Il prezzo di aggiudicazione di un bene pignorato nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare, anche se sensibilmente inferiore al valore originariamente posto a base della vendita, non può essere considerato un "prezzo ingiusto" idoneo a fondare la sospensione della vendita ai sensi dell'art. 586 c.p.c., purché la procedura di vendita si sia svolta in corretta applicazione delle norme di rito e non siano emersi specifici elementi perturbatori della sua correttezza, quali fatti nuovi successivi all'aggiudicazione, interferenze illecite di natura criminale che abbiano influenzato il procedimento, compresa la stima stessa, determinazione del prezzo fissato nella stima quale frutto di dolo scoperto dopo l'aggiudicazione, oppure fatti o elementi conosciuti da una sola delle parti prima dell'aggiudicazione e non conoscibili dalle altre. L'andamento o le crisi, anche di particolare gravità, del mercato immobiliare non possono essere annoverati tra tali elementi perturbatori, essendo il giudice dell'esecuzione tenuto a procedere alla vendita del bene pignorato, salvi i casi di chiusura anticipata del processo esecutivo espressamente previsti, al fine di garantire il soddisfacimento del credito del creditore pignorante, anche attraverso la reiterazione dei tentativi di vendita con successivi ribassi del prezzo base, senza necessità di ricorrere previamente all'amministrazione giudiziaria del bene.