La dichiarazione sostitutiva di atto notorio, pur contenendo affermazioni false, non integra necessariamente il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico di cui all'art. 483 c.p., potendo al più configurare il reato di cui all'art. 76 del D.P.R. n. 445/2000. Affinché sussista il reato di cui all'art. 483 c.p. è necessario che l'autore della dichiarazione abbia agito con dolo, consapevole della falsità delle affermazioni rese e con l'intenzione di indurre in errore la pubblica amministrazione. Pertanto, l'errore o la convinzione di esercitare un proprio diritto, anche se poi rivelatisi infondati, escludono la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Inoltre, la mera apparenza della motivazione, che non consente di comprendere l'iter logico-giuridico seguito dal giudice per giungere alla decisione, determina la nullità della sentenza ai sensi dell'art. 125, comma 3, c.p.p. In tali casi, la sentenza deve essere annullata e disposto il rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.