Il rispetto delle distanze legali tra edifici, previsto dalla normativa urbanistica, costituisce un principio fondamentale di diritto volto a garantire il corretto assetto del territorio e la tutela dei diritti di proprietà. Tale principio trova applicazione anche con riferimento agli elementi strutturali aggettanti, come i balconi, che devono essere computati nel calcolo della distanza minima inderogabile tra pareti finestrate di edifici confinanti. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza di tale requisito, deve procedere ad un'accurata disamina delle risultanze istruttorie, senza potersi limitare ad un'adesione acritica alla decisione di primo grado, essendo tenuto a motivare in modo esaustivo le ragioni per le quali ritiene infondati i motivi di gravame proposti dalla parte soccombente. Inoltre, la sopravvenuta perdita della titolarità del diritto di proprietà sull'immobile oggetto della controversia, in pendenza del giudizio, non determina di per sé la carenza di legittimazione attiva della parte, la quale conserva l'interesse a coltivare l'impugnazione al fine di ottenere l'accertamento del proprio diritto e la conseguente statuizione sulle spese di lite. Il giudice di legittimità, nel sindacare la correttezza della decisione impugnata, non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella operata dal giudice di merito, salvo i casi di motivazione apparente o di vizi logici, essendo precluso l'esame di questioni di mero fatto.