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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI Sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Maena Savasta ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g.n. 2881/2019 promossa da: (...) ATTORE/I e (...) CONVENUTO/I CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da note di trattazione scritta MOTIVAZIONI IN FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato la (...) proprietaria dell'unità immobiliare sita in (...) alla (...) distinta nel Catasto Fabbricati al foglio con il mappale 3317 sub. intimava lo sfratto per morosità al Sig. (...), nato a (...), codice fiscale c.f. (...), conduttore in forza di contratto del 27.05.2016 regolarmente registrato in data 13.06.2016 al n. 003983-serie 3T; - all'udienza del 19 settembre 2019 compariva il conduttore opponendosi alla convalida di sfratto osservando che l'immobile locato era privo dello scarico della cucina e quindi parzialmente inutilizzabile già dal 23.12.2018; - il locatore insisteva nella domanda e il Giudice, visto che l'opposizione non era fondata su prova scritta, pronunciava ordinanza non impugnabile di rilascio e disponeva il mutamento di rito ai sensi dell'art. 667 cpc onerando altresì, parte attrice di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione fissando udienza per la verifica al 05.03.2020; - la mediazione, ritualmente istaurata, si risolveva con esito negativo ed il giudice fissava alla parti i termini per il deposito di memorie integrativa. Istruita la causa con prove documentali ed orali il g.i. fissava per la discussione con termine per note fino a 10 gg prima dell'udienza e rinviava per la lettura del dispositivo al 30/01/2024. La domanda di parte attrice non merita di esser accolta se non nei limiti di cui in motivazione In primo luogo occorre rilevare come il contratto di locazione dell'immobile de quo con destinazione uso abitativo stipulato in data 27/05/2016 posto a fondamento della domanda di parte attrice non risulta contestato e/o disconosciuto in alcun modo dal convenuto, ragione per cui lo stesso deve ritenersi giudizialmente riconosciuto ai sensi dell'art. 214 e ss. c.p.c. Per quanto attiene la morosità, il convenuto non ha contestato di essersi reso moroso nel pagamento del canone di locazione, motivando il mancato versamento a seguito della diminuzione di godimento dell'immobile locato. Ora, secondo un orientamento della Cassazione, in tema di locazione di immobili, non può disconoscersi che il pagamento del canone costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal versare il corrispettivo o di determinare unilateralmente il canone nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione del godimento del bene, anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore e ciò perché la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., è legittima soltanto quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte (in tale senso Cass. 5/10/1998, n. 9863; Cass. Sez. III, n. 3411/83; Cass. 23/5/1962, n. 1172). Il principio è solo parzialmente da condividere, poiché esso porta ad escludere l'applicabilità dell'eccezione di cui all'art. 1460 in ipotesi di inesatto adempimento, limitandola all'exceptio inadimpleti contractus. Infatti il 2° c. dell'art. 1460 c.c., ove non si voglia ritenere meramente ripetitivo del primo, va riferito anche al caso in cui la controparte potrebbe aver già adempiuto la propria prestazione, ma in maniera inesatta. In questo caso l'eccezione sarebbe quella di non rite adimpleti contractus. Sennonché l'exceptio non rite adimpleti contractus, a cui è egualmente applicabile l'art. 1460 c.c., postula la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione alla oggettiva proporzione degli inadempimenti stessi, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto ed alla buona fede (Cass. 9 agosto 1982, n. 4457; Cass. 22 gennaio 1985, n. 250; Cass. 20 giugno 1996, n. 5694). Pertanto se il conduttore ha, in ogni caso, continuato a godere dell'immobile, per quanto lo stesso presentasse vizi, e quindi ha ricevuto la prestazione, per quanto nei termini predetti, non può lo stesso sospendere l'intera sua prestazione, perché in questo caso mancherebbe la proporzione tra i due inadempienti. Detto ciò, nel caso che ci preme, si deve accertare se i vizi della cosa locata erano già esistenti al momento della stipula del contratto ovvero erano insorti successivamente ed erano imputabili ad inadempimento del locatore. A tal fine va osservato che, allorquando il conduttore all'atto della stipulazione del contratto, non abbia denunziato i difetti dell'immobile da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può pertanto chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l'esatto adempimento né, tanto meno, avvalersi dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c. (Cass. 7 maggio 1979, n. 2597); non risulta agli atti che il (...) abbia mai denunziato tali difetti se non in sede di convalida di sfratto. Invece, quanto ai vizi della cosa locata insorti successivamente ed imputabili al locatore, la cui prova grava sul conduttore, il (...) ha dato dimostrazione di quali fossero quelli da ascriversi a mancanza di manutenzione straordinaria, alla quale era tenuto il locatore, ai fini della esistenza della proporzionalità tra l'inadempimento del locatore e quello del conduttore. Nell'individuazione di questa proporzionalità, da individuarsi nell'ambito dell'economia del contratto di locazione, possono tenersi in conto per analogia i principi di cui all'art. 1584 c.c., per cui se residua pur sempre un godimento dell'immobile da parte del conduttore, nonostante i vizi della cosa locata imputabili al locatore, non è giustificabile, a norma dell'art. 1460, c. 2, c.c., il rifiuto di prestazione dell'intero canone, potendo giustificarsi solo una riduzione dello stesso proporzionata all'entità del mancato godimento. Ora, dall'analisi dell'istruttoria, è certamente emerso che il suddetto immobile presentava diversi vizi tali da impedire al conduttore il totale godimento dello stesso, ciò quanto meno dal 18/08/2016, come anche documento tramite la relazione di Servizio del Comune di (...) e Vigilanza- del 21/11/2016 (in atti di parte resistente). Orbene, tutti i testi escussi hanno confermato la presenza di importanti infiltrazioni nell'immobile locato, provenienti dal terrazzo sovrastante; in particolare all'udienza del 10.03.2022 il teste (...) dichiarava che nella camera da letto vi era una foglio di celofan a protezione del materasso e di avere visto diverse bacinelle per la raccolta dell'acqua proveniente dal soffitto; è altresì emerso l'inutilizzabilità dello scarico della cucina, per parte del periodo in contestazione, in seguito all'otturazione dello stesso ad opera delle inquiline del piano di sotto, vedi udienza del 27.10.2022 , in cui i testi (...) e (...) hanno riferito di avere visto l'assenza dello scarico nella cucina stessa; entrambe hanno riconosciuto nelle foto loro esibite le precarie condizioni in cui si trovava la camera da letto, la sala e la cucina. Nonostante i ripetuti solleciti (vedasi corrispondenza in atti), il locatore non ha mai eseguito i lavori che per quanto relazionato dal Servizio del (...) (...) e per quanto emerso dalle prove testimoniali, possono certamene essere ricondotti a lavori di straordinaria manutenzione, di competenza quindi della (...). Per tutto quanto appena detto, ritiene chi scrive che il canone di locazione debba essere ridotto nella mura del 50% in proporzione dell'entità del mancato godimento e ciò per i mesi da agosto 2016 fino alla data dell'effettivo rilascio; in conseguenza di ciò la ricorrente deve essere condannata al pagamento della somma di Euro 5280,00 pari al 50% dei canoni riscossi dall'agosto 2016 fino al giugno 2018 (480,00: 2 per 22 mesi), oltre agli interessi legali dalla data di scadenza dei singoli canoni di locazione fino al saldo. Respinge invece le ulteriori domande della parte resistente perché non adeguatamente provate in relazione al danno morale asseritamente patito dal (...) Vista la reciproca soccombenza le spese vanno interamente compensate PQM Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: 1) Dichiara risolto il contratto de quo per inadempimento del locatore; 2) condanna (...) alla corresponsione a favore della parte attrice del 50% dei canoni scaduti e non adempiuti o parzialmente inadempiuti a decorrere dal luglio 2018 fino alla data del rilascio dell'immobile oltre agli interessi legali dalla data di scadenza dei singoli canoni di locazione fino al saldo; 3) condanna la ricorrente al pagamento della somma di Euro 5280,00 a favore del resistente pari al 50% dei canoni riscossi dall'agosto del 2016 fino al giugno 2018, oltre agli interessi legali dalla data di scadenza dei singoli canoni di locazione fino al saldo; 3) respinge le ulteriori domande avanzate dalla parte resistente; 4) spese compensate. Sentenza resa ex articolo 429-281- sexies c.p.c. Sassari, 19 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE CIVILE DI SASSARI Il Giudice Dott.ssa Giovanna Maria Mossa ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n.1753 del R.G.A.C. per l'anno 2021 e promossa da En.Ma. CF (...) elettivamente domiciliato in Sassari, presso lo studio dell'Avv. SO.AN.CF (...), che lo rappresenta giusta procura a margine dell'atto introduttivo e lo difende OPPONENTE CONTRO Fl. SRL CF (...) elettivamente domiciliata in Sassari, presso lo studio dell'Avv. FI.CI. CF (...) , che la rappresenta giusta procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo e la difende OPPOSTO Oggetto: Opposizione a decreto ingiuntivo. All'udienza del 15/06/2023 il Giudice ha deciso la causa, sulle seguenti MOTIVI DELLA DECISIONE In fatto Ma.En. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.379/2021 del 28/04/2021 con cui il Tribunale di Sassari aveva ingiunto il pagamento, in favore della società opposta, della somma di Euro 40.504 oltre interessi e spese della procedura. Allegava che il credito, secondo le deduzioni dell'opposto, era costituito dal corrispettivo dovuto dal Ma. per l'attività di mediazione immobiliare "avente ad oggetto la compravendita dell'immobile sito in R., L. delle N. n.22, Sc. A, int.12, di proprietà della sig.ra Is.Le." con la conclusione di un contratto preliminare. Sosteneva che alcun credito poteva essere riconosciuto in favore di Fl. s.r.l. che era stata gravemente inadempiente poiché, in violazione del disposto dell'art. 1759 c.c.. aveva omesso "di comunicare al dott. Ma., prima della stipula delcontratto preliminare del 03.12.2019 (rectius, ancor prima della formulazione della "proposta irrevocabile d'acquisto" del 02.12.2019), complete e veritiere, dovute e decisive informazioni circa l'esistenza di plurime e gravi irregolarità e violazioni urbanistiche-edilizie, conosciute e comunque agevolmente conoscibili dal Mediatore Immobiliare ingiungente con l'uso della diligenza richiesta ad un operatore professionale. Plurime e gravi irregolarità (non scarse né ininfluenti), non ancora sanate e di sanabilità incerta, complessa e costosa, tali da impedire la compravendita e/o da renderla oltremodo più costosa (così che l'offerente avrebbe sicuramente rinunciato all'acquisto), agevolmente desumibili dal riscontro tra gli atti in possesso dell'intermediario e lo stato effettivo dei luoghi, comunque dallo stesso intermediario professionale conoscibili con l'uso della diligenza professionale richiesta ad un operatore specializzato, tali in ogni caso da legittimare il rifiuto dell'odierno opponente di corrispondere la provvigione. " (testuale dall'atto di citazione). Sosteneva Ma. che il grave inadempimento era confermato dalla circostanza che il contratto definitivo non era stato sottoscritto e il promittente venditore aveva restituito la caparra versata. Deduceva che, in data 02/12/2019 aveva sottoscritto una proposta irrevocabile d'acquisto su moduli predisposti dall'intermediario dopo che Fl. srl aveva informato Ma. circa l'esistenza "di lievi "non conformità" dell'immobile "in ordine alla planimetria e ai dati catastali" (irregolarità urbanistiche - edilizie) ed alla "assenza o irrintracciabilità" del certificato di agibilità (cfr. doc n. 2 punto "i"): irregolarità comunque - assicurava l'odierna opposta - limitate e di non grave entità, tali da essere agevolmente sanabili (e difatti erano già state avviate, da parte del proprietario, le attività necessarie per la regolarizzazione) e da non incidere sulla vendibilità dell'immobile". Esponeva che, successivamente alla sottoscrizione, "durante un sopralluogo nell'immobile in data 23 dicembre 2019, l'agenzia immobiliare ribadiva che l'unica irregolarità da sanare era costituita dall'operata riduzione (di circa 1/3) di un muro portante nella cucina, che le attività di regolarizzazione erano state avviate, e che il tecnico incaricato dalla proprietà aveva indicato la possibilità di regolarizzare l'opera nel tempo di 40 giorni senza necessità di ripristinare il muro portante". Ciò premesso lamentava che, in seguito ad ulteriori accertamenti effettuati previo incarico ad un tecnico di fiducia, erano emerse ulteriori e gravi irregolarità: a. modifica di un muro portante, tagliato di un terzo, per cui manca certificazione urbanistica e di staticità; b. modifica di un altro muro portante, in cui era stata creata una porta senza relativa regolarizzazione; c. differente distribuzione di spazi interni; d. cambio di sagoma del fabbricato; e. diversa partitura delle aperture su fronti esterni; f. incremento di SUL (Superficie Utile Lorda); g. accorpamento di un vano aggiuntivo dall'unità immobiliare attigua (interno 11); h. diverso schema strutturale e diversa realizzazione delle strutture portanti. Tali anomalie, ben conoscibili all'intermediario, rendevano l'immobile non conforme alle norme urbanistiche e dunque non commerciabile. Alla luce della nuova situazione di fatto, con scrittura privata del 25/06/2020, il promittente venditore ed il promissario acquirente avevano stipulato un accordo integrativo e novativo del preliminare in data 03/12/2019 e avevano convenuto: che la promittente venditrice si obbligasse a portare a termine, entro la data del 15.10.2020, la regolarizzazione urbanistica, edilizia e catastale dell'immobile, fornendone prova documentale, nello stesso termine, al dott. Ma.; che l'avvenuta regolarizzazione era condizione per la stipula del contratto definitivo e che in caso di mancato avveramento la proprietaria avrebbe dovuto restituire l'acconto sul prezzo versato e pari ad Euro 10.000; che il contratto definitivo doveva essere stipulato entro il 15/11/2020. Poiché il termine era decorso senza che si giungesse alla stipula la promittente venditrice restituiva la somma detta. Sosteneva dunque l'opponente che nulla poteva essere riconosciuto al mediatore che non aveva agito la dovuta diligenza professionale avendo omesso di comunicare circostanze essenziali al fine di consentire all'acquirente di verificare l'effettiva convenienza dell'operazione. In particolare, deduceva che l'agente immobiliare, seppure non fosse tenuto, in assenza di specifico incarico, a svolgere particolari indagini di natura tecnica, era tenuto "a comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione, nonchè, in negativo, dal divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poichè il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle; cosicchè, qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l'effetto, dal cliente". Considerato che il mediatore non aveva fornito le necessarie informazioni, non poteva essere riconosciuto il diritto al compenso. In ogni caso eccepiva l'intervenuta prescrizione del diritto ex art. 2950 c.c. poiché il dies a quo doveva decorrere dalla data della sottoscrizione della proposta irrevocabile e cioè dal 03/12/2019. Poiché il diritto, ai sensi dell'art. 2950 c.c. si prescrive in un anno ed il ricorso per decreto ingiuntivo era stato depositato nell'anno 2021, si doveva concludere che, in assenza di validi atti interruttivi, il diritto era estinto. Concludeva chiedendo l'annullamento del decreto opposto. Si costituiva in giudizio Fl. SRL e contestava l'avversa domanda sostenendo che, con la sottoscrizione della proposta irrevocabile, ma.En. si era obbligato, non solo all'acquisto del bene, ma anche al pagamento, in favore dell'opposta, della complessiva somma di Euro.40.504,00 (Iva compresa), a titolo di compenso provvigionale, al momento dell'accettazione della proposta di acquisto di cui sopra. Poiché, in data 03/12/2019, la promittente venditrice aveva accettato la proposta, il diritto di credito della società doveva essere riconosciuto a decorrere dal giorno detto. Sosteneva che alcun inadempimento potesse esserle contestato in quanto Ma. era stato informato compiutamente circa lo stato di fatto e diritto dell'immobile e, in particolare Ma. era stato informato sul fatto che non fosse conforme alla normativa edilizia e urbanistica tanto che all'art. 1 lett g si diceva espressamente" "in ordine alla planimetria ed ai dati catastali: non conforme". Esponeva che, dopo la sottoscrizione della scrittura privata modificativa del preliminare intervenuto tra le parti, il notaio incaricato dal Ma. aveva inviato una bozza del contratto preliminare al mediatore e dall'esame del documento si rilevava che il venditore si era obbligato a concludere le pratiche urbanistiche ciò non era stato possibile nel termine indicato dalle parti poiché gli uffici amministrativi erano chiusi a causa dell'emergenza Covid. Chiedeva dunque il rigetto della domanda sostenendo che il Ma. era stato edotto pienamente dello stato dell'immobile e che il mediatore non aveva ricevuto alcun incarico specifico relativo alla verifica delle pratiche necessarie per l'eliminazione delle irregolarità o alla verifica del loro costo. Sosteneva che il proprio adempimento si doveva dedurre dall'esame della proposta dove non solo era detto: all'art. 1 lett g "in ordine alla planimetria ed ai dati catastali: non conforme" ma anche che la parte venditrice si obbligava a "garantire la veridicità della descrizione e dello stato dell'immobile ?e a ottenere e consegnare tutto quanto necessario per la stipula dell'atto notarile in conformità alle normative vigenti". In altri termini, secondo l'opposto, la mancata regolarizzazione e la mancata stipula del contratto definitivo non potevano in alcun modo essere ricondotte ad un comportamento omissivo del mediatore. In ogni caso le irregolarità rilevate non determinavano l'incommerciabilità dell'immobile ed il diritto al pagamento del compenso era sorto nel momento in cui le parti avevano concluso l'affare cioè quando la proposta irrevocabile era stata accettata dal venditore. Quanto alla prescrizione esponeva che il contratto intervenuto tra le parti doveva essere qualificato come mediazione atipica assimilabile al mandato, con la conseguenza che il diritto di credito si prescriveva in dieci anni. Concludeva chiedendo il rigetto dell'opposizione. In diritto l'opposizione è fondata e deve essere accolta. Tutto ciò premesso si rileva che, nel caso in esame, è incontestato che, al momento della sottoscrizione della proposta irrevocabile, il Ma. non è stato informato dell'esistenza delle irregolarità urbanistiche dell'immobile come descritte nella relazione redatta dal consulente tecnico d'ufficio. E' pacifico inoltre la regolarizzazione avrebbe comportato una spesa di circa 10.000 Euro. Sostiene il mediatore che tale informazione non doveva essere fornita poiché non esisteva alcun obbligo in tal senso, in mancanza di un incarico specifico relativo alla verifica della conformità edilizia e poiché, in ogni caso, le irregolarità non impedivano la commerciabilità dell'immobile. Tali considerazioni non possono essere condivise. E' necessario premettere che il contratto intervenuto tra le parti deve essere qualificato come mediazione atipica (essendo il mediatore terzo rispetto alle parti) e che Ma. deve essere qualificato come consumatore. Dalla precedente considerazione discende che il contratto è regolato dalle norme del codice del consumo in materia di trattative e di clausole vessatorie. In particolare, al consumatore è riconosciuto il diritto fondamentale ad un'adeguata informazione ad una corretta pubblicità (art. 2 lett c Codice Consumo), alla correttezza e trasparenza ed all'equità nei rapporti contrattuali (art. 2 lett e Codice Consumo), ad un'informazione chiara e comprensibile tale da assicurare la consapevolezza del consumatore (art. 5 Codice consumo). Inoltre, l'art. 35 dispone che le clausole del contratto devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile. In applicazione delle norme a tutela del consumatore, dunque, quando ha sottoscritto la proposta irrevocabile, Ma. doveva essere chiaramente informato sul contenuto del contratto di mediazione e sugli obblighi del mediatore così come doveva essere informato circa lo stato dell'immobile e, in particolare, circa la sua conformità alle norme urbanistiche ed edilizie e ciò al fine di consentire al consumatore di formare la sua volontà in modo pienamente consapevole (in forza dell'art. 1759 c.c. e 1176 c.c.). Tale conclusione trova conferma anche nell'orientamento maggioritario della giurisprudenza più recente che si è espressa nel senso che il mediatore deve operare in modo da garantire l'esito felice dell'affare garantendone la sicurezza e ciò in applicazione, non solo dell'art. 1759 c.c., ma anche dei generali principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto. In altri termini, l'art. 1759, comma 1, c.c. impone al mediatore - tanto nell'ipotesi, tipica, in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nel caso di mediazione cd. atipica, in cui lo stesso si sia attivato, cioè, su incarico di una delle parti (Cass., Sez. II, 28 ottobre 2019 n. 27482) - l'obbligo di comunicare alle parti le circostanze a lui note circa la valutazione e la sicurezza dell'affare che possano influire sulla sua conclusione. Come già detto, la norma va letta in combinato disposto con gli artt. 1175 e 1176 c.c. e con le norme a tutela del consumatore, con la conseguenza che l'inadempimento agli obblighi informativi determina responsabilità del mediatore nei confronti del cliente e, con particolare riferimento alla mediazione immobiliare, si può sostenere che se il mediatore, "conoscendo o potendo conoscere con l'ordinaria diligenza l'esistenza di vizi che diminuiscono il valore della cosa venduta, non ne informi l'acquirente, il mediatore è responsabile nei confronti dello stesso: tale responsabilità, in particolare, si affianca a quella del venditore e può essere fattavalere dall'acquirente chiedendo al mediatore il risarcimento del danno ovvero rifiutando il pagamento della provvigione" (Cass., Sez. II, 21 febbraio 2017 n. 4415). Pur consapevole dell'esistenza di un orientamento contrario che, in assenza di un incarico specifico, esclude dalla prestazione professionale del mediatore l'obbligo di accertare, previo esame dei registri immobiliari, la libertà del bene oggetto della trattativa da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli (ex multis Cass., Sez. II, 5 aprile 2017 n. 8849) si ritiene che, in forza dei principi esposti, il mediatore deve essere qualificato come un operatore specializzato e, come tale, tenuto, nello svolgimento della sua attività, ad osservare la diligenza qualificata, coerente con la qualifica posseduta, secondo quanto prescrive l'art. 1176 c.c., essendo obbligato a comunicare alle parti le circostanze a lui note e quelle conoscibili, capaci di incidere sul buon esito della mediazione. Non può dunque essere condiviso l'orientamento secondo cui, in mancanza di specifico incarico, il mediatore non sarebbe tenuto a verificare la sussistenza di eventuali iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli o di consultare i registi immobiliari (cfr., da ultimo, Cass. 8849/2017; Cass. 15274/2006; Cass. 822/2006). Per contro si ritiene che l'art. 1759 c.c., comma 1, impone un particolare obbligo informativo la cui ampiezza deve conformarsi alla natura professionale dell'attività del mediatore ed alla qualifica di consumatore del Ma. e che ricomprende tutte le notizie che questi è in grado di acquisire mediante le ordinarie visure presso i pubblici registri (cfr. Cass. 27482/2019) o le usuali verifiche volte ad assicurare la valutazione e la "sicurezza" dell'affare, non potendo neppure escludersi, in linea di principio, l'esigibilità di una più penetrante verifica degli elementi rilevanti sulla valutazione e sicurezza dell'affare, ove esso presenti - in concreto - particolari caratteristiche che impongano un più inteso sforzo di approfondimento (Cass. 4126/2001). Si deve condividere l'orientamento (Cassazione civile sez. II, 16/05/2022), secondo cui il mediatore, tanto nell'ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell'ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica, la quale costituisce in realtà un mandato), ha l'obbligo di comportarsi con correttezza e buona fede, e di riferire alle parti le circostanze dell'affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza da lui esigibile. Tra queste ultime rientrano necessariamente, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sulla eventuale contitolarità del diritto di proprietà in capo a più persone, sull'insolvenza di una delle parti, sull'esistenza di circostanze in base alle quali le parti avrebbero concluso il contratto con un diverso contenuto, su eventuali prelazioni ed opzioni (Cass. 5938/1993), sul rilascio delle autorizzazioni amministrative (Cass. 8374/2009), sulla provenienza dei beni da donazioni suscettibili di riduzione (Cass. 965/2019), sulla solidità delle condizioni economiche dei contraenti (Cass. 20512/2019), sulla presenza di iscrizioni o trascrizioni sull'immobile (Cass. 27482/2019) e dunque anche sulla titolarità del bene in capo alla parte venditrice (Cass. 16382/2009). Si deve inoltre aggiungere che l'obbligo del mediatore come definito, "non è limitato alle circostanze conoscendo le quali le parti o taluna di essa non avrebbero dato il consenso a quel contratto, ma si estende anche alle circostanze che avrebbero indotto le parti a concludere quel contratto con diverse condizioni e clausole. Il dovere di imparzialità che incombe sul mediatore è, infatti, violato e da ciò deriva la sua responsabilità - tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l'affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di determinate circostanze avrebbero indotto la parte a concludere l'affare a condizioni diverse" (Cass. n. 2277/1984). Nel caso in esame è emerso, all'esito dell'istruzione, che la pratica di regolarizzazione urbanistica avrebbe comportato una spesa di circa 10.000 Euro ed è emerso inoltre che Ma. non avrebbe stipulato il contratto alle condizioni dette (cioè comprensive della spesa aggiuntiva) tanto che viene stipulato un contratto novativo dell'originario preliminare. Con il nuovo contratto le parti stabiliscono che la pratica di regolarizzazione e le relative spese erano poste a carico del venditore e prevedono che, nel caso di mancata regolarizzazione, le parti avrebbero risolto il contratto e la promittente venditrice avrebbe restituito le somme versate all'atto della sottoscrizione della proposta. In conclusione, si deve ritenere che il mediatore avrebbe dovuto eseguire il contratto in applicazione della diligenza e buona fede richiesta al professionista anche a tutela del consumatore ed avrebbe dovuto verificare ogni elemento facilmente conoscibile quale, ad esempio, le irregolarità accertate dal consulente tecnico nel corso del giudizio che avrebbero potuto (anche solo) modificare le condizioni contrattuali e comunque avrebbe dovuto avvisare il consumatore che il proprio incarico non comprendeva la completa verifica circa la regolarità dell'immobile. Poiché ciò non è stato fatto, si deve concludere che il corrispettivo non è dovuto e che, per l'effetto l'opposizione deve essere accolta ed il decreto ingiuntivo deve essere revocato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza; accoglie l'opposizione e revoca il decreto opposto. Condanna l'opposto alla rifusione, in favore dell'opponente, delle spese del giudizio che si liquidano come di seguito indicato. Valore della causa: da Euro 26.001 a Euro 52.000 Fase Compenso Fase di studio della controversia, valore medio: Euro 1.701,00 Fase introduttiva del giudizio, valore medio: Euro 1.204,00 Fase istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: Euro 903,00 Fase decisionale, valore medio: Euro 2.905,00 Compenso tabellare Euro 6.713,00 oltre spese iva e cpa come per legge. Pone le spese della consulenza definitivamente a carico dell'opposto. Così deciso in Sassari il 20 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 21 novembre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SASSARI I Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Elisa Remonti ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1624/2019 r.g. promossa da: CONDOMINIO V.LE (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. ZI.SI., elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, PARTE ATTRICE contro Ab. S.P.A. (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. LO.DA., elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, PARTE CONVENUTA e contro COMUNE DI SASSARI (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Civica nella persona di avv. PI.AN., avv. RU.MA., avv. SE.AL., avv. PA.SI., avv. RI.MA., elettivamente domiciliato in Sassari, Piazza (...), SOCIETÀ Re. (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'avv. SA.SA., elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, TERZI CHIAMATI OGGETTO: Responsabilità extracontrattuale Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione introduttivo del presente giudizio Condominio S. v.le (...), premesso di avere instaurato svariati giudizi con Ab. volti alla risoluzione degli episodi di allegamento fognario che si erano verificati dal 2007 al 2015 a danno della proprietà condominiale, affermato che tali allagamenti erano imputabili ad Ab. quale gestore esclusivo della rete pubblica idrica e fognaria, rappresentato che in data 7.4.2013 Ab. aveva eseguito i lavori ordinati dall'ordinanza cautelare ma che sino al 2015 si erano susseguiti gli allagamenti nella proprietà condominiale, rappresentato che solo nel 2015 la società aveva ultimato gli interventi risolutivi lungo la dorsale di v.le D., dedotto che gli interventi risolutivi erano già stati indicati nel procedimento di ATP del 2007 e che nel 2015 Ab. aveva tardivamente eliminato le cause di allagamento, sicché erano alla società imputabili tutti i danni subiti per gli allagamenti, affermata da ultimo la connessione con due cause promosse da due singoli condomini verso Ab. (RG n. 1393/2018 e n. 2960/2018), rappresentato infine di aver avviato con esito negativo la procedura di negoziazione assistita, tutto ciò dedotto, chiedeva, in via preliminare, la riunione con le predette cause e, in via principale, l'accertamento della responsabilità di Ab. per gli allagamenti subiti e la condanna al risarcimento di tutti i danni conseguenti. Si costituiva in giudizio in data 8/10/2019 (tempestivamente ai sensi dell'art. 167 c.p.c.) Ab. s.p.a. la quale, contestata la ricostruzione di parte attrice, affermato che nei procedimenti cautelari instaurati tra le parti non era stato accertato alcun nesso causale tra i danni e la condotta della convenuta nonché rappresentato che tali danni erano stati causati dall'irregolarità dell'ingresso del fognolo condominiale, così come era stato affermato dal CTU ing. Sc. nell'udienza del 31.1.2013, affermato di aver ultimato in data 7/4/2013 i lavori ordinati dall'ordinanza cautelare ed evidenziato che gli allagamenti protrattisi sino al 2015 avevano confermato che la causa degli stessi era imputabile a difetti degli impianti condominiali, contestato peraltro che gli interventi eseguiti nel 2015 erano stati posti a risoluzione dei vizi della rete fognaria, bensì essi erano stati eseguiti a ripristino dei danni della tubatura centrale di v.le (...) a causa delle sovrastanti radici delle piante comunali, ribadito pertanto che gli allagamenti fognari erano imputabili alle ostruzioni di radici causate dalla mancata manutenzione dell'ente comunale, contestata inoltre l'imputabilità a sé dei danni per le ostruzioni poiché Ab. non aveva poteri di vigilanza su tali detriti di verde pubblico, eccepita la prescrizione per i danni ricondotti ai fatti del 2006 e ribadita la propria estraneità ai danni lamentati, chiedeva il rigetto delle domande attoree. Inoltre, Ab. s.r.l., premesso che le condotte per cui è causa sono di proprietà del Comune di Sassari quale custode della res, affermato pertanto che gli eventuali danni causati da tali condotte devono essere imputate all'effettivo custode, rappresentato altresì che la presenza di radici nelle condotte era imputabile all'ente comunale poiché erano presenti molte piante sopra il collettore fognario e che il Comune non aveva monitorato la pulizia del collettore, dunque, chiedeva l'autorizzazione per la chiamata del terzo e, in via subordinata, in caso di accoglimento delle domande attoree, chiedeva di essere manlevato e garantito dal Comune di Sassari. Con decreto del 9.10.2019 veniva autorizzata la chiamata del terzo Comune di Sassari. Si costituiva in giudizio in data 19.2.2020 (tempestivamente ai sensi dell'art. 167 c.p.c.) Comune di Sassari il quale, eccepita la prescrizione del diritto fatto valere da Ab. nei propri confronti, rappresentato di non aver partecipato ad alcun precedente giudizio instauratosi tra le parti per gli episodi di allagamento, affermato che Ab. è gestore esclusivo del servizio idrico e fognario con conseguenti poteri di manutenzione e vigilanza sulla rete in forza di concessione a uso gratuito, affermato pertanto il ruolo di Ab. quale custode della rete per cui è causa, eccepito il concorso di colpa del condominio nella causazione degli allagamenti nonché eccepito il mancato espletamento della procedura di negoziazione assistita, chiedeva, in via preliminare, di dichiarare l'improcedibilità della domanda per mancata negoziazione assistita, la carenza di legittimazione passiva del Comune di Sassari, la prescrizione del diritto azionato dalla convenuta nonché il rigetto dell'istanza di riunione; in via principale, chiedeva il rigetto della domanda attorea e della domanda di manleva di Ab.. Inoltre, Comune di Sassari, premesso di essere assicurato per i danni ai terzi con polizza con clausola claims made stipulata con Re., chiedeva l'autorizzazione per la chiamata del terzo e, in via subordinata, in caso di accoglimento delle domande avversarie, chiedeva di essere manlevato e garantito da Re.. Con decreto del 3.3.2020 veniva autorizzata la chiamata del terzo Re.. e successivamente differita d'ufficio l'udienza per esigenze collegate all'epidemia Covid19. Si costituiva in giudizio in data 10.2.2021 (tempestivamente ai sensi dell'art. 167 c.p.c.) Re. la quale, eccepita l'inoperatività della polizza poiché la copertura assicurativa aveva decorrenza dal 31.12.2017, sicché i danni oggetto di causa erano precedenti a tale periodo in quanto verificatisi dal 2006 al 2015, eccepito altresì che l'assicurato non aveva comunicato tali eventi alla compagnia assicurativa in sede di stipula della polizza, contestate in ogni caso le difese di Ab. e la relativa domanda di manleva verso il Comune di Sassari, affermato altresì che i danni lamentati erano imputabili al condominio, il quale non aveva adeguato il proprio sistema di smaltimento delle acque, chiedeva, in via preliminare, di dichiarare l'inoperatività della polizza assicurativa e la prescrizione del diritto azionato da Ab.; nel merito, chiedeva il rigetto di ogni domanda nei propri confronti. Alla prima udienza del 2.3.2021, veniva rigettata l'istanza di riunione e, a seguito della concessione dei termini ex art. 183, co. 6, c.p.c., la causa veniva istruita con produzioni documentali delle parti. In sede di memoria ex art. 183, co. 6, n. 1, c.p.c. il Condominio precisava la propria domanda di condanna al risarcimento dei danni estendendola anche al terzo chiamato Comune di Sassari. All'udienza del 27/4/2023, svolta con la modalità cartolare, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. La domanda di parte attrice è fondata e deve essere accolta nei termini che seguono. Anzitutto, la fattispecie in esame deve ricondursi alla responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., che configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva in capo al custode della cosa che ha cagionato il danno, che prescinde da qualunque connotato di colpa del custode (sulla natura oggettiva della responsabilità, cfr. C. Cass. n. 2477/2018). In caso di danno da infiltrazioni, la responsabilità è in capo al custode dei beni che hanno causato l'evento lesivo, ossia l'allagamento e le conseguenti infiltrazioni. La distribuzione dell'onere probatorio per la responsabilità in esame pone, a carico di parte attrice, l'onere di dimostrare il fatto storico e l'evento dannoso, il rapporto di custodia tra il convenuto e la res, nonché il rapporto di causalità tra evento dannoso e la cosa in custodia; mentre, quale prova liberatoria, il custode ha l'onere di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato o del terzo. Dunque, ove vi sia rapporto di custodia, la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. è esclusa solamente dal caso fortuito, che attiene al profilo causale dell'evento e che si compone degli elementi dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità (cfr. C. Cass. n. 35429/2022: "in tema di responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., il caso fortuito è costituito da ciò che è non prevedibile in termini oggettivi (senza che possa ascriversi alcuna rilevanza all'assenza o meno di colpa del custode) ovvero che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale e ha idoneità causale assorbente; l'imprevedibilità è suscettibile di esaurirsi col trascorrere del tempo, che determina la perdita del carattere di eccezionalità all'accadimento"). Non è condivisibile la ricostruzione presentata da parte attrice sulla responsabilità di natura contrattuale di Ab. quale gestore esclusivo della rete pubblica idrica e fognaria. I fatti allegati sin dall'atto di citazione sono evidentemente riconducibili alla responsabilità ex art. 2051 c.c., ossia al risarcimento dei danni causati dalla cosa custodita dall'ente gestore, nulla rilevando il fatto che il Condominio fosse legato da Ab. in forza del contratto di utenza, che, come emerge documentalmente, attiene al (diverso) oggetto della corretta e regolare fornitura del servizio idrico e fognario. Infatti, l'illecito oggetto di domanda - ossia, i danni causati dallo stato di fatto della cosa (rete fognaria) - non costituisce, come prospettato dall'attore, violazione di un obbligo contrattualmente previsto tra le parti (basti evidenziare che lo stato della res non costituisce condotta contrattuale suscettibile di inadempimento), bensì è inquadrabile nell'ambito della responsabilità aquiliana ex art. 2051 c.c. Inoltre, occorre sinora richiamare i principi elaborati in ipotesi di illecito extracontrattuale permanente, ossia quell'illecito che protrae la verificazione dell'evento per la durata del danno e della condotta che lo produce: in tal senso, l'illecito che si caratterizza per la creazione dello stato di fatto in sé quale fonte di danno rientra nella categoria dell'illecito permanente (nel caso di specie, rete fognaria gestita dalla convenuta che, stante le sue caratteristiche strutturali, era causa periodica di allagamenti di liquami) (cfr. C. Cass. n. 2623/2021, in parte motiva). Nel caso di specie, i molteplici allagamenti denunciati, che si verificavano solitamente in concomitanza di giornate di pioggia intensa, erano conseguenza del perdurare dello stato di fatto della rete fognaria e delle sue caratteristiche strutturali. Tali eventi sono tutti riconducibili a un unico illecito permanente, visto il protrarsi della situazione di allagamento lamentata dall'attore a partire dal 2006 e cessata solo nel 2015. Ebbene, quanto alla decorrenza del termine di prescrizione, si condivide l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito, nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un'azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno, mentre, nel caso di illecito permanente, protraendosi la verificazione dell'evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta" (C. Cass. n. 9318/2018). E, dunque, stante la natura permanente dell'illecito in esame, in via preliminare, non è certamente fondata l'eccezione di prescrizione formulata da A.. La responsabilità del custode Così delineati i criteri regolatori della materia, passando al merito della vertenza, l'attore lamentava la formazione di allagamenti nei locali seminterrati condominiali, verificatisi sin dal settembre 2006 e fino al 2015, che erano stati causati dalla carente manutenzione di Ab. sugli impianti fognari a lei dati in gestione. Non è contestato tra le parti che Ab. s.r.l. sia gestore concessionario della rete pubblica fognaria e delle condotte qui in esame, con poteri di gestione e manutenzione sul bene. Sul punto, deve farsi riferimento alla "Convenzione regolante i rapporti tra l'Autorità d'Ambito e il Gestore del Servizio Idrico Integrato" datata 22.2.2012 (doc. 10 di parte convenuta e doc. 4 di Comune di Sassari), ove sono regolamentati gli obblighi e i poteri di Ab. in qualità di gestore nonché sono regolamentate le condizioni della concessione e il riparto di responsabilità tra gestore e enti locali proprietari (cfr. "l'autorità d'ambito riconosce al Gestore il diritto e il dovere di gestire funzionalmente il Servizio Idrico Integrato per tutta la durata della concessione, conformemente alla presenteconvenzione e alla normativa vigente" (art. 4.1.); "il Gestore espleterà i servizi con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio" (art. 4.2.); "il Gestore è responsabile del buon funzionamento dei servizi secondo le disposizioni della presente convenzione e dei relativi allegati. Il Gestore, nell'espletamento del Servizio Idrico Integrato, è tenuto ad adempiere a tutti gli obblighi pervisti dal presente atto nonché da ogni altra disposizione di legge vigente in materia, anche sopravvenuta" (artt. 6.1 e 6.2). In disparte ogni valutazione sulla ripartizione negoziale delle responsabilità tra i due sottoscrittori della convenzione (cfr. artt. 4.4, 6.3, 6.4), si ritiene che la qualità di custode di cui all'art. 2051 c.c. debba fondarsi sulla situazione di fatto e sui poteri effettivamente esercitati dai soggetti coinvolti in relazione alla res. Ebbene, nel caso di specie, è chiaramente emerso il diretto coinvolgimento di Ab. nella gestione, nell'utilizzo e nella manutenzione della rete idrica-fognaria, anche tenuto conto che i poteri decisionali, organizzativi e gestionali sono integralmente posti in capo al concessionario Ab.. La convenuta Ab. è pertanto il soggetto custode della rete fognaria in esame (si vedrà nel prosieguo, in sede di valutazione delle domande di Ab. verso il terzo chiamato, se Comune di Sassari assume o meno posizione di custode). Con riguardo agli eventi di allagamento, occorre anzitutto evidenziare che gli allagamenti da liquami non sono circostanza specificatamente contestata dalla convenuta, la quale si limitava a contestare la loro causalità con la rete fognaria e con gli obblighi manutentivi di A.. Dunque, posta la prova degli allagamenti denunciati, per la verifica della loro causalità con la res occorre prendere le mosse dalle risultanze tecniche-peritali emerse nei procedimenti cautelari instaurati tra Condominio e A.. Infatti, considerato che tali procedimenti venivano istaurati tra le odierne parti attrice e convenuta, evidenziato inoltre che tutte le parti in causa deducevano e contraddicevano su tali procedimenti, si ritiene la piena rilevanza e utilizzabilità delle relazioni di CTU svolte nelle seguenti procedure: a) procedimento di ATP RG n. 2813/2007; b) procedimento ex art. 700 c.p.c. RG 4593/2009; c) procedura esecutiva nel procedimento RG n. 4593-1/2009. Le risultanze di cui alle consulenze tecniche d'ufficio in tali sedi espletate possono essere qui condivise in quanto sorrette da idonea motivazione, immuni da errori e vizi logici nonché basate su un attento ed obiettivo esame della documentazione in atti e sui rilievi effettuati presso i luoghi di causa. Ebbene, le vicende giudiziarie che hanno riguardato i fenomeni infiltrativi de quibus possono essere di seguito così sintetizzati: a) procedimento di ATP RG n. 2813/2007 con svolgimento della CTU ing. Sc., datata 5.10.2008, in risposta al seguente quesito: "previo accesso sopralluogo ed esame degli atti dica il consulente quale sia l'origine e la causa delle invasioni di liquami lamentate dal condominio ricorrente, eventualmente indicando anche quale sia lo stato degli impianti di smaltimento delle acque luride ( anche in riferimento alle tecniche costruttive e alla normativa vigente al tempo della costruzione e al tempo attuale) e ove possibile distinguendo i danni (anche del terzo intervenuto) in relazione ai vari episodi nei quali si sono verificati e quantificandoli. Dica anche quali siano le opere idonee ad eliminare dette invasioni indicandone il relativo costo" (doc. 1.13.4 di parte attrice). Così il CTU aveva concluso: "tenuto conto che la camera di ispezione localizzata all'incrocio tra via Ab. e viale D. è causa di malfunzionamento del collettore fognario principale, malfunzionamento che causa gli allagamenti lamentati dal condominio, pur non potendosi escludere allo stato attuale con certezza che esiste una concausa legata ad una disfunzione del fognolo nel punto in cui questo confluisce nel collettore, occorre, a parere dello scrivente, intervenire sulla camera stessa ripristinando le condizioni precedenti alla sua realizzazione e facendo in modo che la tubazione proveniente dalla via D. non si innesti secondo un angolo di 90 rispetto al collettore principale, ma che sia convogliata in maniera tale da indirizzare i reflui nel verso di deflusso del collettore principale. A parere dello scrivente tali lavori, di difficile quantificazione allo stato attuale, sono necessari per ripristinare il corretto funzionamento del collettore fognario principale. In assenza di ulteriori problematiche inerenti il fognolo dell'edificio, che allo stato attuale non possono essere rilevate, i lavori di cui sopra permetterebbero di risolvere il problema evitando che si ripetano gli allagamenti. (?) Solo in un secondo tempo, se queste modifiche non dovessero risolvere completamente il problema riscontrato, sarebbe necessario procedere con lo scavo e gli ulteriori accertamenti" (p. 11 della relazione); b) procedimento ex art. 700 c.p.c. RG 4593/2009 con cui il Condominio aveva chiesto l'esecuzione urgente dei lavori indicati nella procedura di ATP. Con l'ordinanza cautelare di accoglimento, datata 15.2.2010 (doc. 1.2 di parte attrice), era stata ordinata l'esecuzione dei lavori indicati dal CTU ing. Sc. per la risoluzione degli episodi di allagamento di liquami; c) procedura esecutiva nel procedimento RG n. 4593-1/2009 con cui il Condominio aveva rappresentato il persistere degli allagamenti e aveva chiesto l'attuazione degli obblighi di fare di cui all'ordinanza del 15.2.2010. Previa formulazione di nuovo quesito peritale ("previo accesso in loco, esaminata la documentazione agli atti accerti il CTU se siano stati o meno realizzati gli interventi di cui all'ordinanza del 15Febbraio 2010 o se comunque gli interventi realizzati da Ab. abbiano posto rimedio agli inconvenienti evidenziati nella domanda cautelare"), veniva in tale sede espletata una seconda CTU, a firma dell'ing. Sc., datata 10.7.2012, la quale aveva accertato che Ab. non aveva eseguito i lavori indicati nella precedente ordinanza cautelare e, altresì, ad integrazione di quanto già accertato nella CTU del 2008, aveva esaminato lo stato dei luoghi mediante pozzetti di ispezione costruiti successivamente alla prima indagine peritale, i quali pozzetti erano stati ritenuti necessari e utili per una completa ispezione dei luoghi (doc. 6 di parte attrice). Sotto questo secondo profilo, il CTU aveva evidenziato che "grazie ai corsetti realizzati si sono potuti effettuare delle ulteriori indagini non possibili prima. L'esito di tali indagini permette di affermare che, allo stato attuale, stante la necessità di effettuare gli indispensabili interventi di cui all'ordinanza del 15 febbraio 2010, al fine di garantire una completo rimedio alle problematiche riscontrate, occorre intervenire anche sul collettore fognario principale discendente su viale D., nel tratto compreso tra l'incrocio con via Ab. e l'incrocio con via Ab., al fine di rimuovere la notevole mole di detriti evidenziata nelle videoispezioni, causante il restringimento della sezione con conseguente riduzione della portata di smaltimento dei reflui" (p. 5 della relazione). All'udienza del 27.5.2013, Ab. aveva dato atto della compiuta esecuzione dei lavori di cui all'ordinanza del 15.2.2010 (ossia, la deviazione della condotta fognaria proveniente da via D. con eliminazione della strozzatura indicata dal CTU in modo che l'innesto del collettore di via D. non formasse un angolo di 90 sul collettore principale) e, successivamente, aveva depositato relazione di fine lavori (docc. 5 e 7 di parte attrice). d) È altresì emerso che Ab. aveva eseguito ulteriori lavori sulla rete fognaria della zona nel 2015, che si erano conclusi a marzo 2015. Infatti, la stessa parte attrice allegava e provava che gli ultimi allagamenti si erano verificati nei giorni 22, 24 e 25 febbraio 2015 e che, subito dopo, Ab. aveva eseguito i lavori di ripristino del tratto ostruito, concludendo i lavori nei mesi successivi (cfr. comunicato stampa sull'intervento alle reti fognarie sub doc. (...) di parte attrice; articoli di giornale datati 4.3.2015 e 18.3.2015 relativi ai lavori sulle fognature di v.le D. sub doc. 87 di parte attrice; perizia di parte ing. Angius con relativa documentazione fotografica sub doc. (...) di parte attrice). Secondo la prospettazione dell'attore tali interventi erano stati risolutori degli allagamenti da liquami, che non si erano più verificati. A. non contestava l'effettivo svolgimento di tali lavori, bensì contestava che essi fossero stati compiuti al fine di ripristinare la rete fognaria: invero, secondo la versione della convenuta, tali lavori avevano ad oggetto la sistemazione del verde pubblico secondo un piano di intervento estraneo alla rete fognaria e/o alla risoluzione delle problematiche in esame (cfr. doc. nn. 8 e 13 di parte convenuta). Così delineata la sequenza temporale degli interventi eseguiti nonché degli accertamenti peritali svolti, alla luce di tutto quanto emerso nel corso delle indagini peritali svolte dal CTU ing. Sc., è possibile individuare due concause nella formazione degli allagamenti di liquami provenienti dalla rete fognaria, che avevano interessato i locali condominiali siti al piano interrato: 1) la tubazione proveniente dalla via D. si innestava al collettore principale sito in v.le D. formando un angolo di 90 , con l'effetto di creare una strozzatura a collo di bottiglia con conseguente diminuzione della portata di deflusso del collettore principale (cfr. p. 10 della relazione del 2008). Questa problematica strutturale veniva rimossa e risolta con l'intervento di inizio 2013 da parte di A.. 2) la presenza di notevole mole di detriti nel collettore fognario principale discendente su v.le (...) e, più nel dettaglio, nel tratto compreso tra l'incrocio con via Ab. e l'incrocio con via Ab., con l'effetto di restringere la sezione della condotta con conseguente riduzione della portata di smaltimento dei reflui. La rimozione dei detriti veniva effettuata nel marzo 2015 nel corso degli interventi sulla conduttura centrale di v.le (...), così come prospettato e provato dall'attore. Entrambe le predette cause riguardano la rete fognaria e la sua manutenzione e/o struttura. Devono essere escluse le altre con-cause eccepite dalle parti. In primo luogo, non costituisce concausa degli allagamenti fognari la conformazione del fognolo condominiale, sicché non può essere accolta l'eccezione, formulata dalla convenuta e dalle terze chiamate, di fatto fortuito del terzo condominio e/o di concorso di colpa del terzo condominio. Sul punto, pur vero che il CTU ing. Sc. aveva evidenziato che in caso di progettazione ex novo dell'impianto lo stesso sarebbe stato progettato diversamente, e comunque tenuto conto che il fognolo condominiale era stato costruito nel rispetto della normativa allora vigente (p. 13 della relazione), né nel corso dei precedenti giudizi né nel corso del presente giudizio è emersa la causalità tra il fognolo condominiale e gli allagamenti fognari denunciati. E, anzi, considerato che è pacifico tra le parti che la rete fognaria gestita da Ab. non aveva più causato allagamenti di liquami dal 2015 e che non erano mai stati fatti interventi sul fognolo condominiale, il quale era rimasto pertanto invariato sin dell'inizio degli eventi nel 2006, si ritiene che vi sia un grave indizio per cui il fognolo condominiale era stato ininfluente nella causazione degli allagamenti qui in esame. Peraltro, la relazione di CTU del 8.4.2008 aveva accertato che "il fognolo di smaltimento delle acque reflue e meteoriche provenienti dallo stabile (?) risulta privo di ostruzioni e di dimensioni adeguate a garantire lo smaltimento dei liquami provenienti dallo stabile in questione" (p. 9 della relazione). E neppure è meritevole di accoglimento l'eccezione per cui gli interventi svolti da Ab. nel 2013 erano stati esecutivi dei lavori indicati nell'ordinanza cautelare del 15.2.2013, sicché, secondo tale prospettazione, il persistere degli allagamenti era indizio dei difetti del fognolo condominiale quale concausa degli eventi. In verità, si osserva che la relazione peritale del 2013 aveva accertato la seconda concausa degli eventi (l'ostruzione da detriti della conduttura pubblica), la cui disostruzione era avvenuta nel marzo 2015, proprio in concomitanza con la fine degli allagamenti. E nulla rileva il fatto che nella procedura esecutiva del 2013 era stata esclusa la valutazione sui lavori "relativi alla condotta a monte" (verbale dell'udienza del 31.1.2013, doc. 2 di parte convenuta), dovendosi evidenziare che tale considerazione si fondava proprio sul fatto che tale procedimento era limitato all'esecuzione dei lavori indicati nell'ordinanza cautelare del 2010, sicché i lavori di disostruzione - pur valutati dal CTU - non erano stati oggetto di provvedimento giurisdizionale in quanto ultra petita. Come sopra ampiamente esposto, la seconda concausa era stata identificata nel contraddittorio delle parti nell'ambito dell'indagine peritale del 2013. In secondo luogo, devono ritenersi infondate le difese di Ab. relative alla posizione di custodia del Comune di Sassari in relazione al verde pubblico, le cui radici sovrastanti la condotta fognaria avrebbero asseritamente (con)causato gli allagamenti. Sul punto, posta la prova che i danni de quibus erano causati dalla rete fognaria ed evidenziato che una delle concause era stata l'ostruzione della condotta fognaria con foglie e detriti, si ritiene che la presenza di detriti nella conduttura sia imputabile al soggetto che, materialmente, aveva poteri e compiti di pulizia e manutenzione ordinaria della rete, ossia A.. Infatti, posto che la presenza di verde pubblico nelle strade è situazione ordinaria e fisiologica, considerato altresì che la raccolta di detriti - anche provenienti da verde comunale - è un evento da considerarsi normale e prevedibile, sicché, nell'esercizio dei poteri di gestione, l'ente concessionario è certamente obbligato e in grado di mantenere la sicurezza e la pulizia delle condutture idriche-fognarie, anche occupandosi dei detriti da radici/foglie. In altre parole, da un lato, Comune di Sassari non aveva poteri diretti (di pulizia e di manutenzione) sulla rete fognaria e sui detriti ivi presenti e, dall'altro lato, Ab. avrebbe ben dovuto conoscere la (normale) possibilità che le reti in gestione potessero ostruirsi con detriti e, per l'effetto, si ritiene che l'esecuzione di attività di disostruzione da parte del gestore concessionario della rete fossero condotte esigibili e rientranti negli ampi poteri di custodia della res. Invero, la mera proprietà pubblica delle piante non fonda alcuna posizione di garanzia dell'ente comunale rispetto agli eventi per cui è causa; anzi, è precisamente emerso che l'attività manutentiva e di gestione - qualora effettivamente posta in essere da Ab. - sarebbe stata in grado di eliminare ogni causa degli allagamenti fognari (interruzione poi effettivamente avvenuta a inizio 2015 a seguito dei lavori sulla linea). E, peraltro, è infondata la difesa secondo cui il Comune di Sassari avrebbe vietato l'esecuzione dei lavori sulla condotta fognaria, così impendendo l'esercizio dei poteri di gestione e controllo sulla res. Pur evidenziato che il ruolo di custode di Ab. rispetto alla rete fognaria impone alla società di esercitare ogni attività utile per il regolare funzionamento della stessa, la circostanza eccepita dalla convenuta non riceveva alcun riscontro probatorio in questa sede, costituendo mera allegazione. Dunque, così escluse le eccezioni di parte convenuta, le infiltrazioni presenti nei locali condominiali sono imputabili ad Ab. s.p.a. in qualità di gestore esclusivo della rete pubblica fognaria. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, deve accertarsi la responsabilità di Ab. s.p.a. per i danni da allagamento fognario subiti da Condominio v.le (...). La chiamata in causa del Comune di Sassari A. chiamava in garanzia Comune di Sassari nell'ipotesi di accoglimento della domanda attorea; Comune di Sassari contestava la domanda in garanzia, eccependo l'esclusiva responsabilità di Ab.. In primo luogo, occorre qui ribadire che Ab. è custode esclusivo della rete fognaria in esame poiché, appunto, unica ed effettiva titolare dei poteri di governo sulla res, da intendersi come potere di controllarla e di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte. Come noto, la responsabilità ex art. 2051 trova fondamento non tanto nel titolo di proprietà della res, bensì in un rapporto di fatto e di disponibilità materiale con il bene, sicché la qualifica di custode deve essere indagata sulla base di circostanze materiali e concrete (cfr. C. Cass. n. 11152/2023: "nella fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. il criterio di individuazione del responsabile è fondato su una relazione meramente fattuale col bene, la quale prescinde dal riferimento alla custodia di natura contrattuale o all'esercizio di diritti reali, al possesso o alla detenzione e viene meno esclusivamente nell'ipotesi di cose oggettivamente insuscettibili di essere custodite"). Difatti, la ratio del modello speciale di responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. risiede proprio nello stretto rapporto intercorrente tra un soggetto (anche se non proprietario) e la cosa in custodia. Anche con riguardo ai beni oggetto di concessione deve essere applicato tale criterio interpretativo, sicché, come più volte affermato dalla Corte di legittimità, "il rapporto di custodia che può presumersi nella titolarità dominicale della cosa può venire meno in ragione della escludente relazione materiale da parte di un altro soggetto che, con la cosa medesima, abbia, del pari, un rapporto giuridicamente qualificato" (C. Cass. n. 22839/ 2017). Nei rapporti tra proprietario e concessionario, si deve condividere l'orientamento di legittimità secondo cui "il concessionario di un'opera pubblica è responsabile del danno subito da un privato in dipendenza del cattivo funzionamento della suddetta opera ove egli sia tenuto - per legge o per contratto - ad eseguirne i lavori di manutenzione" (C. Cass. n. 24476/2020; in senso conforme C. Cass. n. 20907/2018). Nel caso di specie, l'ampiezza del potere di controllo sulla res attribuito a e materialmente esercitato da Ab. è tale da escludere una posizione co-custodiale del Comune di Sassari. Infatti, la società concessionaria nulla precisava su quali fossero le condotte custodiali e/o i controlli rimasti in capo all'ente comunale proprietario, anzi, emergeva documentalmente - e pacificamente tra le parti - che i rapporti tra i due enti fossero regolati dalla "Convenzione regolante i rapporti tra l'Autorità d'Ambito e il Gestore del Servizio Idrico Integrato", stipulata tra l'ente proprietario e Ab. in data 22.2.2012 (doc. 10 di parte convenuta e doc. 4 di Comune di Sassari), in forza della quale la concessionaria è titolare di tutti i poteri di governo sulla rete. Dunque, alla luce del predetto tenore documentale nonché dei profili fattuali emersi, occorre escludere eventuali profili di imputabilità ex art. 2051 c.c. al Comune di Sassari per i danni derivanti dalla rete fognaria data in concessione ad Ab.. Non è peraltro fondata la domanda in garanzia della convenuta, la quale affermava che la rete fognaria non era stata costruita dall'ente proprietario a regola d'arte. Con riguardo alle caratteristiche strutturali della res, la CTU accertava che "nel 2002, come appreso dai tecnici dell'A. e come successivamente confermato dall'ing. D., la camera ha subito delle modifiche a seguito di interventi di manutenzione che hanno interessato la parte di rete fognaria proveniente dalla via D.. Originariamente la parte di rete di cui sopra, costituita da un canale scavato nella roccia, si raccordava al collettore principale secondo una curva avente lo scopo di indirizzare i liquami nel verso di deflusso del collettore principale. A seguito dei lavori, il tratto terminale del canale originario è stato dismesso e sostituito dalla tubazione sopra citata. Per consentire la confluenza nel collettore principale, la tubazione è stata innestata a stramazzo all'interno della camera di ispezione. Le modalità seguite per l'innesto, che avviene secondo un angolo di 90 rispetto al collettore principale, sono tali da non permettere più di indirizzare i reflui nel verso di deflusso. Le modifiche apportate alla camera d'ispezione hanno inoltre causato una riduzione della sezione utile del collettore principale, creando di fatto una strozzatura a collo di bottiglia, con conseguente ulteriore diminuzione della portata di deflusso del collettore principale" (p. 10 della CTU del 2008). Ebbene, posto che nel 2002 vi era stata una modifica strutturale della rete, la quale aveva causato il difetto con-causa degli allagamenti de quibus, si ritiene che Ab. non abbia provato l'imputabilità all'ente comunale di tali interventi modificativi in peius: invero, ribadito che nel caso di specie è provato che Ab. sia titolare in via esclusiva dei poteri di governo sulla res, la stessa avrebbe dovuto - eventualmente - provare che la modifica intervenuta nel 2002 era stata causata ed effettuata dall'ente proprietario della rete fognaria (circostanza non provata dalla convenuta né documentalmente né mediante istanze testimoniali). Il solo titolo di proprietà della res non costituisce, nel caso di specie, il fondamento per una responsabilità ex art. 2051 c.c., sicché anche tale istanza di manleva deve dirsi infondata. Dunque, così escluse le eccezioni di parte convenuta, le infiltrazioni presenti nei locali dell'attore sono imputabili esclusivamente ad Ab. s.p.a. in qualità di gestore esclusivo della rete pubblica fognaria. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, esclusa la qualità di con-custode della res nonché esclusa la sussistenza di un rapporto di garanzia tra le parti, deve essere pertanto esclusa ogni responsabilità di Comune di Sassari per l'illecito per cui è causa, sia quale con-custode che quale soggetto garante. E, per l'effetto, nulla deve dirsi con riguardo alla domanda subordinata di manleva formulata da Comune di Sassari nei confronti di Re.. La liquidazione dei danni La parte attrice chiedeva il risarcimento dei danni all'edificio e delle spese sostenute. Sul punto, si osserva che il danneggiato è gravato dall'onere di allegazione e di prova dei danni subiti a seguito del fatto lesivo, tenuto conto che il danno deve essere risarcito nel rispetto dei principi dell'integralità e del danno effettivo nonché coerentemente con la finalità di reintegrare il patrimonio del danneggiato, ponendolo nella medesima situazione che avrebbe avuto se non ci fosse stato l'evento lesivo. Con riguardo ai danni allo stabile, deve porsi a fondamento della decisione la CTU svolta nel giudizio di ATP RG n. 2813/07, a firma dell'ing. Gi.Sc., la quale presenta un adeguato e logico percorso motivazionale tecnico. Il tecnico accertava e quantificava i danni causalmente connessi agli episodi di allagamento fognario, dettagliatamente indicati nel computo metrico allegato alla relazione peritale. In particolare, gli allegamenti di liquami avevano riguardato gli intonaci, la pavimentazione e le murature nonché avevano reso necessaria la chiamati di imprese di autospurgo e di pulizia. Tali danni venivano precisamente descritti dal CTU: "i danni riportati dalle murature riguardano il rigonfiamento degli intonaci, con il conseguente distacco dello stesso e la formazione di muffe per un'altezza di circa 40 cm dal pavimento. Nei locali interrati del condominio, in corrispondenza dei pilastri, l'acqua penetrata nell'intonaco ha corroso lo strato superficiale delle armature che, gonfiandosi, hanno causato il distacco dell'intonaco e la messa in luce delle stesse che, non essendo più protette dal copriferro ed essendo state a contatto diretto con l'acqua, sono in corso di corrosione. In occasione di ogni allagamento, sono state inoltre sostenute delle spese per l'eliminazione dell'acqua e dei liquami mediante intervento dell'autospurgo, la pulizia degli scantinati e, in occasione dei primi allagamenti, per la pulizia e la disinfezione della cisterna interrata del condominio" (p. 14 della relazione). La parte attrice produceva altresì relazione peritale a firma di ing. Angius, datata 20/3/2015, sub doc. 9, ove venivano quantificati i danni successivi alla perizia del CTU ing. Sc., datata 5/10/2008, che trovavano causa negli episodi di allagamento verificatisi dal 2008 al 2015. In sede di comparsa conclusionale, l'attore insisteva nell'ammissione di tali risultanze peritali, evidenziando che l'aggiornamento dei danni effettuato dal CTP ing. Angius aveva previsto un incremento minimo rispetto al quantum di cui alla CTU ("l'aggiornamento effettuato dal CTP ing. Angius nel 2016 (che ha aggiornato in complessivi in complessivi Euro. 20.643,75 i danni già quantificati in Euro. 19.818,82, con un incremento di soli Euro. 800,00 circa rispetto a ben 8 anni prima; a conferma della bontà della verifica e dell'insussistenza di qualsiasi fine speculativo"). In assenza di specifiche contestazioni sulla congruità o meno dei danni ivi quantificati, considerato che il decorso del tempo (dal 2008 al 2015) nonché la pacifica verificazione di svariati episodi di allagamento in tale arco temporale, si ritiene che sia ben probabile in termini tecnici e statistici che la somma indicata dall'ing. Sc. nel 2008 sia aumentata a fronte dell'aggravamento delle conseguenze pregiudizievoli all'edificio. Si ritiene pertanto congrua la quantificazione effettuata dal CTP ing. Angius con riguardo ai danni all'edificio e alle somme necessarie per l'esecuzione dei lavori risolutivi. Occorre a questo punto distinguere le diverse voci di danno subite da Condominio v.le (...). Quanto alle spese per il ripristino dei luoghi, sulla base del computo metrico redatto dal CTU ing. Sc. nonché dall'incremento indicato dall'ing. An. in relazione all'arco temporale dal 2008 al 2015, Ab. dovrà risarcire la somma di Euro 20.645,75 a titolo di risarcimento dei costi che il Condominio dovrà sostenere per il risanamento dei luoghi danneggiati dagli allagamenti. Tale somma deve essere rivalutata all'attualità nella somma finale di Euro 24.607,35. Con riguardo alle spese sostenute per gli interventi di pulizia e autospurgo, devono essere risarcite le spese documentate dal Condominio v.le (...), che siano state causalmente connesse gli eventi di allagamento. Devono essere anzitutto risarcite le spese documentate, congrue e pertinenti di cui all'allegato n. 7 della CTU sub doc. 1.13.4 di parte attrice, ossia la somma complessiva di Euro 7.571,39, rivalutata all'attualità in Euro 8.805,53. L'attore documentava altresì di aver sostenuto le seguenti spese per pulizia e autospurgo, da ritenersi causalmente connesse agli allagamenti verificatisi nell'arco temporale dal 2008 al 2015 (cfr. fatture e ricevute di pagamento relative alle sole voci di pulizia e spurgo): Euro 441,41 (pagato in data 28/11/2012, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 530,13; Euro 385,84 (pagato in data 10/7/2009, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 499,28; Euro 174,00 (pagato in data 18/4/2008, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 228,29; Euro 174,00 (pagato in data 13/11/2008, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 226,20; Euro 180,00 (pagato in data 18/4/2008, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 236,16; Euro 768,00 (pagato in data 19/4/2013, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 916,22; Euro 72,60 (pagato in data 6/9/2013, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 86,39; Euro 61,00 (pagato in data 27/11/2013, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 72,83; Euro 122,00 (pagato in data 14/5/2014, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 145,06; Euro 73,20 (pagato in data 26/2/2015, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 87,40; Euro 826,80 (pagato in data 6/5/2015, sub doc. (...)), rivalutato all'attualità in Euro 983,89. Sono da escludersi le spese fatturate (e/o relative a interventi) in data anteriore all'incontro peritale del 8/4/2008, dunque spese che sono (o che sarebbero state) oggetto dell'indagine peritale d'ufficio di cui alla relazione del 5/10/2008 (docc. 55, 56, 57, 58, 59) nonché le spese i cui pagamenti non sono documentati con fatture e/o ricevute fiscali (doc. 60). La somma all'attualità risarcibile a titolo di rimborso delle spese sostenute dall'attore per la pulizia e/o spurgo, causalmente connesse agli episodi di allagamento, è pari a Euro 12.817,38 (= somma di Euro 8.805,53 - spese indicate nella CTU del 2008 - e Euro 4.011,85 - spese successive alla CTU del 2008). Dunque, il danno emergente complessivo è pari a Euro 37.424,73 (= somma di Euro 24.607,35 e di Euro 12.817,38). Oltre tale somma, devono liquidarsi gli interessi a tasso legale ex art. 1284, co. 1, c.c., che decorrono sulla somma oggi liquidata devalutata alla data del fatto (ossia, dalla data del consolidamento dell'illecito e, dunque, dal 31.3.2015) e rivalutata di anno in anno (C. Cass., Sez. U., n. 1712/1995). Non è, da ultimo, accoglibile la domanda volta a condannare Ab. all'eliminazione delle cause lesive nell'ipotesi di nuovi allagamenti a danno del condominio. Nel caso di specie, posto che la domanda attorea concerne l'illecito da infiltrazioni nel periodo dal 2006 al 2015, essendo pertanto il petitum risarcitorio limitato a tale arco temporale, si ritiene che non sia stata provata la sussistenza di danni futuri causalmente connessi alla rete fognaria di A.. Anzi, nel presente giudizio sono stati quantificati e liquidati tutti i danni subiti dallo stabile condominiale e, peraltro, la stessa prospettazione di parte attrice si pone nel senso che, a seguito degli interventi risolutivi di febbraio/marco 2015, non si erano più verificati allagamenti e, dunque, non si erano più verificati danni allo stabile condominiale. Le spese di lite Passando alla regolamentazione delle spese di lite, devono anzitutto essere quantificate e liquidate le spese sostenute da Condominio v.le D. nell'ambito dei procedimenti cautelari e del procedimento di ATP. Tali spese riguardano l'onorario del CTU, del consulente di parte nonché il compenso del difensore in detta procedura. Con riguardo alla natura delle spese della procedura di ATP, occorre richiamare l'orientamento di legittimità secondo cui "le spese dell'accertamento tecnico preventivo "ante causam" vanno poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l'accertamento stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di possibile compensazione totale o parziale, a carico del soccombente e da liquidare in un unico contesto" (C. Cass. n. 14268/2017; conf. C. Cass. n. 9735/2020). Peraltro, occorre precisare che tali esborsi devono essere tempestivamente allegati e provati dalla parte attrice stante la loro natura di danno emergente, assoggettato agli ordinari criteri dell'onere della prova (C. Cass. Sez. U n. 16990/2017: "le spese di assistenza legale stragiudiziale, diversamente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno emergente e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e prova secondo le ordinarie scansioni processuali"). Anche le spese sostenute per il consulente tecnico di parte sono risarcibili allorquando siano causalmente connesse al petitum di causa e all'esigenza di difesa della parte (cfr. C. Cass. n. 84/2013: "le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale hanaturadi allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate, a meno che il giudice non si avvalga, ai sensi dell'art. 92, primo comma, cod. proc. civ., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue"). Il compenso per l'indagine peritale del CTU svolta nel procedimento di ATP RG n. 2813/2007 è pari a Euro 2.465,69, così come risulta documentalmente dal decreto di liquidazione datato 16/10/2008 per il compenso del CTU ing. Gi.Sc. (cfr. fascicolo di ATP; docc. 11, 12 e 13 di parte attrice); tale importo deve essere rivalutato all'attualità in complessivi Euro 3.210,33, oltre interessi come sopra. In tale procedura Condominio v.le (...) aveva nominato quale CTP il tecnico geom. Me., sicché, ritenuta la pertinenza e la congruità del suo onorario, deve essere liquidata la somma di Euro 370,44 a titolo di rimborso delle spese di CTP di cui al doc. 64 di parte attrice, rivalutata all'attualità in Euro 442,68. È altresì risarcibile l'onorario dell'ing. Angius, il quale aveva prestato la consulenza nell'anno 2015, avente ad oggetto l'interruzione o meno degli allagamenti nonché l'accertamento degli ulteriori danni verificatisi nello stabile. L'importo di cui alla fattura sub doc. 66 deve essere ridotto del 50% in quanto - considerato il tenore della relazione nonché le tariffe standard di cui alle consulenze tecniche giudiziali - la congruità della spesa è limitata al solo importo di Euro 1.228,80, rivalutato all'attualità in Euro 1.462,27. Non è invece risarcibile il compenso dell'ing. P. (doc. 65 di parte attrice) in quanto tale spesa non è causalmente connessa né ai giudizi cautelari precedenti né al presente giudizio. Quanto all'onorario del difensore in sede di ATP (RG n. 2813/2007), ritenuto risarcibile quanto sborsato da parte attrice in forza delle fatture sub doc. (...) e (...), rivalutato all'attualità, si liquidano in Euro 3.146,46. Quanto all'onorario del difensore in sede di procedimento cautelare (RG n. 4593/09), ritenuto risarcibile quanto sborsato da parte attrice in forza delle fatture sub doc. (...), rivalutato all'attualità, si liquidano in Euro 2.344,63. Dunque, Ab. è tenuta al pagamento della somma complessiva di Euro 10.606,37 a titolo di rimborso di spese di CTU e di CTP nonché spese di lite relative ai giudizi cautelari connessi. Oltre tale somma, devono liquidarsi gli interessi a tasso legale ex art. 1284, co. 1, c.c., che decorrono sulla somma oggi liquidata devalutata alla data del fatto (ossia, dalla data del consolidamento dell'illecito e, dunque, dal 31.3.2015) e rivalutata di anno in anno (C. Cass., Sez. U., n. 1712/1995). Quanto al presente giudizio, le spese di lite seguono il principio della soccombenza e della causalità e, applicato il D.M. n. 55 del 2014, scaglione sino a 52.000, ridotta di 2/3 la fase trattazione/istruttoria stante la natura esclusivamente documentale della causa, si liquidano a favore della parte vittoriosa Condominio v.le D. n. 19 in Euro 518,00 per rimborso CU, in Euro 6.412,00 per compenso, oltre IVA (se dovuta), CPA e rimborso forfettario al 15%, da porsi a carico di Ab. s.p.a. Con riguardo alle spese sostenute da Comune di Sassari, applicato il principio di causalità per cui le spese del terzo chiamato devono essere rifuse dalla parte che ha dato causa alla sua chiamata, applicato il D.M. n. 55 del 2014, scaglione sino a Euro 52.000,00, tenuto conto della natura documentale della vertenza, ridotta di 2/3 la fase trattazione/istruttoria, si liquidano in Euro 6.412,00 per compenso, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario al 15%, da porsi a carico di parte soccombente A.. Per lo stesso principio di soccombenza e di causalità, posto che la chiamata in causa della compagnia assicurativa di Comune di Sassari era stata causata da Ab. s.p.a., applicato il D.M. n. 55 del 2014, scaglione sino a Euro 52.000,00, tenuto conto della natura documentale della vertenza nonché del tenore delle difese di parte chiamata, la cui semplicità delle questioni (rispetto alle altre parti processuali) deve essere tenuta in considerazione, applicati i valori minimi tabellari, esclusa la fase istruttoria con riduzione di 2/3 della fase di trattazione/istruttoria si liquidano in Euro 3.207,00 per compenso, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario al 15%, da porsi a carico di parte soccombente Ab. a favore di Re.. P.Q.M. Il Tribunale di Sassari, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa o assorbita, così decide: 1) accerta e dichiara la responsabilità ex art. 2051 c.c. di Ab. s.p.a. per i fatti di cui in parte motiva; 2) condanna Ab. s.p.a. al pagamento in favore di Condominio v.le D. n. 19/v. G. n. 6 - S., in persona del rappresentante pro tempore, delle somme di: - Euro 37.424,73, oltre interessi a tasso legale ex art. 1284, co. 1, c.c. come in parte motiva, a titolo di risarcimento del danno; - Euro 10.606,37, oltre interessi a tasso legale ex art. 1284, co. 1, c.c. come in parte motiva, a titolo di rimborso di spese di CTU, di CTP e di spese giudiziali sostenute per i procedimenti cautelari precedenti; 3) rigetta le restanti domande delle parti; 4) condanna Ab. s.p.a. alla refusione delle spese del giudizio in favore di Condominio v.le D. n. 19/v. G. n. 6 - S., in persona del rappresentante pro tempore, liquidate in Euro 518,00 per rimborso CU, in Euro 6.412,00 per compenso professionale, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario al 15%; 5) condanna Ab. s.p.a. alla refusione delle spese del giudizio in favore di Comune di Sassari, liquidate in Euro 6.412,00 per compenso professionale, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario al 15%; 6) condanna Ab. s.p.a. alla refusione delle spese del giudizio in favore di Re., liquidate in Euro 3.207,00 per compenso professionale, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario al 15%. Così deciso in Sassari il 2 ottobre 2023. Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SASSARI II sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1935/2020 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...) ATTORE contro CONDOMINIO (...) in Stintino, in persona del suo amministratore p.t., col patrocinio dell'avv. (...) presso cui è elettivamente domiciliato CONVENUTO Oggetto: condominio - impugnazione di delibera assembleare CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE: "Piaccia al Tribunale Ill.mo adito, respinta ogni contraria richiesta, domanda, eccezione, deduzione e conclusione - Annullare per i motivi rassegnati la delibera assunta in data 04.08.2017 dal Condominio convenuto nella parte in cui approva il bilancio consuntivo e relativa ripartizione ponendo a carico dell'attore pro quota le spese di soccombenza di cui alla sentenza della Corte d'Appello di Cagliari - Sezione Distaccata di Sassari-, n. 231/17 RG. 6/15 e per l'effetto -ricalcolare le quote in bilancio nonché quella relativa agli attori, al netto delle spese di lite di cui alla sentenza indicata al capo che precede - Con vittoria di spese, diritti e onorari". PER PARTE CONVENUTA: "Il Tribunale ill.mo, ogni avversa istanza, eccezione e deduzione respinta, voglia: 1) In via preliminare dichiarare inammissibile la domanda per carenza di interesse ad agire dell'attore; 2) In subordine rigettare le avverse domande perché infondate; 3) In ogni caso con vittoria di spese e compenso di avvocato". RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 20 luglio 2020 (...) conveniva davanti a questo tribunale il Condominio "(...)", in cui erano situati due immobili di sua proprietà, chiedendo l'annullamento della delibera assunta il 4 agosto 2017 dall'assemblea condominiale nella parte in cui, approvando il bilancio e la relativa ripartizione delle spese, aveva posto a suo carico, pro quota, quelle di soccombenza liquidate con la sentenza n. 231/17 della Corte d'appello di Cagliari - Sezione Distaccata di Sassari. Chiedeva, conseguentemente, il ricalcolo della quota in bilancio di sua spettanza. Esponeva che nell'assemblea condominiale tenutasi il primo agosto 2015, tramite la coniuge (...), ivi presente, egli aveva espresso il proprio dissenso all'impugnazione della sentenza n. 1432/2014 resa dal Tribunale di Sassari, sfavorevole al condominio in epigrafe, chiedendo che fosse messo a verbale il proprio dissociarsi dalla lite, ai sensi dell'art. 1132 c.p.c. Tale volontà veniva reiterata e confermata entro i 30 giorni successivi tramite una lettera raccomandata, resa al mittente per compiuta giacenza. In seno alla medesima assemblea i condomini ivi presenti avevano invece ratificato l'impugnazione da parte del Condominio "(...)" e, successivamente, la Corte d'appello, definendo il giudizio di secondo grado così instaurato, aveva rigettato le domande del condominio, confermando la sentenza di primo grado e condannandolo al pagamento a favore della controparte della somma di Euro 100.300,00, oltre interessi e spese di giudizio liquidate in Euro 6.615,00 oltre accessori. Assumeva quindi parte attrice che con la delibera condominiale del 4 agosto 2017 erano stati approvati i bilanci consuntivo e preventivo, nei quali erano state ripartite le spese di lite liquidate in grado d'appello, poste anche a suo carico, nonostante il proprio dissenso ex art. 1132 c.p.c. e i dubbi sollevati dagli altri condomini che avevano invitato l'amministratore a richiedere un parere legale al riguardo. Precisava che l'amministratore, con una nota del 23 settembre 2017, aveva rappresentato ai condomini l'impossibilità per l'attore di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite e lamentava di aver successivamente versato la propria quota delle spese di soccombenza, con riserva di ripetizione. Si costituiva in giudizio il Condominio "(...)" e contestava la domanda, sostenendo che le spese legali liquidate dal giudice d'appello non erano state ancora né ripartite né accantonate ed eccependo, conseguentemente, la carenza di interesse ad agire dell'attore. Contestava, inoltre, la valida manifestazione del dissociarsi da parte del (...), assumendo che il dissenso alla lite era stato espresso in seno all'assemblea condominiale del primo agosto 2015 solo dalla sua coniuge (...), non condomina e priva di delega. Eccepiva, ancora, la decadenza del (...) per non aver manifestato nel termine dei successivi 30 giorni la sua volontà di separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, in quanto nella comunicazione inviata all'amministratore l'attore nulla aveva espressamente dichiarato in tal senso, così come richiesto dall'art. 1132, c.c., limitandosi a fare riferimento al dissenso messo a verbale nell'assemblea del primo agosto 2015. Contestava infine la modalità di trasmissione della comunicazione del (...), avvenuta con raccomandata, anziché mediante ufficiale giudiziario, così come disposto dall'art. 11, ultimo comma, del regolamento condominiale, concludendo per l'inammissibilità della domanda per carenza di interesse ad agire dell'attore o, in subordine, per il rigetto. La causa, istruita con prove documentali, veniva in decisione all'udienza del 14 febbraio 2023 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c. La domanda attrice è fondata e dev'essere accolta. La disposizione di cui all'art. 1132, c.c., consente infatti al condomino che intenda dissociarsi dalla deliberazione dell'assemblea di intraprendere una lite o di proseguirla, come nella specie, nel giudizio di secondo grado, di manifestare tempestivamente il suo dissenso evitando, in tal modo, di esporsi alle conseguenze pregiudizievoli della controversia, nel caso in oggetto definita dalla Corte d'appello con una pronuncia sfavorevole al condominio, condannato alla rifusione delle spese di lite. Si tratta pertanto di verificare se il dissenso del sig. (...) sia stato efficacemente espresso, nelle forme e nel termine perentorio prescritti dall'art. 1132, c.c. Sotto il primo profilo, emerge dal verbale dell'assemblea condominiale del 1° agosto 2015 (doc 3 attore) come, approvando il secondo punto all'ordine del giorno, il condominio avesse deliberato di procedere all'impugnazione della sentenza sfavorevole, proponendo l'appello. Decisione alla quale la coniuge dell'odierno attore (...), presente all'assemblea, si era espressamente e chiaramente opposta, manifestando il dissenso del condomino. Ora, non essendo previste forme particolari per la delega a partecipare all'assemblea condominiale, che peraltro non potrà che essere data o comunque documentata per iscritto, nella specie deve presumersi che la coniuge dell'esponente ne fosse munita, essendo stata la sua dichiarazione puntualmente riportata a verbale e non potendosi altrimenti tenere in alcuna considerazione la sua manifestazione di volontà espressa all'assemblea, non essendo ella condomina, per quanto emerge dalle produzioni di parte convenuta. D'altra parte, la relativa raccomandata spedita il 18 agosto 2015 dal (...) all'amministratore del condominio, con cui l'odierno attore aveva ribadito la sua contrarietà alla proposizione del gravame, in tal modo anche ratificando la manifestazione di dissenso già espressa dalla coniuge in assemblea, risulta comunque spedita tempestivamente ed ampiamente entro il termine decadenziale di 30 giorni prescritto dalla richiamata disposizione. Il fatto che detta missiva non sia stata ritirata dall'amministratore, presso il cui studio professionale è stata indirizzata, non rileva. Né sembra dirimente che detto dissenso, siccome già manifestato all'assemblea e comunque, quantomeno, tempestivamente ratificato dal rappresentato, non sia stato comunicato mediante notifica in senso proprio, essendo pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il condomino ben può efficacemente dissociarsi mediante dichiarazione resa nell'assemblea condominiale o anche con lettera raccomandata, forme ritenute idonee ed equipollenti a quella prevista dall'art. 1132, c.c., e dal regolamento condominiale, dovendo, evidentemente, interpretarsi la manifestazione di volontà contraria del condomino secondo correttezza e salvaguardando lo scopo della prescrizione, di garantire la certezza della comunicazione e la sua conoscenza da parte del destinatario. Scopo che ben può essere conseguito attraverso le forme attuate nella specie (dichiarazione resa in assemblea e successiva espressa ratifica del condomino, comunicata tempestivamente con raccomandata a.r., il cui contenuto è inequivocabile). E', infine, appena il caso di rilevare, in ordine all'eccepita carenza d'interesse, che l'assemblea del 4 agosto 2017 aveva effettivamente deliberato, come risulta chiaramente dal relativo verbale e dai punti all'ordine del giorno, l'approvazione dei bilanci, consuntivo e preventivo (l'impugnazione concerne infatti entrambi, come si evince chiaramente dal complesso delle argomentazioni del (...), in tal senso interpretate anche dal convenuto) in cui erano state specificamente riportate le spese di lite in questione. Bilanci con cui, come si ricava dal testo del verbale allegato (doc.8), nonché dai relativi dati contabili, pure allegati (doc. 6: vi è contenuto l'espresso riferimento a "spese sentenza Turisarda"), erano state anche ripartite fra i condomini le spese dovute in dipendenza della condanna di cui alla sentenza della Corte d'appello (doc. 7) pubblicata il 15 giugno 2017. Spese che risultano poste anche, pro quota, a carico del condomino dissenziente. La deliberazione deve pertanto reputarsi, sotto tale profilo, invalida, perché ingiustamente attributiva di un costo a carico del condomino, in violazione di quanto prescritto dal richiamato art. 1132 c.c. in suo favore. L'impugnazione dev'essere dunque accolta, mentre non vi sono elementi adeguati per procedere in questa sede al ricalcolo del dovuto, cui dovrà comunque provvedere l'amministrazione condominiale, detraendo quanto contabilizzato a carico del (...) per spese processuali del giudizio d'appello. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a carico di parte convenuta. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, accoglie la domanda attrice e, per l'effetto, annulla la delibera assunta in data 4 agosto 2017 dal Condominio convenuto nella parte in cui approva i bilanci e la relativa ripartizione delle spese, ponendo a carico dell'attore, pro quota, quelle di lite liquidate con la sentenza della Corte d'appello di Cagliari - Sezione Distaccata di Sassari, n. 231/17. Condanna il Condominio "(...)" di Stintino, in persona del suo amministratore pt, alla rifusione in favore dell'attore (...) delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 560,00, oltre rimborso forfetario spese generali, iva e cpa come per legge. Sassari, 4 settembre 2023. Depositata in Cancelleria il 5 settembre 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di Sassari dr. G.Sanna ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 11 del RGAC per l'anno 2020 e promossa da (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to (...) che lo rappresenta e difende per delega a margine dell'atto introduttivo del giudizio ATTORE CONTRO CONDOMINIO (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to (...) che lo rappresenta e difende per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte CONVENUTO CONTRO (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to (...) che lo rappresenta e difende per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte INTERVENIENTE VOLONTARIO OGGETTO: azione di risarcimento del danno. CONCLUSIONI: come da foglio telematico depositato per l'udienza fissata per la precisazione delle conclusioni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio il Condominio di (...) 196 in Alghero e, premesso di essere proprietaria esclusiva dell'appartamento sito in Alghero, via (...), al Foglio (...), mappale (...) sub 4; mappale (...) e mappale (...), categoria A/3, classe 1, vani 6, della superficie catastale di mq. 149, nonché del locale autorimessa al piano terra, della consistenza catastale di mq. 29, al Foglio (...), mappale (...) sub 5, con cortile di pertinenza, che detta porzione immobiliare faceva parte del Condominio di (...) 196; esponeva che in data 13.3.2017 esplodevano le condutture fognarie del palazzo che correvano sotto il piano di calpestio del giardino di sua proprietà allagando con liquami l'intero giardino; lamentava che detto allagamento di liquami avevano danneggiato il giardino, tanto che si rendeva necessario provvedere allo scavo di pulizia e rimozione terra vegetale; rimozione pozzetti ammalorati; fornitura e posa in opera di nuovi pozzetti e nuovi tratti di condotta orizzontale; collaudo del nuovo impianto di scarico e fornitura e posa di terra vegetale per ripristino giardino e che per detti lavori aveva subito l'esborso della somma di Euro 6.100,00, concludeva chiedendo che stante la responsabilità del Condominio in ordine all'evento dannoso lo stesso venisse condannato al risarcimento del danno subito. Si costituiva il Condominio di (...) 196 contestando la domanda e i motivi posti a suo fondamento eccepiva in via preliminare che la (...) al momento del verificarsi dell'evento non era proprietaria dell'immobile e che di conseguenza non poteva chiedere il risarcimento asseritamente arrecato ad una porzione immobiliare non di sua proprietà, avendo ricevuto l'immobile per donazione in data 29.5.2019 e non avendo ricevuto alcuna cessione del diritto al risarcimento del danno, nel merito evidenziava come la (...) aveva comunicato al Condominio l'immissione di liquami provenienti dalla condotta fognaria e nonostante il Condominio si fosse attivato per convocare l'assemblea e deliberare i lavori la (...) aveva provveduto a effettuare i lavori che le riteneva opportuni, concludeva chiedendo il rigetto della domanda. Interveniva volontariamente (...) proprietaria dell'immobile al momento del verificarsi dell'evento dannoso precisando che per accordi verbali intercorsi con la (...) aveva ceduto anche il diritto al risarcimento del danno maturato a suo favore, clausola peraltro contenuta nell'atto di donazione nella parte nella quale dice che vengono ceduti altri diritti a favore di terzi o da terzi vantati e comunque con l'intervento chiedeva l'accertamento del lamentato fatto lesivo e la condanna del Condominio al risarcimento del danno. La causa veniva istruita con produzioni documentali e consulenza tecnica di ufficio e presa in decisione sulle conclusioni assunte all'udienza fissata per la precisazione e all'esito del deposito delle memorie ex art. 190 cpc. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve essere rigettata la domanda proposta da (...) in quanto non proprietaria dell'immobile al momento del verificarsi dell'evento dannoso. Ed infatti a decorrere dalla sentenza n. 2951/2016, le Sezioni Unite sono intervenute a comporre un contrasto tra le sezioni e, in accoglimento dell'orientamento maggioritario, hanno ritenuto che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene non costituisce un accessorio del diritto di proprietà, ma è un diritto di credito, distinto ed autonomo rispetto al diritto reale. L'autonomia di tale diritto comporta che "il diritto al risarcimento del danno subito dall'immobile, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale come accadrebbe se fosse un elemento accessorio, ma è suscettibile solo di specifico atto di cessione ai sensi dell'art. 1260 c.c.. Di conseguenza, quando accanto all'atto di trasferimento della proprietà, non vi sia stato un atto di cessione del credito, il diritto al risarcimento dei danni compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene al momento dell'evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale". Ciò posto non appare emergere dall'atto di donazione che ha attribuito la proprietà del bene che si assume abbia subito il danno nessuna esplicita cessione del relativo credito, come affermato dalla (...), mancando proprio quella puntualizzazione evidenziata dalla citata sentenza nella quale si esplicita la cessione del credito unitamente al diritto dominicale. Per contro, (...) titolare del diritto di proprietà sull'immobile danneggiato all'epoca del verificarsi dell'evento dannoso ha spiegato intervento autonomo, facendo valere un diritto proprio in contrasto anche con la domanda dell'attrice, con ciò riportando la controversia tra le parti legittimamente interessate alla soluzione. La (...) richiamando esplicitamente l'atto di citazione della (...) ha sostanzialmente ribadito che in data 13.3.2017 all'interno del suo appartamento si era verificato un allagamento di liquami causato dal mancato funzionamento delle condutture condominiali che portavano le acque luride verso il collettore fognario cittadino , allagamento che aveva interessato l'interno della sua abitazione posta al piano terra e il piccolo giardino pertinente e che per la rimozione delle conseguenza aveva esborsato la somma di Euro 6.100,00 della quale richiedeva il pagamento al Condominio convenuto ritenendolo responsabile del danno. La fattispecie prospettata concreta l'ipotesi di una responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 cc non potendosi contestare che le condutture fognarie nella parte in cui insistono nella proprietà ricadente nell'ambito condominiale siano parte necessaria condominiale e quindi soggiacciano alla custodia del condominio che è tenuto alla manutenzione ordinaria che ne consenta l'ordinario utilizzo. Incombe nella fattispecie indicata al danneggiato la sola prova del rapporto di causalità tra il bene oggetto di custodia e l'evento dannoso dalla stessa cagionato, incombe per contro al danneggiante la prova del fortuito o della forza maggiore al fine della liberazione dalla responsabilità. Parte attrice non ha necessità di dare la prova sul rapporto causale in quanto, emerge dalla comparsa di costituzione del Condominio che effettivamente l'evento dannoso si è verificato e che lo stesso era riconducibile alle condutture fognarie condominiali - il Condominio afferma di avere fatto intervenire l'autospurgo per eliminare l'inconveniente, di avere convocato l'assemblea per l'esame dei preventivi che avrebbe richiesto per provvedere al ripristino e messa in sicurezza della conduttura fognaria- con ciò confermando sia l'evento verificatosi sia le cause che lo avevano generato. Orbene il Condominio contesta che la (...) ha eseguito i lavori di ripristino della conduttura fognarie per il tratto compreso nel suo cortile senza autorizzazione del condominio e in assenza di urgenza di provvedervi. Siffatta difesa porta a ritenere del tutto acclarato il fatto che il tratto di conduttura fognaria che attraversava il giardino della (...) andava ripristinata e messa in sicurezza. Quanto al risarcimento del danno richiesto con l'intervento dalla (...) occorre in primo luogo evidenziare che lo stesso contempla da un lato il danno subito alla proprietà privata (infiltrazioni dei liquami nel giardino) e dall'altro il costo del ripristino della conduttura fognaria che aveva generato il danno. Rispetto a quest'ultimo il Condominio ne disconosce non l'utilità e la corretta esecuzione ma il fatto che l'opera essendo condominiale non sia stata autorizzata e che la (...) abbia agito al di fuori dei suoi poteri. Vero che sussiste il principio secondo cui il singolo condominio ha diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione della cosa comune nell'interesse degli altri proprietari senza autorizzazione degli organi condominiali, solo qualora, ai sensi dell'art. 1134 c.c., dette spese siano urgenti, secondo la nozione che distingue l'urgenza dalla mera necessità; urgenza che ricorre quando, secondo un comune metro di valutazione, gli interventi appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa o ai terzi, mentre nulla è dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (Cass. 9280/2019; Cass. 18759/2016). Orbene all'esito dell'allagamento di liquami così grave che aveva invaso la proprietà della (...) a causa delle condizioni della condotta fognaria che attraversava il suo giardino, provvedere alla riparazione della stessa condotta si poneva come urgente perlomeno al fine di evitare un altro ulteriore allagamento e quindi ulteriori e forse più gravi danni alla proprietà della (...). Emerge, infatti, dalle produzioni documentali che il Condominio sollecitato dalla (...) con la mail del 11.6.2017 ha convocato l'assemblea per discutere del problema solo il 27.7.2017 con la conseguenza che la verosimiglianza del verificarsi di altri episodi di allagamento, a distanza di quattro mesi dall'episodio grave, appariva concreta e reale, tale quindi da indurre la (...) a ripristinare la condotta fognaria posta nel suo piccolo giardino a sue spese. L'urgenza di provvedere all'esecuzione sulle opere comuni appare quindi presente e di conseguenza legittima la richiesta restitutoria della somma necessaria per il ripristino della conduttura fognaria. A riguardo deve essere presa in considerazione la consulenza tecnica di ufficio espletata la quale indenne da vizi e soprattutto analitica e propositiva, al contrario delle molteplici ingiustificate contestazione effettuate da parte convenuta, ha determinato sia il danno cagionato alla (...) sia il valore delle opere da lei eseguite, peraltro a regola d'arte, con grande vantaggio per il Condominio convenuto, in complessivi Euro 4.778,00 oltre IVA da detta somma deve essere detratta la somma di Euro 410,00 spesa pe l'apposizione dei ciottoli di marmo bianco per giardino, non sussistendo prova alcuna della loro presenza prima dell'allagamento. Concludendo la somma complessiva dovuta per il risarcimento del danno conseguente all'allagamento di liquami del 13.3.2017 è pari a Euro 4.368,00 oltre IVA. Ovviamente trattandosi di beni in custodia appartenenti al Condominio ed essendo la (...) all' epoca condomina risponde anche lei nei limiti dei millesimi di proprietà, ovvero il Condomino sarà tenuto a corrispondere in favore di (...) la somma di Euro 4.368,00 oltre IVA detratta la quota della stessa (...) corrispondente ai suoi millesimi. Riguardo alle spese processuali le stesse devono ritenersi compensate tra le parti ciò alla luce della soccombenza della attrice (...) e del Condominio rispetto a (...) e stante la coincidenza di posizione tra la (...) e la (...). P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta; 1) Rigetta la domanda proposta da (...), 2) Condanna il Condominio a corrispondere in favore di (...) la somma di Euro 4.368,00 oltre IVA e a tenere conto nell'adempimento della porzione di responsabilità incidente sulla (...) in misura corrispondente ai millesimi degli immobili di sua proprietà. 3) Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio. Sassari 6 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI II SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 252/2020 promossa da: (...) (C.F.(...) con il patrocinio degli avv.ti (...) presso cui è elettivamente domiciliato OPPONENTE contro (...) S.P.A.), col patrocinio degli avv.ti (...) presso cui è elettivamente domiciliata OPPOSTA Oggetto: RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 28 gennaio 2020 (...) conveniva davanti a questo tribunale (...) proponendo opposizione al decreto notificatogli il 27 dicembre 2019, n.971/2019 con cui gli era stato ingiunto il pagamento della somma di 21.123,22 euro, oltre interessi e spese. Contestava il credito azionato in sede monitoria, affermando che col contratto di finanziamento la banca aveva applicato in modo illegittimo gli interessi. Lamentava l'anatocismo, l'indeterminatezza del tasso d'interesse, l'"antergazione e/o postergazione della valuta", l'applicazione di "interessi occulti", riservandosi di dimostrare più accuratamente i suoi assunti in corso di causa. Si costituiva la (...) s.p.a. e, eccependo preliminarmente la nullità della domanda, di cui rilevava l'indeterminatezza, chiedeva la conferma del decreto opposto, osservando come il credito trovasse titolo nel contratto di finanziamento finalizzato all'acquisto di un'autovettura, stipulato dal (...) rimasto inadempiuto, con conseguente decadenza del mutuatario dal beneficio del termine ed obbligo di pagamento del debito residuo e degli interessi di mora. Con la successiva memoria depositata ex art. 183, co. 6, n.1, c.p.c. l'opponente eccepiva l'improcedibilità del decreto opposto, in quanto la banca non aveva aderito al tentativo obbligatorio di mediazione e ribadiva le "irregolarità nel calcolo degli interessi applicati dalla banca", eccependone l'usura originaria e, comunque, l'infedeltà del tasso effettivo rispetto a quello pattuito, con conseguente applicazione dell'interesse determinato ai sensi dell'art. 117 TUB. L'opposta insisteva per la conferma del decreto ed il rigetto dell'opposizione. Disposta la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, la causa, istruita solo con produzioni documentali era assunta in decisione all'udienza del 17 novembre 2022 sulle conclusioni riportate in epigrafe, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c.. L'opposizione è palesemente infondata e dev'essere disattesa. Va premesso che deve escludersi l'eccepita improcedibilità del "decreto opposto", rectius della domanda, in primo luogo perché nessuna sanzione d'improcedibilità è comminata dalle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 per la mancata partecipazione della parte invitata al procedimento di mediazione. Nella specie, peraltro, la banca opposta aveva preso parte alla mediazione promossa dall'opponente e la sua mancata adesione (v. doc. 5 opposta) risulta adeguatamente motivata dalla manifesta distanza delle rispettive posizioni processuali, non essendo peraltro prevista alcuna sanzione nemmeno per la parte che, rispondendo all'invito, non aderisca alla proposta. Nel merito le contestazioni di parte opponente risultano alquanto generiche e non pertinenti. Il contratto di prestito finalizzato all'acquisto di un'autovettura, stipulato fra (...) s.p.a. e l'odierno opponente il 9 dicembre 2016 e allegato al ricorso per decreto ingiuntivo, contiene tutti i requisiti atti ad individuare le condizioni del finanziamento, i tassi applicati, le modalità e i termini del relativo rimborso, dovuto attraverso il versamento di ratei costanti comprendenti capitale ed interessi, secondo il criterio di ammortamento cosiddetto alla francese, sicché non è dato individuare alcun profilo d'illegittimità derivante dall'asserito anatocismo. La genericità delle asserzioni relative alla determinazione del tasso d'interesse del finanziamento non ne consente nemmeno una specifica disamina, sottolineandosi, peraltro, che il contratto, specificando l'ammontare dei ratei di rimborso comprensivi di capitale ed interessi, il numero e la periodicità dei versamenti, nonché la determinazione del relativo tasso applicato dall'istituto erogante, risulta soddisfare ampiamente il requisito della necessaria determinazione e trasparenza delle condizioni applicate, previsto dall'art. 117, co. 4, 6 e 7 del TUB. In mancanza di puntuali contestazioni al riguardo non si ravvisano dunque profili di nullità del contratto o di singole clausole, sulla base di quanto allegato da parte opponente. Deve rammentarsi in proposito che il piano di rimborso del mutuo secondo l'ammortamento "alla francese", ossia con rate d'importo costante che inglobano una quota capitale crescente ed una quota interessi decrescente, non comporta, di per sé, l'applicazione di interessi anatocistici, dato che gli interessi che vanno a comporre la rata da pagare (fissa e predeterminata) sono calcolati sulla sola quota di capitale, né si riscontra, in difetto di più specifiche argomentazioni, una discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato. Non vi è dunque alcuna applicazione di interessi su interessi, atteso che quelli inglobati nelle rate vengono calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, cioè sul capitale originario, detratto l'importo già pagato con le rate precedenti. La contestazione inerente all'applicazione di interessi usurari, non emergente pei altro dal tasso indicato nel contratto (che riporta un TAN del 4,91% ed un TAEG del 5,79%) è talmente generica e sfornita di alcuna argomentazione da non consentire al riguardo alcun rilievo, essendo appena il caso di osservare che il tasso soglia per il credito finalizzato all'acquisto di beni, riferito al quarto trimestre dell'anno 2016, era pari al 15,1500%. Quanto ai calcoli contenuti nella perizia di parte allegata dagli opponenti, essi si fondano su presupposti manifestamente erronei, quali, ad esempio, il computo nel tasso d'interesse, che risulta concordato in misura largamente inferiore al tasso soglia vigente nel periodo di riferimento, dei costi diretti al recupero del credito rimasto (pacificamente) insoluto e di quelli inerenti all'estinzione anticipata del prestito. Deve pertanto ritenersi che il creditore opposto (...) s.p.a., che nelle more del processo è stata incorporata da (...) s.p.a. con atto pubblico del 22 giugno 2021, ha adeguatamente assolto all'onere della prova a suo carico, producendo il contratto costituente titolo delle pretese azionate in sede monitoria, redatto per iscritto e sottoscritto dal cliente, gli estratti conto e le certificazioni attestanti, ex art. 50 del TUB, il saldo passivo a carico dei mutuatari (doc. D-5), prove sufficienti, alla stregua delle contestazioni, estremamente generiche, sollevate dal beneficiario del finanziamento (pacificamente rimasto inadempiuto, con conseguente decadenza dal beneficio del termine), a dimostrare l'esistenza e la liquidità del credito azionato, anche nel presente giudizio di merito. Al rigetto dell'opposizione segue la condanna dell'opponente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo in favore della parte opposta. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo n.971/2019 emesso da questo tribunale. Condanna l'opponente (...) al pagamento in favore dell'opposta (...) s.p.a., incorporante la società (...) s.p.a., delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.650,00, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Sassari il 3 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SASSARI II sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 333/2018 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), presso cui è elettivamente domiciliato OPPONENTE contro GEOM. (...) S.R.L. col patrocinio dell'avv. (...), presso cui è elettivamente domiciliata OPPOSTO Oggetto: appalto-opposizione a decreto ingiuntivo CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE: v. atto di citazione in opposizione PER PARTE OPPOSTA: "1) In via principale e nel merito, per tutte le motivazioni in fatto ed in diritto meglio dedotte in narrativa, rigettare l'opposizione per cui si procede, confermando il decreto ingiuntivo n. 4207/2017 oltre ad interessi di mora e rivalutazione monetaria sul capitale dal dì del dovuto e fino a saldo avvenuto; 2) In via subordinata, In caso di parziale accoglimento delle avverse eccezioni in merito all'inesatta esecuzioni dei lavori da parte della Geom. (...) s.r.l., condannare il geom. (...) al pagamento di quanto istruito in corso di causa ovvero secondo equità e giustizia; 3) In ogni caso, con vittoria di spese documentate e compenso all'avvocato patrocinante determinato ai sensi del D.M. n.55/2014, oltre al rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, c.p.a. 4%, i.v.a. 22% e successive spese occorrende" RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 15 gennaio 2018 (...), titolare dell'omonima impresa edile, proponeva tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 4207/2017, provvisoriamente esecutivo, notificatogli dalla Geom. (...) s.r.l. per il pagamento della somma di Euro16.500,00 che questa assumeva dovutale quale residuo corrispettivo per l'esecuzione di un subappalto commissionatole dal (...). Somma portata da un assegno bancario, allegato quale prova scritta del credito al ricorso proposto in sede monitoria (e non potuto riscuotere perché post datato), e risultante da un preventivo commerciale datato 29.5.2015. L'appalto aveva ad oggetto la tornitura e posa in opera di conglomerato bituminoso per la realizzazione di una rotatoria in comune di Porto Torres. Eccepiva l'opponente di non dovere alcuna somma, in ragione delle carenze nell'esecuzione dei lavori effettuati dall'impresa subappaltatrice, già contestati dall'amministrazione committente, nonché l'inefficacia dell'assegno, in quanto post datato, a valere quale prova scritta del credito, non essendo lecita la funzione di garanzia del pagamento attribuita al titolo in base agli accordi intercorsi fra i contraenti. Concludeva chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo ed il risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempimento dell'impresa (...). Si costituiva la società opposta e contestava le ragioni esposte dal (...) sostenendo di aver compiutamente eseguito, a regola d'arte, i lavori commissionati e che l'assegno le era stato consegnato in pagamento dall'opponente nel dicembre del 2015, dopo la loro realizzazione, avvenuta alla fine di maggio 2015. Sosteneva che nessun difetto era ascrivibile all'opera subappaltata e che l'assegno prodotto a corredo del ricorso valeva quantomeno quale promessa di pagamento e ricognizione di debito. Concludeva per il rigetto dell'opposizione, vinte le spese. La causa, istruita solo con produzioni documentali, era assunta in decisione all'udienza del 20 settembre 2022 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c. L'opposizione è infondata e dev'essere disattesa. Va premesso che nel presente giudizio di merito viene in considerazione l'accertamento dell'esistenza ed esigibilità del credito azionato dall'opposta, dato che l'assegno (post datato: si richiamano al riguardo le considerazioni espresse nell'ordinanza in data 8 maggio 2018) prodotto a corredo del ricorso monitorio costituisce promessa di pagamento (ai sensi dell'art. 1988 c.c.: al riguardo. Cass. 4368/95) e determina solamente un'inversione dell'onere della prova. L'emissione di un assegno con data in bianco o post datato, e consegnato quindi in garanzia con l'accordo di dilazionarne il pagamento, è infatti contraria alle norme imperative (artt. 1 e 2 del RD 1736/1933) che ne disciplinano i requisiti e la circolazione. Sebbene anche la giurisprudenza più recente abbia ribadito la nullità del titolo costituito dall'assegno bancario privo di data o post datato (Cass. 19051/2021), tuttavia, nei rapporti diretti tra traente e beneficiario esso vale, in linea con un arresto ormai consolidato da tempo (sul punto, Cass. 27370/2019 e Cass. 1437/2021) quale promessa di pagamento, trattandosi di scrittura con cui l'emittente si è comunque impegnato a pagare una somma di denaro, apponendovi la propria sottoscrizione e dando luogo in tal modo ad una presunzione, iuris tantum, dell'esistenza del rapporto sottostante. E' pertanto a carico del traente l'onere di provare specificamente l'esistenza di circostanze ostative al riconoscimento del credito. Avendo, dunque, il titolo valore di promessa di pagamento e dovendo presumersi l'esistenza del credito, essendo peraltro indiscussa nella specie l'avvenuta compiuta esecuzione dell'opera subappaltata, consistente nella fornitura e posa dello strato bituminoso su una rotatoria, ricade sull'opponente l'onere di dare dimostrazione delle eccezioni sollevate circa l'esistenza di carenze nell'esecuzione del subappalto che sono rimaste, tuttavia, sfornite di prova adeguata. Posto che la difesa del (...) non insiste per l'ammissione delle istanze istruttorie dedotte e già disattese dal giudice, deve comunque al riguardo ribadirsi che "non può ammettersi una sorta di registro dell'appaltatore ((...)) nei confronti del sub-appaltatore ((...)) con riferimento ai vizi denunciati dal committente (Consorzio) senza che ne siano stati rispettati i modi e i tempi (di denuncia dei vizi) previsti dalla legge" (così l'ordinanza in data 16 ottobre 2020). Va infatti sottolineato come il rapporto di subappalto sia proseguito fra il (...) e la società (...) anche a seguito delle contestazioni scritte formulate nei confronti del primo dal Consorzio committente, fin dal gennaio 2015, mentre i lavori per cui l'opposta domanda il corrispettivo erano stati eseguiti nel maggio dello stesso anno e contestati dal geom. (...) solo alla fine del dicembre 2015 (v. mail del 30.12.2015: doc. 13 opponente). Inoltre, con riferimento all'opera eseguita nel maggio del 2015, in relazione alla quale è richiesto il pagamento, la società (...) aveva preventivamente e specificamente avvisato il subappaltante di una serie di criticità preesistenti riscontrate sulla superficie della rotatoria, che presentava difformità ed avvallamenti (v. docc. 6 e 7 opposta), con l'invio della mail in data 28 maggio 2015, contestuale alla trasmissione del preventivo specificamente sottoscritto e quindi accettato dal geom. (...). Proprio la mail inviata dalla subappaltatrice il 28 maggio 2015, poco prima dell'avvio ed ultimazione dei lavori, terminati il successivo 29 maggio (com'è incontestato), rivela come i problemi che l'opponente ascrive a carente esecuzione dell'opera commissionata alla società opposta, e in relazione ai quali domanda il risarcimento dei danni in via riconvenzionale, fossero in realtà preesistenti e che, nonostante la segnalazione della (...) Costruzioni circa i difetti riscontrati nella pavimentazione del sito, il (...) aveva comunque dato corso all'esecuzione dell'opera, commissionando alla (...) la stesura del manto bituminoso come concordata, sottoscrivendo il preventivo e consegnandogli l'assegno non datato o post datato, avendo le parti concordato, come risulta dalla stessa mail, una dilazione del pagamento. Al rigetto dell'opposizione, nonché della domanda riconvenzionale proposta dal (...), consegue la conferma del decreto e la condanna dell'opponente alla rifusione in favore della società delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, secondo la soccombenza. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, rigetta la domanda riconvenzionale e l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 4207/2017 proposte da (...) e lo condanna alla rifusione in favore della Geom. (...) s.r.l. delle spese di lite, liquidate in Euro 2.700,00, oltre rimborso forfetario ed oneri di legge. Sassari, 30 gennaio 2023 Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Onorario dott.ssa Simonetta Puggioni ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 3133/2021 promossa da: (...), rappresentata e difesa dall'Avv. (...), giusta procura in atti Ricorrente CONTRO (...), (...) e (...), rappresentati e difesi dall'Avv. (...), giusta procura in atti Resistenti OGGETTO: Risarcimento danno MOTIVAZIONI IN FATTO E DIRITTO Con ricorso del 11.10.2021 (...) conveniva in giudizio (...), (...) e (...) deducendo che: in data 01.05.2015 aveva stipulato un contratto di locazione ad uso abitativo con (...), registrato il 08.05.2015, avente ad oggetto l'immobile sito nell'agro del Comune di Sassari, Loc. (...), di proprietà di quest'ultima e dei figli (...) e (...); veniva pattuito, tra l'altro, un canone mensile di euro 370,00 e la durata di anni 3 più 2; il 01.07.2016 la locatrice le aveva comunicato la disdetta del contratto per finita locazione alla prima scadenza, stante la volontà della stessa di vendere l'immobile locato; all'esito di procedimento di licenza per finita locazione promosso dalla locatrice, l'immobile veniva rilasciato il 30.03.2018, in data 12.06.2019 l'immobile risultava ancora intestato agli odierni resistenti e, quindi, il 08.07.2019 aveva inviato a questi ultimi raccomandata chiedendo il risarcimento del danno patito a causa dell'illegittima disdetta in misura pari ad euro 13.320,00 (corrispondente a 36 mensilità). Chiedeva, dunque, l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "...1) condannare, in solido tra loro, la signora (...) ed i signori (...) e Salvatore, quali comproprietari dell'immobile sito in agro del Comune di Sassari, loc. (...), oggetto della locazione, per le ragioni di cui in espositiva, al risarcimento del danno quantificato nella somma di Euro 13.320,00 (tredicimilatrecentoventi) in favore della ricorrente. 2) Con vittoria di spese e competenze...". Con memoria del 18.01.2022 si costituivano in giudizio (...), (...) e (...) deducendo che: con contratto di locazione (...) aveva concesso in locazione a (...) l'unità immobiliare sita in (...), per un canone di euro 370,00 mensili; la durata del contratto era stabilita ini anni 3 rinnovabili di ulteriori 2; nel corso del 2016, per motivi economici, avevano deciso di vendere l'immobile locato e, a tal fine, il 22.06.2016 avevano comunicato alla conduttrice disdetta per finita locazione, indicando la loro intenzione di vendere l'immobile ed accordando alla stessa il diritto di prelazione; al fine di avere la certezza che l'immobile venisse rilasciato alla data della naturale scadenza del contratto, avevano radicato procedimento di licenza per finita locazione chiedendo, in subordine, anche la risoluzione del contratto per grave inadempimento stante la presenza di evidenti danni di cui avevano richiesto il risarcimento; in assenza di opposizione della conduttrice veniva convalidata la licenza per finita locazione e fissato il rilascio alla data del 30.04.2018; la conduttrice aveva chiesto lo scioglimento anticipato del contratto di locazione e in data 30.03.2018 aveva consegnato le chiavi ottenendo la restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale; prima di mettere in vendita l'immobile, vennero eseguiti dei lavori di ripristino per porre rimedio ai danni ivi insistenti; il primo annuncio di vendita venne pubblicato il 25.06.2018, allo stesso prezzo al quale l'immobile era stato offerto alla conduttrice; in assenza di proposte di acquisto il 08.02.2019 venne pubblicato un nuovo annuncio con una riduzione del prezzo di vendita; non avendo ricevuto alcuna offerta nemmeno a seguito di tale secondo tentativo, vennero dati due incarichi di mediazione, uno il 08.03.2019 ed uno il 15.03.2019; in data 04.07.2019 avevano ricevuto una diffida con la quale (...) chiedeva il pagamento della somma di euro 13.320,00 a titolo di risarcimento non essendosi perfezionata la vendita; solo in data 08.10.2019 era pervenuta una proposta irrevocabile di acquisto e la vendita si era perfezionata con atto pubblico del 13.01.2021. Nel ritenere pienamente verificatosi il motivo per il quale era stato esercitato il diritto di disdetta e, tenuto anche conto della rinuncia ad ogni diritto scaturente dal contratto sottoscritta dalla conduttrice in sede di restituzione delle chiavi, i locatori chiedevano l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "...1) Reietta ogni contraria istanza ed eccezione. 2) Rigettare le domande proposte da (...) per i motivi di cui in espositiva e per l'effetto dichiararsi che nulla è dovuto da (...), (...) e (...) a (...) in virtù del contratto di locazione del 01.05.2015 avente ad oggetto l'unità immobiliare sita in Sassari, S. (...). 3) Con vittoria di spese e compensi professionali del giudizio.". La causa, istruita con l'acquisizione dei documenti, all'udienza del 18.11.2022 è stata discussa e decisa con lettura del dispositivo. La domanda risarcitoria svolta da parte ricorrente deve essere rigettata. Come noto, in tema di locazioni di immobili ad uso abitativo, l'art. 3, l. n. 431/1998 conferisce al locatore la facoltà di diniego di rinnovo della locazione del contratto, alla prima scadenza contrattuale, soltanto in presenza dei motivi tassativamente indicati dalla norma (Cass. Civ., n. 936/2013). Nella comunicazione di diniego di rinnovo contrattuale, il motivo sul quale la disdetta è fondata deve essere specificato a pena di nullità; ciò al fine di consentire al conduttore di effettuare, ex ante, una verifica sulla serietà e sulla realizzabilità dell'intenzione dichiarata dal locatore. La sua effettiva sussistenza costituisce, peraltro, condizione per il valido ed efficace esercizio della facoltà potestativa del locatore sul quale grava l'onere di dimostrare la realizzazione della finalità indicata (cfr. Cass. civ. n. 19523/2019). La norma richiamata, nel caso di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta, prevede un doppio regime sanzionatorio: il comma 3 prevede un risarcimento del danno nella misura minima di trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito. Il comma 5 aggiunge al rimedio del risarcimento del danno, nella misura sopra indicata, quello del ripristino della locazione per il caso in cui il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'immobile (anche per mezzo di procedura giudiziaria), ma non lo abbia adibito agli usi per i quali la disdetta era stata esercitata entro il termine di dodici mesi successivi. Nel caso in esame (...) ha chiesto la condanna degli odierni resistenti al pagamento della somma di euro 13.200.00 (corrispondente a 36 mensilità), ritenendo illegittimo l'esercizio della facoltà di disdetta da parte della locatrice, non essendosi perfezionata nei dodici mesi previsti per legge la vendita addotta da quest'ultima quale motivo volto a giustificare la disdetta alla prima scadenza. Orbene, nella locazione ad uso abitativo è pacifico il principio giurisprudenziale secondo cui le sanzioni per la mancata destinazione dell'immobile all'uso indicato nella disdetta anticipata ex art. 3 commi 3 e 5 Legge n. 431 del 9.12.1998, non sono applicabili al locatore se la tardiva o la mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato ai fini del rilascio siano giustificate da esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore (per tutte Cass. Civ. n. 189471/2019). La responsabilità configurata dalla disposizione in commento non viene qualificata alla stregua di responsabilità oggettiva, né la Giurisprudenza vi ha ravvisato una presunzione assoluta di colpa a carico del locatore, reputando che si tratti di una fattispecie particolare d'inadempimento contrattuale, in cui la colpa è presunta ai sensi e per gli effetti dell'art. 1218 c.c. ("...il risarcimento del danno a favore del conduttore non è connesso ad un criterio di responsabilità oggettiva, con presunzione assoluta di colpa; pertanto, si deve escludere ogni qual volta sia accertata l'esistenza di un impedimento non imputabile a dolo o colpa del locatore..." Cass. Civ. n. 38247/2017). La Suprema Corte ha, altresì, statuito che "...incombe sul locatore l'onere di provare di avere adempiuto all'obbligo corrispondente, ovvero di non aver potuto adempiere per cause ostative a lui non imputabili, ai sensi degli art. 1218 e 2697 codice civile..." (Cass. Civ. n. 23794/2014). Nel caso in esame gli odierni resistenti hanno assolto all'onere probatorio posto a loro carico. Invero, è incontestato in atti che questi ultimi, subito dopo il rilascio dell'immobile da parte della conduttrice, abbiano fatto eseguire all'interno dello stesso dei lavori di ripristino per porre rimedio ai danni ivi insistenti. I ricorrenti hanno, altresì, fornito adeguata prova di aver posto in vendita l'immobile oggetto di causa, avendo depositato in atti due annunci di vendita pubblicati su riviste specializzate nel settore immobiliare (Idealista e Immobiliare.it): uno del 25.06.2018 ed uno del 08.02.2019, nel quale ultimo si evince un'apprezzabile riduzione del prezzo dell'immobile rispetto al primo annuncio (cfr. doc. 6 e7 fascicolo resistente). Inoltre gli stessi hanno documentato due incarichi di mediazione alla vendita conferiti uno alla società Dimore Italiane il 08.03.2019 ed uno all'agente immobiliare Tiziano Satta in data 15.03.2019 (cfr. doc. 8 e 9 fascicolo resistente). È pacifico in atti che, nel lasso di tempo che va dalla data in cui la locatrice ha riacquistato la disponibilità dell'immobile (30.03.2018) a quella in cui ha ricevuto una proposta irrevocabile di acquisto (08.10.2019), l'immobile non sia stato occupato dagli odierni resistenti e/o impiegato per scopi diversi da quello indicato in disdetta. La tardiva destinazione dell'immobile all'uso dichiarato ai fini del rilascio, pertanto, deve ritenersi in concreto giustificata da ragioni e/o situazioni (mancanza di offerte) meritevoli di tutela in quanto non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso. Per quanto esposto il ricorso deve essere respinto, restando assorbita e/o respinta ogni ulteriore domanda, eccezione e/o richiesta. Sussistono, pertanto, giustificati motivi per l'integrale compensazione delle spese di lite. Non può, invero, non tenersi conto del fatto che la conduttrice non ha avuto conoscenza degli annunci e dei mandati di mediazione alla vendita da parte della locatrice, nemmeno a seguito della propria richiesta di risarcimento ricevuta da quest'ultima in data 25.07.2019. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: - Rigetta il ricorso. - Spese compensate. Fissa il termine di giorni 60 per la motivazione. Sassari, 18 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2023.
Tribunale Ordinario di Sassari Prima Sezione Civile Il Tribunale civile di Sassari, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Elisabetta Carta, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. .../21 R.G. promossa da: C.V. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in Sassari, viale..., presso e nello studio dell'Avv. ...(C.F. (...)) che la rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione; ATTORE CONTRO C.M.C. (C.F.: (...)), elettivamente domiciliata in Sassari, via..., presso e nello studio dell'Avv. ...(C.F. (...)) che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, CONVENUTO E C.P. nato a S. il (...), ivi residente in via M. n. 5, e C.G., nata ad O. il (...), ivi residente in via D. S. n. 20, CONVENUTI CONTUMACI OGGETTO: alimenti Svolgimento del processo - Motivi della decisione In via di premessa si osserva che gli art.132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. prevedono che la sentenza deve contenere "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione" la quale "consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi", così che debba ritenersi conforme al modello normativo richiamato (il quale prevede la sinteticità della motivazione quale corollario del dovere di assicurare la ragionevole durata del processo) la motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, 26 luglio 2012 n. 13202), nonché l'esame e la trattazione nella motivazione delle sole questioni - di fatto e di diritto - "rilevanti ai fini della decisione" concretamente adottata, dovendo le restanti questioni eventualmente esposte dalle parti e non trattate dal giudice essere ritenute non come "omesse" (per l'effetto dell'error in procedendo), ma semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante. Richiamati, in ordine alla ricostruzione dei profili fattuali della presente vicenda controversa, il contenuto assertivo della citazione, nonché dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice in corso di causa, si osserva quanto segue in ordine alla decisione. Con atto di citazione ritualmente notificato C.V. ha convenuto in giudizio i germani C. M.C., C.P. e C.G. per sentirli condannare alla prestazione degli alimenti ex artt. 433 ss c.c.., assumendo di trovarsi in stato di bisogno, priva dei mezzi necessari al proprio sostentamento, affetta da patologia che le impedisce di svolgere i lavori pesanti, e rischiando di essere senza tetto, in quanto ripetutamente sollecitata a lasciare la casa ove è ospitata. Benché ritualmente citati C.P. e C.G. sono rimasti contumaci nel presente giudizio. Si è costituita C.M.C. eccependo preliminarmente l'inammissibilità della richiesta avanzata dall'attrice ai sensi dell'art. 433 c.c., in quanto la norma predetta prevede che gli alimenti debbano essere corrisposti dai soggetti elencati secondo un ordine tassativo e, segnatamente, dal coniuge; dai figli (legittimi o legittimati o naturali o adottivi) anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi (anche naturali); dai genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, gli adottanti; dai generi e le nuore; dal suocero e dalla suocera; dai fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali. Ha difatti allegato che l'attrice risultava essere ancora sposata con il Sig. P.C. e che, pertanto, alla luce di quanto argomentato, la prestazione alimentare sarebbe dovuta essere avanzata in primis nei confronti del coniuge e solo qualora lo stesso fosse risultato impossibilitato ad adempiere C.V. avrebbe potuto procedere nei confronti dei successivi obbligati. Premesso inoltre che affinché sorga il diritto agli alimenti allo stato di bisogno del richiedente deve aggiungersi la capacità dell'obbligato di adempiere l'onere alimentare, ha dedotto di non essere in grado di adempiere quanto richiesto da parte attrice. Ha rappresentato, difatti, di essere separata dal marito, C.G., di abitare nella casa coniugale cointestata con il marito e con la figlia C.A., non ancora economicamente indipendente, di percepire uno stipendio di circa Euro 400,00, di non avere la possibilità di poter svolgere attività lavorativa a tempo pieno a causa di diverse patologie pregresse, essendole stata riconosciuta un'invalidità del 64% (in ordine alla quale stava svolgendo le pratiche necessarie per ottenere l'aggravio). Ha infine allegato che all'attrice erano state proposte varie offerte di lavoro che erano state costantemente rifiutate, come quella di provvedere all'assistenza della madre quando era ancora in vita, in cambio di regolare retribuzione e alloggio presso la casa familiare, e altre offerte di lavoro comunicate dalla nipote C.A., nonché da parte di vari amici di famiglia che intendevano offrire un'opportunità di reddito, mai accolta. Ha concluso chiedendo in via preliminare e in rito dichiararsi inammissibile la domanda avanzata da parte attrice e carente di legittimazione passiva la convenuta, in via principale e nel merito rigettarsi le domande avverse in quanto infondate in fatto ed in diritto. Con V. di spese compensi di lite. La causa è stata istruita mediante la produzione di referente documentale e, all'esito, all'udienza cartolare del 19 luglio 2022, precisate le conclusioni, è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. La domanda attorea deve essere dichiarata inammissibile per i motivi in appresso illustrati. Come è noto l'art. 433 c.c. indica le persone tenute agli alimenti, stabilendone l'ordine relativo, la cui elencazione è tassativa e progressiva e, dunque, il primo soggetto in grado di adempiere esclude gli altri atteso che la ratio di tale previsione si trova nell'intensità decrescente del vincolo di parentela o di affinità. In primo grado è pertanto menzionato il coniuge. Al riguardo peraltro è da tenere presente che nello svolgimento normale dei rapporti matrimoniali il marito è tenuto al mantenimento della moglie, e la moglie a contribuire al mantenimento del marito, quando questi non abbia mezzi sufficienti, a norma dell'art. 145 c.c. Poiché l'obbligo del mantenimento non è derogato dalla norma che dichiara il coniuge tenuto agli alimenti, è ovvio che quest'ultima non troverà applicazione quando non vi sia separazione ovvero nei riguardi del coniuge, che non ha colpa nella separazione, giacché questi conserva tutti i suoi diritti, secondo quanto dispone l'art. 156 c.c. Anzi queste considerazioni inducono a rilevare che l'obbligazione alimentare anche per altre categorie di obbligati, come, ad esempio, i genitori verso i figli, non deroga al più ampio dovere del mantenimento tutte le volte che la legge lo prescrive. Si osserva, inoltre, che nel caso in cui il richiedente gli alimenti sia divorziato, occorre coordinare le disposizioni ex artt. 433 e ss. c.c. con l'art. 5 comma 6, della L. n. 898 del 1970 che prevede che "con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive". Da ciò deriva che l'ex coniuge, a carico del quale non sia stato disposto alcun assegno divorzile, può essere chiamato in causa ai sensi dell'art. 433 c.c. e che solo dopo aver chiamato in causa l'ex coniuge, l'alimentando potrà rivolgere richieste ai soggetti successivamente elencati dall'art. 433 c.c. Tutto ciò premesso si osserva che l'attrice, solo a seguito delle contestazioni operate dalla convenuta costituita, ha allegato di essere divorziata dal marito C.P.G. ed ha prodotto agli atti tardivamente, ossia solo contestualmente al deposito della comparsa conclusionale, la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale che rimanda per la definizione delle condizioni di scioglimento del vincolo matrimoniale a quanto riportato nel ricorso introduttivo mai depositato, di tal che non risulta dimostrato che la stessa abbia richiesto di porre a carico del marito un assegno di divorzio, avendone diritto, (il che escluderebbe la possibilità di agire nei confronti degli altri obbligati) o che, non sussistendo i presupposti per ottenerlo, e trovandosi in stato di bisogno possa agire ex art. 433 c.c. dovendo in tal caso rivolgere la propria domanda in prima battuta proprio nei confronti dello stesso ex coniuge e, solo in via sussidiaria e residuale, nei confronti degli altri soggetti elencati nella norma predetta. Avendo, per contro, l'attrice agito direttamente ed in via principale nei confronti dei germani, la relativa domanda deve essere dichiarata inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo prendendo come scaglione di riferimento quello di valore indeterminabile, complessità bassa, ed il valore minimo per la fase studio, introduttiva e decisionale, uniche svolte, da intendersi eseguite in favore dello Stato risultando la convenuta ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in via anticipata e provvisoria Deve inoltre revocarsi l'ammissione al gratuito patrocinio dell'attrice per manifesta infondatezza della domanda, rilevandosi che parte attrice ha dedotto di essere divorziata dal coniuge solo a seguito delle specifiche contestazioni della convenuta costituita, ha omesso di allegare e dimostrare le condizioni di scioglimento del matrimonio, non consentendo di conoscere se la stessa goda o meno di assegno divorzile, o se ne abbia diritto, ed avendo agito in vi diretta e principale nei confronti dei soli germani. P.Q.M. Il Tribunale di Sassari, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1. - Dichiara la domanda attorea inammissibile.; 2. - Condanna C.V. al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 2.906,00 per compensi professionali; dispone che il pagamento sia eseguito in favore dello Stato risultando la convenuta ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in via anticipata e provvisoria. 3. - Revoca l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in favore dell'attrice. Conclusione Così deciso in Sassari, il 3 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di Sassari dr. G.Sanna ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 3545 del RGAC per l'anno 2020 e promossa da T.V. elett.te dom.ta presso il proc.avv.to (...) che la rappresenta e difende per delega a margine dell'atto introduttivo del giudizio ATTRICE CONTRO D.M. e D.S. elett.te dom.te presso il proc.avv.to (...) che le rappresenta e difende unitamente all'avv.to (...) per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte CONVENUTA OGGETTO: pagamento debiti ereditari SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, T.V. conveniva in giudizio D.S. e D.M. e, premesso di avere avuto una relazione sentimentale stabile, durata per oltre 25 anni con il genitore delle convenute D.I., esponeva che al decesso di quest'ultimo, residente insieme a lei in B., aveva provveduto a sue cure e spese a trasferire la salma in Sardegna per tumularla in Sassari o in Usini nella tomba di famiglia del de cuius; che rilasciato l'immobile detenuto in locazioni in B. aveva dovuto depositare tutti i mobili di proprietà del de cuius in un magazzino per il quale corrispondeva a far data dall'anno 2011 il canone di locazione, e inoltre, che aveva provveduto alla pubblicazione del testamento olografo sopportandone le relative spese, concludeva chiedendo previo accertamento della qualità di eredi delle convenute la condanna delle stesse al pagamento della somma di Euro 13.051,43 detratta la somma di Euro 1.700 corrisposta da D.S.. Si costituivano D.S. e D.M. contestando la domanda e i motivi posti a suo fondamento, in particolare assumevano che in virtù di testamento olografo I.D. aveva istituito sua erede anche la T.V. e che di conseguenza anche lei appariva onerata dei debiti ereditari, rispetto ai quali sostenevano la non debenza alla luce delle scelte autonome effettuate dalla T. senza alcun preventivo consenso delle sorelle D., scelte costose e sotto alcuni aspetti avventate che avevano comportato molteplici difficoltà nella sepoltura del D., quanto alla locazione dell'immobile per la custodia dei beni immobili di proprietà del de cuius evidenziavano come il testamento indicava la T. quale erede degli arredi e corredi che si trovavano nella casa di abitazione ad esclusione dei mobili della camera da letto della madre e della sala da pranzo, con la chiara evidenza che alcun bene mobile era stato destinato alle resistenti; nell'interesse di S.D. si allegava che la stessa, come da scrittura allegata, aveva corrisposto al padre la somma di Euro 30.000 al fine di consentire la ristrutturazione dell'immobile di proprietà e il pagamento del mutuo, con l'impegno del padre di restituire detta somma in occasione della vendita dell'immobile. Evidenziava S.D. che l'immobile era stato venduto e che la somma ricavata era stata depositata nel conto corrente del padre acceso a Bitonto e cointestato con la T., città nella quale viveva unitamente alla convenuta, che la somma era stata interamente trasferita a soggetti non identificati senza che il padre provvedesse al pagamento di quanto dovuto alla figlia in virtù della scrittura privata, concludeva in via riconvenzionale chiedendo il pagamento di detta somma anche alla T. in quanto erede di I.D., concludevano per il resto per il rigetto della domanda. La causa veniva istruita con produzioni documentali e presa in decisione sulle conclusioni assunte dalle parti e all'esito del deposito delle note conclusionali ex art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda, introdotta da parte attrice come accertamento della qualità di eredi delle convenute e della loro responsabilità in ordine ai debiti ereditari del de cuius I.D., a seguito della domanda riconvenzionale proposta, è stata ampliata con la richiesta di accertamento delle medesima qualità in capo alla T. anch'essa destinataria delle disposizioni testamentarie del de cuius. Dalla lettura della scheda testamentaria, pacificamente riconosciuta nella sua validità e provenienza da entrambe le parti, emerge che D.I. ha disposto del suo patrimonio immobiliare, mobiliare e dei diritti di autore (essendo egli professore universitario titolare di scritti e pubblicazioni) in favore delle figlie M. e S. e in favore della compagna V.T.. Orbene, unico aspetto da vagliare a riguardo poteva essere la valutazione sulla posizione della T. quale erede ovvero legataria dei beni a lei devoluti, ciò proprio al fine dell'accertamento dei soggetti tenuti alla responsabilità per i pagamenti dei debiti ereditari. Sul punto con la memoria 183 c.p.c. n.1, primo atto nel quale processualmente devono essere consolidate le domanda e le eccezioni, la T. doveva prendere esplicita posizione, cosa che non ha fatto con la conseguenza che anche nei confronti della T.V. deve essere accertata la qualità di erede di I.D.. Il testamento in oggetto, contiene con riferimento alla posizione della T. una vera e propria istituzione di erede, avendo il testatore esplicitamente dichiarato che ferme le quote di legittima spettanti alle figlie e alla moglie separata, lasciava alla T. la quota parte dell'immobile in S. Via P. M. 5/a, con possibilità per la stessa di essere liquidata della quota o restare comproprietaria , tutti i beni mobili di arredo ad eccezione di quelli relativi alla camera da letto e alla sala, tutti i libri della biblioteca di Sassari , gli scritti, i manoscritti e tutti i documenti di studio, con diritto di pubblicazione anche all'estero quando si tratta di traduzioni, nonché la piena titolarità dei diritti di autore. Emerge dalla dizione letterale del testamento la volontà chiara del D. di istituire la T. erede attesa l'esplicitazione di tutti i beni, a lui riconducibili, dei quali ha disposto e con riferimento al bene immobile anche in concorrenza e per l'esaurimento della quota di legittima spettante alle figlie e alla moglie separata. Siffatta volontà si estrinseca anche mediante l'attribuzione di beni di natura differente tra loro, immobili, mobili e diritti di autore , ricomprendente la totalità dei beni caduti nella successione di I.D.. T.V. deve di conseguenza essere dichiarata erede di I.D., ciò comporta che la stessa concorre in detta qualità nella responsabilità per i debiti ereditari di D.I.. A fronte di detta qualificazione occorre di conseguenza valutare sia le domande proposte che le eccezioni sollevate. In generale con riferimento alle spese funerarie e alla pubblicazione del testamento le stesse devono essere di conseguenza ripartite pro quota con riferimento e in proporzione al valore delle rispettive attribuzioni patrimoniali e nel rispetto delle regole di formazione del consenso. In particolare, la T. assume di avere effettuato i funerali del D. in primo luogo con le modalità dallo stesso richiesto (sepoltura in Sassari nel cimitero monumentale ovvero in Usini nel cimitero di famiglia). Orbene di detta disposizione del D. non è fornita prova alcuna di conseguenza che detta attività non può essere ricondotta alla volontà del de cuius in quanto alcuna determinazione scritta riconducibile al D. è stata prodotta. Quanto appurato comporta, quindi, che le modalità di espletamento dei funerali debbano essere ricondotte esclusivamente alla volontà della T. e di conseguenza anche il costo rappresentato nelle richieste avanzate alle convenute, riguardo le quali non esiste prova alcuna sia dell'accordo di effettuarli con le modalità indicate sia di una assunzione di impegno al pagamento delle spese da parte delle coeredi. In assenza quindi della prova che il D. avesse disposto per i suoi funerali come eseguiti dalla T. e dell'accordo delle convenute su dette modalità i costi richiesti dalla T. non possono essere assunti dalle convenute. Né può ritenersi riconoscimento valido nell'interesse di D.M. e S.E. l'avvenuto pagamento della somma di Euro 1.700 effettuato da S.D. attesa la natura parziaria e non solidale dei debiti ereditari. Ciò in quanto, le spese funerarie, oneri derivante dal decesso del testatore, scontano lo stesso regime giuridico dei debiti ereditari (art. 752 c.c.) come costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che anche di recente ha statuito che" Le spese per le onoranze funebri rientrano tra i pesi ereditari che, sorgendo in conseguenza dell'apertura della successione, costituiscono, unitamente ai debiti del defunto, il passivo ereditario gravante sugli eredi, ex art. 752 c.c., sicché colui che ha anticipato tali spese ha diritto di ottenerne il rimborso da parte dei coeredi, purché essi non abbiano manifestato una volontà contraria alla sua attività gestoria. Il mancato dissenso, tuttavia, non giustifica anche il rimborso di spese incongrue ed eccessive, non potendosi ritenere che il coerede abbia l'onere di manifestare una volontà contraria anche sul "quantum", con la conseguenza che il giudice del merito, nella quantificazione delle spese da rimborsare a chi le ha anticipate, è tenuto a verificare quale sia la somma congrua alla luce delle tariffe praticate da altre agenzie per lo stesso servizio." Cass.17938/2020. Come evidenziato dalla massima riportata appare necessario verificare non solo la volontà dei soggetti chiamati all'adempimento ma anche la congruità delle spese richieste, elementi tutti neppure allegati e di conseguenza neppure provati da parte attrice che si è limitata ad affermare la sussistenza della disposizione da parte del D. e l'assenso delle figlie mai chiedo e dimostrato. Né può ritenersi supplettiva di dette elementi la prova che le figlie hanno partecipato alla cerimonia laica, presso la facoltà di Lettere dell'Università di Sassari, in quanto legittime partecipanti ad una celebrazione dell'ateneo, non certamente attestazione della loro determinazione a eseguire i funerali con le modalità effettuate dalla T.. Né tanto meno, ha valore in tal senso, il fatto che le stesse abbiano delegato la T. alla tumulazione del padre nella tomba a Usini, essendo le stesse uniche depositarie del diritto di provvedere alla tumulazione del padre essendo stata la T. esclusivamente compagna di fatto del D. e quindi, alla stregue delle norme in vigore, non idonea a chiederne e effettuarne la tumulazione. La domanda sul punto deve essere rigettata. Parimenti deve essere rigettata la richiesta della T. di rimborso totale delle somme da lei esborsate per custodire i beni mobili asseritamente di proprietà delle convenute e ciò per due ordini di motivi il primo attiene alla genericità della allegazione, non è dato sapere in alcun modo di qual mobili si tratti mancando la descrizione degli stessi e di conseguenza la possibilità di individuarne il proprietario. Il secondo motivi attiene al contenuto del testamento nell'ambito del quale si dice che tutti i beni mobili presenti nella casa abitata dal D. apparterranno alla T. ad eccezione dei mobili della camera da letto e della sala appartenuti alla propria madre. Non è stato in alcun modo provato neppure che i beni mobili, rimasti nella disponibilità della T. e poi messi nel deposito per il quale si chiede il pagamento, siano gli stessi presenti nella casa di abitazione del D. con la conseguenza che nulla appare dovuto dalle convenute per tale titolo. La domanda sul punto deve essere rigettata. Quanto da ultimo alla richiesta di pagamento di quanto esborsato dalla T. per la pubblicazione del testamento deve osservarsi che detta pubblicazione è avvenuta nel suo esclusivo e generale interesse e di conseguenza la stessa ne doveva sopportare per intero il pagamento. Resta da prendere in considerazione sia la domanda di riduzione testamentaria avanzata dalle convenute sia la domanda di pagamento della somma di Euro 30.000,00 corrisposta da S.D. al proprio genitore e a lei mai restituita dal padre il quale aveva provveduto a vendere l'immobile per il quale la figlia aveva pagato per alcuni anni i ratei di mutuo e aveva incamerato l'intero presso del quale non vi era più residuo alcuno nel conto corrente sul quale era stato versato, conto corrente cointestato con la T.. Ha eccepito in primo luogo la T. l'intervenuta prescrizione del diritto a proporre l'azione di riduzione essendo decorso il termine decennale dall'apertura della successione alla proposizione della domanda nell'odierno giudizio. L'eccezione appare infondata e ciò alla luce di quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione con la sentenza a sezioni unite n.20644/2004 con la quale è stato affermato il principio che il termine di prescrizione dell'azione di riduzione non può assolutamente decorrere dalla data di apertura della successione e neppure dalla data di pubblicazione del testamento pubblico o olografo se non presenti tutti gli interessati ma esclusivamente dal momento dell'accettazione dell'eredità da parte dei chiamati, verificandosi solo con l'accettazione la lesione del diritto alla legittima. Nessuna prova è stata offerta dalla T. che attestasse l'avvenuta accettazione dell'eredità in data antecedente al decennio con conseguente infondatezza dell'eccezione proposta. L'azione di riduzione proposta dalle convenute seppure legittima appare sfornita dei presupposti essenziali per il suo accoglimento. Dalle allegazioni contenute nella comparsa di costituzione e risposte le convenute sostengono la sussistenza della lesione della loro quota di legittima verificatasi all'esito della vendita dell'immobile del quale il padre era proprietario, vendita avvenuta nell'anno 2010 a pochissima distanza dalla morte avvenuta nel mese di luglio 2011. Ritengono che avendo il padre disposto con il testamento la devoluzione a loro favore e a favore della madre della quota di legittima a loro spettanti, avendo egli provveduto a vendere detto immobile i loro diritti andavano soddisfatti sul prezzo ricavato. In verità la domanda come proposta è insufficiente alla verifica dell'eventuale lesione della quota di legittima. Ed infatti il testatore è libero di disporre dei suoi beni fino al momento del suo decesso sia con atto tra vivi che per testamento. Per cui ben poteva il D.I. vendere l'appartamento di sua proprietà prima del suo decesso con ciò dovendosi ritenere revocata la disposizione testamentaria che lo aveva ad oggetto. Vero è che il bene immobile non poteva cadere nella successione ma verosimilmente poteva cadervi la somma ricavata dalla vendita e presumibilmente per la sua interezza attesa la vicinanza della vendita al decesso. Vero è anche che il conto corrente sul quale la somma è stata versata è un conto corrente cointestato tra il D.I. e la T.V.. In siffatta situazione alquanto complessa, la semplice richiesta di azione di riduzione appare del tutto generica sia con riferimento ai beni immateriali destinati per successione alla T. (utilizzo di tutti i documenti e gli studi liberamente e tutti i diritti di autore per le pubblicazioni effettuate) sia con riferimento ai negozi, eventualmente sottostanti, all'utilizzo delle somme depositate nel conto corrente effettuato dal D. dopo la vendita dell'immobile. Aspetti tutti che andavano esplicitati con elementi oggettivi diretti alla ricostruzione dell'asse ereditario relitto completo al momento dell'apertura della successione dovendosi valutare la lesione con riferimento a tutti i beni caduti nella successione. Più precisamente occorreva allegare entità, numero e valore delle opere intellettuali devolute alla T., beni, entità e valori derivanti dal diritto di autore connesso alle predette opere e con riferimento al conto corrente, non poteva essere sufficiente a tal fine la ricostruzione dello stesso e la verifica dei prelievi effettuati nel periodo compreso tra la vendita dell'immobile e la il decesso; occorrendo valutare e considerare il fatto che la T. era cointestataria del conto corrente, che di conseguenza le rimesse potevano essere stata effettuate sia per ordine del D. sia per ordine della T. stessa e ciò qualunque fosse il destinatario, potendo ritenersi quelle effettuate dal D. se dirette alla T. donazione indiretta e quindi soggette a collazione, quelle effettuate dalla T. attività autonoma della stessa con effetti diversi se non supportata da idonea causale e legittima disposizione. In siffatta situazione, in assenza di qualsivoglia puntuale inquadramento degli eventi rilevanti al fine della verifica della paventata lesione di legittima del tutto inutile deve ritenersi l'ordine di esibizione alla banca, richiesto dalle convenute, atteso proprio il fatto che anche avuta l'esibizione delle disposizioni in assenza di puntuale domanda rispetto a quanto sopra evidenziato la documentazione sarebbe stata del tutto ininfluente. Deve, comunque, osservarsi che deve ritenersi molto verosimile che la T. avesse il controllo del conto corrente del quale era cointestataria e che potesse autonomamente o con il consenso del D. operare su detto conto che vedeva poste positive esclusivamente riconducibili al D., la somma ricavata dalla vendita e il trattamento pensionistico dello stesso ammontante a oltre 2.800 Euro mensili. La stessa sicuramente, se in buona fede, ben poteva giustificare l'utilizzo delle somme del conto corrente che nell'arco di un anno circa ha visto il venir meno di una somma superiore a 100.000 Euro, somma del tutto esorbitante il semplice mantenimento del D. anche se gravemente malato. La domanda di riduzione proposta dalle convenute deve essere di conseguenza rigettata. Quanto al credito di Euro 30.000 vantato da S.D. nei confronti del padre deve osservarsi che trattasi di debito ereditario in quanto contratto da D.I. e che la restituzione incombe a tutti gli eredi compresa la T., stante la sua accertata qualità come sopra. La stessa comunque, ha eccepito l'intervenuta prescrizione essendosi aperta la successione nel mese di luglio 2011 e essendo stata richiesto il pagamento della somma, seppure pro quota, solamente con la comparsa di costituzione e risposte del presente giudizio avvenuta in data 23.9.2021. Deve di conseguenza essere dichiarata l'intervenuta prescrizione del diritto di S.D. essendo intervenuta la prescrizione decennale e non avendo la stessa dato prova di avere posto in essere validi atti interruttivi della stessa. Concludendo le domanda reciprocamente proposte vanno rigettate e le spese del presente giudizio interamente compensate tra le parti in applicazione del principio della reciproca soccombenza. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta; 1) Rigetta la domanda proposta da T.V.; 2) Rigetta la domanda riconvenzionale proposta dalle convenute; 3) Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio Così deciso in Sassari, il 29 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2023.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SASSARI SECONDA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice monocratico, dott.ssa Ada Gambardella, ha pronunciato la seguente SENTENZA n. 1114/2022 nelle cause civili riunite iscritte: - al n. 3967 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, promossa DA CONDOMINIO ATTORE CONTRO (...) CONVENUTO - al n. 2275 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, promossa DA (...) ATTORE IN RIASSUNZIONE CONTRO CONDOMINIO CONVENUTO IN RIASSUNZIONE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione ritualmente notificata il Condominio in intestazione esponeva: che il convenuto era stato suo amministratore per diversi anni ed era stato nominato con ultima delibera il 10.10.2016 (nella quale era stato stabilito il compenso di Euro 1.540,00 per l'esercizio 2016/2017); che il mandato non era stato confermato, sicché doveva intendersi scaduto il 10.10.2017; che il 12.3.2018 l'assemblea, stante la non soddisfacente gestione del convenuto lo aveva sostituto con altro professionista cui quello uscente aveva consegnato il rendiconto di gestione al 31.3.2018, dal quale erano emerse diverse irregolarità. Richiamato il comma X dell'art. 1129 c.c. e il possibile rinnovo automatico di un solo anno, deduceva come in mancanza di nomina successiva al 10.10.2016 il (...) avrebbe potuto eseguire solo le attività urgenti senza diritto ad ulteriori compensi con la conseguenza che le somme pretese in sede di mediazione, relative al periodo compreso tra l'11.10.2017 e il 10.10.2018, non erano dovute perché inerenti attività svolte in regime di prorogatio. Indicava poi le differenze tra i debiti reali e quelli risultanti dal bilancio che confermavano la mala gestio dell'avversario, destinatario di una domanda di accertamento negativo del credito per compensi di Euro 4.576,92 e di una richiesta di restituzione della somma di Euro 1.990,20 (o diversa accertanda) e di risarcimento dei danni. Si costituiva il (...) che contestava che l'incarico fosse cessato il 10.10.2017; sosteneva di aver ordinariamente svolto la sua attività fino alla sostituzione, maturando il diritto al compenso che era stato dettagliatamente indicato all'assemblea. Contestava ogni responsabilità per gli asseriti disordini contabili e rivendicava il suo diritto al saldo dei compensi, chiedendo la riunione del procedimento pendente avanti il Giudice di pace di Sassari, con il quale aveva fatto valere i suoi crediti. Con ricorso depositato l'11.7.2019 il medesimo (...) - premesso di aver agito avanti il Giudice di pace di Sassari appunto per il pagamento dei compensi ancora a debito del Condominio e per il risarcimento del danno per la sua revoca senza giusta causa prima della scadenza del mandato per il complessivo importo di Euro 4.576,92 oltre interessi e rivalutazione; che il Condominio si era costituito contestando le sue richieste e rappresentando la pendenza del giudizio innanzi il Tribunale; che con sentenza n. 385 del 2019 il Giudice adito aveva dichiarato la connessione tra i due giudizi - provvedeva alla riassunzione del giudizio che con ordinanza del 24.10.2019 veniva riunito a quello di precedente iscrizione. Le cause, istruite con produzioni documentali, prove testimoniali e consulenza tecnica d'ufficio, erano infine trattenute in decisione sulle sopra riportate conclusioni. MOTIVI DELLA DECISIONE E' pacifico che l'ultima delibera con cui il (...) è stato investito dell'incarico risale al 10.10.2016, data in cui il compenso è stato fissato nell'import lordo di Euro 1.540,00 (oneri inclusi). Si deve attendere la delibera del 12.3.2018 per la revoca dell'amministratore e la sua sostituzione. La norma di riferimento è l'art. 1129 X co. c.c. che prevede che l'incarico dell'amministratore abbia durata annuale e si intenda rinnovato per uguale durata. Il legislatore non ha anche posto un limite temporale a detto sistema di rinnovo tacito annuale e men che meno voluto che questo operasse per una sola altra annualità, come sostenuto dal Condominio; pertanto, il solo limite alla continuazione dell'attività dell'amministratore in carica è dato dalle sue dimissioni o dalla sua revoca, cui è dedicato il successivo comma XI. Tale meccanismo tende ad evitare vuoti nella gestione che si protrae senza soluzione di continuità fino ad intervento dell'assemblea, senza che, dunque, vi sia necessità (come nella previgente disciplina) di un'ulteriore nomina annuale con la maggioranza di cui all'art. 1136 II co. c.c. Logica conseguenza è che nel caso in esame, continuando a seguire ordinariamente la gestione del Condominio, non può affermarsi che fino al marzo del 2018 il (...) abbia operato solo per le urgenze e senza diritto ad ulteriori compensi. Proprio la lettura combinata dell'VIII e del X comma dell'art. 1129 c.c. conduce ad escludere che sia stata esercitata in regime di prorogatio e solo per le necessità urgenti (ed indifferibili per evitare un danno agli interessi comuni) l'attività che è stata invece oggetto di tacito rinnovo. La prorogatio invocata dal Condominio e di cui all'VIII comma che non dà diritto a compensi è, come chiarissimo dalla lettera della norma, limitata all'attività urgente ed indifferibile successiva alla cessazione dell'incarico (e dunque alle dimissioni o alla revoca), dopo la quale l'amministratore è tenuto alla consegna della documentazione inerente il Condominio e i singoli condomini e alle attività urgenti. Nel caso di specie la cessazione è avvenuta solo in data 12.3.2018, alla quale è seguito il passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore: è l'attività in questione che è stata svolta tra la revoca e l'effettiva presa in carico della gestione da parte del neonominato amministratore che deve intendersi svolta senza diritto al compenso. Pertanto, per tutta l'attività svolta fino al 12.3.2018 il convenuto ha diritto alle competenze secondo quanto originariamente approvato dall'assemblea e, così, ad Euro 1540,00 lordi annui per la gestione compresa tra il 10.10.2016 e il 9.10.2017 ed Euro 641,66 per il periodo compreso tra il 10.10.2017 e il 12.3.2018, pari a mesi 5 mesi (Euro 1540,00 diviso 12 mensilità moltiplico per 5) per il complessivo importo di Euro 2.181,66, relativo agli anni 2016/2018, come da domanda del (...). Questi ha agito anche per il risarcimento del danno, derivante dal fatto che la sua revoca anticipata è stata deliberata in assenza di giusta causa. La possibilità del risarcimento (che, seppure non indicato chiaramente, deve ritenersi insito nella mancata percezione del restante compenso fino alla naturale scadenza dell'anno, atteso che l'amministratore uscente lamenta proprio la sua anticipata rimozione dall'incarico) deriva dall'applicazione delle norme sul mandato e in particolare dell'art. 1725 c.c. (così Cass. n. 7874 del 19.3.2021). Limite a tale diritto è che la revoca sia avvenuta per giusta causa. Ora, nella delibera del 12.3.2018 si legge che la revoca è stata deliberata perché la gestione del (...) non si è dimostrata adeguata e nella citazione il Condominio ha esattamente indicato le sue criticità. E' necessario, dunque, rifarsi alla consulenza tecnica espletata in giudizio che, in quanto completa, ben motivata e frutto dell'attenta disamina della documentazione, può essere utilizzata per la decisione cui si è chiamati. In particolare, il consulente ha richiamato i principi di chiarezza, di rappresentazione veritiera e corretta e di competenza economica (in realtà temperato, essendo preferibile il criterio misto che segue il principio della competenza per quanto attiene le spese e il principio di cassa per quanto attiene le entrate: tale opzione deriva anche dalla complessità del rendiconto condominiale che si compone di più elementi) espressi dall'art. 1130 bis c.c. in materia di rendiconto. Tuttavia, anche a prescindere dagli specifici criteri utilizzati, in difetto del deposito dei documenti giustificativi delle entrate e delle uscite, dei relativi conti correnti bancari o postali e dei documenti fiscali di ogni singolo periodo e dell'eventuale documentazione extracontabile, non è stato possibile verificare né che i criteri di cui sopra siano stati osservati dal (...) né che egli si sia reso responsabile di ammanchi di cassa. Tale onere probatorio avrebbe dovuto essere assolto dal Condominio che non solo avrebbe dovuto dimostrare la giusta causa del recesso, ma ben avrebbe potuto farlo, essendo in possesso della documentazione contabile che pacificamente il convenuto ha consegnato all'amministratore subentratogli ed essendo, dunque, la parte più vicina alla prova. Quanto è stato possibile accertare sono stati soli gli indicati errori contabili che, non avendo affatto pregiudicato la situazione patrimoniale del Condominio, non possono integrare una giusta causa di recesso. Alla luce di tali considerazioni, al (...) dovrà spettare non solo il compenso per i mesi dal 10.10.2016 al 12.3.2018, ma anche quello per i mesi successivi fino alla data in cui sarebbe stata formalizzata la sua revoca coincidente con la scadenza dell'anno di gestione al 10.10.2018 e, dunque, il complessivo importo di Euro 1540,00. Conclusivamente, le domande del Condominio devono essere rigettate e l'attore dovrà pagare al (...) l'importo di Euro 3.080,00, oltre interessi dal 22.11.2028 (data della notifica dell'atto di citazione avanti il Giudice di pace di Sassari) al saldo. Le spese, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza e anche gli oneri di consulenza tecnica, liquidati con separato decreto, sono definitivamente posti a carico del Condominio. PER QUESTI MOTIVI Il Tribunale, definitivamente pronunciando: - rigetta le domande proposte dal Condominio nei confronti di (...); - condanna il Condominio al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 3.080,00 oltre interessi legali dal 22.11.2018 al saldo; - condanna il Condominio, alla rifusione in favore di (...) delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2.430,00, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge; - pone gli oneri di consulenza, liquidati con separato decreto, definitivamente a carico del Condominio. Così deciso in Sassari il 4 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di Sassari dr. G.Sanna ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 1683 del RGAC per l'anno 2020 e promossa da SOCIETÀ AGRICOLA (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to PE.SE. che lo rappresenta e difende per delega a margine dell'atto introduttivo del giudizio ATTORE CONTRO CONSORZIO DI (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to PI.OT. e TR.SI. che lo rappresentano e difendono per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte CONVENUTO OGGETTO : azione di risarcimento del danno art. 2051 c.c. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, SOCIETÀ AGRICOLA (...) conveniva in giudizio il Consorzio di (...) e, premesso di essere titolare di una azienda agricola che si occupa principalmente di coltivazione di carciofi , azienda che svolge la propria attività in comune di Valledoria, esponeva che in data 24 gennaio 2019 dopo una settimana di abbondanti piogge i terreni sui quali insiste l'azienda erano stati allagati a causa della tracimazione dei canali consortili che li attraversavano, canali da lungo tempo privi di manutenzione ordinaria; che i terreni all'epoca dell'allagamento erano coltivati a carciofi e che detto allagamento aveva compromesso notevolmente la raccolta del prodotto nel pieno dell'annata di coltivazione, sosteneva che detti allagamenti erano dovuti esclusivamente alle condizioni dei canali consortili predisposti per lo smaltimento delle acque e al mancato funzionamento degli impianti di aspirazione predisposti proprio per il veloce asporto delle acque presenti in eccesso nei canali, concludeva chiedendo la condanna del Consorzio al risarcimento del danno subito a causa dell'allagamento verificatosi sul presupposto dell'esclusiva colpa del convenuto che non aveva provveduto alla pulizia dei canali di scolo delle acque e neppure azionato le idrovore per lo smaltimento più veloce delle stesse. Si costituiva il Consorzio di (...) contestando la domanda e i motivi posti a suo fondamento; in particolare eccepiva in via preliminare l'incompetenza del giudice adito sostenendo che la vicenda appartenesse al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, nel merito sosteneva che parte attrice non abbia alcuna legittimazione attiva a richiedere il risarcimento del danno attesa la mancanza di prova in ordine alla proprietà e/o detenzione qualificata dei terreni che si allega allagati, con riferimento poi alla responsabilità del Consorzio convenuta allega la eccezionalità dell'evento atmosferico che aveva cagionato il danno non prevedibile e di conseguenza elidente ogni responsabilità in ordine all'allagamento, concludeva per il rigetto della domanda. La causa istruita con produzioni documentali, prova testimoniale e consulenza tecnica di ufficio veniva presa in decisione sulle conclusioni assunte dalle parti all'udienza fissata per la precisazione e all'esito dei termini ex art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione di incompetenza del giudice ordinario adito in favore della competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche ciò alla luce del fatto che i canali di scolo appartenenti al Consorzio convenuto non sono stati predisposti per l'incanalamento di acque pubbliche (provenienti da fiumi, torrenti etc) presenti nella zona ma esclusivamente per l'incanalamento delle acque necessarie per l'irrigazione dei fondi partecipanti al Consorzio stesso e per lo smaltimento delle acque in eccesso, non potendo dette acque essere utilizzate da tutti i soggetti indistintamente ma solamente dai consorziati. Parimenti infondata appare l'eccezione in ordine alla legittimazione dell'attore a proporre la domanda risarcitoria avendo egli dato prova che i terreni interessati erano in parte di sua proprietà e in parte detenuti in locazione. La domanda proposta dall'attore pone preliminarmente la questione della responsabilità del convenuto , appartenendo il Consorzio alla categoria degli enti pubblici economici a struttura associativa, in ordine ai beni di sua proprietà rispetto ai quali esercita la custodia. Di recente la Corte di Cassazione con le ordinanze 2480, 2481, 2482 e 2482 del 2018 ha puntualizzato i principi che regolano la materia della responsabilità ex art.2051 del codice civile. Ha quindi affermato nel solco delle decisioni della stessa Corte che ""la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia - e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità" (tra molte: Cass. 29/07/2016, n. 15761). In primo luogo, occorre sottolineare come sia prevalente in dottrina e dominante nella giurisprudenza di legittimità la tesi della qualificazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. come responsabilità oggettiva, nella quale non ha alcun ruolo la negligenza o, in generale, la colpa del custode. Il dato testuale dell'art. 2051 cod. civ. prevede invero che "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito" con prospettazione di due semplici elementi e precisamente che si tratti di un danno "cagionato" da una cosa e che questa sia una cosa che si "ha in custodia". Riguardo alla connotazione del bene in custodia ha ritenuto la giurisprudenza che " il potere sulla cosa, per assurgere ad idoneo fondamento di responsabilità, deve manifestarsi come effetto . di una situazione giuridicamente rilevante rispetto alla res, tale da rendere attuale e diretto l'anzidetto potere attraverso una signoria di fatto sulla cosa stessa, di cui se ne abbia la disponibilità materiale" (Cass. n. 22839/2017 ) ciò in considerazione del fatto che solo detta signoria può attivare, o meglio rendere materialmente estrinsecabile, il dovere di precauzione normalmente collegato direttamente alla disponibilità di una cosa che entra in contatto con altri consociati. Più precisamente si può ritenere che solo detta disponibilità materiale consenta l'adozione di condotte specifiche per impedire, per quanto possibile, che eventuali cause prevedibili dei danni derivabili dalla cosa in custodia siano poi in grado di sviluppare la loro potenzialità efficiente. Con riferimento al profilo della causazione del danno occorre premettere i principi elaborati dalla Giurisprudenza a decorrere dalle decisioni delle Sezioni Unite del 2008 (nn. 576 ss dell'11.1.2008) con le quali si enunciava che alle ipotesi di causalità materiale che si verificano nell'ambito della responsabilità extracontrattuale devono essere applicati i principi penalistici, di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., con la conseguenza che un evento deve essere considerato causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non). Tuttavia, il rigoroso principio posto dall'art. 41 cod. pen., in virtù del quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dal capoverso della medesima disposizione, in virtù del quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto. Sempre in ambito di rapporto causale deve darsi rilievo a quelle cause che appaiano, con una valutazione effettuata ex ante, idonee a determinare l'evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata anche detta della c.d. regolarità causale. Quest'ultimo principio, a sua volta, determina come conseguenza normale imputabile quella che secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose generata da un evento originario, che ne costituisce l'antecedente necessario. Rilevavano a riguardo le Sezioni Unite che , la sequenza costante deve essere prevedibile non da un punto di vista soggettivo, cioè da quello dell'agente, ma in base alle regole statistiche o scientifiche e quindi per così dire oggettivizzate in base alla loro preponderanza o comune accettazione, dal quale consegue un giudizio di non improbabilità del verificarsi dell'evento in base a principi e criteri di ragionevolezza. Siffatti enunciati principi portano a concludere che tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale integra il caso fortuito, quale causa non prevedibile, con l'ulteriore conseguenza che l'imprevedibilità, da un punto di vista oggettivo, comporta anche la non evitabilità dell'evento. Queste conclusioni vanno poi applicate alla peculiare fattispecie del "danno cagionato dalle cose in custodia"; e come detto l'assenza di specificazioni nella norma comporta che il danno rilevante, del quale il custode può essere responsabile, prescinde dalle caratteristiche della cosa custodita, sia quindi essa o meno pericolosa ovvero dotata di intrinseco dinamismo oppure no. Ciò comporta che la fattispecie possa comprendere, dando luogo alla responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., una pluralità potenzialmente indefinita di situazioni sotto i relativi profili sia con riferimento al ruolo nella sequenza causale, sia nei casi in cui la cosa è del tutto inerte e nella quale l'interazione del danneggiato è indispensabile per la produzione dell'evento e sia nell'ipotesi in cui la cosa, per il suo intrinseco dinamismo, svolge un ruolo sempre maggiore di interazione con la condotta umana, fino a diventare una causa determinate ipotesi preponderante od esclusiva, rendendo l'apporto causale della condotta dell'uomo ininfluente. Quando poi le caratteristiche intrinseche della cosa custodita occorre sottolineare con particolare riferimento alla sua idoneità a causare situazioni di probabile danno (pericolosità) sia le fattispecie in cui la cosa non presenta rischi derivanti dall'interazione con l'uomo, sia quelle in cui il funzionamento o lo stesso modo di essere comporti di per se stesso, per le modalità sue proprie, il rischio (cioè, la probabilità ragionevole) di una conseguenza dannosa per il soggetto che viene in contatto con la cosa custodita. A siffatta complessiva ricostruzione la giurisprudenza di legittimità fa conseguire in capo al danneggiato il solo onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno con l'effetto che se la cosa oggetto di custodia ha avuto un ruolo nella produzione, il danneggiato può limitarsi alla allegazione e alla prova di detto aspetto. Mentre è posto a carico del custode o negare la riferibilità causale dell'evento dannoso alla cosa, oppure dare la prova della circostanza, che solo a prima vista potrebbe coincidere con la prima, che il nesso causale sussiste tra l'evento ed un fatto che non era né prevedibile, né evitabile. Su detto punto, la Corte di Cassazione con l'ord. n. 25837/2017, ha puntualizzato che il caso fortuito attiene a ciò che non può prevedersi, mentre la forza maggiore è ciò che non può evitarsi, giungendo a ritenere, all'esito dell'esame del ruolo della condotta del danneggiato, che anche questa può integrare il caso fortuito ed escludere integralmente la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., ma solo se la stessa sia stata colposa e non poteva essere prevedibile da parte del custode. Ha ulteriormente completato la Corte con la sentenza n.2480/2018 che "In effetti, può senz'altro convenirsi che, per "caso fortuito" idoneo a recidere il nesso causale tra la cosa e il danno, ai fini della peculiare responsabilità disegnata dall'art. 2051 cod. civ., va generalmente inteso quel fattore causale, estraneo alla sfera soggettiva, che presenta i caratteri dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (fattore N causale comprensivo anche del fatto del terzo o, in via descrittiva ed a seconda dei casi, della colpa del danneggiato): purché esso abbia, in applicazione dei principi generali in tema di causalità nel diritto civile, efficacia determinante dell'evento dannoso." Pertanto, anche il caso fortuito (oggettivo e valutato ex ante) va allora inquadrato in questo contesto: e l'imprevedibilità va intesa come obiettiva inverosimiglianza dell'evento, benché non anche come sua impossibilità, mentre l'eccezionalità è qualcosa di più pregnante dell'improbabilità (quest'ultima in genere intesa come probabilità inferiore alle cinquanta probabilità su cento), dovendo identificarsi come una sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza statistica accettata come "normale", vale a dire entro margini di oscillazione - anche ampi - intorno alla media statistica, che escludano i picchi estremi, se isolati, per identificare valori comunemente accettati come di ricorrenza ordinaria o tollerabile e, in quanto tali, definibili come ragionevoli". Su queste premesse, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l'assenza di colpa del custode resta del tutto irrilevante ai fini della sua responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. Tanto premesso in diritto incombeva all'attore in primo luogo dare la prova del nesso di causalità tra il bene oggetto di custodia e l'evento che gli ha causato il danno. A tale onere probatorio l'attore ha adempiuto offrendo prova testimoniale e documentale ( fotografica) all'esito della quale deve ritenersi provato che il 24 gennaio 2019 a seguito di manifestazioni piovose intense i campi da lui coltivati a carciofo sono stati completamente allagati, che i canali di smaltimento delle acque di pertinenza del Consorzio e posti nei terreni predetti si trovavano privi di manutenzione e quindi ostruiti da erbacce, detriti che impedivano totalmente il deflusso dell'acqua la quale si riversava sulla campagna circostante allegandola. Tutti i testi escussi concordemente hanno riferito di avere visto i terreni coltivati dall'attore a carciofi allagati proprio nel mese di gennaio 2019 e ciò sicuramente in un periodo molto piovoso che aveva imbibito i terreni e reso difficoltosa l'eliminazione dell'acqua in eccesso attraverso i canali predetti. Tutti i testi hanno riferito di avere visto i campi interessati dall'allagamento coltivati a carciofo spinoso. Siffatta prova deve ritenersi pienamente esaustiva dell'onere imposto all'attore in conformità a quanto sopra evidenziato e quindi a lui richiesto. Incombeva, per contro, al Consorzio convenuto la prova contraria e precisamente che i canali di scolo presenti nel terreno dell'(...) fossero adeguatamente curati e che di conseguenza il fenomeno dell'allagamento si fosse verificato per un fatto riconducibile o al caso fortuito o alla forza maggiore. I testi (...) e (...) hanno riferito di essere a conoscenza delle condizioni dei canali di scolo presenti nei terreni della valle del (...) in quanto dipendenti tecnici del Consorzio convenuto, di averli visionati in occasione dei lamentati sinistri e di avere rilevato che effettivamente gli stessi non erano stati oggetto di manutenzione da parte del Consorzio per mancanza di fondi, precisavano, comunque, che successivamente agli eventi lamentati dall'attore, nell'anno 2020 avevano provveduto alla ripulitura dei canali di scolo e in presenza di copiose piogge i terreni si erano allagati comunque. Ciò in quanto erano presenti nelle coltivazioni sistemi di irrigazione e di smaltimento delle acque direttamente riconducibili ai coltivatori non adeguati per pendenze e ampiezza. Con riferimento alle intensità delle piogge nel periodo indicato il teste (...) non è stato in grado di riferire se le stesse fossero eccezionali o nella media, ma che erano presenti degli allerta meteo i quali prevedevano anche la possibilità di nevicate. Tutti gli elementi oggettivi emersi sia dalle prove documentali che dalla prova testimoniale sono stati sottoposti alla verifica di un consulente tecnico di ufficio il quale con chiarezza e puntualità, che questo giudice condivide pienamente, ha, in primo luogo individuato catastalmente e in loco tutti i terreni riconducibili all'attore e interessati dall'allagamento evidenziandone variazioni catastali avvenute nel corso degli anni nonché la loro effettiva individuazione. Sotto il profilo causale ha preso in esame la condizioni dei canali di smaltimento delle acque e nonché le opere che nelle buone prassi di coltivazione devono essere poste in essere anche dai privati proprietari, rilevando come oltre alle ostruzioni presenti nel canale di deflusso delle acque di proprietà del consorzio sicuramente causa dell'allagamento dei terreni doveva essere rilevata l'assenza di opere di regimentazione collegate ( scoli laterali e interfila ) da parte dell'attore, fatto che aveva aggravato inevitabilmente le conseguenze dell'allagamento come verificatosi. Ciò posto, valutate le deposizioni testimoniali, i documenti prodotti e la relazione peritale sul punto deve ritenersi sussistente il rapporto di concausalità tra la condizioni dei canali di scolo consortili e l'allagamento del fondo, causalità di efficienza preminente rispetto a quella dovuta all'assenza di opere complementari necessarie e utili nelle prassi di coltivazione quali li scoli laterali e interfila e ciò nella misura indicata del 5% ( risposta alle osservazioni del ctp di parte convenuta). Premessa la sussistenza del nesso di causalità, o meglio di concausalità, rilevato il Consorzio ha sostenuto che gli eventi atmosferici del 24 gennaio 2019 e immediatamente antecedente erano stati di natura talmente intensa da costituire un vero e proprio fortuito, sulla base del quale il convenuto doveva andare esente da colpa. Invero la prova di siffatta eccezionalità non è emersa in alcun modo né dalla deposizione del teste (...) né dalle indagini effettuate dal consulente tecnico il quale ha rilevato che al momento del sovralluogo (avvenuto nel dicembre 2021) con i canali di scolo consortili liberi, le chiuse a mare serrate e precipitazione di 60 mm di pioggia da ritenersi molto intensa e nel periodo continua, non si erano verificati eventi di tracimazione dei canali ma solamente delle falde affiorantiin alcuni punti limitrofi al canale. Ciò a riprova che i canali tenuti puliti erano in grado di smaltire l'acqua in eccesso di un periodo molto piovoso e con le chiuse a mare serrate e che di conseguenza nessun fortuito appare rinvenibili nella copiose piogge verificatesi nel mese di gennaio 2019. Il ctu ha quindi provveduto a determinare secondo i criteri tecnici previsti in agronomia la superficie degli stessi coltivabile stimandola nel 75% dell'intero e escludendo dalla valutazione il mappale costituito dal fabbricato e successivamente in applicazione dei parametri tecnici sulla coltivazione, produttività (parametri condivisi anche dai ctp) ha stimato nel 40% della produttività generale la perdita riconducibile all'allagamento lamentato e applicato il prezziario ISMEA (prezziario pubblico) ha determinato in Euro 39.122,70 il danno subito dall'attore a causa dell'allagamento. La determinazione analitica per porzione di terreno, ubicazione rispetto ai canali di scolo rende la stessa oggettivamente condivisibile e pienamente applicabile non essendo contestabile un siffatto equilibrato, giusto e logico calcolo per la determinazione del danno complessivo. Ovviamente tenuto conto dell'incidenza causale nella misura del 5% ascrivibile al comportamento tenuto dall'attore deve ritenersi che il danno cagionato dalla mancata manutenzione dei canali di scolo alla produzione di carciofi dell'attore è pari a Euro 37.166,56. Il Consorzio convenuto di conseguenza deve essere condannato al pagamento della somma di Euro 37.166,56 somma rivalutabile dal mese di gennaio 2019 fino all'effettivo pagamento. Non sono, invece, dovuti interessi compensativi. Occorre richiamare, al riguardo, il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui nei debiti di valore i cosiddetti interessi compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca dell'evento lesivo. Tale danno sussiste solo quando, dal confronto comparativo in unità di pezzi monetari tra la somma rivalutata riconosciuta al creditore al momento della liquidazione e quella di cui egli disporrebbe se (in ipotesi tempestivamente soddisfatto) avesse potuto utilizzare l'importo allora dovutogli secondo le forme considerate ordinarie nella comune esperienza ovvero in impieghi più remunerativi, la seconda ipotetica somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile in vario modo, anche mediante il meccanismo degli interessi, mentre in ogni altro caso il danno va escluso ( Cass. 1111/2020; Cass. 13684/2018; Cass. 3173/2016; Cass. 3355/2010 e Cass. 22347/2007). Le spese legali seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta; 1) Condanna il Consorzio di (...) al pagamento della somma di Euro 37.166,56 da rivalutarsi secondo gli indici Istat a decorrere dalla data dell'evento, 24 gennaio 2019, fino all'effettivo saldo; 2) Condanna il convenuto a rifondere a parte attrice le spese legali del presente giudizio liquidate in complessivi Euro 7.254,00 oltre accessori nella misura di legge nonché di consulenza tecnica di ufficio nella misura liquidata in decreto. Così deciso in Sassari il 19 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 30 agosto 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI II SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 638/2015 promossa da: (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. AN.SI., presso cui è elettivamente domiciliato ATTORE contro (...), col patrocinio dell'avv. LUCIANO SECHI, presso cui è elettivamente domiciliata CONVENUTA Oggetto: responsabilità extracontrattuale - risarcimento del danno RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 13 febbraio 2015 (...) conveniva davanti a questo tribunale (...) chiedendone la condanna al risarcimento del danno quantificato come in epigrafe. Esponeva di aver acquistato dalla convenuta, con atto pubblico del 25 febbraio 2010, un fabbricato su due livelli, con terreno circostante, ubicato nella regione (...) di (...) e che nel maggio del 2011 si erano manifestati gravi vizi e difetti nell'immobile, edificato dalla stessa parte alienante, consistenti in estese infiltrazioni di umidità ed intasamento dei pozzetti di raccolta delle acque, meglio descritti in esito al procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso nell'ottobre del 2011. Il consulente d'ufficio, nella relazione depositata il 27 dicembre 2011, aveva rilevato gravi carenze costruttive nell'immobile, indicando e quantificando in oltre 92.000,00 Euro i costi necessari per provvedere al suo risanamento. Aggiungeva che erano rimaste senza esito le lettere raccomandate inviate alla convenuta, con cui egli aveva richiesto il ristoro dei danni, rapportati alle spese necessarie al ripristino di normali condizioni di vivibilità dell'immobile, destinato ad abitazione, nonché al pregiudizio subito per aver sofferto i disagi conseguenti alla sua insalubrità. Invocando quindi la responsabilità dell'alienante-costruttrice ai sensi dell'art. 1669, c.c., o comunque dell'art. 2043, c.c., concludeva come riportato in epigrafe. Si costituiva la convenuta e contestava la domanda, eccependo l'intervenuta formazione del giudicato sulla pretesa risarcitoria azionata, dato che con sentenza n. 1594/2014 del 4 dicembre 2014 questo tribunale aveva già disatteso un'identica domanda proposta dal medesimo (...) ai sensi dell'art. 1492, c.c., e dichiarato inammissibile quella da lui proposta ex art. 1669, c.c.. Eccepiva inoltre la decadenza e la prescrizione del diritto esercitato dall'attore e, nel merito, l'infondatezza della domanda. Concludeva come sopra trascritto. Acquisita la consulenza tecnica d'ufficio depositata nel procedimento di accertamento preventivo, la causa, istruita solo con produzioni documentali, era assunta in decisione all'udienza del 12 aprile 2022 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c.. L'eccezione preliminare attinente alla formazione del giudicato è infondata, dato che la sentenza richiamata in epigrafe aveva reputato inammissibile, perché proposta tardivamente, la domanda formulata ex art. 1669, c.c., dall'attore, che nel precedente giudizio aveva agito in relazione ai medesimi fatti, invocando tuttavia la responsabilità contrattuale della venditrice e chiedendo la conseguente riduzione del prezzo (domanda disattesa dal tribunale per l'intervenuta decadenza e, comunque, per la decorsa prescrizione annuale). Il sig. (...) agisce, invece, nel presente giudizio denunciando i gravi difetti costruttivi previsti dall'art. 1669, c.c., e, in subordine, ai sensi dell'art. 2043, c.c., invocando quindi una responsabilità extracontrattuale della convenuta quale costruttrice dell'immobile viziato e chiedendone la condanna (non alla riduzione del prezzo della compravendita, ma) al risarcimento del danno che assume di aver subito a causa delle evidenziate carenze nell'edificazione del fabbricato. Sia il petitum che la causa petendi risultano dunque differenti rispetti a quelli che avevano caratterizzato la domanda già proposta e sulla quale si è formato il giudicato, osservandosi anche che nessuna pronuncia era stata adottata in quel giudizio circa il rapporto e le responsabilità della venditrice dedotti con la presente domanda. Quanto alle eccezioni di decadenza e prescrizione, è sufficiente rilevare che solo a seguito del deposito, nel dicembre 2011, della relazione di a.t.p. l'odierno attore, che già nel maggio precedente aveva constatato e comunicato alla venditrice la presenza dei fenomeni denunciati, era stato messo in grado di apprezzare compiutamente l'origine e la derivazione causale, in termini di specifiche carenze nelle tecniche di progettazione e costruzione, dei difetti in questione, trovando nella specie applicazione il principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza, per cui il termine di decadenza decorre solamente dal giorno in cui il committente o acquirente dell'immobile consegua un grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione dall'imperfetta esecuzione dell'opera. Non è, infatti, determinante a tal fine la mera conoscenza del verificarsi dei fenomeni (nella specie, presenza di estese infiltrazioni di umidità e traboccamento dei pozzetti) la cui origine non poteva propriamente e compiutamente essere indagata senza l'ausilio di una consulenza tecnica che accertasse il difetto costruttivo a base delle gravi infiltrazioni osservate. Il dies a quo del termine annuale di cui all'art. 1669, co. 1, c.c., dev'essere pertanto ricondotto alla data del deposito, nel dicembre del 2011, della relazione del consulente nominato in sede di accertamento tecnico preventivo (al riguardo, Cass. Civ. n. 24486/2017 e Cass. Civ. 27693/2019). Col successivo invio delle due lettere raccomandate ricevute dalla convenuta in data 17 ottobre e 2 novembre 2012 (v. missive allegate sub 7 e 8 dall'attore) era stata quindi impedita ogni decadenza. Era stato poi efficacemente interrotto dal sig. (...) il termine prescrizionale annuale di cui all'art. 1669, co.2 , c.c., con la proposizione del giudizio di merito, avvenuta con ricorso depositato nel marzo 2013, procedimento nel cui ambito era stata proposta anche la domanda ex art. 1669, c.c., dichiarata inammissibile con la richiamata sentenza. Deve pertanto escludersi che siano maturati i termini di decadenza e prescrizione previsti dalla disposizione richiamata, rammentandosi che la prescrizione non ricomincia a decorrere sino alla definizione del giudizio (art. 2945, co. 2, c.c.). Quanto alla legittimazione passiva della convenuta, è opportuno richiamare il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, posto che la denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e dai suoi aventi causa, ben può provenire anche dall'acquirente dell'immobile, avuto riguardo alla generale finalità di tutela a fondamento delle disposizioni di cui all'art. 1669, c.c., dirette a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidano significativamente sugli elementi essenziali dell'opera, compromettendone la conservazione, e dando luogo ad un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, il costruttore responsabile per gli effetti di cui all'art. 1669, c.c., ben può essere individuato nella figura (anche non professionale né imprenditoriale) della parte venditrice, qualora, come nella specie, essa abbia proceduto alla costruzione del manufatto mantenendo quantomeno un potere di sorveglianza e verifica sul relativo procedimento edificatorio. Il giudice di legittimità ha, invero, anche recentemente ribadito come l'art. 1669 c.c. trovi applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche qualora la costruzione stessa sia a lui riferibile in tutto o in parte per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale. Ha inoltre specificato che chi abbia deciso di far costruire un immobile da destinare alla successiva vendita (intera o frazionata) a terzi, è tenuto alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. (al riguardo, Cass civ. sez. II, n.20877 del 30 settembre 2020). Nella specie, parte attrice ha documentato che la sig.ra B., come dichiarato espressamente nell'atto di compravendita in data 25 febbraio 2010, aveva "edificato in proprio" l'immobile in questione e, in difetto di elementi di valutazione deponenti in senso contrario, ella dev'essere ritenuta quantomeno corresponsabile della relativa costruzione, dato che "l'azione di responsabilità (...) può essereesercitata, non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera" (così la sezione II della Cassazione civile, ordinanza n. 4055/2018). D'altra parte, per esimersi dalla responsabilità propria del costruttore, la convenuta avrebbe dovuto invocare una responsabilità altrui, chiamando in causa il progettista, il direttore dei lavori, l'impresa appaltatrice e, in generale, i soggetti cui ritenesse di ascrivere alternativamente o in concorso le rilevate carenze costruttive. Tanto premesso, venendo dunque al merito della domanda, avuto riguardo alla documentazione dei gravi vizi manifestati dall'immobile desumibili, oltre che dagli eloquenti rilievi fotografici versati in atti dall'attore, dagli accertamenti eseguiti in esito all'a.t.p. dal consulente nominato dal giudice, appare manifesta la ricorrenza di quei "... gravi difetti i quali, al di fuori dell'ipotesi di rovina ed evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudicano o menomano in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo" (così la richiamata ordinanza). Le diffuse ed estese infiltrazioni di umidità interessanti l'immobile, provenienti sia dalla parte sottostante alla pavimentazione (umidità da risalita capillare) che dai suoi muri perimetrali, e la presenza di vaste aree interessate dall'evidente formazione di muffe, hanno gravemente e palesemente compromesso la funzione e la normale fruibilità del manufatto il cui intero perimetro è, inoltre, interessato da lesioni orizzontali, visibili anche lungo la facciata. Il CTU, nel rispondere ai quesiti formulati, ha in particolare evidenziato, in esito ad un'accurata ed esauriente indagine in loco, le carenze costruttive riscontrate, riconducibili essenzialmente alla totale mancanza dell'intercapedine fra il terreno ed il muro perimetrale del seminterrato dell'edificio (anche in violazione dei criteri edificatori previsti espressamente dal Regolamento edilizio comunale), con conseguenti gravi carenze d'isolamento ed impermeabilizzazione delle mura, alla totale mancanza di isolamento delle fondazioni e dei vespai, privi di camera d'aria di drenaggio e di alcuna ventilazione del sottofondo della pavimentazione. Ha, ancora, riscontrato la presenza di fessurazioni interessanti l'intero perimetro dell'edificio, lungo i suoi muri portanti, la totale difformità dalle regole tecniche costruttive anche dei pozzetti di raccolta delle acque bianche e nere e, infine, la presenza in un tratto della cantina di una roccia che concorre ad aggravarne l'umidità. Rimandandosi all'analitica descrizione ed ai rilievi tecnici illustrati dal CTU nell'elaborato, regolarmente acquisito al presente giudizio, appare anche congrua ed esente da rilievi la quantificazione (si rimanda all'accurata descrizione dei lavori contenuta nella relazione dell'esperto) delle opere indispensabili al risanamento della costruzione dall'umidità, stimata in complessivi Euro 92.440,50. Non risultano adeguatamente dimostrate le altre voci di danno domandate dall'attore, anche tenuto conto della carenza di prova circa l'effettiva destinazione (stabilmente) abitativa dell'immobile. Considerato che il risarcimento è stato domandato da parte attrice per equivalente, esso va pertanto commisurato a detto importo, ossia ai costi necessari per ripristinare e ristrutturare l'immobile, riconducendolo a normali condizioni di godimento e fruibilità (sulla spettanza ed i criteri risarcitori, Cass. civ. sez. II, ordinanza dep. il 30 aprile 2021). La somma, costituente debito di valore, è dovuta dalla convenuta con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali da computarsi con decorrenza dalla data di ricevimento della prima raccomandata di messa in mora (17 ottobre 2012) sino al saldo, con riferimento a ciascuna annualità ed esclusione del cumulo. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, a carico della convenuta. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, in accoglimento, per quanto di ragione, della domanda, condanna la convenuta (...) al pagamento in favore dell'attore (...) della complessiva somma di Euro 92.440,50, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali da computarsi con decorrenza dalla data di ricevimento della prima raccomandata di messa in mora (17 ottobre 2012), con riferimento a ciascuna annualità ed esclusione del cumulo. Condanna la convenuta alla rifusione in favore dell'attore delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro8.960,00, oltre rimborso forfetario ed oneri di legge, per il presente giudizio di merito, e in ulteriori Euro1.320,00 per il procedimento di a.t.p., nonché alla rifusione dei compensi liquidati al CTU (Euro 1750,00 per onorari e spese). Così deciso in Sassari il 23 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 23 agosto 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SASSARI PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale civile di Sassari, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Elisabetta Carta, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 2533/19 R.G. promossa da: (...) (C.F. (...) ) elettivamente domiciliata in Sassari, Via (...), presso lo studio degli Avv.ti Sa.Sa. (C.F. (...) ) e La.So. (C.F. (...)) che la rappresentano e difendono in forza di delega in calce all'atto di citazione, ATTORE CONTRO CONDOMINIO DI VIALE U. I N. 90 (C.F. (...) ), in persona dell'Amministratore in carica E.P.S. S.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in S., via (...) D. G. 6, CONVENUTO CONTUMACE E (...) S.R.L. (CF: (...),)in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Sassari, viale (...), elettivamente domiciliata in Alghero, via (...), presso lo studio dell'Avv. Mi.Ma., (C.F. (...) ) che lo rappresenta e difende in forza di mandato allegato in atti, CONVENUTO E (...)S.P.A. (P.IVA (...)) in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Sassari Via (...), presso e nello studio dell'avv. Ga.Pi. (C.F. (...) ), che la rappresentata e difende in forza della procura generale alle liti rilasciata da (...)S.p.a. per atto del notaio (...), redatto in M. V. (T.) il (...) repertorio n. (...), (...) OGGETTO: risarcimento danni. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO In via di premessa si osserva che gli art.132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. prevedono che la sentenza deve contenere la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione la quale consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così che debba ritenersi conforme al modello normativo richiamato (il quale prevede la sinteticità della motivazione quale corollario del dovere di assicurare la ragionevole durata del processo) la motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, 26 luglio 2012 n. 13202), nonché l'esame e la trattazione nella motivazione delle sole questioni - di fatto e di diritto - "rilevanti ai fini della decisione" concretamente adottata, dovendo le restanti questioni eventualmente esposte dalle parti e non trattate dal giudice essere ritenute non come "omesse" (per l'effetto dell' error in procedendo), ma semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante. Richiamati, in ordine alla ricostruzione dei profili fattuali della presente vicenda controversa, il contenuto assertivo della citazione, quello delle comparse di risposta, nonché dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice in corso di causa, si osserva quanto segue in ordine alla decisione. Con atto di citazione ritualmente notificato (...), premesso di essere proprietaria dell'appartamento posto al 5 piano, scala B, dello stabile sito S., viale U. I n. 90, presso il quale risiede con la propria famiglia, ha allegato che nell'anno 2017 il Condominio di viale U. I n. 90 aveva incaricato l'Impresa Dott. (...) di eseguire un intervento di ammodernamento e rimessa in funzione dell'impianto di riscaldamento condominiale, che nel corso dei lavori di adeguamento della caldaia l'impresa aveva segnalato all'amministratore di condominio che, in data 13.12.2017, i tecnici incaricati avrebbero provveduto al riempimento dell'impianto e ad una prova di pressione delle colonne montanti e che l'amministratore aveva pertanto affisso il relativo avviso in bacheca invitando i condomini a rimanere in casa e a segnalare tempestivamente all'impresa eventuali perdite d'acqua all'interno degli appartamenti. Ha dedotto che la prova di pressione, tuttavia, non era stata eseguita nella data del programmata del 13.12.2017, ma il giorno successivo, senza alcun preavviso e che durante l'esecuzione della stessa si era verificata la rottura di una delle colonne montanti nella zona in prossimità del piano attico, in conseguenza della quale vi era stata un'improvvisa e capiente fuoriuscita d'acqua dalle murature delle parti comuni dell'edificio che aveva interessato l'unità immobiliare sottostante di sua proprietà. Atteso che al momento dell'evento nell'appartamento non era presente nessuno ha rappresentato che, col trascorrere del tempo, l'acqua era andata a ricoprire l'intera superficie dell'abitazione, provocando danni ai supporti murari, ai battiscopa, alle porte in legno, ai mobili delle camere da letto, al materasso della camera matrimoniale (che si trovava proprio sotto il gettito d'acqua), ai mobili del salone, all'armadio a muro posto all'ingresso, ai mobili della cucina, ai divani della cucina e del salone e ai tappeti. Ha allegato di aver proposto procedimento per Accertamento Tecnico Preventivo ex art. 696 e 696 bis c.p.c. al fine di far accertare e stimare i danni riportati dal proprio immobile e dagli arredi in esso contenuti, prima di procedere al ripristino degli stessi e che, nell'ambito del medesimo, nel quale erano stati convenuti la (...) S.p.A., l'Impresa Dott. (...) S.r.l. e il Condominio di Viale U. I n. 90 (che a loro volta avevano chiamato in causa le rispettive compagnie di assicurazione (...) e (...)S.p.A.) e che il CTU incaricato dal Giudice, Geom. Fr.Ca.: 1) aveva stimato i costi necessari per il ripristino dell'immobile in Euro 9.316,06 oltre IVA e i costi per il ripristino degli arredi danneggiati in Euro 24.176,00 comprensivi di IVA nei modi di legge; 2) aveva individuato la causa dei danni nelle abbondanti infiltrazioni d'acqua conseguenti alla rottura di una colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale in occasione della messa in pressione dell'impianto stesso da parte dell'Impresa Dott. (...) S.r.l., rottura determinata, secondo il CTU, dal naturale e graduale deterioramento della tubazione. Ritenuta la sussistenza di una responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Condominio di Viale U. n. 90, in qualità di proprietario e custode della tubatura in questione, per i danni patiti dall'attrice o, in subordine ex art. 2043 c.c. per violazione delle comuni regole di diligenza e prudenza, per non aver provveduto ad un'adeguata manutenzione dell'impianto di riscaldamento ormai vetusto e usurato, nonché per non essersi assicurato che l'Impresa Dott. (...) eseguisse i lavori nella data prestabilita allorquando i condomini erano rimasti in casa a vigilare ne ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni patiti. Ha inoltre ravvisato profili di responsabilità nella determinazione dei danni lamentati anche in capo all'impresa esecutrice dei lavori atteso che prima di effettuare la prova di pressione sull'impianto di riscaldamento condominiale, la stessa avrebbe dovuto verificare lo stato di usura delle tubature e valutare il rischio di eventuali rotture delle stesse, adottando le misure necessarie a prevenire o limitare i danni a terzi. Ha concluso chiedendo: "accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva del Condominio di viale U. I n. 90 nella determinazione dei danni lamentati dalla Sig.ra (...) e per l'effetto condannarlo al risarcimento degli stessi nella misura di Euro 35.541,59 o nella veriore misura che il Giudice riterrà dovuta causa cognita; c) In via subordinata accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva dell'Impresa Dott. (...) S.r.l. nella determinazione dei danni lamentati dalla Sig.ra (...) e per l'effetto condannarlo al risarcimento degli stessi nella misura di Euro 35.541,59 o nella veriore misura che il Giudice riterrà dovuta causa cognita; d) In via ulteriormente subordinata accertare e dichiarare la responsabilità concorsuale dell'Impresa Dott. (...) S.r.l. e del Condominio di Viale U. I n. 90 nella determinazione dei danni lamentati dalla Sig.ra (...) e per l'effetto condannarli in solido al risarcimento degli stessi nella misura di Euro 35.541,59 o nella veriore misura che il Giudice riterrà dovuta causa cognita; e) In ogni caso con vittoria di spese e competenze del presente giudizio e del procedimento ex artt. 696 - 696 bis c.p.c.". Benchè ritualmente citato il Condominio di Viale U. I n. 90 è rimasto contumace nel presente giudizio. Si è costituita la (...) Srl deducendo preliminarmente che i lavori di cui trattasi, concessi in appalto dal Condominio di Viale U. n. 90 alla odierna convenuta, erano stati svolti dalla medesima nel pieno ed assoluto rispetto delle norme di legge vincolanti, sotto i seguenti profili: tecnico, contabile, sicurezza sul lavoro, contributivo-assicurativo, come anche delle regole dell'arte, tanto da ottenere in occasione della conclusione delle attività, la certificazione di regolare esecuzione di essi da parte del Direttore dei lavori incaricato dal suddetto condominio. Ha dedotto che sulla base delle risultanze dell'espletata Ctu risultava escluso qualsiasi profilo di responsabilità a suo carico e ha chiesto il rigetto della domanda risarcitoria spiegata nei suoi confronti. Ha comunque chiesto di essere autorizzata alla chiamata del terzo società (...)S.p.A. con cui aveva stipulato idonea polizza di assicurazione della responsabilità civile, al fine di tenerla indenne da ogni e qualsivoglia conseguenza pregiudizievole che dovesse derivarle dal presente giudizio. Autorizzata la chiamata si è costituita la (...)Spa la quale ha preliminarmente evidenziato che oggetto del contratto di appalto stipulato dall'assicurata col Condominio riguardava esclusivamente i lavori termoidraulici di risanamento e messa in servizio della centrale termica all'interno del Condominio odierno convenuto e che, pertanto, nessuna opera che riguardasse l'intervento sull'intero impianto di riscaldamento, sulle tubazioni che portano l'acqua ai caloriferi presenti nei singoli appartamenti e sulle colonne montanti dell'impianto di riscaldamento condominiale era stata mai oggetto di accordo tra le parti. Ha dedotto che all'impresa non poteva essere ascritta alcuna responsabilità avendo il Consulente accertato che la causa del danno era da individuarsi nello stato di usura e nel malfunzionamento dell'intero sistema di riscaldamento che aveva cagionato la rottura della colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale. Ritenuto che la responsabilità per i danni cagionati all'attrice era quindi da ascrivere alla condotta del Condominio convenuto anche considerato il mancato avviso ai singoli condomini circa la prova di messa in funzione dell'impianto stesso che avrebbe consentito di evitare i danni, ha chiesto il rigetto della domanda della impresa assicurata. Ha infine eccepito eccepisce la non operatività dell'assicurazione stipulata con la società Dott. (...) S.r.l. ai sensi dell'art. 3 lett. i) ed n) delle Condizioni Generali di Assicurazione atteso che la fase di collaudo, nel corso della quale si era verificata la rottura della colonna montante, non rientrava nell'ambito dell'assicurazione che, invece, operava sino alla fase precedente. Ha poi eccepito il concorso colposo dell'attrice ex art. 1227 c.c e contestato la quantificazione dei danni. La causa è stata istruita mediante la produzione di referente documentale ed acquisizione del fascicolo del procedimento per ATP e, all'udienza cartolare del 19 maggio 2022, lette le note di trattazione scritta nel termine assegnato dal Giudice la causa è stata trattenuta in decisione previa assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. La domanda attore è fondata e deve essere accolta per i motivi e nei limiti in appresso illustrati. Si osserva che nell'ambito del procedimento per ATP, svoltosi nel contradditorio di tutte le parti del presente processo, il nominato Consulente ha preliminarmente accertato, a seguito di accurate verifiche effettuate durante il sopralluogo presso l'immobile oggetto della procedura, che lo stesso era interessato da una serie di danni, documentati puntualmente con copiosa documentazione fotografica. Ha illustrato, in particolare, che dai controlli eseguiti si era rilevata "la presenza di rigonfiamenti ed esfogliazioni dell'intonaco, nelle pareti e nel soffitto della camera matrimoniale, nei due bagni adiacenti la stessa camera, il danneggiamento dei telai e relativi copri-telai delle porte interne, dei battiscopa dell'immobile e della mobilia presente" e che "le lesioni presenti all'interno dell'abitazione possono essere compatibili con il contatto prolungato delle murature e delle mobilia, con l'acqua presente nell'unità immobiliare a seguito della rottura della colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale". Ha accertato che l'acqua è arrivata ad un'altezza di circa 4 cm e che vi è stato il riversamento di un quantitativo di acqua per ora pari a 1,4 mc/h (5,6 mc/ 4h) e quindi di una portata di circa 0,0038 mc/s. Ha quindi ricollegato eziologicamente i danni riscontrati all'allagamento dell'appartamento. Premesso quindi di aver potuto esaminare le sole tubazioni a vista presenti nella caldaia e nell'appartamento sovrastante l'immobile di proprietà di parte attrice in relazione alle cause dell'allagamento ha accertato che, tenuto conto dello stato dei tubi presenti al piano superiore e considerando la vetustà dell'intera palazzina, la possibile rottura della stessa tubazione "non è da imputare ad una carenza di manutenzione ma dal fatto che, con il passare degli anni, i tubi subiscono fenomeni di usura, formazione di ruggine, ossidazione ecc. e manifestano il loro stato di degrado nel momento in cui avviene una perdita d'acqua dovuta alla rottura in una parte della tubazione più deteriorata. Si ritiene pertanto che il fenomeno accaduto sia dovuto ad un naturale e graduale deterioramento della tubazione". Fermo pertanto che il Ctu ha accertato che l'allagamento che ha cagionati i danni in relazione ai quali è stata avanzata la domanda risarcitoria è stato causato dalla rottura della colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale dovuta all'usura ed al graduale deterioramento della tubazione più deteriorata, laddove il Consulente ha rilevato che la rottura non è stata dovuta ad una carenza di manutenzione lo stesso ha espresso un giudizio non richiestogli e rimesso all'organo giudicante, avendo il Consulente il compito esclusivo di accertamento dei fatti e non della loro valutazione. Si osserva, difatti, che per la parte dell'impianto di riscaldamento condominiale che rimane fuori dai singoli appartamenti (c.d. colonna montante) il legislatore ha previsto una presunzione di comproprietà posta dall'art. 1117, n. 3, c.c. con la conseguenza che il Condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, (anche provvedendo alla loro regolare manutenzione) sicché risponde "ex" art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Costituisce principio pacifico della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui "ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. la responsabilità per danni ha natura oggettiva, in quanto si fonda sul mero rapporto di custodia ,cioè sulla relazione intercorrente fra la cosa dannosa e colui il quale ha l'effettivo potere su di essa (come il proprietario, il possessore o anche il detentore) e non sulla presunzione di colpa, restando estraneo alla fattispecie il comportamento tenuto dal custode; a tal fine, occorre, da un lato, che il danno sia prodotto nell'ambito del dinamismo connaturale del bene ,o per l'insorgenza in esso di un processo dannoso, ancorché provocato da elementi esterni , e, dall'altro, che la cosa, pur combinandosi con l'elemento esterno costituisca la causa o la concausa del danno; pertanto, l'attore deve offrire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l'evento lesivo nonché dell'esistenza di un rapporto di custodia relativamente alla cosa, mentre il convenuto deve dimostrare l 'esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità, cioè il caso fortuito, in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode". Ritiene pertanto questo Giudice che accertato il rapporto di custodia ed il nesso causale tra la cosa in custodia (impianto di riscaldamento condominiale) ed il danno, ed avendo il Condominio convenuto rinunciato con la mancata costituzione in giudizio a fornire la prova liberatoria del caso fortuito, debba riconoscersi la responsabilità del Condominio convenuto ex art. 2051 c.c. con conseguente condanna dello stesso al risarcimento dei danni causati dalla rottura e conseguente allagamento. Nessuna responsabilità può invece ascriversi alla convenuta (...) Srl. Parte attrice ha convenuto in giudizio l'impresa appaltatrice dei lavori sulla scorta della considerazione che "l'impresa avrebbe dovuto verificare lo stato di usura delle tubature e valutare il rischio di eventuali rotture delle stesse, adottando le misure necessarie a prevenire o limitare i danni ai terzi". Orbene, risulta documentalmente provato che il Condominio di Viale U. I 90 abbia appaltato alla predetta società esclusivamente "i lavori termoidraulici di risanamento e messa in servizio della centrale termica" con esclusione pertanto di qualsiasi intervento sull'intero impianto di riscaldamento, e quindi sulle tubazioni che portano l'acqua ai caloriferi presenti nei singoli appartamenti e sulla colonna montante. I lavori appaltati sono stati eseguiti a regola d'arte, tanto che l'ausiliario del Giudice ha verificato che la caldaia e le tubazioni della stessa erano state oggetto di intervento come indicato nel contratto acquisito in sede di sopralluogo e quindi si presentavano in buone condizioni di manutenzione. Risultano inoltre prodotti agli atti il Verbale di ultimazione dei lavori del 22/12/2017 in forza del quale il Condominio di Viale U. n. 90 di S. per mezzo del proprio Direttore dei lavori Ing. (...), svolti gli opportuni accertamenti in contraddittorio con l'appaltatore, ha dato atto della completa ultimazione dei lavori in conformità al contratto di appalto, nonché il Verbale di visita di controllo - Certificato di regolare esecuzione del 12/03/2018) in forza del quale il predetto Condominio, sempre per il tramite del Direttore dei lavori da esso incaricato, ha dato atto della compiuta disamina degli atti contrattuali e contabili relativi ai lavori, effettuava i controlli ed esami, sia delle opere che delle documentazioni e certificazioni dei materiali e degli apparecchi posti in opera, riscontrando positivamente che le opere oggetto di appalto erano state eseguite con materiali, apparecchi e magisteri appropriati, nel rispetto delle regole dell'arte ed in conformità alle prescrizioni contrattuali tanto da disporre il pagamento del residuo del corrispettivo dell'appalto. Trattandosi di atti formati in data successiva a quella dell'allagamento per cui è causa gli stessi confermano che il Condominio abbia escluso profili di responsabilità dell'impresa appaltatrice, così da impedire ogni sorta di pretesa attorea nei confronti della stessa. In sostanza, pertanto, considerata l'accertata causa dell'allagamento come relazionato dal Ctu, tenuto conto dell'oggetto del contratto stipulato tra le parti e della corretta esecuzione dei lavori, la società T. Srl va ritenuta esente da qualsiasi responsabilità per l'evento per cui è causa. Tanto chiarito in punto di an debeatur, in ordine al quantum debeautur il Ctu ha provveduto alla valutazione dei danni basandosi sull'entità dei lavori necessari per il ripristino degli stessi al fine di riportare gli ambienti allo stato in cui si trovavano prima dell'evento oggetto di accertamento, utilizzando il prezziario dei lavori Pubblici della Regione Sardegna, entrato in vigore da aprile 2018 e quantificando gli stessi in Euro 9.316,06 oltre I.V.A. nei modi di legge. Per quanto attiene agli arredi e relativi costi di ripristino ha ritenuto "congrue le valutazioni indicate nei preventivi allegati nelle memorie di parte attrice solo per alcuni arredi (vedi voce computo n. NP1, NP3 e NP5) ma, in seguito ad adeguate ricerche di mercato, ha ritenuto opportuno dare una differente valutazione ad altre (vedi voce computo n. NP2, NP4, NP6, NP7, NP8, NP9, NP10 e NP11)" stimando come necessario un importo di Euro 24.176,00 comprensivo di I.V.A. nei modi di legge. Accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Condominio di Viale U. I n. 90 in relazione ai fatti per cui è causa deve condannarsi il medesimo, in persona dell'Amministratore pro tempore, al risarcimento dei danni patiti dall'attrice che si liquidano in complessivi Euro 33.492,06, oltre interessi e rivalutazione. Le spese di lite tra l'attrice e il Condominio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo applicando lo scaglione di valore compreso tra Euro 5.201,00 ed Euro 26.000,00, il valore medio per la fase studio, introduttiva e decisionale, uniche svolte, applicando la riduzione del 30 % per l'assenza di specifiche questioni di fatto e diritto (art. 4, comma 4). Anche le spese di lite tra l'attrice e la (...) Srl e la terza chiamata seguono la soccombenza, con gli stessi criteri, considerato il rigetto della domanda nei confronti dell'impresa e tenuto conto che le risultanze della Consulenza Tecnica svolta tramite Accertamento Tecnico Preventivo hanno escluso qualsiasi profilo di responsabilità in capo all'impresa appaltatrice non risultando provato che la rottura della colonna montante nella zona in prossimità del piano attico - che ha determinato l'allagamento dell'unità immobiliare sottostante di proprietà della Sig.ra M. - si sia verificata nel corso dei lavori di adeguamento della caldaia da parte dell'impresa convenuta e, specificamente, in occasione del riempimento dell'impianto e della prova di pressione delle colonne montanti, così come allegato. Considerato che la chiamata in garanzia è stata effettuata come sviluppo logico e normale della lite, gravano sull'attore soccombente le spese di lite in favore del chiamato, attesa l'astratta fondatezza della chiamata in manleva. Spese dell'ATP definitivamente a carico del Condominio convenuto. P.Q.M. Il Tribunale di Sassari, in persona del Giudice designato, definitivamente pronunciando sulle domande proposte: 1) Accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Condomino Viale U. I n. 90 per i motivi di cui in espositiva, condanna il medesimo in persona dell'amministratore pro tempore al risarcimento dei danni in favore di (...) che si liquidano in complessivi Euro 33.492,06, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 2) Condanna altresì il Condominio convenuto a pagare in favore dell'attrice le spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.873,80 per competenze oltre spese vive e accessori di legge. 3) Condanna (...) al pagamento in favore della conventa (...) Srl e della (...)S.p.A. delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.873,80 per competenze per ciascuna parte oltre spese vive e accessori di legge. 4) Spese dell'ATP definitivamente a carico del Condominio convenuto. Sassari, 3 agosto 2022. Così deciso in Sassari il 3 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 3 agosto 2022.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SASSARI composto dai magistrati: dott.ssa Giuseppina Sanna Presidente; dott.ssa Marta Guadalupi Giudice; dott. Francesco De Giorgi Giudice, relatore; ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 4901 del Ruolo Generale dell'anno 2017 tra: (...) in qualità di erede di (...) deceduta in corso di causa, elettivamente domiciliato in Cagliari presso lo studio dell'Avv. Al.Ri., che lo rappresenta e difende per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione del 12.10.2020; attore contro (...), elettivamente domiciliata in Sassari presso lo studio dell'Avv. Pi.Pu., che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta. convenuto RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) ha convenuto in giudizio (...) per accertare la nullità per difetto di forma, in quanto apocrifo sia nella autografia che nella sottoscrizione, del testamento olografo apparentemente redatto dalla di lei germana defunta (...) il 13.3.2009 e pubblicato il 4.7.2017 con atto a rogito notaio (...), con il quale veniva nominata erede universale la convenuta (...) e veniva, pertanto, implicitamente revocato il precedente testamento pubblico a rogito notaio (...) in data 30.1.2008 che istituiva erede universale l'attrice (...) e, in sostituzione, il figlio (...), con richiesta subordinata di annullamento dell'ultimo testamento per errore vizio della volontà. Nel suddetto testamento pubblico la testatrice, altresì, oltre a revocare un altro precedente testamento pubblico risalente al 2005, dichiarava di essere analfabeta e di essere capace di apporre solamente la propria firma. L'attrice, pertanto, a fondamento della domanda ha dedotto che la scheda testamentaria olografa non potesse essere stata scritta di pugno della testatrice in quanto analfabeta, come dalla stessa dichiarato dinanzi al notaio (...) nel precedente testamento pubblico. Ha sostenuto, quindi, l'invalidità del testamento e ha concluso per l'accertamento della nullità per difetto di forma in quanto non autografo ai sensi dell'art. 606 c.c., nonché per la declaratoria di apertura della successione testamentaria o in subordine ab intestato in proprio favore, e per la condanna di parte convenuta alla restituzione dell'immobile della de cuius detenuto sine titulo. Si è costituita in giudizio (...) contestando le domande di parte attrice ed invocandone il rigetto, sostenendo che (...) si fosse determinata alla revoca del testamento precedentemente reso in favore della sorella a seguito di varie vicissitudini con la famiglia d'origine: in particolare nessuno dei parenti, tantomeno la sorella (...), nei 10 anni trascorsi tra la data del testamento pubblico con la quale veniva istituita erede universale e la data del testamento olografo impugnato, si era interessato alla defunta testatrice nonostante, nel testamento in favore dell'attrice, la (...) avesse espressamente inserito che avrebbe dovuto assisterla fino alla morte. La convenuta ha aggiunto che in quegli anni aveva conosciuto e frequentato costantemente (...), divenendone l'unico vero punto di riferimento e rimanendole sempre accanto, anche a seguito del suo ricovero presso una struttura protetta a Florinas (Villa Margherita) resosi necessario in conseguenza dei problemi respiratori cui la defunta testatrice era con il tempo andata incontro, i quali richiedevano cure mediche continue ed appropriate. Altresì, la convenuta ha specificato che, dietro espresso desiderio di (...), le aveva insegnato a leggere e scrivere in modo che non dovesse più sentirsi fuori dal mondo, come spesso lamentava, a causa della sua condizione di analfabeta. In corso di causa è deceduta l'attrice e si è contestualmente costituito in sua vece l'erede (...). La causa è stata istruita mediante produzioni documentali, consulenza tecnica d'ufficio e prova per testimoni ed è stata rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni contenute negli atti richiamati in epigrafe. In particolare la CTU grafologica e grafoscopica è stata espletata per valutare l'autenticità e, dunque, la riferibilità alla testatrice del testamento olografo del 13.3.2009, pubblicato con atto a rogito notaio (...) il 4.7.2017, mediante confronto della scheda testamentaria impugnata con le firme apposte dalla testatrice nei precedenti testamenti pubblici (il primo del 26.9.2005, ricevuto dal notaio (...); e il secondo del 30.1.2008, ricevuto dal notaio (...)), oltre che con le firme depositate presso l'ufficio comunale che ha rilasciato l'ultimo documento d'identità in possesso della de cuius e con la firma contenuta nel decreto di nomina di amministratore di sostegno del 28.8.2019. Le domande proposte dall'attore sono fondate e devono essere accolte per le argomentazioni che seguono. Risulta dagli atti che la de cuius (...) abbia redatto testamento pubblico in data 30.1.2008, ad atto notaio (...), con il quale veniva revocata ogni precedente disposizione testamentaria e che disponeva nel modo seguente: "nomino erede universale di tutto il mio patrimonio presente e futuro mia sorella (...) in riconoscenza di tutta l'assistenza che mi presta insieme a suo figlio in tutte le necessità di vita che confido durerà sino alla mia morte"; nell'atto era altresì contenuta la seguente dichiarazione resa al Notaio: "la stessa dichiara di essere analfabeta ma di saper apporre la sua firma". Su tale scheda testamentaria, che chiaramente istituisce erede universale Antonia Gala non vi sono contestazioni di sorta. Quanto, invece, al testamento olografo in data 13.3.2009, ad atto notaio (...), del seguente tenore: "Io sottoscritta (...) nata il (...) ad Arzachena nel pieno delle mie capacità intellettive nomino mia erede universale la signora (...) nata (...) nomino esecutore testamentario l'avvocato Pietrina Putzolu con sede a Sassari via (...)", si deve convenire con le risultanze della CTU - utilizzabile per fondare la decisione in quanto analitica, frutto di approfonditi esami strumentali e comparativi, congruamente e logicamente motivata - la quale ha accertato quanto segue: "eseguito l'adeguato screening sulle scritture Y Gala autografe, esaminate le caratteristiche delle omogenee sottoscrizioni testamentarie X in verifica, - e valutate le prevalenti incoerenze grafo-motorie tra le contrapposte X/Y, - le firme indagate X possono considerarsi molto probabilmente APOCRIFE e non riconducibili alla mano di (...)"; ed altresì: "osservate le caratteristiche grafiche interne all'olografo X in verifica, valutate alcune importanti incompatibilità ed incoerenze gestuali, stante altresì il grave decadimento cognitivo ed il grado di analfabetizzazione della de cuius, - il grafismo compilativo X può considerarsi molto probabilmente APOCRIFO e non riconducibile alla mano di (...)". L'Ausiliario ha quindi concluso sia per il difetto di autografia che per il difetto di sottoscrizione in ordine alla scheda testamentaria impugnata affermando come appaia alquanto improbabile che la de cuius avesse sviluppato, alla data della redazione del testamento olografo "competenze ed abilità scritturali tali da poter redigere in forma autonoma e consapevole una scrittura testamentaria organizzata, finalizzata e corretta sotto il profilo ortografico e lessicale, anche mediante utilizzo di vocaboli e terminologie distanti dall'ambito culturale della stessa". Tale testamento pertanto risulta essere redatto in violazione delle prescrizioni stabilite dall'art. 602, comma 1 c.c. ("il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore") con conseguente integrazione della causa di nullità espressamente prevista dall'art. 606 c.c. il quale la prevede, tra gli altri casi, quando "manca l'autografia o la sottoscrizione"; ipotesi di nullità la cui ratio è chiaramente rinvenibile nella necessità di preservare la genuina volontà del testatore. D'altronde, per giurisprudenza costante, anche una meno grave 'guida della mano' da parte di terzi integra la carenza di autografia, conformemente al principio per cui: "la guida della mano del testatore da parte di una terza persona esclude, di per sé, il requisito dell'autografia, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l'eventuale corrispondenza del contenuto della scheda rispetto alla volontà del testatore ed essendo ultroneo verificare se la "mano guidante" sia intervenuta (come nella specie) su tutta la scheda testamentaria, trattandosi di condotta in ogni caso idonea ad alterare la personalità ed abitualità del gesto scrittorio e tale da condizionare l'accertamento della validità del testamento alla verifica di ulteriori circostanze - quali l'effettiva finalità itto alla volontà dell'adiuvato - che dell'aiuto del terzo o la corrispondenza del testo scritto minerebbero le finalità di chiarezza e semplificazione alla base della disciplina del testamento olografo (cfr. Cass. civ. ord. n. 5505 del 06/03/2017). Deve ritenersi assorbita nell'ambito di tale pronuncia di nullità anche quella relativa all'annullamento richiesta da parte attrice in via subordinata, deducendo a sostegno un vizio/errore nel consenso. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte infatti: "non incorre nel difetto di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., il giudice che, in presenza di una domanda che deduce l'invalidità di un testamento olografo sia per incapacità del testatore, sia per la falsità dell'atto, dichiari la nullità dello stesso, avendo accertato la mancanza dell'autografia ed avendo ritenuto assorbente tale causa di nullità rispetto a quella di annullamento per difetto di capacità, in quanto la nullità, quale forma più grave di invalidità, comprende, nell'ambito del "petitum", le ragioni dell'annullamento e la decisione della domanda assorbente, comportando una tutela più piena, che rende superflua la pronuncia sulla domanda assorbita, ormai non sorretta da alcun concreto interesse" (cfr. Cass. Civ., n. 12473 del 21.5.2013). Per l'effetto della dichiarata nullità del testamento olografo, deve essere anche dichiarata aperta la successione testamentaria di (...) in forza del testamento pubblico per atto del Notaio (...) del 30.1.2008 in virtù della quale è istituita erede (...), cui a sua volta succede il figlio (...). In ordine alla domanda di condanna della convenuta alla restituzione dell'immobile facente parte dell'asse ereditario e pacificamente costituito dall'abitazione sita in Sassari, via (...), distinto al NCEU al foglio (...), si deve, altresì ritenere la fondatezza di tale domanda in quanto il possesso dell'immobile da parte della (...) costituisce circostanza di fatto non specificamente contestata e pertanto provata ai sensi dell'art. 115 c.p.c. (peraltro, il possesso si evince in ogni caso dal tenore complessivo della comparsa di costituzione e risposta - fr. pag. 2), risultando così pienamente assolto l'onere della prova gravante sull'erede conformemente al principio per cui: "poiché la petizione dell'eredità - che è un'azione reale diretta a conseguire il rilascio dei beni compresi nell'asse ereditario al momento dell'apertura della successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete - presuppone l'accertamento della qualità di erede dell'attore, questi può limitarsi ad offrire la prova della sua qualità ereditaria o dei diritti che gli spettano "iure hereditario" - qualora siano contestati - e ciò diversamente dall'onere probatorio richiesto nella rei vindicatio, che pur avendo con la "petitio hereditatis" affinità nel petitum, se ne differenzia, postulando la dimostrazione da parte dell'attore della proprietà dei beni attraverso un serie di regolari passaggi durante il periodo necessario per l'usucapioni" (cfr. Cass. civ. n. 5252 del 15/03/2004; Cass. civ. ord. n. 7871 del 19/03/2021). Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in base al d.m. 55/2014 nello scaglione delle cause di valore indeterminabile tenendo conto della bassa complessità della controversia e parametri medi per tutte le fasi. Sulla parte soccombente devono, altresì, interamente gravare le spese di CTU. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando: - dichiara la nullità, in quanto apocrifo sia nella autografia che nella sottoscrizione, del testamento olografo in data 13.3.2009, il quale non proviene, pertanto, da (...), nata (...) e deceduta in Florinas in data 28.6.2017; - dichiara aperta nella data della morte la successione testamentaria di (...) in favore di (...), cui è succeduto (...), in forza del testamento pubblico per atto Notaio (...) rep. 349 del 30.1.2008; - condanna (...) alla restituzione in favore di (...) dell'immobile facente parte dell'asse ereditario, sito in Sassari, via (...), distinto al NCEU al foglio (...); - condanna (...) alla rifusione, in favore di (...), delle spese processuali che si liquidano in Euro 7.803,98, di cui Euro 7.254,00 per compensi, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a., come per legge; - pone definitivamente a carico di (...) le spese di CTU con obbligo di rifusione alla controparte di quelle che abbia in tutto o in parte anticipato. Così deciso in Sassari il 25 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2022.
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