La proprietà condominiale di aree comuni, quali cortili e spazi destinati a parcheggio, è regolata dalla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c. Tale presunzione opera anche nel caso di cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi ed autonomi, tra loro non collegati da unitarietà condominiale. La verifica della condominialità di un'area deve essere effettuata al momento della formazione del condominio, attraverso l'accertamento della sua obiettiva destinazione primaria a dare aria, luce ed accesso al servizio di più unità immobiliari, salvo prova contraria risultante dal titolo costitutivo. In assenza di tale prova, la proprietà dell'area si presume comune ai condomini, i quali hanno diritto di servirsene nel rispetto delle limitazioni di cui all'art. 1102 c.c. Quanto alle luci aperte su muro comune, la loro legittimità va valutata in base ai requisiti di cui agli artt. 900 e 901 c.c., senza che il giudice possa imporre la sola "regolarizzazione" anziché l'eventuale chiusura, ove ne ricorrano i presupposti. Infine, la realizzazione di tettoie e grondaie che determinino lo scolo di acque piovane nel fondo altrui, in assenza di una servitù di stillicidio e sporto, integra una violazione dell'art. 908 c.c., legittimando l'azione negatoria e la rimozione delle opere abusivamente realizzate.