Cassazione penale Sez. I sentenza n. 21361 del 18 maggio 2023

ECLI:IT:CASS:2023:21361PEN

Massima

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Il giudice di prevenzione, nel valutare l'aggravamento di una misura di prevenzione personale già applicata, non deve procedere ad un nuovo giudizio di pericolosità sociale, essendo questa già definitivamente accertata in sede applicativa della misura, ma deve concentrarsi sull'esame di "fatti nuovi" sopravvenuti, idonei a dimostrare un incremento della pericolosità del proposto. Tali fatti nuovi possono consistere in dati di conoscenza successivi all'applicazione della misura, ovvero in risultanze preesistenti ma mai apprezzate nei provvedimenti precedenti, che comportino una valutazione di maggiore gravità della pericolosità e di inadeguatezza delle misure in precedenza adottate. Il giudice di prevenzione, in sede di aggravamento, non è tenuto a rivalutare la permanente validità della presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo, già definitivamente accertata in sede applicativa, ma deve procedere ad un aggiornamento del giudizio di pericolosità sulla base di elementi nuovi, anche costituiti dalla commissione di un solo reato, purché di particolare gravità. In materia di misure di prevenzione patrimoniali, il giudicato opera sempre "rebus sic stantibus", sicché non impedisce la rivalutazione della pericolosità ove sopravvengano nuovi elementi indiziari, non precedentemente noti, che comportino una valutazione di maggior gravità della pericolosità stessa e un giudizio di inadeguatezza delle misure in precedenza adottate. La confisca di un'impresa ritenuta "mafiosa" è legittima anche se la sua costituzione è formalmente avvenuta in epoca successiva all'accertamento della pericolosità del proposto, qualora emerga che essa è stata utilizzata come strumento di realizzazione degli interessi economici del sodalizio criminale, essendo strutturalmente inquinata dagli interessi e dall'intimidazione mafiosa. Ai fini della confisca di beni intestati a terzi, grava sulla parte pubblica l'onere di provare la sproporzione tra il patrimonio del soggetto e la sua capacità reddituale, nonché l'illecita provenienza dei beni, anche in base a presunzioni, mentre il terzo può limitarsi ad allegare circostanze di fatto idonee a convalidare la coincidenza tra l'intestazione formale e l'impiego di risorse proprie o comunque diverse da quelle provenienti dal soggetto pericoloso.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONI Monica - Presidente

Dott. CASA Filippo - Consigliere

Dott. LIUNI Teresa - Consigliere

Dott. ALIFFI Francesco - rel. Consigliere

Dott. RUSSO Carmine - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 05/02/2021 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ALIFFI FRANCESCO;
lette le conclusioni del PG Dott.ssa LORI PERLA che ha chiesto il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto indicato nel preambolo, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato il provvedimento, in data 21marzo 2018, con cui il Tribun…

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