Sentenze recenti Tribunale Santa Maria Capua Vetere

Ricerca semantica

Risultati di ricerca:

  • Il contratto preliminare di compravendita immobiliare è nullo per difetto di procura del rappresentante, in assenza della documentazione scritta comprovante il conferimento del potere rappresentativo, non essendo sufficiente il solo principio dell'apparenza del diritto a giustificare la fiducia del promissario acquirente. Il rappresentato e il falsus procurator possono essere chiamati a rispondere in sede risarcitoria, ma solo in presenza di elementi oggettivi che giustifichino la convinzione del terzo contraente circa l'effettivo conferimento del potere di rappresentanza. La nullità del preliminare comporta il rigetto di tutte le domande fondate su di esso, senza possibilità di accogliere richieste risarcitorie in via subordinata, ove non espressamente formulate.

  • La convocazione dell'assemblea condominiale da parte di un soggetto non legittimato, in violazione delle prescrizioni di cui all'art. 66 disp. att. c.c., determina l'annullabilità e non la nullità della delibera assembleare adottata, in quanto il vizio attiene al procedimento di formazione della volontà assembleare. Pertanto, la delibera condominiale adottata all'esito di una convocazione irregolare, in quanto effettuata da un soggetto estraneo al condominio e non legittimato, è affetta da un vizio di annullabilità e deve essere impugnata nel termine di decadenza di trenta giorni di cui all'art. 1137 c.c. La mancata indicazione nell'avviso di convocazione dei condomini promotori della richiesta di convocazione assembleare, nonché l'assenza di prova dell'allegazione di tale richiesta, integrano ulteriori profili di irregolarità della convocazione, tali da determinare l'annullabilità della delibera adottata. Pertanto, il giudice, accertata l'irregolarità della convocazione assembleare, è tenuto ad accogliere la domanda di annullamento della delibera impugnata, senza necessità di esaminare gli ulteriori motivi di impugnazione, in applicazione del principio della ragione più liquida.

  • In materia agraria, grava sulla parte che intenda proporre ricorso per decreto ingiuntivo a tutela di un diritto nascente da un rapporto agrario l'onere di esperire il preventivo tentativo di conciliazione nei modi stabiliti dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 11, a pena di improponibilità della domanda rilevabile di ufficio. Tale obbligo è giustificato dalle peculiari caratteristiche del rapporto agrario, volte a salvaguardare l'interesse alla conservazione dei rapporti agrari e della attività di impresa collegata all'utilizzazione del fondo, nonché a predisporre un filtro riduttivo dei procedimenti giurisdizionali senza ledere il diritto di difesa costituzionalmente garantito. Il tentativo di conciliazione, pertanto, assume una rilevanza speciale in materia agraria, differenziandosi da altri settori, come quello delle telecomunicazioni, in cui manca una generale contrapposizione tra parte debole e parte forte e non sussistono le medesime esigenze di tutela prioritaria della stabilità dei rapporti. Conseguentemente, l'omesso espletamento del tentativo di conciliazione determina l'improponibilità della domanda, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, a prescindere dalla sequenza procedimentale attivata (ordinaria o semplificata) o dalla modalità di proposizione seguita (in via principale o riconvenzionale).

  • Il giudice, nel pronunciarsi sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio e sulle statuizioni accessorie, afferma che: Il diritto del coniuge divorziato alla quota dell'indennità di fine rapporto (TFR) del coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile non presuppone la mera debenza in astratto di tale assegno, né la sua percezione concreta, ma richiede che l'indennità sia percepita dopo una sentenza che abbia liquidato l'assegno divorzile ai sensi dell'art. 5 della legge n. 898 del 1970, ovvero dopo la proposizione del giudizio di divorzio nel quale sia stato successivamente giudizialmente liquidato l'assegno stesso. Pertanto, in assenza del presupposto della titolarità dell'assegno divorzile, deve essere rigettata la domanda del coniuge volta a ottenere una quota del TFR del coniuge obbligato. Inoltre, in relazione alla domanda di aumento dell'assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne, il giudice, valutata la capacità economica dei genitori e l'effettiva autosufficienza economica del figlio, rigetta la richiesta di aumento, confermando l'importo già stabilito in precedenza dalla Corte d'Appello.

  • Le spese di conservazione e manutenzione del tetto di un edificio condominiale, in assenza di diversa previsione nel titolo o nel regolamento condominiale, devono essere ripartite tra tutti i condomini in proporzione al valore delle rispettive proprietà esclusive, ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c., in quanto il tetto rientra tra le parti comuni dell'edificio di cui all'art. 1117, n. 1, c.c. Pertanto, la delibera assembleare che pone le suddette spese a carico di soli alcuni condomini, in violazione del criterio legale di ripartizione, è annullabile per contrasto con l'art. 1123 c.c., salvo che il regolamento condominiale non preveda una diversa disciplina, come nel caso in cui il tetto sia di proprietà o uso esclusivo di alcuni condomini ai sensi dell'art. 1126 c.c. L'assemblea condominiale, infatti, non può modificare in astratto e per il futuro i criteri di ripartizione delle spese stabiliti dalla legge o dal regolamento condominiale, essendo tale potere riservato alla convenzione tra tutti i partecipanti al condominio ai sensi dell'art. 1123, commi 2 e 3, c.c.

  • La transazione novativa, quale contratto estintivo e costitutivo di nuove obbligazioni, si configura quando l'accordo raggiunto dalle parti disciplina per intero il nuovo rapporto negoziale, caratterizzato dalla volontà inequivoca di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione e sostituirla con una nuova, con mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione o del titolo del rapporto. In tal caso, il venir meno di quanto amichevolmente concordato non determina la reviviscenza degli obblighi originari, essendo la situazione sulla quale è venuta ad innestarsi l'accordo transattivo ormai rimossa, senza che le parti vi abbiano prestato quiescenza. Pertanto, le doglianze successive vanno indagate limitatamente al contenuto dell'intercorsa transazione novativa, restando preclusa la verifica delle pretese precedenti, ormai non più in essere. Inoltre, l'appaltatore, pur essendo tenuto a rispettare le regole dell'arte e a controllare la bontà delle istruzioni impartite dal committente, può andare esente da responsabilità qualora dimostri di aver manifestato il proprio dissenso in presenza di palesi incongruità, essendo estraneo al negozio transattivo nell'ambito del quale il progetto è stato inserito.

  • La clausola compromissoria contenuta in un contratto, che devolve alla cognizione di un collegio arbitrale tutte le controversie inerenti il contratto stesso, configura una convenzione di arbitrato irrituale, qualora dalle pattuizioni risulti che le parti abbiano inteso affidare agli arbitri la soluzione delle controversie attraverso uno strumento negoziale di composizione amichevole o di accertamento riconducibile alla loro volontà, anziché rimettere agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice. In tal caso, l'eccezione di incompetenza del giudice ordinario per la sussistenza della clausola compromissoria deve essere eccepita, a pena di decadenza, all'atto della tempestiva costituzione in giudizio, non potendo essere sollevata tardivamente nel corso del processo. Inoltre, in tema di prova dell'inadempimento contrattuale, grava sul creditore che agisce per la risoluzione, il risarcimento o l'adempimento, l'onere di provare soltanto la fonte (negoziale o legale) del proprio diritto ed il relativo termine di scadenza, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere di provare il fatto modificativo o estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, in applicazione del principio di riferibilità o di vicinanza della prova.

  • Il proprietario esclusivo di una terrazza a livello, che funge da copertura per unità immobiliari sottostanti, è tenuto a concorrere nella misura di un terzo alle spese di manutenzione e riparazione della stessa, ai sensi dell'art. 1126 c.c., salvo che i danni da infiltrazioni siano dovuti a sua condotta colposa nella manutenzione, circostanza che deve essere specificamente provata. Qualora i danni alle unità immobiliari sottostanti siano causati da vizi costruttivi o da carente manutenzione della terrazza, senza che sia ravvisabile una condotta colposa del proprietario esclusivo, le relative spese di rifacimento e ripristino devono essere ripartite tra quest'ultimo e gli altri condomini in proporzione del valore delle singole unità immobiliari, in applicazione del criterio di cui all'art. 1126 c.c. La disciplina condominiale trova applicazione anche nel caso di "condominio minimo", costituito da sole due o tre unità immobiliari, qualora sussistano parti comuni come il suolo, le fondazioni e i muri maestri. La mancata prova del nesso causale tra i danni lamentati e l'impossibilità di locare l'immobile comporta il rigetto della domanda di risarcimento per mancato guadagno. Infine, l'eccezione di inoperatività della polizza assicurativa deve essere accolta qualora i danni non rientrino tra quelli coperti dalla garanzia, come nel caso di infiltrazioni dovute a vizi costruttivi o carente manutenzione del lastrico solare.

  • Il contratto di appalto impone all'appaltatore l'obbligo di eseguire i lavori a regola d'arte e al direttore dei lavori il dovere di vigilare sulla corretta realizzazione dell'opera, segnalando tempestivamente eventuali vizi o difformità. In caso di inadempimento di tali obblighi, il committente può legittimamente chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni, mentre l'appaltatore non può pretendere il pagamento del corrispettivo. Tuttavia, il direttore dei lavori ha diritto al compenso per le prestazioni professionali effettivamente rese e utili per il committente, salvo la riduzione per le attività svolte in violazione dei doveri di diligenza.

  • Il condominio, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. dei danni cagionati dalle cose in sua custodia, salvo che provi il caso fortuito, inteso come fatto esterno idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso. L'onere della prova grava sul condominio, il quale deve dimostrare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera di controllo che abbia determinato il danno, mentre l'attore deve provare solo il nesso eziologico tra la cosa in custodia e l'evento lesivo. La responsabilità del condominio sussiste anche quando il danno sia in parte imputabile al fatto di un terzo, purché non ricorra un'ipotesi di caso fortuito. Ai fini del risarcimento, l'attore deve provare non solo il nesso causale, ma anche l'effettiva entità del pregiudizio subito, non essendo sufficiente una mera affermazione generica di danno. Qualora l'azione giudiziaria risulti proposta con colpa grave, il giudice può condannare la parte soccombente al pagamento di una somma a titolo di responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., anche in assenza di una specifica richiesta di parte.

  • Il termine perentorio di trenta giorni previsto dall'art. 1137, comma 2, c.c. per l'impugnazione delle delibere assembleari annullabili decorre dalla data della delibera per i condomini dissenzienti e per gli astenuti, e dalla data della comunicazione per gli assenti. Tale termine è interrotto dalla comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione obbligatoria, ai sensi dell'art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 28/2010, ma la parte che ha presentato la domanda di mediazione ha l'onere di provare di averla comunicata tempestivamente alla controparte, non essendo sufficiente il mero deposito presso l'organismo di mediazione. Pertanto, il mancato assolvimento di tale onere probatorio comporta la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione della delibera assembleare per tardività.

  • La mancata o irregolare convocazione di tutti i condomini entro il termine di legge per l'assemblea condominiale determina l'annullabilità delle delibere adottate in tale sede, in quanto violazione di prescrizioni legali disciplinanti il procedimento di convocazione. L'onere di provare l'avvenuta e regolare convocazione di tutti i condomini grava sul condominio, non potendosi addossare al condomino che deduce l'invalidità dell'assemblea la prova negativa dell'inosservanza di tale obbligo. Pertanto, in caso di mancata costituzione in giudizio del condominio convenuto, le delibere assembleari impugnate devono essere annullate per la riscontrata irregolarità della convocazione, senza necessità di esaminare ulteriori profili di invalidità.

  • L'abbattimento di alberi ad alto fusto, in quanto comporta la distruzione di un bene comune condominiale, costituisce un'innovazione vietata ai sensi dell'art. 1121 c.c. che richiede l'unanimità dei consensi di tutti i condomini. La delibera assembleare adottata a maggioranza che dispone l'abbattimento di un numero considerevole di alberi, senza che emerga la necessità di tale intervento per ragioni di sicurezza o di salvaguardia della staticità degli edifici, è nulla per difetto di unanimità, non potendo essere considerata una mera modifica o manutenzione delle parti comuni. Inoltre, l'abbattimento degli alberi, in assenza di specifiche autorizzazioni in presenza di vincoli ambientali o paesaggistici, e senza che sia stata accertata la pericolosità di tutti gli esemplari, deve essere considerato come extrema ratio, in ossequio al principio di proporzionalità, non potendo giustificarsi l'abbattimento integrale di un numero rilevante di alberi che costituiscono parte integrante e fondamentale del decoro architettonico e del benessere del complesso condominiale. Pertanto, la delibera assembleare che dispone l'abbattimento di un numero considerevole di alberi ad alto fusto, senza il consenso unanime di tutti i condomini e senza che ricorrano i presupposti di necessità e proporzionalità, è nulla.

  • La responsabilità civile per i danni causati da cani randagi grava esclusivamente sull'ente pubblico cui la legge regionale, in attuazione della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuisce il compito di cattura e custodia di tali animali, a condizione che il danneggiato alleghi e dimostri la concreta possibilità ed esigibilità, da parte di tale ente, della cattura dello specifico animale che ha provocato il danno, nonché la riconducibilità dell'evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva. Pertanto, la responsabilità dell'ente preposto non può essere affermata sulla sola base dell'individuazione dello stesso quale soggetto competente in materia di prevenzione e repressione del fenomeno del randagismo, essendo necessario che il danneggiato provi la condotta colposa concretamente esigibile dall'ente e il nesso di causalità tra tale condotta e l'evento dannoso. Ove siano state effettuate segnalazioni all'ente della presenza abituale di animali randagi in una determinata zona, l'omissione di un adeguato intervento di cattura può integrare la condotta colposa idonea a fondare la responsabilità risarcitoria dell'ente, in applicazione dei principi di cui all'art. 2043 c.c. in tema di responsabilità per colpa.

  • Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; pertanto, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo. Il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione comporta l'improcedibilità del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e la conseguente revoca dello stesso, in applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Tale principio mira a garantire l'effettività della mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, anche nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, al fine di favorire la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di contratti bancari e finanziari. La compensazione delle spese di lite è giustificata dal pregresso contrasto giurisprudenziale e dai dubbi interpretativi che hanno accompagnato la questione, tenuto conto dei recentissimi e sopravvenuti arresti della Corte di Cassazione.

  • Il danneggiato che agisce in giudizio nei confronti del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, ai sensi degli artt. 2054 c.c. e 287 Codice delle Assicurazioni Private, ha l'onere di fornire adeguata prova in ordine all'avvenuta verificazione del fatto dannoso, al nesso di causalità tra quest'ultimo e le conseguenze pregiudizievoli lamentate, nonché alla mancanza di copertura assicurativa del danneggiante. Tale prova può essere raggiunta anche attraverso il rapporto dei pubblici ufficiali intervenuti sul luogo del sinistro. Accertata la responsabilità del danneggiante e il nesso di causalità, il Fondo di Garanzia è tenuto a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal danneggiato, nei limiti previsti dalla legge e dalla giurisprudenza, con esclusione del danno morale ove non adeguatamente provato. L'impresa di assicurazione designata per la gestione del Fondo di Garanzia, che abbia risarcito il danneggiato, può esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del proprietario del veicolo non assicurato, responsabile del sinistro.

  • La revisione giudiziale delle tabelle millesimali di condominio è ammissibile solo in presenza di errori oggettivi e verificabili relativi agli elementi necessari per il calcolo del valore proporzionale delle singole unità immobiliari, quali superficie, posizione, piano, accessibilità, luminosità, vedute e simili, mentre non è consentita per contestare valutazioni soggettive o scelte discrezionali del professionista incaricato, come l'applicazione di coefficienti di destinazione d'uso, in quanto rientranti nella sua libertà tecnica. Il singolo condomino non ha un diritto incondizionato di richiedere la modifica delle tabelle millesimali, dovendo dimostrare la sussistenza di uno dei presupposti tassativamente previsti dalla legge, con onere della prova a suo carico. Il giudice, in sede di revisione giudiziale, può intervenire solo per eliminare gli errori oggettivamente accertati, senza poter sindacare le valutazioni soggettive operate dal professionista, le quali, se correttamente applicate, non costituiscono "errore" idoneo a giustificare la rettifica o modifica delle tabelle millesimali.

  • L'amministratore di condominio, nell'esercizio del mandato con rappresentanza conferitogli, è tenuto a compiere gli atti necessari per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell'edificio condominiale, ivi inclusi gli adempimenti previsti dalla normativa di settore, come l'ottenimento del certificato di prevenzione incendi per gli spazi condominiali adibiti a autorimessa. Qualora l'amministratore ometta di adempiere a tali obblighi, egli può essere chiamato a rispondere dei danni patrimoniali subiti dal condominio, come le spese legali sostenute per la propria difesa in un procedimento penale avviato a suo carico per la mancata richiesta del certificato. Tuttavia, il condominio non è tenuto a risarcire il danno non patrimoniale lamentato dall'amministratore, in assenza di una prova specifica della sua esistenza e quantificazione. L'amministratore ha diritto al rimborso delle anticipazioni effettuate nell'interesse del condominio, nei limiti dei poteri gestori conferitigli dalla legge o dal regolamento condominiale, senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione assembleare.

  • Il regolamento condominiale, sia esso di origine contrattuale o assembleare, può contenere clausole di diversa natura: alcune di carattere meramente regolamentare, relative alla disciplina dell'uso delle cose e dei servizi comuni, e altre di carattere negoziale, che incidono sui diritti individuali dei condomini. Per la modifica delle prime è sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c., mentre per le seconde è necessario il consenso unanime di tutti i condomini. Le innovazioni che incidono sull'essenza e sulla destinazione della cosa comune richiedono la delibera assembleare a maggioranza qualificata, mentre le modificazioni che consentono una migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa comune, senza alterarne l'originaria funzione, rientrano nelle facoltà riconosciute al singolo condomino ai sensi dell'art. 1102 c.c. e non necessitano dell'unanimità. Pertanto, l'apertura di un varco tra balconi di proprietà esclusiva e la copertura dei balconi dell'ultimo piano, non configurando innovazioni ma semplici modificazioni, possono essere legittimamente deliberate a maggioranza, mentre l'attività di bed and breakfast, se in contrasto con il divieto espresso nel regolamento condominiale, può essere vietata con delibera assembleare adottata all'unanimità. Tuttavia, l'accertamento dell'effettivo esercizio di tale attività e della sua perdurante violazione del regolamento condominiale deve essere adeguatamente provato in giudizio.

  • Il contratto di somministrazione di utenze è assistito da una mera presunzione semplice di veridicità della rilevazione dei consumi mediante contatore, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l'onere di provare il corretto funzionamento del misuratore, mentre il fruitore deve dimostrare che l'eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un'attenta custodia dell'impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento anomalo dei consumi. Pertanto, qualora il somministrante abbia fornito prova del corretto funzionamento del contatore, anche attraverso la sottoscrizione di un verbale di collaudo da parte del cliente, spetta a quest'ultimo l'onere di provare la riconducibilità dei consumi eccessivi a fattori esterni al suo controllo, in mancanza della quale il credito vantato dal somministrante deve essere ritenuto fondato.

  • Il proprietario di un fondo può esperire l'azione negatoria di servitù ai sensi dell'art. 949 c.c. per far dichiarare l'inesistenza di una pretesa servitù di stillicidio esercitata dal proprietario del fondo sovrastante, qualora quest'ultimo abbia installato uno stenditoio sul proprio balcone che si protende oltre il confine e determina il gocciolamento dei panni stesi sul fondo sottostante. L'interesse ad agire sussiste anche in assenza di atti materiali lesivi, quando il proprietario del fondo inferiore intenda far chiarire l'infondatezza delle pretese vantate dal vicino, il cui esercizio per il tempo prescritto potrebbe comportare l'acquisto per usucapione della servitù. Accertata l'inesistenza della servitù, il proprietario del fondo sovrastante deve essere condannato alla rimozione dello stenditoio, quale opera destinata all'esercizio della servitù medesima. Viceversa, le domande riconvenzionali relative a immissioni moleste di fumo, odori, rumori e cattivi odori provenienti dal fondo inferiore devono essere respinte per mancanza di prova del superamento della normale tollerabilità ai sensi dell'art. 844 c.c., mentre la domanda di rimozione di un gazebo installato nel cortile del fondo inferiore deve essere disattesa in assenza di prova della necessità di autorizzazioni amministrative per la sua realizzazione.

  • La delibera assembleare condominiale è nulla quando contiene elementi essenziali mancanti o errati, come l'approvazione di rendiconti e spese relativi a periodi diversi da quello indicato nell'ordine del giorno, ovvero l'approvazione di spese per lavori mai eseguiti. Inoltre, la delibera è annullabile quando approva un bilancio preventivo senza allegarlo e istituisce un fondo cassa senza adeguata motivazione e senza rispettare il criterio di ripartizione millesimale. Infine, la delibera non può imporre spese ritenute inutili o voluttuarie, essendo consentito ai condomini di rifiutarle ai sensi dell'art. 1132 c.c.

  • Il conducente di un veicolo a motore che tamponando un veicolo non motorizzato, quale una bicicletta, non fornisce la prova liberatoria di cui all'art. 149, comma 1, del Codice della Strada, è ritenuto esclusivamente responsabile del sinistro, in applicazione della presunzione di responsabilità posta a suo carico dalla norma citata. In tali casi, il giudice è tenuto a dichiarare l'esclusiva responsabilità del conducente del veicolo a motore nel sinistro, condannandolo al risarcimento integrale dei danni subiti dalla vittima, sia per le lesioni personali che per i danni materiali, senza poter riconoscere un concorso di colpa della parte danneggiata. La liquidazione del danno non patrimoniale deve avvenire sulla base dei parametri di cui all'art. 139 del Codice delle Assicurazioni, senza possibilità di ulteriori aumenti in via personalizzata, salvo che non sia provato un pregiudizio qualitativamente diverso da quello già liquidato. Gli interessi compensativi devono essere calcolati sulla somma liquidata a titolo di danno, svalutata all'epoca del fatto illecito e successivamente rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT, mentre gli interessi legali decorrono dalla data di pubblicazione della sentenza fino al soddisfo. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico del responsabile del sinistro.

  • La mancata partecipazione alla procedura di mediazione obbligatoria da parte del convenuto che propone domanda riconvenzionale determina l'improcedibilità di tale domanda, in quanto l'onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione sussiste anche nei confronti del convenuto che presenti una riconvenzionale. La mediazione obbligatoria per la domanda riconvenzionale costituisce uno strumento deflattivo volto ad evitare domande riconvenzionali "fittizie" e a favorire una conclusione stragiudiziale della controversia nella sua interezza, evitando asimmetrie tra le parti e disparità di trattamento. Pertanto, il mancato esperimento della mediazione obbligatoria da parte del convenuto in relazione alla domanda riconvenzionale, nonostante la regolare comunicazione dell'invito, comporta l'improcedibilità di tale domanda, a prescindere dall'attivazione della procedura di mediazione da parte dell'attore in relazione alla domanda principale. La compensazione delle spese di giudizio è giustificata dalle peculiarità processuali della vicenda.

  • Il possesso, quale potere di fatto sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, è tutelato dalle azioni possessorie indipendentemente dalla titolarità del diritto reale, purché il possesso abbia i caratteri esteriori di un diritto reale. L'accertamento del possesso va effettuato in relazione allo ius possessionis, ossia al rapporto di fatto del soggetto con il bene, senza rilevanza dello ius possidendi, salvo ai fini della determinazione dell'estensione del possesso. Lo spoglio, quale atto che restringe o riduce le facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa o diminuisce o rende meno comodo l'esercizio del possesso, integra gli estremi della tutela possessoria, a prescindere dalla legittimità del possesso, essendo sufficiente la prova del possesso di fatto e della sua lesione. La non contestazione specifica di un fatto dedotto in giudizio, in forza del principio di non contestazione, è qualificabile come comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che deve astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e deve ritenerlo sussistente. L'alienazione successiva alla domanda introduttiva del diritto controverso non fa venir meno la legittimazione ad agire del precedente possessore, trovando applicazione l'art. 111 c.p.c. sulla successione a titolo particolare nel diritto controverso.

Ricerca rapida tra migliaia di sentenze
Trova facilmente ciò che stai cercando in pochi istanti. La nostra vasta banca dati è costantemente aggiornata e ti consente di effettuare ricerche veloci e precise.
Trova il riferimento esatto della sentenza
Addio a filtri di ricerca complicati e interfacce difficili da navigare. Utilizza una singola barra di ricerca per trovare precisamente ciò che ti serve all'interno delle sentenze.
Prova il potente motore semantico
La ricerca semantica tiene conto del significato implicito delle parole, del contesto e delle relazioni tra i concetti per fornire risultati più accurati e pertinenti.
Tribunale Milano Tribunale Roma Tribunale Napoli Tribunale Torino Tribunale Palermo Tribunale Bari Tribunale Bergamo Tribunale Brescia Tribunale Cagliari Tribunale Catania Tribunale Chieti Tribunale Cremona Tribunale Firenze Tribunale Forlì Tribunale Benevento Tribunale Verbania Tribunale Cassino Tribunale Ferrara Tribunale Pistoia Tribunale Matera Tribunale Spoleto Tribunale Genova Tribunale La Spezia Tribunale Ivrea Tribunale Siracusa Tribunale Sassari Tribunale Savona Tribunale Lanciano Tribunale Lecce Tribunale Modena Tribunale Potenza Tribunale Avellino Tribunale Velletri Tribunale Monza Tribunale Piacenza Tribunale Pordenone Tribunale Prato Tribunale Reggio Calabria Tribunale Treviso Tribunale Lecco Tribunale Como Tribunale Reggio Emilia Tribunale Foggia Tribunale Messina Tribunale Rieti Tribunale Macerata Tribunale Civitavecchia Tribunale Pavia Tribunale Parma Tribunale Agrigento Tribunale Massa Carrara Tribunale Novara Tribunale Nocera Inferiore Tribunale Busto Arsizio Tribunale Ragusa Tribunale Pisa Tribunale Udine Tribunale Salerno Tribunale Verona Tribunale Venezia Tribunale Rovereto Tribunale Latina Tribunale Vicenza Tribunale Perugia Tribunale Brindisi Tribunale Mantova Tribunale Taranto Tribunale Biella Tribunale Gela Tribunale Caltanissetta Tribunale Teramo Tribunale Nola Tribunale Oristano Tribunale Rovigo Tribunale Tivoli Tribunale Viterbo Tribunale Castrovillari Tribunale Enna Tribunale Cosenza Tribunale Santa Maria Capua Vetere Tribunale Bologna Tribunale Imperia Tribunale Barcellona Pozzo di Gotto Tribunale Trento Tribunale Ravenna Tribunale Siena Tribunale Alessandria Tribunale Belluno Tribunale Frosinone Tribunale Avezzano Tribunale Padova Tribunale L'Aquila Tribunale Terni Tribunale Crotone Tribunale Trani Tribunale Vibo Valentia Tribunale Sulmona Tribunale Grosseto Tribunale Sondrio Tribunale Catanzaro Tribunale Ancona Tribunale Rimini Tribunale Pesaro Tribunale Locri Tribunale Vasto Tribunale Gorizia Tribunale Patti Tribunale Lucca Tribunale Urbino Tribunale Varese Tribunale Pescara Tribunale Aosta Tribunale Trapani Tribunale Marsala Tribunale Ascoli Piceno Tribunale Termini Imerese Tribunale Ortona Tribunale Lodi Tribunale Trieste Tribunale Campobasso

Un nuovo modo di esercitare la professione

Offriamo agli avvocati gli strumenti più efficienti e a costi contenuti.