L'amministratore condominiale è legittimato a proporre l'azione di reintegrazione nel possesso di una parte comune dell'edificio condominiale, senza necessità di preventiva autorizzazione o successiva ratifica dell'assemblea, in quanto tale azione rientra tra gli atti conservativi di sua competenza ai sensi dell'articolo 1130, n. 4, c.c. Pertanto, l'occupazione e la trasformazione di uno spazio comune da parte di un soggetto diverso dal condominio, senza alcuna delibera autorizzativa dell'assemblea, integrano gli estremi dello spoglio, in quanto determinano la sottrazione del bene al compossesso di tutti i condomini, in violazione del loro diritto di godimento sulla cosa comune. L'animus spoliandi sussiste anche qualora l'occupazione sia finalizzata a realizzare un'opera di interesse per alcuni condomini, in quanto l'elemento soggettivo dello spoglio si ravvisa nella consapevolezza dell'autore di agire contro la volontà, espressa o presunta, del possessore. Inoltre, il consenso scriminante dello spoglio deve essere univoco e incompatibile con la volontà di far valere il diritto o il fatto illecito, gravando sull'autore dello spoglio l'onere di provarne l'esistenza.