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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di VARESE SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Onorario di Pace dott. Fabio Iacopini, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 461/2022 promossa da: (...), con il patrocinio dell'avv. D.Gi. del Foro di Lamezia Terme PARTE ATTRICE contro (...), con il patrocinio dell'avv. Ca.Si. del Foro di Milano PARTE CONVENUTA CONCLUSIONI DELLE PARTI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato la parte attrice (...) conveniva in giudizio la parte convenuta (...) di Varese, chiedendo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1123 e 1134 c.c., la ripetizione delle somme pagate per l'intervento di disinfestazione da insetti xilofagi sulle travi portanti della copertura dell'edificio (...) costituenti anche il soffitto del proprio appartamento. L'attrice precisava che l'assemblea convocata per decidere in merito all'intervento non aveva deliberato a riguardo e l'amministratore non aveva adottato nessun provvedimento per la immediata risoluzione del problema, da qualificarsi come urgente ed indifferibile. Si costituiva la parte convenuta, chiedendo il rigetto delle domande attoree; secondo la detta parte le spese anticipate, non avevano un carattere di urgenza e la infestazione non aveva coinvolto una parte comune, ma nel soffitto della parte attrice. Dopo il deposito delle memorie ex art. 183, VI comma, cpc, il Giudice ammetteva le prove orali dedotte dalla parte attrice e parzialmente quelle dedotte dalla convenuta. Conclusa l'istruttoria orale, ammetteva una CTU per valutare, sia la metodologia utilizzata per la eliminazione dei parassiti, sia la congruità della somma spesa. Dopo il deposito dell'elaborato peritale il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, fissava per la precisazione ex art. 281sexies cpc l'udienza del 5.9.2024, nella quale tratteneva in decisione la causa. Le domande svolte dall'attrice risultano fondate e devono essere accolte. Per quanto attiene alla richiesta di rimborso delle somme anticipate per l'attività di disinfestazione, va rilevato che risulta provata, da un lato, la presenza dei parassiti e, dall'altro lato, l'urgenza della spesa che ha giustificato l'anticipazione da parte del (...). Dall'istruttoria orale è, infatti, emersa la presenza dei tarli che avevano infestato le travi portanti del tetto dell'edificio, inserite nell'appartamento della parete attrice. Il teste (...), tecnico specializzato incaricato dall'amministratore pro tempore di eseguire il sopralluogo per verificare la situazione, dichiarava di aver accertato la presenza nelle travi portanti del tetto di insetti xilofagi che, a suo parere, non comportavano un pericolo immediato per la struttura, ma riteneva che l'intervento fosse necessario, in quanto la peluria che avevano gli insetti reperiti poteva dare problemi di sensibilizzazione in caso di contatto con le persone. Il teste (...), tecnico incaricato dalla parte attrice per eseguire un sopralluogo per verificare la situazione, dichiarava di aver accertato l'esistenza dei danni alle travi e di aver visto alcuni insetti morti, evidenziando che l'intervento migliore da eseguire in casi come quello accertato era quello con le microonde. Il teste (...), legale rappresentante della società che aveva eseguito su incarico dell'attrice l'intervento di disinfestazione, confermava il pagamento del costo dell'intervento ed evidenziava che l'intervento aveva carattere di urgenza, sia perché vi era un rischio per il tetto, sia per le persone che potevano essere punte dagli insetti, precisando un ritardo nell'intervento avrebbe comportato un aumento dei costi. Accertato quanto precede, il Tribunale, ritenendo sulla base delle eccezioni svolte dalla convenuta, che fosse necessario accertare se la metodologia utilizzata per la eliminazione dei parassiti fosse stata quelle corretta sulla base delle tecniche normalmente utilizzate e se la somma spesa per la loro eliminazione fosse congrua sulla base dei prezzi di mercato, nominava un CTU, autorizzando, alla luce della particolarità della problematica, l'intervento di un Ausiliario, specializzato nel settore. Il Consulente, dopo aver descritto lo stato dei luoghi ed evidenziato che il soffitto dell'immobile dell'attrice era composto di travi in legno laccato di colore bianco e costituiva la struttura di appoggio della copertura dell'edificio condominiale, accertava la presenza di alcuni forellini a dimostrazione della presenza dei parassiti e affermava che la metodologia con microonde utilizzata per la eliminazione dei parassiti e la posa di gel antitarlo erano state quelle corrette sulla base delle tecniche normalmente utilizzate e che, grazie all'intervento, la problematica era stata risolta, in quanto durante i sopralluoghi non erano state notate tracce della presenza di insetti e loro residui polverosi. Inoltre, considerando l'estensione dell'immobile e la tempistica di esecuzione dell'intervento, il CTU riteneva che la somma complessiva spesa per l'eliminazione e la prevenzione del parassita nella copertura doveva considerarsi congrua sulla base dei prezzi correnti di mercato. In considerazione di quanto precede, pertanto, deve essere rilevato che il consulente, oltre ad accertare la correttezza della metodologia di intervento e la congruità dei relativi costi, accertava, altresì, che l'intervento di disinfezione era stato eseguito su una parte comune dell'immobile, dovendo considerare come tale la struttura portante del tetto dell'edificio (...). Quanto ai presupposti per il rimborso delle somme anticipate, va evidenziato che ai sensi dell'art. 1134 c.c. il condomino può assumere la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea ed ha diritto al rimborso delle relative spese, qualora queste abbiano il carattere di urgenza. Risulta provato che la parte attrice abbia segnalato la problematica costituita dalla infestazione all'amministratore del condominio che, però, nonostante la manifesta urgenza dell'intervento, derivante da ovvi motivi di tutela della salute delle persone che abitavano l'immobile, stante la notoria pericolosità dei detti parassiti, non sia intervenuto per la risoluzione del problema. Dall'esame della documentazione prodotta in giudizio dalle parti emerge, infatti, che - il 7.1.2021 l'attrice segnalava il problema all'amministratore, - il 9.2.2021 il tecnico (...) incaricato dall'amministratore, effettuava un accesso confermando la presenza dei parassiti, - il 10.3.2021 l'assemblea condominiale nulla decideva in merito all'intervento - il 28.4.2021 la (...) impresa che aveva effettuato il primo accesso, redigeva il preventivo di spesa, - il 12.5.2021 il dott. (...) tecnico specializzato incaricato dall'attrice, confermava la presenza dei parassiti e la necessità dell'intervento - il 15.5.2021 l'attrice accettava il preventivo di spesa della (...) - dal 9 al 20.6.2021 veniva effettuato l'intervento di disinfestazione. Appare, pertanto, evidente, da un lato, l'inerzia del (...) e, dall'altro lato, che la parte attrice abbia legittimamente agito in una situazione di palese urgenza per risolvere una problematica che certamente era di competenza condominiale, interessando una parte comune dello stabile in condominio. Nessun dubbio, pertanto, che la parte attrice abbia diritto al rimborso delle spese sostenute, da quantificarsi nelle spese sostenute per effettuare l'intervento e in quelle sostenute a titolo di compenso per la relazione del tecnico specializzato che aveva accertato la presenza dei parassiti, pari a complessivi Euro 18.511,56; tale somma che dovrà essere maggiorata degli interessi legali ex art. 1284, comma 1, c.c. dalla data di pagamento delle spese al saldo. Deve essere opportunamente osservato che, trattandosi di una somma che dovrà essere ripartita tra i condomini, sarà compito dell'amministratore pro tempore applicare per la sua ripartizione la norma di legge, a seconda che la funzione di copertura del tetto sovrastante l'immobile dell'attrice riguardi tutti i condomini o solo una parte degli stessi. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri medi previsti dal DM 55/2014, considerando il valore della causa nello scaglione da Euro 5.201,00 a Euro 26.000,00, ridotte ex art. 4, comma 4 del detto DM, in considerazione dell'assenza di particolari questioni di fatto o di diritto. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: ACCOGLIE Le domande della parte attrice e, per l'effetto, CONDANNA La parte convenuta a rimborsare alla parte attrice la somma di Euro 18.511,56, oltre agli interessi come in parte motiva. CONDANNA La parte convenuta a rifondere alla parte attrice le spese di lite che liquida complessivamente in Euro 6.103,00, di cui Euro 264,00 per anticipazioni, oltre all'I.V.A. e C.P.A. sulle componenti imponibili come per legge. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. Varese, 5 settembre 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI VARESE SEZIONE SECONDA CIVILE Il Giudice Federica Cattaneo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella controversia N.R.G. 820/2020 promossa da Ir.Is. elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv.to (...) rappresentata e difesa dall'Avv.to (...) come da procura in atti attrice contro Al.Ri., elettivamente domiciliato presso l'Avv.to (...) che lo rappresenta e difende come da procura in atti convenuto e contro (...) contumace FATTO E DIRETTO 1.Con atto d citazione regolarmente notificato, Ir.Is. ha convenuto in giudizio Al.Ri. e Ma.Do., chiedendo al Tribunale di Varese di dichiarare inefficaci nei propri confronti, ex 2901 c.c., l'accordo di negoziazione assistita e l'atto notarile di trasferimento di immobili e mobili di cui alle conclusioni sopra riportate. A sostegno delle proprie pretese, parte attrice ha dedotto: che con scrittura 13.06.2014 la stessa concedeva in prestito/finanziamento ad Al.Ri. la somma di 500.000 CHF - della cui erogazione il convenuto rilasciava contestuale quietanza - oltre interessi al tasso biennale del 15%; che in data 30.11.2015 il convenuto rilasciava all'attrice dichiarazione di riconoscimento di debito per l'importo di 500.000 CHF oltre interessi biennali al 15%, con scadenza 16.06.2016; che a seguito della mancata restituzione della somma pattuita, l'attrice instaurava procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto alcuni immobili di proprietà di Al.Ri. siti in S., tutti gravati da ipoteca, e che in data 6.09.2019 l'Ufficio di esecuzione di Lugano rilasciava attestato di carenza di beni contro Al.Ri. ed in favore di Ir.Is. con ricavo di quest'ultima dell'esecuzione pari a zero. Esponeva ulteriormente l'attrice che Al.Ri. con accordo di negoziazione assistita del 11.12.2015 sottoscritto con la moglie Ma.Do. ai fini della separazione personale, si obbligava alla corresponsione mensile alla moglie e ai quattro figli, a titolo di contributo nel mantenimento, dell'importo di Euro5.000,00 rivalutabile annualmente secondo variazione ISTAT (Euro1.000,00 con riferimento a ciascuno), oltre il 50% delle spese mediche, di studio, sportive, voluttuarie; ulteriormente, lo stesso si obbligava a rinunciare all'usufrutto vitalizio a lui spettante sugli immobili adibiti a residenza familiare siti in B., via (...) ed inoltre a trasferire in favore della moglie, mediante stipulazione di apposito rogito notarile, i seguenti beni: -quota di comproprietà dell'abitazione sita in B., via (...) (censita al Catasto Fabbricati di detto Comune al foglio (...) partita (...) mappale (...) sub (...), cat. (...)), nonché della cantina con accesso dal civico n. 7 (censita al Catasto Fabbricati di detto Comune al foglio (...) partita (...) mappale (...) sub (...), cat. (...)) ; -intera proprietà dell'autorimessa posta al piano interrato del medesimo fabbricato (censita al Catasto Fabbricati di detto Comune al foglio (...) partita (...), mappale (...) sub (...), cat. (...)); -quota di partecipazione del 49% della società (...) S.A.S.. Lamentava l'attrice che Al.Ri. con successivo atto del 2.08.2019, a rogito del notaio Fl.At. di B.A., in esecuzione dell'accordo, cedeva a titolo gratuito a Ma.Do. i predetti beni mobili e immobili, con ciò disponendo della quasi totalità dei propri beni e conseguentemente pregiudicando le ragioni creditorie dell'attrice. Si costituiva Al.Ri. contestando quanto ex adverso dedotto e chiedendo al Giudice il rigetto delle domande attoree. Il convenuto in particolare contestava la misura degli interessi, ritenendoli dovuti solo nella minor misura del 3% annuo; contestava la natura gratuita dei trasferimenti operati, essendo stati previsti nel contesto della "complessiva determinazione del contributo al mantenimento" della moglie e dei figli; eccepiva l'assenza di consapevolezza di ledere le ragioni della creditrice, atteso che al tempo aveva instaurato trattative (con il di lei padre Ma.Is.) (...) finalizzate all'estinzione del debito, successivamente tuttavia non andate a buon fine; l'assenza di prova dell'elemento soggettivo e di quello oggettivo. Ma.Do. non si costituiva in giudizio e il Giudice, verificata la regolarità della notifica, ne dichiarava la contumacia. Dopo alcuni rinvii anche in considerazione della situazione epidemiologica in atto, con Provv. 5 luglio 2022 la causa veniva riassegnata a questo Giudice. All'udienza del 27.06.2023 le parti hanno precisato le proprie conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini di legge per il deposito delle difese finali. 2.La domanda è fondata e merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. 3.Procedendo anzitutto al richiamo della normativa di riferimento, l'art. 2901, co. 1 c.c. prevede: "Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: I) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento; 2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione". A fronte di un atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal debitore, presupposti per l'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria da parte del creditore sono costituiti, sul piano oggettivo, dal c.d. eventus damni e, sul piano soggettivo, dalla c.d. scientia fraudis. In ordine al requisito oggettivo, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità è consolidato nel ritenere che l'eventus damni, ossia il pregiudizio patito dal creditore in conseguenza dell'atto di disposizione, ricorra "non solo nel caso in cui l'atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l'onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore" (v. ex multis Cass., ord. n. 32835 del 2021). Quanto al requisito soggettivo, la Corte di Cassazione ha più volte avuto modo di affermare che "In tema di azione revocatoria ordinali a, quando l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l'esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato" (così ad es. Cass., ord. n. 16221 del 2019). Non è dunque necessaria alcuna intenzione del debitore di nuocere alle ragioni del creditore, essendo sufficiente la semplice consapevolezza (anche nel terzo acquirente in caso di atto a titolo oneroso) che mediante l'atto di disposizione il debitore diminuisca il proprio patrimonio e dunque la generale garanzia prevista dall'art. 2740 c.c.. 4. Tanto premesso in termini generali, nel caso di specie anzitutto si osserva che risulta pacifica la qualità di creditore rivestita dall'attrice, atteso che il convenuto non ha in alcun modo contestato la sussistenza del credito di cui è causa di 500.000 CHF per capitale, diversamente avendo provveduto a contestare la sola misura degli interessi pattuiti, ritenendoli dovuti nella sola misura del 3% annuo (circostanza, tuttavia, del tutto ininfluente ai fini del presente giudizio). 5. Ciò posto, l'atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal convenuto - pacificamente in un momento successivo al sorgere del credito - è costituito dal trasferimento in favore della moglie Ma.Do. dei beni immobili (appartamento, cantina, box) siti in B. nonché della quota di partecipazione del 49% alla società Rd. S.A.S., sopra meglio individuati, effettuato con atto notarile del 2.08.2019 (doc. 8 att.), in esecuzione degli obblighi assunti dal convenuto con la convenzione di negoziazione assistita stipulata in data 11.12.2015 per addivenire alla definizione delle condizioni della separazione personale dei coniugi (doc. 7 att.). Sul punto, è necessario chiarire che, benché il lamentato pregiudizio alle ragioni dell'attrice è consequenziale alla complessiva operazione posta in essere dai coniugi -ossia all'accordo di negoziazione assistita e al successivo atto notarile di trasferimento dei beni, entrambi impugnati dall'attrice e necessariamente oggetto di indagine nella presente sede ai fini della verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria - nondimeno l'unico negozio concretamente produttivo di effetti traslativi nel caso di specie è costituito dall'atto notarile di trasferimento dei beni (l'accordo di negoziazione assistita comportando infatti il solo sorgere, in capo ad Al.Ri., dell'obbligazione di porre in essere il successivo atto traslativo); ne discende che l'eventuale pronuncia di declaratoria dell'inefficacia dell'atto nei confronti del creditore non potrà che riguardare in via esclusiva l'atto notarile del 2.08.2019, in quanto l'unico qualificabile quale atto di disposizione patrimoniale (ciò non difformemente a quanto osservato dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla fattispecie del contratto preliminare, del tutto sovrapponibile alla presente, v. in particolare Cass., ord. n. 17067 del 2019). 6. Procedendo ora alla verifica nel caso in esame della sussistenza dell'elemento oggettivo, ritiene il Giudice positivamente provata la sussistenza dell 'eventus damni. Ed infatti, con l'atto dispositivo del 2.08.2019 Al.Ri. ha senz'altro ridotto in maniera cospicua il proprio patrimonio e la conseguente garanzia ex art. 2740 c.c., avendo ceduto il proprio diritto di proprietà in ordine a più immobili e, inoltre, la quasi totalità della propria quota di partecipazione sociale nella Rd. S.A.S., considerato inoltre l'esito infruttuoso dell'esecuzione instaurata dall'attrice con riferimento ai beni immobili siti in S.. A fronte di ciò, il convenuto non ha in alcun modo assolto all'onere della prova sullo stesso incombente in ordine all'ampia capienza del proprio residuo patrimonio, non avendo provveduto ad indicare i beni dei quali risulterebbe proprietario e il relativo valore, né le proprie fonti di reddito, la documentazione prodotta dal medesimo al riguardo risultando del tutto inconferente (meri contratti preliminari e stime di immobili neppure riferibili al patrimonio del convenuto, bensì ad alcune società). 7. Parimenti, ritiene il Giudice provata in via presuntiva la sussistenza dell'elemento soggettivo in capo al debitore, da valutarsi con riferimento al momento della stipula dell'accordo di negoziazione assistita. Al.Ri. infatti, era pienamente consapevole della sussistenza dell'ingente credito dell'attrice, sorto in precedenza e oltretutto oggetto di dichiarazione di riconoscimento di debito in data 30.11.2015, solo pochi giorni prima dell'accordo di negoziazione assistita. A fronte di ciò, deve senz'altro ritenersi che il convenuto sia stato ben consapevole del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie per effetto dell'accordo sottoscritto con la moglie, comportante l'obbligo di cedere a quest'ultima la quasi totalità dei beni nella titolarità dello stesso. Sul punto, alcuna rilevanza sono suscettibili di acquisire le eccepite (mere) trattative instaurate con il padre della creditrice e finalizzate all'estinzione del debito, risultando del tutto inconferenti al riguardo, non potendo certamente far venir meno la consapevolezza in capo al convenuto di ridurre la consistenza del proprio patrimonio - e conseguentemente di pregiudicare le ragioni dell'attrice - tramite i trasferimenti immobiliari e mobiliari che lo stesso si obbligava ad operare nei confronti della moglie. In ogni caso, nella prospettazione del debitore stesso, risulta pure che le trattative siano state instaurate solo nel 2016, pertanto successivamente all'accordo di negoziazione assistita del dicembre 2015. 8. La natura gratuita dell'atto di disposizione patrimoniale posto in essere rende superflua ogni indagine in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo in capo alla convenuta Ma.Do.. Sul punto, occorre evidenziare che la natura gratuita dell'atto è chiaramente evincibile dalla disamina dei complessivi accordi sottoscritti dai coniugi, ove si consideri: che l'accordo di negoziazione assistita contiene anche una separata obbligazione di mantenimento a carico di Al.Ri. ed in favore della moglie e dei figli, di importo considerevole (Euro5.000,00 mensili con rivalutazione ISTAT ed oltre a spese mediche, scolastiche, etc.), con il che rendendo oltremodo implausibile che l'ulteriore obbligazione di trasferimento dei beni mobili e immobili del convenuto abbia rivestito funzione solutorio-compensativa dell'obbligo di mantenimento; in secondo luogo, che nel contesto del successivo atto notarile del 2.08.2019 (contenente espressa menzione della funzione di esecuzione dell'accordo di separazione) i coniugi espressamente ed inequivocabilmente qualificano sia il trasferimento degli immobili che quello delle quote sociali quali atti a titolo gratuito ("la presente cessione avviene a titolo gratuito, come previsto nelle condizioni di separazione richiamate in premessa"). In ogni caso, ad abundantiam si osserva che - anche a voler considerare l'atto a titolo oneroso - nondimeno deve ritenersi altresì presuntivamente provata la sussistenza della scientia damni in capo a ma.Do., avuto riguardo al rapporto di coniugio sussistente con il debitore, dovendosi presumere che la stessa fosse senz'altro a conoscenza dell'esposizione debitoria del marito e consapevole del carattere pregiudizievole per le ragioni creditorie dei trasferimenti immobiliari e mobiliari dallo stesso promessi (v. ad es. Cass., ord. n. 1286 del 2019). 9. In conclusione, tutto quanto sopra complessivamente considerato, la domanda dell 'attrice è fondata e va accolta. Il Giudice pertanto dichiara inefficace nei confronti di Ir.Is. l'atto di cessione mobiliare e immobiliare stipulato in data 2.08.2019 tra Al.Ri. e Ma.Do., a rogito del notaio di B.A., rep. n. (...) racc. n. (...), trascritto presso l'Agenzia del Territorio di Varese con nota in data 12.8.2019 r.g. n. (...) r. p. n. (...), ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari di Varese l'annotazione della presente sentenza ex art. 2655 c.c.. 10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore del credito dell'attrice (v. Cass., ord. n. 3697 del 2020), avuto riguardo a valori medi, con scostamento verso valori minimi per la fase istruttoria attesa la natura documentale della causa. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, domanda ed eccezione, così provvede: 1. dichiara inefficace nei confronti di Ir.Is. l'atto di cessione mobiliare e immobiliare stipulato in data 2.08.2019 tra Al.Ri. e Ma.Do. a rogito del notaio Fl.At. di B.A., rep. n. (...) racc.(...) n. (...), trascritto presso l'Agenzia del Territorio di Varese con nota in data 12.8.2019 r.g. n. (...) r. p. n. (...); 2.ordina al Conservatore dei Registri Immobiliari di Varese l'annotazione della presente sentenza ex art. 2655 c.c.; 3.condanna i convenuti, in solido tra loro, a rifondere l'attrice delle spese di lite, liquidate in Euro 22.426,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Così deciso in Varese il 10 novembre 2023. Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Varese II SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da Va.Mi. (CF (...)) rappresentata e difesa dagli avv.ti Si.Ch. e Pasquale Mantello ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Varese, via (...), come da procura allegata al ricorso RICORRENTE contro AZIENDA So., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Pa.Pu. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, via (...), come da procura allegata alla memoria RESISTENTE OGGETTO: sanzione disciplinare FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 12.6.2017, Va.Mi. conveniva in giudizio la AZIENDA So., in persona del legale rappresentante pro tempore, formulando le seguenti conclusioni: "Voglia il designando Giudice del Lavoro del Tribunale di Varese, ogni avversa difesa ed eccezione disattesa e respinta, cosi decidere: - accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia e/o illegittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato per i motivi e sotto i profili procedurali e di merito esposti in ricorso, con conseguente pronuncia di caducazione ed annullamento della sanzione e con effettuale condanna di parte datoriale alla corresponsione, anche a titolo risarcitorio, delle due mensilità della retribuzione globale di fatto non erogate di Marzo e Maggio 2017 a causa dell'illegittima sospensione della retribuzione sofferta, per un esigere complessivo, pari alla somma delle due mensilità, montante, al lordo delle ritenute di legge fiscali e contributive, in Euro 3.221,84, o altra somma ritenuta di giustizia, con condanna altresì di parte datoriale al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi relativi a dette due mensilità, il tutto da maggiorare di interessi legali e rivalutazione monetaria maturati e maturandi al soddisfo, e con ordine di inserimento ed annotazione della decisione nel fascicolo personale della ricorrente tenuto dall'Azienda", con vittoria di spese. Si costituiva ritualmente in giudizio la As., in persona del legale rappresentante pro tempore, contestando in fatto ed in diritto quanto ex adverso dedotto; con vittoria di spese. Esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, espletata attività istruttoria, altresì integrata ex art. 421 epe nei termini di cui all'ordinanza del 19.8.2021, all'udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti. Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto per le ragioni di seguito esposte. Dal ricorso e dalla documentazione allegata in atti emerge quanto segue: che la Mi. presta attività lavorativa alle dipendenze dell'Azienda O. Convenuta dalla data di assunzione dell'11 12 1978 ed è stata sempre assegnata ed ha svolto le mansioni di OSS (Operatore Socio Sanitario) presso l'Ospedale del Circolo e Fondazione Mi. - Dipartimento di Oculistica, Servizio Ambulatoriale"; che "...7 compiti lavorativi della Mi. sono consistiti precipuamente nel coadiuvare i Medici negli interventi ambulatoriali oculistici, curando in particolare il ritiro e visione della documentazione medica portata dal paziente, assistendo il medico oculista nella lettura dell 'ottotipo da parte del paziente, inoculando le gocce preparatorie alla visita, provvedendo alle medicazioni semplici, occupandosi dell'effettuazione dell'eventuali analisi e di quant'altro prescritto dal medico professionista durante la visita al paziente"; che nei quarant'anni di servizio resi precedentemente ai fatti per cui è causa alla ricorrente "non è stato mai mosso alcun minimo rilievo o rimprovero sulla correttezza e bontà del proprio operato"; che con nota di contestazione disciplinare mossa con Race. A.R. del 25/11/2016 dell'Ufficio Disciplinare alla Mi. veniva contestato quanto segue: "...il giorno 29/07/2015, alle ore 08,00, la SV in servizio quale Operatore Socio Sanitario, cat. B - liv. BS presso la Struttura complessa Oculistica dell'Ospedale del Circolo e Fondazione Mi.Va., effettuava ad una paziente un esame del visus"; - che la lavoratrice, nel corso del procedimento disciplinare, veniva sentita dall'UPD sui fatti per cui è causa in data 16.12.2016, occasione in cui consegnava altresì le proprie giustificazioni in forma scritta; - che nel procedimento innanzi all'UPD la paziente Be., autrice della segnalazione circa i fatti oggetto di giudizio, rendeva le seguenti dichiarazioni: UPD: Cosa è successo? Sig.ra Be.: Il 29 luglio 2015 ho fatto la visita in oculista alle ore 8 con una mia amica mi ha chiamato una signora con i capelli biondi io la definisco così perché non si è presentata la mia amica è stata fuori e c'eravamo solo io e questa signora bionda. Al che ha iniziato a farmi la visita mettendo le lenti a dx e a sx facendomi leggere da lontano dalle lettere più grandi a quelle più piccole la visita è durata 15 minuti circa e dopo mi ha fatto leggere su questo libro se riuscivo a leggere da vicino la visita è finita con le lenti poi è arrivato il medico è entrato si è seduto e la signora gli spiega tutta la visita e dice al medico tutta la visita che mi ha effettuato e dopo il medico conferma la visita non mi visita assolutamente al che io meravigliata ho detto va bene, sono stata un po' male gli ho tirato fuori gli occhiali che avevo dicendo che questi occhiali non li posso portare perché provocano il mal di testa, il medico dice a questa Va. dimmi la gradazione degli occhiali, lei va sotto un microscopio e gli dice la gradazione delle lenti. Lui non ha visto gli occhiali ma li ha visti la signora Va. confermando che questi occhiali vanno bene, può andare. Ha fatto un fogliettino che non ho trovato più ma ho il cartellino della gradazione. Il medico mi ha rilasciato il cartellino della visita e l'impegnativa e il cartellino. Esco vado dalla mia amica delusa perché devo portare ancora questi occhiali, dopo 4/5 mesi inizio a peggiorare al lavoro non vedo più il numero delle cartelle infatti le mie colleghe sono stupite e mi dicono che sono peggiorata con gli occhi ma la cosa che fa scaturire il tutto non è tanto il lavoro ma la sera quando guidavo le luci erano doppie e quindi c'è qualcosa di serio ai miei occhi, quindi vado dalla caposala e comunico che non ho assolutamente intenzione di pagare la visita pertanto voglio rifare la visita e li ho saputo che quella signora bionda di nome Va. e che quella lì è un oss. Dopo la caposala mi fa rifare la visita senza pagare il ticket dopo segnalazione scritta di quanto avvenuto il 29.7.2015 e la visita mi viene rifatta dal Dr. Be. il giorno 18.10.2016 e mi cambiano le lenti. La Sig.ra Be. consegna copia della prenotazione e della ricetta del giorno 29.07.2015 e copia della ricetta e della visita del 18.10.2016. UPD: Come ha fatto a scoprire che questa persona è Mi.Va.? Sig.ra B.; Ho scoperto che si chiama Mi.Va. e che è un OSS dal l'impiegata dell'oculistica. UPD: 11 medico che le ha firmato la prima prescrizione chi è? Sig.ra Be.:Lo riconosco ma non so come si chiama. Sig.ra Be.: Preciso che chiederò il rimborso dei danni subiti. Varese, 11.11.2016 che nel procedimento innanzi all'UPD la Mi. rendeva le seguenti dichiarazioni. UPD: E' abituale fare una cosa di questo genere? Sig.ra Mi.: No è un atto inconsapevole non so perché ho ceduto a questa richiesta l'ho fatto in buona fede era una collega tra l'altro è venula il giorno prima a prendere un appuntamento ho cercato di trovarle un appuntamento vicino visto che segnalava dei problemi poi è arrivato il medico, tardava, io ho telefonato per avvisare che si stavano accumulando pazienti e lui dice fai entrare la prima paziente e inizia a farla leggere però ho detto al dottore cerchi di arrivare, l'ho fatta entrare abbiamo avuto una conversazione amichevole la signora mi ha fatto notare che si stava facendo tardi e le ho detto che il dottore mi ha detto di farti leggere poi entra lui il medico e mi chiede quante lettere la signora dove è arrivata a leggere, io gliel'ho riferito, lui da detto di passarmi gli occhiali, leggo la gradazione dell'occhialo convinta che il medico continuasse la visita. UPD: Questa attività la sapeva fare perche lo ha fatte altre volte? Sig.ra Mi.: Qualche volta capita che il medico lo chiede ma controllano sempre. UPD: E' un'attività che viene richiesta abitualmente? Sig.ra Mi.: Non da tutti i medici abitualmente è questo medico che lo chiede ma poi controlla. UPD: Mettendo gli occhiali sotto l'apparecchio esce la gradazione delle lenti? Sig.ra Mi.: Esce un cerchietto luminoso che corrisponde a un numero. UPD: Lei ha dovuto interpretare questo cerchietto luminoso? Sig.ra Mi.: Esce non mi ricordo ma ho lasciato lì l;occhiale sotto questo apparecchio, lui ha chiesto cosa è uscito e ho risposto mi sembra, secondo me non c'è il cilindro, UPD: Lei conosce la sua qualifica e quali sono le competenze della sua qualifica? Sig.ra Mi.: Sì. UPD: Secondo lei quello che il medico le ha chiesto di fare rientra tra le sue competenze? Sig.ra Mi.: No non rientra nelle mie competenze. UPD: Perchè lo fa? Sig.ra Pi.: La circostanza della collega, lavora qui aveva fretta di andare ha tentato di dare una mano erroneamente. UPD: Se io vengo a fare un intervento lei fa l'intervento'? Sig.ra Mi.: Assolutamente no non tra iniziata cosi non doveva andare cosi la cosa, si è partito parlando dell'occhiale, la cosa è stata travisata anche da parte mia. non dovevo cedere a questa cosa, ma dopo tanti anni che lavoro lì da 38 anni. Non ho mai fatto cose di questo genere, di nonna il paziente aspetta il medico. UPD; Lei ha usato anche la montatura dove si infilano le lenti? Sig.ra Mi.: La signora ha portato della documentazione (.cartellino precedente) e le ho chiesto dove sono gli occhiati, e non li aveva. Ho messo a montatura di prova e ho messo la lente che corrispondeva al cartellino precedente al occhiale precedente per la vista da lontano, per le lenti da vicino usava il suo occhiale. Le lenti le conosco non le uso perché seguo le visite, non è neanche una scusante questo, è iniziato a mò di gioco e di confidenza non intendevo fare nessuna visita non sono in grado, la lente la conosco più c meno per lavoro, questo sì ma non posso dire di fare la visita oculistica. lo ho fatto più che altro per intrattenere la paziente. lo credo che non ci sarà una prossima volta. In 38 anni non mi è mai successo e questi cosa nu ha ferita. UPD: Se il medico le ha chiesto "leggini gli occhiali" è perché le ; a chiesto di leggere gli occhiali? Sig.ra Mi.: Io dico se è sferica o cilindrica anche compare il numero, il medico qualche volta mi dice c'è il cilindro o non c'è, il Dr. Mi., io sono sempre da s. la con il medico non c'è mai un altro collega. UPD: Il medico quando è a rivato non ha visitato la pazien.e? Sig.ra Mi.: Non ha visitato la paziente ma si è limitato a scritere i valori e ha fatto la prescrizione. UPD: Le ha fatto leggere gli occhiali da vicino e le ha fatto prescrivere g i occhiali da vicino da lontano senza far.a leggere? Sig.ra Mi.: Sì. UPD: La signora si è rivolta a lei il giorno prima senza prenotare al CUP? Sig.ra Mi.: Noi possiamo dare le prime visite e la fortuna vuole che il giorno dopo alle 8 ima signora mi ha tolto la prenotazione e guardando il primo posto l;bero era i giorno uopo alle 8 del 29 luglio, quel giorno ero all'ufficio accettazioni. UPD: Possiamo vedere la rinuncia della signora? Sig.ra M.; Credo di si. Sig.ra P.; Le OSS a turno stanno in segreteria non sempre in ambulatorio. Pi.: Io non sono un medico ho solo chiesto informazioni e ho pensato fosse opportuno informarmi sulla questione in realtà quello che ho chiesto a un medico oculistica come si svolgeva una visita, perché il visus che è una parte di lettura da lontano e da vicino è una pane della visita quindi la signora non ha effettuato u-.a visita oculistica ma la prima parte, la visita oculistica è composta da più fasi e quel o che è stata fatto che non aveva competenze è quello di fare leggere da lontano e da vicino, non ha utilizzato nessun tipo di farmaco nessuno strumento chirurgico sulla paziente, non voglio smini ire la responsabilità e la consapevolezza che la signora doveva avere e che oggi ha in merito alle sue competenze. Mi sembra strano comunque o quanto meno discutibile che la paziente abbia posto il problema un arino e tre mesi dopo perché se si trattava di un problema agli occhi, dopo un anno può succedere di tutto, il medico ha avvallato confermato e firmato tutto quello che gli ha chiesto alla signora di leggere, vorrei che la responsabilità sia riconosciuta ognuno per il suo pezzo in particolare tenendo conto che non è stato usato né farmaco né strumento sulla persona. Oltre tutto ribadisco che nella segnalazione fatta alla caposala da parte della Sig.ra Be. "all'arrivo del medico ha comunicato a visita da lei effettuata senza alcuna veridica il medico ha confermato tutto ciò che ha detto la Sig.ra Mi.Va. e ha confermato gli occhiali". Il fatto che il medico possa chiedere la collaborazione degli OSS o Infermiere può succedere perché sono impegnati però credo che la responsabilità finale del medico nei confronti della paziente se la debba assumere lui all'atto della prescrizione, diagnosi e prognosi. UPD: Rispetto a questa attività che è stata chiesta dal medico lei ha mai detta alla caposala che le viene chiesto lo svolgimento di attività non di sua competenza? Sig.ra Mi.: Ho segnalato alla caposala e al primario che questo medico era solito crearci problemi nei ritardi il problema con la signora Be. è stato chiaro mi sono fatta abbindolare col discorso della collega. Sì è uscito una volta questo problema. Non è tanto che lavoro con questo medico e mi sono arrabbiata di questo atteggiamento e l'ho riferito alla caposala, avoro con questo medico da 4 anni. La caposala era a conoscenza che si creavano queste cose sgradevoli. Al primario non ho mai riferito nulla. Sig.ra Pi.: Nell'audizione della caposala rispondendo a una vostra domanda dice che è possibile risalire alla turnazione del medico presente quel giorno i servizio, visto che non risultava il nome del medico. La signora è molto dispiaciuta e consapevole di ciò che ha fatto che è la cosa più importante. Varese. 15.12.2016 - che le giustificazioni scritte depositate dalla Mi. sono del seguente tenore letterale: In merito agli addebiti che mi vengono contestati dalla Sig.ra B.A. circa il mio comportamento in Ambulatorio, racconto i fatti: 11 giorno 29 luglio 2015, ero di servizio in Ambulatorio Oculistico. Indossavo la divisa e il cartellino identificativo con nome, cognome e .qualifica. La Sig.ra B.A. aveva un appuntamento per uria visita alle ore 8. La Signora si è presentata puntuale. Il medico non era presente, la paziente ha iniziato a protestare per il ritardo. Ho telefonato al medico e gli ho chiesto come dovevo comportarmi. Il medico mi rispose: " Fai accomodare la paziente, controlla che abbia l'impegnativa, eventuale documentazione-precedente, folla sedere davanti all'ottotipo e inizia a tarle leggere le lettere. Ho spiegato alla paziente che il medico era in ritardò per cui, onde guadagnare tempo avevo"ricevuto l'ordine di farle leggere l'ottotipo. La paziente non ha avuto nulla da obiettare; quindi in accordo con la Signora ho iniziato la lettura sia da lontano sia da vicino. Dopo quindici mini iti è arrivato il medico dott. Mi., Mi. e su sua richiesta gli ho riferito quante lettere dell'ottotipo la paziente aveva letto. il lmedico mi ha chiesto di leggere il valore delle lenti degli occhiali della paziente al fontifocometro. Ho eseguito e riferito. 11 medico ha compilato e firmato una ricetta degli occhiali senza controllare personalmente la gradazione delle lenti né procedere all'esame clinico. -che il procedimento in oggetto si concludeva con l'irrogazione in capo alla ricorrente della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per mesi due (2) nei termini di seguito illustrati: Con la presente si comunica che l'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD), in data 23.01.2017, ha concluso il procedimento a carico della S.V., attivato con nota 25.11.2016 prot. n. (...), infliggendo la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per mesi 2, Quanto sopra a seguito delle risultanze documentali, degli accertamenti derivati dall'attività istruttoria espletata ed in applicazione dell'art. 13, comma 6 lettere a) e i) del C.C.N.L. del personale del comparto del Servizio Sanitario Nazionale 19.04.2004, così come modificato ed integrato dall'art. 6 del C.C.N.L. 10.04,2008. L'Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD): - viste le risultanze documentali e terminata l'attività istruttoria; - esaminate le dichiarazioni formulate dalla S.V. in sede di audizione e dalle Sigg.re Ma. e Ab.; - considerato che la S.V. ha ammesso di aver effettuato alla Sig.ra Be. un esame del visus in assenza del medico; - ritenuto che gli elementi probatori acquisiti nel corso del procedimento e le dichiarazioni sottoscritte dalla S.V. valgono a delineare in maniera univoca la sussistenza di una condotta disciplinarmente censurabile; - ritenendo oggettivamente comprovato che nella vicenda sussistono, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, elementi univoci e sufficienti per configurare e comprovare l'ipotesi di responsabilità contestata alla S.V. ha stabilito di infliggere alla S.V. la sanzione sopra specificata. Si precisa infine che la sospensione dal servizio di cui alla presente nota avrà effetto nell'arco temporale che verrà indicato con successiva comunicazione. Distinti saluti. -che la ricorrente scontava interamente la sanzione in oggetto, non avendo prestato servizio né percepito la retribuzione per i mesi di marzo e maggio 2017. Tutto ciò premesso la ricorrente ha adito l'intestato Tribunale formulando le conclusioni in epigrafe trascritte, contestando in particolare la mancata specificità della contestazione disciplinare, la mancata tempestività della stessa per violazione dei termini di cui all'articolo 55 bis D.Lgs. n. 165 del 2001 ed all'art. 29 CCNL Personale del Comparto Sanità del 1/9/95, la omessa motivazione in ordine alle ragioni e giustificazioni di parte lavorante ", la "infondatezza nel merito dell'avversa contestazione disciplinare", la "violazione dell'art. 2106 c.c. ed iniquità ed eccessiva afflittività dell'irrogata sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per mesi 2. Violazione del Codice Disciplinare e del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni ed insussistenza delle applicate aggravanti della recidiva e del grave danno". Sulla mancanza di specificità della contestazione in esame Con riguardo alla doglianza in esame, è sin da ora opportuno richiamare l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che esprimendosi in materia di licenziamento disciplinare ha chiarito quanto segue: "La previa contestazione dell'addebito, necessaria nei licenziamenti qualificabili come disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l'immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.; per ritenere integrata la violazione del principio di specificità è necessario che si sia verificata una concreta lesione del diritto di difesa del lavoratore e la difesa esercitata in sede di giustificazioni è un elemento concretamente valutabile per ritenere provata la non genericità della contestazione" (Cass. Civ. n. 9590 del 18/04/2018). Ebbene, nel caso di specie ritiene questo giudicante che non possa in alcun modo ritenersi violato il principio di specificità della contestazione de qua. Sul punto, sia difatti sufficiente rilevare che la Mi., dopo aver ricevuto la contestazione per cui è giudizio, ha potuto pienamente articolare le proprie difese, sia oralmente innanzi all'UPD, facendosi altresì assistere da un rappresentante sindacale, sia per iscritto, rendendo la propria versione degli accadimenti e, pertanto, avendo pienamente compreso l'oggetto della contestazione che la As. le aveva mosso. Per ciò solo, l'eccezione in esame non può che essere respinta. Sulla mancanza di tempestività della contestazione per violazione dei termini di cui all'articolo 55 bis D.Lgs. n, 165 del 2001 ed all'art. 29 CCNL Personale del Comparto Sanità del 1/9/95 Anche per quanto concerne la tempestività della contestazione disciplinare occorre richiamare l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, espresso sempre in materia di licenziamento disciplinare, secondo cui "In tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa), con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici(Cass. Civ. n. 16841 del 26/06/2018). Ebbene, nel caso di specie è documentale che As. abbia contestato alla Mi. i fatti per cui è causa solo quando ha ne ha avuto piena contezza, posto che soltanto da tale momento può ritenersi che decorrano i tempi per l'avvio e la conclusione del procedimento disciplinare, la cui origine non può coincidere con una mera segnalazione pervenuta da parte di una paziente. Di conseguenza, il giorno di "conoscenza del fatto" ai sensi del CCNL applicato, nel caso di specie, coincide con quello dell' 11 novembre 2016, data in cui TUPD ha acquisito le deposizioni della capo sala A. e della paziente Be. (doc. 3 resistente), con la conseguenza che la contestazione disciplinare ricevuta dalla ricorrente in data 25.11.2016 è tempestiva, poiché intervenuta nel rispetto del termine di venti giorni previsti dalla contrattazione collettiva di settore. Per ciò solo, anche la contestazione in esame deve essere respinta. Sul merito Il vaglio delle contestazioni concernenti i fatti ascritti alla Mi. richiede la disamina delle emergenze probatorie assunte nel corso dell'istruttoria espletata, che per praticità integralmente si riporta. Escusso sulle circostanze ammesse, il teste di parte ricorrente Lu.Ce. ha reso le seguenti dichiarazioni: "ADR: conosco la ricorrente; ci siamo conosciuti in ospedale; ho lavorato in oculistica per quarant 'anni; ho lavorato a Varese e lei è arrivata qualche anno dopo di me; ADR: la ricorrente lavorava anche con me; ADR: io effettuavo anche visite oculistiche ambulatoriali in ospedale; sul cap. 2): confermo il capitolo; nello specifico intendo dire che le visite venivano svolte con la collaborazione di personale paramedico, quale Os. o personale infermieristico; preciso che mi avvalevo del personale che era presente il giorno della visita; ADR: preciso che una visita oculistica inizia sempre con l'esame del visus, nel senso che occorre sapere cosa vede il paziente e "quanto vede "; ADR: per quanto mi riguarda il personale poteva assistermi anche facendo leggere l'ottotipo al paziente, ma sempre in mia presenza perché io non sono mai arrivato in ritardo ed il referto finale veniva sempre sottoscritto dal medico, ossia da me; confermo tuttavia che si poteva verificare che - soprattutto quando c 'era particolare affluenza ed il medico era in ritardo - il personale infermieristico, per evitare lamentele, facesse entrare il paziente ed iniziasse a far leggere l'ottotipo in attesa dell'arrivo del medico; questo anche perchè far leggere l'ottotipo "non richiede particolari competenze ", nel senso che occorre semplicemente far sedere il paziente ed indicargli la riga da leggere con righe numerate; ADR: poteva anche verificarsi che gli esiti dell 'ottotipo fossero "dettati al personale assistente "; alla fine il medico apponeva timbro e firma; Interrogato a prova contraria sui capitoli di prova formulati da parte resistente così risponde: ADR: Non mi ricordo quando sono andato in pensione; Sul capitolo 3: nel periodo di cui al capitolo ero di sicuro già in pensione; ho sentito parlare del fatto ma non posso dire altro Interrogata sui capitoli ammessi, la teste di parte resistente Ma., coordinatore infermieristico in oculistica presso l'As., ha dichiarato quanto segue: "ADR: Conosco la ricorrente; sono coordinatore in oculistica e la ricorrente era una OS; lavoravamo insieme, faceva parte del mio staff Sul capitolo 3: sul capitolo preciso quanto segue, ossia che ero di turno il giorno richiamato in capitolo; sono a conoscenza del fatto perché la stessa paziente Be. - dopo essersi sottoposta a visita ambulatoriale e dopo aver rifatto gli occhiali - persistendo la problematica, poiché continuava "a non vedere bene ", tornava da noi in ospedale chiedendo di poter essere nuovamente visitata dalla stessa dottoressa che le aveva fatto la visita la volta precedente; la richiesta veniva formulata di presenza in segreteria e così venivo chiamata; ho chiesto quindi alla paziente chi fosse il medico che l'aveva visitata la volta precedente e lei mi ha risposto "una certa Va. ADR: mi sono quindi fatta descrivere fisicamente la persona di cui parlava la paziente ed ho capito che si riferiva alla ricorrente; ADR: allora lì ho capito che la paziente era stata sottoposta a visita da un soggetto che non poteva effettuarla; così per tranquillizzare la paziente ho fissato subito un nuovo appuntamento con uno degli oculisti dell'ambulatorio; ho fissato quindi a breve l'appuntamento alla sig.ra B.; ADR: preciso che la paziente aveva già capito che la persona che le aveva effettuato la visita non era un medico ad esito del colloquio intervenuto in segreteria; ADR: per questo la paziente chiedeva che fossero presi dei provvedimenti ; ADR: così ho detto alla paziente che per eventualmente far sì che fossero presi provvedimenti era necessario che lei procedesse per iscritto , cosa che la signora ha fatto; ADR: con riguardo alla seconda parte del capitolo, pur non essendo io presente, ricordo che la sig.ra Be. precisava che il medico era sopraggiunto solo dopo, a visita effettuata. Interrogato a prova contraria sui capitoli di prova formulati da parte ricorrente così risponde: Sul capitolo 2: sul capitolo preciso quanto segue, ossia che la visita ambulatoriale si svolge nel seguente modo: la presenza di medico e personale assistente (quindi infermiera o Os.) è contestuale. Alla paziente vengono fatti indossare gli occhiali con le lenti per poter procedere alla lettura dell'ottotipo, l'infermiera la Os. si trova vicino all'ottotipo ed indica la riga da leggere ed il medico cambia le lenti a seconda della risposta della paziente per verificare le necessità mediche della paziente stessa; ADR: non può assolutamente accadere che l'infermiera o la OS faccia leggere l'ottotipo al paziente in assenza del medico; ADR: non può verificarsi mai, neanche quando c 'è particolare affluenza in ambulatorio, perché né il personale infermieristico né le OS hanno competenze per far leggere l'ottotipo ai pazienti; ADR: credo che dalla visita ambulatoriale della signora Be. a quando la stessa è tornata in ospedale sia passato qualche mese; non posso essere più precisa; ADR: preciso che la visita effettuata dalla ricorrente sulla paziente - sulla scorta di quanto mi riferiva la paziente Be. - è consistita nella lettura dell'ottotipo e nella regolazione degli occhiali volti ad individuare la gradazione necessaria a rifarli; ADR: ho conosciuto la paziente solo nell 'occasione per cui è causa Escusso sulle circostanze ammesse, il teste Ma.Ma., medico oculista presso la convenuta, ha dichiarato quanto segue; "ADR: preciso che attualmente le visite oculistiche vengono gestite più comunemente in autonomia dai medici, spesso senza l'ausilio di una infermiera; è una prassi recente che si sta portando avanti; ADR: questo cambiamento era già in corso nel 2015; si è trattato di un cambiamento graduale; anche per la particolare carenza di organico degli infermieri; ADR: già nel 2015 poteva capitare si facesse a meno dell'infermiere come poteva capitare che ci fosse nel corso delle visite ambulatoriali; ADR: nell'ipotesi in cui l'infermiere c 'era era questo che chiamava il paziente; ADR: l'infermiere come figura professionale affiancava il medico nell'espletamento delle varie fasi della visita; ADR: Il medico di regola doveva essere presente quando l'infermiere svolgeva queste attività; ADR: l'infermiere svolgeva attività meramente esecutive, pertanto, in presenza del medico e su sua precisa indicazione; ADR: ad esempio, se occorreva dilatare la pupilla della paziente, l'infermiere metteva del collirio apposito, ribadisco sempre in presenza e su indicazione del medico; ADR: l'infermiere poteva collaborare alla redazione delle impegnative su dettatura del medico; ADR: non ricordo la specifica visita della paziente Be. del 29.7.2015; ADR: sui fatti di causa, ricordo di aver ricevuto una raccomandata da parte della A. con cui venivo informato del fatto che una paziente si era rivolta all'ospedale per una prescrizione di un paio di occhiali; ADR: la raccomandata in oggetto era relativa ad un accertamento disciplinare apertosi a mio carico che si concludeva con la sanzione disciplinare conservativa della sospensione per 15 giorni da attività lavorativa a retribuzione; ADR: mi veniva riferito che la paziente Be. fosse stata visitata dall'infermiera Ma.; ADR: in particolare, posso confermare che la Mi., che oltretutto allora pensavo infermiera, ma invece poi ho scoperto essere un a OS, mi riferiva di aver visitato una paziente; ADR: la ricorrente mi riferiva di aver provato gli occhiali da vista della ricorrente, di averli verificati e di aver verificato che erano corretti; ADR: la ricorrente non aveva chiaramente chiuso in autonomia la diagnosi, che è stata infatti da me definita in base alle risultanze che mi venivano da lei riferite; ADR: al che io le dicevo che, se non c'era differenza tra la gradazione e l'occhiale della paziente, si poteva lasciarle quegli occhiali; ADR: non ricordo se la paziente fosse già andata via quando la Mi. veniva a darmi riscontro della visita espletata; penso ci fosse, ma non ne posso essere certo. ADR: io non ho ritenuto di segnalare l'attività svolta dall 'infermiera e sul punto occorre fare una premessa. Sin dagli Anni 80 era prassi che gli infermieri, collaborando costantemente con i medici e coadiuvandoli anche nell'attività ambulatoriale, svolgessero delle attività, pur semplici, in autonomia (prendevano ad esempio l'accesso venoso o per esempio controllavano la refrazione) rispetto alle quali poi venivano a riferire a noi medici; ADR: progressivamente poi le cose sono cambiate, quindi via via è stato precluso ad infermieri, e chiaramente anche alle OS, di svolgere attività comunque in autonomia; ADR ricordo che questo cambiamento veniva proprio formalizzato con direttive scritte della A.; ADR: confermo che attualmente la refrazione non viene più fatta dall'infermiere; l'accesso venoso invece sì. Sulla lettera A) di parte resistente Vero che, nel corso delle visite ambulatoriali, il medico che effettua la visita si avvale della collaborazione dell'operatore socio sanitario o dell'infermiere presenti per attività di mero ausilio, restando tuttavia di esclusiva competenza del medico l'effettuazione dell'esame del visus del paziente, la firma del relativo referto e la prescrizione delle lenti: confermo che è di esclusiva competenza del medico l'effettuazione dell'esame del visus del paziente, la firma del relativo referto e la prescrizione delle lenti. ADR: confermo che la visita effettuata dalla ricorrente sulla paziente Be. era un esame visus, sulla lettera A di parte ricorrente) : non confermo il capitolo; richiamo quanto già detto; sulla lettera B) b. Vero che in data 29 luglio 2015, la ricorrente Sig.ra Mi. ha eseguito su di una paziente, sig.ra Ab., in assenza del medico di turno (dott. Ma.), un esame del visus (esame della acuità della vista, da vicino e da lontano): non posso confermare il capitolo; i fatti si sono svolti come ho già descritto; il referto l'ho compilato io ma l'esame visus è stato effettuato dalla ricorrente. ADR: Confermo che la firma apposta all'esame visus che mi è stato rammostrato è la mia. ADR: la prassi ha sempre voluto che il medico e l'infermiere collaborassero in presenza Tulio dell'altro; ADR: quel giorno si sono verificati i fatti che ho già descritto con riferimento alla prima paziente dell'ambulatorio; io ero arrivato in ritardo di un quarto d'ora venti minuti e quando sono arrivato la ricorrente aveva già effettuato la visita della paziente nei termini detti; ma si è trattato di una cosa del tutto eccezionale. ADR: in quel frangente la ricorrente mi aveva detto quale riscontro aveva avuto dalla visita; ho letto le lenti degli occhiali, mi sono quindi fidato della valutazione del visus effettuata dalla ricorrente, trattandosi di un accertamento semplice, e ho redatto il referto. ADR: l'unico modo di fare la visita del visus è quella di far leggere l'ottotipo al paziente. Quindi è quello che la ricorrente aveva fatto Ebbene, sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali acquisite nel corso dell'istruttoria espletata la condotta ascritta alla ricorrente nella contestazione disciplinare - ossia che la predetta, in data 29.7.2015, abbia effettuato, in assenza del medico di turno, un esame visus alla paziente Be. - risulta univocamente dimostrata in giudizio (ed, a rigore, non è stata mai negata dalla ricorrente sin da quando è stata sentita innanzi all'UPD). Sul punto, proseguendo il vaglio delle emergenze probatorie acquisite, di rilievo dirimente è la dichiarazione resa in sede istruttoria dal teste Mi. (parimenti destinatario di sanzione disciplinare per i fatti per cui è causa), che ha ammesso di essere arrivato in ritardo in ospedale quel giorno, di non aver personalmente visitato la paziente Be., di aver utilizzato le risultanze acquisite dalla ricorrente che aveva effettuato l'esame visus in sua assenza e di aver quindi concluso l'iter diagnostico personalmente, indicando per iscritto il tipo di occhiale da tenere, posto che il teste ha altresì dichiarato di non ricordarsi se ha o meno interloquito con la paziente Q...ADR: in particolare, posso confermare che la Mi., che oltretutto allora pensavo infermiera, ma invece poi ho scoperto essere un a OS, mi riferiva di aver visitato una paziente; ADR: la ricorrente mi riferiva di aver provato gli occhiali da vista della ricorrente, di averli verificati e di aver verificato che erano corretti; ADR: la ricorrente non aveva chiaramente chiuso in autonomia la diagnosi, che è stata infatti da me definita in base alle risultanze che mi venivano da lei riferite; ADR: al che io le dicevo che, se non c 'era differenza tra la gradazione e l'occhiale della paziente, si poteva lasciarle quegli occhiali; ADR: non ricordo se la paziente fosse già andata via quando la Mi. veniva a darmi riscontro della visita espletata; penso ci fosse, ma non ne posso essere certo" - teste M.). Dall'istruttoria è altresì emerso che, per quanto attiene le visite oculistiche, la regola fosse quella - per l'oculista - di farsi assistere dal personale paramedico presente, che poteva anche far leggere l'ottotipo al paziente, ma sempre in presenza del medico, con successiva sottoscrizione del referto da parte di quest'ultimo ("...sul cap. 2): confermo il capitolo; nello specifico intendo dire che le visite venivano svolte con la collaborazione di personale paramedico, quale Os. o personale infermieristico; preciso che mi avvalevo del personale che era presente il giorno della visita; ADR: preciso che una visita oculistica inizia sempre con l'esame del visus, nel senso che occorre sapere cosa vede il paziente e "quanto vede"; ADR: per quanto mi riguarda il personale poteva assistermi anche facendo leggere l'ottotipo al paziente, ma sempre in mia presenza perché io non sono mai arrivato in ritardo ed il referto finale veniva sempre sottoscritto dal medico, ossia da me;" - teste C.; "...Sul capitolo 2: sul capitolo preciso quanto segue, ossia che la visita ambulatoriale si svolge nel seguente modo: la presenza di medico e personale assistente (quindi infermiera o Os.) è contestuale. Alla paziente vengono fatti indossare gli occhiali con le lenti per poter procedere alla lettura dell'ottotipo, l'infermiera la Os. si trova vicino all'ottotipo ed indica la riga da leggere ed il medico cambia le lenti a seconda della risposta della paziente per verificare le necessità mediche della paziente stessa; ADR: non può assolutamente accadere che l'infermiera o la OS faccia leggere l'ottotipo al paziente in assenza del medico; ADR: non può verificarsi mai, neanche quando c 'è particolare affluenza in ambulatorio, perché né il personale infermieristico né le OS hanno competenze per far leggere l'ottotipo ai paziento - teste Ar.). Ciò chiarito, ritiene altresì questo giudicante che le dichiarazioni rese esclusivamente dal teste di parte ricorrente Ca. - con riferimento ad una eventuale "prassi" invalsa in reparto concernente la facoltà per il personale paramedico di "portarsi avanti" con i pazienti, in caso di ritardo del medico, facendo leggere loro l'ottotipo - siano oltremodo generiche, poco circostanziate, e pertanto, di per sé, non sufficienti né idonee a fornire prova dell'assunto in esame ("...confermo tuttavia che si poteva verificare che - soprattutto quando c'era particolare affluenza ed il medico era in ritardo - il personale infermieristico, per evitare lamentele, facesse entrare il paziente ed iniziasse a far leggere l'ottotipo in attesa dell 'arrivo del medico; questo anche perchè far leggere l'ottotipo "non richiede particolari competenze'', nel senso che occorre semplicemente far sedere il paziente ed indicargli la riga da leggere con righe numerate; ADR: poteva anche verificarsi che gli esiti dell'ottotipo fossero "dettati al personale assistente"; alla fine il medico apponeva timbro e firma;..." - teste Ca.). Ciò detto, attesa la condotta posta in essere dalla lavoratrice, ed altresì accertata nei termini di cui sopra, per esaminare la proporzionalità della sanzione disciplinare irrogata occorre, in primo luogo, richiamare il mansionario dell'Os. (doc. 1 resistente), che prevede quanto segue: L'Operatore Socio Sanitario è un operatore di interesse sanitario che. a seguito dell'attestato di qualifica conseguilo al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzale a soddisfare i bisogni primari della persona in un contesto sia sociale che sanitario e favorisce il benessere e 1' autonomi a della persona. Negli ambiti delle attività e delle competenze individuate l'Operatore Socio Sanitario : Opera in quanto agisce in autonomia rispetto a precìsi e circoscritti interventi. Coopera in quanto svolge solo parte delle attività alle quali concorre con altri professionisti (infermieri). Collabora in quanto svolge attività su precise indicazioni dei professionisti ATTIVITÀ' FONDAMENTALI Assistenza diretta alla persona Esegue le indicazioni fornite dall'infermiere nell'espletamento di attività rivolte all'assistito - Attuare le indicazioni fornite dall'Infermiere nel rifacimento del letto occupato (Opera-Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall'infermiere nell'effettuazione delle cure igieniche al letto(Opera-Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dallTnfermiere nell'aiuto all'alimentazione (Opera-Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall' Infermiere nella mobilizzazione della persona ( Opera-Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall'Infenniere nella rilevazione dei Parametri Vitali ( Pressione Arteriosa, Frequenza Cardiaca , Frequenza Respiratoria, Temperatura Corporea, Peso, Diuresi, Glicemia da prelievo capillare ) e ne trasmette i dati allo stesso (Opera-Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall' Infermiere nella somministrazione della terapia orale, inalatoria, trans-dermica, oftalmica e auricolare : Terapia per via rettale che non implichi utilizzo di sonde . (Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall'Infermiere nell'esecuzione di medicazioni semplici (Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall'Infermiere e collabora, durante il Primo Soccorso (Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall'Infermiere nel sorvegliare la terapia infusianale ( livello flaconi, presenza del gocciolamento, presenza di edema nel punto di inserzione ) (Opera-Collabora) - Attuare le indicazioni fornite dall'Infermiere nell'utilizzo di presidi elettromedicali semolici. (Onera-Collabora) Eseguire il trasporto e l'accompagnamento dei degenti (Opera-Collabora) - Eseguire l'accompagnamento delle persone deambulanti e non , su indicazione dell'infermiere, con carrozzina o barella - Esegue il trasporto della salma in Obitorio. Inoltre, per quanto specificamente concerne il reparto di oculistica dell'ospedale di Varese, è previsto che l'operatore sanitario svolga le seguenti mansioni: ATTIVITÀ' DELL'OPERATORE SOCIO SANITARIO NELL'AMBULATORIO DI OCULISTICA As. - Preparazione dei diversi ambulatori controllando la presenza del materiale necessario per le attività previste; - Provvedere a chiamare le persone che devono accedere all'ambulatorio in ordine di appuntamento; - Assistere la persona durante la visita oculistica - Collabora con il medico nella somministrazione della terapia oftalmica (come da profilo può provvedere a far assumere alla persona una terapia per via naturale come la mucosa dell'occhio); - Controlla e rifornisce l'ambulatorio di materiale; - Controlla i vari armadi e li pulisce periodicamente; - Stampa i FAP delle persone esenti; - Fissa appuntamenti su agende; - Prepara le cartelle ambulatoriali delle persone in lista e le archivia successivamente. Ebbene, sulla scorta di quanto sin qui riportato, emerge che le mansioni principali dell'OS sono quelle di un collaboratore, in quanto tale tenuto a coadiuvare il lavoro di infermieri e medici nei limiti e secondo le indicazioni di questi ultimi, i cui margini di autonomia sono ristretti ad attività residuali, eccezionali e comunque ben individuate. Ciò chiarito, con riguardo quindi al caso di specie, va evidenziato che l'operatore sanitario adibito al reparto di oculistica dell'ospedale di Varese è tenuto a preparare gli ambulatori in funzione delle visite, a chiamare le persone in attesa di essere sottoposte a visita ambulatoriale, a collaborare con il medico per la somministrazione della terapia oftalmica, a fissare gli appuntamenti in agenda ed a preparare ed archiviare le cartelle mediche delle visite. Tra le mansioni cui è preposto TOS nel reparto di oculistica non vi è, pertanto, quella di effettuare l'esame visus al paziente in autonomia, ossia in assenza del medico. Ciò chiarito, occorre quindi richiamare l'articolo 28 CCNL di settore che, per quanto concerne gli obblighi del dipendente, prevede quanto segue: "1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere di contribuire alla gestione della cosa pubblica con impegno e responsabilità, nel rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità dell'attività amministrativa, anteponendo il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui. 2. Il comportamento del dipendente deve essere improntato al perseguimento dell'efficienza e dell'efficacia dei servizi istituzionali nella primaria considerazione delle esigenze dei cittadini utenti. 3. In tale specifico contesto, tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in particolare: a) collaborare con diligenza, osservando le norme del presente contratto, le disposizioni per l'esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall'azienda o ente anche in relazione alle norme vigenti in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro; ... h) eseguire le disposizioni inerenti all'espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che la disposizione sia palesemente illegittima, il dipendente è tenuto a farne immediata e motivata contestazione a chi l'ha impartita, dichiarandone le ragioni; se la disposizione è rinnovata per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che la disposizione stessa sia vietata dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo; Di conseguenza, risulta in ogni caso irrilevante - ai fini del vaglio della condotta tenuta dalla lavoratrice - la circostanza dalla stessa dedotta e rappresentata dal fatto che il medico di turno Mi. (escusso come testimone nell'odierno giudizio e, lo si ribadisce, parimenti sanzionato dalla azienda sanitaria per i fatti per cui è causa) le avesse chiesto di "portarsi avanti con la visita", facendo leggere l'ottotipo alla paziente in sua assenza, posto che - se anche così fosse - la ricorrente avrebbe dovuto esimersi dal farlo ed altresì segnalare la direttiva ritenuta illegittima, in quanto disposta in violazione dei propri obblighi professionali. Atteso l'assunto, va quindi richiamato l'articolo 13, 6 comma, lettere a) ed i) CCNL del personale del comparto del Servizio Sanitario Nazionale 19.4.2004, così come modificato ed integrato dall'art. 6 CCNL 10.4.2008, in forza del quale "1) Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza e in conformità di quanto previsto dall'art. 55, D.Lgs. n. 165 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni, il tipo e l'entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali: (a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell'evento; (b) rilevanza degli obblighi violati; (c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente; (d) grado di danno o di pericolo causato all'azienda o ente, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi; (e) sussistenza di circostanze aggi"avanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell'ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti; (f) al concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra di loro. 6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da undici giorni fino ad un l massimo di sei mesi si applica per: a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nel comma 5 quando sia stata comminata la sanzione massima oppure quando le mancanze previste allo stesso comma presentino caratteri di particolare gravità; b) assenza ingiustificata dal servizio oltre dieci giorni e fino a quindici giorni; c) occultamento di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione di somme o beni di spettanza o di pertinenza dell'azienda o ente o ad essa affidati, quando, in relazione alla posizione rivestita, il lavoratore abbia un obbligo di vigilanza o di controllo; d) insufficiente persistente scarso rendimento dovuto a comportamento negligente; e) esercizio, attraverso sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori, di forme di violenza morale o di persecuzioni psicologica nei confronti di un altro dipendente al fine di procurarghi un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo; f) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, di particolare gravità che siano lesivi della dignità della persona; g) fatti c comportamenti tesi all'elusione dei sistemi di rilevamento elettronici della presenza e dell'orario o manomissione dei fogli di presenza o delle risultanze anche cartacee degli stessi. Tale sanzione si applica anche nei confronti di chi avalli, aiuti o permetta tali atti o comportamenti; h) alterchi di particolare gravità con vie di fatto negli ambienti di lavoro con utenti, dipendenti o terzi; i) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia comunque derivato grave danno all'Azienda o Enti, agli utenti o terzi. Ciò detto, occorre sin da ora evidenziare che la menzione della lettera a), 6 comma, art. 13 di cui alla sanzione disciplinare in questa sede impugnata - ossia " recidiva nel biennio..." - costituisce chiaramente un errore materiale della contestazione, posto che la As. non vi ha mai fatto riferimento e comunque, nel caso di specie, è elemento pacificamente non ravvisabile. In disparte la circostanza appena esaminata, ritiene questo giudicante che la sanzione per cui è causa resti comunque proporzionata, in quanto corrispondente all'ipotesi richiamata nella lettera i) del succitato articolo ("i) violazione dei doveri di comportamento...da cui sia comunque derivato grave danno all'Azienda o Enti, agli utenti o terzi"), in relazione alla quale è prevista la sanzione della sospensione da undici giorni fino a sei mesi. Sul punto, è difatti pacifico che la paziente Be. sia tornata presso il Reparto di Oculistica dell'ospedale di Varese, dopo la prima visita, lamentando una importante problematica conseguente alla prescrizione medica ricevuta e concernente quella che - successivamente - è stata individuata come una errata diagnosi circa la correzione da apportare agli occhiali da vista che la stessa portava. Di conseguenza, ritiene questo giudicante che nel caso di specie, in coerenza con la contestazione mossa alla lavoratrice, possa ravvisarsi un chiaro danno sia per la As., in termini di lesione all'immagine, sia direttamente per l'utenza, ossia nello specifico proprio per la paziente Be., che difatti, sin dal momento in cui è stata sentita innanzi all'UPD, ha esplicitato l'intenzione di chiedere un risarcimento del danno per i fatti in esame (".. .Preciso che chiederò il rimborso dei danni subiti..- vedi dichiarazioni Be. innanzi all'UPD, ut supra"). Tutto ciò esaminato ed argomentato, la sanzione disciplinare in questa sede impugnata risulta proporzionata e pertanto legittima, non potendo difatti questo Giudicante effettuare alcun vaglio sulla valutazione della A. che, per i medesimi fatti, ha deciso di sanzionare in maniera - occorre evidenziarlo - significativamente meno afflittiva il medico oculista Mi., costituendo i predetti degli aspetti ultronei rispetto all'odiemo giudizio e che attengono ad una autonoma valutazione discrezionale del datore di lavoro. Il ricorso è quindi infondato e deve per l'effetto essere respinto. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. In punto di spese di lite, considerata la natura del giudizio e la peculiarità del caso concreto, questo Giudice ne dispone l'integrale compensazione fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - respinge il ricorso; - compensa integralmente le spese di lite fra le parti. Riserva il termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza. Così deciso in Varese il 29 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Varese II SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da Il. SNC DI Co.Ce., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Da.Vi. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Milano, viale (...), come da procura allegata al ricorso RICORRENTE OPPONENTE contro Pa.Ma. (CF:(...)) rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Fo. che agisce d'intesa con l'avv. st. Lu.Ca. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima in Gallarate, via (...), come da procura allegata alla memoria RESISTENTE OPPOSTO OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 10.8.2018, la società "Il. s.n.c. di Co.Ce.", in persona del suo legale rappresentante pro tempore, ha presentato opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dall'intestato Tribunale in data 6 luglio 2018 n. 137 (R.G.150/2018), convenendo in giudizio Pa.Ma. e formulando le conclusioni che di seguito integralmente si riportano: "(...) I) in via preliminare: riunire il presente giudizio con il giudizio avente n. 1165 R.G: 2018 radicato presso il medesimo Tribunale di Varese - sez. Lavoro e chiamato alla prima udienza il data 11 aprile 2019 ad ore 10.30; II) nel merito revocare opposto decreto ingiuntivo n.137/2018 - R.G.150/2018 emesso in data 6 luglio 2018 e notificato a mezzo p.e.c all'opponente il 9 luglio 2018, perché infondato, ingiusto ed illegittimo (...)"; con vittoria di spese. Si costituiva ritualmente in giudizio Pa.Ma., contestando in fatto ed in diritto quanto ex adverso dedotto, e formulando le conclusioni che di seguito si riportano: "... ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 648 c.p.c., concedere l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo n. 137/2018 emesso dal Tribunale di Varese nei confronti de "Il. di Co.Ce.", in quanto l'opposizione proposta dall'attore non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione. Nel merito ed in via principale : accertata l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato in essere tra le parti di cui è causa, respingere integralmente le domande formulate dall'opponente in quanto non provate, generiche, inammissibili, illegittime ed infondate in fatto ed in diritto sia per le motivazioni esposte in narrativa, sia per la assoluta carenza sotto il profilo istruttorio e, per l'effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo n. 983/11 emesso dal Tribunale di Varese. Nel merito ed in via subordinata : condannare la società Il. di Co.Ce. s.n.c. e Co.Ce. personalmente al pagamento a favore del Sig. Pa.Ma. della somma di Euro 5.535,00 (di cui Euro 5.443,30 come da fattura proforma del 20/04/2011 ed Euro 92,70 quali spese relative alla istanza di convalida della parcella), ovvero di quella maggiore o minore somma che verrà accertata o determinata nel corso del presente giudizio di opposizione, il tutto oltre interessi legali dal dovuto al saldo effettivo. Nel merito ed in via riconvenzionale: Accertata la temerarietà dell'opposizione al d.i. n. 137/2018 emesso dal Tribunale di Varese, proposta dalla società Il., condannare - ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 96 c.p.c. - lo stesso al pagamento a favore del Sig. Ma., della somma di Euro 3.000,00., ovvero di quella maggiore o minore somma che verrà accertata nel corso del presente giudizio di opposizione o determinata dal Giudice in via equitativa"; con vittoria di spese. Esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione della vertenza, respinta l'istanza di riunione del presente fascicolo a quello rubricato al n. RG 255/2018 allora ancora pendente innanzi all'intestato Tribunale, medesimo magistrato, respinta altresì l'istanza ex art. 648 c.p.c. formulata da parte opposta e parimenti rigettate le istanze istruttorie formulate dalle parti (si veda ordinanza del 27.4.2021) l'udienza di discussione, in conclusione, veniva celebrata con modalità da remoto a mezzo P.T.. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è fondato e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato. Dal ricorso e dalla documentazione versata in atti emerge quanto segue: - che "...a fondamento dell'emissione del decreto ingiuntivo (...) opposto ... vi sarebbe un contratto di lavoro che la signora Il., quale addetto alla cassa"; - che "...l'odierna opponente è una società che aveva, sino al corrente anno, un contratto di gestione del bar ristorante, di proprietà del Comune di Maccango (VA) presso il "Parco Giona" (doc.n.3); attività stagionale che vedeva l'apertura in primavera e la chiusura in autunno"; - che la Co. "...veniva in contatto con l'odierno opposto ... attraverso una cooperativa a.r.l. denominata i Il."; - che tuttavia "...dai primi momenti dell'inizio del rapporto tra i predetti, all'apertura della stagione 2017, nel marzo 2017, il signor Ma.,iniziava a presentarsi presso il bar ristorante..." e "...con tale scusa... iniziava a comportarsi come il gestore del locale..."; - che la condotta ut supra descritta sarebbe proseguita allorquando l'opposto, nel mese di aprile 2018, si sarebbe recato "... senza autorizzazione alcuna da parte della Co. presso il consulente di quest'ultima, ...che gestiva da anni la contabilità dell'azienda della Co., per farsi riconsegnare tutta la documentazione e revocare il mandato al predetto commercialista"; - che l'opposto avrebbe inviato "...senza alcuna autorizzazione nè potere di gestione della società...una raccomandata a firma Co. con la revoca del mandato" (doc. 4 opponente); - che l'opponente "...ha sempre disconosciuto l'autenticità di tale comunicazione, così come in questa sede dichiara di disconoscere la sottoscrizione apposta sulla lettera di revoca del mandato..." al professionista nominato; - che il Ma.,"...ottenuta la documentazione della società..." avrebbe trasferito nel maggio 2017 la contabilità della società presso un consulente del lavoro di sua conoscenza; - che quindi nell'agosto 2018 la Co. intimava al Ma.,"...di allontanarsi dal suo esercizio commerciale e richiedeva al ...consulente dal predetto nominato la restituzione della documentazione a sue mani"; - che in data 5 maggio 2017 "... durante l'assenza della signora Co., l'esercizio commerciale subiva una ispezione da parte dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Varese..." a seguito del quale veniva accertata la presenza presso l'esercizio commerciale di una lavoratrice minore di età "... che la signora Co. non solo non aveva mai visto, ma tantomeno aveva alle proprie dipendenze" (doc. 5 opponente); - che la Co., avvisata dell'ispezione, "... si recava immediatamente presso il bar ristorante ...e veniva a conoscenza che detta minore era una "tirocinante" della coop.a r.l. Il. e che la stessa era stata portata presso il bar ristorante del parco Giona, proprio quella mattina stessa, dal signor Ma."; - che, a seguito della suddetta ispezione, il Ma., sostanzialmente privo di titolo, decideva in autonomia di conferire mandato ad un legale al fine di proporre opposizione avverso il verbale ispettivo; - che la Co., durante le audizioni in sede di convocazione presso l'ispettorato del Lavoro, disconosceva la procura conferita al legale nominato, come la disconosce "...anche in questa sede" (doc. 7 opponente); - che nel corso dell'audizione innanzi all'ITL veniva depositata "...una "convenzione" che sarebbe stata stipulata in data 16 novembre 2016 (doc. 9 opponente) tra la s.n.c. Il. e la coop. a.r.l. I.F., contenente una firma della signora Co. palesemente falsa, che l'odierna opponente ha già disconosciuto nelle opportune sedi e che anche in questa sede disconosce formalmente"; - che sempre in sede di audizione presso l'ispettorato del Lavoro di Varese veniva altresì versato in atti un contratto di lavoro sottoscritto tra le parti (doc. 10 opponente) "...che mai la signora Co. aveva sottoscritto e con contenente una firma della signora Co. palesemente falsa, che l'odierna opponente ha già disconosciuto nelle opportune sedi e che anche in questa sede disconosce formalmente, firma che risulta diversa da quella contenuta nel contratto che in questa sede il ...M. produce in sede di ricorso monitorio"; - che il contratto in oggetto - che non sarebbe pertanto mai stato sottoscritto dalla Co. - presenta anche "...il timbro, in copia, della società Il. ed una firma in "fotocopia" della signora C."; - che la predetta firma viene contestata in quanto sarebbe stata " ..."collazionata" ad arte su detto documento"; - che la "...documentazione con le firme false della signora Co. (docc.nn. 4-7-9-10) ...sarebbe stata reperita nel fascicolo dell'ispettorato del Lavoro di Varese,allorquando la signora Co., resasi conto di ciò che accadeva, richiedeva anche a mezzo ... legale (doc.n.11) la restituzione della documentazione al ...professionista incaricato e provvedeva in data 24 novembre 2017 a comparire innanzi all'Ispettorato del Lavoro di Varese, ove estraeva copia della documentazione in oggetto... ed a disconoscere, sin da quel momento e anche in tale sede, le sottoscrizioni sui predetti documenti" (doc. 12 opponente); - che "...il medesimo modus operandi ...sarebbe stato perpetrato dall'odierno opposto (...) in ordine alle buste paga che ...il predetto produce, del tutto sconosciute alla signora Co., mai sottoscritte dalla stessa e, soprattutto, delle quali la stessa mai è venuta a conoscenza e in possesso...". Tutto ciò premesso, la società opponente ha adito l'intestato Tribunale formulando le conclusioni innanzi richiamate. Ai fini del vaglio oggetto di giudizio, va sin da ora rilevato che l'odierna opponente, nel ricorso introduttivo, ha tempestivamente disconosciuto tutta la documentazione in forza della quale il Tribunale emetteva il decreto ingiuntivo in questa sede opposto. Ciò chiarito, ed altresì richiamato il principio della ragione più liquida, risulta dirimente il fatto che il Ma.,- pur avendo, lo si ribadisce, la Co. espressamente disconosciuto la firma apposta al contratto di lavoro formalizzato fra le parti con decorrenza 29.4.2017 - non abbia in questa sede formulato istanza di verificazione, secondo quanto previsto dall'art. 216 c.p.c., in forza del quale "La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta 214 c.p.c. deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione (...)". L' istanza ex art. 216 c.p.c., infatti, è finalizzata ad accertare la paternità della scrittura privata disconosciuta dalla parte contro la quale è stata prodotta in giudizio e costituisce pacificamente un onere posto in capo alla parte che vuole avvalersi della scrittura o della sottoscrizione disconosciuta. Di conseguenza, il contratto in oggetto non può essere utilizzato come documento utile ai fini del richiesto accertamento, come del resto tutti gli altri documenti espressamente e formalmente disconosciuti dalla società odierna opponente e rispetto ai quali, parimenti, l'istanza di verificazione non è stata formulata in particolare docc. di parte opponente n. 4 (firma apposta in calce alla raccomandata a N.C.), n. 7 (firma apposta in calce al mandato avv. C.), n. 9 (firma apposta in calce al verbale interlocutorio ispettorato 9.5.2017 e convenzione), n. 10 (firma apposta in calce al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza 29.4.2017 sottoscritto tra le odierne parti) ed altresì le buste paga prodotte in giudizio). Con riferimento al disconoscimento delle buste paga versate in atti dal Ma.,in sede di ricorso monitorio ed altresì prodotte nell'odierno giudizio, va sin da ora evidenziato che la società opponente ha dedotto di non averle mai sottoscritte ed altresì di averne avuto conoscenza solo in relazione all'accesso ispettivo innanzi menzionato. Sul punto, va sin da ora ritenuta l'ammissibilità del disconoscimento delle buste paga come formulato dalla Co., non essendo necessario presentare avverso le stesse querela di falso, posto che la giurisprudenza di legittimità, sulla questione, distinguendo tra falso ideologico e falso materiale, si è chiaramente espressa nei seguenti termini: "La querela di falso è esperibile unicamente nei casi di falsità materiale per rompere il collegamento, quanto a provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione e non in quelli di falsità ideologica per impugnare la veridicità di quanto dichiarato. Ne consegue che se il lavoratore non contesti la non riferibilità al legale rappresentante della società presunta datrice di lavoro delle firme apposte sulle buste - paga, assumendo trattarsi comunque di soggetto incaricato dalla stessa società di compilarle e sottoscriverle, il valore di tale sottoscrizione in relazione all'ipotizzato rapporto di lavoro va accertato con l'uso degli ordinari mezzi di prova, restando al riguardo inammissibile la querela di falso" (Cass. Civ. Sez. Lav. n. 3452 del 03/04/1998). Ciò statuito, richiamato quindi il disposto di cui all'art. 2967 c.c. - in forza del quale l'onere probatorio ricade sul soggetto che agisce in giudizio, che in quanto tale è tenuto a provare i fatti che costituiscono il fondamento delle pretese invocate - posto che nell'odierno giudizio l'opposto è attore in senso sostanziale, gravava sul Ma.,l'onere di dimostrare in giudizio l'effettiva prestazione lavorativa resa in favore della società opponente nelle forme della subordinazione e per il periodo invocato con riguardo al credito indicato nelle buste paga versate in atti, documenti - lo si ribadisce - disconosciuti dalla Co. nei termini ut supra. Sul punto, va quindi richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di accertamento della natura dei rapporti di lavoro, qualsiasi attività di tipo economico possa essere oggetto di rapporto di lavoro subordinato o di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle concrete modalità di esecuzione della prestazione ed indipendentemente dalla natura o dal tipo di attività prestata. L'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro è altresì sotteso, secondo un orientamento ormai granitico della Suprema Corte di Cassazione, all'individuazione di una serie di indici tipologici, primo fra tutti quello della "eterodirezione", inteso, ai sensi dell'articolo 2094 c.c., come l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Ad esso si aggiungono quelli che vengono definiti indici tipologici "secondari", quali l'orario di lavoro, l'oggetto della prestazione, le modalità di retribuzione, l'assenza del rischio di impresa, che nonostante siano singolarmente privi "di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione" (ex plurimis, Cass. Civ., sez. Lav., n. 9252/2010). Tanto detto, rileva il giudicante che nel presente giudizio non si è dato ingresso alle prove, pur richieste dall'opposto, per l'assoluta carenza, in punto di allegazione, del riferimento ad alcuno degli indici tipologici che caratterizzano la subordinazione, di cui si chiede l'accertamento, e per la evidente genericità dei relativi capitoli di prova formulati. Nel corpo della memoria, infatti, l'opposto non ha in alcun modo dedotto se, ad esempio, in corso di rapporto, dovesse rendere conto a qualcuno nello svolgimento dei propri compiti, se ci fosse qualcuno che esercitava un seppur minimo potere di controllo sul suo operato o comunque se ci fosse un soggetto a cui fare riferimento qualora si fosse verificato un problema e, parimenti, i capitoli di prova relativi alla dedotta natura subordinata del rapporto di lavoro non hanno dato minimamente conto di alcuno degli indici tipici individuati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all'accertamento della natura del rapporto di lavoro. Per quanto detto, attesa la assoluta mancanza di alcun elemento dal quale desumere anche in via presuntiva l'esistenza di un rapporto di natura subordinata nei termini sopra descritti, essendo oltremodo insufficiente, ad avviso di questo giudicante, ai fini di una piena valenza probatoria, la sola produzione documentale versata in atti dal Ma.,(in particolare si veda la messaggistica del cellulare richiamata anche in memoria difensiva), l'odierno ricorso va accolto e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato. Considerato l'accoglimento del ricorso, la domanda formulata dall'odierno opposto ex art. 96 c.p.c. deve essere respinta per mancanza dei requisiti di legge ad essa sottesi. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. Considerata la peculiarità della fattispecie e la complessità del caso concreto, anche in punto di accertamento in questa sede civile dei fatti oggetto di causa, questo giudice ritiene congruo compensare integralmente le spese di lite fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - revoca il decreto ingiuntivo n. 137/2018 emesso in data 6.7.2018 dall'intestato Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro; - rigetta ogni altra domanda; - compensa integralmente le spese di lite fra le parti. Riserva il termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza. Così deciso in Varese il 30 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 16 agosto 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VARESE SECONDA SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...) (CF:(...)) elettivamente domiciliato in Varese alla via (...) presso lo studio dell'avv. An.Be., che lo rappresenta e difende, come da procura allegata al ricorso RICORRENTE contro AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex art. 417bis c.p.c. dal funzionario Lu.Sc. e legalmente domiciliata presso il proprio Ufficio - Area Legale della Direzione Regionale per la Lombardia in Milano, via (...) RESISTENTE OGGETTO: differenze retributive FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 2.3.2017, (...) conveniva in giudizio l'AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, formulando le seguenti conclusioni: "(...) Nel merito, in principalità: Accertato e riconosciuto che il ricorrente dott. (...) ha espletato nel periodo dal 1.1.2012 al 20.6.2012 con pienezza ed esclusività i compiti e le attribuzioni di Direttore dell'Ufficio delle dogane di Varese, dichiarare ai sensi dell'art. 52 comma quarto D.Lgs. n. 165 del 2001 il diritto del ricorrente alla corresponsione del trattamento economico previsto per la qualifica di dirigente di seconda fascia (CCNL VI Area Dirigenza) Quanto all'effetto condannarsi l'Agenzia delle dogane e dei Monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere al lavoratore ricorrente le differenze retributive maturate nel periodo dal 1.1.2012 al 20.6.2012 tra la qualifica posseduta (area III - livello F5) e quella di dirigente di seconda fascia, in misura pari alla somma di Euro 26.000,00 lordi oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalle singole scadenze al saldo, ovvero nella diversa misura che fosse ritenuta congrua e di giustizia"; con vittoria di spese. Si costituiva ritualmente in giudizio l'AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, contestando in fatto ed in diritto l'avversario ricorso; con vittoria di spese. Ritenuta la causa di natura meramente documentale, non veniva espletata attività istruttoria e l'udienza di discussione del 14.6.2022 veniva celebrata con modalità cartolare. Il ricorso è fondato e deve pertanto essere accolto nei limiti di seguito illustrati. Dal ricorso e dalla documentazione versata in atti emerge quanto segue: - che il ricorrente "lavora alle dipendenze dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ... dal 1.6.1982" e che, per lo meno fino al deposito del ricorso, era inquadrato in III Area, livello economico F5, CCNL del Comparto Agenzie Fiscali, con adibizione presso l'Ufficio delle dogane di Varese - Sezione operativa territoriale di Gaggiolo; - che nel periodo compreso dal 1.1.2012 al 20.6.2012 il ricorrente riceveva incarico dall'allora Direttore Regionale (doc.1 ricorrente) di "provvisoriamente attendere alla gestione ordinaria dell'Ufficio delle Dogane di Varese, supplendo alla situazione di vacanza del titolare venutasi a creare in seguito alla collocazione a riposo, con decorrenza dal 1.1.2012, del dott. Ing. (...), il quale aveva ricoperto il ruolo di Direttore dell'Ufficio sino a tutto il 31.12.2011"; - che, in forza dell'atto dispositivo n. 21/2011 adottato dal Direttore Regionale in data 29.12.2011 l'incarico assegnato al ricorrente "avrebbe dovuto assicurare, fra l'altro, l'"adozione degli atti necessari all'ordinario funzionamento ... dell'Ufficio delle dogane di Varese, stante la loro intrinseca complessità operativa e la loro peculiarità connessa col presidio e la vigilanza della frontiera con la Svizzera" sopperendo alla vacanza del titolaredell'Ufficio in una conclamata situazione di impossibilità per l'Agenzia delle Dogane di conferire entro la fine dello stesso anno 2011 gli incarichi relativi alla procedura di interpello indetta in data 12.7.2011 per l'attribuzione di n. 25 posizioni dirigenziali di seconda fascia, fra cui tre destinate alla Direzione Regionale per la Lombardia"; - che la predetta disposizione d'incarico n. 21/2011 del Direttore Regionale attribuiva espressamente al (...) "il potere di firma con riferimento agli atti istruttori dei procedimenti amministrativi di competenza della sede provinciale di Varese dell'Agenzia delle dogane a norma dell'apposito regolamento emanato in data 1.7.2010 prot. n. (...) (doc. 2 ricorrente), disponendo che il ricorrente qualificasse sé medesimo come "Direttore (...)""; - che in concreto il (...) ha espletato con "pienezza ed esclusività i compiti propri del direttore dell'Ufficio delle Dogane di Varese per l'intero periodo compreso dal 1.1.2012 al 20.6.2012 senza che nel frattempo l'Amministrazione datoriale si sia attivata al fine di addivenire in tempi rapidi e comunque ragionevoli alla copertura del posto di Direttore rimasto vacante"; - che al ricorrente "... veniva affidata (..) la custodia della cassaforte nonché dell'armadio riservato della Direzione"; - che, contestualmente al passaggio di consegne, il titolare uscente ? dava conto al ricorrente in qualità di Direttore (...) "dell'esistenza di una serie di pratiche particolarmente rilevanti istruite dall'Ufficio delle dogane di Varese" (doc. 3 ricorrente); - che "è in corrispondenza del predetto periodo compreso dal 1.1.2012 al 20.6.2012 che il ricorrente ha assunto le funzioni e le responsabilità proprie del Direttore dell'Ufficio"; - che il ricorrente "non solo ha espletato i poteri direttivi impartendo ordini e raccomandazioni al personale, ma ha rivestito pure un ruolo di carattere esponenziale e rappresentativo dell'Ufficio sia nei rapporti coi terzi privati che con altre Amministrazioni Pubbliche"; - che risulta difatti per tabulas che il (...) "si è occupato esclusivamente e continuativamente della direzione dell'Ufficio delle dogane di Varese ponendo in essere i seguenti atti ed adempimenti: a- ricezione e assunzione delle responsabilità connesse all'attuazione di atti di indirizzo e circolari emanate dai dirigenti d'area dei superiori livelli territoriali dell'Agenzia delle dogane (Regionale e Nazionale) oltre alla gestione della corrispondenza in entrata e in uscita all'Ufficio delle dogane di Varese nel periodo compreso dal 1.1.2012 al 20.6.2012 (docc. da n. 4 a n. 15 ricorrente); b- adozione di ordini di servizio concernenti la gestione del personale, le risorse strumentali e di cassa e l'organizzazione dell'Ufficio delle dogane di Varese nel periodo compreso dal 1.1.2012 al 20.6.2012 (docc. da n.16 a n. 30 ricorrente); c- adozione di provvedimenti sanzionatori e autorizzativi di competenza del Direttore dell'Ufficio delle dogane nel periodo compreso dall'1.1.2012 al 20.6.2012 (docc. da n. 31 a n. 34 ricorrente); - che lo svolgimento delle mansioni ut supra descritte da parte del ricorrente non ha tuttavia comportato in favore del predetto "l'applicazione del miglior trattamento economico, nonostante lo svolgimento di fatto di mansioni riconducibili a qualifica dirigenziale"; - che dai prospetti paga elaborati dall'Agenzia delle Dogane nel periodo compreso dal 1.1.2012 al 20.6.2012 si evince difatti che al ricorrente "è stato mantenuto invariato il trattamento economico proprio dell'inquadramento di appartenenza, e segnatamente quello di Funzionario di Terza Area livello economico F5 (docc. da n. 35 a n. 44 ricorrente) senza riconoscimento di alcuna maggiorazione e/o differenza connessa alla tipologia delle mansioni effettivamente espletate nel periodo"; - che l'odierna convenuta non ha fornito riscontro rispetto alle pretese del lavoratore "finalizzate a conseguire il pagamento delle differenze retributive fra il trattamento economico effettivamente corrisposto dall'Agenzia delle dogane e quanto forma oggetto del trattamento economico proprio della qualifica di Dirigente di II fascia (rectius stipendio tabellare, retribuzione di posizione parte fissa, retribuzione di parte variabile e retribuzione di risultato)"; - che il (...) "ha cessato di attendere a mansioni dirigenziali in data 20.6.2012, in corrispondenza del passaggio di consegne con il neo nominato Direttore dell'Ufficio delle dogane di Varese dott. Ing. S.C." (doc. n. 46 ricorrente). Tutto ciò premesso, il ricorrente ha quindi adito l'intestato Tribunale formulando le conclusioni in epigrafe trascritte. In via preliminare, nel caso di specie è opportuno richiamare un recente arresto della Suprema Corte di Cassazione, altresì menzionato dal ricorrente nelle autorizzate note di trattazione scritta, secondo cui "In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la reggenza di un ufficio dirigenziale si caratterizza per la straordinarietà e temporaneità, da rapportare funzionalmente alla copertura del posto mediante nomina di un titolare, sicché il superamento di tali limiti, qualora i compiti siano conferiti a persona munita di inquadramento non dirigenziale, comporta lo svolgimento di mansioni superiori - da remunerare, consequenzialmente, ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001 -, cui è riconducibile anche l'utilizzazione costante di un medesimo dipendente, inquadrato in livelli non dirigenziali, quale sostituto dei dirigenti di diverse unità del medesimo ente" (Cass. Civ., Ordinanza n. 10030 del 15/04/2021). Richiamato il principio della ragione più liquida, nel caso di specie va in primo luogo richiamata ed esaminata la produzione documentale versata in atti - e non specificamente contestata dall'Agenzia convenuta - da cui emerge che nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2012 ed il 20 giugno 2012 al ricorrente veniva affidata la temporanea conduzione dell'Ufficio dell'Agenzia delle Dogane di Varese a seguito della collocazione a riposo, proprio con decorrenza dal 1 gennaio 2012, dell' ing. B., che aveva ricoperto il ruolo di direttore dell'ufficio sino a tutto il 31 dicembre 2011 (doc. 1 ricorrente). Parimenti documentale è che al (...) sia stato espressamente conferito il potere di firma con riferimento agli atti istruttori dei procedimenti amministrativi di competenza della sede provinciale di Varese dell'Agenzia delle Dogane, con attribuzione al predetto della qualifica di "Direttore (...)" della suddetta sede (doc. 2 ricorrente). Risulta altresì per tabulas che al (...), sempre nel periodo innanzi indicato (1.1.2012 - 20.6.2012), sia stata affidata la custodia della cassaforte nonché dell'armadio riservato della Direzione, e che il predetto si sia occupato esclusivamente e continuativamente della direzione dell'Ufficio delle Dogane di Varese - circostanze fattuali, lo si ribadisce, non contestate ed altresì provate documentalmente - essendosi il predetto occupato personalmente dell'attuazione di atti di indirizzo e circolari emanate dai dirigenti d'area dei superiori livelli territoriali dell'Agenzia delle Dogane (Regionale e Nazionale); della gestione della corrispondenza in entrata e in uscita dell'ufficio di riferimento (cfr. docc. da 4 a 15 ricorrente); dell'adozione di ordini di servizio concernenti la gestione del personale, le risorse strumentali e di cassa e l'organizzazione dell'ufficio (cfr. docc. da16 a 30); dell'adozione di provvedimenti sanzionatori e autorizzativi di competenza propria del Direttore dell'Ufficio (cfr. docc. da 31 a 34 ricorrente). Sul punto, va altresì rilevato che la costituita Agenzia delle Dogane non ha in alcun modo contestato che le predette mansioni superiori siano state svolte dal ricorrente in maniera prevalente, essendo pacifico che il (...), nel periodo per cui è causa, si sia dedicato in maniera esclusiva alla conduzione operativa ed altresì amministrativa dell'Ufficio. Fatte tali premesse, nel caso di specie ritiene questo giudicante di condividere le argomentazioni illustrate nella sentenza n. 420/2010 emessa dall'intestato Tribunale (dott.ssa F. ), altresì prodotta dal ricorrente e confermata in sede di gravame (cfr. CdA Milano n. 1520/2013, altresì prodotta dal ricorrente), che in questa sede si richiama anche ai sensi dell'art. 118 disp att. c.p.c.: "(...) La questione dibattuta nel presente giudizio è quella di stabilire se tali compiti siano stati espletati nell'ambito di una vera e propria reggenza- o piuttosto in qualità di "Facente Funzioni" con conseguente diritto da parte del ricorrente ad ottenere le differenze retributive maturate ai sensi dell'articolo 52 D.Lgs. n. 165 del 2001. Al fine di fondare la propria richiesta di reiezione del ricorso, dopo aver ripercorso l'evoluzione normativa riguardante la disciplina dell'attribuzione di incarichi dirigenziali a funzionari direttivi, l'Agenzia resistente ha eccepito che tra le mansioni previste per gli impiegati già C3 e C3S, ora inquadrati nelle fasce retributive F4, F5, F6 della III Area (...) l'odierno ricorrente appartiene all'Area III, livello F5, rientrano le funzioni vicarie del dirigente, con la conseguenza che, essendosi verificata l'assenza del dirigente titolare, il ricorrente non ha fatto altro che svolgere mansioni rientranti nella propria qualifica funzionale. L'assunto non può essere condiviso dovendosi operare una netta distinzione fra lo svolgimento di mansioni superiori come vicario e l'ipotesi della vacanza del posto. Se infatti è condivisibile sostenere che le funzioni di vicario - connotate dalla loro natura intrinsecamente precaria e temporanea posto che vi è un titolare della funzione temporaneamente impossibilitato a svolgerla (tipico è il caso della malattia, ferie, congedo, eccetera) - rientrino tra quelle proprie del profilo lavorativo relativo alla posizione ex funzionale C (ora III Area funzionale) di cui all'allegato A del CCNL del Comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, è altrettanto vero che la situazione che si verifica in caso di vacanza del posto di dirigente dell'ufficio (ci si riferisce cioè a quei casi in cui il dirigente dell'ufficio è previsto solo in pianta organica senza che sia stato nemmeno attivato il procedimento per la relativa individuazione e nomina) sia del tutto diversa e debba essere disciplinata secondo il disposto di cui all'articolo 52 D.Lgs. n. 165 del 2001, 4 comma. La difesa dell'Agenzia delle Dogane richiama, a conferma della propria tesi secondo cui l'assunzione temporanea di funzioni dirigenziali rientrerebbe nelle competenze tipiche della qualifica funzionale rivestita dal XXX, il disposto di cui all'articolo 20 del D.P.R. n. 266 del 1987. La tesi non può essere condivisa dal momento che la descrizione delle funzioni relative ai diversi profili è diversamente operata nell'articolo 20 del D.P.R. n. 266 del 1987 e nelle declaratorie del profilo C3 delineata dal CCNL 1998-2001 del Comparto Ministeri. Il realtà si deve rilevare come la vecchia normativa risulti superata da quella più recente e come la declaratoria del profilo si ricavi attualmente solo dalla normativa del contratto collettivo. Mentre l'articolo 20 D.P.R. n. 276 del 1987 prevedeva che il personale di IX qualifica potesse essere impiegato in funzione di reggenza dell'ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare, nella declaratoria di C3 del CCNL non vi è alcun riferimento all'istituto della reggenza ed è previsto unicamente che gli appartenenti a tale profilo possano assumere "temporaneamente funzioni dirigenziali in assenza del dirigente titolare"; con il riferimento combinato alla " temporaneità" e all' "assenza" le parti collettive hanno evidentemente inteso escludere il caso dell'incarico in attesa della copertura del posto vacante. La tesi ora esposta ha peraltro ottenuto l'autorevole avallo della Corte di Cassazione che con la sentenza 5892 del 2005 ha puntualmente sostenuto che "Il profilo lavorativo relativo alla posizione economica C3, di cui all'allegato A del CCNL del Comparto Ministeri del 16 febbraio 1999, non ricomprende tra le proprie funzioni l'espletamento di quelle di reggenza della superiore posizione lavorativa dirigenziale per vacanza del relativo posto, atteso che- in base al principio di cui all'articolo 1362 codice civile, secondo cui il principale strumento interpretativo della volontà delle parti è costituito dalle parole ed espressioni del contratto- deve ritenersi che i contraenti, omettendo l'indicazione della reggenza tra le mansioni proprie della qualifica della posizione economica C3, abbiano inteso consapevolmente escludere tale figura dalla relativa declaratoria". Poiché nel caso in discussione è pacifico che il dott. XXX abbia retto, in situazione di vacanza del posto di reggente, la Circoscrizione Doganale di Varese sino al provvedimento di attribuzione formale della reggenza di cui si discute con ciò svolgendo compiti che esulavano da quelli propri del suo profilo di appartenenza, la domanda volta ad ottenere le differenze retributive tra quanto percepito e quanto previsto per le mansioni superiori di dirigente è meritevole di accoglimento ai sensi dell'articolo 52 D.Lgs. n. 165 del 2001 (norma che attribuisce il diritto al trattamento economico svincolandolo dall'espletamento di una corretta procedura di assegnazione di mansioni superiori) (...)" (Trib. Varese, cit., in motivazione). Ciò richiamato, evidenzia questo giudicante che le argomentazioni appena riportate sono pienamente applicabili al caso di specie, in disparte la questione - dedotta dall'Agenzia convenuta a sostegno delle proprie difese - concernente il fatto che, nel caso de quo, fosse già stata attivata la procedura di interpello al fine di conferire l'incarico di direzione dell'Ufficio delle Dogane di Varese. La deduzione in esame, infatti, costituisce un elemento che in alcun modo incide sul ragionamento innanzi illustrato e sulla ratio ad esso sottesa, ritenendo difatti dirimente la chiara distinzione tra l'ipotesi di "reggenza", da un lato, e quella di mero svolgimento di funzioni vicariali qualora il titolare dell'ufficio sia impossibilitato per specifiche ragioni temporanee, quali malattia, ferie, congedo. Di conseguenza, l'Agenzia convenuta deve essere condannata a rifondere al ricorrente le invocate differenze retributive tra il trattamento economico spettante al predetto in base al suo inquadramento e quello relativo allo svolgimento delle mansioni superiori nel periodo dal 1.1.2012 al 20.6.2012. Ciò statuito, occorre a questo punto esaminare il quantum invocato dal (...), anche alla luce della contestazione articolata dall'Agenzia delle Dogane per quanto attiene la voce della "retribuzione di risultato". Ebbene, con riguardo a quest'ultimo aspetto, questo giudicante ritiene di condividere l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui "Nell'impiego pubblico contrattualizzato, in caso di reggenza di un ufficio temporaneamente sprovvisto di titolare, il trattamento differenziale include sia la retribuzione di posizione sia quella di risultato che, tuttavia, nella sua parte fissa, può essere in concreto erogata solo all'esito della positiva verifica dei risultati di gestione, come imposto dagli artt. 44, comma 3, del c.c.n.l. 5 aprile 2001 e 57, comma 3, del c.c.n.l. 21 aprile 2006" (Cass. Civ. n. 4622 del 28/02/2018). Sul punto va difatti rilevato che l'Agenzia convenuta - in disparte tutte le contestazioni sull'an già esaminate e respinte - ha comunque contestato, con riguardo al quantum, il diritto del ricorrente a vedersi riconoscere anche la retribuzione di risultato. L'odierna resistente ha difatti allegato che "?alla data del 1 gennaio 2012, e al momento della cessazione del ricorrente dall'incarico di " facente funzioni", l'Agenzia non aveva ancora formalizzato gli obiettivi SIVAD (cioè gli obiettivi specifici assegnati ai dirigenti; l'acronimo sta infatti per Sistema di Valutazione Dirigenti) per l'anno in questione, né al ricorrente è stato formalmente assegnato alcun obiettivo", con la conseguenza che nulla può essere riconosciuto al (...) con riguardo alla voce in esame. Sul punto, sia sufficiente rilevare che il ricorrente nulla ha specificamente controdedotto - né versato in atti - a confutazione della tesi dell'Agenzia. La questione in esame è stata specificamente esaminata dalla Cassazione nell'arresto innanzi citato, le cui motivazioni vengono di seguito richiamate anche ai sensi dell'art. 118 disp att. c.p.c.: "(...) Deve premettersi che, in linea di principio, in tema di lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di reggenza del pubblico ufficio sprovvisto temporaneamente del dirigente titolare, vanno incluse, nel trattamento differenziale per lo svolgimento delle mansioni superiori, la retribuzione di posizione e quella di risultato, atteso che l'attribuzione delle mansioni dirigenziali, con pienezza di funzioni eassunzione delle responsabilità inerenti al perseguimento degli obbiettivi propri delle funzioni di fatto assegnate, comporta necessariamente, anche in relazione al principio di adeguatezza sancito dall'art. 36 Cost., la corresponsione dell'intero trattamento economico, ivi compresi gli emolumenti accessori (in tal senso Cass. S.U., n. 3814 del 2011, n. 12193 del 2011, n. 7823 del 2013). Ciò posto, tuttavia, è fondata la censura relativa all'attribuzione della retribuzione di risultato, nella specie, parte fissa, in quanto la Corte d'Appello ha ritenuto che non assumesse rilievo il conseguimento degli obiettivi. Viene in rilievo, in proposito, il CCNL per il personale dirigenziale del comparto ministeri. Il CCNL 1998-2001 del 5 aprile 2001, all'art. 44 comma 3, e il CCNL 2002-2005 del 21 aprile 2006, all'art. 57, comma 3, stabiliscono che la retribuzione di risultato può essere erogata solo a seguito di preventiva, tempestiva determinazione degli obiettivi annuali, nel rispetto dei principi di cui all'art. 14 comma 1 del D.Lgs. n. 29 del 1993, e della positiva verifica e certificazione dei risultati di gestione conseguiti in coerenza con detti obiettivi, secondo le risultanze della valutazione dei sistemi di cui, rispettivamente all'art. 35 e all'art. 21. In sostanza la retribuzione in questione è correlata all'effettivo raggiungimento, anche sotto il profilo qualitativo, da parte del dirigente, degli obiettivi preventivamente determinati. Quindi (in ragione dei principi già affermati da Cass., n. 13062 del 2014, n. 20976 del 2011) il dipendente che svolge mansioni superiori in relazione ad un ufficio dirigenziale, diversamente da quanto sostenuto nella sentenza impugnata, non ha diritto alla retribuzione di risultato per il solo fatto di avere svolto funzioni dirigenziali, poiché la stessa è connessa alla verifica dei risultati di gestione (...)" (Cass. Civ. n. 4622 del 28/02/2018, cit., in motivazione). Alla luce di quanto sin qui richiamato, non essendo nemmeno stati individuati, nel caso di specie, gli obiettivi per il periodo oggetto di causa, con la conseguente impossibilità, chiaramente, di valutarne il raggiungimento, al ricorrente non può essere riconosciuta la relativa voce a titolo di differenze retributive. Ciò statuito, rilevato altresì che, in disparte l'aspetto appena esaminato, nulla è stato specificamente contestato dall'Agenzia con riferimento al restante quantum invocato in questa sede dal (...), il lavoratore ha diritto a vedersi riconoscere a titolo di differenze retributive per i titoli già esaminati l'importo complessivo di Euro 15.201,22 così calcolato: Euro 80.064,83 (stipendio tabellare + retribuzione di posizione parte fissa + retribuzione di posizione parte variabile + vacanza contrattuale) : 12 MESI = Euro 6.673,00 arrotondato; Euro 6.673,00 x 6 MESI = Euro 40.038,00 - TOTALE EROGATO Euro 24.836,78 = Euro 15.201,22 cfr. pagg. 11 e 12 ricorso. Ciò chiarito, il predetto importo va maggiorato dei soli interessi legali, atteso il divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione operante nei riguardi dei crediti di lavoro dei dipendenti pubblici, visto il disposto di cui all'art. 22, comma 36, L. n. 724 del 1994, in forza del quale "... l'articolo 16, comma 6, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, si applica anche agli emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale, per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 23 dicembre 1994, spettanti ai dipendenti pubblici e privati in attività di servizio o in quiescenza". Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - accerta e dichiara che il ricorrente, nel periodo dal 1.1.2012 al 20.6.2012, ha svolto mansioni superiori al suo inquadramento, ricoprendo la qualifica di Direttore dell'Ufficio delle Dogane di Varese e, per l'effetto, condanna la resistente a corrispondere al ricorrente, a titolo di differenze retributive, l'importo di Euro 15.201,22 oltre interessi legali; - condanna la resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre C.P.A., rimborso forfettario al 15% ed IVA se dovuta per legge. Così deciso in Varese il 14 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Varese II SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...) (CF:(...)) elettivamente domiciliata in Varese, via (...), presso lo studio degli avv.ti An.Bo., Fe.Pe. e Pa.Pe., che la rappresentano e difendono, come da procura allegata al ricorso RICORRENTE contro (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in L. (V.) via della V. 1 RESISTENTE CONTUMACE OGGETTO: accertamento subordinazione - licenziamento orale - D.Lgs. n. 23 del 2015 FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 23.1.2017, (...) conveniva in giudizio la (...) SRLS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, formulando le seguenti conclusioni: "Piaccia al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, in accoglimento del presente ricorso, per i motivi esposti, così giudicare: A) accertato e dichiarato che tra la ricorrente e la società convenuta si è instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 8.10.2015 al 31.5.2016, e comunque nel diverso periodo accertato o di giustizia, con mansioni, inquadramento e orario di lavoro come indicati in narrativa, o comunque come risulteranno dovuti, dichiarare tenuto e quindi condannare la società convenuta al pagamento in favore della ricorrente, a titolo di retribuzioni, istituti contrattuali, ratei e TFR non corrisposti, della somma complessiva di Euro 6.519,63 di cui Euro 874,91 per Tfr, e comunque di quella diversa somma dovuta o di giustizia, anche in relazione ai diversi titoli ritenuti dovuti". B) accertare e dichiarare la nullità e/o l'inefficacia del licenziamento intimato alla ricorrente, e di conseguenza, in applicazione della disciplina di cui al primo e secondo comma dell'art.2, D.Lgs. n. 23 del 2015, ordinare alla società convenuta l'immediata reintegrazione della ricorrente nel proprio posto di lavoro, condannando altresì la stessa convenuta, in persona del rappresentante legale pro tempore, a risarcire il danno patito dalla lavoratrice per il licenziamento nullo e/o inefficace, stabilendo un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per il medesimo periodo, e comunque nella diversa misura di giustizia. Con rivalutazione e interessi dal dovuto al saldo"; con vittoria di spese da distrarsi in favore dei procuratori antistatari. La società (...) SRLS, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, pur ritualmente intimata, restava contumace. Ammessa ed espletata attività istruttoria, l'udienza di discussione del 31.5.2022 veniva celebrata con la modalità della trattazione scritta. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è infondato e deve pertanto essere respinto. Dal ricorso e dalla documentazione versata in atti emerge quanto segue: - che la ricorrente ha lavorato alle dipendenze della convenuta dal 8.10.2015 al 31.5.2016, con mansioni di barista, senza che il rapporto sia mai stato regolarizzato; - che la lavoratrice si occupava dell'apertura o della chiusura del bar (a seconda del turno di lavoro osservato), di somministrare alla clientela bevande in genere e semplici alimenti nonché di pulire il locale al termine delle attività; - che l'orario di lavoro osservato nel corso del rapporto si è articolato sempre su due turni alternati settimanalmente, di 8 ore ciascuno: dalle ore 5 alle ore 13 e dalle ore 13 alle ore 21 per cinque giorni alla settimana; - che tutti i beni strumentali necessari allo svolgimento della dedotta attività lavorativa erano di proprietà e comunque furono sempre nella esclusiva disponibilità della società convenuta; - che le modalità e i criteri di concreto svolgimento delle mansioni erano predeterminate dai signori (...) e (...) (genitori di V.G., socia e amministratrice della società convenuta); - che la lavoratrice percepiva una retribuzione mensile di Euro 1.000,00; - che la ricorrente nulla ha percepito per il mese di maggio 2016; - che "il 31 maggio 2016 la lavoratrice veniva licenziata verbalmente, quando nel pomeriggio di quel giorno il signor (...), a fronte di legittime rivendicazioni di carattere contrattuale e retributivo manifestategli dalla lavoratrice, comunicò alla stessa di restituirgli le chiavi del locale"; - che la messa a disposizione della prestazione di lavoro formulata con raccomandata del 27.7.2016 è rimasta priva di riscontro (doc.1). Tutto ciò premesso la ricorrente ha adito l'intestato Tribunale formulando le conclusioni in epigrafe trascritte. In via preliminare, va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di accertamento della natura dei rapporti di lavoro, qualsiasi attività di tipo economico può essere oggetto di rapporto di lavoro subordinato o di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle concrete modalità di esecuzione della prestazione ed indipendentemente dalla natura o dal tipo di attività prestata. L'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro è altresì sotteso, secondo un orientamento ormai costante della Suprema Corte di Cassazione, all'individuazione di una serie di indici tipologici, primo fra tutti quello della "eterodirezione", inteso, ai sensi dell'articolo 2094 c.c., come l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Ad esso si aggiungono quelli che vengono definiti indici tipologici "secondari", quali l'orario di lavoro, l'oggetto della prestazione, le modalità di retribuzione, l'assenza del rischio di impresa, che nonostante siano singolarmente privi "di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione" (ex plurimis, Cass. Civ., sez. Lav., n. 9252/2010). Inoltre, per quanto concerne gli oneri probatori sottesi al predetto accertamento, l'orientamento giurisprudenziale consolidato è quello secondo cui "il lavoratore che agisca in giudizio per sentir dichiarare la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso, ha l'onere di provare in maniera compiuta ed esauriente tale subordinazione, non essendo a tale scopo sufficienti generiche allegazioni in merito alla durata del rapporto, alle modalità di erogazione del compenso e all'osservanza di un preciso orario di lavoro" (Cass. Civ. sez. Lav., n. 7652/2012). Tutto ciò premesso, richiamato il principio della motivazione più liquida, a parere di questo giudicante nel caso di specie non può dirsi raggiunta la prova per quanto concerne la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra la ricorrente e la resistente, presupposto in mancanza del quale l'accoglimento della domanda relativa all'impugnativa del (dedotto) licenziamento orale è quindi preclusa. Sul punto, va altresì sin da ora precisato che, se è vero, da un lato, che "nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione (come in parte può essere nel caso di specie) al fine della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato il criterio dell'eterodirezione rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore "non si manifesta come particolarmente significativo", occorre tuttavia che siano ravvisabili almeno i cosiddetti "criteri distintivi sussidiari", quali "la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore" (Cass. Civ., sez. Lav. n. 7681/2010). Fatte tali premesse, occorre quindi esaminare le emergenze probatorie acquisite nel corso dell'istruttoria espletata, che di seguito integralmente si riporta. Escussa sulle circostanze ammesse, la teste (...) ha dichiarato quanto segue: "ADR: conosco la ricorrente; ci siamo conosciute perché lavoravo nel bar a fianco alla (...) ; ADR: Il bar in cui lavoravo io si chiama (...); ADR: io ho lavorato lì poco prima di compiere vent'anni; ho iniziato a giugno, ho compiuto venti anni ed ho lavorato lì fino alla primavera dell'anno successivo; ADR: chiaramente ho conosciuto la ricorrente dopo un po' di tempo rispetto a quando ho iniziato a lavorare lì; capitava che noi andassimo da loro, se erano aperti, o viceversa, ad esempio per fare colazione; altre volte capitava che ci aiutassimo reciprocamente se uno di noi non aveva qualcosa da servire ai clienti; ADR: facevamo un giorno fisso di chiusura, mi pare il lunedì; negli altri giorni lavoravo inizialmente dalle 21 alle 3 del mattino; successivamente dalle ore 18 fino alle 3.00; ADR: dopo circa due/tre mesi ho iniziato ad attaccare alle 18; ADR: Non ricordo se quando sono andata via dal bar la ricorrente stesse ancora lavorando presso la (...); sul cap. 1): sul capitolo confermo la mansione di barista; con riguardo al periodo richiamo quanto detto prima; ADR: penso che la ricorrente avesse un contratto di lavoro; sul cap. 2): sul capitolo posso confermar le attività ivi richiamate; ADR: in base ai turni della ricorrente poteva capitare che io la trovassi quando andavo a fare colazione lì; ADR: se la sera la ricorrente era di turno la vedevo; il bar presso il quale lavorava la ricorrente comunque chiudeva prima delle 3.00; SUL CAP. 3): posso confermare che la ricorrente lavorasse su turni; mi è capitato di vederla alle 5 del mattino, quando andavo a fare colazione da loro dopo la nostra chiusura; sul resto non posso confermare; non so quale fosse il giorno di chiusura del bar la (...); sul cap. 5): confermo; sul cap. 6): sul capitolo posso dire quanto segue, ossia che il responsabile era un certo (...); so che i due genitori avevano intestato il bar alla figlia, che a sua volta ogni tanto lavorava nel bar; poi non so dire chi desse direttive alla ricorrente; sul cap. 8): non ero presente quel giorno; i fatti mi sono stati riferiti dalla ricorrente". Escusso sulle medesime circostanze, il teste (...) ha dichiarato quanto segue: "ADR: conosco la ricorrente; la conosco dall'estate 2015; ci siamo conosciuti dopo che aveva smontato da lavoro; ADR: io non ho mai lavorato per la resistente; ADR: ricordo che si trattava dell'anno 2015 perché era l'anno precedente rispetto a quando mi sono trasferito a Bologna e l'anno prima rispetto a quando la ricorrente si è fidanzata. Sul cap. 1): sul capitolo posso precisare quanto segue, ossia che la ricorrente faceva la barista per la resistente; ADR: preciso che dall'aprile 2016 non ero più regolarmente a L. perché avevo già iniziato a lavorare a Bologna; Sul capitolo poi preciso che mi recavo presso il bar almeno due volte a settimana, la sera, per salutare la ricorrente; ADR: non posso dire se tutte le volte che mi sono recato al bar io l'abbia vista; Sul capitolo posso altresì dire che la ricorrente si lamentava con me di non avere un contratto "regolare". Sul cap. 2): sul capitolo posso precisare che la ricorrente si occupava della chiusura del bar, posto che io mi recavo lì la sera, di servire bevande alla clientela e di pulire il locale; ADR: io l'ho vista svolgere queste mansioni ed altresì mi è capitato di aspettare che chiudesse il locale a fine turno; sul cap. 3): non sono in grado di confermarlo; sul cap. 5 ): confermo; sul cap. 6): non posso confermare; ricordo forse una volta di aver visto una signora che lavorava lì quando la ricorrente non c'era; non posso essere più preciso; sul cap. 8): sono a conoscenza dei fatti di cui al capitolo perché mi sono stati raccontati dalla ricorrente; per il resto non posso confermare". Ebbene, sulla scorta di quanto sin qui riportato, ad avviso di questo giudicante il ricorso è infondato, non avendo la ricorrente assolto l'onere probatorio sotteso alla domanda concernente la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la resistente. I due testimoni escussi, infatti, si sono limitati a confermare di aver visto la O. svolgere attività lavorativa con mansione di barista presso (...) ("sul cap. 1): sul capitolo confermo la mansione di barista; con riguardo al periodo richiamo quanto detto prima; ... sul cap. 2) VC 2. La lavoratrice si occupava dell'apertura o della chiusura del bar (a seconda del turno di lavoro osservato), di somministrare alla clientela bevande in genere e semplici alimenti nonché di pulire il locale al termine delle attività: sul capitolo posso confermar le attività ivi richiamate" - teste C.; "Sul cap. 1): sul capitolo posso precisare quanto segue, ossia che la ricorrente faceva la barista per la resistente ... Sul cap. 2): sul capitolo posso precisare che la ricorrente si occupava della chiusura del bar, posto che io mi recavo lì la sera, di servire bevande alla clientela e di pulire il locale; ADR: io l'ho vista svolgere queste mansioni ed altresì mi è capitato di aspettare che chiudesse il locale a fine turno" - teste (...)). Ciò premesso, occorre tuttavia rilevare come lo svolgimento di attività lavorativa in favore della odierna convenuta da parte della ricorrente - circostanza emersa univocamente dalle dichiarazioni rese dai testi escussi - non sia elemento di per sé sufficiente a dimostrare la (invocata) natura subordinata del rapporto di lavoro in esame. I testi, infatti, in disparte quanto appena illustrato, hanno reso dichiarazioni oltremodo generiche con riferimento ai restanti aspetti dedotti in ricorso. La teste (...), infatti, ha precisato che lei lavorava su turni e che "...in base ai turni della ricorrente poteva capitare" che vedesse la lavoratrice, recandosi al bar (...) "quando ... andava a fare colazione lì, precisando che se la predetta "la sera ... era di turno..." la vedeva. Sulla medesima circostanza, il teste (...) si è limitato a precisare che si recava presso il bar (...) un paio di volte alla settimana per "salutare la ricorrente", senza chiaramente poter confermare di averla vista lì tutte le in cui vi si è recato ("Sul capitolo poi preciso che mi recavo presso il bar almeno due volte a settimana, la sera, per salutare la ricorrente; ADR: non posso dire se tutte le volte che mi sono recato al bar io l'abbia vista"). Ciò detto, va altresì evidenziato che né la teste (...), né il teste (...) hanno confermato l'orario di lavoro dedotto dalla lavoratrice in ricorso, avendo sulla domanda reso risposte oltremodo generiche, pertanto inidonee a considerare dimostrati in giudizio gli assunti della lavoratrice ("SUL CAP. 3) (VC L'orario di lavoro osservato nel corso del rapporto si articolò sempre su due turni alternati settimanalmente, di 8 ore ciascuno: dalle ore 5 alle ore 13 e dalle ore 13 alle ore 21 per cinque giorni alla settimana": : posso confermare che la ricorrente lavorasse su turni; mi è capitato di vederla alle 5 del mattino, quando andavo a fare colazione da loro dopo la nostra chiusura; sul resto non posso confermare; non so quale fosse il giorno di chiusura del bar la F." - teste C.; "sul cap. 3): non sono in grado di confermarlo" - teste I.). Parimenti, ad avviso di questo giudicante, non risulta dimostrato in giudizio l'indice tipologico dell'eterodirezione, posto che sul punto, da un lato, la teste (...) ancora una volta ha reso dichiarazioni generiche e comunque inidonee a dimostrare gli assunti di cui al ricorso ("...,sul cap. 6) (VC Le modalità e i criteri di concreto svolgimento delle mansioni erano predeterminate dai signori (...) e (...) (genitori di V.G., socia e amministratrice della società convenuta) i quali erano frequentemente presenti nel locale del bar e coordinavano, per quanto necessario, l'espletamento dei compiti assegnati alla lavoratrice...): sul capitolo posso dire quanto segue, ossia che il responsabile era un certo (...); so che i due genitori avevano intestato il bar alla figlia, che a sua volta ogni tanto lavorava nel bar; poi non so dire chi desse direttive alla ricorrente" - teste (...)); dall'altro lato, il teste (...) ha dichiarato di non essere a conoscenza delle circostanze in esame ("sul cap. 6): non posso confermare; ricordo forse una volta di aver visto una signora che lavorava lì quando la ricorrente non c'era; non posso essere più preciso"). Ciò esaminato, ritiene questo giudicante che la sola omessa comparizione in giudizio ai fini del disposto interrogatorio formale del rappresentante legale della convenuta non possa, di per sé, sopperire alle carenze probatorie sin qui rilevate, posto che in ogni caso si tratta di circostanza che, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 232 c.p.c. e 116 c.p.c., deve essere valutata ulteriormente rispetto a fatti in parte già dimostrati in giudizio. Tutto ciò argomentato, ad avviso di questo giudicante, non essendo stata raggiunta la prova in giudizio né, tipicamente, dell'eterodirezione della lavoratrice, né, a rigore, dell'ulteriore (e necessario) indice tipologico secondario costituito dall'orario di lavoro come dedotto in ricorso, la domanda concernente l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti in causa non può che essere respinta. Resta pertanto assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. Attesa la contumacia della parte resistente, nulla si dispone sulle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - rigetta il ricorso; - nulla sulle spese. Così deciso in Varese il 31 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Varese II SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...), in qualità di erede di (...), rappresentato e difeso dall'avv. An.La. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Varese alla via (...), come da procura allegata all'atto di costituzione ex art. 302 c.p.c. depositato in data 26.9.2019 RICORRENTE contro INPS, con l'avv. Gr.Gu., elettivamente domiciliato in Varese, via (...) RESISTENTE OGGETTO: ripetizione indebito - compensazione FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 13.1.2017, (...), conveniva in giudizio l'INPS formulando le seguenti conclusioni: "In principalità Accertata e dichiarata l'inviolabilità degli importi erogati a titolo di indennità di accompagnamento, per l'effetto; 2. Accertare e dichiarare l'illegittimità della compensazione operata dall'INPS tra un proprio credito e le somme dovute alla ricorrente a titolo di indennità di accompagnamento, e per l'effetto; 3. Dichiarare l' ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), ... tenuto a ripetere l'importo illegittimamente trattenuto in compensazione, e per l'effetto; 4. Condannare l'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), ... a ripetere l'importo di Euro13.106,30, o quella diversa misura che risulterà di giustizia comunque non inferiore ad Euro10.824,66, trattenuti in compensazione in conto assegno di accompagnamento, oltre interessi e rivalutazione su detto importo dall'insorgenza del diritto al saldo, e per l'effetto; In via gradata, 5. Accertare e dichiarare l'illegittimità della condotta dell'I.N.P.S. che in spregio al disposto dell'art. 1 co 262 L. n. 662 del 1996 ha operato una compensazione in unica soluzione di un proprio credito sugli arretrati dovuti alla ricorrente a titolo di assegno di accompagnamento, e per l'effetto; 6. Condannare l'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), ... ad erogare alla ricorrente l'importo di Euro13.106,30, o quella diversa misura che risulterà di giustizia e comunque non inferiore ad Euro10.824,66, oltre interessi dal dovuto al saldo, e per l'effetto; In ogni caso, 7. Dichiarare l' ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), ... tenuto al risarcimento del danno patito dalla ricorrente, per l'effetto condannando l'Istituto medesimo alla erogazione a favore della ricorrente dell'importo da quantificarsi in via equitativa in una misura non inferiore ad Euro5.000,00, salvo migliore quantificazione ex officio; 8. Condannare altresì l'Istituto resistente ai sensi dell'art. 96 c.p.c. stante la condotta volutamente omissiva dello stesso nel disattendere l'invito a regolare in autotutela il contenzioso e con ciò evitare l'odierno giudizio"; con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore antistatario (cfr. verbale di udienza del 24.11.2021). Si costituiva ritualmente in giudizio l'INPS contestando in fatto ed in diritto l'avversario ricorso. Nelle more del procedimento, ossia in data 6.9.2019 (doc. in atti), la ricorrente decedeva e - con atto depositato in data 26.9.2019 - si costituiva in giudizio l'erede (e marito) della predetta (...), che si richiamava integralmente alle conclusioni di cui al ricorso. Attesa la natura meramente documentale della causa, non veniva espletata attività istruttoria e l'udienza di discussione del 3.5.2022 veniva celebrata con la modalità della trattazione scritta. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è parzialmente fondato e deve pertanto essere accolto nei limiti di quanto illustrato nel prosieguo. Dal ricorso e dalla documentazione versata in atti emerge quanto segue: - che alla (...) veniva "riconosciuto il diritto a percepire l'indennità di accompagnamento, pari ad Euro 512,00 mensili, in forza di decreto di omologa ex art. 445 bis c.p.c. con decorrenza dell'accertamento dal mese di ottobre 2014" (doc.1 ricorrente); - che in virtù del suddetto decreto la (...) maturava nei confronti dell'INPS "un credito a titolo di indennità di accompagnamento del complessivo importo di Euro 9.561,45" (doc. 2 ricorrente); - che, con la nota di liquidazione del 18.3.16, l'INPS comunicava altresì che avrebbe provveduto a trattenere l'intero importo spettante alla contribuente in virtù di un indebito su assegno sociale già contestato alla medesima, rispetto al quale la predetta promuoveva opposizione innanzi all'intestato Tribunale ed il cui procedimento, al momento del deposito del ricorso, risultava essere ancora pendente; - che l'Istituto "stava già operando trattenute mensili di Euro200,00 mensili sulla pensione cat. (...) n. (...) a far tempo dalla mensilità 02/2014, giusta comunicazione in data 04.12.2013" (doc. 4 ricorrente); - che la (...) si rivolgeva, a mezzo procuratore, all'istituto per chiedere la sospensione della condotta posta in essere sino ad allora al fine di non vedersi trattenere gli arretrati dovutile a titolo di indennità di accompagnamento (docc. 5 e 6 ricorrente); - che tuttavia l'istituto convenuto provvedeva comunque ad operare trattenute per l'intera somma degli arretrati maturati "ed oltre fino alla concorrenza dell'importo del proprio credito" per l'indebito percepito dalla ricorrente; - che l'indebito richiesto dall'istituto concerneva la pensione AS n.(...) con decorrenza 01.05.10 per un importo mensile di Euro 335,13 di cui la (...) era stata riconosciuta beneficiaria (docc. 7 e 8 ricorrente); - che in data 11.10.12 l'INPS comunicava di avere provveduto a rideterminare l'importo della pensione di cui la (...) era beneficiaria in Euro 0,00 mensili sulla base dei redditi 2010, contestando quindi alla ricorrente un indebito per un importo di Euro 10.824,66, di cui chiedeva appunto la ripetizione; - che la (...) impugnava quindi la predetta determinazione dell'INPS, instaurando innanzi all'intestato Tribunale il contenzioso per l'accertamento del proprio diritto (RG n. 1095/2013); - che successivamente la (...) veniva dichiarata beneficiaria dell'indennità di accompagnamento come in premessa per un importo di Euro 512,00; - che "l'I.N.P.S. ha trattenuto per sé in conto indennità di accompagnamento dal febbraio 2014 all'ottobre 2016 l'importo complessivamente stimato di Euro 3.544,85, oltre all'importo in unica soluzione di Euro 9.561,45" (doc. 14 ricorrente); - che l'INPS "attesta quindi di avere recuperato il suo preteso credito di Euro 10.824,66 in forza della trattenuta in unica soluzione dell'importo di Euro 9.561,45 nel maggio 2016 - sub. doc. (...) allegato- e delle trattenute mensili operate dal 2014 al mese di ottobre 2016" (docc. 15, 16, 17 ricorrente); - che in realtà "a fronte di un asserito indebito percepito dalla ricorrente e quantificato in Euro 10.824,66...l'I.N.P.S. risulta avere recuperato somme ben maggiori pari ad Euro 13.106,30, utilizzando una modalità di apprensione alla quale la resistente ad oggi non è riuscita ad opporsi né ad inibire nonostante ne avesse ogni diritto"; - che l'I.N.P.S., debitore delle somme riconosciute alla ricorrente a titolo di indennità di accompagnamento, ha operato una compensazione tra un suo credito nei confronti della (...), "asseritamente generato da un accertando indebito su assegno sociale quantificato in Euro10.824,66 con un credito certo, liquido ed esigibile che la ricorrente vantava nei suoi confronti, peraltro incassando importi superiori"; - che "in base alle pregresse comunicazioni dell'Istituto - sub. doc. 4 allegato- lo stesso risulterebbe avere introitato un ulteriore importo non dovuto di Euro 2.281,64"; - che la (...) era altresì titolare di pensione diretta definitiva ex INPDAP n. iscrizione 14010663 sulla quale ancora al momento del deposito del ricorso gravava una cessione volontaria del 1/5 di Euro 195,00 al mese con scadenza al 30.11.18 (doc. 18 ricorrente). La (...) adiva quindi l'intestato Tribunale formulando le conclusioni in epigrafe trascritte, in particolare contestando l'illegittimità della compensazione operata dall'istituto su crediti ritenuti "non omogenei", avendo oltretutto l'INPS ripetuto l'importo in un'unica soluzione, operando altresì una illegittima trattenuta di Euro 200,00 al mese fino all'ottobre 2016; eccependo altresì la violazione degli obblighi di correttezza e di buona fede da parte dell'istituto, ritenendo oltretutto l'impignorabilità della corresponsione erogata a titolo di indennità di accompagnamento; contestando in ogni caso, quindi anche superando l'eccezione di impignorabilità dell'indennità di accompagnamento, che il recupero dell'importo per cui è causa sia avvenuto in un'unica soluzione anziché in modalità rateale. Si costituiva ritualmente in giudizio l'INPS, che deduceva quanto segue: - che la (...) era titolare assegno sociale derivante da pensione di inabilità civile per superamento del sessantacinquesimo anno di età; - che con un primo provvedimento dell' 11 ottobre 2012 comunicava alla (...) la revoca della prestazione assistenziale per aver superato i limiti di reddito previsti per gli anni 2010 - 2012; - che circa la legittimità dell'indebito contestato (per un importo complessivo di Euro 10.824,66) l'intestato Tribunale si pronunciava con sentenza n. 22 del 9.3.2017 (pertanto successivamente rispetto al deposito dell'odierno ricorso) ritenendo ripetibile l'indebito in oggetto (doc. 4 resistente); - che la compensazione contestata è pienamente legittima, poiché operata su prestazioni (indennità di accompagnamento e assegno sociale) che hanno identità di natura; - che parimenti la trattenuta operata dall'istituto una tantum è pienamente legittima; - che la domanda di risarcimento del danno ex adverso formulata è destituita di fondamento; - che la condotta della parte ricorrente, che ha incardinato questo giudizio separatamente rispetto a quello previamente definito dall'intestato Tribunale ut supra richiamato, è da valutarsi ai sensi del disposto di cui all'art. 96 c.p.c. per abuso dello strumento processuale. Ai fini del decidere, va in primo luogo richiamata la statuizione emessa dall'intestato Tribunale con sentenza n. 22/2017 - da ritenersi definitiva posto che sul punto parte ricorrente nulla precisava - con cui veniva dichiarato interamente ripetibile da parte dell'istituto nei confronti della (...) l'importo di Euro 10.824,66. Ciò premesso, quanto agli ulteriori aspetti di merito in questa sede contestati dalle parti, ritiene questo giudicante opportuno richiamare, anche ai sensi dell'art. 118 disp. Att. c.p.c., l'arresto della Corte di Cassazione n. 30220 del 20/11/2019 che in fattispecie analoga a quella odierna ha statuito quanto segue: " (...) 1.La Corte d'appello di Palermo , in riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, ha dichiarato illegittima, in applicazione dell'art. 69 L. n. 153 del 1969 , la compensazione in misura eccedente il quinto operata dall'Inps tra il credito vantato dall'Istituto nei confronti di XXX per ricalcolo dell'assegno sociale di cui il XXX era titolare , ed il debito dell'Inps verso il pensionato a titolo di arretrati per indennità di accompagnamento ( per il periodo 1/10/2012-30/11/2013). Secondo la Corte l'Inps, salvo il diritto di avvalersi dell'azione di ripetizione ex ad 2033 c.c. , poteva recuperare l'indebito anche mediante trattenute sulla pensione in via di compensazione sulla prestazione dovuta , fatto salvo , comunque, il trattamento minimo della pensione , nel limite del quinto in quanto tale limite operava anche sugli arretrati di pensione . Secondo la Corte l'Inps illegittimamente aveva trattenuto l'intero importo dell'indebito (pari ad Euro 5.056,96 ) in unica soluzione e non invece come dovuto entro i limiti del quinto (...) RAGIONI DELLA DECISIONE (...) 5. Risulta accertato che il XXX era tenuto a restituire all'Inps Euro 5.056,96 a seguito di un indebito formatosi sull'assegno sociale di cui era titolare e che, tuttavia, il ricorrente , a seguito della sentenza del Tribunale di Palermo, aveva ottenuto il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento con i relativi arretrati . L'Inps ha proceduto alla compensazione in unica soluzione dell'indebito di Euro 5.056,96 sull'importo di Euro 6.970,88, dovuto per arretrati di indennità di accompagnamento. Il XXX si duole che la compensazione non sia avvenuta solo nei limiti del quinto. 5.Ciò premesso va rilevato che secondo la Corte è applicabile la limitazione del quinto alla compensabilità in applicazione dell'art. 69 della L. n. 153 del 1969, ritenendo che tale limitazione ad un quinto della pensione pignorabile riguardasse anche i ratei arretrati. 6. L'art. 69 L. n. 153 del 1969 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) dispone al primo comma che le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti in forza del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché gli assegni di cui all'art. 11 della L. 5 novembre 1968, n. 1115 spettanti a carico dell'INPS "possono essere ceduti, sequestrati e pignorati, nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l'Istituto nazionale della previdenza sociale derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall'Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive, escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative". Il secondo comma fa comunque salvo, per le pensioni ordinarie, l'importo corrispondente al trattamento minimo. Il significato delle disposizioni è chiaro: l'INPS, salvo il diritto di avvalersi, come ogni creditore, dell'azione di ripetizione di cui all'art. 2033 c.c., può recuperare gli indebiti o le omissioni contributive anche mediante trattenute sulla pensione, in via di compensazione, col duplice limite che la somma oggetto di cessione, sequestro, pignoramento o trattenuta non superi la misura di un quinto della pensione, assegno o indennità e che sia fatto, comunque, salvo il trattamento minimo della pensione (Cass., 4 aprile 1978 n.1532; 23 gennaio 1989 n. 383). 7 . La disposizione citata ed applicata dalla Corte territoriale riguarda, come risulta evidente dal tenore letterale , le prestazioni previdenziali prevedendo, in sostanza ,il necessario recupero rateale e nei limiti del quinto. Nessun riferimento contenuto nella norma autorizza un'estensione alle ipotesi di prestazioni assistenziali ( cfr Cass. 27 luglio 2011, n. 16448, che ha rimarcato l'inapplicabilità, alle prestazioni assistenziali, del diverso principio fissato, per le prestazioni pensionistiche, dall'art. 1, comma $1262,L. 23 dicembre 1996, n. 662, secondo il quale il recupero è necessariamente rateale e opera sulla medesima pensione cui l'indebito si riferisce). 8.Nella fattispecie in esame , invece, sia l'indebito sia gli arretrati si sono formati con riferimento a prestazioni di natura assistenziale ( assegno sociale e indennità di accompagnamento ) e dunque , la questione deve trovare la sua disciplina normativa nelle norme generali sulla compensazione. 9.L'istituto della compensazione di cui agli art. 1241 c.c. e seg. presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cd. compensazione impropria/ allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere e a ciò il giudice può procedere senza incontrare ostacolo nelle limitazioni vigenti per la compensazione in senso tecnico-giuridico. 10.Le conseguenze applicative della qualificazione del fenomeno in termini di compensazione impropria si sostanziano nell'esclusione dell'applicazione dell'intera disciplina della compensazione e, in particolare, per quanto in questa sede rileva, del divieto previsto dal n. 3 dell'art. 1246 cod. civ. con la conseguente deducibilità, per intero, del controcredito dal credito impignorabile (cfr., fra le altre, Cass. 20 giugno 2003, n.9904, in motivazione); 11. Ritiene il collegio che nella fattispecie in esame non ricorra il requisito dell'identità di titolo trale somme dovute dall'istituto per indennità di accompagnamento e quelle dovute dal ricorrentesull'assegno sociale non avendo origine , i rispettivi crediti e debiti, dal medesimo rapporto (in generale, sulla natura dell'assegno sociale, quale provvidenza avulsa dallo stato di invalidità che non investe la tutela di condizioni minimi di salute o gravi situazioni di urgenza, si rinvia a Cass.n.22261 del 2015 ). L'identità del titolo non può essere affermato sul generico presuppostoche entrambe le prestazioni di cui è causa hanno natura assistenziale dovendosi sottolinearel'assoluta diversità dei presupposti che giustificano l'erogazione dell'assegno sociale da quellidell'indennità di accompagnamento. 12.La sentenza impugnata, pur con la diversa motivazione di cui sopra, deve essere, pertanto, confermata (...) (Cass. Civ. 30220/2019, cit., in motivazione). Tutto ciò premesso, deve essere dichiarata illegittima la compensazione tra il credito vantato dall'istituto nei confronti della parte ricorrente per ricalcolo dell'assegno sociale di cui la (...) era titolare ed il debito dell'INPS verso la predetta a titolo di arretrati per indennità di accompagnamento operata in misura eccedente il quinto della pensione percepita dalla pensionata; per l'effetto, l'INPS deve essere condannato a restituire l'importo per cui è causa nei limiti e con le modalità innanzi indicate. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta con riguardo alla doglianza sin qui esaminata. Risulta invece destituita di fondamento la doglianza con cui la parte ricorrente chiedeva la condanna dell'istituto convenuto al risarcimento dei danni asseritamente patiti a causa dei fatti sin qui esaminati e quantificati in via equitativa nell'importo di Euro 5.000,00. Sul punto, sia sufficiente rilevare l'assoluta genericità delle allegazioni sottese alla domanda in esame e l'omessa dimostrazione, in giudizio, di alcun danno in concreto sofferto dalla (...). Per ciò solo, la domanda in esame non può che essere respinta. Del pari risulta infondata la domanda formulata da ciascuna parte nei confronti dell'altra ex art. 96 c.p.c., non essendo ravvisabili nel caso di specie, né in capo alla parte ricorrente né in capo a quella resistente, i requisiti previsti ex lege dal disposto normativo summenzionato. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - accerta e dichiara l'illegittimità della compensazione tra il credito vantato dall'INPS nei confronti della parte ricorrente per ricalcolo dell'assegno sociale di cui la predetta era titolare ed il debito dell'INPS verso la parte ricorrente a titolo di arretrati per indennità di accompagnamento operata dall'istituto convenuto in misura eccedente il quinto della pensione percepita dalla pensionata; - per l'effetto condanna l'INPS a restituire a parte ricorrente l'importo per cui è causa nei limiti indicati in motivazione; - rigetta per il resto il ricorso; - rigetta ogni altra domanda; - condanna l'INPS a corrispondere a parte ricorrente le spese di lite, quantificate nell'importo complessivo di Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre C.P.A., rimborso forfettario al 15% ed IVA se dovuta per legge da distrarsi in favore del procuratore antistatario. Così deciso in Varese il 3 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VARESE SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Renata M. Barnabò ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1112/2018 promossa da: (...) S.r.l. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. GA.NI., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. GA.NI. parte attrice contro AZIENDA (...), SOCIETàEuro COOPERATIVA SOCIALE PER AZIONI (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MA.FA., elettivamente domiciliato in via (...) Varese presso il difensore avv. MA.FA. (...) DI AGR. (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. BI.BA., PIAZZA (...), 1 21100 VARESE, elettivamente domiciliato in PIAZZA (...), 1 21100 VARESE presso il difensore avv. BI.BA. parti convenute FATTO-DIRITTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE All'odierno giudizio è applicabile l'art. 58, comma II, L. 18 giugno 2009, n. 69 e, per l'effetto, la stesura della sentenza segue l'art. 132 c.p.c. come modificato dall'art. 45, comma 17, della L. n. 69 del 2009. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) S.r.l. deduceva che - in data 16 marzo 2017 stava eseguendo delle opere di sgombero di materiale ingombrante di risulta all'interno del parco della convenuta Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...) con i propri automezzi un escavatore Cat. (...) e un autocarro Man tre assi; - che era stato incaricato dall'altra convenuta (...) di Agr. (...), che si occupava della manutenzione della (...), non aveva adeguati mezzi per lo smaltimento; - che nel secondo dei viaggi per lo smaltimento il terreno sottostante sprofondava in una vasca di accumulo d'acqua interrata non visibile e non segnalata e l'autocarro cadeva all'interno; - a seguito dell'evento chiedeva il risarcimento dei danni per l'importo di Euro. 19.470,32 alle parti convenute formulando le conclusioni come in epigrafe riportate. Si costituivano le parti convenute contestavano le domande formulate dall'attore chiedendo che venissero respinte. Inoltre Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...) svolgeva domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni dei lavori indispensabili per ripristinare lo stato dei luoghi e la cisterna crollata al passaggio del veicolo attoreo. Dopo il deposito delle memorie ex art. 183, VI comma, c.p.c., il giudice ammetteva le prove orali dedotte dalle parti. Esaurita l'istruttoria fissava l'udienza per la precisazione delle conclusioni, nella quale, previa concessione di termini di cui all'art. 190 c.p.c., la causa veniva trattenuta in decisione. In primo luogo, parte attrice fa valere una responsabilità nei confronti delle parti convenute ai sensi dell'art. 2051 c.c. o in subordine ex art. 2043 c.c. Al riguardo l'applicabilità dell'art. 2043 o dell'art. 2051 costituisce un elemento di fondamentale importanza sul piano etiologico e dell'onus probandi dovendosi accertare, "nel primo caso, se si sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo dal quale è derivato un pregiudizio a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso di responsabilità per danni da cose in custodia, dal profilo del comportamento del custode che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c., nel quale il fondamento della responsabilità è costituita dal rischio, che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da caso fortuito" (Cass. Civ. n. 2308/2007). Secondo orientamento consolidato della Suprema Corte, cui si reputa di aderire, l'art. 2051 c.c. configura una ipotesi di responsabilità oggettiva che, per essere affermata, non esige un'attività o una condotta colposa del custode (tanto che, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi (Cass. civ. n. n. 4279/2008), ma richiede la sussistenza del mero rapporto causale tra la cosa in custodia e l'evento lesivo verificatosi in concreto (da ultimo, Cass. ord. n. 22684/2013). Pertanto, ove vi sia rapporto di custodia, la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. è esclusa dal caso fortuito, che è qualificazione incidente sul nesso causale e non sull'elemento psicologico dell'illecito, e che individua un fattore riconducibile a un elemento esterno, avente i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità (Cass. civ. n. 16029/2010; Cass. civ. n. 4279/2008). Ne derivano, come precisato, precise conseguenze in tema di onere probatorio gravante sulle parti. L'attore che agisce per il risarcimento del danno ha l'onere di provare il fatto lesivo come verificatosi in concreto, l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, nonché il danno conseguenza, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. n. 858/2008; 8005/2010; 5910/11); il convenuto deve, in altre parole, fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia la prova di un evento eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, che - inserendosi nel decorso causale - abbia interrotto il nesso eziologico tra la cosa in custodia e il danno (Cass. n. 8500/2010; Cass. n. 57417/2009; Cass. n. 11227/2008). Il caso fortuito cui fa riferimento l'art. 2051 c.c. deve, però, intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato (Cass. n. 4279/2008). Secondo l'orientamento della Suprema Corte che si condivide, la prova del nesso causale è particolarmente rilevante nel caso in cui il danno non sia l'effetto di un dinamismo interno della cosa; infatti, ove si tratti di cosa di per sé statica e inerte e richieda che l'agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa in questi casi si impone la necessità "di ulteriori accertamenti, quali la maggiore o minore facilità di evitare l'ostacolo, il grado di attenzione richiesto allo scopo, ed ogni altra circostanza idonea a stabilire se effettivamente la cosa avesse una potenzialità dannosa intrinseca, tale da giustificare l'oggettiva responsabilità del custode. Trattasi di presupposti per l'operatività dell'art. 2051 c.c. che debbono essere dimostrati dal danneggiato, al fine di poter affermare che il danno è conseguenza causale della "situazione dei luoghi" (Cass. sent. n. 2660/2013). Qualora, dunque, si tratti di cosa di per sé statica e inerte e richieda che l'agire umano (ed in particolare quello del danneggiato) si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (Cass. sent. n. 6306/2013). Orbene se, in applicazione dell'art. 2051 c.c., spetta al custode convenuto, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità, la prova dell'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa e l'evento lesivo, che presenti i caratteri del caso fortuito (che può essere anche il fatto del danneggiato), tuttavia questo onere probatorio presuppone che l'attore abbia, a sua volta, e in via prioritaria, fornito la prova sia del fatto sia della relazione tra l'evento dannoso lamentato e la cosa in custodia Ciò premesso in termini generali, si deve rilevare che la parte attrice ha dato ampia e circostanziata prova della dinamica fattuale, nonché del nesso eziologico tra cosa e l'evento lesivo. Per quanto concerne, invece, l'individuazione del soggetto a cui addebitare la responsabilità della verificazione dell'incidente per cui è causa, ai sensi dell'art. 2051 c.c., occorre verificare la titolarità della tratto di strada bianca ove è avvenuto l'evento, e nel caso peculiare verificare a chi incombeva l'obbligo di conoscere e segnalare l'eventuale situazione di pericolo. La configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c. deve trovare la sua valutazione circa l'attribuzione in capo alla proprietà del terreno e del tratto di strada ove è passato l'attore che è da ricercare non solo sul dovere di custodia e del controllo sul bene, ma anche all'adozione di normali criteri comportamentali caratterizzati dalla dovuta diligenza e di sicurezza per chi doveva e poteva conoscere il sito. Ne consegue che, nel caso sottoposto all'attenzione di questo giudice, è da ritenersi responsabile dei luoghi Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...), in quanto come è risultato dall'istruttoria la vasca non era segnalata in nessun modo nemmeno all'altra convenuta che la usava per transitare con i propri mezzi, senza che nessuno dell'Azienda di (...), pure a conoscenza del sito e della pericolosità dell'esistenza delle vasche non visibili, ne vietasse o ponesse dei limiti per il passaggio. La testimonianza resa dagli addetti alle dipendenze della Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...) hanno confermato le circostanze. (...), addetto alla sicurezza del sito, ha confermato che la vasca "non era visibile coperta dal verde" e che non era presente agli accordi per il passaggio del mezzo dell'attore e l'attività non necessitava la sua presenza in quanto si trattava di manutenzione del verde. L'altra dipendente (...) ha dichiarato che il cancello dell'accesso sul retro della struttura era sempre chiuso a chiave e solo i manutentori avevano le chiavi. Anche la seconda dipendente (...) ha confermato che l'accesso dei camion grossi poteva essere solo dal retro, cosa peraltro confermata anche dal dipendente della (...), impresa chiamata con una gru per l'intervento di recupero del mezzo dell'attore, passata anch'essa dall'ingresso sul retro. Con riferimento all'individuazione dell'ammontare dei danni, il Tribunale reputa che debba essere calcolato in base alla documentazione prodotta da parte attrice, con gli importi analiticamente riportati nelle fatture prodotte, limitatamente all'imponibile delle fatture stesse, ad esclusione della IVA in quanto l'attore ha diritto alla detrazione, in ragione dell'attività svolta. In virtù del principio della soccombenza, le spese di lite dell'attore devono essere poste a carico della parte convenuta Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...), liquidate in dispositivo tenuto conto del valore della causa in relazione al decisum e della natura dell'attività espletata, mentre le spese della altra convenuta vengono compensate. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta al R.G. n. 1112/2017 promossa da (...) S.r.l. contro Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...) e (...) di Agr. (...), disattesa ogni contraria domanda, deduzione anche istruttoria od eccezione, così provvede: 1) condanna Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della parte attrice della somma complessiva di Euro. 15.959,27, oltre interessi legali dalla data dell'esborso fino al soddisfo; 2) respinge ogni altra domanda; 3) condanna Azienda (...) Soc. Coop per Azioni (...) al pagamento a favore della parte attrice delle spese di lite che vengono liquidate in Euro. 4.000,000 per compensi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli oneri fiscali come per legge, compensa le spese di lite della convenuta (...) di Agr. (...). Così deciso in Varese il 19 marzo 2021. Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2021.

  • TRIBUNALE ORDINARIO DI VARESE SEZIONE SECONDA CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO All'esito della camera di consiglio, il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dott.ssa Flaminia D'Angelo, ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, la seguente SENTENZA da allegarsi - ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. - al verbale dell'udienza del 08.09.2020, nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2465 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2015 e vertente TRA (...) elettivamente domiciliata in VIA (...) VARESE presso lo studio dell'avv. RI.RI. che io rappresenta e difende, giusta procura in atti - ATTORE - contro (...) (già (...)) e ancor prima (...) elettivamente domiciliata in VIA (...) MILANO presso lo studio dell'Avv. (...) che fa rappresenta e difende giusta procura in atti - CONVENUTO - OGGETTO: azione ripetizione indebito - contratto di finanziamento con cessione dei quinto e con delegazione di pagamento. CONSIDERAZIONI IN FATTO E DIRITTO Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio innanzi all'intestato Tribunale (...) S.p.A. (ora (...) S.P.A.) ai fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: "Accertare e dichiarare che i contratti di finanziamento sottoscritti tra il sig. (...) e (...) in doto 14.03.2007 hanno finalità di finanziamento del ricorrente quale consumatore e come tali soggetti alla disciplina ex L. 108/1996; - accertare e dichiarare altresì che ai medesimi contratti sono applicati interessi In violazione del disposta di cui all'art. 2 co. IV L. 108/1996 così come modificato ex d.l. 70/2011, a causa degli oneri assicurativi, di mediazione ed amministrativi effettivamente applicati; - Per l'effetto accertare come nessun interesse fosse dovuto dal (...) ex art. 1815 c.c. trattandosi di usurarietà non sopravvenuta; Condannare quindi la (...) ora (...) S.p.A. olla rifusione di Euro 17.212,82 a titolo di rimborso dell'indebito percezione oltre ad ogni ulteriore somma percepita dal deposito del ricorso alla sentenza, ovvero nella maggior somma che sarò ritenuto di giustizio oltre agli Interessi legali tempo per tempo dovuti; - Condannare la resistente ex art. 96 co. III c.p.c.". A sostegno della propria domanda, esponeva: - che in data 14.03.2007 stipulava con (...) due contratti di finanziamento (pratica n. (...)) da rimborsare con cessione di quota della retribuzione ex dpr 180/50 e n. 895/50 (doc. 1); - che il suddetto finanziamento doveva, quindi, essere rimborsato in n. 120 rate mediante cessione complessiva di crediti lavorativi (doc. 3); - che il contratto di finanziamento veniva ceduto nel lato attivo a (...), che subentrava all'istituto erogante; - che al contratto era stato applicato un TEG superiore al tasso usura; - che la Banca veniva posta in mora con pec del 20.03.2015 (doc. 6); - che il resistente replicava che i tassi applicati erano inferiori a quelli soglia antiusura fissato al 16,39% (doc. 7); - che anche la domanda di mediazione aveva esito negativo in quanto parte resistente dichiarava di non volere partecipare; - che ai fini della determinazione del tasso di interesse usurario si dovevano considerare tutti gli oneri che il contraente sopporta in connessione con l'erogazione del credito con la conseguenza che il tasso applicato ai due rapporti di mutuo era superiore a quello del 18% (modelli di elaborazione del piano di ammortamento sub. doc. 15,16 e 17); - che, pertanto, essendo stati pattuiti tassi usurari il mutuo doveva essere considerato gratuito ai sensi dell'art. 1815 co. 2 c.c.; - che la mancata adesione al tentativo di conciliazione fondava, altresì, la condanna di parte resistente ex art. 96 co. 3 c.p.c.. Si costituiva parte resistente contestando tutto quanto ex adverso affermato ed, in particolare, evidenziando: - che la ricostruzione del fatto operata da parte attrice era errata in quanto i contratti di finanziamento sottoscritti erano da rimborsare; a) il n. (...) con cessione del quinto" della retribuzione mensile e b) n. 28760 "mediante delegazione di pagamento": - che la ricostruzione dei tassi operata da parte ricorrente era errata in quanto presupponeva la sommatoria del tasso ordinario, del tasso di mora e degli oneri di incasso; - che non era stato adempiuto l'onere della prova da parte del SIMEONI mancando in atti i decreti ministeriali che fissano i tassi nonché l'indicazione dei tempi, dei modi e della misura di superamento del tasso soglia; - che, invece, al momento della pattuizione degli interessi (14.03.2007-prima trimestre), il tasso soglia usura del contratto n. 2S7S9 era al 16,39% a fronte di un TEG al 13,92% mentre quello del contratto n. 28760 era di 19,32% a fronte di TEG pattuito al 13,92%; - che per procedere al calcolo del TEG bisognava attenersi alle Istruzioni della Banca d'Italia del febbraio 2006 escludendo la possibilità di sommare gli interessi corrispettivi e di mora così come di includere nel calcolo gli oneri assicurativi; - che, infatti, le Istruzioni della Banca d'Italia all'epoca vigenti escludevano dal computo gli oneri legati ad assicurazioni obbligatoriamente richieste per legge; - che, quanto detto, escludeva conseguenzialmente la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Concludeva per il rigetto delle domande e per la condanna ex art. 96 co. 3 c.p.c. del (...). Il Giudice, precedente assegnatario dei fascicolo, alla prima udienza disponeva il mutamento del rito in rito ordinario. La causa veniva, quindi, trattata con lo scambio delle memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c., al termine del quale II nuovo Giudice, allora assegnatario del fascicolo, disponeva la consulenza tecnica d'ufficio con il seguente quesito "Dica il Consulente Tecnico d'Ufficio, acquisita la documentazione presente agli atti del giudizio, predispongo una relazione scritta attenendosi ai criteri di seguito indicati: - prenda in considerazione esclusivamente i rapporti di finanziamento indicati in atto di citazione e la documentazione bancaria agli atti; - predisponga un prospetto analitico, per ciascun rapporta, recante, in successione cronologica, il Tasso Annuo Nominale (TAN), il Tasso Annuo Effettivo Globale (T.A.E.G.) ed il Tosso Effettivo Globole (TEG): - accerti l'eventuale superamento del "tasso-soglia" per effetto della variazione delle condizioni applicate nel corso del rapporto: al proposito, la verifica del superamento del tasso-soglia dovrà essere operata considerando distintamente i singoli trimestri ed il Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM), rilevato trimestralmente dalla Banca d'Italia dovrà essere maggiorato secondo i criteri indicati nell'art. 2 dello Legge 7marzo 1996, n. 108 (successivamente modificati dall'art. 8 del Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70): il calcolo non dovrà tenere conto della commissione di massimo scoperto, espunta per l'invalidità della relativa clausola dettata da diverse ragioni e pertanto irrilevante ai fini dell'accertamento dell'usura sopravvenuta: in caso di superamento del tasso-soglia, prospetti due ipotesi di calcolo: la prima, procedendo all'eliminazione degli interessi in ogni trimestre in cui risulti esservi stato il superamento del tasso-soglia (e, quindi, anche per effetto della mera variazione del tasso-soglia): nella seconda, procedendo alla sola riduzione degli interessi entro il limite del tosso soglia, ove superato: - determini, alla luce dei criteri sopra esposti, il saldo dei rapporti oggetto del giudizio, effettuando, ove indicato, conteggi alternativi ed esponendo In apposite tabelle di sintesi i risultati ottenuti". All'esito del deposito dell'elaborato peritale, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. Chiamata all'udienza del 05.06.2018, questo Giudice, nuovo assegnatario del fascicolo, a fronte dell'istanza di riconvocazione del CTU, sollevata da parte attrice, disponeva un'integrazione peritale chiedendo al CTU di prendere "in considerazione nel calcolo dell'usurarietà dei tassi anche le polizze assicurative sottoscritte dall'attore". All'esito questo Giudice formulava proposta ex art. 185 bis c.p.c. che non veniva accettata da parte attrice evidenziando come la giurisprudenza della Corte di Cassazione fosse nel frattempo mutata; la causa veniva, quindi, rinviata per la discussione orale ex art. 281-sexies c.p.c. Sulle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti, all'esito della discussione orale, il Giudice ha pronunciato la presente sentenza facente parte integrante del verbale di udienza. La domanda è fondata e, come tale, deve essere accolta per le ragioni che seguono. Parte attrice si duole che i contratti di finanziamento stipulati in data 14.03.2007 presentino un TEG superiore al tasso soglia usura vigente e, pertanto, chiede che, previa declaratoria di nullità dei suddetti tassi, il mutuo venga considerato a titolo gratuito ai sensi dell'art. 1815 co. II c.p.c.. Ora, da quanto affermato da parte attrice nell'atto introduttivo, l'usurarietà dei tassi si dovrebbe dedurre dalla sommatoria "del tosso ordinario, del tasso di interesse di mora e degli oneri di incasso" e di ogni altro onere connesso al finanziamento; in particolare, secondo parte attrice andrebbero ricompresi nel calcolo anche i costi di assicurazione obbligatoriamente sottoscritta dal SI. contestualmente ai contratti di finanziamento. Anzitutto, quanto alla sommatoria tra i tassi, l'assunto non può essere condiviso. È, infatti, errato procedere alla sommatoria tra interessi corrispettivi e moratori (nonché tra i rispettivi tassi) poiché essi, per la struttura stessa del contratto di finanziamento, non possono mai essere applicati congiuntamente in relazione ad un medesimo periodo temporale. Gli interessi corrispettivi, che costituiscono la remunerazione della messa a disposizione di una data somma di denaro da parte del mutuante, si applicano soltanto sul capitale a scadere (art. 1282 c.c.), mentre gli interessi di mora, che costituiscono invece ¡1 rimborso del danno patito dal mutuante medesimo in conseguenza del ritardo nella restituzione del capitale, si applicano soltanto sul debito scaduto (art. 1224 c.c.). Il tasso di mora sostituisce, cosi, in foto il tasso corrispettivo nel momento in cui matura in capo al mutuatario l'obbligazione restitutoria: il tasso di mora si applica solo dopo II suddetto momento e il tasso nominale si applica solo prima. Gli stessi non possono mai sovrapporsi e rappresentano due costi del prestito monetario nettamente distinti, aventi diverso oggetto, diversa causa e diverso periodo applicativo. Come tali, detti costi non possono essere sommati tra di loro, al fine di raffrontare con il TEG il risultato di tale indebita somma; piuttosto, gli stessi vanno confrontati con il parametro di usurarietà separatamente gli uni dagli altri. In sostanza ai fini del calcolo del TEG rispetto al TSU, devono essere presi In considerazione quelle prestazioni di natura corrispettiva (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse) legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale ma non anche quelle prestazioni riconducibili alla mora debendi. Soccorre tale impostazione anche la giurisprudenza di legittimità, la quale ha recentemente affermato che "gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 4, vanno qualificati ipso iure come usurari, ma in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori. Alla base di tale conclusione vi è lo constatazione che i due tassi sono alternativi tra loro: se il debitore è in termini deve corrispondere gli interessi corrispettivi, quando è in ritardo qualificato dolio mora, al posto degli interessi corrispettivi deve pagare quelli moratori; di qui la conclusione che i tassi non si possano sommare semplicemente perché si riferiscono a basi di calcolo diverse: il tasso corrispettivo si calcola sul capitale residuo, il tasso di mora si calcola sulla rata scaduta; ciò vale anche là dove sia stato predisposto, come in questo coso, un piano di ammortamento, a mente del quale la formazione delle varie rste, nella misura composita predeterminato di capitale ed interessi, ottiene ad una modalità dell'adempimento dell'obbligazioni gravante sulla società utilizzatrice di restituire la somma capitale aumentata degli Interessi; nella rota concorrono. Infatti, la graduale restituzione del costo complessivo del bene e la corresponsione degli Interessi; trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni" (Cassazione civile sez. III, 28/06/2019, n. 17447). Trovano, quindi, condivisione le conclusioni del CTU nominato - che per logicità e coerenza e chiarezza espositiva vengono, quindi, accolte interamente non essendo emerse ragioni per discostarsene - il quale, in applicazione dei principi poc'anzi espressi, ha affermato che, nel raffronto dei singoli tassi con il TSU, tale valore non viene giammai superato (pag. 11 e 14 consulenza tecnica in atti). Nulla provano, invece, gli elaborati prodotti sub. doc. 15, 16 e 17 da parte attrice che costituiscono una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico (priva, pertanto) di autonomo valore probatorio nonché redatta in applicazione di criteri non condivisibili In quanto non conformi a quelli indicati della giurisprudenza sinora citata. Ciò chiarito, parte attrice ha contestato al CTU di non avere preso in considerazione ai fini del calcolo del TEG il costo dell'assicurazione collegata ai contratti di finanziamento. A tale fine questo Giudice ha assegnato al CTU nominato un quesito integrativo al fine di valutare se, computando nel tasso anche le spese assicurative, il TSU fosse effettivamente superato; il consulente ha, quindi, concluso che vi fosse usurarietà del finanziamento nella sola ipotesi in cui, ai fini del calcolo del TEG, fossero incluse le spese assicurative. In particolare, l'integrazione peritale redatta dal CTU ha evidenziato che: il tasso soglia di riferimento per la categoria "prestiti contro cessione del quinto dello stipendio" era, per il contratto n. (...), pari al 16,395% mentre il TAEG era pari al 18,609%, considerando i costi assicurativi ed al 13,90%, senza considerarli; per il contratto n. 28760 il tasso soglia di riferimento era pari al 16,395%, il TAEG, invece, pari al 22,123%, considerando i costi assicurativi ed al 13,90%, senza considerarli. Occorre, dunque, chiarire se nella fattispecie in esame, e cioè in un'ipotesi di finanziamento con cessione del quinto e di delegazione di pagamento sottoscritta nella vigenza delle Istruzioni della Banca d'Italia del febbraio 2006 (applicabili a tutti i rapporti sorti sino al 31.12.2009), le spese assicurative debbano essere validamente considerate ai fini del calcolo del TEG. Orbene, nella prassi giurisprudenziale passata, facendo proprio leva sul contenuto delle Istruzioni della Banca d'Italia poc'anzi indicate (ed infatti, le Istruzioni del 2009 indicano tra gli importi da computare anche quelli delle spese assicurative purché connessi col finanziamento - doc. 18 fascicolo convenuto) era emerso l'impostazione che riteneva rilevanti le spese per le assicurazioni o garanzie intese ad assicurare al creditore il rimborso totale o parziale del credito in caso di morte, invalidità, infermità, disoccupazione o altre cause di inadempienza del debitore ma ciò solo se imposte dal creditore e sempre che non derivassero dall'adempimento ad obblighi di legge. Tale impostazione portava, quindi, ad escludere dal computo del TEG. nei contratti di finanziamento con cessione del quinto o delegazione di pagamento, il costo della polizza assicurativa in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore In quanto derivanti "dall'esclusivo adempimento di obblighi di legge" (Istruzioni Banca d'Italia del febbraio 2006, par. C4, punto 6 - doc. 19 fascicolo convenuto). Si riteneva, infatti, che tali spese non rappresentassero una remunerazione per il finanziatore e non potessero essere ricomprese nei c.d. costi del finanziamento in senso stretto, tra i quali andavano, invece, ricomprese le spese assicurative collegate all'erogazione del finanziamento non imposte dalla legge (così, Trib. Torino sentenza 28.5.2015 n. 3944; Tribunale Belluno, 20/03/2020, n. 88) Tuttavia, tale impostazione è stata confutata dalla Suprema Corte con sentenza n. 8806/2017 - confermata da Cassazione civile sez. I, 24/09/2018 n. 22458 e, da ultimo, da Cassazione civile sez. II, 20/08/2020 n. 17466 - tutte relative a contratti conclusi sotto la vigenza delle precedenti Istruzioni della Banca di Italia. La Corte di Cassazione, in particolare, ha evidenziato che "ai fini della valutazione dell'eventuale natura usuraria di un contratto di mutuo, devono essere conteggiare anche le spese di assicurazione sostenute dal debitore per ottenere il credito, in conformità con quanto previsto dall'art. 644, comma 4, c.p., essendo, all'uopo, sufficiente che le stesse risultino collegate alla concessione del credito". D'altra parte, "anche sotto la vigenza del quadro normativo applicabile alla fattispecie in esame ratione temporis (v. sub 2.5. e 2.6.), la natura obbligatoria della polizza assicurativa prevista per i contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio o della pensione non è incompatibile con una sua connotazione propriamente remunerativa, anche indiretta, che va accertata in concreto utilizzando il diverso canone della sua effettiva incidenza economica diretta ed indiretta - sulle obbligazioni assunte dalle parti in relazione al contratto di finanziamento ed è, quindi, idonea, ove ricorra, ad attrarre la fattispecie concreto nella previsione dettata dalla parte generale del paragrafo C4, delle Istruzioni UIC, rilevante ai fini del calcolo del TEG. 2.11. Si deve infatti rimarcare che la deroga (sulla quale fonda la sua doglianza la ricorrente) prevista al detto paragrafo C4, non può consentire la pretermissione della regola generale dettata nella prima parte del paragrafo, atteso che questa non è altro che la riproduzione della norma penale" (così, Cassazione civile sez. I, 24/09/2018 n. 22458). Ai fini della valutazione meramente remunerativa di tali polizze, la Cassazione ha poi aggiunto che "la sussistenza del collegamento può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova ed è presunta nel caso di contestualità tra la spesa di assicurazione e l'erogazione del mutuo (Cass. Sez. 1, n. 8806, 05/04/2017,) anche in virtù del fatto che la funzione dell'assicurazione obbligatoriamente prevista dal D.P.R. n. 180 del 1950, art. 54, b proprio quella "di garantire il mutuante, nel caso in cui per qualsiasi ragione venga a mancare la disponibilità dello stipendio del mutuatario" (Cassazione civile sez. II, 20/08/2020 n. 17466). Alla luce di quanto sopra richiamato deve, quindi, includersi nel costo del finanziamento rilevante ai fini del calcolo dell'usurarietà altresì il costo del c.d. oneri assicurativi in quanto inscindibilmente connessi al credito mutuato e non privi di aspetti di remuneratività nell'operazione concessiva del credito stesso, pertanto non irrilevante ai sensi dell'art. 644 c.p.; d'altra parte, chiarisce sempre la Corte di Cassazione, "le rilevazioni della Banca d'Italia hanno l'unico scopo di determinare, sulla base della media registrata, il TEGM (tasso effettivo globale medio) e non già di stabilire il paniere del corrispettivo di cui tener conto al fine di accertare l'usurarietà del compenso, stante che la composizione di esso trova compiuta descrizione nell'art. 644 c.p." (Cassazione civile sez. II, 20/08/2020 n. 17466). Dalla documentazione in atti, è emerso che l'attore ha sottoscritto, contestualmente alla stipula dei contratti di finanziamento ed in favore dell'Istituto mutuante-cessionario (quindi a garanzia del rimborso del mutuo), due polizze assicurative per rischio vita e rischio impiego versandone il relativo premio complessivo di Euro 2.186,49 (per il contratto n. (...)) e Euro 3.465,62 (per il contratto n. 28760). Nel medesimo contratto di finanziamento stipulato tra le parti, la società mutuante, data l'obbligatorietà della polizza assicurativa, Imponeva, inoltre, alla mutuataria di contrarre in proprio favore la predetta polizza caricandone l'intero importo direttamente alla parte mutuataria che, pertanto, ne corrispondeva la somma anticipatamente insieme alle altre voci di spesa presenti nel contratto di cessione del quinto e con delegazione di pagamento (vedasi l'art. 8 delle Condizioni contrattuali dei contratti di finanziamento). Parte convenuta, da parte sua, non ha offerto alcun elemento a prova contraria circa il collegamento tra l'assicurazione stipulata e l'erogazione del credito. Sulla base di tali coordinate ritiene il Tribunale che il tasso di interesse dei rapporti debba essere calcolato tenendo conto anche dei costi relativi all'assicurazione; pertanto, devono essere presi a riferimento I calcoli effettuati in sede di integrazione dal CTU che ha concluso in ordine al superamento del TSU in entrambi i rapporti. Ed infatti, il tasso soglia di cui al decreto ministeriale pubblicato sul Gazzetta Ufficiale era pari: a) al 16,395%, per II primo rapporto (tasso medio I trimestre 2007 10,93%, aumentato della metà e quindi della percentuale del 5,46% ex art. 2, L. 108/1996-108/1996 - doc. 7 fascicolo convenuto) a fronte di quello applicato pari al 18,609% e b) al 19,320% per il secondo rapporto (tasso medio I trimestre 2007 12,88%, aumentato della metà e quindi della percentuale del 6,44% ex art. 2, L. 108/1996-108/1996 - doc. 7 fascicolo convenuto) a fronte di quello applicato pari al 22,123%. Pertanto, dovendo farsi applicazione dell'art. 1815 co. 2 c.c., a tenore del quale "Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi", il contratto di mutuo si trasforma da oneroso in gratuito con azzeramento di ogni remunerazione a favore del mutuante. La convenuta deve conseguentemente restituire all'attore quanto ricevuto a titolo di interesse e di ogni altro onere connesso all'erogazione (ivi compresa la polizza vita) del credito con esclusione solo delle somme percepite a titolo di rimborso del capitale mutuato. Al riguardo risulta documentalmente - oltre che essere circostanze pacifiche - che il mutuatario ha sostenuto i seguenti costi connessi all'operazione di finanziamento: A) n. (...): a) Interessi Euro 4.805,45; b) commissioni finanziarie: 2.218,15 c) commissioni accessorie: 4.989,60; d) rimborso spese contrattuali: 250,00 e f) Costi assicurativi: Euro 2.186,51 (docc. 5 e 21 fascicolo convenuto); B) n. 28760: a) interessi 4.829,45; b) commissioni finanziarie: 2.208,55 c) commissioni accessorie: 4.968,00; d) rimborso spese contrattuali: 250,00 e f) Costi assicurativi: Euro 3.465,62 (doc. 6 fascicolo convenuto); Pertanto, tenuto conto del principio della gratuità del mutuo e della circostanza che il contratto è stato estinto alla sua naturale scadenza (circostanza confermata anche dal CTU), si deve concludere che il convenuto istituto di credito deve restituire, a titolo di ripetizione di indebito al SIMEONI, la somma di Euro 14.449,69 per il contratto n. (...) e Euro 15.721,62 per il contratto n. 28760 senza che sia necessario riconvocare il CTU per lo svolgimento di tale calcolo. Sulla somma, come sopra individuata e senza prendere in considerazione il calcolo svolto da parte attrice, debbono riconoscersi i soli interessi al tasso legale dalla data di costituzione in mora avvenuta con PEC ricevuta in data 20.03.2015 (doc. 6 fascicolo attoreo). Ed infatti, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., gli interessi sono dovuti dalla data del pagamento (e non già dalla data della domanda) esclusivamente se l'accipiens sia in mala fede: secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. 18 novembre 2016, n. 23543), è onere del solvens dimostrare la malafede dell'accipiens e, nel caso di specie, parte attrice ha omesso qualsivoglia deduzione sul punto. Le spese di lite vengono interamente compensante ex art. 92 c.p.c. posta la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione dirimente il presente giudizio, specie con riferimento all'epoca di introduzione della presente lite. Per la stessa ragione le spese di CTU vengono integralmente compensate tra le parti. Infine, per quanto riguarda la responsabilità processuale aggravata eccepita da entrambe le parti, ex art. 96 co. 3 c.p.c., tale particolare condanna "ha una funzione (quanto meno) sanzionatoria di quelle condotte processuali temerarie che comportano un complessivo pregiudizio alla tempestiva definizione dei procedimenti seriamente instaurati e, in definitiva, un ingiustificato spreco di una risorsa sempre più limitata quale il giudizio civile. Detta condanna è ancorata alla ricorrenza del dolo o dello colpo grave della porte soccombente e; rispetto a tali condizioni, chi invochi lo condanna ex art. 96 c.p.c. ha l'onere, quantomeno, di allegare argomentazioni a sostegno dello richiesta" (Tribunale Milano sez. III, 28/06/2019, n. 6387) a prescindere dalla necessità di provare il danno effettivamente patito dalla controparte. Tali argomentazioni, però, non sono state fornite da alcuna delle parti con la conseguenza che tanto l'attore che il convenuto hanno agito o resistito in giudizio esercitando il proprio legittimo diritto di difesa, tanto più che gli orientamenti giurisprudenziali in materia non erano univoci sussistendo argomenti a favore di entrambe le tesi sostenute dalle parti. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda ed eccezione respinta, così provvede: - accoglie la domanda formulata da (...) per l'effetto dichiara la gratuita del finanziamento contro cessione del quinto di quote dello stipendio identificato con il n. (...) e del finanziamento con delegazione di pagamento identificato con il n. (...); - in accoglimento della domanda di ripetizione, condanna (...) S.p.A. (già (...) S.p.A., e ancor prima (...) S.p.A.) a pagare, in favore di (...) la somma di Euro 30.172,31, oltre gli interessi legali dal 20.03.2015 al soddisfo; - compensa integralmente le spese di giudizio così come quelle di CTU. Della presente sentenza, facente parte integrante del verbale di udienza viene data integrale lettura (in assenza) delle parti. Così deciso in Varese l'8 settembre 2020. Depositata in Cancelleria l'8 settembre 2020.

  • IL TRIBUNALE DI VARESE SECONDA SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Flaminia D'Angelo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 4704 del Ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2015 trattenuta in decisione all'udienza del 04.12.2019 e promossa da UM.ZE., ZE.SI. e ZE.AL. elettivamente domiciliati in VIA (...) DESIO presso lo studio dell'avv. CA.CH. che li rappresenta e difende giusta procura in atti - ATTRICE - contro LO.CE. elettivamente domiciliata in VIA (...) MILANO presso lo studio dell'Avv. CI.LO. che la rappresenta e difende assieme all'avv. GE.CA., giusta procura in atti - CONVENUTA - PI.CA. elettivamente domiciliata in VIA (...) MILANO presso lo studio dell'Avv. CI.LO. che la rappresenta e difende assieme all'avv. GE.CA., giusta procura in atti - INTERVENUTO VOLONTARIO - OGGETTO: azione di rivendica di somme di denaro depositate presso un conto corrente cointestato CONSIDERAZIONI IN FATTO E DIRITTO Con atto di citazione regolarmente notificato, UM.ZE., ZE.SI. e ZE.AL., quali eredi della defunta CA.RO., citavano in giudizio innanzi all'intestato Tribunale LO.CE. per sentire accogliere le seguenti conclusioni "IN VIA PREGIUDIZIALE E/O PRELIMINARE: - In via principale: 1) accertare e dichiarare, per tutti i motivi sopra esposti, l'inammissibilità dell'intervento ex art. 105 c.p.c. di Ca.Pi. per mancanza di connessione con il presente giudizio; - In via subordinata: 2) accertare e dichiarare, per tutti i motivi sopra esposti, la tardività dell'intervento ex art. 105 c.p.c. di Ca.Pi. e, per l'effetto, dichiarare lo stesso inammissibile; NEL MERITO: 1) accertare e dichiarare il diritto degli attori, per i motivi di cui in narrativa, nella loro qualità di eredi della sig.ra Ca.Ro., alla restituzione del 50% delle somme prelevate dalla sig.ra Ce.Lo. dai c/c bancari Fi. S.p.A. cointestati alla sig.ra Ce.Lo. ed alla sig.ra Ca.Ro. e, per l'effetto, condannare la sig.ra Ce.Lo. al pagamento in favore dei sig.ri Ze.Si., Ze.Um. e Ze.Al., della somma complessiva di Euro 148.093,98 oltre interessi legali dal dovuto al saldo, salva la maggiore o minore somma che risulterà provata in corso di causa e/o ritenuta di giustizia e con espressa riserva di agire, in separato giudizio, per ottenere la restituzione di ulteriori somme che risultassero agli stessi dovute anche ad altro titolo; 2) rigettare le domande dell'intervenuto Ca.Pi. in quanto infondate in fatto ed in diritto; 3) affermare inoltre la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., primo e/o terzo comma, del terzo intervenuto Ca.Pi., con sua condanna al risarcimento dei danni in favore degli attori nella misura che sarà ritenuta di giustizia dal Tribunale adito; 4) in ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari di giudizio oltre ad IVA e CPA e rimborso forfetario come per legge". A sostegno della propria pretesa evidenziavano: - che CA.RO. decedeva in data 17.05.2014 (doc. 1 fascicolo attore); - che in vita era stata cointestataria assieme alla CE.LO. del c/c n. (...) e del dossier titoli (...) acceso presso FI. con fondi propri che alla data del 09.05.2012 presentava un saldo di Euro 298.609,36 (doc. 2 fascicolo attoreo); - che nel mese di dicembre 2012 apprendeva che il rapporto bancario aveva saldo negativo perché nel maggio 2012 erano stati disposti dalla CE. alcuni giroconti sul c/c n. (...) per la somma di Euro 296.187,96 (doc. 4 fascicolo attoreo); - che a nulla erano valse le varie diffide a restituire l'importo; - che essendo il conto cointestato si doveva presumere, fino a prova contraria, di proprietà al 50% in capo alle singole intestatarie le quali non potevano disporre della somma in misura eccedente la propria quota senza il consenso espresso o tacito dell'altro. Si costituiva la convenuta CE.LO. contestando tutto quanto ex adverso assunto ed in particolare: - che la vicenda in cui si inseriva il citato conto cointestato era più complessa e coinvolgeva anche PI.CA., fratello della CA.RO. e marito della convenuta; - che entrambi i fratelli CA. avevano ricevuto procura generale dalla zia LI.RE. per la gestione dei suoi averi; - che agli inizi dell'anno 2000, il PI.CA. proponeva alla zia LI. l'apertura di un conto corrente presso la Ba.Fi., sul quale, oltre ai risparmi della zia, anch'egli decideva di depositare i propri risparmi derivanti in gran parte dal TFR percepito e dall'indennità di licenziamento; - che in occasione dell'apertura, con dichiarazione del 6.3.2000, sottoscritta da Ro. e Pi.Ca., i medesimi certificavano che "il versamento odierno di tre assegni circolari per complessivi 774.000.000 di Lire sul nuovo conto da aprirsi presso Ba.Fi. e che verrà cointestato a Lo.Ce. e a Ro.Ca. riguarda per 639.634.000 Lire il patrimonio della zia Li.Re. e il rimanente 134.366.000 Lire pari al 18,04% della somma totale investita, proviene dai risparmi di Pi.Ca." (doc.n.2 fascicolo convenuto); - che Ro.Ca. non aveva mai partecipato con propri fondi a tale conto che era gestito esclusivamente dal marito; - che il conto le era stato intestato dal marito assieme alla sorella per tenere al sicuro i risparmi visto che PI.MA. era un imprenditore; - che in data 8.2.2012, il Ca. veniva nominato erede universale di LI.RE. in virtù di testamento olografo (doc. 4 fascicolo convenuto) ed ereditava anche gli importi contenuti nei conti correnti; - che, successivamente, la Ca. provvedeva a sottrarre alla disponibilità del Pi.Ca. gli importi depositati in un conto corrente cointestato con il fratello acceso presso la BS., somme di provenienza della LI.RE.; - che, a seguito del comportamento della sorella, il Ca. prelevava l'intero saldo presente presso il conto Fi. S.p.A.; - che pertanto, le prove contrarie offerte permettevano di superare la presunzione di contitolarità. Insisteva, quindi per il rigetto delle domande attoree. Interveniva volontariamente nel giudizio PI.CA. il quale evidenziava: - che aveva aperto per la zia LI. un conto corrente presso la Ba.Fi., sul quale anch'egli decideva di depositare i propri risparmi derivanti in gran parte dal TFR percepito e dall'indennità di licenziamento; - che il conto corrente per ragioni legate alla proprie attività lavorativa di imprenditore veniva intestato alla sorella CA.RO. e alla moglie CE.LO.; - che sul conto non confluivano fondi propri di Ca.Ro. come da documentazione depositata dalla convenuta; - che il medesimo modus operandi veniva seguito per un conto corrente in Svizzera presso la Ba.Bs. SA il quale veniva cointestato tra i fratelli Ca., ed era costituito esclusivamente da somme di proprietà della zia Li.; - che, in seguito al decesso della Li., avvenuto l'8.2.2012, era stato nominato erede universale ed aveva acquisito la titolarità di tutte le somme giacenti nel conto corrente; - che la sorella in data 12.3.2012 prelevava dal conto svizzero in assenza di suo consenso l'importo di Euro 50.000,00; - che successivamente la sorella prelevava anche l'importo di Euro 1.213,25 trasferendo, al contempo, la residua somma di Euro 1.213,24 a favore del Ca.. Chiedeva il rigetto delle domande attoree e l'accertamento della piena titolarità del conto accesso presso BS. con conseguente condanna degli eredi di Ca.Ro. alla restituzione di quanto indebitamente prelevato dalla sorella. Alla prima udienza gli attori contestavano l'intervento in giudizio di PI.CA. evidenziando, da una parte, l'assenza di connessione per causa o titolo al presente giudizio nonché la tardività nella costituzione. Disconoscevano, altresì', il doc. 2 depositato da parte convenuta. La causa veniva istruita con lo scambio delle memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c. all'esisto della quali il Giudice, precedente assegnatario del fascicolo, ammetteva l'interrogatorio formale della convenuta nonché CTU grafologica, a fronte dell'istanza di verificazione di parte convenuta, con il seguente quesito: "esaminati gli atti ed i documenti di causa e, in particolare, le scritture di comparazione prodotte, dica il ctu se le sottoscrizioni apposta sul documento n. 2 prodotto dalla convenuta Ce.i Lo. ed oggetto del disconoscimento operato dall'attore sia o meno autentica". L'incarico veniva rinunciato da n. 3 CTU; in data 26.06.2018, il CTU nominato in sostituzione da questo Giudice, nuovo assegnatario del fascicolo, accettava l'incarico e prestava giuramento. Chiamata all'udienza del 04.12.2019, le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con termini ex art. 190 c.p.c. per lo scambio di memorie conclusionali e repliche. 1. In via preliminare sull'intervento di PI.CA.. In via preliminare deve dichiararsi inammissibile l'intervento di PI.CA.. In proposito, deve rammentarsi che ai sensi dell'art. 105, co. 1 e 2 c.p.c. possono aversi tre diverse ipotesi di intervento volontario di terzi nelle controversie da altri già promosse, interventi che si distinguono tra loro sulla scorta della situazione giuridica sostanziale che il terzo fa valere nel processo e, più in generale, avendo riguardo alla posizione di tale soggetto terzo rispetto al diritto o al rapporto giuridico oggetto del processo pendente tra le parti originarie. Da un lato, si parla di intervento principale (o ad excludendum) ex art. 105 co. 1 c.p.c. allorché il terzo fa valere, nei confronti di tutte le parti, un proprio diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo già dedotto in lite: in sostanza il terzo propone una domanda che poggia su un diritto autonomo ed incompatibile con quello già oggetto del giudizio. Dall'altro lato, si parla di intervento adesivo o dipendente allorché il terzo interviene in virtù di un proprio interesse a sostenere le ragioni di una o più parti. In tale ultima ipotesi, il terzo può ai sensi dell'art. 105 co. 1 c.p.c. intervenire nei confronti di alcune delle parti originarie per far valere un proprio diritto connesso, per oggetto o per titolo, con quello dedotto nel giudizio già pendente (cd. intervento adesivo autonomo): in sostanza il terzo propone una domanda che va ad affiancarsi a quella già proposta dall'attore o spiegata dal convenuto in via riconvenzionale e che avrebbe potuto essere formulata con queste ultime, in cumulo originario, in forza delle suindicate ragioni di connessione (la cui effettiva sussistenza è condizione indefettibile per l'ammissibilità dell'intervento, non essendo ravvisabile, in caso contrario, ragione alcuna che valga ad imporre ed a giustificare il simultaneus processus). Altrimenti, il terzo può, ai sensi dell'art. 105 co. 2 c.p.c. intervenire nel giudizio già vertente tra altri soggetti per sostenere le ragioni di alcuna delle parti originarie avendo un proprio interesse (cd. intervento adesivo dipendente); in tali casi il terzo non propone una propria domanda e non introduce in giudizio un diritto o una situazione giuridica soggettiva ulteriore, limitandosi, invece, a supportare le domande, ragioni ed eccezioni già spiegate da una delle parti originarie. Per l'ammissibilità di siffatto intervento occorre che il terzo abbia un interesse personale a sostenere le ragioni di una delle parti originarie del giudizio, interesse che deve essere non di mero fatto, ma giuridicamente rilevante, nel senso che tra adiuvante ed adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tale che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere, in via indiretta o riflessa, pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa (così, ex multis Cass. 25135/2015; Cass. 25145/2014). Ora nel caso che ci occupa PI.CA. è intervenuto volontariamente nel presente giudizio al fine di sostenere la posizione di CE.LO. chiedendo, al contempo, al Giudice di accertare che la CA.RO. avesse prelevato le somme contenute nel conto corrente acceso in Svizzera presso BS. - cointestato tra i due fratelli - e, conseguentemente, di condannare i suoi eredi alla restituzione dell'importo; l'interveniente ha, quindi, proposto un intervento adesivo autonomo. Come noto, però, presupposto indefettibile per l'ammissibilità di tale intervento è che l'interventore faccia valere "un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo". Dunque solo la connessione c.d. oggettiva, vale a dire quella per il "petitum" - oggetto - ovvero per la "causa petendi" - titolo giustifica l'intervento del terzo ed il simultaneus processus, non potendo giustificare l'intervento nemmeno un'ipotesi di connessione impropria. In sostanza, il terzo è legittimato all'intervento adesivo autonomo quando il diritto da lui affermato e fatto valere rientra nella struttura di quel medesimo rapporto giuridico già dedotto in causa come generato da quel fatto giuridico oppure quando rientra nella struttura di un rapporto giuridico diverso, ma in ogni caso connesso con quello già dedotto in causa perché derivante anch'esso, pur se indirettamente, dallo stesso fatto giuridico. Nel caso di specie, PI.CA. però fa valere un diritto (quello alla restituzione di somme depositate presso un conto corrente in Svizzera cointestato con la RO.CA.) che non solo non riguarda il medesimo rapporto giuridico ma non riguarda nemmeno un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in causa (domanda di restituzione delle somme depositata presso un conto corrente in Italia cointestato tra RO.CA. e LO.CE.) tanto che tale domanda non va ad affiancarsi a quella spiegata dal convenuto in via riconvenzionale (che infatti non è stata svolta) per cui non può giustificarsi il simultaneus processus. 2. Nel merito. Ciò chiarito in via preliminare, resta da verificare nel merito la domanda proposta dagli attori, eredi di RO.CA., volta a fare dichiarare la titolarità al 50% delle somme depositate nel c.c. (...) e nel dossier titoli collegato, cointestato tra la defunta CA. e la LO.CE. con conseguente condanna di quest'ultima alla loro restituzione. La domanda è fondata e come tale va accolta per le ragioni che seguono. È noto che in materia di conti cointestati è principio consolidato della Suprema Corte quello secondo cui "la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (art. 1854 c.c.) sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto (art. 1298 c.c., comma 2), ma tale presunzione dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa" (da ultimo, Cass. ord. n. 11375/2019). Grava, quindi, sulla LO.CE. l'onere di vincere la presunzione legale. Ora, la convenuta ha affermato che il conto corrente sia stato alimentato esclusivamente dai risparmi della LI.RE. nonché dal TFR e dall'indennità di occupazione di suo marito PI.CA.. A tale proposito ha depositato in atti: - doc. 2/doc. 8: dichiarazione - anche in originale - del 06.03.00 sottoscritta in via autografa da RO.CA. - come accertato dal CTU - e PI.CA. in cui i due fratelli danno atto che i tre assegni circolari per Lire 174.000 provengono per 18,04% della somma da risparmi del PI.CA. ed il rimanente dei risparmi di LI.RE. e verranno depositati presso un conto corrente da aprire e da intestare a Ro. e Lo.; - doc. 3: lettera del 13.03.2000 sottoscritta da PI.CA. e per ricevuta da LI.RE. in cui l'intervenuto dà atto di avere aperto un conto corrente cointestato a Ro. e Lo. presso la Ba.Fi. e di avere fatto confluire oltre i risparmi della zia per Lire 639.634.000 anche i propri risparmi per Lire 134.366.000; - doc. 5: estratto conto del conto n. 10340 intestato a PI.CA. presso Banca popolare di Novara in cui si dà atto del ricevimento di un bonifico in data 03.03.2000 per Lire 774.000.000 da CA.RO. e di un addebito in data 06.03.2000 per emissione assegni circolari la stessa somma cioè per Lire 774.000.000; - doc. 6: matrici degli assegni circolari in data 06.03.2000; - doc. 7 e ss: scambio di email tra i fratelli CA.; - doc. 12: varie missive di cui: a) missiva di conferma investimento fondo cisalpino del 13.03.2000 cointestatario: Ca.Ro., ente collocatore: Ba.Po. Eur: 25.495,41; b) missiva di conferma investimento fondo (...) global equity del 13.03.2000 cointestatario: Ca.Ro., ente collocatore: Po., Eur: 7.746,85; c) comunicazione fusione per incorporazione del (...) Putnam nel (...) breve termine in data 03.11.2003, intestato a Ce.Lo., codice rapporto: (...); d) comunicazione del 03.12.2003 di investimento su Fo. Del (...), intestato a Ce.Lo. e Ca.Ro., codice rapporto: (...); e) comunicazione del 03.12.2003 di investimento su (...) breve termine intestato a Ce.Lo. e Ca.Ro., codice rapporto:(...); f/g) comunicazione fusione per incorporazione del (...) nel (...) reddito in data 03.11.2003, intestato a Ce.Lo., codice rapporto: (...); h) missiva conferma rimborso quote fondo cisalpino, cointestatario: Ca.Ro., ente collocatore: Fi. S.p.A. importo: Euro 61.342,07. Ora, la presunzione legale di contitolarità può essere vinta provando - o anche fornendo un quadro indiziario grave, preciso e concordante - alternativamente che: a) il conto fosse è costituito con somme di denaro immesse da uno dei contitolari; b) che tali importi provengono da un suo conto personale o c) che tali importi sono di pertinenza esclusiva di una parte. Nel caso di specie, però, la documentazione in atti nulla dice della provenienza/pertinenza delle somme contenute nel conto corrente e dossier titoli n. (...) intestato a Ce.Lo. e Ca.Ro. ed acceso presso Fi. il 16/17.11.2005 come da doc. 11 fascicolo attoreo, per cui non risulta che parte convenuta abbia superato la presunzione legale di contitolarità del conto. Ed infatti le dichiarazioni depositate sub. doc. 2 e 3 da parte convenuta non sono collegabili a tale conto corrente non contenendo alcuna indicazione per identificare specificatamente a quale conto corrente le parti si riferiscano; anche le matrici degli assegni del 06.03.00 addebitati sul conto del PI.CA. (doc. 6), nulla provano non essendoci alcun documento da cui evincere il versamento di tali assegni sul conto Fi. per cui è causa. A ciò si aggiunga che non è chiara, in ogni caso, la provenienza delle somme, contrastando tra loro il contenuto generico con dichiarazioni pro futuro del doc. 2 e l'estratto conto sub. doc. 5 in cui si evince un bonifico da parte di RO.CA. sul conto del fratello per Lire 774.000.000 in data 03.03.00 (3 giorni prima l'emissione degli assegni circolari) ed in data 06.03.00 l'emissione di assegni circolari da parte del PI.MA. per il medesimo importo. Anche il doc. 12 nulla prova essendo in parte documentazione riferibile a conti intestati alla sola LO.CE. ed in parte investimenti su Fondi collegati ad un conto cointestato con la CA. di cui non si evince il numero o il legame con il conto corrente per cui è causa. Nulla provano nemmeno le dichiarazioni rese da parte convenuta in sede di interrogatorio formale. Come noto, l'interrogatorio formale è volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante per cui "in assenza di confessione l'efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dalla parte in sede di interrogatorio formale, è soggetta al libero apprezzamento del giudice, il quale ben può saggiarne la consistenza alla luce e nel necessario coordinamento con altri elementi del complesso probatorio" (così, Cass. civ. n. 9840/1999). In particolare la CE. avrebbe affermato che il conto era fittiziamente cointestato a lei e alla RO.CA. ma che in realtà era del marito, PI.CA. che lo gestiva autonomamente tramite home banking. Tuttavia, tale dichiarazione non avendo alcun valore confessorio di fatti sfavorevoli alla convenuta e favorevoli alla controparte non assume valore di prova legale ma deve essere valutata ai sensi dell'art. 116 c.p.c. assieme al quadro probatorio sinora emerso. Nel caso di specie, come già illustrato, il quadro degli elementi probatori nulla dice sulla provenienza/pertinenza delle somme contenute nel conto corrente e dossier titoli n. (...) intestato a CE.LO. e CA.RO. ed acceso presso Fi. il 16/17.11.2005 né il quadro presuntivo può ritenersi preciso e concordante per le ragioni poc'anzi esposte. In atti, poi, non vi sono estratti conto da cui evincere che il conto sia stato alimentato con importi depositati dal PI.CA. né che tale conto sostituisca un conto pregresso aperto nel 2000 sempre cointestato alle parti in causa (come invece riferisce la convenuta affermando che prima il conto fosse presso la BI.). In realtà anche volendo presumere come vera tale ultima circostanza e cioè che nel 2000 fosse stato acceso un conto cointestato tra la CE.LO. e CA.RO., la documentazione in atti non permetterebbe in ogni caso di presumere che gli importi contenuti oggi nel conto n. (...) siano di PI.CA.. Alla luce di quanto sopra, questo giudice ritiene che CE.LO. non ha vinto la presunzione legale relativa alla cointestazione del conto nemmeno a livello presuntivo con la conseguenza che, non essendo in contestazione la circostanza del giroconto su conto familiare di tutte le somme presenti sul conto n. (...) da parte del PI.CA. per un totale di Euro 296.187,96, deve essere condannata alla restituzione del 50% di tale importo e cioè Euro 148.093,98 oltre interessi dalla data del 11.05.2012 (ultimo bonifico sul conto personale) al saldo. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate - in parziale difformità rispetto alle note spese depositate - nella misura di cui al dispositivo utilizzando i parametri di cui al Decreto del Ministero della giustizia del 10.3.2014 n. 55 come modificato dal Decreto del Ministero della giustizia del 8 Marzo 2018, n. 37, applicabile a tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (27.04.2018) (scaglione da Euro 52.001 a Euro 260.000 scaglione medio per tutte le fasi in relazione all'attività processuale svolta e con maggiorazione del 10% come previsto da art. 4 co. 2 D.M. 55/2014 avendo gli attori stesse posizioni processuali ed avendo proposto le medesime domande). Pone, altresì, definitivamente le spese di CTU a carico di parte convenuta. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - in via preliminare, dichiara inammissibile l'intervento di PI.CA.; - nel merito, accoglie la domanda di UM.ZE., ZE.SI. e ZE.AL. e per l'effetto condanna CE.LO. alla restituzione Euro 148.093,98 oltre interessi dal 11.05.2012 al saldo; - pone definitivamente le spese di CTU in capo a parte convenuta; - condanna CE.LO. a rifondere le spese processuali a UM.ZE., ZE.SI. e ZE.AL. che liquida in Euro 13.430,00 per compensi oltre maggiorazione del 10%, rimborso spese generali al 15%, Iva e Cpa, come per legge ed Euro 786 per esborsi. Così deciso in Varese il 27 febbraio 2020. Depositata in Cancelleria il 28 febbraio 2020.

  • Tribunale Ordinario di Varese II SEZIONE CIVILE Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...), in proprio ed in qualità di rappresentante legale della società (...), rappresentato e difeso dagli avv.ti (...), ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima in Varese, come da procura in calce al ricorso RICORRENTE contro INPS, con l'avv. (...), elettivamente domiciliato in Varese RESISTENTE OGGETTO: contributi previdenziali Unione Europea All'udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti. FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese in funzione di Giudice del Lavoro, depositato in Cancelleria in data 4.4.2014, (...), in proprio ed in qualità di rappresentante legale della società (...), ha convenuto in giudizio l'INPS formulando le conclusioni che di seguito si trascrivono: "Voglia il Tribunale adito, ogni diversa e contraria istanza, eccezione e domanda disattesa e respinta, in via principale dichiarare l'incompetenza dell'INPS a valutare la legittimità degli Al emessi dall'autorità spagnola in favore del personale distaccato dalla Società (...) presso il locale di Milano Malpensa Terminal 2 e, per l'effetto, annullare il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000 37 44 68/DDL del 18 novembre 2013 e il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000 37 44 60/DDL del 18 novembre 2013. In via subordinata: dichiarare la legittimità dei formulari A1 emessi dall'Autorità spagnola in favore del personale distaccato dalla Società (...) presso il locale di Milano Malpensa Terminal 2 e, per l'effetto, annullare il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000 37 44 68/DDL del 18 novembre 2013 e il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000 37 44 60/DDL del 18 novembre 2013. In via ulteriormente subordinata: nella denegata ipotesi in cui venga dichiarata l'illegittimità/invalidità dei formulari A1, dichiarare la sussistenza dell'obbligazione contributiva accertata dall'Inps solo a decorrere dal 18 aprile 2012 ovvero dal gennaio 2012 ed esclusivamente in merito al personale (°) rinvenuto dall'Inps presso il locale di Milano Malpensa Terminal 2 della società e previa valutazione, caso per caso, dei formulari A1 relativi al suddetto personale"; con vittoria di spese. L'INPS si costituiva ritualmente in giudizio, contestando la fondatezza delle pretese avversarie e chiedendone il rigetto. Ammessa l'istruttoria, mutato il giudicante in corso di causa, all'udienza del 13.11.2019 i procuratori delle parti discutevano oralmente la causa. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è fondato e va pertanto accolto. Dal ricorso e dalla documentazione versata in atti emerge quanto segue: - che in data 21 giugno 2013 gli agenti della Guardia di Finanza - Compagnia di Gallarate iniziavano a condurre una verifica generale per accertare la regolarità della situazione tributaria della società odierna ricorrente; - che a conclusione della predetta verifica gli agenti della GdF redigevano, in data 10 luglio 2013, un verbale di contestazione consegnato alla società in data 12 luglio 2013; - che nel predetto verbale veniva dato atto di una perquisizione condotta dagli agenti della GdF presso i locali di Milano Malpensa nel corso della quale veniva accertato quanto segue: la compagnia aerea provvedeva all'assunzione in Spagna di personale, anche italiano (...) Nel corso della richiamata attività di indagine è stata espletata una perquisizione locale presso il predetto ufficio di Malpensa rilevando quanto segue: a) la sussistenza di telefoni, fax e personal computer utilizzati dagli impiegati nonché dai piloti e personale di volo dipendenti dalla predetta compagnia aerea ed in servizio presso detta aerostazione per ricevere le disposizioni nonché comunicazioni varie dalla sede iberica; b) presenza di personale impiegato (un capo scalo e due impiegate stabilmente occupate in detto ufficio e nr. 1 pilota della compagnia aerea ivi presente per la ricezione direttive da sede iberica (...); c) rinvenimento della suddetta documentazione di natura prettamente gestionale: buste del volato dei mesi di marzo e aprile (fino al giorno 5 aprile 2013)- carta d'imbarco e/o lista passeggeri partenti -report dei voli anni 2011-2012 e parte del 2013 (...). In ordine alla documentazione rinvenuta sub. c) la parte riferiva che trattasi di "documentazione essenziale per permettere la partenza dei voli (peraltro obbligatoria per la normativa aeronautica) e non è certamente documentazione gestionale, come fatture, estratti conto, contratti, ricevute di pagamento, note per i managers (...)" (doc. 7 ricorrente); - che con il predetto verbale gli agenti della GdF acclaravano altresì che "da tale luogo il personale dipendente dislocato in Italia recepisce le direttive provenienti dalla sede di direzione sita in Palma di Maiorca e da qui tali indicazioni vengono direttamente attuate nell'ambito dell'attività operativa svolta nello scalo aeroportuale di Milano Malpensa; da tale luogo i piloti "scaricano i piani di volo e le informazioni necessarie per l'esecuzione ovvero svolgimento dei relativi voli" da qui prende servizio il personale di volo ed è qui che ritorna dopo lo svolgimento della propria attività; da tale luogo risulta impiegato personale con funzioni "operative" (...); in tali luoghi vengono prodotti conservati i documenti attinenti al volato del cargo" (doc. 7 ricorrente); - che in relazione al processo verbale di contestazione la ricorrente presentava le osservazioni di cui all'art. 12. 7° comma L. n. 212/2000, invitando l'Ufficio territoriale di Varese dell'Agenzia delle Entrate a valutare le predette prima dell'emissione di un eventuale avviso di accertamento (doc. 8 ricorrente); - che sulla base delle informazioni acquisite dalla GdF di Gallarate presso il locale della Società di Milano Malpensa, in data 11 aprile 2013 l'INPS avviava una procedura che si concludeva in data 18 novembre 2013 e a seguito della quale venivano emessi i verbali unici di accertamento e notificazione in questa sede opposti (doc. 9 ricorrente); - che con i suddetti verbali veniva contestato alla società ricorrente il mancato versamento in Italia dei contributi in favore dei dipendenti meglio indicati in atti; - che di conseguenza l'INPS contestava ad (...) inadempienze per il personale di terra per un totale di Euro 49.143,00 (sanzioni comprese) e per il personale di volo per un totale di Euro 148.022,00 (sanzioni comprese); - che in particolare l'INPS di Varese ha contestato ad (...), richiamando il principio della lex loci laboris, che i lavoratori occupati nel territorio di uno Stato membro devono essere soggetti alla legislazione di tale stato, ciò in quanto i dipendenti della società odierna ricorrente distaccati in Italia non sarebbero risultati iscritti al regime assicurativo dello Stato spagnolo da almeno trenta giorni prima dell'assunzione finalizzata al distacco, come previsto dalla Circolare INPS n. 83 del luglio 2010; - che di conseguenza risulterebbe irrilevante ai fini della fattispecie per cui è causa il rilascio dei modello Al da parte dell'Autorità spagnola; - che (...) possiede infatti una propria base operativa presso la sede dell'Aeroporto di Milano Malpensa; - che i lavoratori di (...) che operano su Malpensa risiedono e hanno sempre risieduto stabilmente in Italia; - che tali ultimi due elementi, unitamente al fatto che nei contratti di lavoro del personale distaccato è indicato il locale italiano nonché l'orario di lavoro del suddetto personale, dovevano indurre la società ad applicare le norme lavoristiche e previdenziali italiane; - che avverso il verbale di accertamento in questa sede opposta i ricorrenti in data 17 dicembre 2013 presentavano ricorso amministrativo innanzi al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro della Direzione Regionale di Lavoro di Varese e all'INPS di Varese (doc. 10 ricorrente); - che con Delibera n. 56/2014 ricevuta da (...) in data 5 marzo 2014 il Comitato Regionale dichiarava la propria incompetenza a definire la questione (doc. 11 ricorrente). Tutto ciò premesso il ricorrente adiva l'intestato Tribunale formulando le conclusioni in epigrafe trascritte e contestando l'operato dell'istituto sotto diversi profili. In via preliminare, l'opponente ha invocato la legittimità dei formulari Al rilasciati dall'Autorità spagnola e versati in atti, ritenendo che gli stessi creino ""una presunzione di regolarità dell'iscrizione dei lavoratori distaccati a regime previdenziale dello Stato membro in cui ha sede l'impresa che ha effettuato il distacco di tali lavoratori" e in quanto tali siano vincolanti "per l'organo competente dello Stato membro in cui quegli stessi lavoratori sono distaccati". Sulla base di questo assunto, infatti, l'opponente ha eccepito che l'INPS non avrebbe potuto procedere all'apertura di una posizione contributiva italiana per i lavoratori assunti con contratto di diritto spagnolo senza prima attivare i procedimenti previsti dalla normativa comunitaria per ottenere dalla competente autorità spagnola emittente la revoca ovvero l'annullamento delle predette certificazioni (vecchi modelli E101 oggi formulari A1). Nel merito, ha chiesto che venga riconosciuta la genuinità del distacco internazionale per cui è causa. Solo in via subordinata, il ricorrente ha chiesto che l'obbligo contributivo per cui è causa venga riconosciuto come sussistente solo a decorrere dal mese di aprile 2012. La causa è fondata con riguardo alla questione preliminare dedotta in ricorso. Con sentenza 10 febbraio 2000, procedimento C-202/97, la Corte di Giustizia ha affermato: "53. Ne consegue che il certificato E 101, in quanto crea una presunzione di regolarità dell'iscrizione dei lavoratori distaccati al regime previdenziale dello Stato membro in cui ha sede l'impresa di collocamento temporaneo, è vincolante per l'ente competente dello Stato membro in cui gli stessi lavoratori sono distaccati. 54. La soluzione contraria potrebbe pregiudicare il principio dell'iscrizione dei lavoratori subordinati ad un unico regime previdenziale, come pure la prevedibilità del regime applicabile e, quindi, la certezza del diritto. Invero, in ipotesi in cui il regime applicabile fosse di difficile determinazione, ciascuno degli enti competenti dei due Stati membri interessati sarebbe portato a ritenere il proprio regime previdenziale applicabile ai lavoratori interessati, a detrimento di questi ultimi. 55. Pertanto, fintantoché il certificato E 101 non venga revocato o invalidato, l'ente competente dello Stato membro nel quale i lavoratori sono distaccati deve tener conto del fatto che questi ultimi sono già assoggettati alla normativa previdenziale dello Stato in cui l'impresa che li occupa ha sede e tale ente non può, di conseguenza, assoggettare i lavoratori di cui trattasi al proprio regime previdenziale. 56. All'ente competente dello Stato membro che ha rilasciato il detto certificato E 101 incombe tuttavia l'obbligo di riconsiderare la correttezza di tale rilascio e, eventualmente, revocare il certificato qualora l'ente competente dello Stato membro nel quale i lavoratori sono distaccati manifesti riserve in ordine all'esattezza dei fatti che sono alla base del detto certificato e, pertanto, delle indicazioni in essi figuranti, in particolare in quanto queste ultime non corrispondano ai requisiti di cui all'art. 14, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1408/71. 57 Nell'eventualità in cui gli enti previdenziali interessati non pervengano ad un accordo, in particolare sulla valutazione dei fatti specifici di una situazione concreta e, di conseguenza, in ordine alla questione se quest'ultima rientri nelle previsioni dell'art. 14, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1408/71, essi hanno facoltà di investire della questione la commissione amministrativa. 58. Ove quest'ultima non riesca a conciliare le diverse posizioni degli enti competenti in merito alla normativa applicabile al caso di specie, lo Stato membro nel cui territorio i lavoratori di cui trattasi sono distaccati ha quanto meno facoltà, senza pregiudizio degli eventuali rimedi giurisdizionali esistenti nello Stato membro a cui appartiene l'ente emittente, di promuovere un procedimento per dichiarazione d'inadempimento ai sensi dell'art. 170 del Trattato CE (divenuto art. 227 CE), al fine di consentire alla Corte di esaminare, nell'ambito di un tale ricorso, la questione della normativa applicabile ai detti lavoratori e, di conseguenza, l'esattezza delle indicazioni figuranti nel certificato E IGF". Il Regolamento (CE) n. 883/2004 del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, stabilisce all'art. 11, par 3, lett. a), che "una persona che esercita un'attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro". L'art. 12, co. 1, dispone poi che "la persona che esercita un'attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un'altra persona". Il Regolamento (CE) n. 987/2009 del 16 settembre 2009, in ordine alle modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, stabilisce all'art. 5, co. 1, che "i documenti rilasciati dall'istituzione di uno Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini dell'applicazione del regolamento di base e del regolamento di applicazione, nonché le certificazioni su cui si è basato il rilascio dei documenti, sono accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri fintantoché essi non siano ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati rilasciati". Il successivo comma secondo dispone che, "in caso di dubbio sulla validità del documento o sull'esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni che vi figurano, l'istituzione dello Stato membro che riceve il documento chiede all'istituzione emittente i chiarimenti necessari e, se del caso, il ritiro del documento. L'istituzione emittente riesamina i motivi che hanno determinato l'emissione del documento e, se necessario, procede al suo ritiro". Per il caso di "mancanza di accordo tra le istituzioni interessate", il comma quarto dell'art. 5 prevede che "la questione può essere sottoposta alla commissione amministrativa, per il tramite delle autorità competenti, non prima che sia trascorso un mese dalla data in cui l'istituzione che ha ricevuto il documento ha sottoposto la sua richiesta. La commissione amministrativa cerca una conciliazione dei punti di vista entro i sei mesi successivi alla data in cui la questione le è stata sottoposta". L'art. 5 Regolamento (CE) n. 987/2009 delinea, pertanto, l'iter procedurale che l'INPS avrebbe dovuto seguire ritenendo di dover concludere, alla luce degli accertamenti ispettivi effettuati, per la non genuinità dei rapporti formalizzati a mezzo di contratto di assunzione di diritto spagnolo e per la sussistenza dei presupposti per l'apertura di posizioni contributive italiane. Nel caso di specie va in primo luogo evidenziato che l'opponente ha prodotto in giudizio i formulari Al rilasciati da parte dell'Autorità spagnola competente con riguardo a tutti i lavoratori in relazione ai quali sono stati mossi gli addebiti per cui è causa, fatta eccezione per i soli dipendenti (...) (di nazionalità francese). Con riguardo alle posizioni dei predetti, tuttavia, sono stati regolarmente versati in atti il contratto di assunzione e rispettivamente la busta paga del mese di luglio 2010 per (...), la busta paga del mese di febbraio 2011 per (...) e quella del mese di settembre 2011 per (...). Sul punto, posto che nella fattispecie per cui è causa l'onere della prova ricade pacificamente sull'istituto resistente, va in ogni caso richiamato quanto dedotto dal ricorrente anche in sede di discussione - e si badi non specificamente contestato dall'istituto resistente - circa la possibilità per l'INPS di accedere alla documentazione in oggetto, quindi ai formulari A1 rilasciati ad (...) dalla competente Autorità spagnola, a mezzo banche dati comunitarie, al fine di verificarne l'effettiva emissione (a ben vedere con riguardo a tutti i lavoratori), condotta tuttavia non posta in essere dall'istituto. Ciò posto, esprimendo una valutazione complessiva, verificato l'effettivo rilascio dei formulari A1 per tutti i lavoratori attinti dai verbali ispettivi in questa sede opposti, rilevato altresì che per i tre dipendenti innanzi menzionati sono comunque stati prodotti i contratti di assunzione e le buste paga già richiamate, questo giudicante ritiene di poter presumere che anche per queste tre posizioni -formalizzate in Spagna - i modelli A1 fossero stati regolarmente emessi dalla competente Autorità spagnola. Ciò chiarito, va quindi richiamata la posizione dell'istituto resistente che, nel caso di specie, ha ritenuto di escludere che la presenza dei formulari A1 avrebbe potuto "inficiare" l'autonomo potere accertativo dell'INPS in ordine all'esistenza di inadempienze contributive poste in essere sul territorio italiano da società di altri Stati Membri che operano in Italia, affermando che la predetta certificazione non può comunque limitare il potere di cognizione del Giudice del Lavoro italiano in ordine all'accertamento di inadempienze contributive relativamente a lavoratori italiani, extracomunitari e comunitari che prestano attività lavorativa e vivono stabilmente in Italia per obbligo contrattuale. A tal fine, l'INPS ha prodotto la sentenza della Corte d'Appello Penale di Aix en Provence del 2 ottobre 2013, a mezzo della quale il Giudice Penale francese ha affermato che il rilascio da parte di uno Stato Membro ""dei certificati E101 (oggi formulari A1) non dimostra in maniera perentoria che i dipendenti rientrano nel sistema di sicurezza sociale (straniero), ma stabilisce semplicemente una presunzione per le autorità amministrative dello Stato membro in cui i dipendenti esercitano la loro attività. Tuttavia, tale presunzione non vincola il giudice penale francese che può respingerla se altri elementi di prova dimostrano l'esistenza di un reato". L'assunto dell'istituto resistente non può essere condiviso per i motivi di seguito esposti. Con riguardo alla giurisprudenza versata in atti dall'INPS, infatti, va evidenziata la sostanziale differenza tra la posizione del Giudice Penale e quella del Giudice del Lavoro dello Stato membro, posto che il Giudice nazionale del rapporto previdenziale è necessariamente vincolato dalle materie a competenza concorrente dell'Unione Europea, in cui rientra appunto quella di politica sociale. Diversamente, la potestà punitiva penale rientra nella competenza esclusiva di ogni singolo Stato Membro e, in quanto tale, non può in alcun modo vincolare il Giudice Penale con una normativa sovranazionale relativa alla competenza legislativa di un altro Stato. Per quanto concerne la fattispecie per cui è causa, occorre altresì richiamare la sentenza della CGE 6 febbraio 2018, causa C-359/16, in cui si è chiarito che "il certificato E 101, creando una presunzione di regolarità dell'iscrizione del lavoratore interessato al regime previdenziale dello Stato membro in cui ha sede l'impresa presso cui questi lavora, è vincolante, in linea di principio, per l'istituzione competente dello Stato membro in cui tale lavoratore svolge l'attività lavorativa", precisando che, nell'ambito di un procedimento penale, "qualora l'istituzione dello Stato membro nel quale i lavoratori sono stati distaccati abbia investito l'istituzione che ha emesso certificati E 101 di una domanda di riesame e di revoca degli stessi, sulla scorta di elementi raccolti nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria dalla quale è emerso che tali certificati sono stati ottenuti o invocati in modo fraudolento, e l'istituzione emittente non abbia tenuto conto di tali elementi ai fini del riesame della correttezza del rilascio dei suddetti certificati, il giudice nazionale può, nell'ambito di un procedimento promosso contro persone sospettate di aver fatto ricorso a lavoratori distaccati servendosi di tali certificati, ignorare questi ultimi se - sulla base di detti elementi e in osservanza delle garanzie inerenti al diritto a un equo processo che devono essere accordate a tali persone - constati l'esistenza di una tale frode", ciò in quanto, "Il principio di divieto della frode e dell'abuso di diritto, espresso da tale giurisprudenza, costituisce un principio generale del diritto dell'Unione che i soggetti dell'ordinamento sono tenuti a rispettare. L'applicazione della normativa dell'Unione non può, infatti, essere estesa sino a comprendere le operazioni effettuate allo scopo di beneficiare fraudolentemente o abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto dell'Unione". Tutto ciò argomentato, richiamato il principio della ragione più liquida, rilevato che nel caso di specie l'INPS - contrariamente a tutte le disposizioni normative innanzi richiamate - non ha esperito la procedura di dialogo e conciliazione più volte richiamata, in base alla quale avrebbe dovuto rivolgersi previamente all'Autorità spagnola per metterla in condizioni di valutare la correttezza dei formulari A1 rilasciati e - nel caso di mancato accordo - investire della questione la Commissione amministrativa comunitaria, e che a dispetto dei più volte menzionati formulari ha comunque provveduto ad addebitare agli opponenti la contribuzione omessa in Italia, non può che concludersi per l'illegittimità dell'operato dell'istituto e per l'infondatezza della pretesa contributiva portata dai verbali in questa sede opposti (Trib. Milano, sent. 27.10.2017, est. Colosimo). Ciò statuito, altrettanto destituita di fondamento risulta la doglianza dedotta dall'INPS secondo cui i formulari A1 rilasciati alla società opponente - non coprendo interamente tutti i periodi di lavoro prestati in Italia dai lavoratori ivi distaccati - non sarebbero in ogni caso idonei ad inficiare i poteri accertativi dell'istituto che hanno condotto all'emissione dei verbali in questa sede opposti. Sul punto, sia sufficiente rilevare che non vi è prova - in atti - del fatto che, sulla scorta di tale contestazione, l'istituto abbia provveduto a scorporare nei verbali solo i periodi temporalmente non coperti dai formulari più volte richiamati (il periodo addebitato ai fini della contribuzione non corrisposta, infatti, decorre dal mese di luglio 2010, ossia dal contratto di lavoro più vecchio sottoscritto dai dipendenti (...) e (...) - in atti). Per ciò solo, l'eccezione in esame va respinta. Di conseguenza, il ricorso è fondato e, per l'effetto, deve essere dichiarata l'infondatezza della pretesa creditoria azionata da INPS con il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000374468/DDL e con il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000374460/DDL entrambi del 18.11.2013, nulla essendo a tal titolo dovuto dalla parte ricorrente. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. In punto di spese di lite, attesa la particolare complessità della questione esaminata, questo giudicante ritiene equo compensare integralmente le spese di lite fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - accerta e dichiara l'infondatezza della pretesa creditoria azionata da INPS con il verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000374468/DDL e del verbale unico di accertamento e notificazione INPS n. 000374460/DDL entrambi del 18.11.2013, nulla essendo a tal titolo dovuto dall'opponente; - compensa integralmente le spese di lite fra le parti. Riserva il termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni della sentenza. Così deciso in Varese, il 13 novembre 2019. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2020.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Varese II SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...) (CF:(...)) elettivamente domiciliata in Busto Arsizio (VA), PIAZZA (...), presso lo studio dell'avv. Ri.Cr. che la rappresenta e difende, come da procura a margine del ricorso RICORRENTE contro (...) (...)A. (P IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Varese, via (...), presso lo studio dell'avv. Ce.Bu. che, unitamente all'avv. Pa.Ga., la rappresentano e difendono, come da procura a margine della memoria RESISTENTE OGGETTO: riconoscimento qualifica superiore - differenze retributive FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 29.1.2015 (...) conveniva in giudizio (...) (...)A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, formulando le seguenti conclusioni: "(...) In principalità: 1. Accertare e dichiarare il diritto della signora (...) ad essere inquadrata nella categoria (...), posizione organizzativa 1, del C.C.N.L. Industria Chimica a fare tempo dal 1 giugno 2010 o da quella diversa data che sarà accertata in corso di causa; 2. Condannare di conseguenza la società convenuta a corrispondere in favore della ricorrente, a titolo di differenze retributive relative al periodo 1/6/2010 al 31/12/2014, la somma di Euro 14.339,11 lorde, ovvero la maggiore o minor somma accertanda in corso di causa, anche a mezzo eligenda c.t.u. In subordine, salvo gravame: 3. Accertare e dichiarare il diritto della signora (...) ad essere inquadrata nella categoria (...), posizione organizzativa 2, del C.C.N.L. Industria Chimica a far tempo dal 1 giugno 2010 o da quella diversa data che sarà accertata in corso di causa; 4. Condannare di conseguenza la società convenuta a corrispondere in favore della ricorrente, a titolo di differenze retributive relative al periodo 1/6/2010 al 31/12/2014, la somma di Euro 7576,91 ovvero la maggiore o minor somma accertanda in corso di causa, anche a mezzo eligenda c.t.u; in ogni caso: con rivalutazione monetaria e interessi legali dal sorgere dei singoli crediti al saldo"; con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore antistatario. Si costituiva ritualmente in giudizio s.p.a. (...) SRL, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, contestando in fatto e in diritto l'avversario ricorso; con vittoria di spese. La causa veniva istruita e, mutato il Giudicante, all'udienza del 24.9.2019 i procuratori venivano invitati alla discussione orale della causa. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è infondato e va pertanto rigettato. La ricorrente nel proprio atto introduttivo ha dedotto quanto segue: - che è stata assunta dalla resistente in data 1.4.2001, inquadrata come impiegata di categoria (...) C.C.N.L. Industria Chimica, reparto Ricerca e Sviluppo - Divisione lenti da sole; - che tuttavia dal mese di giugno 2010 ha svolto "mansioni decisamente differenti (e superiori) da quelle che dovrebbero competere ad una impiegata di categoria (...)"; - che con nota del 13 maggio 2010 la società comunicava una riorganizzazione dell'area Innovazione e Prodotto; - che a seguito della predetta riorganizzazione le veniva formalmente assegnato a far tempo dal 1 giugno 2010 il ruolo di "New Product R&D Manager Assistant"; - che, nello specifico, a decorrere dal mese di giugno 2010 ha svolto continuativamente le seguenti attività: "assistenza tecnica a clienti della convenuta o ad altri reparti aziendali, evasione richieste di nuovi prodotti, collaborazione alla predisposizione di nuove collezioni di lenti, esecuzioni di test di laboratorio, gestione archivi spedizioni, rapporti con laboratori esterni, svolgimento di attività di training prodotto ai nuovi assunti e ad altre funzioni aziendali, segreteria del responsabile del settore ricerca e sviluppo signora (...)"; - che con riferimento all'attività di Assistenza Tecnica ed ai Test di Laboratorio dal mese di giugno 2010 ha "tra l'altro svolto i seguenti compiti: messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo delle lenti; controllo delle letture tecniche di strumenti diversi; pesatura coloranti e preparazione bagni per le prove di colorazione delle lenti; esecuzione dei test di laboratorio descritti nella scheda allegata sub. doc. 7; redazione in lingua inglese dei c.d. Test Report ovverossia delle schede che riportano tutti i risultati dei test effettuati; predisposizione delle schede da inviare ai clienti in cui sono contenuti tutti i dati tecnici delle lenti; verifica di fattibilità per la produzione di nuove lenti non ugualmente in produzione da parte della convenuta; svolgimento di attività tecnica per la predisposizione della scheda tecnica delle lenti... quale, a titolo esemplificativo, le misurazioni dello spettrofotometro; verifica con controlli strumentali dei colori delle lenti richiesti dal cliente; partecipazione ad attività in gruppi di progetto (doc. 6)"; - che con riferimento alle richieste di nuovi prodotti si è occupata di punti "copia colori della concorrenza e o copia di colori già in uso da un materiale all'altro; studio di "curve colore" con performance specifiche (ad esempio per attività sportive); creazione-in collaborazione con altri reparti aziendali e laboratori esterni-di nuove forme di lenti o di nuove 'specchiature' "; - che si è occupata altresì "delle collezioni speciali di lenti colorate che vengono immesse sul mercato provvedendo a: individuare con altre funzioni aziendali i colori da inserire; verificare la fattibilità tecnica dei colori; verificare la disponibilità delle lenti da inserire nella nuova collezione; compilare la scheda tecnica riassuntiva della lente"; - che ha altresì svolto attività di "segreteria per conto della sua responsabile sig.ra (...) (ad esempio compilazione schede trasferta e rimborsi spese; tenuta agenda)"; - che "su indicazione e richiesta della sig.ra (...) ha collaborato con (e presso) laboratori esterni (quali (...)) per l'esecuzione di test non eseguibili in azienda"; - che si è altresì "occupata del c.d. Training Prodotto, ovverosia della presentazione e spiegazione ai lavoratori neoassunti dalla convenuta delle lenti da sole prodotte, illustrandone il processo produttivo, le caratteristiche principali..., le modalità di colorazione, indurimento, specchiatura", illustrando i più comuni test di laboratorio ed insegnando a leggere "le schede tecniche anche con riferimento alle principali normative internazionali"; - che "in piena autonomia ha altresì gestito i seguenti archivi del settore Ricerca e Sviluppo: l'archivio prodotti in entrata; archivio prodotti in uscita; archivio normative internazionali; archivio test Certottica (ente certificatore)"; - che si è inoltre "occupata delle spedizioni di competenza del reparto Ricerca e Sviluppo" dovendo verificare - con riferimento alle spedizioni presso i fornitori esterni di lenti in conto di lavorazione - "i preventivi, le tempistiche di lavoro nonché la corretta esecuzione dei lavori"; - che "allo svolgimento delle predette mansioni superiori" non ha peraltro fatto seguito l'attribuzione della relativa qualifica; - che le mansioni espletate, "stando alla classificazione esemplificata dall'art. 4 Classificazione del personale e dall'allegato 1 C.C.N.L. industria chimica applicato dalla convenuta, comportano l'inquadramento nella categoria (...) con un differente e migliore trattamento retributivo"; - che le richieste rivolte all'azienda al fine di vedersi riconosciuta l'attribuzione del miglior inquadramento sono rimaste senza riscontri. La ricorrente ha quindi adito l'intestato Tribunale per sentir accertare e dichiarare il proprio diritto a vedersi riconoscere il livello superiore in relazione alle ulteriori mansioni svolte a decorrere dal 1 giugno 2010 e per sentir condannare la resistente al pagamento in suo favore delle relative differenze retributive. Veniva quindi ammessa attività istruttoria e, mutato il Giudicante in corso di causa, all'udienza del 24.9.2019 le parti venivano invitate alla discussione orale. Nella fattispecie in esame è sin da ora opportuno richiamare l'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui "nel caso in cui un lavoratore chieda in giudizio il riconoscimento di una qualifica superiore a quella rivestita e il pagamento delle relative differenze retributive è necessario, al fine dell'adempimento degli oneri imposti dall'art. 414 numeri 3 e 4 cod. proc. civ., che specifichi le mansioni effettivamente svolte e la normativa collettiva applicabile; ne consegue che il ricorso del lavoratore non può limitarsi ad affermare solo lo svolgimento di mansioni corrispondenti a qualifica superiore ma deve indicare quali siano state di fatto le mansioni disimpegnate, al fine di consentire il giudizio di comparazione tra esse e quelle delineate dalla qualifica rivendicata" (Cass. Civ. n. 14088/2001). E ancora "il lavoratore che agisca in giudizio per ottenere l'inquadramento in una qualifica superiore ha l'onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto" (Cass. Civ. n. 8025/2003). Il vaglio della domanda de qua, infatti, è vincolato ad un preciso procedimento logico-giuridico che il giudice è tenuto a formulare, secondo quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui "il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell'individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda, ed è sindacabile in sede di legittimità a condizione, però, che la sentenza, con la quale il giudice di merito abbia respinto la domanda senza dare esplicitamente conto delle predette fasi, sia stata censurata dal ricorrente in ordine alla ritenuta mancanza di prova dell'attività dedotta a fondamento del richiesto accertamento" (Cass. Civ. n. 8589/2015). Inoltre, qualora si verifichi lo svolgimento da parte del lavoratore di mansioni promiscue, ossia di mansioni corrispondenti a diversi livelli professionali previsti dal CCNL di settore, la qualifica da attribuire al dipendente deve essere determinata con esclusivo riferimento al contenuto delle mansioni prevalenti, ossia di quelle primarie che maggiormente caratterizzano il profilo professionale del prestatore di lavoro (cfr. ex plurimis Cass. Civ. n. 11785/2011; Cass. Civ. n. 6303/2011), purché non espletate in via occasionale. Ciò chiarito, in questa sede è altresì opportuno richiamare il CCNL di settore, che all'art. 4 (richiamando l'All. 1) prevede che i lavoratori siano inquadrati in un'unica scala classificatoria composta da sei categorie a decrescere (A, B, C, D, E, F) nell'ambito delle quali sono previste figure professionali con mansioni contrattualmente considerate equivalenti, distribuite su diverse posizioni organizzative (per quanto riguarda la categoria (...) si tratta delle PO D1, D2, D3). Il C.C.N.L., per quanto riguarda i criteri di attribuzione del corretto inquadramento, prevede quanto segue: "L'attribuzione del corretto inquadramento rispetto alla posizione di lavoro assegnata avviene attraverso: 1) l'analisi della posizione di lavoro e dei suoi contenuti professionali; 2) l'attribuzione dell'inquadramento alla posizione di lavoro attraverso l'esame della corrispondenza tra i contenuti professionali della posizione di lavoro e i contenuti delle declaratorie con l'ulteriore supporto delle figure professionali; 3) l'attribuzione dell'inquadramento al lavoratore correlata al grado di copertura della posizione di lavoro (grado di corrispondenza tra i requisiti richiesti dalla posizione di lavoro e quelli espressi dal lavoratore). Il lavoratore che abbia requisiti corrispondenti a quelli richiesti dalla posizione di lavoro riconducibili ad una figura professionale individuata dal C.C.N.L. dovrà avere l'inquadramento previsto dal C.C.N.L. per quella figura professionale. Per le figure professionali non individuati o aventi contenuti professionali diversi rispetto a quelli delle 187 figure professionali indicate nel presente articolo inquadramento è effettuato alternativamente utilizzando - le figure professionali previste dal presente articolo per analogia; - Figure professionali definite a livello aziendale". Con riguardo al caso di specie va quindi richiamato quanto previsto dal C.C.N.L. applicato per le categorie (...) (invocata dalla ricorrente) ed E (quella di appartenenza). : "Categoria (...) - declaratoria. Appartengono a questa categoria di posizioni di lavoro con la qualifica di impiegati, qualifiche speciali o operai che richiedono:-conoscenza specialistica, accompagnata da una elevata capacità di svolgere mansioni per le quali sono necessarie competenze specialistiche;esperienza in più specializzazioni tra loro collegate e tutte le loro applicazioni operative;autonomia operativa nell'ambito di metodi e procedure solo parzialmente definiti;-responsabilità degli ambiti di intervento;- eventuale... partecipazione ad attività di gruppo di progetto". Diversamente, l'inquadramento nella categoria (...) riguarda quei lavoratori che hanno una conoscenza "generalista accompagnata da una capacità ordinaria di svolgere mansioni per le quali sono necessarie competenze ed esperienza specifica" ed una autonomia esecutiva solo nell'ambito di metodi e procedure sostanzialmente definite. Ebbene, sulla scorta di quanto sin qui richiamato, emerge come le differenze tra le categorie (...) e (...) attengano in primo luogo al livello di conoscenza richiesto, che per la prima è sufficiente sia "generalistica", mentre per la seconda deve essere "specialistica, ossia approfondita in ambiti specialistici collegati"; in secondo luogo, la differenza concerne il tipo di capacità che deve possedere il lavoratore, che per la categoria di appartenenza della ricorrente deve essere "ordinaria" - ossia deve avere contenuti professionali concernenti una conoscenza appunto solo generalistica - mentre per la categoria (...) deve essere "elevata", proprio in relazione alle conoscenze specialistiche possedute dal lavoratore; in terzo luogo occorre richiamare l'ambito delle competenze richieste, che per quanto concerne la categoria (...) devono essere "riferite ad una sola specializzazione", mentre per la categoria (...) devono essere "specialistiche in più ambiti di specializzazione", parimenti a quanto concerne l'esperienza, che per la categoria (...) può limitarsi ad essere "un'esperienza specifica in una specializzazione", mentre per la categoria (...) "l'esperienza deve essere stata acquisita in più specializzazioni collegate". Sulla scorta dell'analisi sin qui condotta, va altresì richiamato il livello di autonomia richiesto al lavoratore, che per quanto attiene la categoria (...)deve essere esclusivamente di tipo "esecutivo" con riguardo a metodi e procedure assegnati al lavoratore e già definiti, mentre per quanto concerne la categoria (...) deve qualificarsi come operativo, cui deve seguire anche una facoltà di scelta per il lavoratore di mezzi ed obiettivi da raggiungere. In ultimo, va altresì richiamato il differente livello di responsabilità richiesto al lavoratore, in relazione al quale nella categoria (...) è sufficiente riguardi solo uno specifico ambito, mentre nella categoria (...) deve necessariamente riguardare più ambiti di intervento, proprio per la maggiore complessità delle mansioni svolte. Ciò premesso - quanto alla posizione organizzativa della categoria (...) invocata - la ricorrente chiede il riconoscimento della posizione D1 richiamando la figura 127 del CCNL per l'area Funzionale Ricerca e Sviluppo, ossia quella di "Operatore tecnico polivalente di ricerca" che svolge attività specialistiche complesse e variabili nel campo analitico e strumentale per il raggiungimento di risultati definiti (cfr. ricorso pag. 8). In subordine, la predetta invoca la posizione organizzativa D2 "che ricomprende, tra le altre, anche la figura professionale n. 138 "Assistente", ossia la lavoratrice "che conosce almeno una lingua estera e che impiega strumentazione informatica per la stesura di note, relazioni, corrispondenza e che organizza e gestisce archivi e tiene aggiornata l'agenda" (cfr. ricorso pag. 8). Ebbene, esaminando le risultanze probatorie emerse nel corso della lunga istruttoria espletata, ritiene questo giudicante che non possa ritenersi raggiunta la prova circa il diritto della lavoratrice ad essere inquadrata nella (superiore) categoria (...), posizione organizzativa 1, del C.C.N.L. Industria Chimica, né nella posizione organizzativa 2, invocata in subordine. Di seguito si riportano integralmente le dichiarazioni rese da tutti i testimoni escussi. Interrogata sui capitoli di prova ammessi, la teste di parte ricorrente (...), dipendente della resistente con qualifica di impiegata commerciale, ha dichiarato quanto segue: "Sui capitoli ammessi del ricorso, dice di aver lavorato con la ricorrente, la quale lavora presso l'ufficio ricerca e sviluppo della società. Ho avuto una serie di contatti di lavoro con la ricorrente. Sono dipendente dal 3.12.2001. Sul capitolo n. 8) Confermo che le attività svolte dalla ricorrente sono quelle indicate nel capitolo. Capitolo 9) Confermo che le attività svolte con riferimento all'assistenza tecnica e test di laboratorio sono quelle elencati in capitolo. Non so dire tuttavia delle attività più tecniche, quali la pesatura coloranti e la preparazione bagni per la colorazione delle lenti. Capitolo 10) confermo come da verifica personale. Capitolo 11) confermo. Capitolo 12) mi risulta l'attività di segreteria. Capitolo 13) E' vero. Capitolo 14) confermo. Capitolo 15) confermo. Capitolo 16) confermo. Sui capitoli di prova ammessi nella memoria difensiva. Capitolo 5a) non so dire. Capitolo 5b) non so. Capitolo 5c) non è vero che la ricorrente si è limitata ad inviare le schede ai clienti. Occorre leggere gli esiti dello spettrofotometro. Capitolo 5d) è vero. Capitolo 5e) vale quelle che ho detto prima. Capitolo 5f) è vero che (...) studia e sviluppa le curve colori. Per il resto non so dire. Capitolo 5g) non so. Capitolo 5h) non so. Capitolo 5i) vero. Capitolo 5l) vero. Capitolo 3g) confermo". Parimenti interrogata sui capitoli di prova ammessi, la teste comune (...), Product Development Manager presso la resistente, ha dichiarato quanto segue: "Capitolo 8) Confermo. Capitolo 9) Non mi risulta la messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo delle lenti; sui test report si limita a scrivere i risultati; per il resto confermo. ADR. Quanto al doc. 6 parte ricorrente, la (...) si è limitata ad inserire il dato e la fotografia di pag. 4 punto 4.1, oltre alla tabellina del punto 4.2. Il doc. 6 è un documento fatto in collaborazione con la ricorrente. Quanto ai docc. da 8 a 11 sono quasi integralmente prestampati e la ricorrente si è limitata a inserire le tabelline con i dati da lei elaborati, con qualche commento. Capitolo 10) Preciso che lo studio di curve colore è un'attività svolta da me e non dalla ricorrente. Così pure la creazione di nuove forme di lenti o specchiature è opera di lenti designer o di uno specialista interno per quanto concerne la specchiatura. La ricorrente si è limitata poi a portare le lenti al colorista. Capitolo 11) Per quanto concerne le collezioni speciali di lenti colorate, la ricorrente si è occupata solo di verificare se il colore prescelto dal marketing fosse già stato usato in precedenti collezioni. Nel caso di colore nuovo la ricorrente verificava la corrispondenza tra la lente inviata dal cliente o determinata dal marketing e la lente prodotta dai coloristi. Capitolo 12) E' vero. Capitolo 13) La ricorrente ha portato o spedito ai laboratori esterni per effettuare test non eseguibili in azienda. ADR. Non mi risulta che la ricorrente abbia personalmente effettuato test presso lavoratori terzi. Capitolo 14) Di regola sono io che mi occupo del training prodotto. In mia assenza ho delegato le varie illustrazioni alla signora (...). Capitolo 15) E' vero. Capitolo 16) La ricorrente si è occupata delle spedizioni. Non ha invece verificato i preventivi. Sui capitoli di prova ammessi della memoria difensiva dichiaro: Capitolo 5a) è vero. Capitolo 5b) è vero. Capitolo 5c) è vero. Capitolo 5d) è vero. Capitolo 5e) è vero. Capitolo 5f) è vero. Capitolo 5g) è vero. Capitolo 5h) è vero. Capitolo 5i) è vero. Capitolo 5l) è vero ADR. E' vero che è capitato che per la predisposizione della carta d'identità delle lenti mancassero dei dati e l'inserimento a computer degli elementi per ottenere tali dati sia stato digitato dalla ricorrente. Capitolo 4b) I test di cui al doc. 7 parte ricorrente sono effettuati anche dagli altri operatori (...) e (...) sotto il mio controllo. Ogni test ha la sua procedura nota a tutti gli operatori e di cui io controllo i risultati. ADR. Per quanto concerne l'inserimento dei risultati dei test effettuati nei report, a ciò provvedono (...), (...), (...), mentre tale inserimento non è curato da (...) e (...), anche se ultimamente essendo cambiato il metodo di lavoro hanno provveduto pure essi all'inserimento dei dati. I docc. da 7 a 11 di parte ricorrente sono predisposti al 90% ai fini di archiviazione e in qualche caso ai fini di condivisione con colleghi". Escussa sulle medesime circostanze, la teste comune (...), dipendente della resistente, ha reso le seguenti dichiarazioni: "Ho lavorato con la ricorrente. Capitolo 9) Con riferimento alle attività elencate, preciso che l'attività di messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo delle lenti fa riferimento a sistemi già utilizzati in azienda con procedure già seguite e che sono utilizzate da tutte le persone presenti in laboratorio. Non mi risulta negli anni in cui ha lavorato la ricorrente una modifica del sistema di misurazione delle lenti. Per quanto riguarda i docc. da 8 a 10 di parte ricorrente, essi sono dei prestampati in inglese con inserimento dei dati nelle tabelline. Laddove nei documenti. Laddove nei documenti è indicato come autrice (...), è lei che ha provveduto all'inserimento dei dati. Anche gli altri operatori di laboratorio effettuano tale inserimento di dati per i test che hanno condotto loro e il documento riporta come autore chi ha eseguito il test, ha raccolto il risultato e inserito il dato. Ricordo tra questi operatori (...), (...). I report del tipo docc. 8-10 parte ricorrente sono di solito predisposti ai fini di archiviazione. ADR. Il mio responsabile è il signor (...) in quanto io mi occupo più di aspetto tecnici. Capitolo 10) Le nuove forme di lenti e specchiature non sono oggetto di ricerca da parte del laboratorio. Da diversi anni sono io che mi occupo di copia colori, attività che forse prima di me ha svolto anche la (...). La parte di studio di curve colori è in carico alla responsabile (...). Capitolo 11) Di solito è il marketing che da l'indicazione dei colori da inserire. E' vero che presso il laboratorio si verifica la fattibilità tecnica dei colori, attività svolta anche dalla (...); quanto alla verifica della disponibilità delle lenti, è forse un'operazione da effettuare con il magazzino, mentre la compilazione della scheda tecnica riassuntiva della lente è attività svolta da tutti gli operatori del laboratorio. Capitolo 13) Non mi risulta che la ricorrente abbia eseguito dei test non effettuabili in azienda presso laboratori esterni. Capitolo 16) Non mi risulta che la ricorrente abbia verificato preventivi e tempistiche di lavoro con riguardo alle spedizioni presso esterni di lenti in conto lavorazione". Escussa sulle circostanze ammesse, la teste di parte ricorrente (...), dipendente della resistente presso il reparto di marketing, ha dichiarato quanto segue: "Conosco la ricorrente perché è una mia collega; non lavoriamo nello stesso ufficio ,ma capita spesso di svolgere insieme delle attività; ADR: lavoro dal giugno del 2011 per la resistente; "Sul cap. 8: confermo con riferimento alla decorrenza dal giugno 2011; sul cap. 9): confermo il capitolo , salvo l'attività di "messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo lenti"; sul cap. 10): confermo il primo punto; degli altri due e delle relative attività non sono a conoscenza; sul. cap. 11) : confermo; sul cap. 12): non lo so; sul cap. 13): confermo indirettamente, perché ho avuto questa informazione tramite la responsabile; sul cap 14): confermo; sono stata formata io stessa dalla ricorrente; sul cap. 15): per l'archivio prodotti in entrata, è stato gestito da lei coordinata dalla (...); non so dire l'ultima attività relativamente a Certottica; sul cap. 16): sicuramente aveva un contatto con i fornitori; per quanto riguarda i preventivi nulla ho sentito con riferimento alla ricorrente; nè sui preventivi né con riferimento alle relative tempistiche; confermo il contatto con i fornitori; Sentita sulla prova contraria: Sul 3 - a): confermo che il reparto si occupa di queste attività, ma non unicamente; si occupa anche di supportarci nell'attività di marketing anche per ricerca di nuove lenti; supporto tecnico anche all'ufficio marketing che poi è stata anche l'attività che svolgevo io con il laboratorio di ricerca e sviluppo; sul 3 b) - ho già risposto; sul cap. 3c): confermo che fa anche questo oltre al supporto di cui ho già detto; sul cap 3d): confermo; sul capo 3e): confermo l'utilizzo dello strumento; non so se sia facile usarlo io non ho avuto il relativo training sul 3g): confermo la struttura organizzativa; non so dire dei livelli; sul 4 a): sì, la ricorrente lavora nel laboratorio e si occupa delle attività tecniche esecutive; sull'attività di natura segretariale non so dire; sul cap. 4b): confermo; sul 4c): confermo; sul 4d): confermo; sul 4e): confermo; sul cap. 5a): nulla so con riferimento al nuovo sistema di misurazione; sul 5b): confermo; sul 5c): posso confermare il capitolo; si è limitata ad inviarle; anche perchè sono prodotte in automatico dalla misura dello spettrofotometro; sul 5d): non lo so; sul cap 5e): per attività tecnica si intende attività di supporto ufficio marketing e quello di svolgimento di test ripetitivi, che è la loro attività principale, per lo meno per quello che è stato il contatto da me avuto con la ricorrente; sul cap. 5f): confermo che gli studi di colore venivano fatti dalla (...); per la prima parte del capitolo non posso confermare; sul cap. 5g): non lo so; sul 5h): confermo la prima parte; non so se la ricorrente si sia mai recata personalmente in un laboratorio, non ho mai assistito a questa circostanza; sul cap. 5i): confermo; sul cap. 5l): non lo so". Orbene, dalla lettura dell'istruttoria innanzi integralmente riportata, emerge innanzitutto come la teste comune (...), dopo aver confermato che la ricorrente ha svolto le mansioni richiamate al capitolo 8 (cfr. parte in fatto), ha precisato che la stessa non si è mai occupata di mettere a punto nuovi metodi di verifica e controllo delle lenti e che, per quanto riguarda i test di report, si è limitata a trascriverne i risultati, parimenti a quanto ha fatto con riguardo al progetto di sviluppo Polarcoat Technology del 13.1.2014 ed ai test di New Product (docc. 6 e da 8 a 11 ricorrente) ("Non mi risulta la messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo delle lenti; sui test report si limita a scrivere i risultati; per il resto confermo. ADR. Quanto al doc. 6 parte ricorrente, la (...) si è limitata ad inserire il dato e la fotografia di pag. 4 punto 4.1, oltre alla tabellina del punto 4.2. Il doc. 6 è un documento fatto in collaborazione con la ricorrente Quanto ai docc. da 8 a 11 sono quasi integralmente prestampati e la ricorrente si è limitata a inserire le tabelline con i dati da lei elaborati, con qualche commento"). La stessa teste inoltre, con riguardo alle richieste di nuovi prodotti (cfr. cap. 10 parte ricorrente), ha espressamente chiarito che la ricorrente non ha mai condotto studi sulle curve di colore, di cui si occupa la teste stessa ("Capitolo 10) Preciso che lo studio di curve colore è un'attività svolta da me e non dalla ricorrente"), precisando altresì che "la creazione di nuove forme di lenti o specchiature è opera di lenti designer o di uno specialista interno per quanto concerne la specchiatura. La ricorrente si è limitata poi a portare le lenti al colorista". Inoltre, con riguardo al capitolo 11 del ricorso, ha dichiarato che la (...) aveva un ruolo sostanzialmente meramente esecutivo, essendosi la predetta "occupata solo di verificare se il colore prescelto dal marketing fosse già stato usato in precedenti collezioni. Nel caso di colore nuovo la ricorrente verificava la corrispondenza tra la lente inviata dal cliente o determinata dal marketing e la lente prodotta dai coloristi". Ciò chiarito la teste (...), pur avendo confermato anche lo svolgimento da parte della ricorrente di attività di segreteria proprio per suo conto, non ha confermato che la ricorrente ha personalmente effettuato test presso lavoratori terzi, precisando altresì di essere lei stessa ad occuparsi del "training prodotto" e di aver delegato alla lavoratrice le "varie illustrazioni" solo in sua assenza ("risulta che la ricorrente abbia personalmente effettuato test presso lavoratori terzi. Capitolo 14) Di regola sono io che mi occupo del training prodotto. In mia assenza ho delegato le varie illustrazioni alla signora (...)"). Inoltre, pur avendo la teste comune confermato che la (...) si è occupata di punti "copia colori della concorrenza e o copia di colori già in uso da un materiale all'altro; studio di "curve colore" con performance specifiche (ad esempio per attività sportive); creazione-in collaborazione con altri reparti aziendali e laboratori esterni-di nuove forme di lenti o di nuove 'specchiature' " (cap. 10 ricorso) e delle spedizioni, ha tuttavia precisato che la predetta "non ha invece verificato i preventivi". La teste (...) ha quindi confermato tutte le circostanze istruttorie di parte resistente, ossia che alla (...), con riguardo al nuovo sistema di misurazione, "è stato solo chiesto di fare i soliti teste con i nuovi programmi" al fine di verificare il funzionamento; che la ricorrente si è limitata ad eseguire prove di colorazione "sulla base di indicazioni datele dalla sua responsabile", che non ha personalmente predisposto le specifiche del prodotto, ma si è ancora una volta limitata ad inviarle ai clienti che ne facevano richiesta; che le schede tecniche vengono prodotte in automatico dalla misura dello spettrofotometro e che pertanto non vengono dalla ricorrente redatte; che le verifiche di fattibilità di produzione sono state svolte dal team di ingegneria su sola richiesta della ricorrente; che per quanto concerne le richieste di nuovi prodotti (cap. 10 del ricorso) il compito della (...) consiste esclusivamente nel portare le lenti lavorazione dai coloristi affinché ne riproducano altre uguali verificando con gli strumenti a disposizione se vi siano differenze tra le lenti; che per quanto concerne altresì le collezioni speciali di lenti colorate (cap. 11 del ricorso) la lavoratrice "provvede unicamente a predisporre le schede di richiesta al reparto di colorazione su indicazioni ricevute dall'ing. (...)" e da lei stessa; che la ricorrente ha effettivamente effettuato training di presentazione dei prodotti ai nuovi assunti, a volte sostituendo la dipendente (...); infine che la ricorrente "si è limitata a richiedere preventivi" su sua indicazione "cui comunque è riservata ogni valutazione (in alternativa l'ingegner (...)) circa la loro approvazione". Inoltre, con riguardo a specifiche domande, la teste ha chiarito che la ricorrente si limita a svolgere attività pressoché meramente esecutive e di inserimento dati (ADR. E' vero che è capitato che per la predisposizione della carta d'identità delle lenti mancassero dei dati e l'inserimento a computer degli elementi per ottenere tali dati sia stato digitato dalla ricorrente. Capitolo 4b) I test di cui al doc. 7 parte ricorrente sono effettuati anche dagli altri operatori (...) e (...) sotto il mio controllo. Ogni test ha la sua procedura nota a tutti gli operatori e di cui io controllo i risultati. ADR. Per quanto concerne l'inserimento dei risultati dei test effettuati nei report, a ciò provvedono (...), (...), (...), mentre tale inserimento non è curato da (...) e (...), anche se ultimamente essendo cambiato il metodo di lavoro hanno provveduto pure essi all'inserimento dei dati. I docc. da 7 a 11 di parte ricorrente sono predisposti al 90% ai fini di archiviazione e in qualche caso ai fini di condivisione con colleghi"). Va altresì rilevato che l'altra teste comune, (...), ha reso dichiarazioni sostanzialmente conformi, confermando in primo luogo lo svolgimento da parte della (...) delle attività di cui al cap. 9 del ricorso, precisando altresì che la predetta non si è occupata della redazione dei documenti New Product versati in atti dalla ricorrente (docc. da 8 a 10), essendosi limitata a svolgere una mera attività di inserimento dati ("Capitolo 9) Con riferimento alle attività elencate, preciso che l'attività di messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo delle lenti fa riferimento a sistemi già utilizzati in azienda con procedure già seguite e che sono utilizzate da tutte le persone presenti in laboratorio. Non mi risulta negli anni in cui ha lavorato la ricorrente una modifica del sistema di misurazione delle lenti. Per quanto riguarda i docc. da 8 a 10 di parte ricorrente, essi sono dei prestampati in inglese con inserimento dei dati nelle tabelline. Laddove nei documenti è indicato come autrice (...), è lei che ha provveduto all'inserimento dei dati. Anche gli altri operatori di laboratorio effettuano tale inserimento di dati per i test che hanno condotto loro e il documento riporta come autore chi ha eseguito il test, ha raccolto il risultato e inserito il dato. Ricordo tra questi operatori (...), (...). I report del tipo docc. 8-10 parte ricorrente sono di solito predisposti ai fini di archiviazione". La teste (...) ha altresì confermato che "la parte di studio di curve colori è in carico alla responsabile (...)" e che - per quanto concerne le collezioni speciali di lenti colorate (cap. 11 ricorso) - di solito è l'ufficio marketing a dare indicazione del colore, precisando che la compilazione della scheda tecnica riassuntiva della lente "è attività svolta da tutti gli operatori del laboratorio", trattandosi di una operazione ancora una volta meramente esecutiva che non richiede particolari capacità tecniche né conoscenze specifiche ("Di solito è il marketing che da l'indicazione dei colori da inserire. E' vero che presso il laboratorio si verifica la fattibilità tecnica dei colori, attività svolta anche dalla (...) ..."). Interrogata sui relativi capitoli istruttori, la teste (...) ha altresì negato che la (...) abbia eseguito test presso laboratori esterni o che abbia svolto una attività di verifica dei preventivi o di tempistiche di lavoro con riguardo alle spedizioni presso esterni di lenti in conto di lavorazione ("Capitolo 13) Non mi risulta che la ricorrente abbia eseguito dei test non effettuabili in azienda presso laboratori esterni. Capitolo 16) Non mi risulta che la ricorrente abbia verificato preventivi e tempistiche di lavoro con riguardo alle spedizioni presso esterni di lenti in conto lavorazione"). A questo punto occorre richiamare le dichiarazioni rese dalla teste di parte ricorrente (...), che ha potuto chiarire le circostanze ammesse solo a decorrere dal giugno 2011, mese in cui ha iniziato a prestare attività lavorativa alle dipendenze della resistente. La predetta teste ha in particolare confermato le attività svolte dalla (...) con riguardo ai capitoli istruttori 8 e 9, ad eccezione dell'attività di "messa a punto di nuovi metodi di verifica e controllo lenti", confermando altresì soltanto l'attività di copia colori della concorrenza e/o copia di colori già in uso da un materiale all'altro con riguardo al capitolo 10, precisando di non essere a conoscenza dello svolgimento delle altre attività menzionate nel predetto capitolo. Inoltre la teste (...), pur confermando il fatto che la ricorrente si è occupata delle collezioni speciali di lenti colorate (cap. 11 ricorso) e dell'attività di presentazione e spiegazioni ai lavoratori neoassunti delle lenti da sole prodotte (cap. 14 ricorso), ha tuttavia negato che la gestione dell'archivio - con particolare riferimento all'archivio in entrata - sia stata diretta in piena autonomia dalla (...) (cap. 15), precisando infatti che lo svolgimento di tale attività da parte della ricorrente è stato subordinato al coordinamento da parte della responsabile (...) ("Per l'archivio prodotti in entrata, è stato gestito da lei coordinata dalla (...)"). Va altresì evidenziato che la teste nulla è stata in grado di precisare con riguardo alla redazione dei preventivi da parte della ricorrente, ("Sul cap. 16): sicuramente aveva un contatto con i fornitori; per quanto riguarda i preventivi nulla ho sentito con riferimento alla ricorrente; nè sui preventivi né con riferimento alle relative tempistiche; confermo il contatto con i fornitori"), mentre, interrogata a prova contraria, ha confermato praticamente tutti i capitoli istruttori di parte resistente, chiarendo in primo luogo che i test che vengono svolti nel reparto R&D si traducono in prove ripetitive i cui "risultati vengono riportati su dei report, cioè dei format già predisposti, sui quali l'operatore deve inserire la tabella dei risultati con alcune frasi standard commento" (cap. 3d memoria). A specifica domanda, la teste ha altresì confermato che la (...) svolge "attività di tipo tecnico-esecutivo" (cap. 4a memoria) ("sul 4 a): sì, la ricorrente lavora nel laboratorio e si occupa delle attività tecniche esecutive;"); che "effettua i test ripetitivi indicati nell'avv. Doc. 7 sotto la supervisione ed il controllo della signora (...)" - test che vengono effettuati anche dagli altri due operatori di controllo (...) e (...) ed i cui risultati vengono dalla ricorrente inseriti nei report (cap. 4c memoria); che la ricorrente si occupa di tenere in ordine gli archivi delle prove da lei effettuate (cap. 4d memoria) e di inserire in tabelle excel dei dati tecnici presi da altri documenti (data entry) durante il lancio delle nuove collezioni". La teste pertanto, oltre a confermare lo svolgimento da parte della (...) di una mera attività di inserimento dati, ha altresì dichiarato che la predetta ha svolto attività meramente esecutive, sia con riguardo alle prove di colorazione - che sono state dalla predetta solte "sulla base di indicazioni datele dalla sua responsabile sig.ra (...)" (cap. 5b memoria) - sia con riguardo all'invio ai clienti delle specifiche di prodotto (della cui predisposizione non si è occupata), "anche perché sono prodotte in automatico dalla misura dello spettrofotometro". Inoltre la teste (...) - interrogata sui capp. 5e e 5f della memoria - ha precisato che "per attività tecnica si intende attività di supporto ufficio marketing e di svolgimento di test ripetitivi, che è la loro attività principale, per lo meno per quello che è stato il contatto da me avuto con la ricorrente", confermando ancora una volta che "gli studi di colore venivano fatti dalla (...)". In ultimo - coerentemente con quanto sin qui emerso - la teste ha dichiarato che la (...) si è unicamente limitata a chiedere a studi esterni preventivi ed a spedire tramite corriere i prodotti da testare, ma sempre "su richiesta della sig.ra (...)" (cap. 5h memoria). Ebbene, sulla scorta di quanto sin qui emerso, con particolare riguardo all'escussione delle due testimoni comuni e della teste di parte ricorrente (...) - che hanno reso dichiarazioni genuine, univoche, coerenti ed immuni da alcun tipo di contraddizione logica, fornendo altresì specificazioni sulle circostanze indipendentemente dalle domande loro formulate - si evince come per lo meno in via prevalente l'attività svolta dalla ricorrente sia riconducibile alla categoria (...) C.C.N.L. Industria Chimica. La (...), infatti, indipendentemente dalla qualifica di "(...)" assegnatale a seguito di riorganizzazione a far tempo dal 1 giugno 2010, ha continuato a svolgere attività meramente esecutive sotto la supervisione della sua responsabile (...) - quale è quella di inserimento dati - cui venivano affiancate l'attività di "training" per la presentazione dei prodotti ai nuovi assunti, a volte in sostituzione della dipendente (...), la richiesta di preventivi - ma anche in questo caso sempre su indicazione della responsabile (...), cui è sempre stata riservata ogni valutazione circa la relativa approvazione - l'attività di segreteria. Di conseguenza, l'autonomia di cui ha sempre disposto la (...) è sempre stata correlata ad aspetti meramente esecutivi, con riferimento a procedure standard e predefinite, senza che a tali attività fosse connesso alcun tipo di responsabilità superiore. Orbene, ritiene questo giudicante che la conformità e la coerenza delle dichiarazioni rese dalle due testimoni comuni alle parti ed altresì dalla testimone di parte ricorrente (...) non possa in alcun modo essere messa in dubbio dall'unica testimonianza parzialmente difforme - e comunque alquanto generica - resa dall'altra teste di parte ricorrente (...). Sul punto, va in primo luogo evidenziato che la predetta non lavora nello stesso reparto della (...) - con la quale infatti ha dichiarato di aver avuto solo "una serie di contatti di lavoro" - circostanza da cui consegue una conoscenza diretta sporadica e comunque parziale dell'attività lavorativa svolta quotidianamente dalla collega. La teste infatti, dopo aver confermato lo svolgimento da parte della ricorrente delle attività elencate al cap. 8 del ricorso, con riguardo alla domanda più specifica di cui al cap. 9 del ricorso ha dichiarato di non saper precisare con riguardo alle "attività più tecniche, quali la pesatura coloranti e la preparazione bagni per la colorazione delle lenti". Dalla lettura delle dichiarazioni rese, emerge altresì che la teste (...) - diversamente dalle altre testimoni interrogate - si è limitata a confermare genericamente i restanti capitoli istruttori di cui al ricorso, senza tuttavia aggiungere o precisare alcuna circostanza con riguardo ai fatti ivi contenuti. Inoltre, interrogata a prova contraria, in parte ha risposto confermando le circostanze contenute nei capitoli istruttori ammessi, in parte ha dichiarato di non essere a conoscenza dei fatti in esse richiamati. A conclusione dell'esame condotto, va altresì rilevato che la teste (...) è stata l'unica a sostenere che gli esiti delle schede tecniche debbano essere letti ed analizzati, avendo le altre tre testimoni dichiarato che le stesse sono prodotte "in automatico" dalla misura dello spettrofotometro e non richiedono alcuna attività ulteriore. Per ciò solo, tale dichiarazione non è di per sé sufficiente a smentire le risultanze probatorie acquisite sulla base dell'intera istruttoria espletata. Tutto ciò argomentato, ritiene questo giudicante che l'attività svolta dalla ricorrente non presenti le caratteristiche di conoscenza specialistica, di autonomia operativa nell'ambito di metodi e procedure solo parzialmente definiti e di relative responsabilità degli ambiti di intervento espressamente richiesti dalla declaratoria D del CCNL applicato in questa sede invocata dalla lavoratrice. Per ciò solo, la domanda svolta dalla ricorrente in via principale risulta infondata e, per l'effetto, deve essere respinta. Di conseguenza, resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - rigetta il ricorso; - condanna la ricorrente a rifondere alla resistente, in persona del legale rappresentante pro tempore, le spese di lite che liquida in complessivi Euro 2.800,00 per compensi professionali oltre C.P.A., rimborso forfetario al 15% ed IVA se dovuta per legge. Così deciso in Varese il 24 settembre 2019. Depositata in Cancelleria il 24 settembre 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di VARESE SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Renata Maria Barnabò ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2717/2014 promossa da: O.D. (C.F. X.), con il patrocinio dell'avv. C.F., elettivamente domiciliato X. VARESE presso il difensore parte attrice contro A. L. (C.F. X.), A. L. L. (C.F. X.), M. T. (C.F. X.), S. S. (C.F. X.), G. V. (C.F. X.) G. I. (C.F. X.), S. M. (C.F. X.), tutti con il patrocinio degli avv. M. G. (X.) B. C. Il 21100 VARESE; C. X.(X.) XXX B. C. Il 21100 VARESE; P. E. (X.) X. B. L. 2 2100 VARESE; elettivamente domiciliati presso il difensore parte convenuta sulle seguenti CONCLUSIONI Per parte attrice Piaccia al Tribunale Ill.mo, rigettata ogni contraria dichiarare illegittima ed arbitraria la installazione da parte dei convenuti della canna di esalazione fumi di cottura sulla facciata fronte strada orientata a sud del fabbricato condominiale sito in Varese, via X., e ciò per le motivazioni tutte diffusamente illustrate negli atti del processo. Conseguentemente condannare i convenuti, in solido fra loro, alla rimozione del manufatto in prefiggendo termine ed alla riduzione in pristino dei luoghi ad esclusiva loro cura e spese. Liquidare inoltre in favore del sig. D. ed a carico solidale dei convenuti, in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c., un quid a titolo di risarcimento dei danni da egli subiti e subendi sino alla rimozione della canna di esalazione fumi e ciò per esser stati violati i suoi diritti di proprietario esclusivo e di condomino. Con vittoria di spese e compensi di causa. In via istruttoria ed in ragione delle osservazioni depositate il 12/7/16 ove l'attore ha evidenziato gli inemendabili vizi che affliggono quella già espletata, si chiede sin d'ora ammettere nuova CTU atta a fornire al G. una dettagliata descrizione della canna di esalazione di cui è causa, così come dell'uso al quale viene destinata dai convenuti, nonché a riferire se essa alteri o meno il decoro architettonico, le simmetrie dell'edificio e se la sua presenza sulla facciata condominiale sia imposta o meno da cogenti norme di legge. In ipotesi affermativa se la stessa sia o meno stata posata a regola d'arte, sia munita di idoneo titolo edilizio e rispetti tutti i requisiti di legge quanto ad altezza, dimensioni, sicurezza, etc. Dica da ultimo se ed in quale misura la canna fumaria di che trattasi riduca, ed in che misura, l'ampiezza delle vedute dell'appartamento del sig. D. e se rispetti o meno le distanze dalle stesse prescritte dalla legge. "Per parte convenuta: Voglia il Tribunale Ill.mo, disattesa ogni contraria istanza e richiesta di merito, anche nuova; disatteso inoltre se rinnovato e richiesto dall'attore il richiamo del CTU e/o il rinnovo della CTU, considerando le ragioni ed argomentazioni della memoria dei convenuti datata 28.09.2016 e le argomentazioni in atti, 1) In via preliminare e pregiudiziale: dichiarare la carenza di legittimazione passiva sostanziale e processuale dei Condomini convenuti essendo legittimato a resistere alle domande attoree tutte il Condominio C., in persona dell'Amministratore pro-tempore, con sede in Varese e domicilio c/o l'Amministratore Geom. P. L. con studio in Luvinate X. C. delle A. n. 2.2) Nel merito: respingere le domande attoree tutte perché infondate in fatto e diritto. 3) Con vittoria di spese e compensi di lite, e rimborso delle spese di CTU e CTP e applicazione dell'art. 96, 1 comma, c.p.c. con condanna dell'attore per aver agito con colpa grave. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. All'odierno giudizio è applicabile all'art. 58, comma II, legge 18 giugno 2009 n. 69 e, per l'effetto, la stesura della sentenza segue l'art. 132 c.p.c. come modificato dall'art. 45, comma 17, della legge 69/09. Con atto di citazione, del 4.6.2014, il signor O. D. - in qualità di proprietario di un'unità abitativa posta all'ultimo piano del Condominio C., sito in Varese, via X. - conveniva in giudizio i signori L. A. L., L. A., T. M., I. G., M. S., V. G. e S. S. anch'essi proprietari di unità abitative nel medesimo condominio. Nel proprio atto introduttivo, l'attore chiedeva dichiararsi l'illegittimità ed arbitrarietà dell'istallazione, da parte dei convenuti, di una canna di esalazione fumi di cottura sulla facciata fronte strada, sul lato sud dell'edificio condominiale. Chiedeva altresì, condannarsi i convenuti in solido tra loro, alla rimozione del manufatto e al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento dei danni da lui subiti per violazione dei suoi diritti di proprietario esclusivo e di condomino. Costituitisi in giudizio, i convenuti eccepivano, preliminarmente e pregiudizialmente la mancanza di legittimazione passiva sostanziale e processuale, dovendo e potendo resistere alle domande attoree solo il Condominio essendo stati i lavori di realizzazione della canna fumaria oggetto del giudizio, da esso commissionati. Nel merito chiedeva respingersi le domande attore perché infondate in fatto ed in diritto. Con ordinanza del 3.7.2015 il Giudice, sulla scorta delle istanze formulate dalle parti nelle autorizzate memorie istruttorie, ammetteva CTU tecnica volta ad accertare l'uso per il quale è stata apposta la canna fumaria e se la posa della stessa, in aderenza al muro della facciata condominiale, determinasse un apprezzabile alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell'edificio, delle sue singole parti o di elementi dotati di sostanziale autonomia, oltre ad una eventuale violazione delle distanze legali, se vi fosse una incidenza negativa sul decoro architettonico, l'estetica del fabbricato, se pregiudicasse la sicurezza, o se ledesse il diritto di uno o più condomini. La CTU doveva inoltre determinare se vi sia stata una riduzione del valore dell'intero edificio o di singoli appartamenti, valutare eventuali danni e verificare se fosse possibile un altro posizionamento per lo stesso uso, con quali interventi e quali costi. Per lo svolgimento della stessa veniva conferito l'incarico al geom. T. I., il quale prestava giuramento di rito all'udienza successiva tenutasi in data 25.9.2015. All'udienza del 20.11.2017, concessi i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e i replica, il Giudice ritenuta la causa sufficientemente istruita la tratteneva in decisione. Quanto all'eccezione preliminare e pregiudiziale sollevata dai convenuti si ritiene che la stessa sia fondata. L'art. 1131 c.c. dispone che "nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto". Di tal che si evince come l'amministratore abbia la rappresentanza, anche processuale, del Condominio. La rappresentanza passiva concerne tutte le controversie relative ai beni comuni nonché quelle reali. Dalla documentazione in atti oltre che dall'istruttoria è stato provato che l'istallazione della canna fumaria oggetto del giudizio, benché allo stato attuale in uso esclusivo ai convenuti, fu regolarmente autorizzata dall'assemblea condominiale come dimostrato dai verbali prodotti dai convenuti, tra cui quello dell'assemblea del 16.11.2011 delibera mai impugnata dall'attore - da cui emerge l'approvazione del preventivo sottoposto dalla ditta D. S.r.l. al Condominio, che i lavori furono commissionati dal Condominio C. e che allo stesso venne rilasciata la dichiarazione di conformità dell'impianto nonché le fatture di quanto pagato. Alla luce di queste premesse non possono sussistere dubbi circa il fatto che unico soggetto legittimato a resistere alle pretese attore sarebbe stato il Condominio, nella persona del suo amministratore pro tempore. La stessa Corte di Cassazione ha esplicitato che "in tema di condominio negli edifici, spetta all'amministratore la legittimazione passiva per qualunque azione abbia ad oggetto parti comuni dello stabile condominiale (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 133 del 5 gennaio 2017). Nella medesima sentenza la Cassazione ebbe a chiarire inoltre che la vocazione generale della legittimazione passiva di cui all'art. 1131, co. 2, c.c. resta insensibile alla distinzione tra azione di accertamento, azioni costitutive e azioni di condanna, in quanto vale sempre la ratio legislatura di agevolare i terzi nella chiamata in giudizio del condominio, ovviando alle difficoltà pratiche di promuovere e preservare il litis consorzio passivo di tutti condomini, sicché, riguardo alla negatoria e confessoria servitus, la legittimazione passiva dell'amministratore sussiste anche nel caso in cui l'azione sia diretta a ottenere la condanna alla rimozione di opere comuni. Con tale arresto la Suprema Corte di Cassazione cristallizza pertanto il principio di diritto per cui "premessa la legittimazione passiva dell'amministratore per qualunque azione abbia ad oggetto parti comuni dello stabile condominiale, la individuazione della natura del bene controverso deve avvenire tenendo conto che l'articolo 1117 codice civile contiene elencazione non tassativa ma solo esemplificativa delle cose comuni, essendo tali, salvo risulti diversamente dal titolo, anche quelle aventi un' oggettiva e concreta "o destinazione al servizio comune di tutto o di una parte soltanto delle unità immobiliari di proprietà o individuale", "in tema di azioni negatone e confessorie (servitutis) la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste tutte le volte in cui sorga controversia sull'esistenza e sulla estensione di servitù prediali - costituite a favore o a carico dello stabile condominiale nel suo complesso o di una parte di esso; invero, le servitù a vantaggio dell'intero edificio in condominio, contraddistinte dal fatto che l'utilitas da esse procurate accede allo intero stabile e non ai singoli appartamenti individualmente considerati, vengono esercitate indistintamente da tutti i condomini nel loro comune interesse, e, pertanto, pur appartenendo a costoro e non al condominio in quanto tale, posto che questo è privo di personalità giuridica, integrano un bene comune inerente alla sfera della rappresentanza processuale del suddetto amministratore, a norma del secondo comma dell'art. 1131 cod. civ." (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 novembre 2013 28 febbraio 2014, n. 4871 cfr. Cass. n. 6396 del 1984). Antecedentemente la medesima Corte ebbe a statuire che "in tema di risarcimento danni per l'esecuzione di lavori su parti comuni di un edificio condominiale, poiché il condominio è un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, il condomino che ritenga di essere stato danneggiato da un'omessa vigilanza da parte del condominio nell'esecuzione dei lavori dovrà rivolgere la propria pretesa risarcitoria nei confronti dell'amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, il quale, a sua volta, valuterà se agire in rivalsa contro l'amministratore M. pertanto accoglimento l'eccezione preliminare formulata dai convenuti. Pur ritenendo quanto sopra assorbente delle ulteriori questioni sul merito, si ritiene ad ogni modo opportuno specificare che, in ogni caso, l'esperita CTU ha permesso di accertare che l'istallazione della canna fumaria è avvenuta nel pieno rispetto delle regole. Nessuna violazione dell'art. 8 del Regolamento condominiale, in quanto l'opera per cui è causa è stata posta in essere non su iniziativa e ad opera di un singolo condomino, ma da più condomini sulla base di una delibera condominiale non impugnata. Il CTU ha altresì accertato che "le caratteristiche e la collocazione del manufatto in questione, non rappresentano una disarmonia rispetto allo stato preesistente dei luoghi, tale da modificare o pregiudicare le linee architettoniche e la semplicità degli elementi compositivi originari". Secondo il CTU, inoltre, non vengono pregiudicati i diritti dei condomini e "non si ravvisa un'alterazione della destinazione del muro e non vi è alcuna situazione di pregiudizio sulla sicurezza", o "La posizione della canna di esalazione (la cui dimensione è contenuta nella larghezza di un pilastro), non "o pregiudica la veduta panoramica dell'immobile dell'attore Le possibilità di passeggio e quindi di veduta e o affaccio possono essere esercitate da più punti. (.) La vista panoramica più importante, rimasta tale (.) si o esercita dalla parte di loggiato (o balcone) antistante I' uscita dal soggiorno". Si condivide pertanto quanto appurato dal CTU il quale ha accertato che l'opera per cui è causa non incide sulla proprietà individuale dell'attore e come conseguenza, secondo il CTU, è s re anche da respingere ogni lamentela sull'esistenza di un pregiudizio alla sicurezza del condominio ed alla diminuzione di valore dell'intero edificio o ai singoli appartamenti. D'altronde, ribadendo quanto già sottolineato con ordinanza del 3.7.2012015, si ritiene che C. in materia condominiale costituisce un'opera lecita l'installazione di una canna fumaria sulla facciata comune, consentita ai sensi dell'art. 1102 c.c. Per costante orientamento della giurisprudenza, infatti, l'appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale, integra una modifica della cosa che ciascun condomino può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza dell'edificio e non ne alteri il decoro architettonico. L'esecuzione di tale opera non costituisce innovazione ma una modifica lecita finalizzata all'uso migliore e più intenso previsto dall'art. 1102 c.c., conforme alla destinazione del muro perimetrale che ciascun condomino può legittimamente apportare a sue spese, se non impedisce agli altri condomini di farne un pari uso, dell'edificio e non ne alteri il decoro, cfr. Cass. n. 6341/2000 e Cass. n. 4936/2014. Per tutto quanto sopra, le domande dell'attore non meritano accoglimento. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate secondo i criteri in vigore del DM 55/2014, secondo lo scaglione di riferimento, quindi, come compenso 3.972, 00, oltre spese generali ed oneri fiscali, pone a carico di parte attrice il pagamento delle spese della CTU svolta in causa. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da D. O. contro L. A. L. L. A., T. M., I. G., M. S. V. G. E S. S. così provvede: 1. dichiara il difetto di legittimazione passiva dei convenuti; 2. rigetta le domande attoree; 3. condanna l'attore a rifondere le spese di lite sostenute dai convenuti che si liquidano in 3.972, 00 per compensi oltre spese generali ed oneri fiscali, oltre al rimborso delle spese della CTU come liquidata. Così deciso in Varese, il 21 settembre 2018. Depositata in Cancelleria il 21 settembre 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VARESE SECONDA SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...) (CF:(...)) rappresentata e difesa dall'avv. Sa.So. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Ed.Gi. in Milano viale (...), come da procura a margine del ricorso RICORRENTE contro INPS, con l'avv.to Gr.Gu., elettivamente domiciliato in Varese, via (...) RESISTENTE e contro AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE (già (...) SPA), con l'avv. Ba.Tu., elettivamente domiciliata presso la sede della Direzione Regionale Lombardia in Milano, Viale (...), giusta memoria datata 15.11.2017 RESISTENTE OGGETTO: OPPOSIZONE ESTRATTO DI RUOLO FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 11.11.2013, (...) ha convenuto in giudizio AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE (già (...) SPA) ed INPS per sentir dichiarare "l'illegittimità della iscrizione a ruolo e la relativa richiesta di pagamento a favore dell'INPS e, per l'effetto, dichiarare non dovute le somme in essa indicate, oltre che di ogni altro atto connesso, preordinato e consequenziale"; con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore antistatario. Le resistenti si sono ritualmente costituite in giudizio contestando in fatto e in diritto l'avversario ricorso; con vittoria di spese. Attesa la natura meramente documentale della causa non veniva espletata attività istruttoria ed all'udienza del 30.1.2018, mutato il Giudicante, le parti presenti venivano invitate alla discussione orale. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è fondato e va per l'effetto accolto. L'assunto della ricorrente è che in data 3.10.2013 è venuta in possesso dell'estratto di ruolo in questa sede opposto "contenente la richiesta di pagamento della somma di Euro 48.565,84 in favore dell'INPS" relativa ad omissioni contributive mai notificatele prima a mezzo cartella esattoriale. La ricorrente ha lamentato quindi l'intervenuta prescrizione dei crediti contributivi, l'illegittimità dell'atto impugnato estratto per omessa notifica di provvedimenti presupposti, per intervenuta decadenza dall'iscrizione a ruolo, per violazione della L. n. 212 del 2000 e per violazione dell'art. 25 D.P.R. n. 602 del 1973 in materia di notifica della cartella di pagamento. L'INPS, in sede di costituzione, produceva la copia dell'avviso di ricevimento della raccomandata relativo alla notifica della cartella di pagamento n. (...) destinata alla ricorrente e l'estratto conto cartelle di pagamento (...) che reca l'indicazione della avvenuta notifica della predetta cartella effettuata in data 8.2.2006 in (...) alla via (...). Ebbene, ritiene questo giudicante che la cartella esattoriale n. (...) non sia stata ritualmente notificata alla odierna ricorrente. Sul punto, va innanzitutto rilevato che - come risulta da certificato storico di residenza versato in atti ed acquisito in giudizio - la odierna opponente è stata residente in (...) alla via (...) sino al 31.10.2005 "data di emigrazione a Varese" (cfr. certificato di residenza storico in atti). Ebbene, dall'avviso di ricevimento della raccomandata relativo alla notifica della cartella esattoriale avvenuta in data 8.2.2006 risulta non solo che la predetta cartella è stata notificata al vecchio indirizzo di residenza della odierna opponente (ossia a (...), alla via (...)), ma anche che è stata ricevuta da soggetto diverso dal destinatario e non qualificato, non essendo stata individuata dall'ufficiale giudiziario la qualità del predetto soggetto ("familiare/convivente", "addetto alla casa ufficio o azienda", "portiere", ecc. - cfr. doc. 3 parte resistente INPS). La firma apposta in calce al predetto avviso di ricevimento è stata difatti ritualmente disconosciuta a verbale da parte opponente. Ciò posto - attesa l'invalidità della notifica della cartella esattoriale per cui è causa - va respinta l'eccezione di inammissibilità del presente ricorso formulata dalle parti resistenti nei rispettivi atti difensivi, rappresentando l'estratto di ruolo il primo atto con cui la ricorrente ha avuto effettiva conoscenza dell'avvenuta formazione di un titolo esecutivo nei suoi confronti (ossia della più volte richiamata cartella esattoriale). Sul punto, va difatti richiamato l'orientamento espresso dalle SU della Corte di Cassazione con sentenza n. 19704/2015, che ha analizzato proprio la ".... questione della ammissibilità della impugnazione della cartella invalidamente notificata (e conosciuta attraverso l'estratto di ruolo)...", quale è quella in oggetto. Sul punto, Le Sezioni Unite hanno difatti chiarito che "... 3. Escluso, sulla base di quanto si è fin qui esposto, l'interesse del richiedente ad impugnare il documento "estratto di ruolo", può ovviamente sussistere un interesse del medesimo ad impugnare il "contenuto" del documento stesso, ossia gli atti che nell'estratto di ruolo sono indicati e riportati. I suddetti atti (iscrizione del richiedente in uno specifico "ruolo" di un determinato ente impositore per un preciso "credito" di quest'ultimo; relativa cartella di pagamento fondata su detta iscrizione; notificazione della medesima - e del ruolo - al richiedente nella data indicata nell'estratto di ruolo ricevuto) risultano univocamente impugnabili per espressa previsione del combinato disposto dei già richiamati articoli 19, lett. d), e 21, primo comma D.Lgs. n. 546 citato. E ovviamente nessun problema in ordine alla impugnabilità dei medesimi si pone quando essi sono stati (validamente) notificati, sussistendo il diritto e l'onere dell'impugnazione con decorrenza dal momento della relativa notificazione (momento che per il ruolo e la cartella, come rilevato, è il medesimo ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. n. 546 citato), mentre profili di problematicità potrebbero ravvisarsi nell'ipotesi - ricorrente nella specie- di impugnazione di cartella della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo e non attraverso (valida) notifica" (Cass. Civ. SU n. 19704/2015, in motivazione). Ebbene, l'ipotesi esaminata nell'arresto giurisprudenziale summenzionato concerne proprio la fattispecie in oggetto, in cui la contribuente ha avuto conoscenza della cartella esattoriale per cui è causa proprio a mezzo dell'estratto di ruolo di cui è, successivamente, entrata in possesso. Di conseguenza la presente opposizione - legittimamente presentata proprio per impugnare, seppur indirettamente, "il contenuto" del predetto estratto di ruolo, ossia la cartella esattoriale n. . (...) - è ammissibile. Ciò chiarito, richiamato altresì il principio della motivazione più liquida, il ricorso va accolto con riguardo all'eccezione di prescrizione dedotta in atti dalla ricorrente. Sul punto, si sono infatti espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno chiarito come "La scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all'art. 24, comma 5, del D.Lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l'art. 3, commi 9 e 10, della L. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che, dall'1gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30 del D.L. n. 78 del 2010, conv., con modif, dalla l n. 122 del 2010)" (Cass. Civ. SU n. 23397/2016). Ebbene, nel caso di specie va rilevato che le omissioni contributive contestate alla B. risalgono agli anni 2000, 2001, 2002, 2003 (cfr. verbale ispettivo e ricorso, pag. 2) e che fino al 2013 - anno in cui la ricorrente è entrata in possesso dell'estratto di ruolo - non è stato emesso alcun atto interruttivo del termine prescrizionale quinquennale applicabile al caso de quo. Per ciò solo, il credito contributivo per cui è causa risulta pacificamente prescritto e, per l'effetto, l'importo in oggetto deve dichiararsi non dovuto dalla ricorrente. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. In punto di spese di lite - considerato che nelle more del giudizio sono intervenuti gli arresti delle Sezioni Unite innanzi richiamati con cui è stato risolto il contrasto giurisprudenziale concernente due questioni dirimenti nell'odierno giudizio - questo giudicante ritiene congruo disporne l'integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - dichiara non dovuti dalla ricorrente gli importi di cui agli atti in questa sede impugnati; - compensa integralmente le spese di lite fra le parti. Così deciso in Varese il 30 gennaio 2018. Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2018.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VARESE SECONDA SEZIONE CIVILE Il Giudice di Varese Giorgiana Manzo quale Giudice del Lavoro ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da (...) (CF:(...)), elettivamente domiciliato in Varese alla via (...) presso lo studio dell'avv. Al.An., che lo rappresenta e difende, come da procura a margine del ricorso RICORRENTE contro INPS, con l'avv.to Grazia Guerra, elettivamente domiciliato in Varese, via (...) RESISTENTE e contro (...) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma.Ci. e Gi.Pa. ed elettivamente domiciliata in Varese, Corso (...), presso lo studio dell'avv. Em.Lo., come da procura in calce alla memoria difensiva RESISTENTE OGGETTO: opposizione cartella esattoriale e intimazione di pagamento FATTO E DIRITTO Con ricorso al Tribunale di Varese, quale Giudice del Lavoro, depositato in data 15.4.2015 (...) conveniva in giudizio INPS ed (...) SPA per sentir accogliere le seguenti conclusioni: " ... In via principale nel merito: Accertare e dichiarare la nullità, illegittimità, inefficacia della cartella esattoriale opposta e per l'effetto revocarla per i motivi indicati in premessa del presente ricorso e comunque dichiararla inefficace ed improduttiva di ogni effetto; in ogni caso: - dichiarare non dovute, in tutto o in parte, le somme portate nella cartella di pagamento per i motivi dedotti nel presente ricorso"; con vittoria di spese. Si costituivano ritualmente in giudizio INPS ed (...) SPA contestando in fatto ed in diritto l'avversario ricorso; con vittoria di spese. Attesa la natura meramente documentale della causa non veniva espletata attività istruttoria e, mutato il giudicante, all'udienza del 25.1.2018 i procuratori venivano invitati alla discussione orale. Il ricorso, per i motivi di seguito esposti, è fondato e va pertanto accolto. Dal ricorso e dalla documentazione versata in atti si evince che in data 6.3.2015 veniva notificata al (...) l'intimazione di pagamento n. (...) in questa sede opposta (cfr. doc. 3 (...) SPA) relativa alla cartella esattoriale n. (...) notificatagli in data 3.5.2005 (cfr. doc. 2 (...) SPA) - parimenti opposta - avente ad oggetto contributi INPS omessi alla gestione artigiani per gli anni 1985, 1986 e 1987. Ciò premesso il ricorrente ha adito l'intestato Tribunale formulando le conclusioni in epigrafe trascritte eccependo l'avvenuto decorso del termine prescrizionale relativo al diritto a procedere all'esecuzione coattiva del credito successivo alla notifica del titolo esecutivo, ossia della cartella esattoriale; l'illegittimità della cartella esattoriale impugnata per "assoluta mancanza di motivazione"; la nullità della cartella esattoriale opposta "per mancanza delle indicazioni che pongano il contribuente nelle condizioni di poter effettuare ricorso avverso la cartella". Resistevano in giudizio INPS ed (...) S.P.A. Richiamato il principio della motivazione più liquida, la doglianza formulata dal ricorrente concernente l'intervenuta prescrizione dell'azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non opposto ai sensi dell'art. 24 comma 5 D.Lgs. n. 46 del 1999 è fondata e, per l'effetto, va accolta. Nel caso di specie, infatti, è pacifico in quanto documentale che al (...) sia stata notificata la cartella esattoriale in questa sede opposta in data 3.5.2005 e la relativa intimazione di pagamento in data 6.3.2015. Di conseguenza, risulta prescritto il termine quinquennale cui è soggetta l'azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo per cui è causa, essendo trascorsi quasi dieci anni tra la data di notifica della cartella e quella di notifica dell'intimazione in questa sede impugnate. In punto di prescrizione, si sono difatti pronunciate le SU della Corte di Cassazione con la nota sentenza n. 23397/2016, con cui è stato enunciato il seguente principio di diritto: "E" di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti - comunque denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 cod. civ., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo ")" (Cass. Civ. SU n. 23397/2016, in motivazione). Ebbene, non essendo nel caso di specie stato emesso alcun titolo giudiziale divenuto definitivo con riguardo al credito contributivo sotteso all'intimazione di pagamento, il termine prescrizionale resta quello quinquennale. Per ciò solo, il ricorso va accolto. Per l'effetto, vanno dichiarate non dovute le somme portate dalla cartella esattoriale e dalla relativa intimazione di pagamento in questa sede impugnate essendosi prescritta l'azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo in oggetto. Resta assorbita ogni ulteriore domanda formulata o contestazione dedotta. In punto di spese di lite, considerato che nelle more del giudizio è intervenuto l'arresto delle Sezioni Unite con cui è stato risolto il contrasto giurisprudenziale concernente la questione dirimente nella presente causa - ossia l'individuazione del termine prescrizionale applicabile al caso di specie - questo giudicante ritiene congruo disporne l'integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di Varese, in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: - dichiara non dovute le somme portate dalla cartella esattoriale e dalla relativa intimazione di pagamento impugnate; - compensa integralmente le spese di lite fra le parti. Così deciso in Varese il 25 gennaio 2018. Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2018.

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