La massima giuridica che si può estrarre dalla sentenza è la seguente: Il reato associativo di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti) richiede, ai fini della configurabilità della condotta di partecipazione, la prova di un contributo causale stabile e continuativo all'attività del sodalizio, non essendo sufficiente la mera occasionalità o saltuarietà degli apporti. La partecipazione deve essere caratterizzata da un vincolo di affectio societatis e da un programma criminoso comune, desumibili da elementi concreti quali la ripartizione dei compiti, la gestione unitaria delle attività illecite, la destinazione dei proventi all'associazione. L'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 7 della L. n. 203/1991 (agevolazione di attività mafiose) richiede la prova del dolo specifico di agevolare l'associazione mafiosa, non essendo sufficiente la mera consapevolezza di operare in un contesto di criminalità organizzata. La confisca obbligatoria prevista dall'art. 240-bis c.p. presuppone una motivazione adeguata in ordine al nesso di pertinenzialità tra il bene ed il reato, nonché alla sproporzione tra il valore del bene ed i redditi o l'attività economica del soggetto.