La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: La partecipazione all'associazione di tipo mafioso di cui all'art. 416-bis c.p. richiede la prova della stabile e volontaria compenetrazione dell'imputato nel tessuto organizzativo del sodalizio criminoso, non essendo necessaria la commissione di specifici reati-fine, né la prova della sua diretta partecipazione a singole attività delittuose. Ai fini della configurabilità del ruolo apicale nell'ambito dell'associazione, è necessario che risulti provato l'effettivo esercizio di funzioni direttive e organizzative, riconoscibili sia all'interno del sodalizio che all'esterno. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, se dotate dei requisiti di attendibilità intrinseca ed estrinseca, possono costituire prova della partecipazione all'associazione, a condizione che siano corroborate da elementi di riscontro individualizzanti, anche di natura logico-indiziaria. La confisca dei beni ai sensi dell'art. 240-bis c.p. presuppone la prova della sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati dall'imputato o dalla persona a cui i beni sono intestati, valutata con riferimento al momento dell'acquisto dei singoli beni. L'attenuante della collaborazione di cui all'art. 73, comma 7, e all'art. 74, comma 7, D.P.R. n. 309/1990 è compatibile con la concessione dell'attenuante di cui all'art. 8 del D.L. n. 152/1991.