Il giudice della prevenzione, pur nell'autonomia del procedimento rispetto al processo penale, può utilizzare gli accertamenti definitivi compiuti in sede penale come base indiziaria per dimostrare la pericolosità sociale qualificata del proposto e la provenienza illecita dei beni da confiscare, purché consenta al terzo estraneo al processo penale di contestare il valore probatorio di tali accertamenti e di introdurre elementi idonei a disarticolare il ragionamento giustificativo della confisca. Il giudice della prevenzione non è vincolato alle conclusioni di irrilevanza penale di fatti emersi durante le indagini preliminari, essendo consentita la valutazione del "fatto" come eventuale sintomo di pericolosità, anche se accertato in sede penale con esito di assoluzione. Ai fini della confisca di prevenzione, la prova della disponibilità indiretta dei beni in capo al proposto può essere fornita attraverso una pluralità di elementi indiziari, quali le relazioni familiari e di convivenza, i rapporti di tipo affettivo, lavorativo e di collaborazione, l'intromissione del proposto nella gestione del bene, l'incapacità del terzo intestatario di acquisirne la titolarità, senza che sia necessario l'onere di provare la corrispondenza fra titolarità formale ed effettiva. Il giudice della prevenzione, nel valutare la provenienza illecita del patrimonio del proposto, può avvalersi anche di presunzioni fondate su elementi indiziari connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.