Il diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, previsto dall'art. 314 c.p.p., comma 1, non spetta qualora l'interessato abbia tenuto una condotta consapevole e volontaria tale da creare una situazione di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della collettività, ovvero una condotta gravemente colposa, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza, che abbia posto in essere una prevedibile ragione di intervento dell'autorità giudiziaria con l'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o il mancato annullamento di uno già emesso. Il giudice, nel valutare la sussistenza di tale causa ostativa, deve considerare il comportamento tenuto dall'interessato sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura cautelare, nonché al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico. Pertanto, il diritto all'indennizzo viene meno qualora l'interessato, con la propria condotta, abbia contribuito in modo determinante a dare causa all'adozione della misura cautelare, anche in ragione di una situazione di evidente conflitto di interessi, tale da poter degenerare in un pericolo per la collettività.