Sentenze recenti Tribunale Trento

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  • La clausola compromissoria contenuta in un contratto di appalto, in forza della quale le parti hanno devoluto la risoluzione di eventuali controversie ad un collegio arbitrale che giudicherà in forma irrituale e pro bono et aequo, preclude la competenza del giudice ordinario a pronunciare un decreto ingiuntivo, con conseguente necessità di revoca del decreto ingiuntivo opposto, ove l'eccezione di incompetenza per la presenza della clausola compromissoria sia tempestivamente sollevata dalla parte intimata in sede di opposizione. Ciò in quanto, sebbene l'esistenza della clausola compromissoria non impedisca l'emissione del decreto ingiuntivo, attesa la natura sommaria di tale procedimento, la successiva proposizione dell'opposizione e la deduzione dell'incompetenza del giudice ordinario in ragione della clausola compromissoria comportano la revoca del decreto ingiuntivo opposto, non trovando applicazione in tal caso la previsione di cui all'art. 819-ter c.p.c. relativa alla fissazione di un termine per la riassunzione della causa davanti al collegio arbitrale, trattandosi di arbitrato irrituale. Le spese di lite seguono la soccombenza, con parziale compensazione per la metà, in considerazione della natura dell'eccezione accolta, non rilevabile d'ufficio e rimessa alla proposizione della parte interessata.

  • La simulazione assoluta di un negozio giuridico può essere accertata anche su domanda di terzi estranei al negozio, qualora la loro posizione giuridica risulti pregiudicata dall'apparenza creata dal contratto simulato. A tal fine, il giudice deve valutare complessivamente tutti gli elementi indiziari, anche di natura presuntiva, che dimostrino la volontà delle parti di porre in essere un atto fittizio, diretto a creare una situazione di apparente nullatenenza in danno dei creditori, senza che assuma rilievo decisivo la mera produzione di documentazione bancaria attestante pretesi adempimenti degli obblighi di mantenimento. Ove ricorrano tali presupposti, il giudice è tenuto a dichiarare la simulazione assoluta del negozio, ordinandone la caducazione con effetti erga omnes.

  • Il genitore non può essere ritenuto penalmente responsabile per il mancato adempimento degli obblighi di mantenimento dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, qualora risulti che egli non abbia avuto la reale possibilità di far fronte a tali obblighi per comprovate difficoltà economiche, non ascrivibili a sua colpa. Infatti, l'accertamento della responsabilità penale per i reati di cui agli artt. 570, comma 2, n. 2 e 570-bis c.p. richiede non solo la prova dello stato di bisogno del soggetto passivo e dell'obbligo giuridico gravante sul genitore, ma anche la dimostrazione che quest'ultimo abbia volontariamente e consapevolmente omesso di adempiere ai propri doveri di mantenimento, nonostante la sua effettiva capacità economica di farlo. Ove tale prova non sia raggiunta, il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione, non potendosi addossare all'imputato l'onere di dimostrare l'impossibilità incolpevole di adempiere, in quanto ciò contrasterebbe con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.

  • Il gestore di telecomunicazioni è responsabile per i disservizi e malfunzionamenti della linea telefonica e adsl dell'utente, anche in caso di migrazione del numero tra operatori, qualora tali disservizi siano dovuti a negligenza e mancata collaborazione tra i gestori nella gestione della procedura di migrazione, in violazione dei principi di correttezza e buona fede contrattuale. Il gestore è tenuto a risarcire il danno patrimoniale subito dall'utente, quantificato in base alla clausola penale prevista nel contratto, nonché a restituire gli importi indebitamente corrisposti per servizi non erogati, senza che possa invocare cause di forza maggiore o clausole di limitazione della responsabilità non specificamente approvate per iscritto. L'utente, dal canto suo, non può essere considerato responsabile in concorso per non aver adeguatamente limitato il danno, avendo posto in essere tutte le condotte ragionevolmente esigibili. Il danno non patrimoniale, invece, non è risarcibile in assenza di una grave lesione di diritti inviolabili della persona, mentre non è risarcibile il mero dispendio di tempo per le attività di gestione dei disservizi, rientrando tale attività nell'ordinaria diligenza richiesta all'utente.

  • Il condominio costituito per la gestione di un impianto fognario comune a più edifici non può essere sciolto o abbandonato dai singoli condomini, i quali sono tenuti a contribuire alle spese di manutenzione e conservazione dell'impianto, anche in caso di cessazione dell'attività nell'unità immobiliare di loro proprietà. La ripartizione delle spese condominiali deve avvenire secondo i criteri stabiliti nelle tabelle millesimali approvate dall'assemblea, le quali devono essere applicate dall'amministratore sino alla loro eventuale modifica, anche in assenza di contestazioni da parte dei condomini. Il condomino che intenda contestare i criteri di ripartizione delle spese deve impugnare tempestivamente le relative delibere assembleari, non potendo successivamente sottrarsi all'obbligo contributivo. Il mancato utilizzo dell'impianto fognario da parte di un condomino non lo esonera dal contributo alle spese di conservazione dello stesso, trattandosi di spese necessarie per il mantenimento delle parti comuni, alle quali tutti i condomini sono tenuti a concorrere ai sensi dell'art. 1118 c.c.

  • Il creditore può esperire l'azione revocatoria ordinaria anche nei confronti di atti di disposizione del patrimonio del debitore compiuti successivamente al sorgere del credito, a prescindere dalla certezza, liquidità ed esigibilità dello stesso, purché sia dimostrata la consapevolezza del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie. L'eventus damni, ai fini dell'accoglimento dell'azione revocatoria, non richiede la valutazione del concreto pregiudizio arrecato al creditore, essendo sufficiente la mera difficoltà di soddisfacimento del credito derivante dalla diminuzione della garanzia patrimoniale, come nel caso di trasformazione di beni immobili in denaro, bene facilmente occultabile. La prova della consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore può essere desunta anche da presunzioni semplici, come il vincolo di parentela con il debitore, la contestualità e la pluralità di atti dispositivi, nonché l'incongruità del corrispettivo pattuito. L'azione revocatoria può essere accolta anche in assenza del previo esperimento della mediazione obbligatoria, qualora la domanda non abbia per oggetto il trasferimento di diritti reali, ma miri soltanto a ottenere la dichiarazione di inefficacia relativa dell'atto dispositivo.

  • La delibera assembleare di condominio che approva il bilancio consuntivo e preventivo può essere validamente impugnata dai condomini qualora non sia stata approvata a maggioranza degli intervenuti in termini di teste, in conformità all'art. 1136, comma 3, c.c. Tuttavia, l'impugnazione decade qualora i condomini che l'hanno proposta non esercitino il potere di revoca della delibera impugnata, pur avendone la maggioranza in una successiva assemblea. L'amministratore del condominio, nell'esercizio dei suoi poteri di rappresentanza processuale, può nominare un legale per resistere in giudizio all'impugnazione della delibera assembleare senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, in quanto tale attività rientra tra le sue attribuzioni proprie. Le spese di lite, in caso di parziale accoglimento dell'impugnazione, devono essere compensate in misura prevalente, tenuto conto del comportamento processuale delle parti.

  • Il contributo economico di un convivente more uxorio per l'acquisto, la ristrutturazione e l'arredo di un immobile di proprietà esclusiva dell'altro convivente, pur in assenza di un accordo espresso, può essere considerato adempimento di un'obbligazione naturale, purché risulti proporzionato e adeguato alle condizioni sociali e patrimoniali della coppia, tenuto conto del tenore di vita comune e della volontà di entrambi di utilizzare stabilmente l'immobile per la convivenza. In tal caso, la cessazione della relazione non dà luogo a un obbligo di restituzione ai sensi degli artt. 2033 o 2041 c.c., salvo che per le somme espressamente destinate a spese accessorie come quelle notarili, la cui restituzione può essere richiesta in assenza di un diverso accordo.

  • La delibera assembleare che ratifica l'utilizzo storico di una parte comune di un immobile in comunione e la concessione in locazione di una porzione di tale parte comune per una durata inferiore ai nove anni è legittima, in quanto rispetta i requisiti di maggioranza previsti dall'art. 1108 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione, pur comportando un mutamento parziale della destinazione della cosa comune. I comproprietari che hanno partecipato all'assemblea e nulla hanno eccepito sull'utilizzo della parte comune non possono successivamente contestarne la legittimità. L'erede acquista la titolarità del diritto reale sulla quota di comproprietà sin dal momento dell'apertura della successione, a prescindere dall'iscrizione nel libro fondiario, che ha solo valore di pubblicità costitutiva per gli atti tra vivi.

  • Il contratto di assicurazione stipulato dall'ENPAM con le società convenute, in esecuzione dell'obbligo scaturente da un accordo collettivo nazionale, rientra nella competenza del giudice del lavoro anche se la controversia insorge tra il beneficiario dell'assicurazione (erede del medico assicurato) e le società assicuratrici. Il contagio da Covid-19 contratto dal medico di continuità assistenziale nello svolgimento della propria attività lavorativa, che ne abbia causato il decesso, integra la fattispecie di "infortunio" ai fini della copertura assicurativa, in quanto costituisce un evento occorso per causa fortuita, violenta ed esterna, che ha prodotto lesioni fisiche obiettivamente constatabili e l'effettivo impedimento per l'assicurato di prestare servizio. La definizione di "infortunio" contenuta nelle condizioni generali dei contratti di assicurazione contro gli infortuni coincide con quella elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la causa è violenta se, oltre ad operare dall'esterno, agisce con rapidità ed intensità, determinando un'alterazione dell'equilibrio anatomo-fisiologico dell'organismo. Pertanto, il criterio ermeneutico di cui all'art. 1370 c.c. impone di interpretare in senso favorevole all'assicurato eventuali dubbi sulla riconducibilità del contagio da Covid-19 alla nozione di "infortunio" prevista in polizza. La mancata tempestiva denuncia del sinistro da parte degli aventi diritto non comporta la decadenza dall'indennizzo, in assenza di prova di un pregiudizio sofferto dalla società assicuratrice.

  • Il minore affetto da diabete mellito di tipo 1, pur essendo in grado di svolgere in autonomia le attività quotidiane, incontra persistenti difficoltà a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età, in quanto la necessità di sottoporsi più volte al giorno a terapia insulinica, con la conseguente attenzione e abilità richieste, nonché il bisogno di interpellare i genitori per ricevere indicazioni circa il quando e il quantum della terapia, comportano uno sforzo e una fatica, anche di ordine psicologico, che il minore non diabetico non ha la necessità di compiere. Tali difficoltà, che incidono in particolare sulla frequenza scolastica, attività centrale per lo sviluppo del minore, integrano il requisito sanitario previsto dalla legge per il riconoscimento del diritto all'indennità mensile di frequenza in favore dei minori invalidi civili.

  • Il comportamento di un docente che, a seguito di reiterate provocazioni di uno studente, reagisce con un fugace e leggero contatto fisico finalizzato a ricondurlo in classe, non integra una condotta disciplinarmente rilevante, in quanto tale reazione, pur non pienamente conforme a principi di assoluta correttezza, risulta comprensibile e non incongrua nell'ambito di una relazione educativa tra insegnante e alunno, caratterizzata da un certo grado di esuberanza da parte di quest'ultimo. Pertanto, la sanzione disciplinare della multa irrogata al docente per tale condotta deve essere dichiarata illegittima per insussistenza dell'illecito addebitato, tenuto conto anche dell'assenza di precedenti disciplinari e della proporzionalità della reazione del docente rispetto all'offesa ricevuta dallo studente.

  • Il licenziamento disciplinare è una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona attraverso tre fasi: la contestazione dell'addebito, la possibilità per il lavoratore di presentare le proprie difese e l'intimazione del licenziamento. Quest'ultima, in quanto negozio recettizio, deve essere portata a conoscenza del destinatario affinché produca i suoi effetti. Qualora il lavoratore non ritiri la raccomandata contenente la comunicazione di licenziamento presso l'ufficio postale, la stessa si presume conosciuta alla data di rilascio dell'avviso di giacenza, salvo che il lavoratore non dimostri di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia. Tuttavia, il lavoratore ha l'obbligo di comunicare al datore di lavoro eventuali variazioni del proprio domicilio, al fine di renderlo tempestivamente edotto dell'indirizzo ove il prestatore sia reperibile. Pertanto, qualora la lettera di licenziamento non venga recapitata per la mancata cura del lavoratore di mantenere aggiornato il proprio domicilio, l'atto deve comunque considerarsi produttivo di effetti giuridici, in applicazione del principio di buona fede e correttezza che deve informare il comportamento delle parti nell'esecuzione del contratto.

  • Il creditore può esperire l'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. per dichiarare inefficace la costituzione di un fondo patrimoniale da parte del debitore, anche se il credito non è ancora stato definitivamente accertato in sede giudiziale, purché risulti provata la sua preesistenza rispetto all'atto dispositivo e la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore. L'atto costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando posto in essere da entrambi i coniugi, è considerato atto a titolo gratuito suscettibile di revocatoria, in quanto determina una variazione qualitativa del patrimonio del debitore tale da rendere più incerta e difficoltosa la soddisfazione del credito, con conseguente onere per il debitore di provare che il patrimonio residuo sia sufficiente a garantire il creditore. La mancata annotazione dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale a margine dell'atto di matrimonio non osta all'esperibilità dell'azione revocatoria, in quanto tale formalità ha la sola funzione di rendere opponibile ai terzi la convenzione matrimoniale, ma non è elemento costitutivo dell'azione revocatoria.

  • Il conduttore di un immobile risponde, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati a terzi dall'incendio sviluppatosi nell'immobile locatogli, salvo che dimostri il caso fortuito, ovvero di aver correttamente adempiuto ai propri doveri di vigilanza, controllo e manutenzione sulla cosa in custodia, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della stessa. Tale responsabilità sussiste anche qualora l'incendio abbia avuto origine da materiali depositati dal conduttore nell'area esterna dell'immobile locato, in quanto il conduttore è custode dell'intera area concessa in locazione. L'assicuratore che abbia risarcito il danno al locatore, in virtù della surrogazione ex art. 1916 c.c., può agire in rivalsa nei confronti del conduttore ritenuto responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c., per ottenere il rimborso delle somme corrisposte. Il danno risarcibile comprende non solo i danni diretti all'immobile, ma anche quelli derivanti dal deterioramento della pavimentazione stradale adiacente, in quanto conseguenza immediata e diretta dell'evento dannoso. Il risarcimento del danno, essendo un debito di valore, deve essere rivalutato secondo gli indici ISTAT dalla data dell'esborso e maggiorato degli interessi legali.

  • Il custode di una cosa è responsabile del danno cagionato dalla stessa, salvo che provi il caso fortuito, inteso come fattore che esclude il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso. Tuttavia, tale responsabilità oggettiva può essere esclusa qualora il danneggiato abbia potuto percepire con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo connessa alle caratteristiche della cosa in custodia, senza adottare le normali cautele. In tal caso, il comportamento imprudente della vittima interrompe il nesso causale, escludendo la responsabilità del custode. Pertanto, il custode non risponde del danno subito dal danneggiato qualora quest'ultimo abbia potuto agevolmente percepire e superare, attraverso l'adozione di normali cautele, la situazione di pericolo connessa alle caratteristiche della cosa in custodia, essendo tale condotta del danneggiato idonea a interrompere il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso.

  • Il requisito dell'apparenza, necessario ai fini dell'acquisto per destinazione del padre di famiglia di una servitù, si configura come la presenza di opere permanenti e visibili, obiettivamente destinate all'esercizio della servitù, tali da rendere manifesta in modo non equivoco l'esistenza del peso gravante sul fondo servente. Pertanto, la presenza di finestre, balconi, pluviali e cancelli di accesso costituisce indubbiamente un elemento idoneo ad integrare il requisito dell'apparenza per l'acquisto, per destinazione del padre di famiglia, delle servitù di veduta, stillicidio e passo a piedi e con mezzi, a carico del fondo servente e a favore del fondo dominante, anche in assenza di una specifica previsione contrattuale, purché i fondi fossero originariamente di proprietà dello stesso soggetto e le opere siano preesistenti alla separazione dei fondi. Al contrario, la mera presenza di una strada o di un percorso non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di una servitù di passo, essendo necessario un "quid pluris" che ne attesti la specifica destinazione all'esercizio della servitù. Inoltre, l'utente di un servizio di fornitura di acqua, energia elettrica o gas non è titolare della relativa servitù di acquedotto, elettrodotto o passaggio delle tubazioni, essendo tali servitù inerenti agli impianti di erogazione e, quindi, di esclusiva competenza degli enti esercenti i predetti servizi.

  • Il contratto di mutuo ipotecario è valido anche se l'indicatore sintetico di costo (ISC) indicato in contratto differisce dall'ISC concretamente applicato, purché siano chiaramente ed esaustivamente specificati tutti gli elementi presi in esame per determinare l'ISC, i costi e le spese concordati tra le parti, il tasso di interesse nominale annuo e il tasso di mora. La difformità tra ISC indicato in contratto e ISC concretamente applicato non incide sulla validità del contratto o della clausola relativa agli interessi, in quanto l'ISC è un mero indicatore sintetico previsto dalla normativa ai soli fini di pubblicità e trasparenza e non costituisce un tasso di interesse, un prezzo o una condizione economica direttamente applicabile al contratto di mutuo ai sensi e per le finalità dell'art. 117 TUB. Inoltre, il tasso di interesse non può considerarsi indeterminato laddove gli interessi corrispettivi siano "fissati con rinvio per relationem al tasso Euribor a tre mesi, che costituisce un indice determinabile in modo costante, sulla base di un articolato procedimento di rilevazione (...) e certamente sottratto a qualsiasi rischio di determinazione unilaterale a cura della sola banca". Infine, la richiesta di nullità della pattuizione degli interessi di mutuo per carattere usurario e dell'applicazione conseguente della sanzione di gratuità del mutuo ai sensi dell'art. 1815 c.c. deve essere rigettata qualora le allegazioni attoree siano generiche e si riducano ad invocare per relationem il contenuto di una perizia tecnico contabile prodotta altrettanto generica, non essendo stata provata nel dettaglio la sussistenza della condotta antigiuridica.

  • Il diritto di critica, pur legittimamente esercitato, non può mai tradursi in una gratuita ed immotivata aggressione all'altrui reputazione, mediante l'utilizzo di espressioni offensive e volgari, incompatibili con il corretto esercizio di tale diritto. La diffusione di messaggi denigratori e minacciosi attraverso i social network, idonei a raggiungere un numero indeterminato di persone, integra i reati di diffamazione aggravata e minaccia, comportando l'obbligo di risarcire il danno non patrimoniale subito dalla persona offesa, da quantificarsi in relazione alla gravità delle offese, alla diffusione delle stesse e alla posizione sociale delle parti. Il mero stato di provocazione, anche laddove provato, non esclude la sussistenza dei reati né il diritto al risarcimento, configurando al più una circostanza attenuante. Parimenti, la mera richiesta di risarcimento danni da parte della persona offesa, non integra di per sé alcuna condotta diffamatoria o lesiva della reputazione del soggetto agente.

  • Il magistrato che, nell'esercizio delle sue funzioni, emette un provvedimento di liquidazione del compenso di un consulente tecnico d'ufficio con violazione manifesta della legge o con grave errore nell'applicazione della normativa in materia di spese di giustizia, può essere ritenuto responsabile ai sensi della Legge n. 117 del 1988 solo ove il danno lamentato dal consulente sia conseguenza immediata e diretta di tale provvedimento e non derivi invece da una successiva statuizione sulle spese processuali, avverso la quale il consulente non abbia esperito i mezzi ordinari di impugnazione previsti dalla legge. Infatti, ai sensi dell'art. 4, comma 2, della citata legge, l'azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere esercitata soltanto quando siano stati previamente esperiti tutti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno. Pertanto, ove il danno lamentato dal consulente derivi dalla statuizione sulle spese processuali contenuta in un provvedimento diverso da quello di liquidazione del compenso, la domanda di risarcimento è inammissibile ove il consulente non abbia previamente proposto ricorso per cassazione avverso tale statuizione, non potendo l'azione di responsabilità civile del magistrato essere utilizzata come strumento surrettizio per rimuovere gli effetti di una decisione già divenuta definitiva. Quanto al danno non patrimoniale, esso non può essere riconosciuto ove il consulente abbia già ottenuto, in sede di opposizione, la liquidazione di un compenso ritenuto proporzionato all'attività svolta, senza che sia stata dedotta alcuna specifica sofferenza patita in ragione del lasso temporale trascorso tra il primo decreto di liquidazione e quello successivamente emesso.

  • Il contratto di fideiussione prestato a garanzia di un mutuo bancario non è nullo per il solo fatto che le sue clausole siano conformi allo schema contrattuale predisposto dall'ABI, in assenza della prova da parte del fideiussore della sussistenza di un'intesa anticoncorrenziale vietata ai sensi della legge n. 287 del 1990, accertata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Inoltre, la nullità parziale di alcune clausole del contratto di fideiussione non determina necessariamente la nullità dell'intero contratto, potendo trovare applicazione il principio di conservazione del negozio giuridico di cui all'art. 1419 c.c., ove l'assetto degli interessi in gioco non risulti pregiudicato dalla pronuncia di nullità limitata alle sole clausole derivanti dall'intesa illecita. Nell'ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'eccezione di nullità del contratto di fideiussione per violazione della disciplina antitrust deve essere accompagnata dalla produzione del provvedimento dell'Autorità garante che ha accertato l'intesa vietata, non essendo sufficiente il solo riferimento alla giurisprudenza di legittimità che ha riconosciuto la nullità di determinate clausole contrattuali. Inoltre, il mancato tempestivo rilievo dell'omesso esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria determina l'inammissibilità di tale eccezione, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010. Infine, la mancata contestazione tempestiva di un fatto allegato dalla controparte nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, come l'effettiva erogazione del mutuo, comporta la sua definitiva acquisizione al thema decidendum, senza necessità di ulteriore prova.

  • Il contratto di mutuo si perfeziona mediante la messa a disposizione della somma di denaro in favore del mutuatario, anche se la consegna materiale avviene a un terzo debitore del mutuatario, in esecuzione dell'accordo tra le parti. L'onere probatorio grava sul mutuatario che contesti la valida conclusione del contratto, dovendo egli dimostrare l'inesistenza del rapporto sottostante il riconoscimento di debito effettuato. Il creditore può richiedere l'adempimento del debito riconosciuto in forza della scrittura privata, senza necessità di fissare un termine per la restituzione, quando la contestazione del mutuatario riguardi la validità della conclusione del contratto e non il momento dell'esigibilità della restituzione. Il creditore non può far valere in sede di opposizione a decreto ingiuntivo domande diverse da quelle proposte nel ricorso monitorio, salvo il caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall'opponente, egli si venga a trovare nella posizione processuale di convenuto. L'attività professionale svolta da un soggetto non iscritto all'albo degli avvocati integra l'esercizio abusivo della professione, con conseguente nullità del contratto per contrarietà a norme imperative di legge.

  • Il rifiuto del promissario acquirente di stipulare il contratto definitivo di compravendita di un immobile privo del certificato di agibilità o abitabilità, pur se il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune, è giustificato in quanto tali certificati sono essenziali per l'acquirente, il quale ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, ovvero la fruibilità e la commerciabilità del bene. Pertanto, l'inadempimento del promittente venditore di non aver prodotto il certificato di agibilità al momento della stipula del contratto definitivo, legittima il promissario acquirente a non procedere alla stipula, senza che ciò integri un suo inadempimento contrattuale. In tal caso, il promissario acquirente può agire in giudizio per ottenere la pronuncia costitutiva del contratto preliminare ai sensi dell'art. 2932 c.c., con conseguente obbligo del promittente venditore di trasferire la proprietà dell'immobile, previa corresponsione del prezzo pattuito.

  • Il contratto di assicurazione può essere annullato per dichiarazioni inesatte o reticenti del contraente relative a circostanze rilevanti per la valutazione del rischio, anche in assenza di dolo o colpa grave, quando tali dichiarazioni siano state determinanti per il consenso dell'assicuratore e quest'ultimo non avrebbe prestato il suo consenso o non lo avrebbe prestato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose. L'onere di impugnare il contratto entro tre mesi dalla conoscenza dell'inesattezza o reticenza non sussiste quando il sinistro si è verificato prima che l'assicuratore ne abbia avuto conoscenza, essendo sufficiente in tal caso che l'assicuratore eccepisca la violazione dell'obbligo di rendere dichiarazioni veritiere per respingere la richiesta di indennizzo.

  • Il fideiussore, pur potendo opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, non ha legittimazione per agire in giudizio in nome proprio al fine di ottenere la restituzione di somme erogate dal debitore principale a titolo di finanziamento, in quanto tale diritto spetta esclusivamente al debitore principale. Tuttavia, il fideiussore può opporre la compensazione legale tra il credito vantato dal creditore e il credito di regresso maturato dal fideiussore in seguito al pagamento parziale del debito del debitore principale, salvo diversa pattuizione espressa. La cessazione della qualità di socio del debitore principale non determina l'estinzione dell'obbligazione di erogare il finanziamento, qualora questa sia già scaduta durante la vigenza del rapporto societario. L'operatività della compensazione legale non è esclusa dalla clausola di rinuncia ad eccezioni contenuta nell'atto di fideiussione, in quanto tale clausola deve essere interpretata come riferita alle sole eccezioni derivanti dal rapporto principale garantito e non a quelle relative a rapporti autonomi tra il fideiussore e il debitore principale.

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