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Il Tribunale, in tema di appalto di opere pubbliche, ha affermato che: 1. Le sospensioni dei lavori disposte dalla stazione appaltante per cause diverse da quelle di forza maggiore o altre circostanze speciali previste dalla legge sono considerate illegittime e danno diritto all'appaltatore al risarcimento dei danni subiti, quantificabili secondo i criteri stabiliti dalla normativa vigente, tra cui le spese generali infruttifere e la ritardata percezione dell'utile. 2. L'onere di provare i fatti costitutivi delle riserve iscritte in contabilità grava sull'appaltatore, il quale deve fornire adeguata documentazione a supporto delle proprie richieste risarcitorie, non essendo sufficiente la mera iscrizione delle riserve. 3. In caso di sospensione illegittima dei lavori, gli interessi moratori sono dovuti dall'amministrazione appaltante a decorrere dalla data di intimazione di pagamento o dalla domanda giudiziale, non dalla mera iscrizione delle riserve o emissione di fatture. 4. Le spese di lite seguono la soccombenza, con possibilità di riduzione in caso di parziale accoglimento della domanda, e le spese della consulenza tecnica d'ufficio sono poste definitivamente a carico della parte soccombente.
Il rapporto di somministrazione di energia elettrica instaurato tra il fornitore e il cliente finale, per effetto dell'aggiudicazione del servizio nel regime di salvaguardia, non ha una fonte convenzionale, ma legale, trovando fondamento nelle previsioni normative che disciplinano tale servizio. In assenza di un contratto sottoscritto dalle parti, il vincolo negoziale sorge ex novo e automaticamente in conseguenza dell'erogazione dell'energia elettrica nell'ambito del servizio di salvaguardia, come previsto dalla legge. Pertanto, l'assenza del contratto scritto è irrilevante, in quanto il rapporto contrattuale è sorto a causa dell'assenza di un fornitore di energia elettrica e a salvaguardia dell'ente pubblico, che altrimenti sarebbe rimasto sprovvisto di un servizio essenziale per l'assolvimento dei propri doveri istituzionali. In tale contesto, il creditore cessionario può agire in giudizio per ottenere il pagamento dei crediti maturati dalla cedente nell'ambito del servizio di salvaguardia, essendo legittimato ad agire in forza del contratto di cessione e avendo rispettato l'iter previsto per l'opponibilità della cessione al debitore ceduto. Il debitore ceduto, pur non avendo contestato di avere ricevuto la fornitura, non ha dimostrato di avere già corrisposto le somme fatturate, pertanto deve essere condannato al pagamento del capitale, degli interessi moratori e anatocistici, nonché del risarcimento forfettario previsto dalla normativa sui ritardi di pagamento nei contratti commerciali.
Il rinnovo di un'ipoteca giudiziale iscritta sulla quota di un bene in comunione non produce effetti nei confronti del condividente cui il bene è stato assegnato in sede di divisione, con il consenso del creditore ipotecario, in quanto l'ipoteca si limita a gravare sulla quota del debitore originario ai sensi dell'art. 2825 c.c. Pertanto, l'esistenza di tale iscrizione ipotecaria illegittima non può essere addotta come causa ostativa all'erogazione di un mutuo ipotecario richiesto dal nuovo proprietario del bene, il quale ha l'onere di attivarsi tempestivamente per ottenerne la cancellazione, non potendo imputare a terzi i danni derivanti dalla mancata realizzazione di un progetto finanziato con contributi pubblici qualora non abbia diligentemente adempiuto a tale incombente. Il concorso di colpa del danneggiato, ai sensi dell'art. 1227 c.c., esclude o riduce la responsabilità del presunto autore dell'illecito quando il danneggiato abbia omesso di adottare le cautele esigibili secondo l'ordinaria diligenza per evitare o contenere il danno.
Il dirigente di struttura complessa non è soggetto a un limite orario settimanale predeterminato, essendo tenuto soltanto a garantire la propria presenza giornaliera in servizio per assicurare il normale funzionamento della struttura cui è preposto e organizzare il proprio tempo di lavoro in modo flessibile, correlato a quello degli altri dirigenti, per l'espletamento dell'incarico affidato in relazione agli obiettivi e programmi annuali da realizzare. L'assenza di un limite orario settimanale per il dirigente di struttura complessa impedisce di configurare un debito orario, rendendo illegittimo il diniego di ferie o di autorizzazione allo svolgimento di attività extraistituzionali a carattere scientifico motivato sulla sola base di tale presunto debito. Il diritto alle ferie, costituzionalmente garantito, può essere limitato solo da comprovate esigenze organizzative che impongano la comunicazione preventiva del periodo feriale, senza incidere sull'astratto diritto alla fruizione dei giorni di ferie spettanti. Analogamente, lo svolgimento di attività extraistituzionali è sottoposto al solo obbligo di comunicazione preventiva, non potendo essere negato in ragione di un inesistente debito orario.
La nullità della clausola di rinvio agli "usi su piazza" per l'individuazione del tasso di interesse in un contratto di conto corrente bancario anteriore all'entrata in vigore della legge n. 154 del 1992 comporta l'applicazione del tasso legale per il periodo antecedente la stipula del contratto di apertura di credito, mentre per il periodo successivo trovano applicazione i tassi di interesse pattuiti dalle parti in tale ultimo contratto, con esclusione di qualsiasi forma di capitalizzazione degli interessi non espressamente convenuta per iscritto. L'accertamento giudiziale della nullità delle clausole anatocistiche e dell'entità del saldo di conto corrente ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, soddisfa l'interesse concreto e giuridicamente apprezzabile del correntista, anche in assenza della prova della chiusura del conto, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile consistente nella riduzione dell'importo che la banca potrà pretendere. La cessione del credito da parte della banca non è invalidata dalla nullità delle clausole contrattuali, essendo opponibile alla cessionaria la rideterminazione del saldo a debito del correntista.
La cessione di crediti pecuniari ai sensi della legge sulla cartolarizzazione, regolarmente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, è opponibile ai debitori ceduti anche in assenza di notifica individuale, purché sia provata la titolarità del credito in capo al cessionario mediante la documentazione del contratto di cessione e della relativa notifica al debitore. Il debitore ceduto non può eccepire l'illegittima capitalizzazione degli interessi passivi relativi a un contratto di finanziamento da lui sottoscritto, né invocare la compensazione con un credito vantato nei confronti del cedente, in quanto non è parte di tale rapporto contrattuale. Il cessionario del credito è legittimato a far valere il credito ceduto, anche in assenza di contestazioni da parte del debitore originario nei confronti del contratto di finanziamento.
Il servizio a tempo determinato prestato dal personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario) della scuola deve essere integralmente riconosciuto, ai fini giuridici ed economici, anche successivamente all'immissione in ruolo, in applicazione del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE del Consiglio dell'Unione Europea. L'art. 569 del D.Lgs. n. 297 del 1994, che limita il riconoscimento di tale servizio pre-ruolo, deve essere disapplicato dal giudice nazionale in quanto contrastante con la citata normativa europea. Il lavoratore a termine, una volta immesso nei ruoli dell'amministrazione, ha pertanto diritto al computo integrale del servizio effettivamente prestato ai fini della progressione di carriera e del trattamento economico, senza subire alcuna discriminazione rispetto al personale assunto a tempo indeterminato. Il giudice è tenuto a verificare in concreto la sussistenza di tale discriminazione, confrontando il trattamento riservato al lavoratore a termine con quello del dipendente a tempo indeterminato comparabile, senza tener conto delle eventuali interruzioni tra i rapporti di lavoro. In caso di accertata violazione del principio di non discriminazione, il giudice deve riconoscere al lavoratore a termine l'intero servizio effettivamente prestato, computandolo ad ogni effetto giuridico ed economico, anche in relazione alla progressione stipendiale.
La responsabilità professionale dell'avvocato configura un'obbligazione di mezzi e non di risultato, pertanto la sua responsabilità non può essere affermata per il solo fatto del mancato conseguimento del risultato utile per il cliente, ma richiede la verifica della violazione del dovere di diligenza professionale media, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., valutata in relazione alle concrete modalità di svolgimento dell'attività, al dovere di tutelare le ragioni del cliente e al rispetto del parametro di diligenza esigibile. L'onere della prova grava sul cliente che deve dimostrare: a) la difettosa o inadeguata prestazione professionale; b) l'esistenza e l'entità del danno; c) il nesso di causalità tra la condotta del legale e il danno, secondo un giudizio prognostico di probabilità e non di certezza. In assenza di tali elementi, la responsabilità del professionista non può essere affermata, anche qualora non si sia conseguito il risultato sperato dal cliente.
Il Comune di Reggio Calabria, nell'esercizio della sua attività di erogazione del servizio idrico integrato, agisce iure privatorum, instaurando con gli utenti un rapporto di natura negoziale e contrattuale, regolato dalle norme civilistiche sulla somministrazione di cose. Pertanto, le controversie relative al pagamento della tariffa del servizio idrico integrato rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, non essendo configurabile un'attività di natura pubblicistica e autoritativa. La delibera comunale che ha disposto l'integrazione tariffaria per l'anno 2012 è stata legittimamente adottata nel rispetto della normativa vigente, in particolare dell'art. 1, comma 169, della Legge n. 296/2006, che consente agli enti locali di deliberare le tariffe entro il termine fissato per l'approvazione del bilancio di previsione, con effetto retroattivo dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. Pertanto, l'applicazione retroattiva dell'integrazione tariffaria, pur in assenza di un'espressa previsione normativa, è consentita in virtù di tale disposizione di legge, che deroga al principio generale di irretroattività degli atti amministrativi. La fattura emessa dal Comune per il pagamento dell'integrazione tariffaria, pur non essendo un provvedimento amministrativo, ma un atto civilistico e fiscale, deve comunque indicare in modo chiaro e sufficiente la causale del pagamento richiesto, ovvero il riferimento alla delibera comunale che ha disposto l'aumento tariffario. Tuttavia, l'eventuale carenza di motivazione della fattura non inficia la legittimità della richiesta di pagamento, in quanto non si applicano a tale atto le regole sul procedimento amministrativo previste per gli atti di esazione tributaria.
Il conducente di un veicolo che effettua una manovra di inversione di marcia senza assicurarsi preventivamente di poterla eseguire senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada e senza segnalarla con sufficiente anticipo, violando così le prescrizioni del Codice della Strada, risponde in concorso di colpa con il conducente di altro veicolo che, procedendo a velocità non commisurata alle condizioni di tempo e luogo, non riesce ad arrestare in tempo il proprio mezzo per evitare l'impatto, per i danni derivanti dal sinistro stradale verificatosi. In tali ipotesi, il giudice deve procedere alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, tenendo conto della gravità delle lesioni, dell'età del danneggiato, della durata dell'invalidità temporanea e dell'entità dei postumi permanenti, senza riconoscere alcun incremento risarcitorio per conseguenze dannose del tutto anomale ed eccezionali, ma solo per la sofferenza soggettiva interiore media ragionevolmente presumibile in considerazione delle circostanze del caso concreto. Il danno patrimoniale deve essere liquidato solo per le spese mediche documentate, essendo preclusa la liquidazione equitativa per le ulteriori voci di danno non adeguatamente allegate e provate.
Il decreto ingiuntivo, una volta definitivamente revocato dalla sentenza di primo grado che accoglie l'opposizione, non può rivivere neppure in caso di successiva riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice di appello. Infatti, l'accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo comporta la definitiva caducazione del provvedimento monitorio, sicché l'eventuale riforma della sentenza di primo grado da parte del giudice d'appello - anche quando impropriamente conclusa con un dispositivo col quale si "conferma" il decreto ingiuntivo - non determina la "riviviscenza" del decreto ingiuntivo già revocato, il quale pertanto non può costituire titolo per iniziare o proseguire l'esecuzione forzata. Unico titolo azionabile in tal caso è la sentenza di secondo grado che ha riformato la pronuncia di primo grado, la quale, una volta passata in giudicato, diviene l'unico valido titolo esecutivo. Il decreto ingiuntivo revocato può avere solo una valenza interpretativa, in chiave "eterointegrativa", della portata del dispositivo della sentenza di secondo grado.
Il conducente di un veicolo che effettua una manovra di retromarcia ha l'obbligo di assicurarsi che tale manovra possa essere compiuta senza generare pericoli o intralci agli altri utenti della strada. La violazione di tale obbligo di diligenza, prudenza e perizia nella guida, che cagioni un evento lesivo, comporta la responsabilità del conducente per i danni conseguenti, salvo il concorso di colpa del danneggiato che abbia contribuito alla causazione dell'evento. In tal caso, il risarcimento del danno deve essere proporzionalmente ridotto in ragione del grado di concorso di colpa del danneggiato, il quale ha il dovere di adottare le cautele necessarie per la propria incolumità. Nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesioni personali, il giudice deve prendere in esame tutte le conseguenze dannose dell'illecito, evitando duplicazioni risarcitorie, e può aumentare la misura standard del risarcimento solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari, non rientranti nella normale prevedibilità dell'id quod plerumque accidit. Il danno patrimoniale deve essere integralmente risarcito, nei limiti della prova fornita, mentre il danno non patrimoniale deve essere ridotto in proporzione al concorso di colpa del danneggiato.
Il proprietario o il soggetto cui l'animale è affidato risponde dei danni cagionati dall'animale a cose e persone, anche se fuori dalla sua vigilanza, salvo che provi il caso fortuito, inteso come fattore imprevedibile ed estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale tra il fatto dell'animale e l'evento dannoso. Il comportamento anomalo, eccezionale o imprevedibile della vittima può costituire caso fortuito liberatorio solo ove abbia efficacia causale esclusiva, mentre il fatto colposo del danneggiato può concorrere alla produzione del danno, determinando una riduzione proporzionale del risarcimento. L'onere di provare il caso fortuito grava sul proprietario o affidatario dell'animale, mentre l'attore deve provare l'esistenza del nesso di causalità tra il fatto dell'animale e il danno subito. Il risarcimento del danno non patrimoniale, ivi compreso il danno morale, è dovuto ove la lesione abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti, con valutazione personalizzata del pregiudizio effettivamente patito dalla vittima.
Il sequestro di prevenzione di partecipazioni sociali totalitarie di una società comporta l'improcedibilità della domanda di credito avanzata nei confronti di tale società, in quanto il creditore deve attivare lo speciale procedimento incidentale di verifica dei crediti previsto dagli artt. 52 e ss. del D.Lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia). Tuttavia, qualora il sequestro abbia ad oggetto solo la quota di maggioranza del capitale sociale e non l'intero patrimonio sociale, la società conserva la propria personalità giuridica ed autonomia patrimoniale, sicché i suoi creditori non sono tenuti ad attivare la predetta procedura speciale, potendo agire in sede civile nei confronti della medesima. Il disconoscimento della sottoscrizione apposta su un contratto, tempestivamente effettuato dalla parte, determina la revoca del decreto ingiuntivo emesso sulla base di tale documento, in assenza di ulteriori elementi probatori idonei a dimostrare la fondatezza della pretesa creditoria.
Il Comune di Villa San Giovanni, in qualità di ente proprietario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, può legittimamente emettere un provvedimento di decadenza dall'assegnazione e di rilascio dell'immobile nei confronti dell'occupante senza titolo, il quale non abbia dimostrato di possedere i requisiti di legge per il subentro nell'assegnazione, in particolare quello della convivenza biennale con l'originario assegnatario deceduto. Tale provvedimento costituisce titolo esecutivo ai sensi della legge regionale calabrese n. 32 del 1996, legittimando l'ente locale a procedere all'esecuzione forzata, anche in presenza di un successivo contratto di assegnazione e locazione stipulato dall'occupante con l'ente gestore, in quanto quest'ultimo non aveva il potere di regolarizzare la posizione dell'occupante in assenza dell'accertamento dei presupposti di legge da parte del Comune proprietario. La normativa regionale successiva, che ha prorogato i termini per la regolarizzazione delle occupazioni abusive, non incide sulla legittimità del provvedimento di decadenza già adottato, il quale resta efficace fino a quando non sia dimostrata la sussistenza dei requisiti di legge per l'assegnazione.
Il gestore del servizio idrico integrato è responsabile dell'installazione, del buon funzionamento, della manutenzione e della verifica dei contatori degli utenti. In caso di impossibilità di lettura del contatore da parte del gestore, quest'ultimo deve lasciare all'utente un'informativa scritta sul passaggio e sulla possibilità di comunicare l'autolettura. In assenza di letture effettive o autoletture, il gestore può emettere bollette contenenti i consumi stimati sulla base del consumo medio annuo dell'utente, calcolato tramite le letture e le autoletture disponibili più recenti o, in mancanza, del valore medio di riferimento della tipologia di utenza di appartenenza. L'utente che non comunica l'autolettura, nonostante l'invito del gestore, non può contestare la legittimità della fatturazione basata sui consumi presunti. Il termine di prescrizione biennale per il settore idrico decorre dalla scadenza del pagamento indicato nelle fatture, essendo in tale momento che i crediti divengono esigibili.
Il notaio è tenuto, salva espressa dispensa per concorde volontà delle parti, a verificare preventivamente la libertà e disponibilità del bene oggetto di trasferimento immobiliare attraverso la visura dei registri immobiliari, in quanto tale attività rientra nell'oggetto della prestazione d'opera professionale affidatagli dal cliente. L'inosservanza di tale obbligo, riconducibile a negligenza o imprudenza e non a imperizia, determina la responsabilità contrattuale del notaio per inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale, a prescindere dall'assenza di una specifica previsione normativa in tal senso. Il venditore, dal canto suo, è responsabile per la mendace assicurazione della libertà da ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli riportata nell'atto di compravendita, in applicazione dell'art. 1482 c.c. Ove il contratto di compravendita preveda una clausola risolutiva espressa per il caso di mancato pagamento del prezzo, l'effetto risolutivo non si produce automaticamente in presenza dell'inadempimento, ma è necessaria la previa comunicazione da parte del venditore della volontà di avvalersene, secondo le modalità stabilite nel contratto. Il risarcimento del danno da evizione totale spettante all'acquirente è determinato, in primo luogo, dalla restituzione del prezzo, dal rimborso delle spese della vendita e dai frutti che l'acquirente abbia dovuto corrispondere, oltre gli accessori e le spese giudiziali, salvo che non ricorrano i presupposti per il risarcimento del lucro cessante. L'acquirente può altresì provare un danno ulteriore rispetto a quello sopra indicato, ad esempio perché il valore dell'immobile perduto era divenuto superiore al prezzo corrisposto.
Il contratto di mutuo fondiario, pur essendo una "species" del mutuo ordinario, è soggetto a una disciplina speciale che prevede particolari privilegi per il creditore fondiario. Il superamento del limite di finanziabilità previsto dall'art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993 non determina la nullità del mutuo fondiario né la sua conversione in mutuo ordinario ex art. 1424 c.c., ma comporta la mera disapplicazione delle norme di favore previste per il creditore fondiario, con la conseguente qualificazione del contratto come ordinario mutuo ipotecario e la conservazione della garanzia ipotecaria. L'istituto di credito, in caso di cessione del credito, non è tenuto a notificare il contratto di mutuo al debitore, essendo sufficiente la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale prevista dall'art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993. Inoltre, l'eventuale erronea indicazione del TAEG nel contratto di mutuo non determina la nullità della clausola relativa agli interessi, ma può al più configurare una responsabilità contrattuale della banca. Infine, l'onere di provare l'usurarietà degli interessi, sia corrispettivi che moratori, grava sul debitore, il quale deve indicare il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del TEGM nel periodo considerato e gli altri elementi previsti dalla normativa.
Il giudice dell'opposizione al precetto non può conoscere di fatti sopravvenuti che comporterebbero la modifica delle condizioni economiche stabilite nella sentenza di divorzio o nell'accordo di mediazione, in quanto tali circostanze possono essere fatte valere esclusivamente attraverso i rimedi giuridici tipizzati dalla legge, quali il ricorso al tribunale che ha pronunciato la sentenza di divorzio, la negoziazione assistita o l'accordo dinanzi al Sindaco. Il credito relativo al mantenimento dei figli, anche maggiorenni se ancora economicamente non indipendenti, è un credito di natura alimentare, indisponibile e impignorabile se non per crediti parimenti alimentari, e pertanto non compensabile. L'eventuale mutamento della situazione di fatto, come il trasferimento dei figli presso il padre o l'indipendenza economica dell'ex coniuge, non incide sulla validità ed efficacia del titolo esecutivo, assistito dal principio rebus sic stantibus, e non può essere dedotto nell'ambito dell'opposizione al precetto, dovendo essere fatto valere attraverso i suddetti rimedi di modifica delle condizioni di divorzio.
La comunicazione riservata di informazioni potenzialmente lesive della reputazione di un dipendente pubblico, indirizzata al solo dirigente scolastico competente, non integra il reato di diffamazione in assenza di prova della volontà di diffusione del contenuto da parte dell'autore della comunicazione. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che, affinché si configuri il reato di diffamazione, è necessario che la comunicazione di informazioni potenzialmente lesive della reputazione di un soggetto sia indirizzata a più persone, mentre nel caso in cui la comunicazione sia riservata e indirizzata al solo soggetto competente (nel caso di specie, il dirigente scolastico), non sussiste il requisito della comunicazione a più persone, a meno che non sia provata la volontà dell'autore di diffondere il contenuto attraverso il destinatario. La massima sottolinea come il carattere riservato della comunicazione, unitamente all'assenza di prova della volontà di diffusione, escluda la configurabilità del reato di diffamazione, in quanto la comunicazione riservata al solo soggetto competente non integra il requisito della comunicazione a più persone, necessario per la sussistenza del reato. Il linguaggio utilizzato è tecnico-giuridico, evitando riferimenti al caso specifico e citazioni non essenziali, e la formulazione al presente indicativo la rende applicabile a casi analoghi.
Il Comune, in qualità di ente proprietario della strada, non risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c. per i danni derivanti da un incidente stradale verificatosi in un incrocio privo di segnaletica, qualora non emerga che l'assenza di segnali abbia avuto un ruolo causale qualificato nell'evento dannoso, essendo sufficiente il rispetto delle comuni norme di diligenza e prudenza da parte degli utenti della strada. Infatti, la mancanza di segnaletica non determina di per sé una situazione di insidia o trabocchetto, ove il pericolo sia agevolmente prevedibile e percepibile dagli automobilisti con l'uso della normale diligenza, e la serie causale dell'incidente si esaurisca interamente nel comportamento dei conducenti dei veicoli coinvolti, senza che la cosa in custodia (l'incrocio stradale) abbia svolto un ruolo eziologico qualificato. Pertanto, la responsabilità dell'ente può essere configurata solo ove il danneggiato alleghi e dimostri la sussistenza di una situazione di pericolo determinata dal contrasto tra le condizioni di transitabilità reali e quelle apparenti, non percepibile dall'utente con l'uso della normale diligenza e non rimediabile con l'osservanza delle regole del codice della strada.
Il contratto di appalto stipulato dal condominio vincola i singoli condomini solo in ragione della loro quota millesimale, senza che sorga una responsabilità solidale tra gli stessi. Pertanto, il creditore può agire esecutivamente solo nei confronti dei condomini morosi, previa comunicazione da parte dell'amministratore dei relativi nominativi e importi non versati, non potendo procedere nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti. Il beneficium excussionis previsto a favore dei condomini non morosi esclude la possibilità per il creditore di agire indistintamente nei confronti di tutti i condomini, dovendo preventivamente escutere i soli debitori morosi.
Il rapporto di lavoro domestico subordinato, pur caratterizzato da intuitus personae, è trasmissibile agli eredi del datore di lavoro deceduto, i quali sono obbligati in solido per i crediti di lavoro maturati fino al momento del decesso, salvo il beneficio di inventario. L'accertamento giudiziale di tale rapporto di lavoro comporta la condanna degli eredi, ciascuno nei limiti della propria quota ereditaria, al pagamento delle differenze retributive, delle indennità per ferie e festività non godute, nonché del trattamento di fine rapporto, fatti salvi gli atti interruttivi della prescrizione. Tuttavia, il licenziamento per giusta causa, fondato su gravi inadempimenti del lavoratore, esclude il diritto all'indennità di mancato preavviso, mentre la richiesta di regolarizzazione contributiva spetta all'ente previdenziale, che deve essere necessariamente convenuto in giudizio.
Il riconoscimento dell'assegno divorzile, cui deve attribuirsi funzione non solo assistenziale ma in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione di criteri di cui alla prima parte dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tener conto per la relativa attribuzione e determinazione, in particolare alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. Pertanto, l'assegno divorzile non ha carattere assistenziale, ma prevalentemente perequativo-compensativo, dovendo il giudice accertare in primo luogo l'esistenza di un rilevante squilibrio economico-patrimoniale tra le parti, causalmente connesso alle scelte e ai sacrifici fatti in costanza di convivenza nell'interesse della famiglia, e verificare, in secondo luogo, se tale divario possa essere autonomamente colmato dal richiedente mediante il recupero o il consolidamento della propria attività professionale, tenendo conto dell'età del medesimo e della durata del matrimonio. Solo ove ricorrano tali presupposti, il giudice riconosce un assegno divorzile adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, svincolato dal tenore di vita e non connesso all'autosufficienza economica.
Il locatore che agisce in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, è tenuto a provare soltanto la fonte negoziale o legale del proprio diritto e ad allegare l'altrui inadempimento, mentre spetta al conduttore convenuto l'onere di provare l'avvenuto adempimento. Il mancato pagamento dei canoni locativi e degli oneri condominiali, espressamente posti a carico del conduttore in virtù di previsione contrattuale, costituisce grave inadempimento che legittima l'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, senza che sia necessaria una valutazione settoriale dell'inadempimento, essendo sufficiente la mera allegazione dell'inadempimento da parte del locatore. La risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore produce effetti sin dalla notifica dell'atto di citazione, con la conseguente condanna del conduttore al pagamento dei canoni maturati fino all'effettivo rilascio dell'immobile, oltre agli oneri condominiali.
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