Il Comune, nell'ambito della propria potestà pianificatoria in materia urbanistica, può subordinare il mutamento della destinazione d'uso delle strutture ricettive esistenti al rispetto di specifici parametri dimensionali, volti a incentivare il mantenimento e la riqualificazione dell'offerta turistica, senza che ciò si ponga in contrasto con il principio della tendenziale temporaneità del vincolo alberghiero, purché tali condizioni non risultino manifestamente irragionevoli o discriminatorie e siano adeguatamente motivate in relazione all'interesse pubblico perseguito. Il Comune, infatti, nell'esercizio dei propri poteri di pianificazione urbanistica, gode di un ampio margine di discrezionalità, sindacabile solo nei casi di palese travisamento dei fatti o di manifesta irragionevolezza delle scelte operate, senza che il privato possa vantare un affidamento tutelato all'eliminazione del vincolo alberghiero, salvo in ipotesi eccezionali come il superamento degli standard minimi, la presenza di pregresse convenzioni edificatorie o di giudicati favorevoli. Spetta al privato proprietario della struttura ricettiva l'onere di dimostrare, in modo oggettivo, la sopravvenuta non convenienza economico-produttiva dell'esercizio alberghiero, ai fini della rimozione del vincolo.