La partecipazione del condannato all'opera di rieducazione, ai fini della concessione dei benefici penitenziari, deve essere valutata non solo in base all'atteggiamento soggettivo del detenuto, ma anche in relazione alla sua condotta esteriore e ai rapporti intrattenuti con gli operatori penitenziari, i compagni, la famiglia e la comunità esterna. Il requisito della partecipazione al trattamento rieducativo non presuppone il raggiungimento di una piena risocializzazione, ma richiede soltanto l'adesione del condannato al processo di reintegrazione sociale in atto, desumibile da elementi oggettivi quali il mantenimento di corretti e costruttivi rapporti. Il giudice, pertanto, nel valutare la sussistenza di tale requisito, deve tenere conto non solo del comportamento del detenuto all'interno del carcere, ma anche di eventuali collegamenti con ambienti della criminalità organizzata, desumibili da informative di polizia e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali possono essere sintomatici di un'omessa adesione al percorso di risocializzazione.