n. 16977/2019 R.G. Successivamente, era rinviata per discussione all'udienza del 4.4.2024 e, all'esito della camera di consiglio, decisa ex art. 281 sexies c.p.c. 2. Merito della lite. 2.1. - Va respinta, preliminarmente, l'eccezione sollevata dal convenuto di improponibilità delle domande sul rilievo che esse costituirebbero una riproposizione di quelle avanzate dall'attore mediante il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. Occorre premettere che l'ordinamento con tale ultima disposizione consente alla parte di richiedere al giudice, anche in mancanza del presupposto dell'urgenza di cui all'art. 696 comma 1 c.p.c., l'espletamento di una CTU ante causam ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obblighi contrattuali o da fatto illecito. La disposizione prevede poi che il CTU tenti la conciliazione e che, laddove tale conciliazione non riesca, ciascuna parte possa chiedere che l'elaborato peritale sia acquisito agli atti del successivo giudizio di merito. Il procedimento ex art. 696 bis c.p.c. è, in altri termini, finalizzato non soltanto alla conciliazione della controversia ma anche ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione della futura causa di merito (cfr. Cass. n. 87/2021). Appare evidente, quindi, anche in considerazione della sua collocazione (sezione IV c.p.c. - Procedimenti di istruzione preventiva - procedimenti cautelari), la natura cautelare e strumentale del procedimento. Consegue, da quanto premesso, che non può in alcun modo configurarsi l'eccepita improcedibilità delle domande proposte oggi nel merito, con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., rispetto a quelle oggetto di ricorso ex art. 696 bis c.p.c., e tanto meno è rinvenibile il dedotto " abuso degli strumenti processuali". 2.2. - Nel merito, giova evidenziare che l'art. 2051 cod. civ., secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, pone una vera e propria presunzione di responsabilità in capo a colui che ha in custodia la cosa che ha cagionato il danno. ".. La responsabilità ex art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta dei custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario e, d'altro canto, la funzione della predetta norma è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa; si considera custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta....(Così, Cass. n. 26086/2005 ). La norma non si riferisce alla custodia nel senso contrattuale del termine, ma ad un effettivo potere fisico che implica il governo e l'uso della cosa e a cui sono riconducibili l'esigenza e l'onere della vigilanza affinché della cosa stessa, per sua natura o per particolari contingenze, non derivi danno ad altri (cfr. Cass. n. 1859/2000). E', in altri termini, custode chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, per effetto della disponibilità materiale di essa (cfr. Cass. n. 24530/2009; conf. Cass. civ. sez. un. n. 12019/1991). Chi è, dunque, nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa per averne la disponibilità materiale, per andare esente da responsabilità deve fornire la prova liberatoria di cui all'art. 2051 cod. civ., rappresentata dal c.d. "caso fortuito", da intendersi come un fattore estraneo (che può essere rappresentato anche dal fatto dello stesso danneggiato) avente, per i suoi caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità, un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra cosa ed evento (cfr. Cass. civ. n. 28811/2008 e n. 11227/2008). Nella specifica materia condominiale, poi, giova evidenziare che il (...) , quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 cod. civ. dei danni da questi cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo. In tale ultima ipotesi si configura la situazione di un medesimo danno (nella specie da infiltrazioni all'immobile) provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità (la responsabilità del (...) per la custodia dei beni e dei servizi comuni e la responsabilità del singolo proprietario per la custodia dell'unità immobiliare allo stesso appartenente). Tale fattispecie dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria, in quanto relativa a rapporti eziologicamente ricollegati a distinti titoli extracontrattuali. La corresponsabilità in solido, ex art. 2055 cod. civ., comporta che la domanda del proprietario dell'appartamento danneggiato va intesa sempre come volta a conseguire l'intero risarcimento da ciascuno dei coobbligati in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno. Se ne deduce che al condomino, che agisca chiedendo l'integrale risarcimento dei danni nei confronti del solo Condominio, non può essere negato il risarcimento a motivo del concorrente apporto causale imputabile al condomino proprietario individuale della unità immobiliare in parola, posto che nella specie trova applicazione, appunto, non l'art. 1227 comma 1 cod. civ., bensì l'art. 2055 cod. civ., che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno (cfr. ex plurimis Cass. n. 7044/2020 Ord.; Cass. n. 6665/2009; Cass. n. 15291/2011), in un'ottica di rafforzamento del credito, che evita al creditore di dovere agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota (cfr. Cass. n. 1674/2015). Con riferimento specifico ai danni che una porzione di proprietà esclusiva, compresa in un edificio condominiale, subisca - come accertato nella specie - per effetto dell'inadempimento dell'obbligo gravante sul (...) di (...) e di eseguire le necessarie opere di riparazione e di manutenzione, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il medesimo OMISSIS in base all'art. 2051 cod. civ., e cioè in relazione alla ricollegabilità di tali danni all'inosservanza da parte del (...) medesimo di provvedere, quale custode, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa (cfr. Cass. n. 28253/2023), salva, poi, nei rapporti interni la ripartizione tra tutti i condomini (compreso quindi il (...) danneggiato) della somma sborsata secondo i criteri di cui (nella fattispecie in esame) all'art.1226 cod. civ. Ciò premesso, il CTU arch. (...) nel proced. ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. del Tribunale di Palermo svoltosi tra le medesime odierne parti ha accertato che: - l'appartamento di proprietà dell'attore, indentificato al foglio (...), particella (...) B, sottostante al lastrico condominiale; - durante i sopralluoghi sono stati riscontrati all'interno dell'appartamento dell'attore criticità dovute al distacco di porzioni di copriferro e/o pignatte e/o strato di intonaco per effetto del rigonfiamento dei ferri di armatura contenuti nelle strutture del solaio di copertura; - gli ammaloramenti (lesioni, macchie di umidità, infiltrazioni e gocciolamenti) sono state riscontrate nel portico e in maniera principale nelle due porzioni di esso chiuse a veranda (veranda lato cucina e veranda lato salone); - i fenomeni umidiferi lamentati sono imputabili in massima parte a una inidonea tenuta all'acqua del sistema di isolamento del lastrico solare e solo in minima parte a una non più efficiente tenuta delle sigillature degli infissi delle verande dell'appartamento di proprietà dell'attore; - le lesioni di travi e pilastri del porticato e il suono sordo riscontrato su alcune porzioni di intradosso di solai sono dovuti a vetustà e all'assenza di manutenzione del lastrico solare e delle strutture verticali del portico; - che al fine di eliminare le cause degli ammaloramenti riscontrati e a ripristinare lo status quo ante dell'immobile dell'attore sono necessari tutta una serie di opere (agli infissi, a travi e pilastri, al lastrico solare, agli intradossi solai, etc.) descritti nella relazione tecnica di perizia (cfr. in particolare, "riepilogo conclusivo" punto 7, cui integralmente si rimanda per esigenze di economicità espositiva), con un costo di Euro 22.276,75 , comprensivi di IVA e competenze tecniche per la direzione dei lavori e sicurezza; - che il 30% di tale importo va fatto carico all'attore e il restante 70% pari ad Euro 19.072,76 ( nei limiti oggettivi, comunque, della domanda) va posto a carico del (...). Orbene, alla luce di quanto sopra accertato e concluso dal CTU, - all'esito di scrupolose indagine tecniche e immuni da vizi logico giuridici non scalfite dalle osservazioni formulate dalle parti, e per tali motivi dal Tribunale condivise - deve ritenersi accertata e ritenuta la responsabilità del (...) , inadempiente all'obbligo sullo stesso gravante di deliberare e di eseguire le necessarie opere di riparazione e di manutenzione delle parti comuni (e in particolare il lastrico solare). Con la conseguenza che esso va condannato a corrispondere all'attore per le sopra indicate ragioni la somma di Euro 19.072,76 pari al 70% del costo delle opere e degli interventi edilizi necessari per il ripristino dello status quo ante e la normale fruibilità dell'immobile. Sulla predetta somma, già in valore monetario attuale, vanno riconosciuti gli interessi legale a decorrere dalla domanda sino al soddisfo. 2.3. - Il (...) va poi condannato a rifondere all'attore la somma di Euro 3.224,00 per compensi liquidati in favore del CTU Arch. (...) nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. del Tribunale di Palermo. 2.4. - Va respinta, invece, in difetto di specifica allegazione e, soprattutto, prova, la domanda risarcitoria avanzata dall'attore per asserito danno morale subito. 3. - Spese. In applicazione del principio della soccombenza, il (...) va condannato a pagare in favore dell'attore le spese di lite relativo al presente giudizio, unitamente a quelle dall'attore sostenute nel giudizio ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. Tribunale di Palermo, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nella causa civile in primo grado indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa: - in parziale accoglimento delle domande avanzate da (...) con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. introduttivo del giudizio, condanna per le causali di cui in motivazione il (...) , in persona del l.r. pro tempore, a corrispondere in favore dell' attore la somma di Euro 19.072,76 con gli interessi al saggio legale a decorrere dalla domanda giudiziale sino al soddisfo; -condanna il (...) a rifondere all'attore per le causali di cui in motivazione, la somma di Euro 3.224,00, per compensi liquidati in favore del CTU Arch. (...) nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G. del Tribunale di Palermo; - rigetta le residue domande risarcitorie spiegata dall'attore; - condanna il (...) a rifondere all'attore le spese di lite che liquida, per il giudizio ex art. 696 bis c.p.c. n. 16977/2019 R.G., in Euro 3.086,00, di cui Euro 286,00 per esborsi, oltre spese generali iva e cpa, e, per il presente giudizio, in Euro 3.086,00, di cui Euro 286,00 per esborsi, oltre spese generali iva e epa. Così deciso in Palermo il 4 aprile 2024. Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2024.

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