Il diritto soggettivo alla retrocessione totale dei fondi espropriati sorge in capo al proprietario quando, decorso il termine decennale di efficacia del piano di pubblica utilità, le opere pubbliche previste non siano state realizzate. In tal caso, il proprietario ha diritto alla restituzione integrale dei terreni, con compensazione del prezzo di retrovendita comprensivo degli interessi legali, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per la determinazione dell'indennità di retrocessione. La domanda risarcitoria è invece inammissibile per difetto di prova del danno e del nesso causale, non potendo presumersi l'esistenza del pregiudizio in assenza di specifica allegazione e dimostrazione. Il principio di diritto affermato si fonda sulla disciplina legislativa che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, attribuisce al giudice amministrativo la cognizione delle controversie relative ai comportamenti riconducibili all'esercizio del pubblico potere, mentre riserva al giudice ordinario la determinazione e la corresponsione dell'indennità. Tale impostazione, inaugurata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, mira a superare la tradizionale distinzione tra retrocessione parziale e totale ai fini della qualificazione della posizione giuridica del soggetto espropriato e della conseguente individuazione del giudice competente. Pertanto, il diritto alla retrocessione, sia essa parziale o totale, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre la determinazione dell'indennità spetta al giudice ordinario, in ossequio al riparto di giurisdizione delineato dal codice del processo amministrativo.